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T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 20 gennaio 2010, n. 104
CAVE E MINIERE - Regione Lombardia - L.r. n. 14/1998 - Approvazione del Piano
cave provinciale - Regione - Modifiche - Onere di interpellare gli enti
coinvolti - Limiti. La normativa regionale di riferimento (art. 7 L. r.
Lombardia 8 agosto 1998, n. 14) non prevede che la Regione debba interpellare
nuovamente gli enti coinvolti dalle modifiche al Piano Cave provinciale che essa
intende apportare. L’onere di interpello grava sulla sola Provincia in sede di
formazione della proposta di Piano ed ha ad oggetto un parere obbligatorio ma
non vincolante tant’è che l’amministrazione può procedere anche in mancanza
dello stesso, una volta decorsi i termini di legge. Per non stravolgere il
carattere provinciale del piano è stata ritenuta - in via pretoria -
indispensabile la ripetizione integrale della procedura che ha condotto alla
proposta pervenuta alla Giunta regionale, con il coinvolgimento dei Comuni e
degli organi consultivi competenti solo qualora l'autorità regionale, in sede di
approvazione, intenda inserire nuovi ambiti territoriali estrattivi non previsti
dalla proposta degli Enti locali (T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 4 maggio
2009, n. 893). Pres. Leo, Est. Marzano - B.E. e altri (avv. Bonelli) c. Regione
Lombardia (avv.ti Forloni e Pujatti). TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 20
gennaio 2010, n. 104
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 00104/2010 REG.SEN.
N. 02520/2006 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2520 del 2006, proposto da:
Balconi Ennio, Bossi Maria, Bossi Sonia, Brizzi Loredana, Cislaghi Giacomo,
Epicoco Maria Teresa, Pellegrini Biagio, Vit Paolo, Zanaboni Anna e Zanotti
Mauro, tutti rappresentati e difesi dall'avv. Giuseppe Bonelli, presso cui sono
elettivamente domiciliati in Milano, viale Bianca Maria 13;
contro
la Regione Lombardia, in persona del Presidente pro – tempore, rappresentata e
difesa dagli avv.ti Antonella Forloni e Piera Pujatti, con domicilio eletto
presso l’Avvocatura Regionale in Milano, via F. Filzi 22;
nei confronti di
Provincia di Milano, Comune di Vanzago e Comune di Pregnana Milanese, non
costituiti in giudizio;
Eredi di Bellasio Eugenio s.n.c., in persona del legale rappresentante pro –
tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Giustino Ciampoli e Francesco
Bellocchio presso i quali è elettivamente domiciliata in Milano, via Marina 6;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
- della delibera del Consiglio Regionale della Lombardia n. VII/166 del 16
maggio 2006 con cui è stato approvato il nuovo piano cave della Provincia di
Milano;
- delle osservazioni presentate dalla ditta Eredi di Bellasio Eugenio s.n.c. del
5 maggio 2004, con contestuale nota di accoglimento delle stesse da parte della
Giunta Regionale;
- di ogni altro atto presupposto, conseguente o connesso.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Lombardia;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della società Eredi di Bellasio Eugenio
s.n.c.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 24 novembre 2009, la dott.ssa Laura
Marzano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso notificato il 13 ottobre 2006 e depositato il successivo giorno
25 i ricorrenti hanno impugnato gli atti in epigrafe chiedendone l’annullamento
previa sospensione dell’efficacia.
Si è costituita in giudizio l’amministrazione regionale resistente chiedendo la
reiezione del ricorso; la Provincia di Milano e i Comuni di Vanzago e di
Pregnana Milanese, anch’essi evocati in giudizio, sono rimasti contumaci.
Si è, altresì, costituita la società controinteressata Eredi di Bellasio Eugenio
s.n.c., chiedendo declaratoria di inammissibilità del ricorso ovvero pronuncia
di reiezione.
Con ordinanza n. 2070 del 7 novembre 2006 la Sezione ha respinto l’istanza
cautelare.
In corso di causa le parti hanno depositato ulteriori documenti e scritti
difensivi e, alla pubblica udienza del 24 novembre 2009, sulle conclusioni ivi
precisate a seguito di ampia discussione, la causa è stata trattenuta in
decisione.
2. I ricorrenti, tutti residenti in Comune di Vanzago, hanno esposto in fatto
che il Consiglio Provinciale di Milano, con delibera n. 1 del 15 gennaio 2004,
dopo apposita istruttoria che ha coinvolto gli enti interessati, ha adottato il
Piano Cave provinciale relativo al settore degli inerti (sabbia, ghiaia e
argilla).
Su tale proposta il Comune di Vanzago non si è espresso in quanto ha condiviso
la sollecitata scelta provinciale di tenere esente il territorio comunale dalla
previsione di ambiti estrattivi, pur presenti nei previgenti Piani approvati,
rispettivamente, nel 1990 e nel 1997.
In data 5 maggio 2004 la ditta Eredi di Bellasio Eugenio s.n.c., che esercita
attività estrattiva nella cava Bellasio in territorio parte di Pregnana Milanese
e parte di Vanzago, ha formulato osservazioni chiedendo che l’area estrattiva di
propria competenza fosse ampliata a nord-ovest in territorio del Comune di
Vanzago cioè riperimentrata così com’era nei precedenti piani cave scaduti.
La Giunta Regionale ha accolto le osservazioni della ditta Eredi Bellasio e ha
inserito nell’ATEg7 la superficie già oggetto del P.P.A. riportando il perimetro
di tale ambito estrattivo a quello previsto dal precedente piano cave, cioè
ricadente, per un’area estesa mq 83.000, sul territorio del Comune di Vanzago.
Nell’imminenza dell’approvazione del Piano in sede regionale il Sindaco del
suddetto Comune, con nota del 21 febbraio 2006, ha chiesto alle competenti
autorità regionali che l’amministrazione comunale fosse informata e coinvolta
nel caso di differente orientamento da parte della Regione.
Il Piano è stato approvato con delibera del Consiglio Regionale n. VII/166 del
16 maggio 2006 e conseguentemente la ditta Eredi Bellasio, a dire dei
ricorrenti, ha iniziato l’attività estrattiva producendo immissioni di polveri e
rumori molesti per le proprietà poste a ridosso dell’ATEg7 ove i ricorrenti
tutti risiedono.
Ritenendolo lesivo nella parte in cui estende l’ATEg7 in territorio del Comune
di Vanzago, i ricorrenti hanno impugnato il nuovo Piano Cave Provinciale.
3. Il ricorso è affidato a due motivi con cui si deduce: 1) violazione dell’art.
7 della L.R. 8 agosto 1998, n. 14, falsa ed errata applicazione dell’art. 8,
comma 1 della stessa legge, eccesso di potere per violazione del principio di
leale collaborazione tra istituzioni, violazione dell’art. 97 cost.: il motivo
di doglianza risiede nel fatto che la Giunta regionale avrebbe recepito
acriticamente il parere degli uffici e avrebbe esteso il perimetro del’ATEg7, in
accoglimento delle osservazioni della società Eredi Bellasio, senza motivare
sulle ragioni che l’hanno indotta a discostarsi dall’impostazione provinciale e
senza coinvolgere il Comune, unico ente deputato a tutelare gli interessi
territoriali e dei propri cittadini; difatti se il Comune di Vanzago fosse stato
interpellato dopo le modifiche apportate dalla Giunta Regionale avrebbe potuto
evidenziare che, a ridosso dell’ATEg7 così esteso, insistono insediamenti
abitativi suscettibili di essere danneggiati dall’attività estrattiva; 2)
violazione di legge ed eccesso di potere per carenza di motivazione, difetto di
istruttoria, travisamento dei presupposti di fatto: i ricorrenti tornano sul
difetto di motivazione in ordine all’ampliamento e sul recepimento acritico
delle proposte della Giunta; segnalano, inoltre, che in sede di approvazione,
l’ATEg7 risulta interessare soltanto il Comune di Pregnana Milanese, tant’è che
è rilevabile una discrasia tra la planimetria e la scheda tecnica relative al
Piano approvato delle quali l’una riporta correttamente l’ampliamento e l’altra
no, e che la scheda tecnica presenta l’incongruenza di aver esteso la superficie
d’ambito continuando a prevedere lo stesso volume di piano.
3.1. L’amministrazione regionale, in via preliminare, eccepisce
l’inammissibilità del ricorso sotto un triplice profilo: innanzitutto per
carenza di interesse atteso che i ricorrenti, oltre a dedurre, senza provare,
una presunta vicinitas non evidenziano quale sia il loro interesse differenziato
nei confronti del nuovo atto pianificatorio; in secondo luogo, trattandosi di
ricorso collettivo, non è affatto dimostrata l’omogeneità dell’interesse
sostanziale e processuale; infine, osservato che il polo estrattivo dell’ATEg7 è
identico a quello previsto nei precedenti piani del 1971 e del 1990, l’atto
pianificatorio, in tale parte, è meramente confermativo dei precedenti non
impugnati.
Nel merito, confutando le tesi avverse con la memoria difensiva del 2 novembre
2006, integrata dalla successiva del 4 novembre 2009, osserva che nella
relazione tecnica del 22 settembre 2004 si rileva che la Provincia ha errato nel
predisporre il Piano, avendo omesso di individuare i giacimenti tant’è che la
superficie di questi coincide con quella degli ambiti estrattivi, pertanto,
sulla base dei rigorosi criteri predeterminati per l’esame delle osservazioni, è
stata accolta la richiesta della società Eredi Bellasio di ripristinare il
perimetro dell’ambito estrattivo così com’era nel precedente Piano ma senza
aumentarne i volumi.
La decisione, di conseguenza, non è immotivata ma perfettamente rispondente ai
suddetti criteri; il fatto che il Comune di Vanzago non sia stato nuovamente
interpellato non determina illegittimità del Piano stante la mancanza di
elementi di novità nella modifica apportata, trattandosi di riperimentrazione
tal quale la precedente: in proposito, infatti, i ricorrenti hanno solo
manifestato genericamente timori per eventuali disagi senza specificare in che
modo l’atto pianificatorio impugnato incida lesivamente sui loro interessi.
3.2. La società controinteressata ha eccepito preliminarmente l’inammissibilità
del ricorso sotto diversi profili: innanzitutto perché non è dimostrato
l’interesse qualificato all’impugnativa; in secondo luogo perché il Piano
approvato, nella parte relativa all’ATEg7, che la Provincia, in sede
progettuale, aveva ridotto, è meramente confermativo dei precedenti piani;
infine perché è impugnata solo la delibera del Consiglio Regionale di
approvazione del piano laddove la modifica contestata riviene dalla delibera di
G.R. del 5 novembre 2004, n. 7/19269, confermata dalla successiva delibera
giuntale del 27 giugno 2005, n. 8/2006, non impugnate.
Nel merito la controinteressata ha evidenziato l’infondatezza del ricorso atteso
che la legge regionale n. 14/98 non prevede che la Regione debba sentire i
Comuni interessati in sede di modifica al Piano a seguito di accoglimento delle
osservazioni; in ogni caso le modifiche apportate dalla Regione non possono
configurare l’ipotesi del contrarius actus rispetto alla previsioni del Piano
adottato dalla Provincia atteso che all’approvazione, che è atto complesso, si
giunge attraverso un articolato procedimento nel quale concorrono le volontà di
più enti.
Inoltre la controinteressata evidenzia che nel caso di specie la modifica
apportata è conforme alle previsioni urbanistiche del Comune di Vanzago che
destina quell’area a zona di coltivazione cave. Infine osserva che la richiesta
del Comune di essere sentito in caso di modifiche era comunque tardiva essendo
stata inoltrata alla Regione dopo lo spirare del termine per la presentazione
delle osservazioni.
Quanto al presunto difetto di motivazione la controinteressata osserva che la
Regione ha motivato l’ampliamento con la necessità di attuare il P.P.A. e
ripristinare la precedente perimetrazione.
Sulla presunta incongruenza tra planimetria e scheda tecnica la società ne
evidenzia l’irrilevanza e, comunque, l’insussistenza in quanto la rettifica di
perimetrazione non ha comportato aumento dei volumi cavabili mentre l’aumento di
superficie risulta dalla nota in calce alla scheda tecnica in cui si precisa
l’inserimento della superficie a nord-ovest dell’ATE come indicato nella
planimetria.
3.3. I ricorrenti hanno replicato alle avverse deduzioni riproponendo i temi
difensivi già esplicitati.
Quanto alla necessità del ricoinvolgimento del Comune in ipotesi di modifiche al
Piano hanno richiamato la pronuncia n. 2743 del 6 giugno 2008 della VI Sezione
del Consiglio di Stato che afferma tale principio.
Infine hanno prodotto documentazione inerente un giudizio civile ai sensi
dell’art. 700 c.p.c. instaurato da Balconi Ennio, Balconi Benedetta, Balconi
Filippo e Sozzi Luisa contro la ditta Eredi di Bellasio Eugenio s.n.c.,
conclusosi con provvedimento del 23 novembre 2009 inibitorio dell’attività
estrattiva ad una distanza inferiore ai mt. 150 dai confini di proprietà dei
ricorrenti.
4. Si può prescindere dall’esame delle preliminari eccezioni di inammissibilità
sollevate tanto dalla difesa regionale quanto dalla controinteressata essendo
entrambi i motivi di ricorso, che si esaminano congiuntamente, infondati nel
merito.
Osserva il Collegio che la normativa regionale di riferimento non prevede che la
Regione debba interpellare nuovamente gli enti coinvolti dalle modifiche al
Piano che essa intende apportare.
Invero l’art. 7 della legge della Regione Lombardia 8 agosto 1998 n. 14, recante
“Nuove norme per la disciplina della coltivazione di sostanze minerali di cava”,
ai commi 3, 4, 5 e 6, così dispone: “3. La proposta di piano è depositata per un
periodo di 60 giorni nella segreteria della Provincia; dell'avvenuto deposito
viene data comunicazione anche a mezzo stampa. In tale periodo i soggetti
interessati a qualsiasi titolo possono presentare osservazioni. 4. La Provincia,
entro 30 giorni dall'avvenuto deposito, provvede a richiedere il parere dei
Comuni interessati, dei Consorzi di bonifica per il territorio di competenza e
dei soggetti competenti in materia di beni ambientali. Quando la proposta di
piano prevede la possibilità di attività di cava in ambiti territoriali compresi
nelle aree protette di cui all' art. 1 della l.r. 86/83 e successive
modificazioni ed integrazioni, la Provincia deve inoltre acquisire, sulla
proposta depositata, il parere dell' ente gestore in ordine alla compatibilità
della proposta con il regime di tutela dell' area protetta. 5. I pareri di cui
al comma 4 devono essere espressi entro 60 giorni dalla richiesta; decorso tale
termine la Provincia può procedere indipendentemente dall' acquisizione dei
pareri. 6. Entro i successivi 60 giorni la proposta, motivata in ordine alle
osservazioni ed ai pareri ricevuti, è adottata in via definitiva ed è trasmessa
alla Giunta regionale con la relativa documentazione entro i successivi 30
giorni”.
Dunque l’onere di interpello grava sulla sola Provincia in sede di formazione
della proposta di Piano ed ha ad oggetto un parere obbligatorio ma non
vincolante tant’è che l’amministrazione può procedere anche in mancanza dello
stesso, una volta decorsi i termini di legge.
Il successivo art. 8 della citata legge regionale, che disciplina
l’approvazione, stabilisce: “1. Entro 120 giorni dalla ricezione della proposta
di piano provinciale, la Giunta regionale la esamina apportando, ove necessario,
anche sulla base dei pareri e delle osservazioni pervenute, integrazioni e
modifiche. 2. Scaduto il termine di cui al comma 1 la Giunta regionale, entro i
successivi 30 giorni, trasmette la proposta di piano al Consiglio regionale, che
la approva entro i successivi 60 giorni…”.
In mancanza, dunque, di espressa previsione normativa il principio del
necessario coinvolgimento degli enti interessati in ipotesi di modifiche al
Piano da parte della Regione è stato affermato in via pretoria nei seguenti
termini: “…la Regione, una volta constatata l'opportunità di destinare alla
creazione di una cava un territorio, trascurato dalla provincia competente, che
quindi non ha acquisito il parere del comune interessato, ha l'onere di
coinvolgere gli enti locali nella scelta, rimettendo, a tale scopo, gli atti
alla provincia perché acquisisca il parere del comune interessato e formuli le
proprie osservazioni al riguardo” (così la Cons. Stato, Sez. VI, 6 giugno 2008,
n. 2643, invocata dai ricorrenti); tuttavia va precisato che la stessa pronuncia
chiarisce che “può essere esclusa la necessità di provocare il parere degli enti
locali quando le modifiche apportate dalla Regione abbiano contenuto di
dettaglio ovvero quando costituiscano l'adempimento di obblighi normativi, ma
appare pacifico che la scelta di cui ora si tratta non rientra in nessuna delle
due ipotesi, appena descritte”….“È bene precisare come nella presente
fattispecie l'omissione procedimentale appena esaminata non abbia un significato
esclusivamente formale. Nella presente controversia emerge con chiarezza la
necessità di un adeguato accertamento sullo stato dei luoghi, che le parti
ricostruiscono in termini assai differenti, soprattutto in relazione alla
circostanza, affermata dal Comune, secondo la quale il sito individuato dalla
Regione costituirebbe una discarica abbandonata di rifiuti tossici”.
Dalla lettura integrale del tessuto motivazionale della richiamata pronuncia si
rileva con tutta evidenza che il Consiglio di Stato non ha inteso affermare la
rilevanza tout court di una violazione procedimentale – peraltro desunta in via
interpretativa – di tipo meramente formale ma, al contrario, sposando una
visione sostanzialistica ha inteso precisare a chiare lettere che deve trattarsi
di una violazione non formale. Nella fattispecie esaminata dal Consiglio di
Stato si trattava di creazione ex novo di un’area da adibire a cava per di più
individuata in un sito interessato da una discarica abbandonata di rifiuti
tossici: dunque, per quanto in questa sede interessa, sito evidentemente non
previsto nel precedente Piano e, per di più, verosimilmente inidoneo.
Nel caso di specie, al contrario, la Regione si è limitata a riperimetrare
l’ATEg7 così com’era nei precedenti Piani approvati, all’interno del quale è già
in atto l’attività di coltivazione da parte della società Eredi Bellasio (dato
che risulta anche dall’ordinanza del Tribunale civile di Milano, Sez. distaccata
di Rho del 23 novembre 2009, prodotta dai ricorrenti, in cui in premessa si
legge “che al confine della loro proprietà è situato un terreno ove la ditta
resistente esercita attività di cava dall’ottobre 2005, a seguito
dell’estensione di quella già precedentemente esercitata in territorio
confinante del Comune di Pregnana Milanese”), tanto da indurre quest’ultima a
presentare osservazioni al Piano per evidenziarne l’illogicità e chiedere la –
ottenuta – estensione dell’ATE nei limiti del perimetro preesistente.
In altri termini non è dato ravvisare, al di là del mero dato formale che,
peraltro, potrebbe interessare il solo Comune di Vanzago, quale lesione
sostanziale subiscano i ricorrenti dalla riconferma di un ambito estrattivo sul
territorio comunale così com’era secondo i previgenti Piani, senza alcun aumento
di volumi cavabili disposto al solo scopo di consentire all’impresa di poter
effettivamente estrarre il volume autorizzato e di rispettare, altresì,
l’autorizzazione già concessa sul progetto esecutivo del P.P.A..
Né i ricorrenti sono stati in grado di esplicitare in ricorso tale ipotetica
lesività della modifica regionale essendo incontestato trattarsi di perimetro di
ATE identico a quello previsto nei precedenti Piani e che l’attività estrattiva
da parte della Bellasio era in corso già nella vigenza dei precedenti Piani.
Esportando il principio predicato dal Consiglio di Stato nella più volte citata
pronuncia del 2008 al caso in esame appare ictu oculi come le due fattispecie
non siano sovrapponibili.
Lì si trattava di individuazione di un nuovo sito, qui di conferma di quello
preesistente; lì di sito verosimilmente inidoneo per l’esistenza di una
discarica di rifiuti tossici, qui di sito già ritenuto idoneo nei precedenti
Piani e nel quale già si svolgeva la stessa attività estrattiva da parte di
impresa a tanto autorizzata.
L’orientamento della giurisprudenza sul punto, che il Collegio condivide, è che
per non stravolgere il carattere provinciale del piano è indispensabile la
ripetizione integrale della procedura che ha condotto alla proposta pervenuta
alla Giunta regionale, con il coinvolgimento dei Comuni e degli organi
consultivi competenti solo qualora l'autorità regionale - in sede di
approvazione - intenda inserire nuovi ambiti territoriali estrattivi non
previsti dalla proposta degli Enti locali (T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 4
maggio 2009, n. 893).
Nel caso di specie non si tratta di nuovo ambito estrattivo.
In altri termini ritiene il Collegio che dagli atti di causa e dalle difese
svolte dall’amministrazione emerga che i ricorrenti non possano lamentare alcuna
apprezzabile lesione di tipo sostanziale dal mancato reinterpello del Comune di
Vanzago che, peraltro, se ammesso, finirebbe col costituire un inutile
aggravamento del procedimento difficilmente compatibile, oltretutto, con una
previsione normativa, quale quella dell’art. 8 della legge regionale n. 14/98
che si limita a prevedere che la Giunta regionale esamina la proposta di piano
apportando, ove necessario, anche sulla base dei pareri e delle osservazioni
pervenute, integrazioni e modifiche.
Siffatta ricostruzione è coerente con quanto espresso dalla Sezione in una
recente pronuncia in cui si è affermato che la ratio posta alla base della
previsione dell’art. 7 della L.R. 14/98 “risiede nella necessità di garantire
che l’approvazione del Piano delle attività estrattive sia la risultante
coerente ed organica dell’apporto partecipativo di tutte le parti pubbliche e
private i cui interessi sono ivi coinvolti: ratio, peraltro, da considerarsi
ormai principio immanente a qualunque attività pianificatoria generale incidente
sull’assetto del territorio, applicabile ed invocabile a prescindere
dall’espressa previsione che il legislatore ne faccia nel singolo testo
normativo” (TAR Lombardia, Milano, 23 giugno 2009, n. 4122).
Tuttavia, anche in quella fattispecie si trattava di proposta di inserimento ex
novo di un ATE, nel Piano delle attività estrattive della Provincia di Lodi,
ricadente all’interno di un’area protetta per cui si rendeva necessario
acquisire il parere dell’ente gestore del parco.
Da quanto fin qui esposto discende la condivisibilità del principio per cui le
amministrazioni competenti, in materia di programmazione del territorio connessa
all'elaborazione del Piano cave, esercitano un'ampia discrezionalità
nell'individuazione delle aree estrattive, che può essere censurata solo laddove
emergano difetti palesi di logica e ragionevolezza (T.A.R. Lombardia, Brescia,
15 marzo 2007, n. 286).
Alla luce delle considerazioni svolte non emergono i denunciati profili di
irragionevolezza che renderebbero predicabile la necessità di interpellare
nuovamente il Comune sulla modifica apportata dalla Regione.
Ulteriore precipitato delle premesse fin qui esplicitate è che in sede di
approvazione del Piano cave, le scelte effettuate non abbisognano di una
specifica motivazione (tipica del provvedimento amministrativo a contenuto
puntuale e concreto), attesa la sua natura di atto di pianificazione e
programmazione generale (Cons. Stato, sez. VI, 23 dicembre 2008, n. 6519).
Nel caso di specie, pertanto, deve ritenersi adeguatamente motivata la decisione
regionale di riportare l’ambito estrattivo alla preesistente dimensione, in
accoglimento delle osservazioni formulate dalla società Eredi Bellasio, atteso
che la stessa si fonda sul parere tecnico di accoglibilità reso dagli uffici
regionali nella relazione prodotta in stralcio dalla controinteressata (doc. n.
4).
Insussistente è, poi, l’asserita divergenza tra planimetria di Piano e scheda
tecnica dell’ATEg7 atteso che l’ampliamento dell’ATE risulta dalla nota
riportata in calce alla scheda tecnica e che all’aumento di superficie non ha
fatto seguito alcun incremento di volume estraibile.
Per le suesposte considerazioni il ricorso deve essere respinto.
Le spese, nei confronti delle parti costituite, seguono la soccombenza e si
liquidano come in dispositivo.
Non vi è luogo a provvedere sulle spese nei confronti delle parti non
costituite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Milano, Quarta Sezione,
definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.
Condanna i ricorrenti in solido tra loro alla rifusione, in favore
dell’amministrazione regionale resistente e della controinteressata, di spese e
competenze del giudizio che liquida in complessivi € 3.000,00 (tremila), da
corrispondersi in misura di € 1.500,00 (millecinquecento) a ciascuna delle parti
costituite, oltre oneri previdenziali e fiscali come per legge.
Non luogo a provvedere sulle spese nei confronti delle parti non costituite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 24 novembre 2009 con
l'intervento dei Magistrati:
Adriano Leo, Presidente
Laura Marzano, Referendario, Estensore
Ugo De Carlo, Referendario
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20/01/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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