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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
T.A.R. PIEMONTE, Sez. I - 15 febbraio 2010, n. 950
DIRITTO URBANISTICO - Opere di recinzione del terreno - Permesso di costruire
- Necessità - Esclusione - Condizioni - Fattispecie. Le opere di recinzione
del terreno non si configurano come nuova costruzione, per la quale è necessario
il previo rilascio di permesso di costruire, quando, per natura e dimensioni,
rientrino tra le manifestazioni del diritto di proprietà, comprendente lo ius
excludendi alios o, comunque, la delimitazione e l'assetto delle singole
proprietà. Tale è il caso della recinzione eseguita senza opere murarie,
costituita da una semplice rete metallica sorretta da paletti in ferro, la quale
costituisce installazione precaria e non incide in modo permanente sull’assetto
edilizio del territorio (cfr., fra le ultime, T.A.R Lazio, Roma, sez. II, 11
settembre 2009, n. 8644). Pres. Bianchi, Est. Goso - P.F. e altro (avv. Crosetti)
c. Comune di Locana (avv. Santilli). TAR PIEMONTE, Sez. I - 15 febbraio 2010,
n. 950
N. 00950/2010 REG.SEN.
N. 01343/2005 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1343 del 2005, proposto da:
Ponente Filippo e Lalli Valentina, rappresentati e difesi dall'avv. Alessandro
Crosetti, preso il quale sono elettivamente domiciliati in Torino, corso
Principe Eugenio, 9;
contro
Comune di Locana, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso
dall'avv. Giorgio Santilli, elettivamente domiciliato presso il suo studio in
Torino, via Paolo Sacchi, 44;
per l'annullamento
dell'ordinanza n. 1 del 30.9.2005 (notificata il 4.10.2005) del Responsabile del
Servizio Tecnico del Comune di Locana con la quale veniva ordinata ai ricorrenti
l'immediata rimozione della recinzione con paletti metallici infissi in terra e
rete metallica a protezione della loro proprietà sita in Locana, loc. Pra del
Ger Davione e distinta a catasto al fg. 58, n. 9-10,
nonché degli atti tutti antecedenti, preordinati, consequenziali e comunque
connessi, in particolare il provvedimento del 26.7.2005, senza protocollo, con
il quale il Responsabile del Servizio Tecnico del Comune di Locana opponeva
rifiuto alla avanzata richiesta del 22.7.2005 dei ricorrenti di recingere la
loro proprietà con paletti infissi in terra e rete metallica.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio e la memoria difensiva del Comune di
Locana;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28/01/2010 il dott. Richard Goso e
uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
I signori Filippo Ponente e Valentina Lalli riferiscono di essere proprietari di
una casa di civile abitazione e terreno circostante nel Comune di Locana,
borgata Davione.
Con nota del 21 luglio 2005, pervenuta al Comune di Locana il giorno successivo,
i ricorrenti comunicavano la propria intenzione di procedere alla delimitazione
della proprietà di cui sopra mediante posa di una recinzione in rete e paletti
in ferro conficcati nel terreno.
Con atto del 26 luglio 2005, il Comune si opponeva all’intervento, per le
motivazioni di cui si riferirà in parte motiva.
I proprietari realizzavano ugualmente l’intervento e, con ordinanza n. 1 del 30
settembre 2005, il competente funzionario del Comune di Locana disponeva
l’immediata rimozione della recinzione installata nonostante il precedente
diniego.
Avverso entrambi i provvedimenti menzionati (diniego di installazione e
successivo ordine di rimozione), gli interessati hanno proposto il ricorso
giurisdizionale in trattazione, con cui deducono i seguenti motivi di gravame:
I) Violazione, falsa ed erronea interpretazione dell’art. 6, T.U. n. 380/2001.
Eccesso di potere per genericità e difetto assoluto di motivazione.
Il motivo di ricorso è riferito al diniego di installazione e si fonda sul
rilievo che la recinzione del fondo, costituiendo espressione del diritto di
proprietà, rientrerebbe nell’ambito dell’attività edilizia libera ex art. 6 del
t.u. edilizia, non soggetta ad atti di assenso di alcun tipo.
Il provvedimento impugnato conterrebbe, inoltre, riferimenti normativi erronei e
sarebbe privo di motivazione.
II) Violazione, falsa ed erronea interpretazione ed applicazione del d.lgs. n.
490/1999 e dell’art. 149 del d.lgs. n. 42/2004. Eccesso di potere per difetto
del presupposto normativo.
Anche sotto il profilo paesistico, l’installazione della recinzione non avrebbe
richiesto alcuna autorizzazione.
Si rileva, anche in questo caso, l’erroneità del riferimento normativo contenuto
nell’atto, poiché il d.lgs. n. 490 del 1999, ivi richiamato, è stato abrogato e
sostituito dal d.lgs. n. 42 del 2004.
III) Violazione, falsa ed erronea interpretazione della realtà con riferimento
all’attuale assetto viario.
L’impugnato diniego afferma che la recinzione dei ricorrenti interrompe una
strada comunale, mentre si tratterebbe, in realtà, di un semplice sentiero di
campagna che termina nella loro proprietà.
IV) Violazione di legge con riferimento all’art. 41, T.U. 380/2001. Eccesso di
potere per incompetenza e difetto del presupposto normativo.
Questo motivo di ricorso (come il successivo) si riferisce direttamente
all’ordine di rimozione della recinzione il quale sarebbe viziato a causa della
genericità del riferimento normativo ivi contenuto, per violazione dell’art. 41
del t.u. edilizia (che rimette al prefetto la competenza ad eseguire d’ufficio
la demolizione degli immobili abusivi) e, infine, perché la lieve entità
dell’intervento sanzionato avrebbe imposto l’applicazione di una sanzione
pecuniaria, in luogo di quella demolitoria.
V) Violazione e disapplicazione del diritto di cui all’art. 841 c.c. Eccesso di
potere per sviamento ed illogicità. Illegittimità derivata.
Si ribadisce che la chiusura del fondo mediante una recinzione costituisce
specifica espressione del diritto di proprietà e che, nella fattispecie, il
Comune di Locana avrebbe illegittimamente denegato l’esercizio di tale facoltà.
Si è costituito in giudizio il Comune di Locana, argomentando nel senso
dell’infondatezza del gravame e opponendosi al suo accoglimento.
Chiamato alla pubblica udienza del 28 gennaio 2010, il ricorso è stato ritenuto
in decisione.
DIRITTO
I ricorrenti, proprietari di un immobile residenziale con circostante terreno
nel Comune di Locana, contestano la legittimità del provvedimento in data 26
luglio 2005, con cui l’ente locale si è opposto all’installazione di una
recinzione a delimitazione del terreno di proprietà dei ricorrenti medesimi.
Si trattava di una recinzione in rete avente un’altezza di m. 1,50, sostenuta da
paletti in ferro conficcati nel terreno.
L’impugnativa giurisdizionale investe anche l’ordinanza del 30 settembre 2005,
con cui il Comune di Locana ha disposto l’immediata rimozione della recinzione
che, nonostante l’opposizione comunale, i ricorrenti avevano provveduto ad
installare.
Il diniego di installazione della recinzione si fonda su tre distinti motivi:
1) l’intervento “deve essere presentato come richiesta ai sensi del DPR
380/2001”;
2) la zona è “vincolata ai sensi del d.lgs. 490/99”, per cui si richiede il
rilascio dell’autorizzazione prevista da tale normativa;
3) la recinzione interrompe una strada comunale che attraversa il fondo di
proprietà dei richiedenti.
Le medesime considerazioni sono poste a fondamento dell’ordinanza di rimozione
della recinzione, ove, più diffusamente, si afferma che:
1) l’intervento è stato realizzato in assenza della relativa autorizzazione;
2) esso ricade in area sottoposta a vincolo ex d.lgs. n. 490/1999 in quanto
compresa nella fascia di rispetto del torrente Orco;
3) la recinzione interrompe la strada comunale “di Chiampendola”, impedendo la
regolare circolazione su di essa e, in particolare, l’accesso del personale
dell’acquedotto a un tombino di derivazione dell’acqua potabile ivi esistente.
A) La prima argomentazione a supporto dei provvedimenti impugnati fa riferimento
al mancato rispetto delle formalità previste dal t.u. edilizia n. 380 del 2001 e
al mancato rilascio del titolo abilitativo (autorizzazione) asseritamente
occorrente per l’intervento.
Tali considerazioni non valgono a fondare la legittimità dei provvedimenti
impugnati.
Va rilevata, innanzitutto, la genericità della motivazione del diniego di
installazione (“l’intervento oggetto di comunicazione deve essere presentato
come richiesta ai sensi del DPR 380/2001”) la quale, peraltro, appare incoerente
rispetto al contenuto dispositivo dell’atto che considera la comunicazione dei
proprietari come vera e propria istanza di parte (“per le motivazioni di cui
sopra, la vostra richiesta è respinta”).
La mancanza di autorizzazione edificatoria non costituisce, in ogni caso, valida
giustificazione dell’impugnato ordine di rimozione.
Le opere di recinzione del terreno non si configurano, infatti, come nuova
costruzione, per la quale è necessario il previo rilascio di permesso di
costruire, quando, per natura e dimensioni, rientrino tra le manifestazioni del
diritto di proprietà, comprendente lo ius excludendi alios o, comunque, la
delimitazione e l'assetto delle singole proprietà.
Tale è il caso della recinzione eseguita senza opere murarie, costituita da una
semplice rete metallica sorretta da paletti in ferro, la quale costituisce
installazione precaria e non incide in modo permanente sull’assetto edilizio del
territorio (cfr., fra le ultime, T.A.R Lazio, Roma, sez. II, 11 settembre 2009,
n. 8644).
L’intervento in questione rientra, piuttosto nella portata residuale degli
interventi realizzabili con il regime semplificato della d.i.a., a mente
dell'art. 22 del t.u. dell'edilizia, la cui mancanza non è sanzionabile con la
rimozione o la demolizione, previsti dall'art. 31 del d.P.R. 6 giugno 2001, n.
380, per l'esecuzione di interventi in assenza del permesso di costruire, in
totale difformità del medesimo, ovvero con variazioni essenziali, ma con
l’applicazione della sanzione pecuniaria prevista dal successivo art. 37 per
l'esecuzione di interventi in assenza della prescritta denuncia di inizio di
attività.
B) Un secondo ordine di considerazioni fa riferimento alla mancanza di
autorizzazione paesaggistica.
Si osserva preliminarmente che non è contestata l’esistenza del vincolo, atteso
che l’area interessata dall’intervento è pacificamente inclusa nella fascia di
rispetto di 150 metri dalle sponde del torrente Orco.
Va quindi precisato, a confutazione dei rilievi di legittimità svolti dalla
parte ricorrente, che l’erroneo riferimento normativo contenuto in entrambi i
provvedimenti impugnati (è stato richiamato l’abrogato d.lgs. n. 490 del 1999,
in luogo del vigente d.lgs. n. 42 del 2004) non vale certo ad inficiarne la
legittimità, poiché i presupposti dei provvedimenti stessi sono riconducibili
senza margini di incertezza alle disposizioni legislative che li regolano (cfr.,
ex multis, T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 19 dicembre 2006, n. 2997).
Ciò premesso, appare irrilevante che la recinzione in esame (costituita, si
ribadisce, da una semplice rete metallica e da paletti infissi nel terreno) sia
stata eseguita senza nulla osta in area vincolata, trattandosi di opera priva di
apprezzabile impatto ambientale (cfr., in analoga fattispecie, T.A.R Campania,
Napoli, sez. IV, 8 maggio 2007, n. 4821).
C) Rimane da considerare il terzo motivo posto a fondamento dei provvedimenti
impugnati, riferito all’esistenza di una strada comunale che attraversa il fondo
dei ricorrenti e che sarebbe stata interrotta dalla recinzione.
Il provvedimento ripristinatorio specifica ulteriormente, al riguardo, che
l’esistenza della recinzione impedisce la regolare circolazione sulla strada e
l’accesso a un tombino di derivazione dell’acqua potabile ivi esistente; il
tombino è posto a servizio di un limitrofo fabbricato di proprietà di terzi,
cosicché si verificherebbe nella specie l’interruzione del pubblico servizio di
manutenzione dell’acquedotto.
Tale corredo motivazionale prescinde, quindi, da esigenze di tutela di valori
urbanistici o ambientali e presuppone, invece, l’esercizio del potere comunale
di autotutela possessoria sulle strade vicinali, finalizzato alla rimozione
degli ostacoli che si frappongono all’uso pubblico delle strade, tuttora
previsto dall’art. 15 del decreto legge luogotenenziale 1° settembre 1918, n.
1446, convertito nella legge 17 aprile 1925, n. 473.
L'esercizio di tale potere richiede la sussistenza di requisiti di fatto (un
passaggio esercitato “iure servitutis publicae” da una collettività di persone,
la concreta idoneità del bene a soddisfare esigenze di carattere generale,
l'esistenza di un titolo valido a fondamento del diritto di uso pubblico) che la
parte ricorrente non ha fatto oggetto di contestazione, essendosi la deducente
limitata a rimarcare le caratteristiche oggettive che imporrebbero di
configurare l’arteria in questione come un semplice sentiero di campagna.
Tali caratteristiche, peraltro, non ne escludono la riconducibilità alla
categoria delle strade, poiché l’art. 3 del decreto legislativo 30 aprile 1992,
n. 285, definisce il sentiero (o mulattiera o tratturo) come la strada a fondo
naturale formatasi per effetto del passaggio di pedoni o di animali.
Né il potere comunale di autotutela esercitato nella fattispecie avrebbe potuto
essere escluso dal diritto, riconosciuto dall’art. 841 cod. civ., del
proprietario di chiudere il proprio fondo, poiché la facoltà di chiusura non può
esercitarsi con modalità tali da impedire (o da rendere difficoltoso)
l’esercizio della preesistente servitù.
D) Per completezza, deve ancora rilevarsi l’infondatezza della censura di
legittimità dedotta con il quarto motivo di gravame e riferita alla violazione
della competenza prefettizia ad eseguire d’ufficio gli ordini di demolizione di
manufatti abusivi, trattandosi di rilievo che non afferisce alla contestata
misura ripristinatoria, bensì alla successiva ed eventuale fase esecutiva.
In conclusione, i provvedimenti impugnati si fondano validamente sul motivo
inerente l’esigenza di tutela della servitù di passaggio sulla strada (o
sentiero) che attraversa la proprietà dei ricorrenti, mentre non ne
costituiscono legittima giustificazione le ulteriori considerazioni riferite
alla mancanza dei titoli autorizzativi edilizi e paesistici.
Considerando la scindibilità del contenuto dispositivo degli atti in esame,
peraltro, non trova applicazione nella fattispecie il noto principio secondo il
quale, nel caso di provvedimento plurimotivato, è sufficiente anche l’idoneità
di uno solo dei motivi su cui esso si fonda per ritenere che il provvedimento
sia stato emesso legittimamente.
Nel caso di specie, infatti, l’esigenza di tutelare l’uso pubblico della strada
giustifica l’ordine di rimozione della recinzione nel solo tratto in cui essa
impedisce l’esercizio della servitù, mentre non vale a legittimare la rimozione
di tutta la residua parte di recinzione.
I provvedimenti impugnati, pertanto, meritano di essere parzialmente annullati,
nei limiti in cui essi comportano la rimozione anche della parte di recinzione
che, non costituendo ostacolo all’esercizio della servitù di passaggio, risulta
legittimamente realizzata.
La soccombenza reciproca delle parti giustifica l’integrale compensazione delle
spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, sez. I, definitivamente
pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie in parte e, per l’effetto,
annulla parzialmente i provvedimenti impugnati, nei limiti indicati in parte
motiva.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 28/1/2010 con
l'intervento dei magistrati:
Franco Bianchi, Presidente
Richard Goso, Primo Referendario, Estensore
Alfonso Graziano, Referendario
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/02/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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