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1974-9562
T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. I - 30 aprile 2010, n. 1064
DIRITTO DELL’ENERGIA - Impianti di energia rinnovabile - Esigenze di
semplificazione procedimentale e di liberalizzazione del sistema - Normativa
nazionale e comunitaria - Adempimenti istruttori posti a carico del privato -
Criterio di stretta interpretazione ed applicazione. L’esigenza di
semplificazione procedimentale e di liberalizzazione del sistema riveste natura
particolarmente accentuata in materia di impianti di energia rinnovabile, se
solo si tiene in debito conto, da un lato, che gli impianti stessi sono
considerati dalla normativa nazionale (d.lgs. n. 387 del 2003) come opere di
interesse pubblico; dall’altro lato, che la normativa comunitaria di riferimento
(2001/77/CE), nell’ottica di una progressiva liberalizzazione del mercato
dell’energia, esprime un netto “favor” per la produzione di energia derivante da
fonti rinnovabili e per la realizzazione dei relativi impianti: in tale
prospettiva, il legislatore comunitario impone così agli stati membri di
rimuovere ogni ostacolo normativo o di altro tipo all’aumento della produzione
di elettricità di questo tipo. Atteso l’obiettivo di massima semplificazione
perseguito, ogni tipo di adempimento istruttorio posto a carico del privato deve
essere soggetto ad un criterio di stretta interpretazione ed applicazione. Pres.
Ravalli, Est. Santini - F. s.r.l. (avv.ti Busiri Vici e Cantobelli) c. Comune di
Fragagnano (avv. Nilo) - TAR PUGLIA, Lecce, Sez. I - 30 aprile 2010, n. 1064
DIRITTO URBANISTICO - Interventi soggetti a D.I.A. - Art. 23 T.U.ED. -
Amministrazione procedente - Condizioni ostative ulteriori rispetto alle
previsioni normative - Illegittimità. Poiché l’art. 23 del testo unico
edilizia richiede che gli interventi soggetti a D.I.A., ai fini della loro
ammissibilità, siano unicamente conformi agli strumenti urbanistici ed edilizi,
alle norme di sicurezza ed a quelle di carattere igienico-sanitario, si deve
ritenere che fuori da tali ipotesi la PA procedente non possa prospettare
condizioni ostative alla realizzazione dell’intervento ulteriori o afferenti ad
interessi non rientranti tra quelli eminentemente ascritti alla sua sfera di
competenza. Pres. Ravalli, Est. Santini - F. s.r.l. (avv.ti Busiri Vici e
Cantobelli) c. Comune di Fragagnano (avv. Nilo) - TAR PUGLIA, Lecce, Sez. I -
30 aprile 2010, n. 1064
DIRITTO DELL’ENERGIA - Impianti di produzione di energia elettrica da FER -
Comune - Introduzione di discipline regolatrici - Strumentazione urbanistica e
piano regolamentare - Art. 12, c. 7 d.lgs. n. 387/2003. Il Comune ha facoltà
- anche in relazione a quanto previsto dall’art. 12, comma 7, del decreto
legislativo n. 387 del 2003, nonché dalla legge regionale pugliese n. 31 del
2008, circa le aree di particolare pregio agricolo - di introdurre
preventivamente discipline regolatrici degli impianti di produzione di energia
elettrica da fonte rinnovabile, sia a livello di strumentazione urbanistica (per
quanto attiene ai criteri ed ai limiti di localizzazione) sia sul piano
regolamentare (per quanto attiene in particolare al procedimento istruttorio, in
diretta applicazione dell’art. 117, sesto comma, Cost.), di modo che un siffatto
quadro normativo comunale possa poi fungere da parametro di conformità dei
successivi interventi proposti mediante DIA. Pres. Ravalli, Est. Santini - F.
s.r.l. (avv.ti Busiri Vici e Cantobelli) c. Comune di Fragagnano (avv. Nilo) -
TAR PUGLIA, Lecce, Sez. I - 30 aprile 2010, n. 1064
DIRITTO DELL’ENERGIA - Impianti di produzione di energia elettrica da FER -
Opere di interesse pubblico - Natura di opera pubblica - Esclusione. Gli
impianti di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile, benché di
interesse pubblico, non sono comunque classificabili quali opere pubbliche.
Pres. Ravalli, Est. Santini - F. s.r.l. (avv.ti Busiri Vici e Cantobelli) c.
Comune di Fragagnano (avv. Nilo) - TAR PUGLIA, Lecce, Sez. I - 30 aprile
2010, n. 1064
DIRITTO DELL’ENERGIA - Impianti di produzione di energia elettrica -
Interferenze con le linee di comunicazione elettronica - Nulla osta ministeriale
- Procedimento urbanistico - Diversità. Il nulla osta ministeriale circa
l’assenza di interferenze con le linee di comunicazione elettronica deve essere
acquisito all’interno del procedimento, puntualmente delineato dalla legge
regionale pugliese n. 25 del 2008, concernente la costruzione e l’esercizio di
linee ed impianti elettrici, il quale si colloca - in funzione dell’esercizio
dell’impianto stesso - su un piano diverso rispetto a quello urbanistico, tanto
più che diversa - rispetto a quella comunale - è l’autorità che provvede ad
attivarlo ed a concluderlo (Provincia). Pres. Ravalli, Est. Santini - F. s.r.l.
(avv.ti Busiri Vici e Cantobelli) c. Comune di Fragagnano (avv. Nilo) - TAR
PUGLIA, Lecce, Sez. I - 30 aprile 2010, n. 1064
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 01064/2010 REG.SEN.
N. 01729/2009 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Prima
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 1729 del 2009, proposto da:
Fv3 Srl, rappresentato e difeso dagli avv. Mario Busiri Vici e Francesco
Cantobelli, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Lecce, via
Zanardelli n. 60;
contro
Comune di Fragagnano, rappresentato e difeso dall'avv. Luigi Nilo, con domicilio
eletto presso Ernesto Sticchi Damiani in Lecce, via 95° Rgt. Fanteria, 9;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
del provvedimento prot. 6358 del 21 agosto 2009, notificato alla ricorrente in
data 1° settembre 2009, con il quale il Responsabile dell'Area Tecnica del
Comune di Fragagnano ordinava di non effettuare l'intervento di cui alla
denuncia di inizio attività presentata dalla ricorrente al fine di realizzare un
impianto fotovoltaico.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Fragagnano;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24/03/2010 il dott. Massimo Santini e
uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. La società ricorrente ha presentato una DIA per la realizzazione di un
impianto fotovoltaico di potenza inferiore ad 1MW.
La DIA veniva presentata in particolare il 22 luglio 2009.
In data 1° settembre 2009 perveniva alla ditta stessa un provvedimento comunale
di inibizione circa l’intervento di cui in premessa. La suddetta inibitoria
veniva in particolare disposta per mancanza del punto di assegnazione, carenza
del nulla osta alla realizzazione di linee elettriche, mancanza della
documentazione richiesta a tal fine dallo specifico regolamento comunale in
materia e mancata indicazione delle aree da asservire all’intervento ai sensi
della legge regionale n. 31 del 2008.
2. Tale provvedimento veniva impugnato per i seguenti motivi:
a) violazione degli artt. 22 e 23 del testo unico edilizia nella parte in cui
l’inibitoria comunale è tardivamente intervenuta una volta che il titolo
edilizio si era ormai formato. In tal caso doveva dunque essere adottato un
provvedimento di autotutela;
b) violazione dei richiamati articoli del testo unico edilizia e del principio
di non aggravamento nella parte in cui l’amministrazione ha richiesto
documentazione ultronea e comunque non richiesta dalla specifica normativa di
settore;
c) eccesso di potere per erroneità dei presupposti di fatto nella parte in cui
non è stata considerata la presenza di alcuni dati (rapporto superficie radiante
e superficie asservita e documentazione riguardante punti panoramici).
3. Si costituiva in giudizio l’amministrazione comunale per chiedere il rigetto
del gravame.
4. Alla pubblica udienza del 24 marzo 2010 la causa veniva infine trattenuta in
decisione.
5. Tutto ciò premesso, il ricorso è fondato nei sensi e nei limiti di seguito
indicati.
6. Con il primo motivo di ricorso si lamenta che l’ordine di non effettuare
l’intervento sia stato notificato tardivamente, oltre i trenta giorni previsti
dall’art. 23 del DPR n. 380 del 2001, ossia allorquando il titolo edilizio
doveva ritenersi già formato.
In particolare: la DIA è stata presentata il 22 luglio 2009; l’ordine di non
effettuare l’intervento è stato adottato il 21 agosto 2009 (entro i trenta
giorni), per poi essere inviato lo stesso giorno (dunque ancora entro i trenta
giorni) e poi ricevuto dal ricorrente il successivo 1° settembre (questa volta
fuori i trenta giorni).
Occorre stabilire, al riguardo, se la scadenza del termine (perentorio) di
trenta giorni previsti per l’eventuale intervento inibitorio della PA coincida
con l’esito delle istruttoria (o meglio del processo decisionale) oppure con il
momento in cui il relativo ordine sia effettivamente portato a conoscenza del
privato istante: in altre parole, se il dies ad quem sia quello dell’adozione
del provvedimento oppure l’altro della avvenuta notifica.
L’art. 23, comma 6, del DPR n. 380 del 2001, prevede che “il dirigente o il
responsabile del competente ufficio comunale, ove entro il termine indicato al
comma 1 (ndr: trenta giorni) sia riscontrata l’assenza di una o più delle
condizioni stabilite, notifica all’interessato l’ordine motivato di non
effettuare il previsto intervento”.
Sul piano letterale, è agevole osservare come il termine di trenta giorni entro
il quale la PA si deve perentoriamente attivare riguardi il momento della
decisione (ossia quello in cui deve riscontrare l’eventuale assenza delle
condizioni previste dalla normativa vigente) piuttosto che quello della
notifica.
Allo stesso modo, anche sul piano logico e sistematico il collegio ritiene che
alla PA, per ragioni di buon andamento, sia assegnato a tal fine (controllo dei
requisiti di legge) un termine pieno, e non “monco” (ossia di fatto inferiore a
trenta giorni) come quello che alla stessa sarebbe inevitabilmente riservato se,
alla scadenza indicata dalla legge, si dovesse procedere sia alla istruttoria
della pratica ed alla relativa (eventuale) decisione inibitoria, sia alla
materiale notificazione della predetta decisione.
In questa direzione, è sufficiente che nel termine perentorio di trenta giorni
l’ordine sia stato adottato e, tutt’al più, inviato, mentre la notifica (ossia
la materiale conoscenza dell’ordine da parte del privato istante) può
ragionevolmente avvenire, in considerazione degli ordinari tempi tecnici, anche
successivamente a tale termine.
Tale impostazione è peraltro coerente con quanto stabilito dalla Corte
costituzionale a proposito della notifica di atti giudiziari, ove si è affermato
che la notificazione si perfeziona, per il notificante, alla data di consegna
dell’atto all’ufficiale giudiziario anziché a quella, successiva, di ricezione
dell’atto da parte del destinatario antecedente.
Sarebbe infatti palesemente irragionevole che un effetto di decadenza possa
discendere dal ritardo nel compimento di un’attività riferibile non al
notificante, ma a soggetti diversi (l’ufficiale giudiziario, l’agente postale
oppure il messo comunale, come nella specie), e perciò del tutto estranea alla
sfera di disponibilità del primo.
Gli effetti della notificazione (ritiene il collegio anche laddove si tratti di
atti amministrativi con effetti restrittivi della sfera giuridica del
destinatario) devono dunque essere ricollegati, per quanto riguarda il
notificante, al solo compimento delle attività a lui direttamente imposte dalla
legge, ossia alla consegna dell’atto da notificare al soggetto a ciò preposto
(cfr. in termini, Corte cost., 26 novembre 2002, n. 477).
Alla luce di quanto testè affermato, l’ordine di non effettuare l’intervento
deve dunque ritenersi tempestivamente adottato, atteso che la decisione è stata
prima adottata il 21 agosto e poi inviata lo stesso giorno, ossia entro i trenta
giorni previsti dalla legge.
Il primo motivo di ricorso deve essere pertanto rigettato.
7. Quanto, poi, al secondo motivo di ricorso (concernente la richiesta di
integrazione documentale) sussiste ad avviso del collegio la violazione
dell’art. 23 del TUED e dell’art. 12 del decreto legislativo n. 387 del 2003 e,
in particolare, del principio di legalità e dei principi fondamentali stabiliti
dalla normativa nazionale e comunitaria in tema di semplificazione dei
procedimenti autorizzatori in tema di impianti di energia rinnovabile.
7.1. Come noto, la DIA nasce da esigenze di semplificazione e di
liberalizzazione del sistema. In particolare, nel settore urbanistico tale
esigenza si manifesta per lo più in ordine agli interventi (c.d. minori) di non
rilevante impatto urbanistico.
Per quanto riguarda poi gli impianti di energia rinnovabile, tale esigenza
riveste natura ancor più accentuata se solo si tiene in debito conto, da un
lato, che gli stessi sono considerati dalla normativa nazionale (d.lgs. n. 387
del 2003) come opere di interesse pubblico; dall’altro lato, che la normativa
comunitaria di riferimento (2001/77/CE), nell’ottica di una progressiva
liberalizzazione del mercato dell’energia, esprime un netto “favor” per la
produzione di energia derivante da fonti rinnovabili e per la realizzazione dei
relativi impianti: in tale prospettiva, il legislatore comunitario impone così
agli stati membri di rimuovere ogni ostacolo normativo o di altro tipo (es.
amministrativo, come nella specie) all’aumento della produzione di elettricità
di questo tipo.
Atteso l’obiettivo di massima semplificazione perseguito sia dalla DIA edilizia
in sé, sia – e soprattutto – dalla normativa in materia di impianti di energia
rinnovabile (come si evince dal citato quadro regolatorio nazionale e
comunitario), ne deriva che ogni tipo di adempimento istruttorio posto a carico
del privato debba essere soggetto ad un criterio di stretta interpretazione ed
applicazione.
Pertanto, poiché l’art. 23 del testo unico edilizia richiede che tali
interventi, ai fini della loro ammissibilità, siano (unicamente) conformi agli
strumenti urbanistici ed edilizi, alle norme di sicurezza ed a quelle di
carattere igienico-sanitario, si deve ritenere che fuori da tali ipotesi la PA
procedente non possa prospettare condizioni ostative alla realizzazione
dell’intervento ulteriori o meglio afferenti ad interessi non rientranti tra
quelli eminentemente ascritti alla sua sfera di competenza (comunale).
In altre parole, come correttamente ritenuto dalla difesa di parte ricorrente il
Comune di Fragagnano ha illegittimamente fondato la sospensione del tiolo
abilitativo sulla mancanza di elementi istruttori non riconducibili a quelle
attestazioni documentali che, ai sensi del predetto art. 23 TUED, debbono
necessariamente corredare la denunzia di inizio attività.
E ciò non solo in dispregio del principio di legalità e tipicità degli atti
amministrativi (scrutinabile attraverso il rispetto di quanto prescritto
nell’art. 23 TUED e in base al quale deve sussistere la corrispondenza
dell’attività amministrativa alle prescrizioni normative vigenti, escludendosi
in radice che la libera attività del privato possa essere inibita in mancanza di
espressa previsione di legge, come del resto affermato dal TAR Bari nella
sentenza n. 1543 del 2008), ma anche del divieto di aggravio del procedimento
(art. 1, comma 2, della legge n. 241 del 1990), principio quest’ultimo che in
tale materia – per le ragioni poc’anzi illustrate – assume connotati di rilievo
ben più consistente che non in altri settori dell’ordinamento.
7.2. Resta ovviamente ferma la facoltà del Comune – anche in relazione a quanto
previsto dall’art. 12, comma 7, del decreto legislativo n. 387 del 2003, nonché
dalla legge regionale n. 31 del 2008, circa le aree di particolare pregio
agricolo – di introdurre preventivamente discipline regolatrici degli impianti
in questione sia a livello di strumentazione urbanistica (per quanto attiene ai
criteri ed ai limiti di localizzazione) sia sul piano regolamentare (per quanto
attiene in particolare al procedimento istruttorio, in diretta applicazione
dell’art. 117, sesto comma, Cost.), di modo che un siffatto quadro normativo
comunale possa poi fungere da parametro di conformità dei successivi interventi
proposti mediante DIA.
7.3. Nella prospettiva sopra delineata deve peraltro considerarsi che:
a) gli impianti in questione, benché di interesse pubblico, non sono comunque
classificabili quali opere pubbliche. Pertanto, la richiesta di documentazione
progettuale di cui al DPR n. 554 del 1999 appare non solo ultronea ma altresì
non pertinente;
b) il punto di connessione è richiesto dalla normativa regionale di settore
unicamente in relazione agli impianti di potenza superiore ad 1 MW (cfr.
delibera GR n. 35 del 2007);
c) il nulla osta ministeriale circa l’assenza di interferenze con le linee di
comunicazione elettronica deve essere acquisito all’interno di un diverso
procedimento, puntualmente delineato dalla legge regionale n. 25 del 2008,
concernente per l’appunto la costruzione e l’esercizio di linee ed impianti
elettrici, il quale si colloca – in funzione dell’esercizio dell’impianto stesso
– su un piano diverso rispetto a quello urbanistico, tanto più che diversa è
l’autorità che provvede ad attivarlo ed a concluderlo (Provincia);
7.4. Per le ragioni sopra evidenziate tali motivi di ricorso meritano dunque
accoglimento.
8. Parimenti fondato è il motivo di ricorso rubricato al punto sub c). In
particolare:
8.1. Quanto alla asserita mancata produzione dei dati circa il rapporto tra
superficie radiante e superficie asservita, l’assunto dell’amministrazione è
infondato in punto di fatto, atteso che dalla tavola 1b in allegato alla DIA ben
si evince il rispetto del parametro imposto dalla legge regionale n. 31 del 2008
(ossia, 0,76 ha di superficie radiante e 1,55 ha di superficie asservita.
8.2. Quanto, invece, alla prescrizione del regolamento comunale di settore
concernente la descrizione dei punti panoramici a forte valenza simbolica, anche
tale documentazione risulta essere stata prodotta agli atti del procedimento
mediante elaborati grafici (cfr. tav. 2° e 2b), relazioni tecniche (all. 2 bis)
e rappresentazioni fotografiche (cfr. tavv. 3 e 7).
9. Per i motivi suddetti il presente ricorso è fondato e deve essere accolto.
Per l’effetto va annullato il provvedimento n. 6358 del 21 agosto 2009 del
Comune di Fragagnano.
10. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – Lecce, prima sezione,
definitivamente pronunciando sul ricorso n. 1729/2009, lo accoglie e per
l’effetto annulla il provvedimento n. 6358 del 21 agosto 2009 del Comune di
Fragagnano.
Liquida le spese del presente giudizio in euro 2.500 (duemilacinquecento), oltre
IVA e CPA, da porre a carico della amministrazione resistente.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 24/03/2010 con
l'intervento dei Magistrati:
Aldo Ravalli, Presidente
Luigi Viola, Consigliere
Massimo Santini, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/04/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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