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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562

 

 

T.A.R. PIEMONTE, Sez. II - 18 febbraio 2010, n. 973


INQUINAMENTO - Piano di caratterizzazione - Ordinanza - Destinatario - Responsabile dell’inquinamento - Mancanza del responsabile - Realizzazione degli interventi necessari da parte del Comune - Costituzione dell’onere reale sul terreno interessato. L’ordinanza con la quale si impone la presentazione del piano di caratterizzazione del sito (che è il primo passo per la realizzazione del progetto di bonifica e di ripristino ambientale, così come indicato dall’Allegato IV al d.m. n. 471 del 1999) deve essere diretta unicamente al responsabile del rilevato inquinamento: in mancanza del responsabile, non può essere coinvolto direttamente il proprietario dell’area, ma è semmai il Comune stesso a doversi attivare per la realizzazione degli interventi necessari, salva la costituzione dell’onere reale sul terreno interessato. Pres. Calvo, Est. Masaracchia - C. s.n.c. e altri (avv. Forno) c. Comune di Nole Canavese (avv. Saracco). TAR PIEMONTE, Sez. II - 18 febbraio 2010, n. 973

 

 

 

N. 00973/2010 REG.SEN.
N. 00982/2002 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Seconda)


ha pronunciato la presente


SENTENZA


Sul ricorso numero di registro generale 982 del 2002, proposto da:
SOCIETÀ CB DI CERVI MARCO E ROSSO IVAN s.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore dott. Cervi Marco, con sede legale in Nole C.se (TO), Via Amianto n. 1, SOCIETÀ IMMOBILIARE SANVITO DI COSTA SALUTE FLAVIO & C. s.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore sig. Costa Salute Flavio, con sede legale in Nole C.se (TO), Via Amianto n. 1, COSTA SALUTE FLAVIO in proprio, residente in Ciriè (TO), Via Rossetti n. 1, DITTA INDIVIDUALE M.M.R. DI MARZOLLA MARIA ROSA, in persona del titolare pro tempore Marzolla Maria Rosa, con sede legale in Nole C.se (TO), Via Amianto n. 1 e SOCIETA’ IMMOBILIARE CAR.GI DI FEDRIZZI CARLO E TARANTOLA GIANNA s.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore Tarantola Gianna, con sede legale in Torino, Via Schina n. 7, rappresentati e difesi dall’avv. Paolo Forno ed elettivamente domiciliati presso lo studio dello stesso in Torino, corso Vittorio Emanuele II, 198

contro

COMUNE DI NOLE CANAVESE, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Gianni Maria Saracco, con domicilio eletto presso il suo studio in Torino, corso Re Umberto, 65;

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

a) dell’ordinanza n. 17/02, Prot. n. 3200, a firma del responsabile dell’Area Tecnica del Comune di Nole C.se, emessa in data 16.5.2002 e notificata ai ricorrenti in data 17.5.2002, con la quale si ordina di presentare presso l’Ufficio Tecnico Comunale entro trenta giorni dalla notifica il piano di caratterizzazione del sito redatto ai sensi del D.M. 471/99;

b) di ogni altro atto preparatorio, presupposto, connesso e consequenziale.


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune Nole Canavese;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 03/02/2010 il dott. Antonino Masaracchia e comparso l’avv. Forno per i ricorrenti; nessuno per il Comune resistente;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO


1. Con ordinanza n. 17/02, prot. n. 3200 del 16 maggio 2002, il Responsabile dell’Area tecnica del Comune di Nole Canavese ha ordinato ai proprietari di immobili “ricadenti all’interno dell’area facente parte del complesso industriale ex Bender e Martiny”, sito nel territorio comunale in località “Stabilimento Amianto”, di presentare presso l’Ufficio Tecnico comunale il piano di caratterizzazione del sito redatto ai sensi del d.m. n. 471 del 1999 (Regolamento recante criteri, procedure e modalità per la messa in sicurezza, la bonifica e il ripristino ambientale dei siti inquinati, ai sensi dell'articolo 17 del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni e integrazioni).

Il provvedimento prende le mosse dal “verbale di sequestro redatto dall’ASL 6 del cantiere all’interno del comprensorio industriale ex Bender & Martiny” e dalla successiva “perizia di analisi dell’ARPA prot. n. 1391 del 29/04/2002 relativa al campione di materiale prelevato presso il cantiere [...] nella quale si rileva che il materiale è costituito prevalentemente da amianto di tipo crisotilo”. Il responsabile è quindi addivenuto al riferito dispositivo, avendo ritenuto che “lo stato dei terreni all’interno dell’intero comprensorio industriale, potrebbe rappresentare un concreto pericolo per la salute pubblica e l’ambiente naturalmente anche in considerazione del fatto che nel comprensorio industriale in questione ha operato per anni la Bender & Martiny, azienda nella quale veniva lavorato l’amianto nelle sue diverse forme”.


2. Avverso la descritta ordinanza hanno presentato ricorso a questo TAR la società CB di Cervi Marco e Rosso Ivan s.n.c., la società Immobiliare Sanvito di Costa Salute Flavio & C. s.n.c., il sig. Flavio Costa Salute in proprio, la ditta individuale M.M.R. di Marzolla Maria Rosa e la società Immobiliare Car.Gi di Fedrizzi Carlo e Tarantola Gianna s.a.s., tutti proprietari di porzioni di terreni e di fabbricati siti nell’area denominata “ex Bender & Martiny”, come tali destinatari dell’ordinanza suddetta.

I ricorrenti chiedono l’annullamento dell’ordinanza n. 17/02, previa sospensiva cautelare anche inaudita altera parte.

Essi premettono che sulle aree di loro proprietà (tutte ricomprese nell’area denominata “ex Bender & Martiny, dal nome della società che precedentemente l’occupava, ivi svolgendo lavorazioni di amianto) vengono svolte attività che “non comportano, né hanno mai comportato escavazioni, movimentazioni di terra o attività simili, tanto che il suolo sul quale gli impianti insistono appare ricoperto da pavimentazione omogenea in cemento e asfalto”. A seguito dell’apertura di un cantiere nelle proprietà di altri soggetti (pur sempre ricomprese nell’area dell’ex Bender & Martiny) “con attività di scavo”, “perveniva segnalazione Comune di Nole C.se circa la presenza di amianto crisotilo, “fatto poi accertato dall’A.R.P.A. con perizia prot. n. 1391 del 29.04.2002”. Sopraggiungeva, quindi, l’impugnata ordinanza rivolta anche ai ricorrenti “benchè del tutto estranei all’area ove venne reperito il campione contenente amianto crisotilo”.

Ciò premesso, i ricorrenti deducono, in diritto, tre motivi di gravame.


2.1. Con il primo motivo si fa valere: “Eccesso di potere per carenza assoluta di motivazione. Omessa motivazione. Difetto assoluto di istruttoria. Contraddittorietà e perplessità dell’iter amministrativo”.

Osservano i ricorrenti che, nel caso di specie, “la sola ed unica area nella quale si è avuta la presenza di amianto crisotilo, con conseguente pericolo concreto ed attuale di inquinamento, è costituita dal cantiere edile”, laddove “nessun rilevamento risulta invece essere stato fatto nelle aree di proprietà dei ricorrenti”. Da ciò questi ultimi deducono “il gravissimo difetto di istruttoria dell’amministrazione, la quale ha ordinato la bonifica del sito ai ricorrenti sulla mera base di presunzioni assolutamente non consentite”, invece di limitarsi “alle aree sulle quali insiste il cantiere in cui è stato rilevato l’inquinamento”. Di conseguenza, mancherebbe il requisito del “pericolo concreto ed attuale” – con riferimento alla aree di proprietà dei ricorrenti – previsto dall’art. 8 del d.m. n. 471 del 1999 per l’adozione dell’ordinanza comunale.

Del resto, con riferimento alla normativa di cui al d.lgs. n. 22 del 1997, i siti di proprietà dei ricorrenti “già rispettano i parametri di legge” e “non comportano alcun pericolo né concreto né attuale di superamento dei limiti di accettabilità fissati con il D.M. n. 471/99”.

I ricorrenti inoltre evidenziano un “ulteriore elemento sintomatico dell’eccesso di potere”, ossia “il lungo lasso di tempo trascorso tra l’ipotetico inquinamento (pacificamente determinato dall’attività della società Bender & Martiny S.p.A. in epoca anteriore al 1987, come ammesso dalla stessa amministrazione nel provvedimento impugnato)” e l’adottata ordinanza.


2.2. Con il secondo motivo di gravame i ricorrenti fanno valere: “Violazione di legge in riferimento all’art. 17 del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 ed agli artt. 7 e 8 del D.M. 25 ottobre 1999 n. 471”.

Ai sensi delle richiamate disposizioni, il procedimento di bonifica dei siti inquinati, a partire dalla presentazione del “piano di caratterizzazione”, riguarderebbe “solo ed unicamente il soggetto che ha cagionato per dolo o colpa l’inquinamento”, mentre il soggetto proprietario del sito “risponde delle operazioni di bonifica solo se ed in quanto sia il responsabile dell’inquinamento”: in caso diverso, la notificazione dell’ordinanza comunale varrebbe nei suoi confronti “ai soli fini di costituire onere reale sulle aree inquinate (art. 17 comma 10 D.Lgs. n. 22/97) e di fare assistere da privilegio speciale immobiliare sulle aree le spese di bonifica e ripristino (art. 17 comma 11 D.Lgs. n. 22/97)”. Da qui l’illegittimità dell’impugnata ordinanza “in quanto si rivolge non già al responsabile dell’inquinamento, ma ai singoli (e neppure tutti [...]) proprietari dei lotti afferenti il complesso denominato ‘ex Bender & Martiny’”.


2.3. Con il terzo motivo di gravame, infine, si deduce: “Eccesso di potere per difetto assoluto di istruttoria”.

Nessuna adeguata istruttoria avrebbe preceduto, secondo i ricorrenti, il provvedimento impugnato: ciò, “al fine di identificare tutti i proprietari del sito ritenuto inquinato”. I proprietari, infatti, “non sono soltanto quelli interessati dal provvedimento impugnato, bensì anche altri soggetti, in parte identificati con certezza dagli odierni ricorrenti [...], in parte non identificati”, come emergerebbe “in modo in equivoco” dalla planimetria del sito.


3. Con decreto n. 701 del 2002 il Presidente di questa Sezione ha accolto la richiesta di sospensione cautelare inaudita altera parte, rilevando la sussistenza dei presupposti di estrema gravità ed urgenza.


4. Si è costituito in giudizio il Comune di Nole Canavese, in persona del Sindaco pro tempore, depositando documenti e chiedendo il rigetto del ricorso.

Osserva l’amministrazione che “costituisce dato inconfutabile il fatto che i ricorrenti siano proprietari di terreni e fabbricati siti nell’area denominata ‘Ex Bender & Martiny’”. La situazione ambientale di tali proprietà sarebbe “chiaramente pericolosa per la salute pubblica” proprio in considerazione della presenza di “una notevole percentuale di amianto”. Del resto, anche per le proprietà dei ricorrenti (attualmente non interessate dalle attività di escavazione proprie del cantiere) non potrebbe per il futuro escludersi “che nuove o diverse esigenze di lavoro sollecitino ulteriori attività di escavazione, movimentazione di terra e/o rimozione dell’esistente pavimentazione”.

In ogni caso l’ordinanza impugnata, che richiede unicamente la predisposizione del piano di caratterizzazione, non avrebbe “natura sanzionatoria, non essendo diretta a punire i soggetti responsabili della situazione di pericolo, quanto invece finalità programmatoria nella parte in cui costituisce il primo livello di progettazione come prevista dalla legislazione vigente”.


5. Con ordinanza n. 872 del 2002 questo TAR ha accolto la domanda cautelare di sospensione dell’atto impugnato “limitatamente alla posizione dei ricorrenti”, sulla base della considerazione che “non sussiste un pericolo attuale di inquinamento” ed attesa “la sussistenza di un danno grave ed irreparabile”.


6. Alla pubblica udienza del 3 febbraio 2010 il ricorso è stato trattenuto in decisione.


DIRITTO


1. Con il ricorso in epigrafe viene contestata la legittimità dell’ordinanza comunale con la quale è stato ingiunto ai ricorrenti – tutti proprietari di lotti ricompresi in un’area denominata “ex Bender & Martiny”, dal nome dell’impresa che, in passato, esercitava sull’intero sito attività industriali che implicavano l’uso di amianto – di predisporre il piano di caratterizzazione del sito ai sensi del d.m. n. 471 del 1999 ai fini della successiva bonifica e ripristino del sito inquinato dall’amianto.

Gli aspetti salienti della fattispecie per la quale è causa, come si legge nello stesso atto impugnato, sono i seguenti: la ASL n. 6 aveva proceduto al sequestro di un “cantiere all’interno del comprensorio industriale ex Bender & Martiny”; il campione di materiale prelevato presso lo stesso cantiere è stato analizzato dall’ARPA ed è stato rilevato che tale materiale “è costituito prevalentemente da amianto di tipo crisotilo”; quindi è stata adottata l’impugnata ordinanza rivolta ai “proprietari di immobili ricadenti all’interno dell’area facente parte del complesso industriale ex Bender e Martiny”, ossia non ai proprietari del cantiere già oggetto delle verifiche della ASL e dell’ARPA ma a coloro che hanno titolo di proprietà su aree diverse dal cantiere ma pur sempre ricadenti nel comprensorio ex Bender & Martiny.


2. Il ricorso è fondato.

Colgono nel segno i primi due motivi di gravame, mediante i quali i ricorrenti lamentano difetto di istruttoria e violazione dell’art. 17, comma 2, del d.lgs. n. 22 del 1997 e degli artt. 7 e 8 del d.m. n. 471 del 1999.

In primo luogo, emerge chiaramente dal testo dello stesso atto impugnato che l’ordinanza comunale è stata adottata senza previamente svolgere alcun rilevamento nelle aree di proprietà dei ricorrenti. Se le verifiche della ASL e dell’ARPA si erano concentrate, unicamente, sul cantiere esistente all’interno del comprensorio industriale – tanto che la presenza di amianto è stata individuata soltanto con riferimento “al campione di materiale prelevato presso il cantiere” – la valutazione sullo stato complessivo dei terreni diversi dal cantiere è stato invece realizzato senza alcuna verifica in loco. Si legge nell’ordinanza impugnata che, anche per questi terreni, “potrebbe” sussistere un “concreto pericolo per la salute pubblica e per l’ambiente”, “anche in considerazione del fatto che nel comprensorio industriale in questione ha operato per anni la Bender & Martiny, azienda nella quale veniva lavorato l’amianto nelle sue diverse forme”. In sostanza, la presenza di amianto e la conseguente pericolosità salubre anche con riferimento ai terreni diversi dal cantiere dove erano stati svolti gli accertamenti è stato ricavato, dall’amministrazione, in modo del tutto ipotetico ed astratto, sostanzialmente estendendo i risultati che si erano ricavati a seguito delle verifiche operate sulla zona del cantiere. Circostanza che ha determinato, all’evidenza, soltanto una prognosi futura ed eventuale di pericolosità, ma non certo attuale, come sarebbe stato doveroso ai fini dell’adozione dell’atto impugnato.

In secondo luogo – come ulteriormente argomentato dai ricorrenti – in base all’art. 17, comma 2, del d.lgs. n. 22 del 1997 (vigente all’epoca dei fatti) è il responsabile dell’inquinamento, e non anche il proprietario dei luoghi, a dover “procedere a proprie spese agli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale delle aree inquinate”. Soggiunge il comma 9 dello stesso art. 17 che, “Qualora i responsabili non provvedano ovvero non siano individuabili, gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale sono realizzati d'ufficio dal Comune territorialmente competente”; in tal caso, “Gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale nonché la realizzazione delle eventuali misure di sicurezza costituiscono onere reale sulle aree inquinate” (comma 10) e le spese sostenute per la messa in sicurezza, la bonifica ed il ripristino ambientale delle aree inquinate nonché per la realizzazione delle eventuali misure di sicurezza sono assistite da privilegio speciale immobiliare sulle aree medesime nonché da privilegio generale mobiliare (comma 11). Ad analoghi principi sono ispirati gli artt. 7 e 8 del d.m. n. 471 del 1999 (decreto, del resto, emanato proprio in attuazione del d.lgs. n. 22 del 1997). In particolare, per quanto qui più interessa, l’art. 8, commi 2 e 3, del citato d.m. prevede che il Comune diffida, con propria ordinanza, “il responsabile dell’inquinamento” ad adottare gli interventi necessari per la messa in sicurezza, la bonifica ed il ripristino ambientale dei luoghi e che l’ordinanza è notificata anche al proprietario del sito “ai sensi e per gli effetti dell'articolo 17, commi 10 e 11, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22”, ossia unicamente ai fini della costituzione dell’onere reale sulle aree e dei privilegi immobiliare e mobiliare.

Il punto è, del resto, confermato dall’unanime giurisprudenza amministrativa, anche recente, che sottolinea l’operatività, nel nostro ordinamento, del principio “chi inquina paga” (cfr. TAR Calabria, Catanzaro, sez. I, n. 1118 del 2009; TAR Toscana, sez. II, n. 1448 del 2009; TAR Emilia-Romagna, Bologna, sez. II, n. 1052 del 2009; Cons. Stato, sez. V, n. 3885 del 2009), all’epoca dei fatti qui considerati cristallizzato proprio dall’art. 17, comma 2, del d.lgs. n. 22 del 1997.

In definitiva, l’ordinanza con la quale si impone la presentazione del piano di caratterizzazione del sito (che è il primo passo per la realizzazione del progetto di bonifica e di ripristino ambientale, così come indicato dall’Allegato IV al d.m. n. 471 del 1999) deve essere diretta unicamente al responsabile del rilevato inquinamento: in mancanza del responsabile, non può essere coinvolto direttamente il proprietario dell’area, ma è semmai il Comune stesso a doversi attivare per la realizzazione degli interventi necessari, salva la costituzione dell’onere reale sul terreno interessato.


3. Il ricorso, quindi, è da accogliere con riferimento ai primi due motivi di gravame e con assorbimento del terzo. L’ordinanza gravata va, pertanto, annullata nella parte in cui si riferisce ai ricorrenti.

Le spese seguono la soccombenza e sono da liquidarsi, equitativamente, in euro 500,00 (cinquecento/00) a favore di ognuno dei ricorrenti.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando,

Accoglie

il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla l’ordinanza n. 17/02, prot. n. 3200, del 16 maggio 2002, emessa dal Responsabile dell’Area Tecnica del Comune di Nole Canavese, nella parte in cui si riferisce ai ricorrenti.

Condanna il Comune di Nole Canavese al pagamento delle spese processuali, fissate in euro 500,00 (cinquecento/00), oltre accessori di legge, in favore di ciascun ricorrente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 03/02/2010 con l'intervento dei Magistrati:

Giuseppe Calvo, Presidente

Ofelia Fratamico, Referendario

Antonino Masaracchia, Referendario, Estensore


L'ESTENSORE                                                IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/02/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO



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