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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562

 

 

TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 6 agosto 2010, n. 2654


DIRITTO URBANISTICO - Permesso di costruire - Autorizzazione paesaggistica - Autonomia dei due titoli abilitativi - Ottenimento dell’autorizzazione paesaggistica - Affidamento del privato circa il rilascio del permesso di costruire - Inconfigurabilità. Il permesso di costruire e l’autorizzazione paesaggistica sono titoli che assolvono funzioni differenti in quanto tutelano valori differenti e sono emessi sulla base di valutazioni di tipo diverso (l’una di conformità urbanistica, l’altra di compatibilità paesaggistica). Pretendere che dall’emanazione dell’una possa discendere un affidamento all’emanazione anche dell’altro significa negare l’autonomia dei due titoli abilitativi e pretendere, alla fin fine, di poter fare a meno di uno di essi, avendo ottenuto l’altro. Pres. Petruzzelli, Est.Russo - M. s.r.l. (avv. Campana) c. Comune di Ardesio (avv. Asdrubali). TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez.I - 6 agosto 2010, n. 2654

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N.  02654/2010 REG.SEN.

N. 00983/2007 REG.RIC.



Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)



ha pronunciato la presente


SENTENZA


Sul ricorso numero di registro generale 983 del 2007, proposto da:
M.P. s.r.l.,
rappresentata e difesa dall'avv. Denis Campana,
con domicilio eletto presso T.A.R. Segreteria in Brescia, via Malta, 12;
contro
COMUNE DI ARDESIO,
rappresentato e difeso dall'avv. Massimo Asdrubali,
con domicilio eletto presso T.A.R. Segreteria in Brescia, via Malta, 12;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
del provvedimento prot. n. 2513/VI.3 in data 19/5/2007, del Responsabile del Settore Tecnico del Comune di Ardesio di diniego del permesso di costruire per la realizzazione di recupero porzione di sottotetto in mansarda esistente in via Vicolo Fortino.

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Ardesio;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 luglio 2010 il dott. Carmine Russo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO


La società ricorrente impugna il provvedimento del 19. 5. 2007 con cui il comune di Ardesio le ha negato il permesso di costruire per recuperare un sottotetto.
Il Comune ha motivato il proprio provvedimento sostenendo che, per come è configurato l’intervento edilizio in progetto, la corretta qualificazione giuridica dello stesso non è quella di ristrutturazione data dalla parte, ma di nuova costruzione, per la esistenza di un ampliamento volumetrico dell’immobile. La qualificazione dell’intervento come nuova costruzione comporta la sottoposizione dello stesso alle regole sulle altezze massime di zona.

I motivi di ricorso sono i seguenti:
1. il provvedimento sarebbe illegittimo per violazione di legge, in quanto in realtà vi sarebbero tutti i requisiti per poter configurare l’intervento in questione come ristrutturazione;
2. il provvedimento sarebbe illegittimo per altro profilo di violazione di legge, in quanto essendo stata rilasciata autorizza paesaggistica per l’intervento in esame, sarebbe maturato un affidamento a realizzarlo.
Nel ricorso si chiede altresì il risarcimento del danno cagionato.

Si costituiva in giudizio il Comune di Ardesio, che deduceva l’infondatezza dei motivi di ricorso.

Nel ricorso era formulata altresì istanza cautelare di sospensione del provvedimento impugnato.
Con ordinanza del 8. 11. 2007, n. 855 il Tribunale respingeva con articolata motivazione che smentiva le tesi della ricorrente in punto di calcolo dell’altezza.
Con ordinanza del 8. 4. 2008, n. 1882 il Consiglio di Stato respingeva l’appello cautelare.

Il ricorso veniva discusso nella pubblica udienza del 14. 7. 2010, all’esito della quale veniva trattenuto in decisione.


DIRITTO


Il ricorso è infondato.

I. Il primo motivo di ricorso contiene la questione centrale di questo giudizio; in esso, infatti, si deduce che il provvedimento (che ha giudicato l’intervento in progetto come di nuova costruzione) sarebbe illegittimo per violazione di legge, in quanto in realtà vi sarebbero - a giudizio della ricorrente - tutti i requisiti per poter configurare l’intervento in questione come ristrutturazione.
In sede cautelare il Tribunale ha respinto l’istanza di sospensiva, rilevando il difetto di fumus del ricorso con motivazione molto articolata che si riporta di seguito pedissequamente per comodità di lettura:

“Rilevato:
- che con un primo provvedimento, datato 14 febbraio 2007 (doc. 3 ricorrente, copia di esso), il Comune di Ardesio aveva negato alla società ricorrente il permesso di costruire relativo al recupero di una porzione di sottotetto di una mansarda esistente, per superamento dei limiti di altezza imposti dallo strumento urbanistico;
- che con successivo provvedimento, impugnato in questa sede, datato 19 maggio 2007 e notificato alla interessata il 26 agosto 2007 (doc. 4 ricorrente, copia di esso: si veda sul retro la relata di notifica) il Comune aveva ribadito il diniego dopo approfondimenti istruttori, integrando così una conferma autonomamente impugnabile;
- che il ricorso è stato notificato il 30 luglio 2007, e quindi la piena conoscenza del provvedimento impugnato si è verificata prima della sua formale notificazione nei termini di cui sopra; non vi è però prova che il ricorso stesso sia stato proposto fuori termine, e quindi l’eccezione di irricevibilità proposta dal Comune non va accolta;
- che nel merito l’art. 64 della l.r. Lombardia 12/2005 ammette il recupero dei sottotetti purchè rispettoso dei limiti massimi di altezza dell’edificio previsti dallo strumento urbanistico;
- che nella specie, ai sensi dell’art. 14 lettera e) delle N.T.A. vigenti l’altezza dell’edificio, ove come nella specie vi sia un sottotetto accessibile con altezza interna maggiore di mt. 1,5 “si misura sino alla quota media della struttura di copertura, misurata all’intradosso (media tra 1,50 mt. e il punto più alto della copertura)” (doc. 5 ricorrente, copia N.T.A. citata), ovvero facendo la media aritmetica fra un valore fisso, mt. 1,50, ed uno variabile, l’altezza massima della copertura. Inoltre, per l’art. 24 delle stesse N.T.A. la massima altezza delle costruzioni nella zona interessata è di mt. 9 (cfr. sempre doc. 5 ricorrente, cit.);
- che in concreto l’edificio esistente supera già il limite di 9 mt. (cfr. tavola , essendo il risultato di un abuso condonato (doc. 2 resistente, copia domanda relativa);
- che l’assunto del ricorrente, per il quale l’intervento programmato non modificherebbe l’altezza massima non ha pregio. Raffrontando infatti (cfr. doc. 1 ricorrente, tavole progettuali) la tavola dello stato di fatto con quella dello stato di progetto si osserva che l’altezza dello stato di progetto è correttamente calcolata come media fra il punto più alto della copertura ed il valore di mt. 1,50 (3,15 mt. + 1,50 mt.= 4,65 mt.: 2 = 2,325 mt.), mentre l’altezza dello stato di fatto è calcolata in modo errato, come media fra il punto più alto, mt. 2,50 ed il punto più basso, mt. 2,15 della copertura esistente. Il valore corretto risulterebbe pari a 2,50 + 1,50 mt = 4 mt. : 2 = 2 mt., evidenziandosi che un innalzamento sussiste, e che l’altezza complessiva nello stato di progetto, indicata come pari a 11,75 mt., supera il massimo ammissibile;
- che quindi difetta il fumus del ricorso”.

Nelle memorie conclusive la società ricorrente contesta vivacemente l’interpretazione della vicenda data dal Tribunale in sede di sospensiva (peraltro, confermata, sia pure con motivazione non altrettanto dettagliata, dal Consiglio di Stato) e chiede che in sede di merito il Tribunale si pronunci sulla questione della classificazione dell’intervento edilizio, insistendo sulla circostanza che lo stesso consisterebbe in una ristrutturazione.
Ma, con l’ordinanza denegante la sospensiva, il Tribunale ha proprio escluso che nell’intervento in questione possa ricorrere una ristrutturazione evidenziando che esso non può beneficiare della normativa derogatoria sui sottotetti perché esula dai limiti massimi della stessa.
La norma dell’art. 64, co, 2, l.r. 12/05 classifica infatti ope legis come ristrutturazione gli interventi sui sottotetti effettuati ai sensi della l.r. 12/05, ma (a prescindere dalla legittimità di una previsione regionale che incide sulla materia di principio della classificazione degli interventi edilizi disciplinata dall’art. 3 del testo unico statale sull’edilizia) limita tale classificazione agli interventi che rispettino i parametri previsti dagli artt. 63 e 64 per poter essere qualificati come interventi in deroga. Nel caso in esame, il Tribunale ha ritenuto che non si possa applicare la deroga, e conseguentemente ha fatto riemergere le regole generali sulla qualificazione degli interventi edilizi che in un caso, quale quello in esame, di aumento di volumetria impone la classificazione come intervento di nuova costruzione.
Si ritiene, pertanto, che l’ordinanza di sospensiva emessa da questo Tribunale - in diversa composizione - non meriti le critiche che le sono state rivolte nella memoria conclusiva e debba essere confermata, in quanto risponde alla domanda posta nel ricorso introduttivo (e che nasce dalla motivazione del provvedimento impugnato che aveva configurato nel progetto in esame un ampliamento non assentibile) circa la qualificazione edilizia dell’intervento proposto dalla società ricorrente.

II. Nel secondo motivo di ricorso si deduce che il provvedimento sarebbe illegittimo per altro profilo di violazione di legge, in quanto essendo stata rilasciata autorizzazione paesaggistica per l’intervento in esame, sarebbe maturato un affidamento alla sua realizzazione.
Ma in realtà questa opinione non ha base giuridica. Il permesso di costruire e l’autorizzazione paesaggistica sono titoli che assolvono funzioni differenti in quanto tutelano valori differenti e sono emessi sulla base di valutazioni di tipo diverso (l’una di conformità urbanistica, l’altra di compatibilità paesaggistica). Pretendere che dall’emanazione dell’una possa discendere un affidamento all’emanazione anche dell’altro significa negare l’autonomia dei due titoli abilitativi e pretendere, alla fin fine, di poter fare a meno di uno di essi, avendo ottenuto l’altro.

III. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.


P.Q.M.


Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sez. staccata di Brescia, I sezione interna, così definitivamente pronunciando:
Respinge il ricorso.


Condanna la ricorrente al pagamento in favore del Comune di Ardesio delle spese di lite, che determina in euro 3.000, più i.v.a. e c.p.a..


Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 14 luglio 2010 con l'intervento dei Magistrati:
Giuseppe Petruzzelli, Presidente
Sergio Conti, Consigliere
Carmine Russo, Referendario, Estensore


L'ESTENSORE                                                                                       IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/08/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO



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