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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
T.A.R. LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 22 febbraio 2010, n. 869
DIRITTO URBANISTICO - Standard urbanistici - Principi - Concetto - Opere di
urbanizzazione primaria - Dimensionamento - Imposizione di vincoli espropriativi
- Attribuzione di cubatura su altri terreni. In materia di standard
urbanistici sono stati elaborati alcuni principi che si possono così riassumere:
(a) il concetto di standard urbanistico non deve essere definito
formalisticamente ma si estende a qualunque servizio di interesse pubblico e
generale, sia esso gestito dall’amministrazione o dai privati; (b) gli standard
urbanistici si distinguono dalle opere di urbanizzazione primaria in quanto
rispetto all’infrastrutturazione di base sono qualcosa di aggiuntivo, che può
essere considerato necessario solo in una visione urbanistica di qualità; (c)
per alcuni standard urbanistici sono fissate dalla legge regionale le misure
minime, tuttavia ogni comune è autonomo nella scelta della misura complessiva;
(d) nel dimensionamento degli standard urbanistici si devono considerare anche
eventuali flussi di utenza aggiuntivi rispetto a quelli della popolazione
residente; (e) qualora i servizi siano svolti da privati l’amministrazione deve
assicurarne la destinazione pubblica attraverso convenzioni; (f) qualora la
previsione di standard urbanistici si traduca nell’imposizione di vincoli
espropriativi è necessaria una valutazione economica relativa alla sostenibilità
della spesa per gli indennizzi; (g) in alternativa (o anche congiuntamente) agli
indennizzi può essere utilizzata la perequazione urbanistica nella forma
dell’attribuzione di cubatura su altri terreni. Pres. Petruzzelli, Est. Pedron -
L.B. (avv.ti La Spada e Noschese) c. Comune di Nave (avv. Gitti) - TAR
LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 22 febbraio 2010, n. 869
INQUINAMENTO - Procedura di bonifica - Presupposto - Superamento delle CSC e
delle CSR - Rinvenimento di sostanze per le quali la tabella 1 dell’allegato 5
alla parte IV del d.lgs. n. 152/2006 non prevede le CSC - Procedure.
Nell’ipotesi in cui non siano state superate le concentrazioni soglia di
contaminazione (CSC) non vi è il presupposto per attivare la procedura di
bonifica (v. art. 242 comma 2 del Dlgs. 152/2006). Tali concentrazioni operano
infatti come valori di attenzione oltre i quali sono necessarie la
caratterizzazione del sito inquinato e l’analisi di rischio sito-specifica per
la determinazione delle concentrazioni soglia di rischio (CSR). L’obbligo di
bonifica sorge solo quando sia superata anche questa seconda serie di
concentrazioni (v. art. 242 comma 7 del Dlgs. 152/2006). Ove nel sedimento
campionato siano rilevate anche sostanze per le quali la tabella 1 dell’allegato
5 alla parte IV del Dlgs. 152/2006 non prevede le concentrazioni soglia di
contaminazione (CSC) nel suolo e nel sottosuolo, le procedure possibili sono
due: (a) adottare come valori di concentrazione accettabili quelli indicati per
le sostanze tossicologicamente più affini (soluzione espressamente indicata
nella nota 1 della tabella 1); (b) stabilire un livello accettabile di
inquinamento mediante un’analisi sito-generica (da sviluppare eventualmente in
analisi sito-specifica). Pres. Petruzzelli, Est. Pedron - L.B. (avv.ti La Spada
e Noschese) c. Comune di Nave (avv. Gitti) - TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 22
febbraio 2010, n. 869
RIFIUTI - INQUINAMENTO - Abbandono incontrollato - Espressa esclusione della
procedura di bonifica ex art. 239, c. 2, lett. a) - Procedura applicabile - Art.
192 d.lgs. n. 152/2006. L’abbandono incontrollato di rifiuti - non
qualificabile come potenziale contaminazione del suolo -è ipotesi espressamente
esclusa dalla procedura di bonifica ex art. 239 comma 2 lett. a) del Dlgs.
152/2006 salvo superamento dei valori di attenzione. Si applica quindi la
procedura dell’art. 192 del Dlgs. 152/2006, che prevede la rimozione e lo
smaltimento dei rifiuti a cura e spese del responsabile dell’abbandono. Nel caso
in cui il responsabile non sia individuato l’onere ricade sul Comune. Pres.
Petruzzelli, Est. Pedron - L.B. (avv.ti La Spada e Noschese) c. Comune di Nave
(avv. Gitti) - TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 22 febbraio 2010, n. 869
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 00869/2010 REG.SEN.
N. 00962/2007 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 962 del 2007, proposto da:
LORETTA BETTELLI, anche per la SOCIETÀ AGRICOLA POMI E FIORI DI STEFANA MARCO,
rappresentata e difesa dagli avv. Salvatore La Spada e Francesco Noschese, con
domicilio eletto presso il secondo in Brescia, via Cadorna 7;
contro
COMUNE DI NAVE, rappresentato e difeso dall'avv. Ciso Gitti, con domicilio
eletto presso il medesimo legale in Brescia, piazza della Loggia 5;
per l'annullamento
- della deliberazione consiliare n. 27 del 31 maggio 2007, con la quale è stata
approvata in via definitiva una variante semplificata al PRG;
- della deliberazione consiliare n. 6 del 20 febbraio 2007, con la quale è stata
adottata la suddetta variante semplificata;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Nave;
Viste le memorie difensive;
Visti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 dicembre 2009 il dott. Mauro Pedron;
Uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Considerato quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. La società agricola Pomi e Fiori di Stefana Marco s.s. è affittuaria di un
terreno (mappali n. 175-177) situato nel Comune di Nave alle pendici del monte
Maddalena. Il terreno è di proprietà della ricorrente Loretta Bettelli, la quale
è anche legale rappresentante della società agricola. Accanto a tale terreno si
trova un’area di proprietà del Comune di circa 34.310 mq (mappali n. 114, 115,
116, 176, che sono quelli a più diretto contatto con il confine della società
agricola, e inoltre mappali n. 109, 112, 113, 173, 174). Nel PRG del 1998 l’area
comunale era classificata come E2 (agricola di valore ambientale) ed era
sottoposta alla disciplina dell’art. 56 delle NTA, il quale in considerazione
delle caratteristiche ambientali ammetteva unicamente l’uso agricolo e la
realizzazione di abitazioni funzionali alla conduzione del fondo nonché di
infrastrutture produttive agricole, zootecniche e agrituristiche nei limiti
degli art. 59 e 60 della LR 11 marzo 2005 n. 12.
2. In realtà l’area comunale ha avuto nel tempo utilizzazioni diverse da quella
agricola. Tra il 1986 e il 1993 una parte della superficie è stata adibita a
discarica controllata di inerti e scorie di acciaieria. Essendo stata esaurita
la volumetria disponibile (190.000 mc), il Comune con deliberazione giuntale n.
405 del 2 agosto 1993 ha incaricato il gestore di provvedere alla sistemazione
mediante posa di terreno vegetale in vista della realizzazione di un parco
pubblico. I lavori di piantumazione e inerbimento sono stati ultimati nel 1999,
come risulta dalla determinazione del responsabile dell’Area Tecnica n. 417 del
22 settembre 1999, con la quale è stato liquidato al gestore il relativo importo
(peraltro compensato con l’identica somma dovuta al Comune quale quota di
spettanza della tariffa del servizio). Mediante convenzione del 16 febbraio 1998
il Comune ha concesso in comodato l’area in questione all’Ambito territoriale di
Caccia ATC-A2 di Rivoltella fino al 15 febbraio 2003. Con deliberazione giuntale
n. 66 del 28 maggio 2001 una porzione dell’area (circa 1.400 mq sui mappali n.
114-115) è stata poi concessa in comodato all’associazione Arcieri della
Leonessa fino al 31 dicembre 2006 per lo svolgimento di attività di promozione
sportiva. Con determinazione del responsabile dell’Area Tecnica n. 156 del 26
marzo 2004 il Comune ha affidato un incarico triennale per lo sfalcio dei prati
(esclusa la porzione di area concessa in comodato all’associazione Arcieri della
Leonessa).
3. Sull’area comunale sono stati anche depositati abusivamente rifiuti
contenenti amianto. Nel corso del 2005 il Comune ha incaricato dello smaltimento
una ditta specializzata, la quale ha ottenuto parere favorevole al piano di
lavoro ex art. 34 del Dlgs. 15 agosto 1991 n. 277 rispettivamente dalla ASL in
data 5 settembre 2005 e dall’ARPA in data 9 settembre 2005. Nuovi problemi
ambientali si sono presentati nel 2007. Durante un sopralluogo effettuato in
data 8 giugno 2007 in seguito a un esposto della ricorrente i tecnici dell’ARPA
(alla presenza di un funzionario comunale) hanno rilevato nel corpo idrico che
fuoriesce dalla ex discarica un “deposito giallastro”. Peraltro in tale
occasione non sono stati effettuati campionamenti.
4. Proprio nel 2007 è intervenuta la modifica alla destinazione urbanistica che
costituisce oggetto del presente ricorso. Il Comune con deliberazione consiliare
n. 6 del 20 febbraio 2007 ha adottato una variante semplificata ai sensi
dell’art. 2 comma 2 lett. a) della LR 23 giugno 1997 n. 23 (nonché ai sensi
dell’art. 25 comma 1 della LR 12/2005 trattandosi di modifica intervenuta nella
fase transitoria prima dell’approvazione del PGT) al fine di localizzare
sull’area di sua proprietà impianti sportivi di interesse pubblico quali (esemplificativamente)
un poligono per il tiro con l’arco e un maneggio. In seguito alla variante la
maggior parte dell’area (per una superficie di circa 29.360 mq) è stata
riclassificata come zona SP3 (parco-gioco-sport) e sottoposta alla disciplina
dell’art. 37 delle NTA. In sostanza è rimasta inalterata solamente la
destinazione del mappale n. 173, in quanto area boscata. Con la variante è stato
aggiunto all’art. 37 un ultimo comma, il quale prevede che nell’area
riclassificata (contrassegnata sulle cartografie da un apposito asterisco e dal
codice 1/10) “la destinazione d’uso dovrà risultare compatibile con la
circostante realtà agricola […] e conseguentemente dovranno essere realizzate
strutture, attrezzature, recinzioni nel pieno rispetto dell’ambiente”. Per
effetto della nuova zonizzazione le aree a standard esistenti con destinazione
SP3 descritte nel piano dei servizi hanno raggiunto il totale di 239.270,80 mq
con un incremento del 13,99% (l’incremento è del 9,77% se calcolato tenendo
conto anche degli standard progettati).
5. Nei confronti della modifica urbanistica la società agricola e la ricorrente
hanno presentato osservazioni in data 16 marzo 2007 e 13 aprile 2007 lamentando
da un lato i disagi che la nuova destinazione dell’area comunale avrebbe
provocato all’attività agricola e agli investimenti già effettuati o da
effettuare (impianto fotovoltaico verosimilmente condizionato dalla polvere del
futuro maneggio; vasca per la raccolta dell’acqua non costruita per non creare
pericoli agli estranei; aggravio del transito sui terreni aziendali) e
dall’altro lo stato di degrado dell’area comunale in particolare dopo la
gestione dell’associazione Arcieri della Leonessa (le cui attrezzature erano
state bruciate in un incendio doloso poco tempo prima). Le osservazioni sono
però state respinte dalla deliberazione consiliare n. 27 del 31 maggio 2007, che
ha approvato in via definitiva la variante. Secondo le controdeduzioni del
Comune non vi sarebbe alcun pericolo di interferenza tra l’attività della
società agricola e la nuova destinazione dell’area comunale.
6. Dopo la modifica della zonizzazione il Comune con deliberazione giuntale n.
61 dell’11 giugno 2007 ha concesso l’area in questione in comodato per 10 anni
all’associazione sportiva West Country Ranch, dedita alla diffusione della
pratica sportiva dilettantistica e per il tempo libero senza fini di lucro. La
convenzione prevede la realizzazione, a spese del comodatario, di una fattoria
con ricoveri per cavalli e vitelli, paddock, magazzini, campo di lavoro, uffici
e zona ristoro. La finalità della fattoria è di avvicinare i giovani al mondo
equestre e alle attività agricole. La convenzione prevede inoltre che una
porzione dell’area sia concessa in subcomodato all’associazione Arcieri della
Leonessa per lo svolgimento delle proprie attività statutarie.
7. Contro l’adozione e l’approvazione della variante la ricorrente ha presentato
impugnazione con atto notificato il 31 luglio 2007 e depositato il 29 agosto
2007. Le censure possono essere sintetizzate nei punti seguenti: (a) difetto di
istruttoria e travisamento dei fatti, in quanto la nuova zonizzazione
introdurrebbe un corpo estraneo in una zona tradizionalmente a vocazione
agricola; (b) mancata valutazione del reale fabbisogno di aree a standard della
tipologia SP3; (c) violazione dell’art. 239 del Dlgs. 3 aprile 2006 n. 152, in
quanto l’insediamento di servizi di interesse pubblico dovrebbe essere preceduto
dalla bonifica del sito della ex discarica, interessato anche dall’abbandono di
rifiuti contenenti amianto. Il Comune si è costituito in giudizio chiedendo la
reiezione del ricorso.
8. In seguito l’ARPA ha prelevato, in data 14 gennaio 2009, un campione di
sedimento limoso marrone nel corpo idrico che fuoriesce dalla ex discarica. Le
analisi rivelano valori di arsenico, cadmio, cromo totale, cromo VI, nichel,
piombo, rame, zinco e fluoruri ampiamente al di sotto delle concentrazioni
soglia di contaminazione (CSC) previste dall’allegato 5 alla parte IV del Dlgs.
152/2006, tanto con riferimento alla tabella 1-B (siti commerciali e
industriali) quanto con riferimento alla tabella 1-A (verde pubblico, privato e
residenziale). Vi sono poi valori significativi di ferro (1.552,8 mg/Kgss),
manganese (315,2 mg/Kgss) e solfati (46,9 mg/Kgss), ma al riguardo non sono
state effettuate valutazioni di accettabilità/pericolosità perché nell’allegato
5 alla parte IV del Dlgs. 152/2006 non vi sono concentrazioni soglia di
contaminazione riferite alla presenza di questi inquinanti nel suolo e nel
sottosuolo. In una nota del 2 aprile 2009 l’ARPA afferma che in relazione ai
valori individuati non emergono situazioni di criticità ambientale.
9. Passando ora all’esame del primo motivo di ricorso, che è incentrato sui vizi
di difetto di istruttoria e travisamento dei fatti, si osserva che gli elementi
da cui si dovrebbe desumere l’irragionevolezza della scelta urbanistica del
Comune non sono idonei allo scopo. Il contesto agricolo non costituisce un
impedimento insuperabile alla localizzazione di strutture qualificate come
standard urbanistici, particolarmente quando la tipologia dello standard sia
compatibile con le attività agricole o zootecniche. Nel caso in esame il Comune
si è preoccupato di inserire nell’art. 37 delle NTA una clausola di salvaguardia
(v. sopra al punto 4) che vincola le forme di edificazione e di utilizzazione
del terreno al rispetto sia dell’attività agricola svolta nelle aree adiacenti
sia delle caratteristiche ambientali presenti in zona. La ricorrente sostiene
che questa clausola sarebbe una formula vuota e dunque una garanzia inutile, ma
questa opinione non appare corretta. Al contrario, il vincolo posto dal Comune è
espressione di un approccio innovativo alla programmazione del territorio, in
quanto riserva ai terzi interessati (normalmente i proprietari confinanti)
significativi poteri di controllo e interferenza nel corso della successiva
trasformazione dell’area. In questo modo la previsione urbanistica non si
esaurisce nella fase programmatoria astratta ma prevede una sorta di appendice
che dà origine a una verifica aggravata dei progetti edilizi per assicurare che
non sia stravolta la situazione consolidata del territorio circostante.
10. Occorre poi sottolineare che il passaggio dalla zonizzazione E2 alla
zonizzazione SP3 non introduce di per sé una radicale soluzione di continuità,
tenuto conto delle pregresse forme di utilizzazione dell’area (v. sopra al punto
2). Non esiste nel sito la naturalità originaria, che è stata cancellata dalla
discarica. Il terreno nella conformazione attuale è il risultato dei lavori di
recupero effettuati in vista della realizzazione di un parco. La destinazione a
standard pubblico era quindi prefigurata fin dall’inizio come coerente
conclusione del ciclo della discarica. Il poligono di tiro con l’arco è
insediato di fatto su una porzione dell’area dal 2001, e per questo aspetto la
variante si limita a fornire un più sicuro fondamento giuridico a
un’utilizzazione già in atto. La stessa creazione di un maneggio e di una
fattoria riservata ai turisti (v. sopra al punto 6), se da un lato può essere
considerata come integrazione degli standard pubblici, dall’altro non è qualcosa
di intrinsecamente diverso dai normali interventi ammessi in zona agricola in
base all’art. 56 delle NTA (v. sopra al punto 1), in particolare se si considera
l’affinità con le strutture agrituristiche. La scelta urbanistica del Comune
supera quindi sotto questo profilo l’esame di ragionevolezza.
11. Con il secondo motivo la ricorrente sostiene che sarebbe mancata una
puntuale valutazione del fabbisogno di aree a standard della tipologia SP3.
Afferma in particolare la ricorrente che il territorio comunale ospita già 6
maneggi privati e che per converso mancano in loco associazioni di arcieri o
comunque gruppi sociali interessati a utilizzare l’area in questione
(l’associazione sportiva West Country Ranch e l’associazione Arcieri della
Leonessa non hanno sede nel Comune di Nave). Questi argomenti non sono
condivisibili. Certo l’incremento delle aree a standard classificate come SP3 è
significativo sia percentualmente sia in termini assoluti (v. sopra al punto 4).
Tuttavia occorre sottolineare che in materia di standard urbanistici la
discrezionalità dell’amministrazione è molto ampia. Vi sono alcuni principi
(correttamente riportati nelle linee-guida regionali di cui alla DGR n. 7/7586
del 21 dicembre 2001) che si possono così riassumere: (a) il concetto di
standard urbanistico non deve essere definito formalisticamente ma si estende a
qualunque servizio di interesse pubblico e generale, sia esso gestito
dall’amministrazione o dai privati; (b) gli standard urbanistici si distinguono
dalle opere di urbanizzazione primaria in quanto rispetto all’infrastrutturazione
di base sono qualcosa di aggiuntivo, che può essere considerato necessario solo
in una visione urbanistica di qualità; (c) per alcuni standard urbanistici sono
fissate dalla legge regionale le misure minime, tuttavia ogni comune è autonomo
nella scelta della misura complessiva; (d) nel dimensionamento degli standard
urbanistici si devono considerare anche eventuali flussi di utenza aggiuntivi
rispetto a quelli della popolazione residente; (e) qualora i servizi siano
svolti da privati l’amministrazione deve assicurarne la destinazione pubblica
attraverso convenzioni; (f) qualora la previsione di standard urbanistici si
traduca nell’imposizione di vincoli espropriativi è necessaria una valutazione
economica relativa alla sostenibilità della spesa per gli indennizzi; (g) in
alternativa (o anche congiuntamente) agli indennizzi può essere utilizzata la
perequazione urbanistica nella forma dell’attribuzione di cubatura su altri
terreni.
12. Rispetto a questo quadro di sintesi la scelta di incrementare gli standard
urbanistici SP3 non appare censurabile. In primo luogo il Comune non era
vincolato a rispettare una misura massima per i parchi e le strutture destinate
al gioco e allo sport, e neppure a prendere in considerazione solo le istanze
provenienti da soggetti residenti nel territorio comunale. Sotto il profilo
qualitativo la nuova zonizzazione risponde poi alle esigenze di riqualificazione
di un’area che ha dovuto sostenere il peso di una discarica e quindi ha subito
una differenziazione oggettiva rispetto alla destinazione agricola diffusa nel
contesto. Infine trattandosi di un’area già di proprietà del Comune non vengono
in rilievo considerazioni di tipo economico riguardanti gli indennizzi, e non si
pone neppure il problema di valutare in base al principio di proporzionalità se
la nuova area a standard sacrifichi oltre il necessario la proprietà privata.
13. Con il terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 239 del
Dlgs. 152/2006 a causa della mancata bonifica del sito della ex discarica. La
tesi non appare condivisibile. In effetti la censura non è idonea a colpire
l’intera variante urbanistica ma piuttosto l’assenza nell’art. 37 delle NTA di
una prescrizione che imponga la bonifica prima dell’edificazione. Peraltro il
problema dell’inquinamento è stato affrontato in corso di causa attraverso le
analisi effettuate dall’ARPA (v. sopra al punto 8). Nella nota del 2 aprile 2009
l’ARPA esclude criticità ambientali. Non essendo state superate le
concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) non vi è il presupposto per
attivare la procedura di bonifica (v. art. 242 comma 2 del Dlgs. 152/2006).
Queste concentrazioni operano infatti come valori di attenzione oltre i quali
sono necessarie la caratterizzazione del sito inquinato e l’analisi di rischio
sito-specifica per la determinazione delle concentrazioni soglia di rischio (CSR).
L’obbligo di bonifica sorge solo quando sia superata anche questa seconda serie
di concentrazioni (v. art. 242 comma 7 del Dlgs. 152/2006).
14. Si deve precisare che nel sedimento campionato sono state rilevate anche
sostanze (ferro, manganese, solfati) per le quali la tabella 1 dell’allegato 5
alla parte IV del Dlgs. 152/2006 non prevede le concentrazioni soglia di
contaminazione (CSC) nel suolo e nel sottosuolo. Al riguardo le procedure
possibili sarebbero state due: (a) adottare come valori di concentrazione
accettabili quelli indicati per le sostanze tossicologicamente più affini
(soluzione espressamente indicata nella nota 1 della tabella 1); (b) stabilire
un livello accettabile di inquinamento tenuto conto dell’anzianità della ex
discarica mediante un’analisi sito-generica (da sviluppare eventualmente in
analisi sito-specifica). L’ARPA non ha seguito nessuna di queste procedure e si
è limitata a escludere criticità ambientali. Poiché non sono stati proposti
motivi aggiunti, questo profilo della vicenda rimane estraneo al presente
giudizio. Il Comune, nell’ambito delle funzioni di controllo del territorio,
potrà tuttavia chiedere maggiori approfondimenti alla ASL e all’ARPA.
15. Per quanto riguarda infine la residua presenza di rifiuti contenenti
amianto, tale circostanza non è qualificabile come potenziale contaminazione del
sito ma come abbandono incontrollato di rifiuti, ipotesi espressamente esclusa
dalla procedura di bonifica ex art. 239 comma 2 lett. a) del Dlgs. 152/2006
salvo superamento dei valori di attenzione. Si applica quindi la procedura
dell’art. 192 del Dlgs. 152/2006, che prevede la rimozione e lo smaltimento dei
rifiuti a cura e spese del responsabile dell’abbandono. Nel caso in cui il
responsabile non sia individuato l’onere ricade sul Comune, che nel caso in
esame è anche proprietario dell’area. Tutte queste operazioni peraltro non
interferiscono con la variante urbanistica.
16. Il ricorso deve quindi essere respinto. La complessità della vicenda
consente l’integrale compensazione delle spese tra le parti.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo
Regionale per la Lombardia Sezione staccata di Brescia, Sezione I,
definitivamente pronunciando, respinge il ricorso.
Le spese sono integralmente compensate tra le parti.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 16 dicembre 2009 con
l'intervento dei Magistrati:
Giuseppe Petruzzelli, Presidente
Sergio Conti, Consigliere
Mauro Pedron, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/02/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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