AmbienteDiritto.it
- Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati -
Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
T.A.R. LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 8 febbraio 2010, n. 618
CAVE E MINIERE - Regione Lombardia - Piano cave - Proposta - Giunta regionale
- Integrazioni e modifiche - Artt. 7 e 8 l.r. Lombardia n. 14/98 -
Interpretazione - Carattere provinciale del piano - Modifiche apportabili -
Modifiche di dettaglio. Le norme degli artt. 7 e 8 comma 1 della l. r.
Lombardia n. 14/98, là dove prevedono che alla proposta del Piano Cave
presentata dalla Provincia, sentiti i Comuni, la Giunta regionale possa
apportare “integrazioni e modifiche” da sottoporre poi al Consiglio regionale
per l’approvazione finale, va interpretata nel senso che si possano apportare in
modo puro e semplice solo modifiche di mero dettaglio, ovvero imposte
dall’adeguamento ad obblighi normativi. In tutti gli altri casi, non va
stravolto il carattere provinciale del piano, e quindi le modifiche non si
possono inserire se non ripetendo la procedura che ha condotto alla proposta
arrivata alla Giunta: le modifiche stesse vanno apportate al disegno generale
della proposta adottata e su di esse devono pronunciarsi non solo i Comuni, ma
anche tutti gli organi tecnici deputati ad esprimere il loro parere sul piano in
parola (cfr. Tar Lombardia, Brescia, n. 893/2009). Pres. Petruzzelli, Est. Conti
- Comune di Arcene (avv.ti Ballerini e Viviani) c. Regioen Lombardia (avv.
Pujatti). TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 8 febbraio 2010, n. 618
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 00618/2010 REG.SEN.
N. 01059/2008 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 1059 del 2008, proposto da:
Comune di Arcene, rappresentato e difeso dagli avv. Mauro Ballerini, Mario
Viviani, con domicilio eletto presso Mauro Ballerini in Brescia, v.le Stazione,
37 (Fax=030/46565);
contro
Regione Lombardia, rappresentato e difeso dall'avv. Piera Pujatti, con domicilio
eletto presso Donatella Mento in Brescia, via Cipro, 30 (Fax=030/2449770);
Provincia di Bergamo;
nei confronti di
Vitali Spa, rappresentato e difeso dagli avv. Giuseppe Onofri, Giancarlo
Tanzarella, Elena Tanzarella, Sara Vidale, con domicilio eletto presso Giuseppe
Onofri in Brescia, via Ferramola, 14 (030/3755220) @;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
della delibera del Consiglio Regionale della Lombardia n. VIII/619 del
14/5/2008, recante nuovo piano cave della Provincia di Bergamo - settore
merceologici della sabbia - ghiaia, argilla, calcari e dolomie, pietre
ornamentali e pietrisco, nonchè tutti gli atti presupposti consequenziali e
connessi, ivi compresa la deliberazione del Consiglio provinciale di bergamo n.
16 del 16.3.2004 di approvazione della proposta di piano cave.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Lombardia e di Vitali Spa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 dicembre 2009 il dott. Sergio Conti
e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso all’esame – notificato il 27.10.2008 e depositato il 7.11.2008 -
il Comune di Arcene impugna la deliberazione, in data 14.5.2008, del Consiglio
regionale della Lombardia, di approvazione - ex art. 8, secondo comma, della
L.R. 8.8.1998 n. 14 - del piano cave della Provincia di Bergamo; nonché la
deliberazione del Consiglio provinciale di Bergamo del 16.3.2004, con cui era
stata adottata la proposta di piano cave ex art. 7, c. 1 della L.R. 8.8.1998 n.
14.
Il ricorrente Comune articola le seguenti doglianze:
1) Violazione dei principi delle norme in materia di valutazione ambientale
strategica (VAS)a dettati dalla direttiva 2001/42/CEE;
2) Violazione, anche falsa applicazione, degli artt. 5, 6, 7 e 8 della L.R. n.
14/1998 – Eccesso di potere per sviamento nonché per difetto d’istruttoria e di
motivazione;
3) Eccesso di potere per difetto di motivazione e di ponderazione; Eccesso di
potere per contraddittorietà.
Si sono costituiti in giudizio l’Amministrazione regionale e la
controinteressata Vitali SPA, chiedendo il rigetto del gravame.
Alla pubblica udienza del 16.12.2009 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Con il ricorso all’esame, il Comune di Arcene impugna il nuovo piano cave della
Provincia di Bergamo nella parte in cui viene istituito l’ATEg18 (che insiste in
buona parte sul suo territorio).
In particolare, il Comune si grava nei confronti:
a) della deliberazione, in data 14.5.2008, del Consiglio regionale della
Lombardia, di approvazione - ex art. 8, secondo comma, della L.R. 8.8.1998 n. 14
- del suddetto piano;
b) nei confronti della deliberazione del Consiglio provinciale di Bergamo del
16.3.2004, con cui era stata adottata la proposta di piano cave ex art. 7, c. 1
della L.R. 8.8.1998 n. 14.
Va preliminarmente rilevato che il difensore della controinteressata Vitali SPA
ha dato atto a verbale d’udienza di rinunciare alla richiesta di trasmissione
alla sede del capoluogo di Regione, - proposta ai sensi dell’art. 32, c. 2,
della L. 6.12.1971 n. 1034- con istanza in data 18.11.2008.
Con il primo motivo, il Comune ricorrente afferma che il piano provinciale delle
cave avrebbe dovuto essere sottoposto a valutazione ambientale strategica (VAS),
in applicazione di quanto disposto dalla direttiva 2001/42/CEE che si
configurerebbe come direttamente applicabile all’interno dell’ordinamento
nazionale.
La censura va disattesa.
La Sezione si è già espressa sul punto con la sentenza 4.5.2009 n. 893, relativa
all’impugnazione del medesimo piano cave, nella quale è stato rilevato che la
Direttiva 42/01/CE non è immediatamente applicabile all'interno degli Stati
membri, richiedendo un atto di recepimento, evidenziando (cfr. TAR Napoli Sez.
IV 7.5.2008 n. 3550) che in tal senso depongono:
- l'art. 3 che, nel definirne l'ambito di applicazione, stabilisce espressamente
che la valutazione ambientale in determinati settori è necessaria “solo se gli
Stati membri determinano che [i piani e i programmi relativi a tali settori]
possono avere effetti significativi sull'ambiente” (cfr. art. 3, p. 3);
- l’art. 4, p. 2, che afferma “le condizioni stabilite dalla presente direttiva
sono integrate nelle procedure in vigore negli Stati membri per l'adozione dei
piani e dei programmi o nelle procedure definite per conformarsi alla presente
direttiva”;
- l'art. 13, p. 1, il quale stabilisce che “gli Stati membri mettono in vigore
le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per
conformarsi alla presente direttiva ...”.
Con il secondo motivo, la ricorrente Amministrazione comunale contesta le
modalità attraverso le quali il Consiglio regionale è pervenuto all’approvazione
del piano cave, accogliendo una proposta di ampliamento dell’ambito presentata
direttamente da parte di soggetto interessato all’escavazione.
Con il terzo motivo il Comune di Arcene stigmatizzata la mancata ponderazione -
da parte della Provincia in sede di adozione e da parte del Consiglio regionale
in sede di approvazione del piano - delle argomentazioni da esso svolte mediante
la proposizione di osservazioni.
Alla disamina delle due doglianze deve essere premessa la ricostruzione
dell’iter del piano cave della provincia di Bergamo.
La Provincia di Bergamo - con la deliberazione della Giunta Provinciale n. 375
del 31 luglio 2003 (doc. n. 3 del Comune ricorrente)- ha redatto, ai sensi degli
artt. 2, 6 e 7 della L.R. n. 14/1998, la proposta di Piano Provinciale delle
cave, procedendo quindi al deposito presso la Segreteria generale, al fine di
consentire la consultazione e la presentazione delle osservazioni.
La proposta, per l'ambito territoriale che qui interessa, recepiva le richieste
avanzate dalla società Vitali S.p.A. - con le note in data 12.5.2002, assunta al
prot. n. 53202 dell’ Amministrazione provinciale il 22.5.2002 (doc. n. 4 della
ric.) e senza data, assunta al predetto prot. al n. 65979 del 21.6.2002 (doc. n.
5 della ric.) - prevedendo un ambito territoriale estrattivo di sabbia e ghiaia,
denominato ATE g18 in località Cascina Ca’ d'Arcene (ricadente nei territori dei
comuni di Arcene, Pontirolo Nuovo e Cisarano).
Questo ambito era costituito dal polo estrattivo denominato AP3g nel precedente
piano cave Provinciale (di superficie pari a 38,9 ha) nonché da ulteriori 12 ha
indicati dall'impresa proponente Vitali S.p.A..
La Provincia di Bergamo, con la deliberazione del Consiglio n. 16 del 16.3.2004
(doc. n. 2 della ricorrente), ha approvato la "proposta di nuovo piano
Provinciale delle cave-esame dei pareri e delle osservazioni". La Provincia, in
riferimento all' ATE g.18, ha rigettato la richiesta della Vitali S.p.A.
(osservazione n. 121), rilevando che "le valutazioni relative all'estensione
degli ambiti, ai volumi coltivabili nonché alle modalità di escavazione sono già
state effettuate in sede di redazione del Piano e l'osservazione della Ditta non
offre alcun elemento nuovo per rivedere le valutazioni originarie".
La Provincia ha accolto parzialmente l’osservazione n. 171 formulata dal Comune
di Arcene, inserendo la prescrizione che esclude la possibilità di scavo in
falda della porzione sud dell' ATE con obbligo di scavo in asciutto, ma ha
respinto la richiesta di eliminazione di previsioni estrattive ritenendo già
assunte e non modificabile le previsioni circa l’ estensione degli ambiti e i
volumi coltivabili, rilevando che l'osservazione del Comune non offre elementi
nuovi per rivedere le valutazioni originarie.
Ai sensi dell'art. 7, comma 6 della L.R. n. 14 del 1998 con la trasmissione
della piano alla Regione è stato avviato il procedimento regionale.
Dopo l'esame da parte del Comitato Tecnico Consultivo Regionale per le attività
estrattive di cava, il Dirigente del Settore Tutela Risorse naturali della
Provincia di Bergamo, con nota del 7.11.2005 (doc. n. 9 della ric.), ha espresso
alla Regione il parere contrario di tale Amministrazione sulla proposta di
modifica regionale del piano cave, rilevando che le richieste pervenute
direttamente dai cavatori agli uffici regionali non risultavano essere mai state
illustrate in dettaglio né alla Provincia né al Comitato Tecnico Regionale,
soggiungendo che la maggior parte delle osservazioni accolte dalla Regione erano
già state oggetto di verifica e di motivata reiezione da parte della Provincia
con argomentazioni che non risultavano superate, specificando infine che tale
parere negativo era stato fatto proprio dalla Giunta provinciale di Bergamo
nella seduta del 3.11.2005.
Il Comitato Tecnico Consultivo Regionale per le attività di cava, nella seduta
del 8.11.2005 (doc. n. 10 della ric.), ha espresso quindi parere favorevole al
piano con le proposte di modifica ed integrazione formulata dall'ufficio
regionale istruttorio, evidenziando che le osservazioni tecniche proposte dalla
Provincia di Bergamo non avevano apportato argomentazioni tali da indurre a
modificare il parere dell'ufficio regionale.
La Giunta regionale, con deliberazione n. 1547 del 22.12.2005 (doc. n. 11 della
ric.) ha quindi formulato la proposta di piano e l'ha trasmessa al Consiglio
regionale per l'approvazione unitamente ai pareri formulati rispettivamente dal
Comitato Tecnico Consultivo, dalla Direzione Generale Agricoltura-Unità
Operativa Sviluppo Tutela Rurale Montana, dal Dirigente della Struttura Azioni
Per La Gestione delle Aree Protette e Difesa della Biodiversità della Direzione
Qualità dell'Ambiente, dall'Autorità di Bacino del fiume Po e dalla Direzione
Generale Territorio e Urbanistica-unità operativa tutela e valorizzazione del
territorio.
Nella proposta della Giunta regionale, per l'ambito estrattivo ATI G18 veniva
previsto un ampliamento rispetto all'ex AP3g, che però non si estendeva sino
alla ferrovia e prevedeva una produzione di 3 milioni di metri cubi di sabbia e
ghiaia nel decennio.
La VI Commissione del Consiglio regionale ha introdotto “la riperimetrazione con
ampliamento verso la ferrovia per ha 6,2 con previsione di area di salvaguardia
per la cascina Ca’ d’Arcene; e l'attribuzione di mc. 500.000 alla nuova area, a
volumetria complessivamente invariata (doc. n. 13).
Infine, il Consiglio regionale - con la deliberazione n. 619 del 14.5.2008 - ha
approvato il nuovo piano recependo il testo proposto dalla VI commissione.
Così ricostruita la complessa articolazione del procedimento sfociato nell’atto
in questa sede impugnato, può passarsi all’esame delle due censure.
Con la seconda censura, il ricorrente Comune sostiene che la VI Commissione del
Consiglio regionale ha introdotto rilevanti modifiche, proposte da soggetti
privati, senza ponderare e superare motivatamente le ragioni ostative in
proposito sollevate dalla Provincia e dai Comuni interessati e senza coinvolgere
nel procedimento la Provincia e gli enti e gli organismi consultivi che si erano
in precedenza espressi sulla proposta di piano.
Sotto altro aspetto, la ricorrente Amministrazione afferma che l’aver consentito
ai cavatori di relazionarsi direttamente con la Commissione consiliare
competente ha stravolto il carattere dell’atto, trasformandolo da procedimento
essenzialmente pianificatorio in procedura sostanzialmente autorizzatoria, in
tal modo enfatizzando l’interesse di cui sono portatori i cavatori e quindi
determinando un’inaccettabile riduzione (viene utilizzata l’espressione
“evanescenza”) dell’interesse pubblico.
Siffatta prospettazione viene contestata dalle controparti.
Secondo la difesa della Regione, il procedimento di approvazione del piano cave
si configura come un atto complesso ineguale, sicché la Regione, nell’apportare
modifiche al piano provinciale che non ne stravolgano l’impostazione, non può e
non deve rinviare l’atto alla Provincia, posto che compie un’autonoma
valutazione degli interessi implicati nel procedimento, destinata ad assumere
preminenza.
Secondo la difesa della controinteressata Vitali S.p.A., il Consiglio regionale
si è avvalso dell’istruttoria tecnica già compiuta dalla Provincia e dalla
Giunta, esercitando le attribuzioni connesse alla propria competenza, dovendosi
considerare che, nel modificare il perimetro dell’ATE, si è mantenuto comunque
all’interno di quello del giacimento coltivabile, che la Provincia in sede di
adozione aveva indebitamente ridotto.
La censura merita accoglimento.
Occorre preliminarmente ricordare che la legge regionale 8.8.1998 n. 14 detta le
norme procedurali per la formazione dei piani provinciali delle cave agli artt.
7 e 8.
L’art. 7 - che reca la rubrica “Formazione e adozione della proposta di piano” -
attribuisce alle Province il compito di procedere all’adozione dei piani
provinciali. Solamente in caso di inadempimento da parte della Provincia è
prevista la sostituizione ad essa da parte della Giunta regionale (1° e 2°
comma).
Il 3° comma prevede poi il deposito, per un periodo di 60 giorni, nella
Segreteria della Provincia della proposta di piano è la comunicazione a mezzo
stampa dell'avvenuto deposito. Tali forme di ostensione e pubblicità sono
espressamente finalizzate a consentire ai soggetti interessati a qualsiasi
titolo di presentare osservazioni.
La Provincia, entro 30 giorni dall'avvenuto deposito, deve richiedere il parere:
dei Comuni interessati, dei Consorzi di bonifica per il territorio di competenza
e dei soggetti competenti in materia di beni ambientali (4° comma).
Infine, (5° e 6° comma) la Provincia procede all’adozione definitiva del piano
cave, motivando “in ordine alle osservazioni ed ai pareri ricevuti”.
L’art. 8 - che reca la rubrica “Approvazione del piano” - dispone che “ Entro
120 giorni dalla ricezione della proposta di piano provinciale, la Giunta
regionale la esamina apportando, ove necessario, anche sulla base dei pareri e
delle osservazioni pervenute, integrazioni e modifiche”.
Il comma successivo specifica che la “Giunta regionale trasmette la proposta di
piano al Consiglio regionale, che la approva entro i successivi 60 giorni”. Il
terzo comma specifica che gli uffici della Giunta regionale collaborano con il
Consiglio regionale per l’adeguamento degli elaborati cartografici alle
“eventuali modifiche apportate in sede di approvazione del piano”.
La legge, solo all’art. 7 in tema di adozione, ha espressamente disciplinato la
procedura di partecipazione al procedimento di formazione del piano da parte di
tutti i soggetti interessati, mentre nulla ha detto al riguardo in relazione
alla fase di approvazione.
D’altro canto, il potere di modifica e di integrazione del piano adottato è
stato attribuito - in via ordinaria alla G.R. - che costituisce l’esecutivo,
espressione della sola maggioranza politica - mentre solo in via eventuale al
Consiglio - organo d’indirizzo politico, nel quale possono interloquire anche i
rappresentanti della minoranza- al quale ultimo è stato peraltro riservata
l’approvazione del piano.
Invero, si potrebbe dubitare, sotto il profilo sistematico, della coerenza di
tale scelta legislativa con il perseguimento dei principi efficacia, efficienza
ed economicità che debbono presiedere all’esercizio dell’azione amministrativa,
dato che siffatto modus operandi rischia di generare, in sede regionale, una
sovrapposizione fra quanto deliberato dalla Giunta e la finale decisione del
Consiglio, nell’ambito di una procedura che già si articola su un duplice
livello, provinciale e regionale.
Poiché ci ritrova innanzi ad una attività esclusivamente amministrativa di
carattere programmatorio a livello provinciale di una attività di grande rilievo
economico e di significativa interferenza con le problematiche di tutela
dell’ambiente, nella quale gli aspetti di carattere istruttorio assumono aspetti
di notevole complessità, sembrerebbe più logico che il compito di istruire e
introdurre modifiche fosse affidato - attenendo ad attività di carattere
eminentemente tecnico - alla Giunta regionale, attraverso i competenti uffici,
riconoscendo al Consiglio dovrebbe il solo potere di procedere all’approvazione
del piano, così come è stato redatto, svolgendo solo valutazioni e critiche di
ordine politico. In altri termini, la finalità di tale attribuzione di
competenza verrebbe ad avere un profilo solo politico, consentendo ai
consiglieri (in particolare a quelli di opposizione) di verificare l’operato
della Giunta, non quello di sostituire all’operato della Giunta e dei suoi
uffici tecnici, quello dei singoli consiglieri.
Peraltro, come si è visto, la scelta del Legislatore regionale è stata
differente, essendosi prevista la possibilità di introduzione di modificazioni
al piano anche da parte del Consiglio regionale.
In tale contesto, la giurisprudenza - che si è confrontata con la prassi
applicativa che, come hanno sottolineato le difese della Regione e della
controinteressata, ha configurato come ordinaria modalità operativa quella che
era configurata dalla legge come mera eventualità - ha elaborato un criterio
interpretativo delle norme volto a ricondurre ad unità sistematica il
procedimento assicurando in ogni fase il rispetto dell’interesse partecipativo
di ognuno dei portatori d’interesse (pubblici e privati).
In tale contesto, si inseriscono sia la sentenza TAR Milano Sez. IV 14.5.2009 n.
3733 (di accoglimento del ricorso propostola Vitali SPA avverso il medesimo
piano cave nella parte in cui non è stato separato in due ATE distinti) nella
quale si è affermato che i soggetti privati hanno diritto di presentare
osservazioni ex art.10 della L. n. 241/90 anche nella fase di esamina del piano
innanzi al Consiglio regionale sia la decisione n. 2743 del 6.6.2008 della VI
Sezione del Consiglio di Stato, ove si è statuito che “la Regione, una volta
constatata l’opportunità di destinare alla creazione di una cava un territorio,
trascurato dalla provincia competente, che quindi non ha acquisito il parere del
comune interessato, ha l’onere di coinvolgere gli enti locali nella scelta,
rimettendo, a tale scopo, gli atti alla provincia perché acquisisca il parere
del comune interessato e formuli le proprie osservazioni al riguardo”.
Osserva il Collegio che l’omissione procedimentale non ha un significato
formale, ma sostanziale.
Proprio perché il procedimento viene a configurarsi - nell’ottica del
legislatore regionale e della conseguente prassi applicativa - come una serie di
cerchi concentrici nell’ambito dei quali è possibile introdurre modificazioni, è
necessario che sia sulle stesse coerentemente assicurato il contraddittorio
istruttorio al fine di non pervenire alla scelta di soluzioni non rispettose dei
principi dettati dalla stessa legge regionale in tema di piani cave.
Va, infatti, ricordato che l’art. 6 della cit. L.R. n. 14/98, dispone che:
“Nella formazione dei piani di cui all'art. 5, le Province devono
preliminarmente tener conto:
a) della situazione geologica, idrogeologica del territorio interessato e delle
colture agrarie ed arboree in atto o possibili nelle zone medesime;
b) della destinazione attuale delle aree interessate, in relazione alle
infrastrutture esistenti o da realizzare, e alle previsioni degli strumenti
urbanistici in vigore;
c) della consistenza e delle caratteristiche dei giacimenti, intesi come risorsa
naturale non rinnovabile e come tale da tutelare, e per i quali devono essere
individuate superficie e profondità compatibili con le previsioni delle lettere
precedenti;
d) delle esigenze di garantire la massima compatibilità ambientale e
paesaggistica, nonché di consentire la programmazione dell'assetto finale delle
aree interessate ed il loro riuso, tenuto conto della vocazione mineraria
dell'area;
e) delle situazioni di attività già esistenti”.
Il principio del giusto procedimento si deve coniugare quindi anche con quello
della adeguata istruttoria procedimentale, al fine di armonizzare i divergenti
interessi coinvolti nella procedura pianificatoria estrattiva.
In sostanziale coerenza con i principi ora affermati si pongono le
argomentazioni svolte dalla Sezione con la sentenza 4.5.2009 n. 893, nella quale
è stato posto in luce che: “La legge in questione, è necessario premetterlo per
chiarezza, disciplina il piano delle cave come piano “provinciale”, ovvero
demanda a detto ente la sua formazione, sentiti gli enti minori che il suo
territorio compongono, ovvero i Comuni; la legge stessa quindi non va
interpretata, almeno fin quando sia possibile evitarlo, nel senso di svuotare
dette competenze, e in particolare di accentrare la formazione del piano al
superiore livello regionale. Tale risultato, oltretutto, sarebbe contrario al
principio costituzionale di sussidiarietà verticale, là dove esso impone di
allocare le competenze presso gli enti locali di livello il più possibile vicino
al cittadino, e quindi di evitare non necessarie ingerenze degli enti di livello
superiore, in primo luogo lo Stato, ma anche la Regione.
In detta sentenza si è quindi concluso nel senso che “le norme degli artt. 7 e 8
comma 1 della l. r. 14/98, là dove prevedono che alla proposta presentata dalla
Provincia sentiti i Comuni la Giunta regionale possa apportare “integrazioni e
modifiche” da sottoporre poi al Consiglio regionale per l’approvazione finale,
va interpretata nel senso che si possano apportare in modo puro e semplice solo
modifiche di mero dettaglio, ovvero imposte dall’adeguamento ad obblighi
normativi. In tutti gli altri casi, non va stravolto il carattere provinciale
del piano, e quindi le modifiche non si possono inserire se non ripetendo la
procedura che ha condotto alla proposta arrivata alla Giunta: le modifiche
stesse vanno apportate al disegno generale della proposta adottata e su di esse
devono pronunciarsi non solo i Comuni, ma anche tutti gli organi tecnici
deputati ad esprimere il loro parere sul piano in parola”.
Venendo ora a fare applicazione dei principi sopra enunciati alla fattispecie
all’esame, deve pervenirsi alla conclusione che la disamina e l’approvazione da
parte della Commissione consiliare della proposta di estensione dell’ambito
estrattivo sino alla ferrovia avanzata da Vitali non è conforme agli stessi.
Le innovazioni apportate alla proposta della Provincia e delle Giunta regionale
non possono essere considerate, infatti, di mero dettaglio, involgendo la
modifica della perimetrazione e l’aumento della quantità di materiale
estraibile.
Se è pur vero che la Commissione consiliare ha acquisito sulle modifiche da essa
introdotte l’avviso dell’Assessorato competente (cfr. la richiesta in data
21.2.2008 doc. n. 22 della controinteressata), va peraltro rilevato che il
favorevole parere espresso- con la nota 10.4.2008 (cfr. doc. n. 23 della
controinteressata) - si limita a rilevare – relativamente all’ATE g18 - “la
proposta della VI Commissione appare in sintonia con i criteri di esame delle
osservazioni, già utilizzati nel corso dell’istruttoria tecnica presso la Giunta
regionale”.
Va dunque ritenuto che- in assenza del coinvolgimento procedimentale del Comune
interessato e della Provincia che ha predisposto il piano- tale verifica
istruttoria si rammostri del tutto inidonea, essendo di sola forma oltre che
meramente apodittica.
Con il terzo motivo, il Comune di Arcene lamenta la mancata ponderazione - da
parte della Provincia in sede di adozione e da parte del Consiglio regionale in
sede di approvazione del piano - delle argomentazioni da esso svolte mediante la
proposizione di osservazioni.
La doglianza è fondata.
Il Comune di Arcene aveva provveduto, con la deliberazione del consiglio
comunale n. 35 del 29.9.2003 (doc. n. 7 della ric.), ad esprimere il proprio
parere contrario- rubricato dalla Provincia come osservazione n. 170 -
sull’istituzione dell’ATeg18, così motivando:
“Come ben noto a codesta spettabile Amministrazione Provinciale il nostro
territorio comunale e stato ampiamente sacrificato, fin dagli anni sessanta, a
favore di varie attività ad ampio impatto sul territorio ed in particolare di
attività estrattiva di cava.
Solo un centinaio di metri dalle aree interessate dall'ampliamento del polo
estrattivo già presente sul nostro territorio di un'area inquinata (Cascina
Dazio) la quale è stata inserita dalla Regione Lombardia nell'anagrafe dei siti
da bonificare di cui al comma 12 dell'art. 17 del D.Lgs. n. 22/1997 (come da
comunicazione prot. n. Q1.2001.0027475 del 24.9.2001, acquisita al Prot. Com.le
n.7447 del 24.9.2001).
Lo sfruttamento di tali aree potrebbero portare ad ulteriori peggioramenti del
già delicato equilibrio idrogeologico locale con significativi richiami in falda
di sostanze inquinanti pericolose (es. cromo delle note vicende verificatesi
nell'attiguo comune di Ciserano).
L'area di cui trattasi rientra nell'ambito di un programma di riqualificazione
ambientale che, in collaborazione con le confinanti amministrazioni comunali di
Ciserano e Pontirolo Nuovo, dovrebbe vedere nascere e svilupparsi un parco
sovracomunale.
L'ampliamento proposto andrebbe influire negativamente e in maniera pesante sul
traffico veicolare che, con impegnativi interventi di recente realizzazione,
l'amministrazione comunale di Arcene sta cercando di non riorganizzare al meglio
al fine di ridurre al minimo l'impatto negativo sulla popolazione.
Le scelte pianificatori effettuate non assicurano sufficienti garanzie in
termini di recupero ambientale e riutilizzo funzionale delle aree inserite nella
proposta di nuovo piano.
Nell'ATE g18 è stato addirittura previsto lo scavo in falda di aree già
interessate da passati attività di scavo e di riempimento con discarica di
materiali inerti (ex cava Boni) che andrebbero a riaprire gravi ferite non
ancora completamente rimarginate.
In prossimità della porzione sud occidentale del A.T.E. individuato vi sono
pozzi adibiti al consumo umano.
Nell'ambito del giacimento da salvaguardare contraddistinto con la sigla Gg 30
individuato sul nostro territorio comunale con vincolo relativo di cui
all'articolo 7 della normativa tecnica del piano cave, sono addirittura state
inserite aree sulle quali l'attività estrattiva è già stata compiuta decine di
anni or sono ed i relativi “buchi” già riempiti con rifiuti di vario genere
creando non pochi problemi all'equilibrio ambientale del nostro territorio e di
tutta la pianura bergamasca.
Alla luce di quanto sopra sinteticamente espresso, dichiarando fin d'ora la
nostra disponibilità a fornire ulteriori elementi utili per una corretta
valutazione, con la presente si richiede:
1) lo stralcio dell'area prevista in ampliamento sul nostro territorio comunale
della porzione orientale del ATEg 18 con conseguente riduzione delle riserve
previste nell'atto stesso;
2) l'eliminazione di ogni possibilità estrattiva prevista nella porzione sud
occidentale del ATE in argomento per la porzione ricadente sul nostro territorio
comunale, fermo restando l'obbligo di provvedere al recupero ambientale delle
stesse entro un tempo da definirsi in maniera inequivocabile nella scheda del
ATE;
3) l'eliminazione della possibilità di sfruttare sotto il livello della falda
freatica la porzione meridionale dell'atto in argomento (area ditta Poletti) al
fine di consentire interventi di recupero e riutilizzo funzionale di dettare che
dovrà essere convenzionato con la scrivente Amministrazione prima del rilascio
di ogni qualsiasi nuova autorizzazione allo sviluppo della cava da prevedersi
solo in asciutto con finalità esclusivamente connesse al recupero ambientale
finale;
4) lo stralcio dalla carta dei giacimenti di tutte le aree poste a suo della
strada provinciale in quanto trattasi di sito inquinato già segnalato alla
regione Lombardia;
5) lo stralcio del previsto sviluppo in falda della porzione settentrionale
dell'arte di cui trattasi in quanto tale sfruttamento causerebbe un drammatico
richiamo delle sostanze inquinanti nella falda freatica con gravi danni alla
salute delle persone ed alla salvaguardia della falda freatica utilizzata per le
attività agricole ed agraria presenti sul nostro territorio comunale ed a valle
dello stesso.”.
Come s’è visto tale parere è stato solo parzialmente accolto dalla Provincia,
mentre la conferma dell’istituzione dell’ATE è avvenuta affermando che le
questioni poste erano ritenute superabili.
Se è pur vero che il rigetto delle osservazioni non richiede una particolare
motivazione quando sia possibile evidenziarne il contrasto con i criteri posti a
base della pianificazione estrattiva, il Collegio reputa che, a fronte
dell’evidenziazione di una serie di criticità ambientali analiticamente
descritte da parte del Comune, sorgesse invece, in capo all’Amministrazione
procedente, l’onere di procedere ad una loro analitica confutazione, non essendo
sufficiente affermare che di tali questioni si era già preso atto in sede di
redazione della proposta e che le stesse si ritenano superabili.
Va considerato che, non a caso, in sede di scritti difensivi nessuna delle
controparti è stata in grado di evidenziare in quale documento sia stata
dimostrata (e non già apoditticamente affermata) la superabilità delle questioni
ambientali e di tutela della salute prospettate dall’Amministrazione comunale.
Conclusivamente il ricorso va accolto e, per l’effetto, vanno annullati, in
parte qua, gli atti impugnati.
Sussistono giusti motivi, attesa la complessità delle questioni trattate, per
disporre la compensazione fra le parti delle spese di giudizio
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia - Brescia 1° Sez. -
definitivamente pronunciando accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto,
annulla in parte qua gli atti impugnati.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 16 dicembre 2009 con
l'intervento dei Magistrati:
Giuseppe Petruzzelli, Presidente
Sergio Conti, Consigliere, Estensore
Mario Mosconi, Consigliere
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 08/02/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
AmbienteDiritto.it
- Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati -
Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
Vedi
altre:
SENTENZE PER ESTESO
Ritorna alle
MASSIME della sentenza - Approfondisci
con altre massime:
GIURISPRUDENZA -
Ricerca in:
LEGISLAZIONE
- Ricerca
in:
DOTTRINA
www.AmbienteDiritto.it