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T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. III - 9 novembre 2010, n. 2630


DIRITTO URBANISTICO - Zone urbanizzate - Strumenti attuativi - Necessità - Circostanze - Possibilità di deroga - Lotto residuale intercluso. Va esclusa la necessità di strumenti attuativi per il rilascio di concessioni in zone già urbanizzate nei casi nei quali la situazione di fatto, in presenza di una pressoché completa edificazione della zona, sia addirittura incompatibile con un piano attuativo come nella circostanza del lotto residuale ed intercluso in area compiutamente urbanizzata (Cons. Stato, Sez. V, 26.09.1995, n. 1351): non anche però nelle ipotesi in cui, per effetto di una edificazione disomogenea, ci si trovi di fronte ad una situazione che assai più di altre esige un piano attuativo idoneo a restituire efficienza all’abitato, riordinando e talora addirittura definendo ex novo un disegno urbanistico di completamento della zona. La necessità di uno strumento attuativo può riconoscersi, ad esempio, quando tenuto conto “della situazione esistente e non delle opere solo programmate” (sez. V, 01.02.1995, n. 162), debba essere completato il sistema della viabilità secondaria nella zona o quando debba essere integrata l’urbanizzazione esistente garantendo il rispetto dei prescritti standards minimi per spazi e servizi pubblici e le condizioni per l’armonico collegamento con le zone contigue già asservite all’edificazione. Pres. f.f. ed Est. Manca -Consorzio R. (avv. Durano) c. Comune di Ostuni (avv. Zaccaria) - TAR PUGLIA, Lecce, Sez. III - 9 novembre 2010, n. 2630

DIRITTO URBANISTICO - Lottizzazione dei terreni a scopo edilizio - Comune - Compiti - Regolamentazione dei rapporti obbligatori relativi al’uso delle opere di urbanizzazione o determinazione sulle eventuali controversie - Estraneità. Il Comune deve provvedere sulla lottizzazione dei terreni a scopo edilizio in uno dei modi previsti dall’art. 28 della legge urbanistica 17.08.1942 n. 1150, modificato dall’art. 8 della legge 06.08.1967 n. 765, vale a dire o acquisendo gratuitamente le aree necessarie por poter realizzare le opere di urbanizzazione primaria nonché, entro certi limiti, quelle di urbanizzazione secondaria, oppure ponendo a carico del proprietario lottizzante gli oneri relativi alle opere di urbanizzazione ovvero monetizzando i rispettivi costi. Non è compito del Comune, invece, regolare i rapporti obbligatori relativi all’uso delle opere di urbanizzazione già esistenti, né decidere in chiave preventiva, sostituendosi al Giudice civile, sulle eventuali relative controversie tra i privati e, nello specifico, sulle servitù che gravano la lottizzazione servente in favore del lotto intercluso. Pres. f.f. ed Est. Manca -Consorzio R. (avv. Durano) c. Comune di Ostuni (avv. Zaccaria) - TAR PUGLIA, Lecce, Sez. III - 9 novembre 2010, n. 2630
 

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

N. 02630/2010 REG.SEN.
N. 01572/2009 REG.RIC.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

Lecce - Sezione Terza


ha pronunciato la presente


SENTENZA


sul ricorso n. 1572 del 2009, proposto dal:
- Consorzio di Rosa Marina, in persona del l.r. pro tempore, e dalla dr.ssa Rosa Savoia, rappresentati e difesi dall’Avv. Lorenzo Durano ed elettivamente domiciliati in Lecce, presso lo studio dell’Avv. Giovanni Pellegrino, alla via Augusto Imperatore 16;


contro


- il Comune di Ostuni, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Cecilia R. Zaccaria ed elettivamente domiciliato in Lecce, presso lo studio dell’Avv. Angelo Vantaggiato, alla via Zanardelli 7;

nei confronti di

- Tatofit s.r.l., in persona del l.r. pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Ernesto Sticchi Damiani ed elettivamente domiciliata in Lecce, presso lo studio del difensore, alla via 95° Rgt. Fanteria 9;

per l’annullamento

- del permesso di costruire rilasciato -il 23.6.09- in favore della Tatofit s.r.l. dal Dirigente dell’U.T.C. del Comune di Ostuni per l’edificazione di due unità abitative bifamiliari
- di ogni atto presupposto, connesso e/o consequenziale.


Visti il ricorso.
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Ostuni e della Tatofit s.r.l..
Vista la dichiarazione del difensore della Tatofi s.r.l. nella quale si rappresenta, ai fini della valutazione della permanenza dell’interesse al ricorso, l’avvenuta decadenza del permesso di costruire oggetto d’impugnazione.
Visti gli artt. 35, comma 1, lett. c), e 85, comma 9, c.p.a..
Visti gli atti della causa.

Relatore all’udienza pubblica del 14 ottobre 2010 il dott. Ettore Manca e uditi gli Avv.ti Durano e Sticchi Damiani.

Osservato quanto segue:

 

FATTO e DIRITTO


1.- Il Tribunale ritiene opportuno, ai fini di una compiuta ricostruzione delle vicende in esame, richiamare il contenuto di due pronunce giurisdizionali, rispettivamente rese da questo T.a.r. e, poi, dal Consiglio di Stato, le quali costituiscono necessarie premesse fattuali e giuridiche del permesso di costruire odiernamente impugnato.

1.1 Rilevava questo Tribunale che:

- <<La Tatofit s.r.l., proprietaria di un terreno, censito in catasto al foglio 14, particella 12, sub b), ricadente in zona C2 di espansione estensiva del vigente P.R.G., richiedeva al Comune di Ostuni il rilascio di un permesso di costruire sul predetto fondo due unità residenziali bifamiliari.

L’Amministrazione, con atto n.12930/04 del 10 gennaio 2005, respingeva la cennata istanza.

In particolare l’Autorità pubblica, pur considerando che l’area interessata risultava ricompresa nell’ambito di perimetrazione dei “territori costruiti” e dunque sottratta alle prescrizioni del P.U.T.T. e i pareri favorevoli della C.E.C. dell’8 gennaio 2004, della Soprintendenza del 4 febbraio 2004 e del Servizio di Igiene Pubblica Comunale del 23 aprile 2004, riteneva prevalente ai fini del diniego il fatto che questo Tribunale, per fattispecie identiche a quella in esame, con sentenze n.7833 e 7834 del 2004, avesse annullato permessi di costruire, non essendo possibile per la zona C2 il rilascio diretto di titolo autorizzatorio edilizio, senza la previa adozione di piano attuativo e reputando che le opere di urbanizzazione interne al comprensorio contiguo non erano fruibili.

La Società interessata impugnava pertanto il menzionato provvedimento negativo, censurandolo per eccesso di potere sotto il profilo dell’erronea presupposizione in fatto, dell’illogicità e irragionevolezza dell’azione amministrativa, per errato richiamo alle sentenze n. 7833 e 7834 del 2004 e per violazione dell’art. 12, comma 2 del D.P.R. n. 380 del 2001.

La ricorrente ha in particolare dedotto che la fattispecie oggetto della presente controversia è differente da quella già definita con le citate sentenze, risultando l’area oggetto del richiesto intervento “incuneata” nel perimetro esterno del comprensorio lottizzato di Rosa Marina ed accessibile mediante una strada interna al predetto comprensorio; ha inoltre aggiunto che nel caso di specie, pur valendo le prescrizioni urbanistiche che per la zona C2 prevedono il rilascio di permesso di costruire previa adozione di piano attuativo, anche in assenza del suddetto piano possa essere rilasciato titolo abilitativo all’esito di un positivo riscontro nell’area interessata di opere di urbanizzazione.

[…]

Il ricorso è infondato e va pertanto respinto.

Invero risulta dagli atti di causa che l’area interessata dal richiesto intervento edilizio è esterna e confinante con il comprensorio lottizzato di Rosa Marina, come era avvenuto nei casi decisi dalle sentenze di questo Tribunale n. 7833 e 7834 del 2004, richiamate nel provvedimento impugnato con il presente gravame.

Del resto la stessa ricorrente ha riferito di aver presentato istanza volta all’inserimento del proprio terreno nella variante al P.R.G. inerente alla lottizzazione del menzionato comprensorio (cfr. pag. 6 del ricorso).

Orbene, non essendo ricompreso il fondo de quo nel citato piano attuativo, a fronte di una espressa prescrizione in tal senso del P.R.G. ai fini del rilascio del permesso di costruire in zona C2, era necessario verificare l’eventuale superfluità del cennata pianificazione intermedia, valutando in primo luogo la presenza in loco delle necessarie opere di urbanizzazione.

E al riguardo l’Autorità comunale ha correttamente operato nel richiamare le sentenze citate, una volta avvedutasi delle analogie del caso in trattazione con quelli già decisi in sede giurisdizionale e rilevando che le opere di urbanizzazione interne al comprensorio lottizzato contiguo non erano fruibili.

Basta nella presente sede richiamare quanto affermato nella cennata sentenza n. 7834 del 2004, la quale evidenziava il livello di saturazione del sistema di urbanizzazione interno a Rosa Marina nonchè l’assenza, in luogo della mera contiguità fisica, di una condizione di reale ed effettiva possibile utilizzazione delle urbanizzazioni interne al citato comprensorio lottizzato (cfr. anche pag. 20 in fondo del ricorso e perizia di parte ricorrente, ultimo foglio in fondo)>> (T.a.r. Lecce, III, 24.3.06, n. 1742).

1.2 La sentenza appena richiamata, peraltro, veniva appellata avanti al Consiglio di Stato che, con la decisione che subito pure si richiamerà, evidenziava quanto segue:

- <<1. Nel presente giudizio è controverso diniego di permesso a costruire in zona C2 mediante rilascio diretto di titolo edilizio per realizzare su un lotto esteso mq. 3942 un intervento consistente in mq. 326 circa di complessiva superficie residenziale e, in particolare, la natura interclusa di tale lotto, che non richiederebbe alcuna pianificazione di dettaglio ed al quale vi ci accede unicamente tramite la viabilità interna della esistente lottizzazione “Rosa Marina”.

La singolarità del caso in esame riposa nella circostanza che il Comune appellato, nell’asserto della identità della odierna vertenza con le distinte fattispecie relative a terzi risolte dal T.a.r. Puglia - Lecce con le sentenze n. 7833 e n. 7834 del 2004, ha negato il permesso di costruire in adeguamento a quanto stabilito in quelle vicende da tale organo di giustizia, che a sua volta ha respinto il ricorso di primo grado “perché l’Autorità Comunale ha correttamente operato nel richiamare le sentenze citate, una volta avvedutasi delle analogie del caso in trattazione con quelli già decisi in sede giurisdizionale e rilevando che le opere di urbanizzazione interne al comprensorio lottizzato contiguo non erano fruibili”, senza tuttavia che sia stata mai presa in considerazione la reale situazione del lotto discusso, in rapporto alla configurazione dell’area lottizzata.

Anche in questa sede il Comune appellato si limita ad eccepire nel merito che l’Amministrazione altro non ha fatto se non adeguarsi a quanto statuito dal T.a.r. Salentino in fattispecie del tutto analoghe che hanno cristallizzato il principio del non aggravamento dei già ridotti standards di cui è dotata la lottizzazione per cui la deduzione fatta valere dall’appellante, secondo la quale l’area sarebbe sufficientemente urbanizzata, oltre ad essere sfornita di prova, risulterebbe anche destituita di fondamento alla luce delle citate sentenze n. 7833 e n. 7834 del 2004.

Vanno allora esaminate in via preliminare le censure volte a contestare la statuizione di prime cure nella parte relativa alla dedotta stigmatizzazione della diversità di fatto anziché identità di fattispecie.

2. Osserva sul punto il Collegio che, nell’analogia, i casi diversi devono essere “consimili” nell’elemento di fatto decisivo per l’identico trattamento giuridico, mentre nella vicenda in esame sono stati posti a fondamento del diniego impugnato in primo grado e della sentenza gravata, elementi extratestuali che, peraltro, si riportano l’un l’altro, senza affrontare il caso concreto nel suo effettivo contesto edilizio - urbanistico.

Non si può confondere l’applicazione di un precedente giurisprudenziale ed i principi di diritto da esso affermati con la questione di fatto in essi trattata e da questa far derivare per implicito una similitudine nel rapporto concreto come dato “riconosciuto”.

Ne consegue che in questa sede non possono trovare ingresso tali elementi esterni e fuoriescono perciò dall’odierna cognizione, perché le ricordate pronunce n. 7833 e n. 7834 del 2004 non costituiscono oggetto del presente esame, dovendosi questo giudice pronunciare nella controversia unicamente con riguardo ai fatti di causa introdotti in relazione alle norme che regolano la edificabilità dei suoli.

L’argomento dibattuto tra le parti deve essere, quindi, ricondotto alle concrete caratteristiche dell’area edificanda rispetto alla necessità o ultroneità della predisposizione di uno strumento urbanistico attuativo ai fini del rilascio dell’assenso edilizio, alla stregua della consolidata giurisprudenza di questo Consiglio dalla quale non v’è ragione per discostarsi e alla quale si rinvia, ai sensi dell’art.9 della legge 21.07.2000, n. 205.

3. L’appello è fondato.

E’ pacifico in causa che l’area, interessata dalla costruzione per la quale è stata chiesta la concessione ad edificare, negata con il provvedimento impugnato, ricade in zona perimetrata di espansione C2; a suo tempo non rientrato (al pari dei due lotti di cui alle sentenze rammentate n°7833 e n°7834 del 2004) nella delimitazione del vasto comprensorio della lottizzazione di “Rosa Marina”; diversamente dagli altri casi, il suolo controverso ricade all’interno della lottizzazione ed è incuneato come lotto limitato e residuale pacificamente intercluso (su tre lati dai lotti edificati ed in parte per 30 mt circa da viabilità interna della lottizzazione medesima, il quarto lato dalla delimitazione urbanistica a destinazione agricola); l’appellante accede a questa proprietà attraverso la suddetta strada interna di lottizzazione che è l’unica possibilità di entrata (l’antica strada vicinale venne all’epoca inglobata nella lottizzazione).

Sulla base di tali fatti, rimasti incontestati anche nel presente giudizio, la società appellante, pur in mancanza di piano esecutivo, invoca a sostegno della sua domanda di concessione edilizia singola quell’indirizzo giurisprudenziale che ritiene necessario il piano di lottizzazione soltanto quando si tratti di asservire per la prima volta all’edificazione aree non ancora urbanizzate, che richiedono l’esecuzione delle infrastrutture urbanistiche: tanto sul presupposto dello stato di edificazione dell’area in questione, della detta interclusione e dell’adeguatezza delle opere di urbanizzazione esistenti nella zona.

La diversa impostazione del T.a.r. censurato è incentrata sulla non fruibilità da parte di terzi delle opere di urbanizzazione interne al “contiguo” comprensorio lottizzato, mentre quella del Comune resistente è nel senso che le sentenze rese dal T.a.r. in ordine al P.d.L. Rosa Marina all’indomani dell’approvazione della variante (oggetto di annullamento giurisdizionale) di cui alla deliberazione C.C. n. 36/01, “hanno cristallizzato il principio del non aggravamento dei già ridotti standard di cui è dotata la lottizzazione”, e, ad ogni modo, la società interessata non ha provato che l’area in deduzione sia sufficientemente urbanizzata.

Questi richiami, sulla scia dell’esigenza di salvaguardia della lottizzazione “Rosa Marina”, non sono convincenti e vanno quindi disattesi, sia perché l’appellante non è stata parte in quei giudizi, sia perché il fondamento della giurisprudenza richiamata sull’intervento edilizio diretto va rinvenuto nel criterio di ragionevolezza che dev’essere sempre osservato in materia.

Vanno a questo punto presi in considerazione tali orientamenti giurisprudenziali.

4. Si è ritenuto, dunque, che non sia necessaria la mediazione dello strumento attuativo quando questo non abbia sostanzialmente la possibilità di esplicare la sua funzione -che è quella di consentire l’inserimento ordinato e razionale dell’edificato nel tessuto urbanistico circostante- a causa di un grado di edificazione ed urbanizzazione dell’area interessata tanto avanzato da rendere la predisposizione del piano esecutivo un inutile aggravio all’esercizio dello jus aedificandi da parte del privato (Cons. St., IV, 21.12.2006, n. 7769).

Si è rilevato, per altro verso, che “le opere di urbanizzazione sono destinate ad assicurare alla collettività insediata in un determinato aggregato urbano, una qualità di vita di livello adeguato all’accresciuta domanda di servizi collettivi, i cui standards sono stabiliti, in concreto, nella quantità minima e capitariamente dal D.M. 02.04.1968 (in materia di spazi destinati ai bisogni pubblici) e dalla legge 04.02.1963 n. 129 (in materia di fabbisogni idrici); adeguatezza, questa che è espressa dalla proporzionalità fra i bisogni stessi ed i beni effettivamente destinati a soddisfarli”. E se ne è dedotto che “in virtù del combinato disposto dell’art. 31 e dell’art. 41 quinques comma ult. l. 17.08.1942 n. 1150, l’espressione della previa redazione di un piano di lottizzazione o di altro strumento urbanistico attuativo, deve essere intesa nel significato di adeguatezza delle opere ai bisogni collettivi”. (cfr. Cons. St., sez. V, 25.10.1997 n. 1189; id. 10.02.1998 n. 150).

Ai fini di cui si tratta, pertanto, la valutazione circa la congruità del grado di urbanizzazione di un’area -valutazione rimessa all’apprezzamento di merito dell’Amministrazione- non può che essere effettuata alla stregua della normativa sugli standards urbanistici di cui al combinato disposto del D.M. 02.04.1968 n. 1444 e dell’art.17 l. 06.08.1967 n. 765, onde l’equivalenza tra pianificazione esecutiva e stato di adeguata urbanizzazione non è configurabile quando si riscontri l’esistenza di opere di urbanizzazione primaria e secondaria almeno nelle quantità minime prescritte.

5. Nella specie, per le ragioni sopra già illustrate, è discusso un lotto residuale, che non si può dire neanche esterno alla lottizzazione, ed il Comune resistente non ha addotto l’insufficienza degli standards urbanistici nelle quantità minime prescritte, bensì soltanto un enunciato e imprecisato “aggravamento dei già ridotti standard di cui è dotata la lottizzazione”.

La circostanza dedotta della inutilità, nella fattispecie, di un piano di lottizzazione, trova conferma a pag. 2 della memoria del Comune appellato quando, con riguardo alla esiguità della superficie lottizzanda ed in relazione alla cennata deliberazione C.C. di variante n. 36/01 annullata in sede giurisdizionale, però valida quale fatto storico e dichiarativo, vi si afferma che non sussistono le condizioni per l’adozione di un piano di lottizzazione e la mancata cessione di aree a standard, peraltro di estensione ridotta e quindi di irrilevante utilità pubblica, viene compensata con la monetizzazione delle stesse. Né può essere accettata la premessa che le opere di urbanizzazione primaria e secondaria di Rosa Marina sono a servizio esclusivo dei residenti, quantomeno nei confronti della società appellante che ha titolo (anche questo non contrastato) per accedervi, e non è questa la sede per stabilire la natura del diritto vantato.

D’altro canto, la prova che l’area sia sufficientemente urbanizzata si ricava dallo stesso diniego gravato in primo grado, nel cui contesto si dà atto sia dell’istruttoria completata quanto alla pratica edilizia poi negata per le causali esaminate, sia delle prescrizioni date dal Servizio di Igiene Pubblica (l’acqua potabile sia prelevata dalla rete E.A.A.P. e autorizzazione agli scarichi in “vasca Imhoff”), non venendo mai l’area non considerata infrastrutturata.

Della interclusione si è già detto: qui vale solo ricordare -come precisato dalla giurisprudenza di questo Consiglio (Sez. IV, 15.05.2002, n°2592; Sez. V, 22.04.1992, n°351)- il principio secondo cui va esclusa la necessità di strumenti attuativi per il rilascio di concessioni in zone già urbanizzate nei casi nei quali la situazione di fatto, in presenza di una pressoché completa edificazione della zona, sia addirittura incompatibile con un piano attuativo come nella circostanza del lotto residuale ed intercluso in area compiutamente urbanizzata (Sez. V, 26.09.1995, n. 1351): non anche però nelle ipotesi in cui, per effetto di una edificazione disomogenea, ci si trovi di fronte ad una situazione che assai più di altre esige un piano attuativo idoneo a restituire efficienza all’abitato, riordinando e talora addirittura definendo ex novo un disegno urbanistico di completamento della zona.

La necessità di uno strumento attuativo può riconoscersi, ad esempio, quando tenuto conto “della situazione esistente e non delle opere solo programmate” (sez. V, 01.02.1995, n. 162), debba essere completato il sistema della viabilità secondaria nella zona o quando debba essere integrata l’urbanizzazione esistente garantendo il rispetto dei prescritti standards minimi per spazi e servizi pubblici e le condizioni per l’armonico collegamento con le zone contigue già asservite all’edificazione.

Ma, come visto, non è questa la situazione di causa, dalla cui base documentale non si configura alcuna esigenza di raccordo con il preesistente aggregato abitativo perché il lotto è morfologicamente e geometricamente inserito nell’orbita del comprensorio, non si pone alcun completamento del sistema di viabilità secondaria nella zona in quanto la strada già esiste e attraverso essa l’appellante accede alla sua proprietà, non si fa questione di standards minimi per spazi e servizi, avuto riguardo altresì al basso indice di fabbricabilità della zona (0,25 mc/mq), bensì -nella sostanza- soltanto di fruibilità esclusiva delle urbanizzazioni da parte dei residenti che hanno dato luogo alla lottizzazione.

6. Ciò premesso, e venendo al nòcciolo della questione, il Comune deve provvedere sulla lottizzazione dei terreni a scopo edilizio in uno dei modi previsti dall’art. 28 della legge urbanistica 17.08.1942 n. 1150, modificato dall’art. 8 della legge 06.08.1967 n. 765, vale a dire o acquisendo gratuitamente le aree necessarie por poter realizzare le opere di urbanizzazione primaria nonché, entro certi limiti, quelle di urbanizzazione secondaria, oppure ponendo a carico del proprietario lottizzante gli oneri relativi alle opere di urbanizzazione ovvero monetizzando i rispettivi costi, come determinato nel caso di specie (cfr. lo stesso diniego gravato: 980,64/80 mc x 18 mq/ab x €/mq46,48 = € 10.255,53).

Non è compito del Comune, invece, regolare i rapporti obbligatori relativi all’uso delle opere di urbanizzazione già esistenti, né decidere in chiave preventiva, sostituendosi al Giudice civile, sulle eventuali relative controversie tra i privati e, nello specifico, sulle servitù che gravano la lottizzazione servente in favore del lotto intercluso.

Conclusivamente -ad avviso della sezione- il quadro di fatto fa chiaramente propendere per l’esistenza dei presupposti su cui si fonda l’intera impugnativa e che rende invece priva di consistenza le contrarie tesi dell’Amministrazione Comunale in applicazione analogica a situazioni terze indipendenti, qui non rilevanti.

Alla stregua di tali considerazioni l’appello deve essere accolto e la sentenza riformata>> (Cons. Stato, IV, 1.8.07, n. 4276).

1.3 Sulla base della pronuncia del Consiglio di Stato appena richiamata il Dirigente dell’U.T.C. del Comune di Ostuni rilasciava dunque il permesso di costruire n. 319/03 del 23.6.09.

2.- Il Consorzio di Rosa Marina e la dr.ssa Rosa Savoia, aderente al Consorzio medesimo, proponevano quindi il ricorso in esame, per i seguenti motivi:

- Falsa applicazione del giudicato. Violazione e falsa applicazione dell’art. 12 d.p.r. 380/01 (già art. 31 l. 1150/42). Eccesso di potere per difetto di istruttoria, difetto dei presupposti e altri profili.

3.- Costituitisi in giudizio, il Comune di Ostuni e la controinteressata chiedevano il rigetto del ricorso sulla base di argomentazioni che saranno esaminate congiuntamente ai motivi di gravame proposti.

4.- All’udienza del 14 ottobre 2010 causa veniva introitata per la decisione.

5.- Tanto premesso in fatto, rileva il Collegio che il ricorso va dichiarato improcedibile per i motivi che di seguito si indicheranno: come riconosciuto dalla stessa controinteressata Tatofit, in specie, il permesso di costruire oggetto di gravame ha ormai perso la propria efficacia in conseguenza dell’inutile decorso del termine di un anno dalla data di emissione del provvedimento, non avendo essa Tatofit dato inizio ai lavori assentiti.

5.1 Operando tale decadenza di diritto (cfr. T.a.r. Umbria Perugia, I, 15 settembre 2010, n. 465; T.a.r. Basilicata Potenza, I, 10 settembre 2010, n. 593; T.a.r. Valle d’Aosta, 19 marzo 2009, n. 19), dunque, il ricorso deve essere dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse, formula la quale comprende ogni ipotesi in cui l’atto impugnato non sia più, come in questo caso, in condizione di produrre i propri effetti.

6.- Sussistono giusti motivi per compensare fra le parti le spese di questo giudizio.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Terza Sezione di Lecce, definitivamente pronunciando sul ricorso n.1572/09 indicato in epigrafe, lo dichiara improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Lecce, nella camera di consiglio del 14 ottobre 2010, con l’intervento dei magistrati:

Ettore Manca, Presidente FF, Estensore
Patrizia Moro, Primo Referendario
Gabriella Caprini, Referendario

IL PRESIDENTE, ESTENSORE


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 09/11/2010
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 



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