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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez. I - 11 gennaio 2010, n. 7
BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Art. 60 d.lgs. n. 42/2004 - Diritto di
prelazione - Natura del potere esercitato - Presupposto del procedimento -
Negozio o atto a titolo oneroso - Condicio juris sospensiva.
Il procedimento disciplinato dall’art. 60 d.lgs. 42/2004 - a mente del quale “Il
Ministero ha facoltà di acquistare i beni culturali alienati a titolo oneroso al
medesimo prezzo stabilito nell’atto di alienazione” - al di là della
denominazione legislativa di “diritto di prelazione”, integra l’esercizio di un
potere ablatorio di natura reale che realizza un trasferimento coattivo di beni
culturali (cfr. Cons. St., VI, n. 267/2009). Presupposto del procedimento è il
negozio o l’atto a titolo oneroso che produrrebbe l’effetto di trasferimento, in
uno con la dichiarazione di alienare del proprietario del bene culturale, con la
precisazione che gli effetti del negozio o dell’atto oneroso debbono
considerarsi sottoposti ad una condicio juris sospensiva, destinata ad avverarsi
solamente se nei due mesi successivi alla denuncia l’amministrazione non emana
il provvedimento e non esercita il cd. diritto di prelazione (v. ora l’art. 61
co. 4 d.lgs. 42/2004). Pres. Piacentini, Est. Simonetti - F. s.p.a. (avv.
Cavallone) c .Ministero per i Beni e le Attività Culturali (Avv. Stato). TAR
LOMBARDIA, Milano, Sez. I - 11 gennaio 2010, n.7
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N.00007/2010 REG.SEN.
N. 01218/2002 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 1218 del 2002, proposto da:
Finarte Casa D'Aste Spa, in persona del legale rappresentante p.t.,
rappresentata e difesa dall'avv. Bruno Cavallone, presso il cui studio ha eletto
domicilio in Milano, via Visconti di Modrone, 1;
contro
Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in persona del Ministro p.t.;
Soprintendenza Beni Culturali ed Ambientali di Milano, in persona del
Soprintendente p.t., rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello
Stato di Milano, presso i cui uffici è domiciliata per legge in Milano, via
Freguglia, 1;
nei confronti di
Micheli Francesco, Ufficio Esecuzioni Mobiliari Tribunale Milano;
per l'annullamento,
quanto meno parziale,
del decreto ministeriale del 1.2.2002 con il quale è stato esercitato il diritto
di prelazione relativamente alla vendita all’asta di un dipinto di Gaudenzio
Ferrari raffigurante “Natività della Vergine”, nonché di ogni altro atto
presupposto, connesso o conseguente, in particolare dell’ordinanza della
Soprintendenza Milanese con la quale si ordina la consegna del dipinto
all’amministrazione.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero per i Beni e le Attività
Culturali;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Designato relatore nell'udienza pubblica del giorno 04/12/2009 il dott. Hadrian
Simonetti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con il presente gravame la ricorrente Casa d’Aste, premettendo di avere curato
quale commissionaria nominata dal Giudice delle esecuzioni mobiliari del
Tribunale di Milano la vendita all’asta del dipinto di Gaudenzio Ferrari
indicato in epigrafe, vendita aggiudicata al sig. Francesco Micheli per un
importo di 1.219.500.000 di vecchie lire, comprensivo di 169.500.000 per diritti
d’asta, ha impugnato il decreto con il quale il Ministero per i Beni e le
Attività Culturali ha esercitato il diritto di prelazione di cui agli artt. 59 e
ss d.lgs. 490/1999 nella parte in cui ha escluso dal computo del prezzo i
diritti d’asta.
A fondamento del gravame e della relativa domanda di annullamento, ha dedotto la
violazione del citato art. 59 d.lgs. 490/1999 in uno con il difetto di
motivazione del decreto, richiamando il precedente della pronuncia del Consiglio
di Stato n. 3241/2001.
Si è difeso il Ministero contestando la fondatezza del ricorso.
Alla pubblica udienza del 4.12.2009, in vista della quale entrambe le parti
costituite hanno depositato memorie illustrative, la causa è stata discussa ed è
passata in decisione.
DIRITTO
Osserva il Collegio, in premessa, come l’oggetto della controversia verta sulla
legittimità del provvedimento impugnato (non già nei suoi presupposti ma) nella
sola parte relativa alla determinazione del prezzo della cd. prelazione
artistica esercitata dal Ministero per i beni e le attività culturali a norma
degli artt. 59 e ss d.lgs. 490/1999, controvertendosi se l’importo
complessivamente dovuto dall’amministrazione all’alienante debba comprendere o
meno, oltre al corrispettivo in senso stretto dell’originaria alienazione, anche
i diritti di provvigione spettanti alla Casa d’asta; e come, quindi, la causa
petendi dedotta con il presente gravame, proposto non dall’alienante bensì dal
commissionario (art. 1731 e ss c.c.), sia relativa ad una pretesa creditoria nei
confronti dell’amministrazione .
Così riassunti i termini essenziali della controversia, sulla scorta anche delle
eccezioni sollevate dalla difesa erariale, si può quanto meno dubitare tanto
della giurisdizione del giudice amministrativo, in merito ad una controversia
che parrebbe avere ad oggetto essenzialmente un diritto di credito; quanto della
legittimazione ad agire dell’odierna ricorrente, atteso che, come rilevato
persuasivamente dall’Avvocatura, il provvedimento impugnato “spiega i propri
effetti ablatori sulla parte acquirente e quelli determinativi del prezzo da
corrispondere sulla parte alienante, ma nessun effetto, se non in via di mero
fatto, sulla posizione dell’intermediario”.
Nel merito, il ricorso è peraltro infondato e va comunque respinto.
Sulla scorta di autorevole e condivisa dottrina, deve muoversi dalla premessa
secondo cui il procedimento disciplinato ratione temporis dall’art. 59 d.lgs.
490/1999, prima ancora dall’art. 31 l. 1089/1939, attualmente dall’art. 60
d.lgs. 41/2004 – a mente del quale “Il Ministero ha facoltà di acquistare i beni
culturali alienati a titolo oneroso al medesimo prezzo stabilito nell’atto di
alienazione” – al di là della denominazione legislativa di “diritto di
prelazione”, integra l’esercizio di un potere ablatorio di natura reale che
realizza un trasferimento coattivo di beni culturali che costituiscono, a loro
volta, un classico esempio di “proprietà conformata” (cfr., ancora di recente,
Cons. St., VI, n. 267/2009).
Presupposto del procedimento - si è posto in evidenza sul piano generale - è il
negozio o l’atto a titolo oneroso che produrrebbe l’effetto di trasferimento, in
uno con la dichiarazione di alienare del proprietario del bene culturale. Con la
precisazione che gli effetti del negozio o dell’atto oneroso debbono
considerarsi sottoposti ad una condicio juris sospensiva, destinata ad avverarsi
solamente se nei due mesi successivi alla denuncia l’amministrazione non emana
il provvedimento e non esercita il cd. diritto di prelazione (v. ora l’art. 61
co. 4 d.lgs. 42/2004).
Autorevole dottrina si è interrogata, inoltre, se il trasferimento coattivo in
favore dello stato si realizzi autonomamente rispetto al negozio che sarebbe
stato produttivo di alienazione in proprietà ovvero si realizzi con una
sostituzione dell’amministrazione all’acquirente, propendendo per la prima
alternativa, anche in ragione del dato normativo (in origine l’art. 32 co. 3 l.
1089/1939, cui corrisponde ora l’art. 61 co. 5 d.lgs. 42/2004) secondo cui “le
clausole del contratto di alienazione non vincolano lo Stato”.
Nel peculiare caso di specie, come già premesso, l’atto oneroso è consistito
nell’aggiudicazione di una vendita all’asta nell’ambito di una procedura di
esecuzione forzata mobiliare, nel cui ambito l’odierna ricorrente (non era parte
sostanziale dell’atto ma) era stata nominata quale commissionaria e solamente in
tale veste si è resa autrice della denuncia di alienazione notificata
all’amministrazione.
Ciò posto, reputa il Collegio che, in linea generale, ad onta della richiamata
decisione del Consiglio di Stato n. 3241/2001 (peraltro preceduta da pronunce di
segno differente, come ad esempio Tar Lazio, Roma, II, n. 2623/1999, a comprova
dell’inesistenza di orientamenti consolidati sul punto), dal prezzo in senso
stretto dell’atto di alienazione debbano distinguersi tanto le spese accessorie
(v. art. 1475 c.c.) quanto i compensi spettanti ad eventuali mandatari o
commissionari (v. artt. 1709 e 1733 c.c.) scelti da una delle parti, per la
conclusione dell’atto in questione, e a questa legati da un distinto rapporto
contrattuale (di mandato o di commissione) i cui effetti, come ben noto, non
vincolano e non impegnano i terzi.
La tesi di parte ricorrente, che fa leva sul ricordato precedente del Consiglio
di Stato, sembra voler equiparare la casa d’asta ad un comune mediatore,
dimenticando però come, ragionando in tali termini, dovrebbe pur sempre farsi
applicazione della disciplina prevista in tema di mediazione e, segnatamente,
dell’art. 1757 c.c. secondo cui “se il contratto è sottoposto a condizione
sospensiva, il diritto alla provvigione sorge nel momento in cui si verifica la
condizione”.
Orbene, poiché in premessa si è ricordato come l’originario atto di alienazione
fosse per legge condizionato sospensivamente al mancato esercizio della cd.
prelazione artistica e poiché invece l’amministrazione ha tempestivamente
esercitato il proprio potere ablatorio sul bene, ne conseguirebbe che, per tale
via, nessun diritto alla provvigione sarebbe mai sorto.
Né può fondarsi un obbligo di pagare la provvigione, questa volta a titolo di
commissione, a carico dello stato in favore della Casa d’Asta, assumendo che
l’amministrazione si sia sostituta all’acquirente quale parte dell’originaria
alienazione. Ad una ricostruzione in tal senso della fattispecie in esame
ostano, infatti, almeno due elementi normativi.
Il primo è stato già ricordato in precedenza, laddove si è evidenziato come “le
clausole del contratto di alienazione non vincolano lo Stato”.
Il secondo dato si ricava dalla previsione secondo cui “la proprietà del bene
passa allo Stato dalla data dell’ultima notifica” (del provvedimento
all’alienante ed all’acquirente), il che vale ad escludere la retroattività
dell’acquisto in capo all’amministrazione a far data dall’originario atto fra i
privati, a differenza di quanto accade invece nei casi di “vera” prelazione
legale (v., a proposito di quella urbana e di quella agraria, Cass. III, n.
1743/2006).
La tesi, appena ricordata, della sostituzione è espressamente contemplata anche
nella parte motiva del provvedimento impugnato ed è stata motivatamente
disattesa (cfr. il secondo considerato), senza che possa assumere rilevanza, ai
fini dell’art. 3 co. 3 l. 241/1990, la mancata allegazione al decreto del parere
dell’Avvocatura Generale dello Stato del 3.10.1997, dal momento che di tale atto
(prodotto nel presente giudizio) era stata offerta una sintesi esaustiva,
riportandone per esteso il nucleo essenziale del ragionamento.
Ne consegue che, nel peculiare caso in esame, la pretesa di parte ricorrente può
trovare ristoro solamente nelle forme e nei modi di cui all’art. 533 c.p.c. per
il quale, nell’espropriazione mobiliare, “il compenso del commissionario è
stabilito dal giudice dell’esecuzione con decreto”; con l’ulteriore precisazione
che, sulla base delle allegazioni di parte, non è dato neppure sapere se, in
tale ambito, la Casa d’Asta abbia già fatto valere tale diritto ed abbia già
ricevuto il relativo compenso.
In conclusione, per le tutte le ragioni sin qui evidenziate, il ricorso è
infondato e va respinto.
Si ravvisano giusti motivi, in ragione della complessità dei temi trattati e
della presenza di contrasti giurisprudenziali, per compensare integralmente le
spese tra le parti costituite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, prima sezione,
definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 04/12/2009 con
l'intervento dei Magistrati:
Piermaria Piacentini, Presidente
Hadrian Simonetti, Referendario, Estensore
Mauro Gatti, Referendario
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/01/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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