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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez. II - 29 giugno 2010, n. 2668
DIRITTO URBANISTICO - Aree asservite - Inedificabilità - Opponibilità ai
terzi acquirenti - Irrilevanza delle vicende inerenti la proprietà dei terreni.
L’inedificabilità di un’area asservita o accorpata o comunque utilizzata a fini
edificatori costituisce una qualità obiettiva del fondo che, pur non vigendo
l’obbligo di trascrizione del vincolo nei registri immobiliari (cfr. Cons. Stato
V, 28.6.00 n. 3637), è opponibile a terzi acquirenti, ed ha l’effetto di
impedirne l’ulteriore edificazione oltre i limiti previsti, a nulla rilevando
che la proprietà dell’area sia stata trasferita, che manchino specifici negozi
giuridici privati volti all’asservimento o che l’edificio sia collocato in una
parte del lotto catastalmente divisa (Cons. Stato V, 9.10.07 n. 5232).In altri
termini, un’area edificabile, già interamente considerata in occasione del
rilascio di una concessione edilizia, non può essere considerata libera neppure
parzialmente, agli effetti della volumetria realizzabile, in sede di rilascio di
una seconda concessione, nella perdurante esistenza del primo edificio, restando
irrilevanti le vicende inerenti alla proprietà dei terreni (Cons. Stato IV,
6.9.99 n. 1402). Pres. Arosio, Est. Spadavecchia -F. s.r.l. (avv. Colombo) c.
Comune di Rovello Porro (avv.ti Fossati e Venghi) - TAR LOMBARDIA, Milano,
Sez. II - 29 giugno 2010, n. 2668
VIA E VAS - Vas - Scopo - Scelte strategiche dello strumento urbanistico -
Valutazione della sostenibilità ambientale. Scopo della VAS è quello di
valutare la sostenibilità ambientale delle scelte strategiche implicite nello
strumento urbanistico, tenuto conto, in particolare, del consumo di territorio
che esse comportano. Pres. Arosio, Est. Spadavecchia -F. s.r.l. (avv. Colombo)
c. Comune di Rovello Porro (avv.ti Fossati e Venghi) - TAR LOMBARDIA, Milano,
Sez. II - 29 giugno 2010, n. 2668
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 02668/2010 REG.SEN.
N. 02430/2005 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero 2430 del 2005 di r.g. proposto da:
FIRMINVEST s.r.l. con sede in Carate Brianza, in persona del legale
rappresentante pro tempore Romano Francesco Vittorio Colombo, rappresentata e
difesa dall’avv. Claudio Colombo, elettivamente elettivamente domiciliata presso
l’avv. Marcello Meoli in Milano, via Adige 12
contro
COMUNE di ROVELLO PORRO, in persona del sindaco pro tempore, Luigia Alberio,
rappresentato e difeso, dapprima, dagli avv.ti Alberto Fossati e Claudio Venghi,
con domicilio eletto presso il loro studio in Milano, via Caminadella 2, quindi
dall’avv. Alberto Fossati, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in
Milano, corso di Porta Vittoria 28
per l'annullamento
- del diniego di permesso di costruire per un intervento di nuova edificazione
(provvedimento 11 luglio 2005) e del relativo preavviso ex art. 10-bis legge
241/90 (nota 27 maggio 2005) [ricorso notificato il 29.7/4.8.05, depositato il
1.9.05; motivi aggiunti notificati il 13/18.4.06, depositati il 27.4.06];
- del piano di governo del territorio (PGT), adottato ed approvato
rispettivamente con deliberazione consiliare 26 gennaio 2009 n. 3 [motivi
aggiunti notificati il 31.3/3.4.09, depositati il 22.4.09] e con deliberazione
consiliare 30 luglio 2009 n. 28, quest’ultima impugnata congiuntamente al parere
30.12.2008 dell’autorità competente in materia di VAS e alla deliberazione di
giunta comunale 29 maggio 2008 n. 41, recante individuazione dell’autorità
procedente e dell’autorità competente [motivi aggiunti notificati il
30.11/10.12.09, depositati il 16.12.09];
- con la condanna del Comune al risarcimento del danno.
Visti il ricorso ed i motivi aggiunti;
Visti gli atti di costituzione del Comune;
Viste le memorie delle parti;
Visti atti e documenti di causa;
Uditi, alla pubblica udienza del 12 maggio 2010, relatore il dott. Carmine
Spadavecchia, l’avv. Colombo e l’avv. Fossati;
Considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
1. In esito ad asta pubblica svoltasi nell’ambito di una procedura esecutiva
immobiliare, la Società ricorrente si è resa aggiudicataria, in forza di decreto
21.2.2005 n. rep. 137 del Tribunale di Como, di un lotto di terreno, ubicato in
Rovello Porro, distinto in catasto al foglio 6, mapp. 4322 (ex mapp. 1664/b).
2. Si tratta di un fondo recintato, di 3.000 mq, per il quale, nel corso della
procedura esecutiva, era stato acquisito un certificato di destinazione
urbanistica in data 14.10.1999, attestante che il terreno è situato in zona C1
residenziale, dove è ammessa l’edificazione con indice fondiario pari a 1mc/mq.
3. Il lotto faceva parte, sino al 1970, di un più vasto fondo (4.700 mq circa),
distinto in catasto col mappale n. 1664, acquistato nel 1963 dalla debitrice
esecutata (sig.ra Toscano). La quale, con atto 14.4.1970, vendeva una parte del
fondo (mapp. 1664/a) alla Luchino Rigatti Luchini s.p.a., conservando la parte
restante (mapp. 1664/b, poi mappale 4322).
4. Nel 1976 il Comune rilasciava alla Luchino Rigatti Luchini s.p.a. una licenza
edilizia (23.3.76 n. 15) per l’ampliamento di un magazzino con soprastante
abitazione, sulla base di un progetto che esauriva l’intera capacità volumetrica
dell’originario mappale 1664 (5.213 mc).
5. Successivamente, il Comune rilasciava alla stessa Luchino Rigatti Luchini
s.p.a. altra concessione edilizia (4.5.1990 n. 53) per il mutamento di
destinazione d’uso dell’immobile da laboratorio artigianale ad uffici
direzionali.
6. In correlazione a questo intervento, in data 3.8.1990 la sig.ra Toscano e la
Luchino Rigatti Luchini s.p.a. sottoscrivevano un “atto di asservimento per
vincolo a parcheggi e verde”, gravante sul mappale 1664/b (ora mapp. 4322).
Nell’atto, non trascritto nei registri immobiliari, si affermava che il vincolo
“è valido ed efficace fino alla scadenza del P.d.F.” (programma di fabbricazione
allora vigente, poi superato dal PRG entrato in vigore il 23.12.1998).
7. Acquistato il lotto, la Società ricorrente ha chiesto al Comune un permesso
di costruire per l’edificazione residenziale. Con provvedimento 11 luglio 2005,
preceduto da preavviso di diniego 27.5.2005, il Comune ha negato il permesso per
esaurimento della capacità edificatoria del lotto, siccome asservito al mappale
n. 1664/a, sia in forza della licenza edilizia n. 15/1976 (quale pertinenza
urbanistica dei fabbricati ivi insistenti), sia in forza dell’atto di
asservimento del 1990 (con vincolo a parcheggi e verde).
8. Col ricorso introduttivo, integrato da motivi aggiunti, la Società ha
impugnato il diniego deducendone l’illegittimità per i seguenti motivi: (a) la
licenza edilizia n. 15/1976 sarebbe stata rilasciata senza previa cessione di
cubatura a favore del lotto interessato (mapp. 1664/a); in ogni caso la cessione
di volumetria, non annotata nel certificato di destinazione urbanistica
14.10.1999, non sarebbe opponibile ai terzi di buona fede; l’atto di
asservimento 3 agosto 1990, anch’esso non trascritto e inopponibile a terzi,
sarebbe inefficace (primo motivo); (b) il diniego è stato emesso senza acquisire
il parere della commissione edilizia (secondo motivo); (c) la ricorrente non era
a conoscenza dei vincoli prima dell’acquisto (primi motivi aggiunti); (d) l’atto
di asservimento 3 agosto 1990, oltre che inefficace, sarebbe nullo perché
connesso ad una concessione edilizia rilasciata ad un soggetto (Luchino Rigatti
Luchini s.p.a) che non era proprietario dell’immobile, essendosi la Luchino
Rigatti Luchini s.p.a trasformata nella Immobilare Porro Rovellese s.r.l. sin
dall’anno 1977 (stessi motivi aggiunti).
9. La Società ha chiesto inoltre il risarcimento del danno, sia nella forma
della reintegrazione in forma specifica (mediante rilascio del denegato permesso
di costruire), sia in forma di liquidazione per equivalente del danno da ritardo
(commisurato alla differenza tra valore di mercato del bene e costo di
costruzione), maggiorato di interessi pari al tasso Euribor dal momento del
diniego all’effettivo rilascio del permesso.
10. La domanda risarcitoria ascrive a responsabilità del Comune una duplice
negligenza: l’avere rilasciato la licenza edilizia del 1976 senza verificare
l’estensione del titolo di proprietà del richiedente; l’avere rilasciato nel
1999 un certificato di destinazione urbanistica “intonso, privo cioè di
qualsiasi riferimento ai vincoli successivamente accampati”.
11. Con ordinanza 7.9.2005 n. 2164 la Sezione ha motivatamente respinto la
domanda cautelare per carenza di fumus boni juris.
12. Successivamente, con deliberazioni consiliari 26 gennaio 2009 n. 3 e 30
luglio 2009 n. 28, il Comune ha, rispettivamente, adottato e approvato il piano
di governo del territorio (PGT), includendo l’area della Società ricorrente nel
“tessuto urbano consolidato a servizi” con espressa destinazione a “verde e
sport”.
13. L’osservazione presentata dalla ricorrente il 3.4.2009, nel corso del
procedimento, è stata respinta con la seguente motivazione: “si conferma
l’avvenuto sfruttamento edificatorio da parte di precedente intervento edilizio
e la nuova destinazione definita per l’area dal PGT”.
14. Con due gruppi di motivi aggiunti - depositati rispettivamente il 22.4.2009
e il 16.12.2009 - la Società ha impugnato entrambe le delibere; la seconda,
unitamente al parere 30 dicembre 2008 dell’autorità competente in materia di VAS
e alla deliberazione di giunta comunale 29 maggio 2008 n. 41, recante
individuazione dell’autorità procedente e dell’autorità competente. Anche
all’impugnativa del PGT si associa una domanda risarcitoria per il “pregiudizio
da ritardo” nell’esercizio dello jus aedificandi.
15. Al PGT si addebitano essenzialmente due vizi: incompetenza, per ciò che
concerne la VAS (valutazione ambientale strategica), in quanto affidata ad un
soggetto (il responsabile del procedimento) dipendente dallo stesso Comune
(Autorità procedente) e privo dei requisiti di professionalità ed autonomia;
difetto di motivazione, per quanto concerne il vincolo apposto sull’area della
ricorrente.
16. Il Comune, costituito in giudizio, ha controdedotto. All’udienza del 12
giugno 2010 la causa, previa discussione, è passata in decisione.
DIRITTO
17. Il ricorso introduttivo, integrato da (un primo atto di) motivi aggiunti,
investe il provvedimento 11 luglio 2005 con cui il Comune ha negato alla Società
ricorrente il permesso di costruire un edificio residenziale plurifamiliare sul
mappale n. 4322 (ex 1664/b), acquisito dalla Società, il 21.2.2005, per decreto
del Tribunale di Como, in esito ad una procedura esecutiva immobiliare a carico
della ex-proprietaria.
18. Secondo il Comune il lotto è privo di capacità edificatoria, sia perché la
relativa volumetria è stata utilizzata dal lotto contiguo (mappale 1664/a, in
origine appartenente alla stessa proprietaria), sul quale venne realizzato, in
forza di licenza edilizia 23.3.1976 n. 15, rilasciata alla s.p.a. Luchino
Rigatti Luchini, un intervento tale da assorbire l’intera volumetria
dell’originario unico mappale; sia perché, in seguito (e in correlazione) ad
altra concessione edilizia (4.5.1990 n. 53), rilasciata alla medesima Società
per “cambio di destinazione d’uso da laboratorio ad uffici direzionali”, venne
stipulato tra i rispettivi proprietari un “atto di asservimento per vincolo a
parcheggio e verde” a carico del mappale 1664/b ed a favore del mappale 1664/a.
19. La Società ricorrente sostiene (ricorso, pagg. 3-4) che il Comune, a
conoscenza del frazionamento del fondo in due parti autonome (per avere
assentito la costruzione di una recinzione sul mappale 1664/b, già frazionato:
all. 6), avrebbe rilasciato la licenza edilizia n. 15/1976 (per ampliamento
magazzino e soprastante abitazione) indebitamente, senza curarsi di verificare i
titoli di proprietà, nella erronea convinzione che la Società richiedente fosse
proprietaria dell’intero originario mappale n. 1664 (anziché del solo lotto
distinto col mappale 1664/a), e senza considerare che la proprietaria del lotto
maggiore (mapp. 1664/b, ora mapp. 4322) non aveva mai sottoscritto un atto di
trasferimento volumetrico, né consentito in altra forma (mediante sottoscrizione
del progetto o dell’istanza di licenza edilzia) l’asservimento. Conclude la
ricorrente che, in mancanza di consenso del proprietario del lotto limitrofo, il
trasferimento di volumetria non può ritenersi esistente ed operante in danno di
terzi (dunque in suo danno).
20. La conoscenza dei vincoli prima dell’acquisto del lotto, da parte della
ricorrente, non sarebbe desumibile dalla lettera prodotta dal Comune sub doc. 2;
perché questa lettera, erroneamente datata 23 novembre 2004, sarebbe stata in
realtà redatta dal legale della Società nell’aprile 2005, dunque dopo
l’assegnazione del lotto in esito alla procedura esecutiva immobiliare (motivi
aggiunti depositati il 27.4.2006). Inoltre (stessi motivi aggiunti) l’atto di
asservimento 3 agosto 1990, oltre che inefficace, sarebbe nullo perché connesso
ad una concessione edilizia rilasciata ad un soggetto (Luchino Rigatti Luchini
s.p.a) che non era proprietario dell’immobile, essendosi la Luchino Rigatti
Luchini s.p.a trasformata nella Immobiliare Porro Rovellese s.r.l. sin dal 1977.
21. Il Comune prospetta la nullità dell’atto di acquisizione, essendo
l’aggiudicazione (decreto 21.2.2005 del Tribunale di Como) basata su un
certificato di destinazione urbanistica rilasciato il 14 ottobre 1999, quindi
non più efficace a termini dell’art. 30, terzo comma, del t.u. edilizia (d.p.r.
6 giugno 2001 n. 380), che al certificato conferisce validità annuale.
22. L’eccezione è priva di fondamento. A prescindere dal rilievo che non è
questa la sede per contestare la validità dell’acquisto effettuato in forza di
un atto di aggiudicazione emesso nell’ambito di una procedura esecutiva, va
osservato che la norma si riferisce alle stipulazioni di atti tra vivi, e non ai
trasferimenti giudiziali seguiti ad espropriazione forzata, tanto più quando,
come nella specie e come si vedrà appresso, ogni profilo di carattere edilizio e
urbanistico sia stato considerato in sede di consulenza tecnica d’ufficio,
aldilà delle mere risultanze del certificato comunale.
23. Nel merito, il ricorso avverso il diniego di costruire è infondato sotto
tutti i profili dedotti.
24. Per consolidata giurisprudenza, l’inedificabilità di un’area asservita o
accorpata o comunque utilizzata a fini edificatori costituisce una qualità
obiettiva del fondo che, pur non vigendo l’obbligo di trascrizione del vincolo
nei registri immobiliari (cfr. Cons. Stato V, 28.6.00 n. 3637), è opponibile a
terzi acquirenti, ed ha l’effetto di impedirne l’ulteriore edificazione oltre i
limiti previsti, a nulla rilevando che la proprietà dell’area sia stata
trasferita, che manchino specifici negozi giuridici privati volti
all’asservimento o che l’edificio sia collocato in una parte del lotto
catastalmente divisa (Cons. Stato V, 9.10.07 n. 5232).
25. In altri termini, un’area edificabile, già interamente considerata in
occasione del rilascio di una concessione edilizia, non può essere considerata
libera neppure parzialmente, agli effetti della volumetria realizzabile, in sede
di rilascio di una seconda concessione, nella perdurante esistenza del primo
edificio, restando irrilevanti le vicende inerenti alla proprietà dei terreni
(Cons. Stato IV, 6.9.99 n. 1402).
26. Nel caso in esame la licenza edilizia n. 15 del 1976 ebbe ad assentire un
intervento che, pur ricadendo su un fabbricato insistente sul mappale 1664/a,
assorbiva l’intera volumetria espressa dal mappale 1664 (originariamente unico);
sicché è priva di fondamento la pretesa - sottostante all’impugnazione del
diniego - che il mappale 1664/b sia ancora in grado di esprimere una capacità
volumetrica autonoma.
27. Aver rilasciato la licenza edilizia n. 15/1976 senza verificare l’estensione
del titolo di proprietà del richiedente non è ascrivibile a colpa del Comune,
del quale neppure può presumersi la conoscenza - all’epoca - dell’assetto
proprietario del fondo in questione.
28. Il frazionamento di un fondo non implica necessariamente una diversa
titolarità dominicale (fondi frazionati possono appartenere ad un unico
proprietario). Sicché il mero rilascio di una licenza edilizia per la recinzione
del mappale 1664/a (per il vero la licenza si riferiva al mappale 1664/b), e
l’occasionale conoscenza del frazionamento che gli uffici comunali possono avere
avuto in tale circostanza, non autorizza a concludere che il Comune fosse a
conoscenza dell’avvenuta alienazione parziale del mappale 1664, né che avesse
l’obbligo di annotare tale circostanza “a futura memoria”.
29. Se poi si considera che al mappale 1664/a venne attribuito dall’Ufficio
Tecnico Erariale di Como il n. 1664 (cfr. relazione conclusiva del CTU in data
1.7.2003), e che l’obbligo di allegare alla domanda di concessione edilizia il
titolo di proprietà, o il titolo per richiedere la concessione, è stato previsto
(come rammenta il CTU) dalla legge n. 10 del 1977, non può addebitarsi al Comune
alcuna negligenza nell’avere rilasciato una licenza edilizia assorbente l’intera
volumetria del fondo originario ad un soggetto (Luchino Rigatti Luchini s.p.a.)
che aveva presentato domanda di licenza edilizia “per ampliamento magazzino e
soprastante abitazione” come proprietario dell’intero mappale 1664.
30. Si deve anche considerare che la sig.ra Toscano (proprietaria del mappale
1664/b), lungi dal contestare la licenza edilizia n. 15/1976 che privava di
edificabilità la propria porzione, ha anzi successivamente stipulato, il 3
agosto 1990, un atto formale di asservimento del mappale 1664/b al mappale
1664/a, correlato alla (nuova) concessione edilizia (n. 53 del 4.5.1990)
rilasciata alla Luchino Rigatti Luchini s.p.a. per cambio di destinazione d’uso
dell’immobile da laboratorio artigianale a uffici direzionali.
31. Contrariamente all’assunto della ricorrente, questo atto di asservimento non
è nullo né inefficace. Non può ritenersi nullo perché la validità dell’atto di
asservimento (che ha carattere reale, in quanto stipulato a favore di un fondo e
a carico di un altro fondo) non dipende dalla validità della c.e. n. 53/1990; né
quest’ultima può ritenersi a sua volta illegittima sotto il profilo dedotto
dalla ricorrente, dal momento che la trasformazione della Luchino Rigatti
Luchini s.p.a in Immobilare Porro Rovellese s.r.l. (anno 1977) non ha privato il
soggetto che ha solo mutato la propria forma giuridica della legittimazione a
chiedere il rilascio della concessione.
32. Non può ritenersi inefficace perché la stipulazione del vincolo di
asservimento con “valore urbanistico” e “come pertinenza dell’immobile
esistente”, la pattuizione di validità ed efficacia “fino alla scadenza del
P.d.F e/o sue modificazioni”, la previsione di immodificabilità senza
autorizzazione del Comune stanno a significare che la durata del vincolo è
legata non tanto alla vigenza del P.d.F. (superato dagli strumenti urbanistici
posteriori), quanto alla sopravvenienza di disposizioni urbanistiche
incompatibili: circostanza, questa, che non risulta essersi verificata (non è
confutata l’affermazione della difesa comunale secondo cui “l’indice
edificatorio di 1mc/mq è rimasto da quell’epoca inalterato”: memoria 30.4.10,
pag. 9).
33. La ricorrente sostiene, ancora, che il vincolo di asservimento, non
trascritto nei registri immobiliari, né riportato nel certificato di
destinazione urbanistica del 1999, non sarebbe opponibile ai terzi di buona
fede.
34. Ora, a parte il rilievo di cui al punto 24 (circa l’irrilevanza della
trascrizione ai fini dell’edificabilità), osserva il Collegio - e ciò vale anche
al fine di escludere la responsabilità del Comune per erroneità del certificato
urbanistico - che la questione relativa all’edificabilità del fondo oggetto di
esecuzione immobiliare venne ampiamente trattata dal C.T.U. nel corso della
procedura esecutiva in esito alla quale la ricorrente si è resa aggiudicataria
del terreno.
35. Nelle “considerazioni conclusive” in data 1 luglio 2003 (doc. 3 fasc.
Comune), dopo avere ricostruito le vicende del fondo, richiamando tra l’altro la
lettera 21.6.2003 prot. n. 6730 del responsabile del Servizio Edilizia Privata e
Urbanistica del Comune (che chiariva le ragioni della inedificabilità del
lotto), il CTU concludeva il giudizio di stima (punto D) nel senso che “il
terreno … risulta oggi privo di edificabilità”; e su tale inequivoca premessa,
tenuto conto di svariati fattori (ubicazione, recinzione, edificabilità per
parcheggi, ecc.), indicava il valore di mercato del terreno in € 132.000,00
(superiore all’offerta della ricorrente, pari a € 106.000,00).
36. E’ dunque ragionevole ritenere che la Società ricorrente fosse ben
consapevole dell’inedificabilità del lotto prima di divenirne aggiudicataria; il
che rende irrilevante la questione relativa alla data di effettiva redazione
della lettera datata 23 novembre 2004 (ma asseritamente compilata il 13 aprile
2005), con cui il legale della ricorrente contestava - con riferimento ad una
aggiudicazione già avvenuta - l’asservimento del lotto.
37. Priva di fondamento, da ultimo, è anche la censura relativa al mancato
parere della commissione edilizia. Le attribuzioni della commissione edilizia
comunale sono quelle stabilite dai regolamenti edilizi (art. 33, primo comma, n.
1, legge 17 agosto 1942 n. 1150); sicché la verifica della necessità o meno del
parere in questione va condotta alla stregua del regolamento locale.
38. L’art. 37, ultimo comma, del regolamento edilizio comunale (non impugnato)
prevede che l’organo competente (il responsabile del procedimento) possa
omettere l’acquisizione del parere quando ravvisi palesi ragioni ostative
connesse all’evidente contrasto con le norme di legge o di regolamento o con
previsioni del PRG: ipotesi, questa, che si attaglia al caso in esame, in cui la
ragione del diniego sta nell’assenza della capacità edificatoria dell’area.
39. Occorre ora passare all’esame dei motivi aggiunti che investono il PGT
approvato, avendo la ricorrente da ultimo (memoria 30.4.10, pag. 19)
circoscritto l’impugnativa alle sole doglianze di cui al secondo gruppo di
motivi aggiunti (depositati il 16.12.2009).
40. Al PGT vengono mosse le seguenti censure: - difetto di motivazione
relativamente al vincolo posto sull’area della ricorrente (primo e secondo
motivo); - violazione della normativa sulla VAS avendo il Comune affidato la
redazione del parere conclusivo al responsabile del procedimento, sfornito di
adeguata professionalità (quarto motivo) e (terzo motivo) con indebita
commistione dei ruoli rispettivamente propri dell’autorità procedente (cui è
demandata l’adozione e l’approvazione del piano) e dell’autorità competente in
materia di VAS (cui è demandato, in posizione di autonomia rispetto alla prima,
il giudizio di compatibilità ambientale dello strumento pianificatorio).
41. Ora, riguardo alla VAS, le censure di incompetenza non appaiono supportate,
considerato il fine che la ricorrente persegue, da un interesse all’impugnativa.
42. Scopo della VAS è quello di valutare la sostenibilità ambientale delle
scelte strategiche implicite nello strumento urbanistico, tenuto conto, in
particolare, del consumo di territorio che esse comportano.
43. Nel caso in esame il parere - basato su elaborati (documento di scoping e
rapporto ambientale) redatti da un architetto - ha valutato l’erosione
territoriale complessivamente indotta dal PGT, dovuta tra l’altro (per quanto
concerne l’espansione residenziale) a “quattro ambiti di trasformazione
urbanistica … che … rappresentano interstizi nel bordo urbanizzato a chiusura di
fronti stradali urbani consolidati” (cfr. parere …, punto 3.2.3), senza scendere
nel dettaglio delle singole destinazioni attribuite ai lotti liberi nelle aree
edificate.
44. Diversamente da quanto sostiene la ricorrente non è ravvisabile alcuna
contraddizione tra l’espansione dell’aggregato urbano (dovuta a previsioni di
crescita demografica e incremento qualitativo degli standard residenziali) e la
preclusione di iniziative edificatorie in ambiti già totalmente urbanizzati.
45. E neppure è ravvisabile una correlazione tra le scelte strategiche di
espansione residenziale, che hanno formato oggetto di valutazione in sede di VAS,
e l’apposizione, sull’area della ricorrente, di un vincolo (a verde e sport)
marginale e circoscritto nell’economia del piano; vincolo rispetto al quale il
parere è del tutto neutro e inidoneo ad arrecare una lesione atta a legittimare
la caducazione integrale del PGT per un motivo (incompetenza riferibile ad un
atto presupposto) che lo investe globalmente.
46. In conclusione, la questione di competenza posta dalla ricorrente - sebbene
non priva di rilevo a livello teorico (cfr. sentenza n. 1526/10 di questo
Tribunale) - non appare rilevante ai fini della presente vertenza.
47. Appaiono piuttosto fondate, e meritevoli di accoglimento, le censure
relative alla carenza di motivazione del vincolo.
48. A fronte del consistente sovradimensionamento della aree a standard (98,4
mq/ab secondo la ricorrente; 44,2 mq/ab secondo l’Amministrazione), rispetto al
minimo di 18mq/ab (art. 9, comma 3, legge regionale 11 marzo 2005 n. 12 per il
governo del territorio) - il Comune avrebbe dovuto motivare la scelta di apporre
il vincolo a verde e sport sull’area della Società (cfr. Cons. Stato V, 1.3.10
n. 1176), tanto più considerando la presenza del vincolo pertinenziale apposto -
in forza dello strumento previgente - a favore del fondo contiguo.
49. La circostanza che l’area sia priva di capacità edificatoria per esaurimento
della volumetria non vale di per sé sola a giustificare l’apposizione di un
vincolo di carattere espropriativo, altro essendo la pertinenzialità dell’area
rispetto al lotto contiguo (mapp. 1664/a), altro la sua destinazione ad uso
pubblico secondo regole e modalità che non lasciano al proprietario alcuna
possibilità di utilizzazione diretta.
50. La domanda di risarcimento del danno va respinta. Sia in relazione al
permesso di costruire (il cui diniego deve ritenersi, per quanto considerato,
legittimo); sia in relazione alla condotta del Comune in sede di rilascio dei
titoli edilizi pregressi e del certificato di destinazione urbanistica del 1999
(essendo inconfigurabile, per le ragioni esposte, tanto una colpa in capo al
Comune, quanto una situazione di affidabilità e buona fede meritevole di tutela
in capo alla Società ricorrente); sia in relazione al PGT, il cui annullamento
in parte qua non implica alcun diritto all’attribuzione di una capacità
edificatoria, ma unicamente l’eliminazione di un vincolo che nel periodo della
sua vigenza non ha prodotto danni comprovati.
51. Per le ragioni esposte il ricorso va accolto nella sola parte relativa al
vincolo posto sull’area della ricorrente dal PGT, che va conseguentemente, in
parte qua, annullato. La domanda di risarcimento del danno va respinta. Le
reciproca parziale soccombenza giustifica la compensazione delle spese di causa
tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia accoglie in parte il
ricorso in epigrafe e per l’effetto annulla il PGT nei limiti di cui in
motivazione. Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Milano, nella camera di consiglio del 12 maggio 2010, con
l'intervento dei magistrati:
Mario Arosio, Presidente
Carmine Maria Spadavecchia, Consigliere, Estensore
Silvia Cattaneo, Referendario
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/06/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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