AmbienteDiritto.it
- Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati -
Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. I - 28 aprile 2010, n. 1037
BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Potere espropriativo ex art. 95, cc. 1 e 2
d.lgs. n. 42/2004 - Presupposti differenti rispetto al potere espropriativo ex
artt. 96 e 97 - Delega del potere agli enti locali. L’attribuzione del
potere espropriativo di cui all’art. 95, cc. 1 e 2 del d.lgs. n. 42/2004 (nel
caso di beni culturali mobili e immobili, nei confronti dei quali
l’espropriazione risponda ad un importante interesse a migliorare le condizioni
di tutela ai fini della fruizione pubblica) è caratterizzata da presupposti
evidentemente differenti rispetto alle successive previsioni degli artt. 96; in
particolare, una differenza sostanziale è indubbiamente costituita dalla
possibilità di delegare il potere espropriativo agli enti locali o ad altri enti
pubblici che è prevista dall’art. 95 del Codice dei beni culturali e del
paesaggio, ma non dalle successive previsioni degli artt. 96 e 97. Pres. Ravalli,
Est. Viola - C.A. (avv. Natrella) c. Ministero per i Beni e le Attività
Culturali e altri (Avv. Stato), Comune di Lecce (avv.ti De Salvo, Astuto e
Ciulla) e altro (n.c.). TAR PUGLIA, Lecce, Sez. I - 28 aprile 2010, n. 1037
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 01037/2010 REG.SEN.
N. 01675/2008 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Prima
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 1675 del 2008, proposto da:
Calabrese Aversini Maria, rappresentata e difeso dall'avv. Antonio Natrella, con
domicilio eletto presso Antonio Natrella in Lecce, via 95 Rgt Fanteria, 9;
contro
Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Ministero delle Infrastrutture e
dei Trasporti - Roma, Direzione Regionale Beni Culturali e Paesaggistici,
Soprintendenza Beni Archeologici per la Puglia e Soprintendenza per il paesaggio
e per il patrimonio Storico e Demoantropologico, Soprintendenza per i beni
Architettonici Prov. Lecce Brindisi Taranto, rappresentati e difesi
dall'Avvocatura Distrettuale, domiciliata per legge in Lecce, via F. Rubichi 23;
Comune di Lecce, rappresentato e difeso dagli avv. Maria Luisa De Salvo, Laura
Astuto, Elisabetta Ciulla, con domicilio eletto presso Maria Luisa De Salvo in
Lecce, c/o Municipio;
Regione Puglia – Bari, non costituita in giudizio;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
della nota prot. n.110333 del 17.09.2008 a firma del Responsabile dell'Ufficio
Espropriazioni Patrimonio avente ad oggetto "Progetto definitivo per il
completamento dei lavori di funzionalizzazione valorizzazione e fruizione del
Parco Archeologico Rudiae" e dell'allegato decreto definitivo di espropriazione
(prot. gen. 110333) n.825 del 15.09.2008 a firma congiunta del Dirigente del
Settore Lavori Pubblici e del Responsabile dell'Ufficio Espropriazioni,
notificati il 22.09.2008, nonchè del verbale di immissione in possesso, mai
notificato; della delibera di G.C. di Lecce n.73 dell'11.02.2008 avente ad
oggetto: "Approvazione progetto definitivo relativo all'intervento di
Funzionalizzazione, valorizzazione e fruizione del Parco Archeologico Rudiae.
Importo progetto definitivo Euro 635.000,00" e dei suoi elaborati ed allegati
progettuali; nonchè di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale,
tra cui ogni atto relativo al richiamato procedimento ablatorio nello stesso
richiamati.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero per i Beni e le Attività
Culturali, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - Roma, Direzione
Regionale Beni Culturali e Paesaggistici, Soprintendenza Beni Archeologici per
la Puglia e Soprintendenza per il paesaggio e per il patrimonio Storico e
Demoantropologico, Soprintendenza per i beni Architettonici Prov. Lecce Brindisi
Taranto e di Comune di Lecce;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 marzo 2010 il dott. Luigi Viola e
uditi altresì, il Prof. Avv. Ernesto Sticchi Damiani in sostituzione dell’Avv.
Natrella per la ricorrente, l’Avv. dello Stato Pedone per le Amministrazioni
statali resistenti e l’Avv. Ciulla per l’Amministrazione comunale di Lecce;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La ricorrente è proprietaria dell’area sita nel Comune di Lecce e censita in
catasto al foglio n. 248, p.lla 215, coltivata ad oliveto e seminativo; l’area
in questione è sottoposta fin dal 1970 (d.m. 6 novembre 1970) al vincolo
archeologico ex l. 1089/1939, è classificata come Ambito Territoriale Distinto
“C” dal P.U.T.T./Paesaggio della Regione Puglia ed è tipizzata come zona
agricola “E2” dallo strumento urbanistico vigente nel Comune di Lecce (che
prevede altresì l’applicabilità all’area del regime di inedificabilità assoluta
previsto dall’art. 123 delle N.T.A.).
Con deliberazione n. 42 dell’11 maggio 2004, il Consiglio Comunale di Lecce
approvava il Bilancio Pluriennale di Previsione con l’allegato Programma
Triennale delle opere pubbliche e relativo Elenco annuale dei lavori 2004,
inserendo anche l’intervento di <<funzionalizzazione, valorizzazione e fruizione
del parco archeologico di Rudiae>> (intervento inserito e finanziato dal
Programma di riqualificazione urbana e sviluppo sostenibile del territorio, cd.
PRUSST); con la successiva delibera 14 settembre 2005 n. 63, il Consiglio
comunale di Lecce approvava il progetto preliminare dell’intervento in variante
allo strumento urbanistico, ai sensi dell’art. 8 della l.r. n. 3/2005.
Dopo la dichiarazione di pubblica utilità dell’intervento (decreto 12 aprile
2007 del Direttore Generale per i Beni Archeologici del Ministero per i beni e
le attività culturali), era quindi approvato, con delibera G.C. 11 febbraio 2008
n. 73, il progetto definitivo delle opere; in data 22 settembre 2008, era quindi
notificato alla ricorrente il decreto 15 settembre 2008 avente ad oggetto
l’espropriazione di una parte dell’area di proprietà.
Gli atti meglio specificati in epigrafe erano impugnati dalla ricorrente per: 1)
violazione degli artt. 7 e 8 della l. 241 del 1990 e degli artt. 12 e 16 del
t.u. n. 327 del 2001 e successive modifiche ed integrazioni; 2) violazione degli
artt. 117 lett. s) e 118, 3° comma della Costituzione, violazione degli artt. 4
e 88 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42; 3) violazione degli artt. 117 lett. s) e
118, 3° comma della Costituzione, violazione degli artt. 2, 4, 10, 88, 91, 97,
98 e 100 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, eccesso di potere per erronea
presupposizione in fatto e in diritto, difetto di istruttoria, illogicità,
perplessità ed irragionevolezza dell’azione amministrativa, violazione del
principio del giusto procedimento, incompetenza assoluta, nullità ex art. 1164
del d.lgs. 42 del 2004, nullità ex art. 21-septies l. 241 del 1990; 4)
violazione, falsa ed erronea interpretazione ed applicazione degli artt. 95 e 98
del d.lgs. 42 del 2004, nullità ex art. 164 del d.lgs. 42 del 2004, nullità ex
art. 21-septies l. 241 del 1990, incompetenza, eccesso di potere per erronea
presupposizione in fatto e in diritto, difetto di istruttoria, perplessità e
contraddittorietà dell’azione amministrativa, violazione del principio di
tipicità degli atti amministrativi; 5) eccesso di potere per perplessità
dell’azione amministrativa, disparità di trattamento, violazione dell’art. 3
della Costituzione; 6) violazione degli artt. 8, 9, 12 e 19 del t.u. n. 327 del
2001, violazione art. 11 e 12 della l.r. n. 20/2001, violazione e falsa
applicazione dell’art. 8, 2° comma della l.r. n. 3/2005, violazione del
principio del giusto procedimento; 7) violazione artt. 135 e 136 del d.lgs. 42
del 2004, violazione dell’art. 16 della l.r. n. 56 del 1980, violazione artt.
11, 7° comma e 12 della l.r. n. 11/2001, violazione del P.U.T.T./Paesaggio della
Regione Puglia, violazione dei principi in materia di pianificazione
urbanistica, violazione del principio del giusto procedimento; 8) eccesso di
potere per perplessità e contraddittorietà dell’azione amministrativa sotto
altro profilo, sviamento della causa tipica dell’atto.
Si costituivano in giudizio le Amministrazioni statali intimate e il Comune di
Lecce, controdeducendo sul merito del ricorso.
All'udienza del 24 marzo 2010 il ricorso passava quindi in decisione.
DIRITTO
Il ricorso deve, in parte, essere rigettato, in quanto infondato nel merito ed
in parte, essere dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione ed
interesse in capo a parte ricorrente.
In particolare, la Sezione deve richiamare, in via preliminare, la previsione
dell’art. 95, 1° e 2° comma del d.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 (Codice dei beni
culturali e del paesaggio) che prevede la possibilità, per il Ministero per i
beni e le attività culturali, di <<autorizzare, a richiesta, le regioni, gli
altri enti pubblici territoriali nonché ogni altro ente ed istituto pubblico ad
effettuare l'espropriazione….(di) beni culturali immobili e mobili ….. quando
l'espropriazione risponda ad un importante interesse a migliorare le condizioni
di tutela ai fini della fruizione pubblica dei beni medesimi>>; in tal caso, il
Ministero <<dichiara la pubblica utilità ai fini dell'esproprio e rimette gli
atti all'ente interessato per la prosecuzione del procedimento>>.
Con tutta evidenza, si tratta di un’attribuzione di potere espropriativo che è
caratterizzata da presupposti evidentemente differenti rispetto alle successive
previsioni degli artt. 96 (<<possono essere espropriati per causa di pubblica
utilità edifici ed aree quando ciò sia necessario per isolare o restaurare beni
culturali immobili, assicurarne la luce o la prospettiva, garantirne o
accrescerne il decoro o il godimento da parte del pubblico, facilitarne
l'accesso>>) e 97 (<<il Ministero può procedere all'espropriazione di immobili
al fine di eseguire interventi di interesse archeologico o ricerche per il
ritrovamento delle cose indicate nell'articolo 10>>) del citato d.lgs. 22
gennaio 2004 n. 42; in particolare, una differenza sostanziale è indubbiamente
costituita dalla possibilità di delegare il potere espropriativo agli enti
locali o ad altri enti pubblici che è prevista dall’art. 95 del Codice dei beni
culturali e del paesaggio, ma non dalle successive previsioni degli artt. 96 e
97 del d.lgs. 42 del 2004.
Una volta delineato il quadro normativo di riferimento, la Sezione non può
convenire con quanto rilevato da parte ricorrente in ordine alla sostanziale
impossibilità di riportare gli interventi posti a base della presente procedura
alla categoria degli interventi tesi a <<migliorare le condizioni di tutela ai
fini della fruizione pubblica dei beni medesimi>> ex art. 95 del d.lgs. 22
gennaio 2004 n. 42, trattandosi, in realtà, di interventi di ricerca
archeologica più agevolmente inquadrabili nella successiva previsione dell’art.
97 del Codice dei beni culturali; a ben guardare, la descrizione degli
interventi contenuta negli elaborati progettuali depositati in giudizio
evidenzia, infatti, una serie di interventi (in particolare, la recinzione delle
aree) che, oltre ad integrare la parte quantitativamente più importante dei
lavori progettati, possono sicuramente essere considerati finalizzati al
miglioramento delle <<condizioni di tutela ai fini della fruizione pubblica>>
del bene culturale in questione; del resto, anche gli interventi di scavo
archeologico e stratigrafico costituenti la residua parte dell’intervento non
possono certo essere considerati estranei al miglioramento della fruizione
pubblica del bene, soprattutto quando, come nel caso di specie, si inseriscano
in un contesto più ampio di complessiva valorizzazione delle condizioni di
fruizione del bene.
È quindi sostanzialmente corretto l’inquadramento dell’intervento nel quadro
della previsione dell’art. 95, 2° comma del d.lgs. 42 del 2004 che, come già
rilevato, permette la delegazione del potere espropriativo agli enti locali e
quindi anche al Comune di Lecce, come avvenuto nel caso di specie.
Per quello che riguarda, poi, l’esercizio concreto della facoltà di delega del
potere espropriativo, è sufficiente rilevare come non possa trovare accoglimento
la censura proposta da parte ricorrente e relativa alla insufficiente
valutazione da parte del Ministero per i beni culturali ed ambientali
dell’effettiva consistenza del progetto, trattandosi, in realtà, di una
valutazione limitata solo ad un progetto “di massima”; la semplice lettura della
nota 7 marzo 2007 prot. n. 2893 della Soprintendenza archeologica della Puglia
evidenzia, infatti, chiaramente come al Ministero sia stata trasmessa l’intera
documentazione progettuale in data anteriore all’emanazione del decreto 12
aprile 2007 che ha dichiarato la pubblica utilità dell’opera; non sussistono
quindi sicuramente elementi sintomatici idonei ad evidenziare una valutazione
parziale o generica del progetto da parte dell’organo che ha dichiarato la
pubblica utilità dell’intervento, ai fini della previsione dell’art. 95 del
d.lgs. 42 del 2004.
Con riferimento alle censure relative alla partecipazione della ricorrente al
procedimento, è sufficiente rilevare come la stessa abbia indubbiamente
partecipato al procedimento presentando anche un’osservazione rigettata dal
Consiglio comunale di Lecce, con la deliberazione 14 settembre 2005 n. 63 del
Consiglio comunale di Lecce; al di là di ogni considerazione formalistica, è
quindi indubbio come la ricorrente abbia avuto cognizione dell’esistenza di un
procedimento espropriativo riguardante il bene ed abbia anzi in parte esercitato
le proprie facoltà partecipative anche se con riferimento ad un procedimento che
non assume certamente, per quanto più oltre rilevato, importanza centrale ai
fini della definizione della fattispecie.
Non sussiste poi alcuna incompatibilità concettuale ad inserire un intervento
come quello in discorso all’interno degli interventi ricadenti nei cc.dd.
P.R.U.S.S.T., trattandosi sicuramente di progetto finalizzato ad uno <<sviluppo
sostenibile sotto il profilo economico, ambientale e sociale…(ed) alla
promozione turistico-ricettiva>>, proprio per effetto del miglioramento delle
condizioni di fruizione pubblica di un bene sicuramente di grande importanza
sotto l’aspetto culturale e turistico.
In definitiva, siamo quindi in presenza dell’esercizio di un potere
espropriativo che si inserisce perfettamente nel quadro della previsione
dell’art. 95, 1° e 2° comma del d.lgs. 22 gennaio 2004. n. 42 ed è quindi
legittimato da una previsione caratterizzata da presupposti normativi
completamente diversi da quelli previsti dalla normativa relativa
all’urbanistica o alla realizzazione delle opere pubbliche; nella vicenda che ci
occupa, sostanzialmente inutile si presenta quindi la modificazione della
destinazione urbanistica dell’area disposta con la deliberazione 14 settembre
2005 n. 63 del Consiglio comunale di Lecce, trattandosi di adempimento che è
sicuramente necessario nella materia delle opere pubbliche, ma che non è per
nulla richiesto ai fini del legittimo esercizio del potere espropriativo
previsto dalla normativa in materia di tutela dei beni culturali (caratterizzato
dagli autonomi presupposti oggi previsti dagli artt. 95 e ss. del d.lgs. 42 del
2004), che può essere legittimamente esercitato indipendentemente da ogni
considerazione in ordine alla destinazione urbanistica dell’area.
In definitiva, quanto sopra rilevato permette di concludere per la sostanziale
superfluità della deliberazione 14 settembre 2005 n. 63 del Consiglio comunale
di Lecce (che ha disposto una modificazione in variante della destinazione
urbanistica dell’area, certo non necessaria in una vicenda in cui
l’espropriazione del bene era sostanzialmente garantita dal legittimo esercizio
del potere previsto dall’art. 95 del d.lgs. 42 del 2004) e, sotto altro profilo,
per il difetto di legittimazione e interesse in capo a parte ricorrente a
sollevare censure con riferimento alla modificazione del regime urbanistico o al
regime proprietario (come per le censure relative alla proprietà del materiale
archeologico eventualmente rivenuto nel corso delle campagne di scavo) di aree
che non rientrano più nella disponibilità privata, per effetto del legittimo
esercizio del potere espropriativo finalizzato all’incremento delle condizioni
di fruizione pubblica del bene culturale; con tutta evidenza, si tratta,
infatti, di problematiche che non possono essere sollevate da chi abbia perso la
proprietà del bene, per effetto dell’esercizio legittimo di un potere
espropriativo che si regge esclusivamente attraverso il riferimento all’art. 95
del Codice dei beni culturali e del paesaggio.
Il ricorso deve pertanto essere, in parte, rigettato (per quanto riguarda le
censure relative all’esercizio del potere ex art. 95 del d.lgs. 42 del 2004) ed
in parte, dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione ed interesse
(per quello che riguarda le residue censure) in capo a parte ricorrente.
Sussistono ragioni per procedere alla compensazione delle spese di giudizio tra
le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale della Puglia, I Sezione di Lecce,
definitivamente pronunciando sul ricorso in premessa, in parte, lo rigetta ed in
parte, lo dichiara inammissibile, come da motivazione.
Compensa le spese di giudizio tra le parti.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 24 marzo 2010 con
l'intervento dei Signori:
Aldo Ravalli, Presidente
Luigi Viola, Consigliere, Estensore
Massimo Santini, Referendario
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 28/04/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
AmbienteDiritto.it
- Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati -
Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
Vedi
altre:
SENTENZE PER ESTESO
Ritorna alle
MASSIME della sentenza - Approfondisci
con altre massime:
GIURISPRUDENZA -
Ricerca in:
LEGISLAZIONE
- Ricerca
in:
DOTTRINA
www.AmbienteDiritto.it