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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
T.A.R. LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 20 dicembre 2010, n. 4883
INQUINAMENTO - Operazioni di bonifica e di messa in sicurezza - Acqua di falda
emunte - Diverso regime - Rifiuto e scarico - Illegittimità - Art. 243 d.lgs. n.
152/2006, come novellato dall'articolo 8-quinquies della legge n. 13 del 2009.
Non può ritenersi normativamente corretta l’assimilabilità a rifiuto delle acque
di falda emunte nelle operazioni di messa in sicurezza ( e di contro,
l’assimilabilità a scarico per le acque estratte in occasione delle operazioni
di bonifica), in forza della novella apportata dall'articolo 8-quinquies della
legge n. 13 del 2009 all’art. 243 del d.lgs. n. 152/2006 (si vede in tema la
sentenza T.a.r. Sicilia, Palermo, I, n. 540/09, secondo cui la norma in parola
introduce un peculiare regime diversificato per le acque di falda emunte
nell'ambito di interventi di bonifica di siti inquinati, di per sé non idoneo
tuttavia a parificarne il regime giuridico - per quanto attiene alla gestione e
autorizzazione dei relativi impianti di trattamento - a quello proprio delle
acque reflue industriali). Pres. Petruzzelli, Est. Russo - E. s.p.a. (avv.ti
Capria, Gorlani e Marocco) c. Ministero dell'Ambiente e della Tutela del
Territorio e del Mare e altri (Avv. Stato) -
TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 20 dicembre 2010, n. 4883
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 04883/2010 REG.SEN.
N. 01300/2009 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1300 del 2009, integrato da motivi
aggiunti, proposto da:
ENIPOWER MANTOVA Spa, rappresentato e difeso dagli avv. Antonella Capria,
Innocenzo Gorlani, Teodora Marocco, con domicilio eletto presso lo studio
dell’avv. Innocenzo Gorlani in Brescia, via Romanino, 16;
contro
MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE, MINISTERO DEL
LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI E DELLA SALUTE, MINISTERO DELLO SVILUPPO
ECONOMICO, ISPRA, ISS, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale
Stato, domiciliata per legge in Brescia, via S. Caterina, 6;
REGIONE LOMBARDIA, rappresentata e difesa dagli avv. Antonella Forloni, Piera
Pujatti, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Donatella Mento in
Brescia, via Cipro, 30;
PROVINCIA DI MANTOVA, rappresentata e difesa dagli avv. Francesco Noschese,
Eloisa Persegati Ruggerini, Lucia Salemi, con domicilio eletto presso lo studio
dell’avv. Francesco Noschese in Brescia, via Cadorna, 7;
COMUNE DI MANTOVA, rappresentato e difeso dagli avv. Chiara Bergamaschi, Sara
Magotti, con domicilio eletto presso T.A.R. Segreteria in Brescia, via Carlo
Zima, 3;
COMUNE DI VIRGILIO, COMUNE DI SAN GIORGIO DI MANTOVA, PARCO DEL MINCIO, non
costituiti in giudizio;
nei confronti di
ARPA LOMBARDIA, SOGESID SPA, ASL 307 DELLA PROVINCIA DI MANTOVA, non costituiti
in giudizio;
per l'annullamento
del decreto prot. 8495/QDV/DI/B in data 30/9/20098, di approvazione definitiva
di tutte le prescrizioni stabilite nel verbale della Conferenza dei Servizi
decisoria del 31/7/2009, relativa al sito di bonifica di interesse nazionale.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 novembre 2010 il dott. Carmine
Russo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il presente ricorso ha ad oggetto l’impugnazione di alcuni degli atti della
procedura amministrativa di messa in sicurezza di emergenza delle aree inquinate
facenti parte del sito di interesse nazionale dei Laghi di Mantova, un’area
posta nella pianura alluvionale del fiume Mincio, a sud est dell’abitato della
città di Mantova.
Il ricorso in esame è promosso, in particolare, da Enipower Mantova s.p.a., che
è una società del gruppo ENI cui è stato conferito nel 2006 (dalla dante causa
Enipower s.p.a., facente parte del medesimo gruppo industriale) il ramo
d’azienda incaricato di gestire una centrale termoelettrica sita nel perimetro
dell’area inquinata dei Laghi di Mantova.
Lo stabilimento della Enipower Mantova è interessato dalla contaminazione dei
suoli e della falda principale, contaminazione derivante da idrocarburi e
benzene, che la società ricorrente contesta provenire dal proprio stabilimento.
Con il ricorso principale odierno la società ricorrente impugna il provvedimento
del 30. 9. 2009 con cui il direttore generale del Ministero dell’ambiente ha
disposto di approvare tutte le prescrizioni stabilite dal verbale di conferenza
di servizi del 31. 7. 2009 relativo alla bonifica dei laghi di Mantova e del
polo chimico (con gli atti allegati e presupposti).
Con il primo ricorso per motivi aggiunti la ricorrente impugna anche la nota del
17. 12. 2009 con cui il Ministero, in risposta a missiva inviata dalla stessa
ricorrente, conferma le statuizioni contenute nel provvedimento impugnato con il
ricorso principale.
Con il secondo ricorso per motivi aggiunti la ricorrente impugna infine anche la
nota del 18. 12. 2010 con cui il Ministero chiede alle aziende di ottemperare
alle prescrizioni contenute nel verbale della conferenza di servizi impugnata
con il ricorso principale.
Si costituivano in giudizio tramite l’Avvocatura dello Stato il Ministero
dell’Ambiente, il Ministero del Lavoro, il Ministero dello Sviluppo economico,
l’Agenzia di protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici, l’Istituto
centrale ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare, l’Istituto
superiore della sanità, che chiedevano i ricorsi fossero dichiarati
inammissibili o comunque infondati nel merito.
Si costituivano in giudizio, inoltre, la Regione Lombardia, la Provincia di
Mantova, il Comune di Mantova, che prendevano ciascuno le conclusioni descritte
di seguito.
Nessuno si costituiva per le altre parti che la ricorrente ha ritenuto di
convenire in giudizio.
I motivi che sostengono il ricorso principale sono i seguenti:
1. il provvedimento sarebbe illegittimo perché si limita ad approvare il verbale
della Conferenza di servizi senza alcuna specifica motivazione;
2. il provvedimento sarebbe illegittimo perchè Enipower Mantova non è la
responsabile dell’inquinamento, e quindi non le possono essere imposte in radice
misure di messa in sicurezza di emergenza;
3. il provvedimento sarebbe illegittimo perchè non ci sono i presupposti di
inquinamento repentino ed in atto per una messa in sicurezza;
4. il provvedimento sarebbe illegittimo perché sarebbe illogico chiedere ad una
azienda di provvedere ad impedire la diffusione di contaminazione che è
transitata al proprio stabilimento dai terreni vicini;
5. il provvedimento sarebbe illegittimo nella parte in cui impone l’obbligo del
contenimento fisico per la ragione preclusiva che l’intervento non costituisce
messa in sicurezza di emergenza, ma bonifica, e per difetto di istruttoria sulla
necessità in concreto di tale misura;
6. il provvedimento sarebbe illegittimo nella parte in cui chiede che anche
minimi interventi di movimentazione terreni debbano essere autorizzati, in
quanto l’art. 242 d.lgs. 152/06 non prevede affatto che le attività di messa in
sicurezza d’emergenza debbano essere autorizzate, d’altronde il Ministero
dell’Ambiente non sarebbe titolare di competenze edilizie;
7. il provvedimento sarebbe illegittimo nella parte in cui impone di trattare le
acque di falda emunte come rifiuti in contrasto con la disposizione dell’art.
243 d.lgs. 152/06;
8. il parere dell’I.S.S., allegato al verbale di Conferenza di servizi, relativo
ai valori di concentrazione nelle acque sotterranee della sostanza MtBE sarebbe
fondato su presupposti tecnici erronei;
9. l’Accordo di programma 31. 5. 2007, richiamato nella Conferenza di servizi,
sarebbe illegittimo in quanto non si chiarisce il rapporto tra esso e il
procedimento amministrativo in essere;
10. l’Accordo di programma 31. 5. 2007, richiamato nella Conferenza di servizi,
sarebbe illegittimo in quanto sostitutivo di una procedura di bonifica che
invece è la procedura prevista dal codice dell’ambiente;
11. l’Accordo di programma 31. 5. 2007, richiamato nella Conferenza di servizi,
sarebbe illegittimo anche perché affida alla Sogesid s.p.a., ente strumentale
del Ministero, la progettazione ed esecuzione di interventi di messa in
sicurezza di emergenza senza ricorrere all’evidenza pubblica.
Nel primo ricorso per motivi aggiunti si censura la nota del 17. 12. 2009 con
cui il Ministero conferma le prescrizioni. I motivi riprendono in parte quelli
del ricorso principale.
Nel secondo ricorso per motivi aggiunti si censura la nota del 18. 5. 2010 con
cui il Ministero, confermando quanto prescritto dalla Conferenza di servizi del
31. 7. 2009, chiede alle aziende presenti nel polo chimico di ottemperare alle
prescrizioni e di trasmettere un elaborato tecnico con la descrizione degli
interventi di messa in sicurezza di emergenza avviati o in corso di avvio.
Nel ricorso principale era formulata altresì istanza cautelare di sospensione
del provvedimento impugnato, che veniva rinuncia all’udienza a ciò appositamente
fissata.
Nel primo ricorso per motivi aggiunti era formulata altresì istanza cautelare di
sospensione del provvedimento impugnato, che veniva rinuncia all’udienza a ciò
appositamente fissata.
Il ricorso veniva discusso nella pubblica udienza del 24. 11. 2010, all’esito
della quale veniva trattenuto in decisione.
DIRITTO
I. Nel redigere questa sentenza si sceglie di utilizzare la tecnica della
citazione del precedente conforme ex art. 74 c.p.a. in tutit i casi in cui si
tratterà di dare una risposta a tutte le questioni che sono state già decise
nelle precedenti sentenze emesse da questo Tribunale nel contenzioso che oppone
da anni la Enipower Mantova al Ministero dell’Ambiente.
L’utilizzo della tecnica della citazione del precedente conforme, oltre che
essere legittimata dall’art. 74 c.p.a., è anche opportuna nel caso di specie
perché favorisce la leggibilità della sentenza, atteso che la perfetta
comprensione giurisdizionale della vicenda della complessa ed indispensabile
procedura amministrativa di bonifica dei laghi di Mantova potrebbe essere - a
giudizio del Tribunale - ostacolata dalla lunghezza dei provvedimenti del
Ministero che vengono impugnati (non facilmente decifrabili e pieni di
ripetizioni di statuizioni identiche) da cui deriva a catena la lunghezza e
difficoltà di lettura dei ricorsi, e la lunghezza e difficoltà di lettura delle
sentenze.
Ciò posto, si passa ad esaminare i singoli motivi di ricorso.
II. Nel primo motivo di ricorso si deduce che il provvedimento dirigenziale
sarebbe illegittimo perché si limita ad approvare il verbale della Conferenza di
servizi senza alcuna specifica motivazione.
La questione è stata già respinta nella sentenza di questo Tribunale 9. 10.
2009, n. 1736, punto III, nonché nella sentenza di questo Tribunale 12. 2. 2010,
n. 735, punto XVI.
Si rimanda pertanto a quanto affermato dal Tribunale nei precedenti conformi
appena citati, e si respinge nuovamente il motivo.
III. Nel secondo motivo di ricorso si deduce che Enipower Mantova non è la
responsabile dell’inquinamento, e quindi non le possono essere imposte misure di
messa in sicurezza di emergenza, nel terzo si afferma che non ci sarebbero
neanche i presupposti per una messa in sicurezza; e nel quarto si aggiunge che è
illogico chiedere ad una azienda di provvedere ad impedire la diffusione di
contaminazione altrui.
Questi tre motivi devono essere affrontati congiuntamente perché sono tre
passaggi dello stesso ragionamento che mira ad ottenere una pronuncia che
sottragga la ricorrente da ogni obbligo di messa in sicurezza.
Se però si va ad esaminare i punti del provvedimento impugnato che riguardano
espressamente la posizione della ricorrente (sono le pagine 57 e seguenti), si
nota in realtà come la posizione di Enipower Mantova sia trattata nella
Conferenza di servizi in modo piuttosto sfumato proprio perché il Ministero
recepisce quasi integralmente il progetto di bonifica presentato spontaneamente
dall’azienda (a pagina 59 c’è scritto sul progetto dell’azienda che “si ritiene
lo stesso approvabile”). E’ vero che a questo progetto vengono apposte delle
prescrizioni, ma le prescrizioni attengono tutte alla caratterizzazione del
sito. Nella pronuncia di questo Tribunale (in diversa composizione) 12. 2. 2010,
n. 735 è stato evidenziato che quando “le misure imposte, altrimenti
qualificabili in modo diverso, si devono concretizzare (…) in attività di
indagine, di raccolta e studio di dati e di prelievo di campioni e in varie
analisi e rilevazioni tecniche con annesse attività amministrative semplici di
mera certificazione” o nella “diversa imposta necessità preventiva di redigere
un piano di caratterizzazione in attinenza ai siti di percorrenza lineare delle
condotte di gas e delle condotte elettriche” “appaiono più che ragionevoli e non
invasive; le stesse inoltre non sono né di carattere sanzionatorio, né di
carattere ripristinatorio”.
Il Tribunale ha anche aggiunto nel seguito di quella stessa sentenza che esse
“dunque ben possono insistere anche in pacifica assenza di quella responsabilità
causale così come dedotto da Sol. Del resto le dette medesime prescrizioni (…)
possono essere, se concretizzate, anche più che utili per Sol stessa; appunto
perché sono proprio ed anche attività meramente prodromiche ad ogni altra misura
sia di sicurezza che di bonifica per suoli anche di interesse esclusivo di Sol
stessa”.
La stessa cosa va detta per le prescrizioni con cui si impone all’azienda di
impedire la contaminazione del Fiume Mincio e dei laghi di Mantova, posto che si
tratta comunque di attività finalizzate ad ottenere il rilascio della
certificazione di avvenuta bonifica (sul punto vi è un richiamo a pagina 61 del
provvedimento impugnato).
Ne consegue che le relative censure devono essere respinte.
IV. Nel quinto motivo di ricorso si deduce che il provvedimento sarebbe
illegittimo nella parte in cui impone l’obbligo del contenimento fisico, per la
ragione preclusiva che l’intervento non costituisce messa in sicurezza di
emergenza, ma bonifica; ed inoltre perché la misura sarebbe chiesta sempre per
tutti i tipi di inquinamento, indipendentemente da una verifica istruttoria
sulla necessità della stessa.
E’ fondata questa seconda parte del motivo di ricorso.
La prima parte non è fondata perché di per sé in presenza di una fonte di
inquinamento in atto il sconfinamento fisico dell’area inquinata mediante
palancolatura non è incompatibile con i limiti della messa in sicurezza di
emergenza proprio perché serve non per bonificare l’area (attività che sarà
svolta in un secondo momento), ma per contenere l’ulteriore propagazione
dell’inquinamento confinandolo nei suoli che sono già inquinati.
E’ vero, però, - e qui si torna alla seconda parte del motivo di ricorso - che
nel caso in esame, valutati tutti gli elementi in gioco e le criticità
dell’area, il barrieramento fisico non è stato preceduto da adeguata
istruttoria.
Si richiama sul punto il precedente conforme di questo Tribunale n. 1736/09,
punto VIII, nonché la sentenza del Consiglio di Stato n. 6455/09, punto 3.2.,
con la precisazione però che sia la pronuncia del Tribunale che quella del
Consiglio di Stato concludono entrambe nel senso non dell’inammissibilità in
astratto della misura come messa in sicurezza di emergenza, ma soltanto della
insufficienza di dati a sostegno della stessa (il Consiglio di Stato impone
anche un onere al Ministero di spiegare perché il barrieramento idraulico che
stanno conducendo le aziende è insufficiente).
Le conclusioni già prese dagli organi giurisdizionali vengono qui ribadite per
le stesse motivazioni indicate nei precedenti citati, e sembrano essere
corroborate anche dalle deduzioni della parte pubblica che evidenzia che la
versione attuale dello studio Sogesid - o comunque l’ultima versione esposta
dalle parti agli atti di causa - modifica parzialmente la prospettiva adottata
in precedenza dall’amministrazione, prevedendo il barrieramento fisico soltanto
da un lato, e non intorno a tutto il perimetro dell’area contaminata.
La circostanza che anche la società incaricata dallo Stato di individuare la
migliore soluzione tecnologica per il contenimento dell’inquinamento abbia
scartato la ipotesi del barrieramento fisico integrale è ulteriore indica della
arbitrarietà della decisione a suo tempo presa nel provvedimento impugnato e
censurata nel motivo di ricorso in esame. e che quindi essa non esclude una
rivalutazione all’esito della caratterizzazione finale dell’area.
Il motivo è pertanto accolto, impregiudicata ogni valutazione in un (eventuale)
futuro ricorso sulla correttezza della nuova (meno invasiva) soluzione proposta
dalla Sogesid.
V. Nel sesto motivo di ricorso si deduce che il provvedimento sarebbe
illegittimo nella parte in cui chiede che anche semplici interventi di
movimentazione terreni debbano essere autorizzati, in quanto l’art. 242 d.lgs.
152/06 non prevede affatto che le attività di messa in sicurezza d’emergenza
debbano essere autorizzate, anche perché il Ministero dell’Ambiente non ha
competenze edilizie.
In realtà, un potere del Ministero dell’Ambiente di sottoporre ad autorizzazione
le opere ed i movimenti terra che avvengono nel perimetro dell’area inquinata è
previsto nella norma dell’art. 252 t.u. ambiente relativa ai siti inquinati di
interesse nazionale (quale quello che ci occupa).
I co. 6, 7 e 8 della stessa norma (in cui si dispone che “6. L'autorizzazione
del progetto e dei relativi interventi sostituisce a tutti gli effetti le
autorizzazioni, le concessioni, i concerti, le intese, i nulla osta, i pareri e
gli assensi previsti dalla legislazione vigente, ivi compresi, tra l'altro,
quelli relativi alla realizzazione e all'esercizio degli impianti e delle
attrezzature necessarie alla loro attuazione. L'autorizzazione costituisce,
altresì, variante urbanistica e comporta dichiarazione di pubblica utilità,
urgenza ed indifferibilità dei lavori. 7. Se il progetto prevede la
realizzazione di opere sottoposte a procedura di valutazione di impatto
ambientale, l'approvazione del progetto di bonifica comprende anche tale
valutazione. 8. In attesa del perfezionamento del provvedimento di
autorizzazione di cui ai commi precedenti, completata l'istruttoria tecnica, il
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare può autorizzare
in via provvisoria, su richiesta dell'interessato, ove ricorrano motivi
d'urgenza e fatta salva l'acquisizione della pronuncia positiva del giudizio di
compatibilità ambientale, ove prevista, l'avvio dei lavori per la realizzazione
dei relativi interventi di bonifica, secondo il progetto valutato positivamente,
con eventuali prescrizioni, dalla conferenza di servizi convocata dal Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. L'autorizzazione
provvisoria produce gli effetti di cui all'articolo 242, comma 7) delineano un
sistema in cui sono concentrati in capo al Ministero dell’ambiente i poteri
autorizzatori per qualsiasi tipo di attività che modifichi gli impianti, le
attrezzature e le aree oggetto di bonifica. In tali poteri autorizzatori rientra
anche la possibilità utilizzata dal Ministero dell’Ambiente nel caso in esame di
sottoporre a preventiva autorizzazione anche i movimenti di terra.
Senza dimenticare che il potere che è stato esercitato dal Ministero
dell’Ambiente nel caso in esame deriva anche dal potere di vigilanza e controllo
che spetta in via generale ad ogni autorità amministrativa cui la norma
attributiva del potere conferisca poteri di amministrazione attiva per
verificare l’adempimento delle prescrizioni dettate nell’esercizio dei poteri di
amministrazione attiva. Non va, infatti, dimenticato che la decisione
dell’amministrazione è stata originata da una segnalazione ricevuta dalla
Direzione per la qualità della vita che ha rilevato come proprio la Polimeri
Europa avesse presentato 22 comunicazioni di lavori indifferibili ed urgenti
all’interno dello stabilimento che avevano fatto dire alla predetta Direzione
che la Polimeri “stesse operando in pieno contrasto con la vigente normativa in
materia di bonifiche in quanto i predetti interventi non erano riconducibili ad
opere di sicurezza, di collegamento a reti pubbliche, né finalizzati al
miglioramento della sicurezza degli impianti, degli operatori e delle condizioni
ambientali e di lavoro” (si fa notare che in altro ricorso contro lo stesso
provvedimento trattato nella stessa udienza, altra azienda si lamenta proprio
che è stato il comportamento di Polimeri Europa a portare il Ministero a
sanzionare tutte le aziende indifferentemente).
Ne consegue che il potere, riconosciuto dalla norma, è stato esercitato
correttamente dal Ministero e che il relativo motivo di ricorso deve essere
respinto.
VI. Nel settimo motivo di ricorso si deduce che il provvedimento sarebbe
illegittimo nella parte in cui sottopone la gestione delle acque di falda emunte
alla disciplina dei rifiuti.
La prescrizione in parola è effettivamente contenuta in via generale nella prima
parte del provvedimento impugnato (punti 1 e 2 dell’ordine del giorno) che si
riferiscono a quasi tutte le aziende, anche se non è ripetuta specificamente
nella parte del provvedimento che riguarda specificamente Enipower Mantova.
In ogni caso, come è stato affermato da questo Tribunale di fronte ad altra
censura proposta da altra azienda contro il medesimo provvedimento, leggendo il
provvedimento impugnato (lettura che, come si è già detto prima, non è semplice
giusta la tecnica di redazione che è stata scelta dall’autorità amministrativa
che non agevola la comprensione dei passaggi motivazionali) si deduce che il
Ministero ha fondato la propria tesi circa l’assimilabilità a rifiuto liquido
delle acque di falda estratte nel corso delle operazioni di messa in sicurezza
dalla circostanza che l’assimilabilità a scarico sarebbe prevista soltanto per
le acque estratte in occasione delle operazioni di bonifica, ma non di quelle di
messa in sicurezza (pagina 46 del provvedimento impugnato, seconda e terza
riga). Il Ministero ha scelto cioè un argomento di tipo formale e tranciante,
valido per tutti i casi di acque emunte nel corso delle operazioni di messa in
sicurezza.
Questa deduzione non tiene conto, però, della circostanza che alla data in cui è
stato emesso il provvedimento impugnato l’art. 243 d.lgs. 152/06 era stato
novellato dall'articolo 8-quinquies della legge n. 13 del 2009 in cui era stato
introdotto con norma ad hoc anche un inciso (favorevole alla tesi delle aziende)
che prevedeva l’assimilabilità agli scarichi delle acque di falda emunte nel
corso delle procedure di messa in sicurezza. La disposizione in parola è stata
così trasformata nella seguente: “Le acque di falda emunte dalle falde
sotterranee, nell'ambito degli interventi di bonifica o messa in sicurezza di un
sito, possono essere scaricate, direttamente o dopo essere state utilizzate in
cicli produttivi in esercizio nel sito stesso, nel rispetto dei limiti di
emissione di acque reflue industriali in acque superficiali di cui al presente
decreto. 2. In deroga a quanto previsto dal comma 1 dell'articolo 104, ai soli
fini della bonifica dell'acquifero, è ammessa la reimmissione, previo
trattamento, delle acque sotterranee nella stessa unità geologica da cui le
stesse sono state estratte, indicando la tipologia di trattamento, le
caratteristiche quali-quantitative delle acque reimmesse, le modalità di
reimmissione e le misure di messa in sicurezza della porzione di acquifero
interessato dal sistema di estrazione/reimmissione. Le acque reimmesse devono
essere state sottoposte ad un trattamento finalizzato alla bonifica
dell'acquifero e non devono contenere altre acque di scarico o altre sostanze
pericolose diverse, per qualità e quantità, da quelle presentì nelle acque
prelevate”.
La novella alla norma appena citata, di per sé, non è decisiva per parificare le
acque di falda emunte agli scarichi, perché, come evidenziato da T.a.r. Sicilia,
Palermo, I, n. 540/09 “la norma in parola introduce un peculiare regime
diversificato per le acque di falda emunte nell'ambito di interventi di bonifica
di siti inquinati, di per sé non idoneo tuttavia a parificarne il regime
giuridico - per quanto attiene alla gestione e autorizzazione dei relativi
impianti di trattamento - a quello proprio delle acque reflue industriali. Una
lettura sistematica della previsione normativa in esame, in combinato disposto
con le altre norme e con le ulteriori disposizioni di cui agli art. 210, 242,
124 e 125, d.lg. 152/06, non può infatti non tenere conto della particolare
natura dell'oggetto dell'attività posta in essere, siccome individuata dal
legislatore nei rifiuti liquidi” (la motivazione è nota alle parti che erano
costituite in giudizio anche in quel caso, relativo al disinquinamento dell’area
industriale di Priolo), ed anche questo Tribunale (sia pure in diversa vicenda
ed altra composizione) ha ritenuto nella ordinanza n. 117/2010 che “le acque
emunte sarebbero oggettivamente assimilabili a rifiuti liquidi non potendo avere
alcuna utilizzazione ed essendo prioritaria l’esigenza di evitare qualunque
forma di diluizione con altri tipi di acque o il rischio di dispersione nello
stabilimento”.
Ma al di là di quelli che possono essere i limiti di lettura del nuovo testo
dell’art. 243 d.lgs. 152/06, per decidere il caso sottoposto all’attenzione del
Tribunale è decisiva la circostanza che il Ministero abbia fondato la propria
motivazione soltanto sulla non applicabilità del regime dell’art. 243 d.lgs.
152/06 alle operazioni di messa in sicurezza, ma solo a quelle di bonifica,
circostanza che impone in radice l’assimilabilità a rifiuto delle acque di falda
emunte nelle operazioni di messa in sicurezza e, come detto, non è
normativamente corretta.
Alla luce di tale norma, pertanto, la tesi su cui è fondato il provvedimento del
Ministero non può essere apprezzata, e la relativa prescrizione, nei limiti
della motivazione, deve essere annullata.
VII. Nell’ottavo motivo di ricorso si deduce che negli allegati al verbale della
conferenza di servizi vi sarebbe un parere dell’Istituto superiore di sanità
relativo ai valori di concentrazione nelle acque sotterranee della sostanza MtBE
ma il parere sarebbe fondato su presupposti erronei.
Ci si permette di rilevare che un motivo formulato in tal modo è inammissibile,
non si riesce infatti a comprendere dalla formulazione del motivo se il parere
dell’Istituto superiore di sanità sia stato richiamato nel provvedimento
impugnato ed abbia fondato una qualche statuizione del provvedimento impugnato.
In conformità ai principi generali, per poter ottenere una risposta del
Tribunale, occorre che vi sia un provvedimento che prescrive qualcosa al
soggetto ricorrente e che questi contesti la legittimità di quanto gli viene
imposto (o negato, in caso di interessi pretensivi).
Nel motivo in esame non si indica il passaggio del provvedimento che conterrebbe
(sia pure attraverso richiamo al parere dell’Istituto superiore di sanità)
questa imposizione relativa alla ricerca della sostanza MtBE. Nelle pagine da 57
a 62 del provvedimento impugnato, che sono le pagine dedicate specificamente
alla posizione di Enipower (unica azienda che presenta questo motivo), non è mai
citato neanche una volta un parere dell’Istituto superiore di sanità.
Nell’ipotesi in cui l’obbligo di rispettare questo parere derivi dal richiamo ad
altro provvedimento che a sua volta richiama il parere dell’Istituto superiore
sanità, ci si permette di dire che ciò avrebbe dovuto essere quantomeno
evidenziato in modo che il Tribunale comprenda quale sia la prescrizione da
(eventualmente) annullare, posto che non si può certo annullare un mero parere
dell’Istituto superiore di sanità che per inciso non figura neanche tra i
provvedimenti impugnati.
In definitiva, nei termini in cui è stato formulato il motivo deve essere
dichiarato inammissibile.
VIII. Nel nono, decimo, ed undicesimo motivo di ricorso la ricorrente spiega
motivi (con la precisazione “ove occorra”) nei confronti dell’accordo di
programma stipulato tra Ministero ed entri territoriali per concordare le linee
della bonifica ed a cui le aziende restano libere di aderire o meno.
A giudizio della ricorrente, l’Accordo di programma sarebbe illegittimo in
quanto non si chiarisce il rapporto tra esso e il procedimento amministrativo in
essere (nono motivo), sarebbe illegittimo anche in quanto sostitutivo di una
procedura di bonifica che invece è prevista dal codice dell’ambiente (decimo
motivo), ed anche perché affida alla Sogesid s.p.a., ente strumentale del
Ministero, la progettazione ed esecuzione di interventi di messa in sicurezza di
emergenza senza ricorrere all’evidenza pubblica (undicesimo motivo).
Si tratta di motivi di ricorso che sono stati già più volte proposti dalla
ricorrente, e sempre contro lo stesso accordo di programma del 31. 5. 2007.
Il Tribunale ha già dichiarato inammissibili i motivi contro l’accordo di
programma in quanto res inter alios nella sentenza 318/09, nonché di nuovo nella
sentenza 1737/09.
Si respinge pertanto il motivo di ricorso con rinvio al precedente conforme per
le motivazioni per esteso.
IX. Nel primo ricorso per motivi aggiunti censura anche la nota del 17. 12. 2009
con cui il Ministero conferma le prescrizioni.
Nel secondo ricorso per motivi aggiunti la ricorrente censura anche la nota del
18. 5. 2010 con cui il Ministero, confermando quanto prescritto dalla Conferenza
di servizi del 31. 7. 2009, chiede alle aziende presenti nel polo chimico di
ottemperare alle prescrizioni e di trasmettere un elaborato tecnico con la
descrizione degli interventi di messa in sicurezza di emergenza avviati o in
corso di avvio.
La nota del 17. 12. 2009 (impugnata con primi motivi aggiunti) sono 14 righe
scritte dal Ministero in risposta ad una lettera inviata dalla ricorrente che
aveva comunicato che non avrebbe ottemperato alle prescrizioni della Conferenza
di servizi (impugnata con il ricorso principale), ed a cui il Ministero risponde
che invece essa deve ottemperare. Si tratta a tutta evidenza di un mero atto
confermativo, come tale inidoneo a ledere l’interesse della ricorrente, la cui
impugnazione deve essere giudicata inammissibile.
La nota del 18. 5. 2010 (impugnata con secondi motivi aggiunti) sono 29 righe
scritte dal Ministero dopo aver ricevuto dalla Provincia di Mantova
comunicazione del rinvenimento di composti alifatici alogenati nelle acque
superficiali, circostanza ritenuta preoccupante perché indice chiaro
dell’esistenza di un inquinamento in atto, ed in cui lo stesso Ministero
raccomanda alle aziende di ottemperare all’attivazione degli interventi di messa
in sicurezza prescritti nella Conferenza di servizi. Si tratta a tutta evidenza
anche in questo caso di un mero atto confermativo, come tale inidonea a ledere
l’interesse della ricorrente, la cui impugnazione deve essere giudicata
inammissibile.
Le parti sono state avvertite in udienza ex art. 73, co. 3, c.p.a del possibile
esercizio del potere del Tribunale di rilevare d’ufficio la eccezione, in
conformità alla quale va a questo punto formulato il dispositivo.
X. La soccombenza della ricorrente sulla maggior parte delle questioni proposte
le impone l’onere delle spese, quantificato come in dispositivo (la
quantificazione tiene conto della circostanza che l’Avvocatura si è limitata a
prendere posizione soltanto su alcuni dei motivi di ricorso; la Regione
Lombardia si è costituita solo formalmente; Comune e Provincia di Mantova hanno
preso posizione soltanto sui motivi relativi all’accordo di programma).
P.Q.M.
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:
ACCOGLIE nei limiti della motivazione i soli motivi sub 5 e 7, e, per l’effetto,
annulla il decreto 30. 9. 2009 nella sola parte in cui dispone a carico della
Enipower Mantova l’obbligo di procedere al barrieramento fisico dell’area
inquinata ed al trattamento come rifiuti delle acque di falda emunte.
DICHIARA INAMMISSIBILE il ricorso quanto ai motivi 8, 9, 10, 11, ed ai primi e
secondi motivi aggiunti.
RESPINGE per tutto il resto.
CONDANNA la ricorrente al pagamento in favore di ciascuna delle controparti
costituite delle spese di lite, che quantifica in euro 1.000 (oltre accessori,
se dovuti).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 24 novembre 2010 con
l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Petruzzelli, Presidente
Sergio Conti, Consigliere
Carmine Russo, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20/12/2010
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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