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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
T.A.R. PIEMONTE, Sez. II - 18 dicembre 2010, n. 4601
AGRICOLTURA BIOLOGICA - Reg. CEE n. 2092-91 - Rinvenimento di principi attivi
non ammessi - Beneficiario di aiuti comunitari - Inadempimento - Stato di buona
o mala fede del produttore - Irrilevanza - Obbligo di adottare tutte le misure
idonee ad evitare contaminazioni. Il rinvenimento di principi attivi non
ammessi dal regolamento biologico (Reg. CEE n. 2092-91) costituisce ex se
“inadempimento”, con conseguente presunzione a carico del beneficiario degli
aiuti comunitari, il quale deve dare idonea dimostrazione che tale inadempienza
non sia a lui imputabile, in base ai principi comuni ricavabili dall’art. 1218
c.c. Inoltre, le colture prodotte, contaminate da tali sostanze, non possono
qualificarsi come produzioni biologiche secondo i parametri imposti dalla
Comunità europea, con la conseguenza che oggettivamente non sono raggiunti gli
obiettivi che soli giustificano l’aiuto, senza che possa rilevare la situazione
di buona o di mala fede del percettore, anche in considerazione del fatto che
sull’agricoltore che coltivi prodotti biologici grava l’onere di adottare tutte
le misure idonee ad evitare contaminazioni provenienti da appezzamenti vicini,
provvedendo ad isolare i propri terreni con eventuali fasce di rispetto.Pres.
f.f. ed Est. Lotti - I.G. e altro (avv.ti Andreis e Vineis) c. Provincia di
Cuneo (avv. Marini) - TAR PIEMONTE, Sez. II - 18 dicembre 2010, n. 4601
N. 04601/2010 REG.SEN.
N. 00963/2004 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Seconda)
sul ricorso numero di registro generale 963 del 2004, proposto da:
Ingaramo Giulio e Ingaramo Costanzo, rappresentati e difesi dagli avv. Prof.
Massimo Andreis e Luca Vineis, con domicilio eletto presso l’avv. Prof. Massimo
Andreis in Torino, via Pietro Palmieri, 40;
contro
Provincia di Cuneo, rappresentato e difeso dall'avv. Luigi Marini, con domicilio
eletto presso l’avv. Maristella Amisano in Torino, corso Re Umberto, 5 Bis;
nei confronti di
Q C & I International Services S.a.s.;
per l'annullamento
del provvedimento prot. 4402 del 5.4.04 della Provincia di Cuneo, Area
funzionale dell'agricoltura - Settore Agricoltura -, successivamente noto, con
il quale il ricorrente è stato dichiarato decaduto dalla domanda presentata per
accedere all'Azione F2 (produzione biologica in agricoltura), disponendosi la
restituzione degli aiuti percepiti negli anni precedenti, ivi compresi gli aiuti
di cui all'intervento A1 (ora F1);
nonché per l'annullamento
degli atti tutti prodromici e consequenziali del provvedimento medesimo e in
particolare: a) del provvedimento con il quale l'organismo di controllo Q C & I
INTERNATIONAL SERVICE S.a.S. nella riunione del Comitato di Gestione in data 22
settembre 2003 ha respinto il ricorso proposto dall'attuale ricorrente avverso
la proposta di sanzione della sospensione della certificazione di conformità al
sistema di agricoltura biologica per un anno; b) della nota della Provincia di
Cuneo in data 4 dicembre 2003 n. 15694, con la quale veniva comunicato l'avvio
del procedimento di decadenza della domanda di ammissione alla Azione F2
(applicazione delle tecniche di produzione biologica); e per ogni ulteriore
consequenziale statuizione;
con espressa riserva
di agire nel presente o in separato giudizio per il risarcimento dei danni tutti
patiti e patiendi in conseguenza della esecuzione dei provvedimenti impugnati.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Provincia di Cuneo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 dicembre 2010 il dott. Paolo
Giovanni Nicolò Lotti e uditi per le parti i difensori come specificato nel
verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso in oggetto, parte ricorrente espone di aver ricevuto dal padre,
con donazione 28 marzo 2001, Rogito Notaio F. BORRO di Cavallermaggiore, la
quota di partecipazione sociale del medesimo pari al 50% del capitale sociale
della società semplice INGARAMO Costanzo e figlio Giulio, consolidando in capo a
sé medesimo la proprietà esclusiva della azienda agricola; nel 1999,
quest’ultima aveva notificato alla Provincia di Cuneo di voler accedere alla
c.d. Azione di intervento A1, ai sensi del reg. CEE 2078-92, per essere ammesso
negli elenchi delle aziende coltivatrici a basso impatto ambientale; con
successiva istanza di variazione del 24.12.2001, aveva avanzato istanza di
variazione del tipo di coltivazione, dall’Azione A1 (poi divenuta F1) in Azione
F2, vale a dire con “applicazione di tecniche di produzione biologica”.
Si espone ancora che, con l’istanza di ammissione alle pratiche di coltura
biologica, l’azienda si è nel contempo assoggettata al rispetto delle norme
contenute nel Regolamento per la certificazione e per l’uso del marchio della QC
& I, consentendo al personale della stessa di effettuare i controlli con libero
accesso ai magazzini, ai luoghi di produzione e agli appezzamenti di terreno
(nonché ai documenti necessari per l’ispezione), in modo da svolgere prelievi di
campioni da sottoporre ad analisi; nel corso di un accesso effettuato in data
30.4.2003, i dipendenti del predetto organismo di controllo effettuavano un
prelievo di terreno, del peso complessivo di 15 kg, suddiviso in cinque parti
“identiche” da 2 kg. ciascuna (come da verbale), che sottoponevano ad analisi in
data 8.5.2003, rinvenendo nel campione analizzato tracce di terbutilazina e
pendimetalin.
Si espone ancora che l’azienda ricorrente faceva sottoporre ad analisi il
proprio campione presso il laboratorio Medilabor di Cavallermaggiore, ditta
accreditata dalla SINAL (Sistema Nazionale per l’Accreditamento di Laboratori),
con certificazione di accreditamento n. 305, i cui esiti deponevano per
l’assenza dei detti composti nel campione analizzato; l’organismo di controllo
QC & I, quindi, ripeteva le analisi in data 8.9.2003, riscontrando nuovamente la
presenza dei citati residui, in quantitativi più modesti rispetto a quelli
riscontrati nel corso della prima analisi; la Provincia di Cuneo, sulla scorta
degli esiti delle analisi e delle comunicazioni (o delle determinazioni)
dell’organismo di controllo, disponeva l’esclusione del ricorrente e la
decadenza della medesima ditta dalla domanda presentata, con conseguente
restituzione degli importi percepiti a titolo di aiuto, sia in riferimento alla
coltivazione biologica (Azione F2), sia in riferimento alla coltivazione a basso
impatto ambientale (Azione A1, poi divenuta Azione F1).
Secondo parte ricorrente, il provvedimento in epigrafe indicato sarebbe
illegittimo, per i seguenti motivi:
1) Violazione del Regolamento CEE n. 2092-91 del 24 giugno 1991; eccesso di
potere per travisamento dei fatti ed erronea valutazione dei presupposti.
2) Violazione dell’art. 6 Reg. CE n. 2092-91; in specifico, in quanto, secondo
parte ricorrente, la norma afferma il principio che nella produzione biologica
non possono essere utilizzati, quali fitosanitari, ammendanti del terreno ecc.,
prodotti contenenti sostanze diverse da quelle elencate negli allegati I e II
del Regolamento medesimo, ma non statuirebbe che, nei terreni destinati a tale
tipo di coltivazione, non possono eventualmente rinvenirsene; non viene cioè
richiesto all’agricoltore di bonificare i propri terreni.
3) Violazione di legge in riferimento alle linee guida per l’attività degli
organismi di controllo adottati dal Ministero per le Politiche agricole con
provvedimento in data 25 marzo 1999. Incompetenza.
4) Violazione di legge in riferimento ai principi generali in materia di
tassatività dei provvedimenti amministrativi e in particolare delle sanzioni
amministrative; violazione del principio di proporzionalità; eccesso di potere
per travisamento dei fatti ed erronea valutazione dei presupposti difetto di
istruttoria; sviamento.
5) Eccesso di potere per difetto di istruttoria e violazione del procedimento;
ingiustizia manifesta. disparità di trattamento per violazione di circolare.
6) Eccesso di potere per difetto di istruttoria e violazione di legge.
Si costituiva l’Amministrazione intimata chiedendo il rigetto del ricorso.
Alla pubblica udienza del 14 dicembre 2010, il ricorso veniva posto in
decisione.
DIRITTO
Rileva il Collegio che il provvedimento impugnato è stato emanato dal Settore
Agricoltura della Provincia di Cuneo, convenuta, (provv. n. 4402 del 5 aprile
2004) e ha, ad oggetto, la decadenza dalla domanda della ditta ricorrente, con
conseguente esclusione dall’aiuto per le restanti annualità ed obbligo di
restituzione degli aiuti percepiti negli anni precedenti, ivi compresi quelli
percepiti ai sensi del reg. C.E. 2078-92, Intervento A1.
In conseguenza del provvedimento di cui sopra, la Provincia ha chiesto la
restituzione delle seguenti somme: per l’anno 1999 (Intervento A1 reg. C.E.
2078-92), € 7.151,36; per l’anno 2000 (Intervento A1 reg. C.E. 2078-92), €
7.111,50; per l’anno 2001 (Intervento F2 reg. C.E. 1257-99), € 7.111,50; per
l’anno 2002 (Intervento F2 reg. C.E. 1257-99), € 8.562,30.
Preliminarmente, il Collegio ritiene di dover dichiarare la propria
giurisdizione relativamente alla presente controversa (contestata a verbale
all’udienza di discussione), atteso che il provvedimento incide su uno dei
presupposti (di legittimità) della concessione delle somme suindicate e non
configura ipotesi di inadempimento ad obblighi attinenti alla fase esecutiva.
Nel merito, si deve in primo luogo rilevare che, come è noto, l'importanza
dell'agricoltura nel contesto europeo è cruciale; fin dai negoziati del Trattato
di Roma, dove era molto forte il ricordo delle penurie alimentari del
dopoguerra, l'agricoltura ed il commercio dei prodotti agricoli hanno costituito
uno degli obiettivi prioritari della politica europea.
La politica agraria comune (cd. PAC), consistente in una serie di norme e
meccanismi che regolano la produzione, gli scambi e la lavorazione dei prodotti
agricoli nell'ambito dell'UE, trova la propria base giuridica negli artt. da 32
a 38 del Titolo II del Trattato CE (numerazione ante Trattato di Lisbona).
Si tratta di un diritto eccezionale, creato per giustificare l'applicazione di
deroghe alle regole generali della libera concorrenza.
Il pieno esplicarsi del meccanismo della concorrenza, infatti, non si adatta al
settore agricolo, caratterizzato da numerose imprese produttrici che si
presentano deboli sul mercato ed incapaci di porsi in posizione paritaria nei
confronti degli acquirenti dei prodotti agricoli da trasformare. La politica
agraria europea intende quindi introdurre eccezioni al sistema della libera
concorrenza nel rispetto dei generali principi di equità e ragionevolezza, di
non discriminazione, di preferenza comunitaria e di proporzionalità.
Si giustifica così la tradizione interventista del diritto comunitario sul
mercato nazionale. Nel settore agrario non trova spazio l'applicazione del
principio di sussidiarietà, quale criterio per il riparto delle competenze fra
Stati e Comunità, essendosi formata da tempo una regolamentazione di settore
che, ad eccezione di alcune materie, quali i prezzi al minuto e quelli
concernenti il regime proprietario dei terreni, prevede una generale competenza
comunitaria nel settore, riservando agli Stati una competenza solo residuale,
riconducibile a compiti di mera esecuzione.
Strumento principale, ma non unico, per raggiungere gli obiettivi fissati alla
politica agricola comune dall'art. 39 del Trattato CE (ante Lisbona),
sinteticamente riconducibili nella protezione ragionata di un settore debole e
peculiare, deve considerarsi la creazione di un'organizzazione comune dei
mercati dei prodotti agricoli elencati all'Allegato II del Trattato (OCM).
La riforma della PAC del 1992, ha segnato un'importante svolta verso il
cambiamento, prevedendo essenzialmente la riduzione dei prezzi agricoli per
renderli più competitivi sul mercato interno e su quello mondiale,
l'assegnazione di importi compensativi per le perdite di reddito subite dagli
agricoltori e altre misure relative ai meccanismi di mercato e alla protezione
dell'ambiente.
Si vedano, per esempio, il Regolamento del Consiglio, 17 maggio 1999, n.
1251/99, che istituisce un regime di sostegno a favore dei coltivatori di alcuni
seminativi; oppure, il Regolamento del Consiglio, 17 maggio 1999, n. 1257/99,
sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del fondo europeo agricolo di
orientamento e di garanzia (FEAOG) e che modifica e deroga alcuni regolamenti.
In particolare, per quello che qui interessa, la produzione agricola con metodo
biologico è regolamentata dal reg. C.E. 2092/91, attuato in Italia dal d.lgs. 17
marzo 1995, n. 220, che prevede un sistema di controllo e di certificazioni
finalizzato a garantire che i prodotti agricoli ed alimentari venduti con il
marchio biologico siano coltivati nel rispetto di regole certe.
A tale fine è disposto che l’operatore comunichi la propria intenzione di
produrre con i metodi dell’Agricoltura biologica alla PA competente (nel caso di
specie, alla Provincia di Cuneo) con apposita istanza inviata anche ad un O.d.C.:
scelto tra quelli riconosciuti dallo Stato italiano.
Il controllo del rispetto delle norme in materia è affidato, infatti, agli
O.d.C., organismi privati riconosciuti dal Ministero. Gli O.d.C., in
particolare, eseguono i controlli sulle aziende, verificano il rispetto della
normativa, rilasciano la certificazione che i prodotti sono stati realizzati in
conformità alle regole della coltivazione biologica e che quindi essi possono
essere commercializzati con il marchio di qualità “produzione biologica”,
adottano i necessari provvedimenti, quando accertano delle irregolarità o delle
infrazioni.
La vigilanza sugli O.d.C. è esercitata dal Ministero e dalle Regioni, i quali,
ove accertino delle inadempienze, possono proporre la revoca dell’autorizzazione
all’O.d.C.
La misura F (Misure Agroambientali) del Piano di Sviluppo Rurale 2000/2006 della
Regione Piemonte (documento 46 PA), approvato in ottemperanza del reg. C.E.
1257-99, prevede una serie d’incentivi e premi alle aziende agricole che
accettano di applicare alcune “azioni”, che favoriscono l’adozione di pratiche
più rispettose dell’Ambiente o la conservazione d’alcune caratteristiche
ambientali e paesaggistiche.
Tra queste si possono citare l’applicazione delle tecniche integrate (F1); i
sistemi pascolivi estensivi (F6); l’allevamento di razze in pericolo
d’estinzione (F9); la conservazione e la realizzazione d’elementi dell’agroecosistema
(F7); infine, l’applicazione delle tecniche di produzione biologica (F2).
Più in generale, infatti, sempre più spesso le modalità e tecnologie con cui si
esplicano le attività agricole di coltivazione e di allevamento hanno fatto sì
che queste ultime si trovino in posizione conflittuale con le esigenze di
conservazione e tutela del c.d. "insieme ambientale".
Emerge così che, nel rapporto tra agricoltura e tutela ambientale, gli scopi
prefissati sono perseguiti prevalentemente con la tecnica dell'incentivazione,
la quale poi si avvale di programmi, piani, controlli, imposizioni di obblighi.
Accade così che un insieme eterogeneo di attività risulti inevitabilmente
destinatario dell'insieme dei programmi e dei controlli pubblici volti ad
incanalare le attività economiche verso il fine generale della tutela
ambientale.
D'altra parte, nel medesimo tempo, l'attività agricola potrebbe aver bisogno
degli strumenti giuridici del diritto ambientale per salvaguardare e conservare
la propria sopravvivenza.
Peraltro, esaminando le norme vigenti di diritto nazionale e di quello
comunitario che si riferiscono all'agricoltura, si possono notare due differenti
orientamenti: mentre l'ordinamento interno sembra privilegiare le definizioni
formali, il sistema europeo ricorre all'elencazione tassativa dei prodotti o
delle attività riconducibili nella materia dell'agricoltura.
Così l'art. 2135 c.c. (come modificato dal d.lgs. 18 maggio 2001, n. 228,
"Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell'art. 7 della
l. 5 marzo 2001, n. 57) ricomprende nella discussa nozione la coltivazione del
suolo, l'allevamento del bestiame, la silvicoltura e le attività connesse;
l'art. 38 del Trattato CE (ante Lisbona) definisce come prodotti agricoli quelli
"del suolo, dell'allevamento e della pesca, come pure i prodotti di prima
trasformazione che sono in diretta connessione con tali prodotti" in relazione
all'Allegato II del Trattato CE, modificato dal regolamento del Consiglio 18
dicembre 1959, n. 7-bis; viceversa, la Costituzione repubblicana, nella vecchia
formulazione dell'art. 117, si riferiva all'agricoltura e foreste per attribuire
la competenza in materia alle regioni senza fornire alcuna ulteriore
specificazione, specificazione che, invece, si ritrova, differentemente
realizzata, nei diversi statuti delle Regioni e delle Province a statuto
speciale e nella legislazione che attribuisce i poteri alle Regioni a statuto
ordinario.
Pertanto, una definizione giuridica di agricoltura può scaturire soltanto
attraverso l'analisi comparata di questi dati normativi, ma si tratterà pur
sempre di una definizione elastica, assoggettata a varianti ed eccezioni che
trovano giustificazione nell'interesse che il legislatore può di volta in volta
manifestare nei confronti della tutela di particolari soggetti o nel regolare
l'utilizzo o la produzione di determinati beni.
Al diritto agrario deve essere riconosciuta, pertanto, natura teleologica,
poiché si sviluppa adeguandosi alle necessità che di volta in volta il
legislatore ritiene di soddisfare in relazione allo stadio di sviluppo
dell'economia del Paese in cui il detto diritto viene posto in essere.
In tal modo si spiega la natura di clausola generale che può essere riconosciuta
all'agricoltura, tale da ricomprendere attività riconducibili anche in altre
materie, in particolare in relazione al frequente intreccio con materie come
l'ambiente o la salute.
Ciò posto, si rileva che, nella specie, le aziende che aderiscono all’Azione F2
(produzione biologica) sono tutte controllate per quanto riguarda gli aspetti
tecnici dagli Organismi di Controllo riconosciuti ai sensi del Reg. C.E.
2092-91, che dovranno comunicare tempestivamente agli Uffici istruttori le
eventuali irregolarità riscontrate.
Inoltre, deve essere tenuto presente che le Misure Agroambientali previste dal
Reg. C.E. 1257-99 citato, hanno sostituito e proseguito gli interventi previsti
dal Reg. C.E. 2078-92, attuato in Piemonte con il Programma Agroambientale
Regionale dal 1995, che prevedeva un sistema simile d’aiuti e d’impegni; nel
2001 la Comunità Europea diede la possibilità ai beneficiari di optare per un
nuovo impegno sulle misure Agroambientali, anziché portare a termine l’impegno
secondo le precedenti modalità (art. 29 Reg. C.E. 1750-99; art. 1 Reg. C.E.
1929-00).
Se tale è il quadro di riferimento in cui è inseribile la vicenda processuale in
esame, si deve rilevare, con riguardo al primo motivo di ricorso, che la
ricorrente, nel 2001, con la domanda concernente l’azione F2, s’impegnava ad
introdurre o mantenere i metodi dell’agricoltura biologica attuando le
prescrizioni contenute nel Reg. C.E. 2092-91; pertanto, con l’utilizzo di
sostanze non ammesse, è venuta meno agli impegni assunti in cambio dei premi
percepiti e, pertanto, la stessa è decaduta dal beneficio.
Il mancato rispetto degli “impegni” comporta il mancato raggiungimento degli
obiettivi del PSR, che sono la sola causa di giustificazione degli aiuti
percepiti, con la conseguenza che la relativa azione non può più proseguire e
devono essere restituiti gli aiuti già percepiti.
Infatti, il Reg. CE. 445/02, recante norme applicative del Reg. 1257/ 99 sul
sostegno allo sviluppo rurale, che ha sostituito il Reg. C.E. 1750-00,
stabilisce (all’art. 64) anche che gli “Stati membri determinano il sistema di
sanzioni da comminare in caso di violazione degli obblighi assunti e delle
pertinenti norme in materia e prendono tutte le misure necessarie ai fini
dell’applicazione delle stesse. Le sanzioni previste devono essere effettive,
proporzionate e dissuasive”.
A tale norma è stata data attuazione con il D.M. Pol. Agr. 4 dicembre 2002. Tale
decreto, all’art. 3, classifica fra le anomalie da accertare l’inosservanza
degli “impegni” derivanti da accoglimento della domanda relativa ad una delle
misure del PSR e, all’art. 4, classifica gli impegni in essenziali (art. 3,
comma 5, che, se disattesi, non consentono il raggiungimento degli obiettivi
nella misura attuata) ed accessori (la cui inosservanza consente il
raggiungimento parziale degli obiettivi).
Si deve specificare, in relazione al ricorso in oggetto, che la necessità di una
norma attuativa interna, per introdurre una disciplina di enforcement agli
eventuali inadempimenti imputabili ai beneficiari degli aiuti, con la previsione
specifica di sanzioni, riguarda, appunto, il solo apparato sanzionatorio, che
deve essere efficace, dissuasivo, ma anche proporzionato.
Non riguarda, invece, la decadenza dagli aiuti e il recupero degli stessi,
provvedimenti che trovano la loro ragion d’essere, e quindi, la loro tipicità, o
se vogliamo meglio dire, il loro riferimento normativo tale da garantire
l’osservanza del principio di legalità, nello stesso regolamento comunitario,
laddove assegna gli aiuti proprio in relazione a determinati obiettivi il cui
mancato raggiungimento, imputabile al beneficiario, abilita e, anzi, impone il
recupero degli aiuti stessi, venendone meno la loro causa giustificativa;
inoltre, lo stesso Regolamento impone, come si è visto, oltre alla previsione di
sanzioni, che gli Stati prendano tutte le misure necessarie ai fini
dell’applicazione degli obblighi assunti, misure tra le quali devono essere
ricompresi anche i provvedimenti che dichiarano la decadenza dal beneficio e il
conseguente recupero degli stessi.
D’altra parte, tale lettura è imposta dalle stesse norme comunitarie pertinenti
in materia di aiuti di stato, che sono oggetto di un divieto assoluto, salvo che
ricorrano le condizioni espressamente e specificamente previste.
In assenza di tali condizioni, lo Stato è tenuto a revocare e recuperare detti
aiuti.
Inoltre, sarebbe tenuto anche ad irrogare una sanzione, ma soltanto se la
legislazione nazionale la prevede, come recita espressamente il Regolamento
citato, sanzione che nella specie non è prevista e che, di fatti, non è stata
correttamente comminata.
La distinzione contenuta nel D.M. Pol. Agr. 4 dicembre 2002 che, all’art. 4,
classifica gli impegni in essenziali (art. 3, comma 5, che, se disattesi, non
consentono il raggiungimento degli obiettivi nella misura attuata) ed accessori
(la cui inosservanza consente il raggiungimento parziale degli obiettivi) è
soltanto esplicativa delle condizioni che devono sussistere per giustificare la
misura di aiuto, condizioni che, se non più sussistenti, impongono il recupero
dell’aiuto stesso (previa revoca o decadenza) ai sensi della normativa
comunitaria.
La stessa D.G.R. Piemonte n. 77-1961, del 7 gennaio 2001, recante le istruzioni
applicative della Misura F, e il Manuale delle Procedure e dei Controlli AGFA
(versione marzo 2003), nella parte III, Linee generali relative ai controlli,
ove si classifica, tra le irregolarità, le inadempienze nel rispetto degli
impegni assunti e ove si dispone, in particolare, che nel caso dell’Agricoltura
biologica si utilizzano i risultati delle ispezioni effettuate ai sensi del
regime istituito dal Reg. C.E. 2092-91, stabilendo che il controllo, se
negativo, comporta sempre la pronuncia della decadenza parziale o totale, il
recupero delle somme eventualmente già erogate nel passato e l’esclusione
parziale o totale dell’aiuto per le restanti annualità, non è altro che
un’esplicazione di quanto già la normativa comunitaria, come detto, impone
direttamente, con assoluta prevalenza rispetto ad ogni altra fonte, in ogni
sistema nazionale.
Peraltro, la richiesta di restituzione anche dei premi percepiti ai sensi del
Reg. C.E. 2078-92, ex Intervento A1, è legata al fatto che la Ditta ricorrente,
nel 2001, aveva assunto l’impegno relativo all’Azione F2 con un trasferimento in
quest’Azione di un precedente “impegno” assunto nel 1999 ai sensi del Reg. C.E.
2078-92, Intervento A1; tale “impegno”, di durata quinquennale, non è stato
concluso e non è stato portato a termine ed è stato, però, riformulato e
rafforzato con il passaggio all’azione F2, quindi è stato prolungato, passando
dagli iniziali cinque anni, ai due (già completati sull’Intervento A1) più
cinque (sul nuovo impegno F2).
Pertanto, parte ricorrente doveva comunque garantire la prosecuzione degli
impegni assunti per cinque anni con la domanda iniziale del 1999; il mancato
rispetto dell’impegno F2 e la conseguente decadenza totale coinvolgono quindi
anche i due anni in cui la Ditta ha percepito il premio per l’intervento A1, che
non è stato portato a termine, come detto, perchè trasformato in Azione F2;
peraltro, anche in questo contesto, la medesima disciplina applicabile è
prevista per l’ipotesi di un rafforzamento in corso d’impegno, possibile ai
sensi dell’art. 21 Reg. C.E. 445-02, corrispondente al precedente art. 20 Reg.
C.E. 1750-00, in base al quale la Regione Piemonte ha ammesso nel 2001 il
passaggio dal Reg. 2078-92, al Reg. 1257-99: in caso di rafforzamento d’impegno,
con passaggio da F1 (ex A1) a F2, un’eventuale successiva decadenza totale per
inadempimento tecnico (es. utilizzo di prodotti non ammessi dal reg. CE 2092-91,
com’è successo nel caso in esame) comporta la restituzione di tutti gli aiuti
percepiti, non solo di quelli relativa all’Azione F2.
Il P.S.R. citato, inoltre, autorizza la Provincia ad avvalersi degli
accertamenti dell’O.d.C. per verificare il rispetto degli impegni assunti dal
beneficiario ai sensi dell’Azione F2; l’accertamento di un’infrazione si
configura, ai fini delle Misure Agroambientali, come inadempienza ad impegni
essenziali che comportano la decadenza totale della domanda; l’O.d.C. è
competente per quanto riguarda il Reg. C.E. 2092-91, mentre il Settore
Agricoltura provinciale è competente nella gestione delle Misure Agroambientali
e dell’istruttoria delle relative domande.
Infatti, la Provincia di Cuneo non ha assunto alcuna decisione in merito alla
permanenza o all’esclusione dell’operatore dal sistema di controllo biologico,
per la quale non ha competenza, bensì ha limitata correttamente la sua azione
all’adozione dei provvedimenti previsti in ordine alla gestione ed alla
concessione d’aiuti, ai sensi delle Misure Agroambientali di cui al Reg. C.E.
1257-99, per cui, invece, la Provincia è competente.
In merito, invece, al sistema di certificazione biologica, l’O.d.C. ha il
compito di svolgere verifiche successive all’infrazione per accertare la
riammissibilità dell’operatore al sistema di controllo o la sua esclusione
definitiva; peraltro, nel caso di specie, l’O.d.C. ha definitivamente escluso,
in data 3 giugno 2004, la ditta ricorrente dal sistema di controllo (circostanza
specificamente non contestata) per mancato ottemperamento degli obblighi
finanziari e, quindi, in tale modo, parte ricorrente s’è escluso automaticamente
dal regime della produzione biologica.
Pertanto, il primo, terzo, quarto e quinto motivo di ricorso devono essere
rigettati.
In relazione al secondo motivo, si deve rilevare che il rinvenimento di principi
attivi non ammessi dal regolamento biologico è un fatto accertato, costituente,
ex se “inadempimento”, con conseguente presunzione a carico del beneficiario che
deve dare idonea dimostrazione che tale inadempienza non sia a lui imputabile,
in base ai principi comuni ricavabili, per analogia, dall’art. 1218 c.c.,
secondo cui l’inadempimento si presume a carico del debitore.
Inoltre, le colture prodotte, contaminate da tali sostanze, non possono
evidentemente qualificarsi come produzioni biologiche secondo i parametri
imposti dalla Comunità europea, con la conseguenza che oggettivamente non sono
raggiunti gli obiettivi che soli giustificano l’aiuto, senza che possa rilevare
comunque, la situazione di buona o di mala fede del percettore, anche in
considerazione del fatto che sull’agricoltore che coltivi prodotti biologici
grava l’onere di adottare tutte le misure idonee ad evitare contaminazioni
provenienti da appezzamenti vicini, provvedendo ad isolare i propri terreni con
eventuali fasce di rispetto.
In merito, infine, al sesto motivo di ricorso, relativo ai rilievi
dell’operatore sulle modalità di prelievo del campione, occorre ricordare che le
procedure sono esclusivamente di competenza dell’O.d.C. e che, per potere dare
luogo ad un controllo tramite CTU, occorre una specifica contestazione di tipo
tecnico, con idoneo supporto peritale, altrimenti trasformandosi la CTU in un
anomalo e inammissibile strumento di controllo generalizzato dell’operato
tecnico dell’Amministrazione.
Pertanto, alla luce delle predette argomentazioni, il ricorso deve essere
respinto, in quanto infondato.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Seconda),
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo
respinge.
Compensa tra le parti le spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2010 con
l'intervento dei magistrati:
Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Presidente FF, Estensore
Manuela Sinigoi, Referendario
Antonino Masaracchia, Referendario
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/12/2010
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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