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T.A.R. PIEMONTE, Sez. II - 18 dicembre 2010, n. 4601


AGRICOLTURA BIOLOGICA - Reg. CEE n. 2092-91 - Rinvenimento di principi attivi non ammessi - Beneficiario di aiuti comunitari - Inadempimento - Stato di buona o mala fede del produttore - Irrilevanza - Obbligo di adottare tutte le misure idonee ad evitare contaminazioni.
Il rinvenimento di principi attivi non ammessi dal regolamento biologico (Reg. CEE n. 2092-91) costituisce ex se “inadempimento”, con conseguente presunzione a carico del beneficiario degli aiuti comunitari, il quale deve dare idonea dimostrazione che tale inadempienza non sia a lui imputabile, in base ai principi comuni ricavabili dall’art. 1218 c.c. Inoltre, le colture prodotte, contaminate da tali sostanze, non possono qualificarsi come produzioni biologiche secondo i parametri imposti dalla Comunità europea, con la conseguenza che oggettivamente non sono raggiunti gli obiettivi che soli giustificano l’aiuto, senza che possa rilevare la situazione di buona o di mala fede del percettore, anche in considerazione del fatto che sull’agricoltore che coltivi prodotti biologici grava l’onere di adottare tutte le misure idonee ad evitare contaminazioni provenienti da appezzamenti vicini, provvedendo ad isolare i propri terreni con eventuali fasce di rispetto.Pres. f.f. ed Est. Lotti - I.G. e altro (avv.ti Andreis e Vineis) c. Provincia di Cuneo (avv. Marini) - TAR PIEMONTE, Sez. II - 18 dicembre 2010, n. 4601
 

 

 

N. 04601/2010 REG.SEN.
N. 00963/2004 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Seconda)


sul ricorso numero di registro generale 963 del 2004, proposto da:
Ingaramo Giulio e Ingaramo Costanzo, rappresentati e difesi dagli avv. Prof. Massimo Andreis e Luca Vineis, con domicilio eletto presso l’avv. Prof. Massimo Andreis in Torino, via Pietro Palmieri, 40;


contro


Provincia di Cuneo, rappresentato e difeso dall'avv. Luigi Marini, con domicilio eletto presso l’avv. Maristella Amisano in Torino, corso Re Umberto, 5 Bis;

nei confronti di

Q C & I International Services S.a.s.;

per l'annullamento

del provvedimento prot. 4402 del 5.4.04 della Provincia di Cuneo, Area funzionale dell'agricoltura - Settore Agricoltura -, successivamente noto, con il quale il ricorrente è stato dichiarato decaduto dalla domanda presentata per accedere all'Azione F2 (produzione biologica in agricoltura), disponendosi la restituzione degli aiuti percepiti negli anni precedenti, ivi compresi gli aiuti di cui all'intervento A1 (ora F1);

nonché per l'annullamento

degli atti tutti prodromici e consequenziali del provvedimento medesimo e in particolare: a) del provvedimento con il quale l'organismo di controllo Q C & I INTERNATIONAL SERVICE S.a.S. nella riunione del Comitato di Gestione in data 22 settembre 2003 ha respinto il ricorso proposto dall'attuale ricorrente avverso la proposta di sanzione della sospensione della certificazione di conformità al sistema di agricoltura biologica per un anno; b) della nota della Provincia di Cuneo in data 4 dicembre 2003 n. 15694, con la quale veniva comunicato l'avvio del procedimento di decadenza della domanda di ammissione alla Azione F2 (applicazione delle tecniche di produzione biologica); e per ogni ulteriore consequenziale statuizione;

con espressa riserva

di agire nel presente o in separato giudizio per il risarcimento dei danni tutti patiti e patiendi in conseguenza della esecuzione dei provvedimenti impugnati.


Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Provincia di Cuneo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 dicembre 2010 il dott. Paolo Giovanni Nicolò Lotti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO


Con il ricorso in oggetto, parte ricorrente espone di aver ricevuto dal padre, con donazione 28 marzo 2001, Rogito Notaio F. BORRO di Cavallermaggiore, la quota di partecipazione sociale del medesimo pari al 50% del capitale sociale della società semplice INGARAMO Costanzo e figlio Giulio, consolidando in capo a sé medesimo la proprietà esclusiva della azienda agricola; nel 1999, quest’ultima aveva notificato alla Provincia di Cuneo di voler accedere alla c.d. Azione di intervento A1, ai sensi del reg. CEE 2078-92, per essere ammesso negli elenchi delle aziende coltivatrici a basso impatto ambientale; con successiva istanza di variazione del 24.12.2001, aveva avanzato istanza di variazione del tipo di coltivazione, dall’Azione A1 (poi divenuta F1) in Azione F2, vale a dire con “applicazione di tecniche di produzione biologica”.

Si espone ancora che, con l’istanza di ammissione alle pratiche di coltura biologica, l’azienda si è nel contempo assoggettata al rispetto delle norme contenute nel Regolamento per la certificazione e per l’uso del marchio della QC & I, consentendo al personale della stessa di effettuare i controlli con libero accesso ai magazzini, ai luoghi di produzione e agli appezzamenti di terreno (nonché ai documenti necessari per l’ispezione), in modo da svolgere prelievi di campioni da sottoporre ad analisi; nel corso di un accesso effettuato in data 30.4.2003, i dipendenti del predetto organismo di controllo effettuavano un prelievo di terreno, del peso complessivo di 15 kg, suddiviso in cinque parti “identiche” da 2 kg. ciascuna (come da verbale), che sottoponevano ad analisi in data 8.5.2003, rinvenendo nel campione analizzato tracce di terbutilazina e pendimetalin.

Si espone ancora che l’azienda ricorrente faceva sottoporre ad analisi il proprio campione presso il laboratorio Medilabor di Cavallermaggiore, ditta accreditata dalla SINAL (Sistema Nazionale per l’Accreditamento di Laboratori), con certificazione di accreditamento n. 305, i cui esiti deponevano per l’assenza dei detti composti nel campione analizzato; l’organismo di controllo QC & I, quindi, ripeteva le analisi in data 8.9.2003, riscontrando nuovamente la presenza dei citati residui, in quantitativi più modesti rispetto a quelli riscontrati nel corso della prima analisi; la Provincia di Cuneo, sulla scorta degli esiti delle analisi e delle comunicazioni (o delle determinazioni) dell’organismo di controllo, disponeva l’esclusione del ricorrente e la decadenza della medesima ditta dalla domanda presentata, con conseguente restituzione degli importi percepiti a titolo di aiuto, sia in riferimento alla coltivazione biologica (Azione F2), sia in riferimento alla coltivazione a basso impatto ambientale (Azione A1, poi divenuta Azione F1).

Secondo parte ricorrente, il provvedimento in epigrafe indicato sarebbe illegittimo, per i seguenti motivi:

1) Violazione del Regolamento CEE n. 2092-91 del 24 giugno 1991; eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erronea valutazione dei presupposti.

2) Violazione dell’art. 6 Reg. CE n. 2092-91; in specifico, in quanto, secondo parte ricorrente, la norma afferma il principio che nella produzione biologica non possono essere utilizzati, quali fitosanitari, ammendanti del terreno ecc., prodotti contenenti sostanze diverse da quelle elencate negli allegati I e II del Regolamento medesimo, ma non statuirebbe che, nei terreni destinati a tale tipo di coltivazione, non possono eventualmente rinvenirsene; non viene cioè richiesto all’agricoltore di bonificare i propri terreni.

3) Violazione di legge in riferimento alle linee guida per l’attività degli organismi di controllo adottati dal Ministero per le Politiche agricole con provvedimento in data 25 marzo 1999. Incompetenza.

4) Violazione di legge in riferimento ai principi generali in materia di tassatività dei provvedimenti amministrativi e in particolare delle sanzioni amministrative; violazione del principio di proporzionalità; eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erronea valutazione dei presupposti difetto di istruttoria; sviamento.

5) Eccesso di potere per difetto di istruttoria e violazione del procedimento; ingiustizia manifesta. disparità di trattamento per violazione di circolare.

6) Eccesso di potere per difetto di istruttoria e violazione di legge.

Si costituiva l’Amministrazione intimata chiedendo il rigetto del ricorso.

Alla pubblica udienza del 14 dicembre 2010, il ricorso veniva posto in decisione.


DIRITTO


Rileva il Collegio che il provvedimento impugnato è stato emanato dal Settore Agricoltura della Provincia di Cuneo, convenuta, (provv. n. 4402 del 5 aprile 2004) e ha, ad oggetto, la decadenza dalla domanda della ditta ricorrente, con conseguente esclusione dall’aiuto per le restanti annualità ed obbligo di restituzione degli aiuti percepiti negli anni precedenti, ivi compresi quelli percepiti ai sensi del reg. C.E. 2078-92, Intervento A1.

In conseguenza del provvedimento di cui sopra, la Provincia ha chiesto la restituzione delle seguenti somme: per l’anno 1999 (Intervento A1 reg. C.E. 2078-92), € 7.151,36; per l’anno 2000 (Intervento A1 reg. C.E. 2078-92), € 7.111,50; per l’anno 2001 (Intervento F2 reg. C.E. 1257-99), € 7.111,50; per l’anno 2002 (Intervento F2 reg. C.E. 1257-99), € 8.562,30.

Preliminarmente, il Collegio ritiene di dover dichiarare la propria giurisdizione relativamente alla presente controversa (contestata a verbale all’udienza di discussione), atteso che il provvedimento incide su uno dei presupposti (di legittimità) della concessione delle somme suindicate e non configura ipotesi di inadempimento ad obblighi attinenti alla fase esecutiva.

Nel merito, si deve in primo luogo rilevare che, come è noto, l'importanza dell'agricoltura nel contesto europeo è cruciale; fin dai negoziati del Trattato di Roma, dove era molto forte il ricordo delle penurie alimentari del dopoguerra, l'agricoltura ed il commercio dei prodotti agricoli hanno costituito uno degli obiettivi prioritari della politica europea.

La politica agraria comune (cd. PAC), consistente in una serie di norme e meccanismi che regolano la produzione, gli scambi e la lavorazione dei prodotti agricoli nell'ambito dell'UE, trova la propria base giuridica negli artt. da 32 a 38 del Titolo II del Trattato CE (numerazione ante Trattato di Lisbona).

Si tratta di un diritto eccezionale, creato per giustificare l'applicazione di deroghe alle regole generali della libera concorrenza.

Il pieno esplicarsi del meccanismo della concorrenza, infatti, non si adatta al settore agricolo, caratterizzato da numerose imprese produttrici che si presentano deboli sul mercato ed incapaci di porsi in posizione paritaria nei confronti degli acquirenti dei prodotti agricoli da trasformare. La politica agraria europea intende quindi introdurre eccezioni al sistema della libera concorrenza nel rispetto dei generali principi di equità e ragionevolezza, di non discriminazione, di preferenza comunitaria e di proporzionalità.

Si giustifica così la tradizione interventista del diritto comunitario sul mercato nazionale. Nel settore agrario non trova spazio l'applicazione del principio di sussidiarietà, quale criterio per il riparto delle competenze fra Stati e Comunità, essendosi formata da tempo una regolamentazione di settore che, ad eccezione di alcune materie, quali i prezzi al minuto e quelli concernenti il regime proprietario dei terreni, prevede una generale competenza comunitaria nel settore, riservando agli Stati una competenza solo residuale, riconducibile a compiti di mera esecuzione.

Strumento principale, ma non unico, per raggiungere gli obiettivi fissati alla politica agricola comune dall'art. 39 del Trattato CE (ante Lisbona), sinteticamente riconducibili nella protezione ragionata di un settore debole e peculiare, deve considerarsi la creazione di un'organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli elencati all'Allegato II del Trattato (OCM).

La riforma della PAC del 1992, ha segnato un'importante svolta verso il cambiamento, prevedendo essenzialmente la riduzione dei prezzi agricoli per renderli più competitivi sul mercato interno e su quello mondiale, l'assegnazione di importi compensativi per le perdite di reddito subite dagli agricoltori e altre misure relative ai meccanismi di mercato e alla protezione dell'ambiente.

Si vedano, per esempio, il Regolamento del Consiglio, 17 maggio 1999, n. 1251/99, che istituisce un regime di sostegno a favore dei coltivatori di alcuni seminativi; oppure, il Regolamento del Consiglio, 17 maggio 1999, n. 1257/99, sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG) e che modifica e deroga alcuni regolamenti.

In particolare, per quello che qui interessa, la produzione agricola con metodo biologico è regolamentata dal reg. C.E. 2092/91, attuato in Italia dal d.lgs. 17 marzo 1995, n. 220, che prevede un sistema di controllo e di certificazioni finalizzato a garantire che i prodotti agricoli ed alimentari venduti con il marchio biologico siano coltivati nel rispetto di regole certe.

A tale fine è disposto che l’operatore comunichi la propria intenzione di produrre con i metodi dell’Agricoltura biologica alla PA competente (nel caso di specie, alla Provincia di Cuneo) con apposita istanza inviata anche ad un O.d.C.: scelto tra quelli riconosciuti dallo Stato italiano.

Il controllo del rispetto delle norme in materia è affidato, infatti, agli O.d.C., organismi privati riconosciuti dal Ministero. Gli O.d.C., in particolare, eseguono i controlli sulle aziende, verificano il rispetto della normativa, rilasciano la certificazione che i prodotti sono stati realizzati in conformità alle regole della coltivazione biologica e che quindi essi possono essere commercializzati con il marchio di qualità “produzione biologica”, adottano i necessari provvedimenti, quando accertano delle irregolarità o delle infrazioni.

La vigilanza sugli O.d.C. è esercitata dal Ministero e dalle Regioni, i quali, ove accertino delle inadempienze, possono proporre la revoca dell’autorizzazione all’O.d.C.

La misura F (Misure Agroambientali) del Piano di Sviluppo Rurale 2000/2006 della Regione Piemonte (documento 46 PA), approvato in ottemperanza del reg. C.E. 1257-99, prevede una serie d’incentivi e premi alle aziende agricole che accettano di applicare alcune “azioni”, che favoriscono l’adozione di pratiche più rispettose dell’Ambiente o la conservazione d’alcune caratteristiche ambientali e paesaggistiche.

Tra queste si possono citare l’applicazione delle tecniche integrate (F1); i sistemi pascolivi estensivi (F6); l’allevamento di razze in pericolo d’estinzione (F9); la conservazione e la realizzazione d’elementi dell’agroecosistema (F7); infine, l’applicazione delle tecniche di produzione biologica (F2).

Più in generale, infatti, sempre più spesso le modalità e tecnologie con cui si esplicano le attività agricole di coltivazione e di allevamento hanno fatto sì che queste ultime si trovino in posizione conflittuale con le esigenze di conservazione e tutela del c.d. "insieme ambientale".

Emerge così che, nel rapporto tra agricoltura e tutela ambientale, gli scopi prefissati sono perseguiti prevalentemente con la tecnica dell'incentivazione, la quale poi si avvale di programmi, piani, controlli, imposizioni di obblighi.

Accade così che un insieme eterogeneo di attività risulti inevitabilmente destinatario dell'insieme dei programmi e dei controlli pubblici volti ad incanalare le attività economiche verso il fine generale della tutela ambientale.

D'altra parte, nel medesimo tempo, l'attività agricola potrebbe aver bisogno degli strumenti giuridici del diritto ambientale per salvaguardare e conservare la propria sopravvivenza.

Peraltro, esaminando le norme vigenti di diritto nazionale e di quello comunitario che si riferiscono all'agricoltura, si possono notare due differenti orientamenti: mentre l'ordinamento interno sembra privilegiare le definizioni formali, il sistema europeo ricorre all'elencazione tassativa dei prodotti o delle attività riconducibili nella materia dell'agricoltura.

Così l'art. 2135 c.c. (come modificato dal d.lgs. 18 maggio 2001, n. 228, "Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell'art. 7 della l. 5 marzo 2001, n. 57) ricomprende nella discussa nozione la coltivazione del suolo, l'allevamento del bestiame, la silvicoltura e le attività connesse; l'art. 38 del Trattato CE (ante Lisbona) definisce come prodotti agricoli quelli "del suolo, dell'allevamento e della pesca, come pure i prodotti di prima trasformazione che sono in diretta connessione con tali prodotti" in relazione all'Allegato II del Trattato CE, modificato dal regolamento del Consiglio 18 dicembre 1959, n. 7-bis; viceversa, la Costituzione repubblicana, nella vecchia formulazione dell'art. 117, si riferiva all'agricoltura e foreste per attribuire la competenza in materia alle regioni senza fornire alcuna ulteriore specificazione, specificazione che, invece, si ritrova, differentemente realizzata, nei diversi statuti delle Regioni e delle Province a statuto speciale e nella legislazione che attribuisce i poteri alle Regioni a statuto ordinario.

Pertanto, una definizione giuridica di agricoltura può scaturire soltanto attraverso l'analisi comparata di questi dati normativi, ma si tratterà pur sempre di una definizione elastica, assoggettata a varianti ed eccezioni che trovano giustificazione nell'interesse che il legislatore può di volta in volta manifestare nei confronti della tutela di particolari soggetti o nel regolare l'utilizzo o la produzione di determinati beni.

Al diritto agrario deve essere riconosciuta, pertanto, natura teleologica, poiché si sviluppa adeguandosi alle necessità che di volta in volta il legislatore ritiene di soddisfare in relazione allo stadio di sviluppo dell'economia del Paese in cui il detto diritto viene posto in essere.

In tal modo si spiega la natura di clausola generale che può essere riconosciuta all'agricoltura, tale da ricomprendere attività riconducibili anche in altre materie, in particolare in relazione al frequente intreccio con materie come l'ambiente o la salute.

Ciò posto, si rileva che, nella specie, le aziende che aderiscono all’Azione F2 (produzione biologica) sono tutte controllate per quanto riguarda gli aspetti tecnici dagli Organismi di Controllo riconosciuti ai sensi del Reg. C.E. 2092-91, che dovranno comunicare tempestivamente agli Uffici istruttori le eventuali irregolarità riscontrate.

Inoltre, deve essere tenuto presente che le Misure Agroambientali previste dal Reg. C.E. 1257-99 citato, hanno sostituito e proseguito gli interventi previsti dal Reg. C.E. 2078-92, attuato in Piemonte con il Programma Agroambientale Regionale dal 1995, che prevedeva un sistema simile d’aiuti e d’impegni; nel 2001 la Comunità Europea diede la possibilità ai beneficiari di optare per un nuovo impegno sulle misure Agroambientali, anziché portare a termine l’impegno secondo le precedenti modalità (art. 29 Reg. C.E. 1750-99; art. 1 Reg. C.E. 1929-00).

Se tale è il quadro di riferimento in cui è inseribile la vicenda processuale in esame, si deve rilevare, con riguardo al primo motivo di ricorso, che la ricorrente, nel 2001, con la domanda concernente l’azione F2, s’impegnava ad introdurre o mantenere i metodi dell’agricoltura biologica attuando le prescrizioni contenute nel Reg. C.E. 2092-91; pertanto, con l’utilizzo di sostanze non ammesse, è venuta meno agli impegni assunti in cambio dei premi percepiti e, pertanto, la stessa è decaduta dal beneficio.

Il mancato rispetto degli “impegni” comporta il mancato raggiungimento degli obiettivi del PSR, che sono la sola causa di giustificazione degli aiuti percepiti, con la conseguenza che la relativa azione non può più proseguire e devono essere restituiti gli aiuti già percepiti.

Infatti, il Reg. CE. 445/02, recante norme applicative del Reg. 1257/ 99 sul sostegno allo sviluppo rurale, che ha sostituito il Reg. C.E. 1750-00, stabilisce (all’art. 64) anche che gli “Stati membri determinano il sistema di sanzioni da comminare in caso di violazione degli obblighi assunti e delle pertinenti norme in materia e prendono tutte le misure necessarie ai fini dell’applicazione delle stesse. Le sanzioni previste devono essere effettive, proporzionate e dissuasive”.

A tale norma è stata data attuazione con il D.M. Pol. Agr. 4 dicembre 2002. Tale decreto, all’art. 3, classifica fra le anomalie da accertare l’inosservanza degli “impegni” derivanti da accoglimento della domanda relativa ad una delle misure del PSR e, all’art. 4, classifica gli impegni in essenziali (art. 3, comma 5, che, se disattesi, non consentono il raggiungimento degli obiettivi nella misura attuata) ed accessori (la cui inosservanza consente il raggiungimento parziale degli obiettivi).

Si deve specificare, in relazione al ricorso in oggetto, che la necessità di una norma attuativa interna, per introdurre una disciplina di enforcement agli eventuali inadempimenti imputabili ai beneficiari degli aiuti, con la previsione specifica di sanzioni, riguarda, appunto, il solo apparato sanzionatorio, che deve essere efficace, dissuasivo, ma anche proporzionato.

Non riguarda, invece, la decadenza dagli aiuti e il recupero degli stessi, provvedimenti che trovano la loro ragion d’essere, e quindi, la loro tipicità, o se vogliamo meglio dire, il loro riferimento normativo tale da garantire l’osservanza del principio di legalità, nello stesso regolamento comunitario, laddove assegna gli aiuti proprio in relazione a determinati obiettivi il cui mancato raggiungimento, imputabile al beneficiario, abilita e, anzi, impone il recupero degli aiuti stessi, venendone meno la loro causa giustificativa; inoltre, lo stesso Regolamento impone, come si è visto, oltre alla previsione di sanzioni, che gli Stati prendano tutte le misure necessarie ai fini dell’applicazione degli obblighi assunti, misure tra le quali devono essere ricompresi anche i provvedimenti che dichiarano la decadenza dal beneficio e il conseguente recupero degli stessi.

D’altra parte, tale lettura è imposta dalle stesse norme comunitarie pertinenti in materia di aiuti di stato, che sono oggetto di un divieto assoluto, salvo che ricorrano le condizioni espressamente e specificamente previste.

In assenza di tali condizioni, lo Stato è tenuto a revocare e recuperare detti aiuti.

Inoltre, sarebbe tenuto anche ad irrogare una sanzione, ma soltanto se la legislazione nazionale la prevede, come recita espressamente il Regolamento citato, sanzione che nella specie non è prevista e che, di fatti, non è stata correttamente comminata.

La distinzione contenuta nel D.M. Pol. Agr. 4 dicembre 2002 che, all’art. 4, classifica gli impegni in essenziali (art. 3, comma 5, che, se disattesi, non consentono il raggiungimento degli obiettivi nella misura attuata) ed accessori (la cui inosservanza consente il raggiungimento parziale degli obiettivi) è soltanto esplicativa delle condizioni che devono sussistere per giustificare la misura di aiuto, condizioni che, se non più sussistenti, impongono il recupero dell’aiuto stesso (previa revoca o decadenza) ai sensi della normativa comunitaria.

La stessa D.G.R. Piemonte n. 77-1961, del 7 gennaio 2001, recante le istruzioni applicative della Misura F, e il Manuale delle Procedure e dei Controlli AGFA (versione marzo 2003), nella parte III, Linee generali relative ai controlli, ove si classifica, tra le irregolarità, le inadempienze nel rispetto degli impegni assunti e ove si dispone, in particolare, che nel caso dell’Agricoltura biologica si utilizzano i risultati delle ispezioni effettuate ai sensi del regime istituito dal Reg. C.E. 2092-91, stabilendo che il controllo, se negativo, comporta sempre la pronuncia della decadenza parziale o totale, il recupero delle somme eventualmente già erogate nel passato e l’esclusione parziale o totale dell’aiuto per le restanti annualità, non è altro che un’esplicazione di quanto già la normativa comunitaria, come detto, impone direttamente, con assoluta prevalenza rispetto ad ogni altra fonte, in ogni sistema nazionale.

Peraltro, la richiesta di restituzione anche dei premi percepiti ai sensi del Reg. C.E. 2078-92, ex Intervento A1, è legata al fatto che la Ditta ricorrente, nel 2001, aveva assunto l’impegno relativo all’Azione F2 con un trasferimento in quest’Azione di un precedente “impegno” assunto nel 1999 ai sensi del Reg. C.E. 2078-92, Intervento A1; tale “impegno”, di durata quinquennale, non è stato concluso e non è stato portato a termine ed è stato, però, riformulato e rafforzato con il passaggio all’azione F2, quindi è stato prolungato, passando dagli iniziali cinque anni, ai due (già completati sull’Intervento A1) più cinque (sul nuovo impegno F2).

Pertanto, parte ricorrente doveva comunque garantire la prosecuzione degli impegni assunti per cinque anni con la domanda iniziale del 1999; il mancato rispetto dell’impegno F2 e la conseguente decadenza totale coinvolgono quindi anche i due anni in cui la Ditta ha percepito il premio per l’intervento A1, che non è stato portato a termine, come detto, perchè trasformato in Azione F2; peraltro, anche in questo contesto, la medesima disciplina applicabile è prevista per l’ipotesi di un rafforzamento in corso d’impegno, possibile ai sensi dell’art. 21 Reg. C.E. 445-02, corrispondente al precedente art. 20 Reg. C.E. 1750-00, in base al quale la Regione Piemonte ha ammesso nel 2001 il passaggio dal Reg. 2078-92, al Reg. 1257-99: in caso di rafforzamento d’impegno, con passaggio da F1 (ex A1) a F2, un’eventuale successiva decadenza totale per inadempimento tecnico (es. utilizzo di prodotti non ammessi dal reg. CE 2092-91, com’è successo nel caso in esame) comporta la restituzione di tutti gli aiuti percepiti, non solo di quelli relativa all’Azione F2.

Il P.S.R. citato, inoltre, autorizza la Provincia ad avvalersi degli accertamenti dell’O.d.C. per verificare il rispetto degli impegni assunti dal beneficiario ai sensi dell’Azione F2; l’accertamento di un’infrazione si configura, ai fini delle Misure Agroambientali, come inadempienza ad impegni essenziali che comportano la decadenza totale della domanda; l’O.d.C. è competente per quanto riguarda il Reg. C.E. 2092-91, mentre il Settore Agricoltura provinciale è competente nella gestione delle Misure Agroambientali e dell’istruttoria delle relative domande.

Infatti, la Provincia di Cuneo non ha assunto alcuna decisione in merito alla permanenza o all’esclusione dell’operatore dal sistema di controllo biologico, per la quale non ha competenza, bensì ha limitata correttamente la sua azione all’adozione dei provvedimenti previsti in ordine alla gestione ed alla concessione d’aiuti, ai sensi delle Misure Agroambientali di cui al Reg. C.E. 1257-99, per cui, invece, la Provincia è competente.

In merito, invece, al sistema di certificazione biologica, l’O.d.C. ha il compito di svolgere verifiche successive all’infrazione per accertare la riammissibilità dell’operatore al sistema di controllo o la sua esclusione definitiva; peraltro, nel caso di specie, l’O.d.C. ha definitivamente escluso, in data 3 giugno 2004, la ditta ricorrente dal sistema di controllo (circostanza specificamente non contestata) per mancato ottemperamento degli obblighi finanziari e, quindi, in tale modo, parte ricorrente s’è escluso automaticamente dal regime della produzione biologica.

Pertanto, il primo, terzo, quarto e quinto motivo di ricorso devono essere rigettati.

In relazione al secondo motivo, si deve rilevare che il rinvenimento di principi attivi non ammessi dal regolamento biologico è un fatto accertato, costituente, ex se “inadempimento”, con conseguente presunzione a carico del beneficiario che deve dare idonea dimostrazione che tale inadempienza non sia a lui imputabile, in base ai principi comuni ricavabili, per analogia, dall’art. 1218 c.c., secondo cui l’inadempimento si presume a carico del debitore.

Inoltre, le colture prodotte, contaminate da tali sostanze, non possono evidentemente qualificarsi come produzioni biologiche secondo i parametri imposti dalla Comunità europea, con la conseguenza che oggettivamente non sono raggiunti gli obiettivi che soli giustificano l’aiuto, senza che possa rilevare comunque, la situazione di buona o di mala fede del percettore, anche in considerazione del fatto che sull’agricoltore che coltivi prodotti biologici grava l’onere di adottare tutte le misure idonee ad evitare contaminazioni provenienti da appezzamenti vicini, provvedendo ad isolare i propri terreni con eventuali fasce di rispetto.

In merito, infine, al sesto motivo di ricorso, relativo ai rilievi dell’operatore sulle modalità di prelievo del campione, occorre ricordare che le procedure sono esclusivamente di competenza dell’O.d.C. e che, per potere dare luogo ad un controllo tramite CTU, occorre una specifica contestazione di tipo tecnico, con idoneo supporto peritale, altrimenti trasformandosi la CTU in un anomalo e inammissibile strumento di controllo generalizzato dell’operato tecnico dell’Amministrazione.

Pertanto, alla luce delle predette argomentazioni, il ricorso deve essere respinto, in quanto infondato.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Seconda),

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa tra le parti le spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2010 con l'intervento dei magistrati:

Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Presidente FF, Estensore
Manuela Sinigoi, Referendario
Antonino Masaracchia, Referendario

IL PRESIDENTE, ESTENSORE


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/12/2010
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 



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