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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 3 marzo 2010, n. 533
CACCIA - Cattura dei richiami vivi - Normativa di riferimento - Art. 4, cc. 3
e 4 L. n. 1571993 - Artt. 7 e 26 L.r. Lombardia n. 26/1993 - Art. 9 Dir. n.
79/409/CEE. La cattura dei richiami vivi (c.d. presicci), vale a dire
uccelli utilizzati come richiamo di altri volatili nella caccia da appostamento,
è consentita dalla legge n. 157/1992, art. 4, commi 3° e 4°, nonché, per la
Regione Lombardia, dalla legge regionale n. 26/1993, artt. 7 e 26, ai fini della
loro cessione gratuita ai cacciatori che esercitano attività venatoria da
appostamento. In materia assume, peraltro, importanza fondamentale il diritto
comunitario ed in particolare la direttiva del Consiglio n. 79/409/CEE, sulla
conservazione degli uccelli selvatici. La direttiva vieta, in linea generale,
l’uccisione e la cattura di uccelli selvatici (cfr. art. 5), salve le deroghe
previste dall’art. 9 della direttiva medesima. La legislazione statale e
regionale in materia di cattura di richiami vivi per la caccia deve, ovviamente,
essere rispettosa delle prescrizioni comunitarie ed, in particolare, delle
deroghe di cui al citato art. 9 (T.A.R. Lombardia, Milano, IV, 6 aprile 2009, n.
3136). Pres. Leo, Est. De Vita - LAC Onlus (avv. Linzola) c. Provincia di Como (n.c.)
- TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 3 marzo 2010, n. 533
CACCIA - Cattura di richiami vivi - Del. Pov. Como n. 323/2006 - Cattura
consentita nei limiti della legge regionale n.. 20/2006 (1500 esemplari) -
Mancata indicazioni delle ragioni per le quali appare necessaria la cattura del
predetto quantitativo - Illegittimità - Violazione delle disposizioni
comunitarie di cui alla dir. n. 79/409/CEE. E’ illegittima la deliberazione
della Giunta Provinciale di Como n. 323 del 21 settembre 2006, con la quale si
stabilisce di procedere alla cattura dei richiami vivi nei limiti previsti dalla
legge regionale n. 20 del 2006 (All. A, per un totale di 1.500 esemplari per la
Provincia di Como), senza indicare le ragioni che avrebbero indotto
l’Amministrazione a reputare necessaria la cattura del predetto quantitativo
(cfr., da ultimo, T.A.R. Lombardia, Milano, IV, 6 aprile 2009, n. 3136). In tal
modo si contravviene infatti in maniera evidente alle previsioni del diritto
comunitario, che vietano, in via generale, la cattura di animali selvatici vivi:
la deroga consentita non può che essere interpretata in modo restrittivo,
dovendosi ritenere imprescindibili delle giustificazioni congruenti, sia per
procedere alla sua attuazione, che per individuare i limiti quantitativi
ritenuti necessari (cfr. Corte di Giustizia della Comunità Europea, sentenza del
12 dicembre 1996, causa C-10/96; altresì, diffusamente, Commissione europea
“Guida alla disciplina della caccia nell’ambito della direttiva 79/409/CEE sulla
conservazione degli uccelli selvatici”, direttiva “Uccelli selvatici”, Febbraio
2008). Pres. Leo, Est. De Vita - LAC Onlus (avv. Linzola) c. Provincia di Como (n.c.)
- TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 3 marzo 2010, n. 533
N. 00533/2010 REG.SEN.
N. 03127/2006 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 3127 del 2006, proposto da:
- Associazione Lega Abolizione della Caccia (L.A.C.) O.N.L.U.S., in persona del
legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Claudio
Linzola, ed elettivamente domiciliata presso lo studio dello stesso in Milano,
Via Hoepli n. 3;
contro
- la Provincia di Como, in persona
del Presidente pro-tempore, non costituita in giudizio;
per l’annullamento
- della deliberazione della Giunta Provinciale di Como n. 323 del 21 settembre
2006 di attivazione di due impianti di cattura di uccelli selvatici per la
caccia da appostamento fisso.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Viste la memoria prodotta dalla parte ricorrente;
Visti tutti gli atti della causa;
Designato relatore il referendario Antonio De Vita;
Udito, all’udienza pubblica del 12 gennaio 2010, l’Avv. Claudio Linzola, per la
parte ricorrente;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
Con ricorso notificato in data 6 dicembre 2006 e depositato il 23 dicembre
successivo, l’Associazione ricorrente ha impugnato la deliberazione della Giunta
Provinciale di Como n. 323 del 21 settembre 2006, comunicata il 9 ottobre 2006,
di attivazione di due impianti di cattura di uccelli selvatici per la caccia da
appostamento fisso.
Avverso tale provvedimento vengono dedotte le censure di illegittimità per
eccesso di potere, sotto il profilo del difetto di istruttoria e della
motivazione, violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990, elusione dei
principi affermati nelle sentenze T.A.R. Lombardia, Milano, n. 719/05, n.
1467/04, n. 2163/01, nonché del Consiglio di Stato n. 2091/03.
Il provvedimento impugnato non sarebbe sorretto da alcuna istruttoria, basata su
effettive e reali necessità, indicante il numero di uccelli da utilizzare come
richiami vivi (presicci). In tal modo non si potrebbe stabilire il reale
fabbisogno degli stessi, anche procedendo al computo dei richiami provenienti da
allevamento, come già stabilito in numerose sentenze di questo Tribunale e del
Consiglio di Stato.
Inoltre si deduce la violazione dell’art. 26, comma 3, della legge regionale n.
26 del 1993.
L’interpretazione della legge regionale sopra richiamata, da parte della
Provincia di Como, sarebbe illegittima, in quanto non si dovrebbe ritenere
consentita ad libitum la cattura di 40 richiami per ogni cacciatore,
indipendentemente dall’effettivo fabbisogno degli stessi. Trattandosi, infatti,
del contingente massimo catturabile, sarebbe comunque necessario verificare le
possibili alternative, come imporrebbe la normativa comunitaria (art. 9 della
Direttiva 79/409/CEE).
Ulteriore censura è rappresentata dall’illegittimità per violazione della
Direttiva CEE 79/409, recepita nell’ordinamento italiano, con la legge n. 157
del 1992, difetto di istruttoria e di motivazione, omessa considerazione delle
sentenze T.A.R. Lombardia, Milano, n. 1467/04 e del Consiglio di Stato n.
2091/03.
La normativa comunitaria vieterebbe, in linea generale, la cattura e l’uccisione
di massa o non selettiva di uccelli selvatici, con la sola eccezione dei casi in
cui non vi sarebbero soluzioni alternative, cui si dovrebbe accompagnare la
predisposizione di controlli rigidi. In tal senso l’I.N.F.S. (Istituto Nazionale
di Fauna Selvatica) avrebbe ritenuto che nel contingente avrebbero dovuti essere
ricompresi anche gli esemplari allevati, concorrendo questi ultimi al
raggiungimento del numero dei richiami vivi da utilizzare.
Viene altresì dedotta la violazione dell’art. 9, par. I, lett. c, della
Direttiva 79/409/CEE.
La disposizione in oggetto imporrebbe un controllo rigido per l’effettuazione
del prelievo in deroga di animali: le modalità e le forme di controllo
andrebbero individuate in modo specifico e puntuale negli atti autorizzatori,
altrimenti la previsione normativa in oggetto rimarrebbe solo un comando
astratto. La stessa previsione, contenuta nell’art. 3 della legge regionale n.
20 del 2006, che attribuirebbe solo alla Polizia provinciale l’attività di
vigilanza, e non anche al Corpo Forestale dello Stato, alla Polizia municipale,
ecc., limiterebbe in modo rilevante la possibilità di effettuare i controlli.
Infine viene eccepita l’illegittimità costituzionale della legge regionale n. 20
del 2006.
La predetta legge regionale, in quanto legge provvedimento, dovrebbe essere
connotata da tutti gli elementi richiesti per la validità dell’atto
amministrativo di cui tiene luogo. Tuttavia l’utilizzo della forma legislativa
sarebbe finalizzato ad affrancarsi dal controllo giurisdizionale, destinato ai
soli provvedimenti amministrativi, e consentirebbe di eludere anche il contenuto
di pronunce giurisdizionali che sarebbero conformative dell’attività
amministrativa in tale ambito. Pertanto sarebbe evidente la violazione degli
artt. 3, 24, 102, 113 e 117, comma 1, della Costituzione.
Con memoria depositata in prossimità dell’udienza di discussione, la parte
ricorrente ha ribadito le proprie richieste.
Alla pubblica udienza del 12 gennaio 2010, su conforme richiesta del difensore
della parte ricorrente, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Con riferimento alla permanenza dell’interesse alla decisione del presente
ricorso, va evidenziato che, pur essendo conclusa la stagione di caccia, una
pronuncia di merito deve essere adottata per le sue evidenti finalità di
indirizzo e conformazione dell’attività amministrativa futura, oltre ai
possibili riflessi della stessa in relazione ad un futuro giudizio di tipo
risarcitorio.
2. Prima di passare al merito del ricorso, come già avvenuto in occasione di un
precedente pronunciamento di questa Sezione, è opportuno evidenziare che “la
cattura dei richiami vivi (c.d. presicci), vale a dire uccelli utilizzati come
richiamo di altri volatili nella caccia da appostamento, è consentita dalla
legge n. 157/1992, art. 4, commi 3° e 4°, nonché, per la Regione Lombardia,
dalla legge regionale n. 26/1993, artt. 7 e 26, che regolamentano la cattura dei
richiami, ai fini della loro cessione gratuita ai cacciatori, che esercitano
attività venatoria da appostamento. In materia assume, peraltro, importanza
fondamentale il diritto comunitario ed in particolare la direttiva del Consiglio
n. 79/409/CEE, sulla conservazione degli uccelli selvatici. La direttiva vieta,
in linea generale, l’uccisione e la cattura di uccelli selvatici (cfr. art. 5),
salve le deroghe previste dall’art. 9 della direttiva medesima. La legislazione
statale e regionale in materia di cattura di richiami vivi per la caccia deve,
ovviamente, essere rispettosa delle prescrizioni comunitarie ed, in particolare,
delle deroghe di cui al citato art. 9” (T.A.R. Lombardia, Milano, IV, 6 aprile
2009, n. 3136).
3. Passando al merito del ricorso, lo stesso è da reputarsi fondato alla stregua
delle considerazioni che seguono.
4. Con le prime tre censure, da trattare congiuntamente in quanto strettamente
connesse, si eccepisce l’illegittimità del provvedimento impugnato, giacché lo
stesso non sarebbe sorretto da alcuna istruttoria, basata su effettive e reali
necessità, da cui emerga il numero di uccelli da utilizzare come richiami vivi (presicci).
A tal fine non sarebbero stati in alcun modo computati i richiami provenienti da
allevamento, come ritenuto anche dall’I.N.F.S.: il tutto in diretta violazione
della normativa comunitaria che, come già evidenziato in premessa, vieterebbe,
in linea generale, l’uccisione e la cattura di uccelli selvatici, salve le
deroghe previste dall’art. 9 della Direttiva n. 79/409/CEE.
4.1. Le censure sono fondate.
Nella deliberazione impugnata si stabilisce di procedere alla cattura dei
richiami vivi nei limiti previsti dalla legge regionale n. 20 del 2006 (All. A,
per un totale di 1.500 esemplari per la Provincia di Como), senza indicare le
ragioni che avrebbero indotto l’Amministrazione a reputare necessaria la cattura
del predetto quantitativo (cfr., da ultimo, T.A.R. Lombardia, Milano, IV, 6
aprile 2009, n. 3136).
In tal modo si contravviene in maniera evidente alle previsioni del diritto
comunitario, che vietano, in via generale, la cattura di animali selvatici vivi:
la deroga consentita non può che essere interpretata in modo restrittivo,
dovendosi ritenere imprescindibili delle giustificazioni congruenti, sia per
procedere alla sua attuazione, che per individuare i limiti quantitativi
ritenuti necessari (cfr. Corte di Giustizia della Comunità Europea, sentenza del
12 dicembre 1996, causa C-10/96; altresì, diffusamente, Commissione europea
“Guida alla disciplina della caccia nell’ambito della direttiva 79/409/CEE sulla
conservazione degli uccelli selvatici”, direttiva “Uccelli selvatici”, Febbraio
2008).
4.2. Tale violazione non potrebbe essere giustificata nemmeno con la circostanza
che l’Allegato A della legge regionale n. 20 del 2006 non farebbe riferimento
specifico al numero massimo di richiami vivi catturabili (come invece avveniva
nell’All. 1 alla legge regionale n. 14 del 2005), ma indicherebbe semplicemente
il “numero di richiami di cui è autorizzata la cattura per provincia”. Appare
evidente a tal fine segnalare che la semplice eliminazione dell’aggettivo
“massimo” non è idonea a mutare il senso della previsione, atteso che l’art. 2
della legge regionale n. 20 del 2006 autorizza e non impone la cattura degli
esemplari fino al numero previsto, lasciando piena discrezionalità
all’amministrazione interessata. Oltretutto, da un punto di vista più concreto,
un differente regime non si giustificherebbe a parità di numero di richiami
catturabili (sempre 1.500 nel complesso e sempre lo stesso numero per le singole
specie).
5. La fondatezza delle sopraesposte censure determina l’accoglimento del ricorso
e il conseguente annullamento della deliberazione impugnata. Le altre censure
possono essere assorbite.
6. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sede di Milano, Sezione
Quarta, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso indicato in epigrafe
e, per l’effetto, annulla la deliberazione impugnata con lo stesso ricorso.
Condanna la Provincia di Como al pagamento delle spese di giudizio in favore
della parte ricorrente nella misura di € 2.000,00 (duemila/00), oltre I.V.A. e
C.P.A., come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del 12 gennaio 2010 con
l’intervento dei Signori:
Adriano Leo, Presidente
Concetta Plantamura, Referendario
Antonio De Vita, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 03/03/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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