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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
T.A.R. PIEMONTE, Sez. I - 24 marzo 2010, n. 1575
INQUINAMENTO - Siti inquinati - Obbligo di bonifica - Responsabile
dell’inquinamento - Profilo causale- Regola del “più probabile che non” - Artt.
40 e 41 c.p. - responsabilità civile o amministrativa. Nell'attuale sistema
normativo, l'obbligo di bonifica dei siti inquinati grava in primo luogo
sull'effettivo responsabile dell'inquinamento stesso, che le competenti Autorità
amministrative hanno l'obbligo di individuare e ricercare, mentre la mera
qualifica di proprietario o detentore del terreno inquinato non implica di per
sé l'obbligo di effettuazione della bonifica, con la conseguenza che esso può
essere posto a suo carico solo se responsabile o corresponsabile dell'illecito
abbandono (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 16 giugno 2009, n. 3885). Sotto il
profilo causale, anche in campo amministrativo-ambientale non può non valere la
regola, codificata nel processo civile (nel leading case di cui alla pronuncia
della Cassazione civile, sez. un., 11 gennaio 2008, n. 581) del “più probabile
che non”. Secondo tale regola, ai sensi degli art. 40 e 41 c.p., un evento è da
considerarsi causa di un altro se, ferme restando le altre condizioni, il primo
non si sarebbe verificato in assenza del secondo; ma l'applicazione di tale
principio, temperato dalla regolarità casuale, ai fini della ricostruzione del
nesso eziologico, va applicata alla peculiarità delle singole fattispecie
normative di responsabilità civile o amministrativa, dove muta la regola
probatoria. Pertanto, mentre ai fini della responsabilità penale vige la regola
della prova oltre il ragionevole dubbio, nel processo civile, così come nel
campo della responsabilità civile o amministrativa, vige la regola della
preponderanza dell'evidenza o del più probabile che non. Pres. Bianchi, Est.
Lotti - S.I. (avv. Yeuillaz) c. Provincia di Torino (avv.ti Gallo e Massacesi),
Ministero dell'Economia e delle Finanze (Avv. Stato) e altri (n.c.) - TAR
PIEMONTE, Sez. I - 24 marzo 2010, n. 1575
INQUINAMENTO - Siti contaminati antecedentemente all’entrata in vigore del
d.lgs. n. 22/97 - Natura di illecito permanente della contaminazione. La
disciplina contenuta nel d. lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 e nel D. M. 25 ottobre
1999, n. 471 è diretta a risanare anche i siti contaminati antecedentemente
all'entrata in vigore di detta disciplina e che ancora necessitano di interventi
(cfr., ex multis, T.A.R. Lombardia, Milano, sez. I, 13 febbraio 2001, n. 987),
attesa la natura di illecito permanente della contaminazione. Pres. Bianchi,
Est. Lotti - S.I. (avv. Yeuillaz) c. Provincia di Torino (avv.ti Gallo e
Massacesi), Ministero dell'Economia e delle Finanze (Avv. Stato) e altri (n.c.)
- TAR PIEMONTE, Sez. I - 24 marzo 2010, n. 1575
N. 01575/2010 REG.SEN.
N. 01503/2006 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 1503 del 2006, proposto da:
Salamanno Italo, rappresentato e difeso dall'avv. Marco Yeuillaz, con domicilio
eletto presso il suo studio in Torino, via Maria Vittoria, 6;
contro
Provincia Torino, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso
dagli avv. Silvana Gallo e Francesca Massacesi, con domicilio eletto presso
l’avv. Francesca Massacesi in Torino, corso Inghilterra, 7/9;
Comune Cirie', in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;
A.R.P.A. - Agenzia Regionale Protezione Ambientale P.te, in persona del legale
rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;
Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata per
legge in Torino, corso Stati Uniti, 45;
per l'annullamento
- dell'ordinanza in data 17.8.2006 n. 195-269050/2006 del Dirigente del Servizio
Gestione Rifiuti e Bonifiche della Provincia di Torino, dott. Guglielmo
Filippini, emessa ai sensi dell'art. 244 del D. Lgs. n. 152 del 3.4.2006, parte
IV, titolo V, in materia di bonifica di siti contaminati, con la quale
"determina di diffidare ai sensi dell'art. 244 del D. Lgs. n. 152/2006 i
responsabili della situazione di inquinamento relativa al terreno sito in strada
Crotti, nel Comune di Ciriè, identificato al Foglio II, particelle 136, 137,
333, 334, affinché attivino le procedure di cui al titolo V, parte IV del D.LGS.
n. 152/2006, in materia di bonifica di siti inquinati ...";
- degli altri atti illegittimi presupposti, preordinati, consequenziali o
comunque connessi del procedimento ed in particolare del verbale della Guardia
di Finanza, Tenenza di Lanzo Torinese, del 21.4.2006, dei verbali Guardia di
Finanza, Tenenza di Lanzo torinese, delle operazioni compiute il 2.12.2005 e il
6.12.2005 e dei rapporti di prova dell'A.R.P.A. Piemonte n. 2005/TO013338 e n.
2005/013339.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Provincia Torino;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Economia e delle
Finanze;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12/02/2010 il Primo Referendario dott.
Paolo Giovanni Nicolo' Lotti e uditi per le parti i difensori come specificato
nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con il ricorso in oggetto, parte ricorrente espone di essere stata, negli anni
ottanta, l’amministratore della società Nuova Fustoil s.n.c. di Salamanno Italo
& C., con sede in Cirié, svolgente attività di rigenerazione di fusti e
contenitori di materiali liquidi e solidi; la sede operativa della società si
trovava presso il capannone sito in Cirié, fraz. Borche, che la Nuova Fustoil
conduceva in locazione dal signor Annibale Blotto, il quale era ed è tuttora
titolare di un’azienda di lavorazione di prodotti chimici.
Si espone che, all’inizio del 1988, il ricorrente acquistava uno stock di
contenitori in plastica vuoti da rigenerare, che, nell’ambito dei buoni rapporti
tra le parti, il signor Blotto autorizzava a depositare nell’area in proprio uso
esclusivo, adiacente al cimitero di Ciriè, in via Crotti, distinta al foglio 2,
particelle 136, 137, 333 e 334; i contenitori venivano depositati a circa 150
metri di distanza dalla tettoia ancora attualmente esistente lungo il confine
dell’area. Pochi mesi dopo, con sentenza del 20 agosto 1988, il Tribunale di
Torino dichiarava il fallimento della società Fustoil, nominandone curatore
l’avv. Giorgio Minieri.
Si espone ancora che, nel maggio 2001, il ricorrente veniva identificato dagli
agenti del Servizio tutela ambientale della Provincia di Torino come indagato
nel procedimento penale n. 11959/2001 per il reato di cui all’art. 51 del D. lgs.
n. 22 del 1997, per discarica abusiva in relazione ai contenitori depositati
nell’area di via Crotti, ed invitato a rimuoverli; in data 9 maggio 2001 il
ricorrente procedeva alla rimozione e smaltimento, mediante la Ecogreen Torino
s.r.l., di tutti i contenitori e imballaggi, depositati dalla Nuova Fustoil
nell’area di via Crotti.
Infatti, con decreto in data 8 novembre 2001 il G.I.P., su richiesta del P.M.,
archiviava il predetto procedimento penale (n. 11959/2001) a carico del
ricorrente per discarica abusiva ex art. 51 del D. lgs. 22/1997, rilevando anche
che l’indagato aveva ottemperato all’ordinanza del Sindaco e che i rifiuti erano
stati regolarmente smaltiti.
Si espone ancora che, in data 26 aprile 2006, il Comune di Cirié, in seguito
dell’entrata in vigore del D. lgs. n. 152 del 3 aprile 2006, trasmetteva gli
atti alla Provincia di Torino, che, con l’ordinanza n. 195-269050/2006 del 17
agosto 2006, impugnata con il ricorso, diffidava il ricorrente, identificato
come gestore dell’area dal 1987 al 2001, nonché il signor Annibale Blotto,
gestore dell’area dal 1975 ad oggi (ricorso RG. 1400-06), e alla signora Luisa
Paccotti, proprietaria dell’area, alla messa in sicurezza d’emergenza, alla
bonifica e al ripristino ambientale, ai sensi del D.M. 471/1999, del terreno in
questione, sito in Ciriè, via Crotti, a seguito di segnalazione della Tenenza di
Lanzo Torinese della Guardia di Finanza.
Secondo parte ricorrente, il provvedimento in epigrafe indicato sarebbe
illegittimo, per i seguenti motivi:
1 - Violazione di legge in riferimento agli artt. 239 e ss. del D. lgs. 3 aprile
2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) e art. 3 D. lgs. della legge n.
241/1990. Eccesso di potere per carenza e/o insufficienza di istruttoria,
mancanza di vaglio critico, sviamento, insufficienza della motivazione e
contraddittorietà tra atti amministrativi; ciò in quanto, nel caso di specie,
l’Amministrazione non avrebbe effettuato le indagini richieste dalla norma
citata, omettendo ogni attività istruttoria, ed avrebbe erroneamente
identificato il ricorrente quale gestore dell’area dal 1987 al 2001 e
responsabile della situazione di inquinamento riscontrata dai tecnici dell’ARPA,
benché il ricorrente fosse totalmente estraneo ai fatti; l’estraneità del
ricorrente alla contaminazione asserita dall’Amministrazione emergerebbe anche
sotto il profilo del nesso eziologico, che non è stato accertato dalla P.A. e
che comunque non sussisterebbe; infine, il ricorrente non potrebbe in ogni caso
effettuare attività alcuna sul sito, non potendo non solo disporne e neppure
accedervi per mancanza di titolo giuridico.
2 - Violazione e falsa applicazione di legge in riferimento all’art. 26 della
legge Regione Piemonte n. 42/2000 ed all’art. 242 del D. lgs. 152/2006.
Sviamento; ciò in quanto l’esistenza, sui terreni de quibus, di un’industria
facente capo ad Annibale Biotto induce a ritenere la qualificazione di tali
terreni come agricoli del tutto impropria, trattandosi di sito industriale.
3 - Violazione e falsa applicazione di legge in riferimento all’art. 17 del D.
lgs. n. 22 del 1997. Sviamento; ciò in quanto i contenitori in questione sono
stati depositati nell’area di via Crotti nel 1998, anteriormente all’entrata in
vigore del D. lgs. n. 22 del 1997 che, quindi, non è applicabile
retroattivamente.
Si costituivano le Amministrazioni intimate chiedendo il rigetto del ricorso.
Alla pubblica udienza del 12 febbraio 2010, il ricorso veniva posto in
decisione.
DIRITTO
Rileva il Collegio che con l’impugnata determinazione dirigenziale in epigrafe
specificata, il ricorrente, individuato tra i responsabili della situazione di
inquinamento riscontrata presso il terreno ubicato in Strada Crotti, nel Comune
di Ciriè, è stato diffidato, a norma dell’art. 244 del D. Lgs. 152/06, ad
attivare le procedure di cui al Titolo V, Parte Quarta, del D. lgs. medesimo, in
materia di bonifica di siti inquinati, che prevede un ordine ai soggetti
responsabili (come il ricorrente) di dare corso alle procedure di cui all’art.
242 del precitato D. Lgs. 152/06 e di presentare il Piano di Caratterizzazione
alle Autorità competenti nel termine di 30 giorni dalla notifica dell’atto, con
l’avvertenza che, in difetto, si procederà d’ufficio alla bonifica in conformità
al combinato disposto degli artt. 244, comma 4, e 250 del cd. Codice
dell’ambiente.
Tale procedura è generata dalla situazione di inquinamento riscontrata dalla
Guardia di Finanza, con il sostegno tecnico dell’A.R.P.A, presso il sito di
Strada Crotti, in Comune di Ciriè, identificato al Foglio 11, particelle 136,
137, 333, 334; sul terreno in questione, qualificato, in base agli strumenti
urbanistici, come area agricola a verde pubblico con zona di rispetto
cimiteriale, era stata riscontrata una situazione di superamento dei valori
limite di concentrazione accettabili per i terreni agricoli e per i siti ad uso
verde pubblico, privato e residenziale, evidenziando la necessità di adottare le
opportune misure amministrative.
In allegato al rapporto, la Guardia di Finanza trasmetteva la documentazione
tecnica da cui risultava la presenza di sostanze inquinanti in concentrazioni
superiori ai limiti previsti dall’art. 26 della L. R. 42/2000, ovvero di nichel
ed idrocarburi totali, cobalto, cromo, tricloropropano e idrocarburi pesanti,
come da rapporti di prova n. 2005/TO 013338 e n. 2005/TO 013339 dell’ARPA
Piemonte, riferiti ai campionamenti effettuati il 6.12.2005 sul terreno di
Strada Crotti (cfr. doc. n. 4 Amministrazione resistente).
La Guardia di Finanza dava altresì conto dell’approfondita ricerca per
individuare il proprietario del sito nonché i responsabili della contaminazione,
individuati nella sig.ra Paccotti Luisa quale attuale proprietaria e nei sig.ri
Salamanno Italo e Blotto Annibale quali responsabili, in quanto effettivi
gestori dell’area, rispettivamente, negli anni dal 1987 al 2001, il primo, e dal
1975 ai 2006, il secondo.
Non avendo i soggetti interessati ottemperato alla diffida, ed avendo entrambi
impugnato il provvedimento con separato ricorso, il Comune aveva provveduto in
via sostitutiva, a norma dell’ultimo comma dell’art. 244 D. lgs. 152/2006,
all’esecuzione d’ufficio di misure di messa in sicurezza d’urgenza, nonché ad
attivare le procedure operative ed amministrative di cui all’art. 242 del
decreto medesimo ed alla richiesta di finanziamento per l’esecuzione degli
interventi di cui sopra, nell’ambito del programma regionale di bonifica
relativo all’anno 2008, ai sensi dell’art. 16 della L. R. 42/00.
Secondo il Collegio, il richiamo alle risultanze delle indagini svolte dalla
Guardia di Finanza, contenuto nel provvedimento provinciale, sarebbe sufficiente
ad individuare il ricorrente tra i responsabili della contaminazione ed a
ricondurre all’attività del medesimo, sotto il profilo soggettivo, la
contaminazione del suolo, in presenza di un positivo riscontro, che può essere
anche indiziario, purché ragionevole, del nesso di causalità fra la condotta a
suo tempo posta in essere dal ricorrente, in quanto titolare della Nuova Fustoil
s.n.c., e la contaminazione riscontrata in relazione alle sostanze inquinanti
rinvenute nel terreno.
Nel caso di specie, infatti, come risulta anche dalla comunicazione della
Guardia di Finanza e dallo stesso tenore del ricorso, all’inizio dell’anno 1988
il ricorrente, in qualità di titolare della Nuova Fustoil, azienda che svolgeva
attività di rigenerazione di fusti e contenitori di materiali liquidi e solidi,
aveva depositato abusivamente sul terreno di Strada Crotti una rilevante
quantità di fusti usati ancora da rigenerare, fusti rimasti abbandonati in loco
fino all’anno 2001, quando, per evitare conseguenze di carattere penale,
nonostante l’intervenuto fallimento della Nuova Fustoil, il ricorrente li fece
rimuovere e smaltire a propria cura e spese prima ancora di essere destinatario
di un’ordinanza comunale di rimozione.
Infatti, nel maggio 2001, il ricorrente veniva identificato dagli agenti del
Servizio tutela ambientale della Provincia di Torino come indagato nel
procedimento penale n. 11959/2001 per il reato di cui all’art. 51 del D. lgs. n.
22 del 1997, per discarica abusiva in relazione ai contenitori depositati
nell’area di via Crotti, ed invitato a rimuoverli; in data 9 maggio 2001 il
ricorrente procedeva alla rimozione e smaltimento, mediante la Ecogreen Torino
s.r.l., di tutti i contenitori e imballaggi, depositati dalla Nuova Fustoil
nell’area di via Crotti.
Come asserito dal ricorrente e attestato dalla comunicazione della Guardia di
Finanza, nell’anno 2001 il ricorrente si è limitato a rimuovere i fusti
abbandonati, senza in alcun modo preoccuparsi di verificare che essi non
avessero prodotto alcun tipo di inquinamento.
Pertanto, è accertato che per 13 anni, dal 1988 al 2001, alcuni rifiuti
consistenti in fusti usati già contenenti oli e grassi industriali, vuoti o
parzialmente vuoti, siano stati abusivamente abbandonati sul terreno di Strada
Crotti da parte del ricorrente.
Il fatto che, nello stesso 1988, la ditta del ricorrente sia stata dichiarato
fallita non priva di responsabilità il ricorrente medesimo per l’abbandono
abusivo dei predetti fusti, da lui steso ammesso e oggetto, nel 2001, di una sua
attività volta alla loro rimozione.
Il fatto, inoltre, che, con decreto in data 8 novembre 2001, il G.I.P., su
richiesta del P.M., abbia archiviato il citato procedimento penale (n.
11959/2001) a carico del ricorrente per discarica abusiva ex art. 51 del D. lgs.
22/1997, rilevando anche che l’indagato aveva ottemperato all’ordinanza del
Sindaco e che i rifiuti erano stati regolarmente smaltiti, non priva di
rilevanza il fatto di contaminazione riscontrato dalla Guardia di Finanza,
atteso che il ricorrente, nello smaltire i fusti abusivamente depositati, non ha
in alcun modo proceduto ad una valutazione circa la necessità di una bonifica
del terreno.
Inoltre, dalle analisi chimiche effettuate dall’ARPA., di cui si da conto nella
relazione della GdF, è evidente che, nel terreno oggetto dei campionamenti, sono
state riscontrate tracce intollerabili di idrocarburi e metalli pesanti,
tipicamente riconducibili al deposito ed alla movimentazione sul suolo di
rifiuti industriali, quali quelli rimossi; la loro mera rimozione non è,
evidentemente, sufficiente alla bonifica del terreno.
Pertanto, appare incontestabile che il ricorrente abbia autonomamente concorso a
determinare, con la sua condotta, la situazione di superamento dei livelli di
contaminazione nel terreno de quo, assumendo a tutti gli effetti, le vesti di
responsabile dell’inquinamento tout court, avendo gestito l’area nel 1988,
avendo in tale veste abbandonato i predetti fusti, non preoccupandosi, nello
smaltirli, di verificare che essi non inquinassero, né segnalando tali rischi al
curatore fallimentare, per attivare le procedure di bonifica tempestivamente..
Peraltro, sotto il profilo causale, anche in campo amministrativo-ambientale non
può non valere la regola, codificata nel processo civile (nel leading case di
cui alla pronuncia della Cassazione civile, sez. un., 11 gennaio 2008, n. 581)
del “più probabile che non”
Secondo tale regola, ai sensi degli art. 40 e 41 c.p., un evento è da
considerarsi causa di un altro se, ferme restando le altre condizioni, il primo
non si sarebbe verificato in assenza del secondo; ma l'applicazione di tale
principio, temperato dalla regolarità casuale, ai fini della ricostruzione del
nesso eziologico, va applicata alla peculiarità delle singole fattispecie
normative di responsabilità civile o amministrativa, dove muta la regola
probatoria.
Pertanto, mentre ai fini della responsabilità penale vige la regola della prova
oltre il ragionevole dubbio, nel processo civile, così come nel campo della
responsabilità civile o amministrativa, vige la regola della preponderanza
dell'evidenza o del più probabile che non, facilmente riscontrabile, nella
specie, in via presuntiva, dal fatto che dalle analisi chimiche effettuate
dall’ARPA, di cui si da conto nella relazione della GdF, è risultato che, nel
terreno oggetto dei campionamenti, sono state riscontrate tracce intollerabili
di idrocarburi e metalli pesanti tipicamente riconducibili al deposito ed alla
movimentazione sul suolo di rifiuti industriali, quali quelli depositati da
parte ricorrete e successivamente rimossi.
Né può valere ad escluderne la responsabilità la considerazione che, non essendo
egli proprietario del terreno e non potendone materialmente disporre, non
sarebbe addebitabile nei suoi confronti alcuna culpa in vigilando atteso che,
come detto, il ricorrente è il diretto responsabile della contaminazione, per
aver abbandonato abusivamente rifiuti industriali sul terreno.
Infatti, nell'attuale sistema normativo, l'obbligo di bonifica dei siti
inquinati grava in primo luogo sull'effettivo responsabile dell'inquinamento
stesso, che le competenti Autorità amministrative hanno l'obbligo di individuare
e ricercare, mentre la mera qualifica di proprietario o detentore del terreno
inquinato non implica di per sé l'obbligo di effettuazione della bonifica, con
la conseguenza che esso può essere posto a suo carico solo se responsabile o
corresponsabile dell'illecito abbandono (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 16
giugno 2009, n. 3885).
Si deve, inoltre, osservare che le rilevazioni dell’ARPA sui valori di
concentrazione limite accettabili per la tipologia di terreni “area agricola a
verde pubblico”, devono fare esclusivo riferimento alla destinazione d’uso dei
suoli come impressa dall’ente che, al riguardo, ha competenza esclusiva, ovvero
il Comune in sede di disciplina urbanistica, considerato che il D.M. 471/99 ha
disciplinato i limiti di accettabilità della contaminazione dei suoli in
relazione alla specifica destinazione d’uso dei siti, così come prevista dagli
strumenti urbanistici in vigore.
Infine, il Collegio rileva che la disciplina contenuta nel d. lgs. 5 febbraio
1997, n. 22 e nel D. M. 25 ottobre 1999, n. 471 è diretta a risanare anche i
siti contaminati antecedentemente all'entrata in vigore di detta disciplina e
che ancora necessitano di interventi (cfr., ex multis, T.A.R. Lombardia, Milano,
sez. I, 13 febbraio 2001, n. 987), attesa la natura di illecito permanente della
contaminazione.
Pertanto, alla luce delle predette argomentazioni, il ricorso deve essere
respinto, in quanto infondato.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, I sezione, pronunciandosi
sul ricorso in epigrafe indicato, lo respinge.
Compensa tra le parti le spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 12/02/2010 con
l'intervento dei Magistrati:
Franco Bianchi, Presidente
Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Primo Referendario, Estensore
Paola Malanetto, Referendario
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24/03/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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