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T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. III - 7 aprile 2010, n. 898


APPALTI - Revisione periodica del prezzo - Art. 115 d.lgs. n. 163/2006 - Natura imperativa - Rinegoziazione del rapporto contrattuale - Rilevanza - Mera proroga del contratto - Differenza. La natura imperativa dell'art. 6 l. n. 537/93, nel testo sostituito dall’art. 44 della l. n. 724/1994 (ora art. 115 d.lvo 163/’06) e la sua capacità d'imporsi ai patti contrari non può comportare l'assoluta irrilevanza degli eventuali successivi accordi delle parti che, rinegoziando volontariamente e nuovamente l'originario assetto del rapporto contrattuale, rinnovino le condizioni del contratto originario. (TAR Campania - Salerno n. 2956/07; TAR Sardegna n. 45/07). Diversamente opinando verrebbe vanificata la "ratio" dell'art. 6 l. n. 537/93 che è quella di adeguare il prezzo determinato nell'originario rapporto per finalità di conservazione del livello qualitativo delle prestazioni dell'appaltatore, finalità di conservazione che non sussistono allorquando il rapporto è consensualmente rinegoziato. La rinegoziazione, pertanto, deve ritenersi distinta dalla mera proroga del rapporto contrattuale, in quanto, nella prima, il rapporto si rinnova parzialmente con la riconsiderazione degli elementi essenziali (tutti o in parte) del negozio, ivi compreso il prezzo, laddove nella seconda vi è un mero differimento del termine di durata del rapporto sul presupposto dell'invarianza degli altri elementi dello stesso. Pres. Cavallari, Est. Caprini - T. s.r.l. (avv. Mariani) c. Comune di Ceglie Messapica (avv. Vitale) - TAR PUGLIA, Lecce, Sez. III - 7 aprile 2010, n. 898

APPALTI - Revisione periodica del prezzo - Art. 115 d.lgs. n. 163/2006 - Periodo temporale di riferimento - Annualità contrattuali successive alla prima. L'art. 6 l. n. 537/93 (ora 115 del d.lvo 163/06) ha ad oggetto la "revisione periodica del prezzo" di talché l'aggiornamento del corrispettivo contrattuale, ivi previsto, non riguarda, per sua stessa natura, il primo periodo temporale di riferimento della prestazione contrattuale posta a carico dell'Amministrazione. In altri termini, la revisione del prezzo opera con periodicità annuale e, quindi, in relazione al corrispettivo riferibile alle annualità contrattuali successive alla prima (T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 02 aprile 2009 , n. 3571).
Pres. Cavallari, Est. Caprini - T. s.r.l. (avv. Mariani) c. Comune di Ceglie Messapica (avv. Vitale) - TAR PUGLIA, Lecce, Sez. III - 7 aprile 2010, n. 898


APPALTI- Art. 115 d.lgs. n. 163/2006 - Assenza di un contratto perfetto ed efficace - Mancanza della forma scritta “ad substantiam” - Diritto alla revisione del prezzo - Inconfigurabilità
. L'assenza di un contratto perfetto ed efficace (nella specie, per mancanza della forma scritta, richiesta, nei contratti della pubblica amministrazione, “ad substantiam”), ovvero di un presupposto essenziale richiesto dall'art. 6 comma 4° l. n. 537/93 (che parla di "contratti ad efficacia periodica e continuativa"), rende inconfigurabile il diritto alla revisione del prezzo. Pres. Cavallari, Est. Caprini - T. s.r.l. (avv. Mariani) c. Comune di Ceglie Messapica (avv. Vitale) - TAR PUGLIA, Lecce, Sez. III - 7 aprile 2010, n. 898

APPALTI - Revisione periodica del prezzo - Art. 115 d.lgs. n. 163/2006 - Natura imperativa - Modifica e integrazione della volontà delle parti - Nullità delle clausole difformi - Principio dell’”utile per inutile non vitiatur” - Indici di riferimento - Mancata attuazione della disciplina legale - Ricorso all’indice FOI - Determinazione tecnico-discrezionale dell’amministrazione appaltante. L'articolo 6 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, ora art. 115 del d.lvo 163/06, detta una disciplina speciale, circa il riconoscimento della revisione prezzi nei contratti stipulati dalla p.a. che prevale su quella generale di cui all'articolo 1664 c.c. (Consiglio di Stato, Sez. V, 9 giugno 2008, n. 2786; Sez. V, 14 dicembre 2006, n. 7461; Sez. V, 16 giugno 2003, n. 3373; Sez. V, 8 maggio 2002, n. 2461). Tale disciplina ha natura imperativa e s’impone nelle pattuizioni private modificando ed integrando la volontà delle parti contrastante con la stessa; ne consegue che le clausole difformi sono nulle nella loro globalità, anche se la nullità non investe l'intero contratto, in applicazione del principio “utile per inutile non vitiatur”, sancito dall'articolo 1419 c.c.. Poiché però la disciplina legale dettata dall'articolo 6, commi 4 e 6 cit., non è mai stata attuata nella parte in cui prevede l'elaborazione, da parte dell'I.S.T.A.T., di particolari indici concernenti il miglior prezzo di mercato desunto dal complesso delle aggiudicazioni di appalti di beni e servizi, rilevate su base semestrale, la lacuna può essere colmata mediante il ricorso all'indice F.O.I. (indice di variazione dei prezzi per le famiglie di operai e impiegati), mensilmente pubblicato dall’ISTAT, con la precisazione che l'utilizzo di tale parametro non esime la stazione appaltante dal dovere di istruire il procedimento tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto al fine di esprimere la propria determinazione tecnico-discrezionale, ma segna il limite massimo oltre il quale, salvo circostanze eccezionali che devono essere provate dall'impresa, non può spingersi nella determinazione del compenso revisionale (ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 15 maggio 2009 n. 3003; Sez. V, 9 giugno 2008 n. 2786, 20 agosto 2008 n. 3994 e 9 giugno 2009 n. 3569). Pres. Cavallari, Est. Caprini - T. s.r.l. (avv. Mariani) c. Comune di Ceglie Messapica (avv. Vitale) - TAR PUGLIA, Lecce, Sez. III - 7 aprile 2010, n. 898

APPALTI - Revisione periodica del prezzo - Art. 115 d.lgs. n. 163/2006 - Finalità dell’istituto - Tutela della P.A. - Tutela mediata dell’impresa appaltatrice. L'istituto della revisione è preordinato alla tutela dell'esigenza dell'Amministrazione di evitare che il corrispettivo del contratto di durata subisca aumenti incontrollati nel corso del tempo tali da sconvolgere il quadro finanziario sulla cui base è avvenuta la stipulazione del contratto. La clausola di revisione periodica di tali contratti, in particolare, ha lo scopo di tenere indenni gli appaltatori della P.A. da quegli aumenti dei prezzi dei fattori della produzione che, incidendo sulla percentuale di utile stimata al momento della formulazione dell’offerta, potrebbero indurli a svolgere il servizio o ad eseguire la fornitura a condizioni deteriori rispetto a quanto pattuito o a rifiutarsi di proseguire nel rapporto, con inevitabile compromissione degli interessi della P.A.. Solo in via mediata l'istituto tutela l'interesse dell'impresa a non subire l'alterazione dell'equilibrio contrattuale conseguente alle modifiche dei costi che si verifichino durante l'arco del rapporto (così T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, n. 925/2006; Consiglio Stato, Sez. V, 9 giugno 2008 n. 2786; T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 6 aprile 2007 n. 1047; 14 agosto 2008 n. 1970; 25 novembre 2008 n. 2666; 7 luglio 2009 n. 1751, 2 dicembre 2009 n. 2997). Soltanto in frangenti del tutto eccezionali l’istituto della revisione prezzi può fuoriuscire dalla mera esigenza dell’Amministrazione aggiudicante di evitare che il corrispettivo del contratto di durata subisca aumenti incontrollati nel corso del tempo e tutelare - quindi - il contrapposto interesse dell’impresa (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 9 giugno 2008 n. 2786). Tale eccezionalità - che conseguentemente legittima una quantificazione del compenso revisionale mediante il ricorso a differenti parametri statistici - va comunque intesa come ricorrenza di circostanze impreviste e imprevedibili, ossia non sussistenti al momento della sottoscrizione del contratto e delle quali non era prevedibile l’avveramento (TAR Veneto, sez. I, 1° febbraio 2010 n. 236). Pres. Cavallari, Est. Caprini - T. s.r.l. (avv. Mariani) c. Comune di Ceglie Messapica (avv. Vitale) - TAR PUGLIA, Lecce, Sez. III - 7 aprile 2010, n. 898

APPALTI - Revisione periodica del prezzo - Art. 115 d.lgs. n. 163/2006 - Disciplina - prevalenza sulla disciplina generale ex art. 1664 c.c. - Contratti pubblici - Previsione di un’alea a danno dell’appaltatore, conformemente alla disciplina civilistica - Nullità.
La disciplina in materia di revisione dei prezzi degli appalti pubblici ad esecuzione periodica o continuata - fissata dall’art. 115 del D.Lgs. n. 163/2006 - prevale su quella generale di cui all’art. 1664 c.c., dal che discende la nullità delle clausole dei contratti pubblici che, pur contemplando la revisione dei prezzi prevedano, conformemente alla disciplina civilistica, anche in forma indiretta, un’alea a danno dell’appaltatore (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 2786/2008, TAR Puglia, Lecce, nn. 2958/2006, 4027/2006, 4111/2007, 3521/2008) Pres. Cavallari, Est. Caprini - T. s.r.l. (avv. Mariani) c. Comune di Ceglie Messapica (avv. Vitale) - TAR PUGLIA, Lecce, Sez. III - 7 aprile 2010, n. 898

 

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

N. 00898/2010 REG.SEN.
N. 00870/2009 REG.RIC.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

Lecce - Sezione Terza



ha pronunciato la presente


SENTENZA


Sul ricorso numero di registro generale 870 del 2009, proposto da:
Tradeco Srl, rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Mariani, con domicilio eletto presso Pier Luigi Portaluri in Lecce, via Imbriani, 24;


contro


Comune di Ceglie Messapica, rappresentato e difeso dall'avv. Grazia Vitale, con domicilio eletto presso Daniela Anna Ponzo in Lecce, via Schipa, 35;

per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,

dell’art. 6 del capitolato speciale allegato al contratto di appalto stipulato tra le parti in data 7.11.1995, limitatamente alle seguenti espressioni:
secondo comma, nella parte in cui dispone che: “il canone resta fisso ed invariabile per i primi tre anni decorrenti dall’inizio del servizio”;
terzo comma: “a decorrere dal quarto anno”;
quarto comma: “detratta un’alea pari al 10%”
ottavo comma, nella parte in cui prevede che “il coefficiente di calcolo per rideterminare il canone per revisione prezzi è ridotto del – 10%”;

nonché per l’accertamento del diritto alla corresponsione del compenso revisionale spettante in virtù del contratto stipulato fra le parti in data 7.11.1995, sulla base del prezzo di appalto rideterminato su base annua, a decorrere dal 1 febbraio 2001, in £. 2.450.047.921, prorogato fino al 31 dicembre 2008, al netto di quanto già riconosciuto mediante offerta reale notificata in data 23 maggio 2008, senza escludere le somme maturate sin dal primo triennio e senza la decurtazione dell’alea contrattuale nella misura del 10%, stante la nullità delle corrispondenti previsioni contrattuali;

nonché per la condanna dell’Amministrazione intimata al pagamento di tutte le somme ancora dovute, come indicate in atto, a decorrere dalla maturazione di ogni rateo mensile posticipato, fino al soddisfo.


Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Ceglie Messapica;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 09/12/2009 la dott.ssa Gabriella Caprini e uditi per le parti gli avv.ti Mariani e Vitale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO


Con contratto rep. n. 2284 del 7.11.1995 il Comune di Ceglie Messapica ha affidato in appalto alla ricorrente, Tradeco srl, i servizi di igiene urbana e complementari a decorrere dal 1 febbraio 1996, per un periodo di nove anni e per un canone annuo di £. 1.717.403.530, pari ad euro 886.964,90, da corrispondersi in rate mensili.

L’art. 3 del contratto di appalto prevedeva che “per la revisione di detto canone saranno applicate le disposizioni di legge vigenti in materia, allo stato l’art. 44 della legge 23.12.1994 n. 724”. In forza dell’art. 17 del citato contratto le parti pattuirono che il Capitolato speciale di appalto ne facesse parte integrante. In particolare, con riferimento alla clausola di revisione prezzi, l’art. 6 di detto Capitolato recita: “Il canone resta fisso ed invariabile per i primi tre anni decorrenti dall’inizio effettivo del servizio. A decorrere dal quarto anno, qualora dovessero verificarsi aumenti o ribassi del costo della manodopera o dei carburanti o dello smaltimento in discarica, rispetto ai prezzi riportati negli allegati di capitolato, il canone potrà subire delle modificazioni. In tal caso, dietro istanza documentata dell’appaltatore, o del Comune,…si provvederà a modificare, in aumento o in diminuzione, dal primo giorno del trimestre successivo dalla presentazione dell’istanza (..), il canone in una percentuale pari a quella ricavata dalla formula di calcolo che segue, detratta un’alea pari al 10%, tenendo conto che l’incidenza del costo della manodopera è pari al 50%, del gasolio per autotrazione al 25% e dello smaltimento al 25%. Il costo della manodopera di riferimento è quello di un operatore di II livello. Il costo del carburante di riferimento è quello medio del gasolio per autotrazione praticato dalle stazioni di servizio Agip, Erg, Esso in questo Comune. Il costo medio dello smaltimento dei rifiuti è quello medio praticato nelle tre discariche, regolarmente autorizzate, a minor distanza chilometrica dal Comune. FORMULA DI CALCOLO…CANONE RIDETERMINATO = canone netto di aggiudicazione incrementato o diminuito della cifra ottenuta moltiplicando detto canone per il coefficiente di calcolo. (…) Il predetto canone annuo dovrà essere corrisposto in rate mensili posticipate, entro il decimo giorno successivo alla maturazione, previa presentazione di fattura. Qualora i termini di pagamento non venissero rispettati, si provvederà al computo degli interessi legali sulle somme non corrisposte”.

Nel corso del rapporto contrattuale sono sorte varie questioni sia per la mancata corresponsione del compenso revisionale annuale e dell’aggiornamento del canone sia per una serie di ampliamenti di servizi di igiene urbana richiesti dall’Amministrazione comunale. Tutte le questioni insorte fra le parti fino alla data del 21 giugno 2001 sono state definite con apposito atto di transazione.

Le relative pattuizioni sono state recepite successivamente con separato contratto integrativo, redatto in forma pubblica dal Segretario Comunale, atto rep. 3415 del 28.11.2001, con rinuncia da parte della TRADECO srl sia alla revisione per il periodo 1.02.2000 - 31.01.2001 sia agli interessi maturati e maturandi sui suddetti compensi revisionali, a fronte del concesso ampliamento dei servizi. In virtù di tali atti sono state corrisposte tutte le somme dovute a titolo di revisione prezzi per il periodo dal 1° febbraio 1996 fino al 31 gennaio 2001. Inoltre, le medesime parti sono addivenute ad una rideterminazione degli obblighi contrattuali con ridefinizione delle modalità del servizio, implementato e parzialmente modificato. A decorrere dal 1° febbraio 2001 è stato conseguentemente pattuito tra le parti un nuovo canone annuale comprensivo di aggiornamento revisionale pari a £. 2.151.047.921 ed ulteriore corrispettivo, pari a £. 299.000.000, per servizi aggiuntivi, per complessive £. 2.450.047.921, pari ad euro 1.265.344,15. Il contratto, con le suddette implementazioni, è stato più volte prorogato fino al 31.12.2008.

Quanto alla revisione del canone, rideterminato al mese di gennaio 2001, il contratto integrativo all’art. 5 disponeva: “ con decorrenza 1 febbraio 2001 e fino alla scadenza del contratto, nonché per eventuali rinnovi o proroghe dello stesso, si procederà alla revisione (=modifica) del canone con le modalità ed i criteri con i quali si è già proceduto ai calcoli revisionali concordati transattivamente”. Nel successivo art. 6, le parti precisarono: “per quanto non modificato o integrato dal presente contratto rimangono valide le pattuizioni del contratto originario e le disposizioni del Capitolato speciale originario”.

L’Amministrazione, dopo la stipula dell’accordo transattivo non ha provveduto, secondo parte ricorrente, a riconoscere regolarmente gli ulteriori compensi. Dopo diversi solleciti, con nota del 23.10.2007, il responsabile della V area del Comune trasmetteva una relazione con cui veniva calcolato il compenso revisionale. Nel relativo calcolo il compenso era fatto decorrere dal mese di febbraio 2001 (anziché dal gennaio 2000, come chiesto), applicando l’alea del 10%, con mantenimento del prezzo fisso per tre anni dalla data del contratto integrativo e calcolo della revisione dal 1° febbraio 2004, secondo la clausola contrattuale per la quale si chiede l’accertamento della nullità. La ricorrente, con diverse note, contestava i conteggi predisposti dal consulente comunale, accettando le supposte minori somme a titolo di acconto. A seguito dell’intimazione di pagamento effettuata da ultimo con lettera del 22.04.2008, il Comune ha ritenuto di offrire le somme di cui sopra, aggiornate, formulando, in data 23.05.2008, offerta reale a mezzo di ufficiale giudiziario per l’importo di euro 595.654,67, di cui euro 504.363,54 per differenze tra i canoni revisionati ed i canoni corrisposti dal 1 febbraio 2004 al 23 maggio 2008, euro 50.436,35 per IVA ed euro 40.854,78 per interessi legali calcolati dal 1.02.2004 al 23.05.2008. Conseguentemente ha corrisposto tali somme mediante consegna di dodici assegni circolari, accettati dalla ricorrente sempre a titolo di acconto. Con nota del 4.10.2008, infine, il Comune ha comunicato che il canone revisionato al 1° febbraio 2008 era di euro 1.305.467,84 oltre IVA, rideterminando il canone mensile in euro 108.788,99 oltre IVA e chiedendo l’emissione delle fatture per la corrispondente differenza di euro 30.092,76 oltre IVA, non ancora saldata.

La ricorrente contesta i conteggi effettuati a titolo di revisione prezzi, ritenendoli illegittimi e lesivi dei propri interessi.

Si è costituita l’Amministrazione intimata chiedendo, in via pregiudiziale, la dichiarazione del difetto di giurisdizione e, nel merito, il rigetto del ricorso unitamente all’accoglimento della domanda riconvenzionale presentata per le somme corrisposte e ritenute eccedenti rispetto a quanto spettante nonché la condanna alle spese.

All’udienza del 9.12.2009 la causa è stata chiamata e trattenuta in decisione.


DIRITTO


Ritiene il Collegio di dovere esaminare, in via preliminare, l’eccezione del difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, sollevata pregiudizialmente dall’Amministrazione intimata.

L’eccezione è infondata.

Quanto al periodo di vigenza del rapporto contrattuale (a decorrere dal 1.02.1996 sino 31.01.2005) contrariamente a quanto eccepito dalla parte resistente, trattasi di una ipotesi relativa, oltre che alla spettanza o meno della revisione, anche alla determinazione del suo esatto importo attraverso il concreto provvedimento applicativo che, a norma dell’art. 244, comma 3, del codice dei contratti, è ormai pacificamente devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. In virtù di una lettura costituzionalmente orientata dell'art. 6, l. 24 dicembre 1993 n. 537 (modificato dall'art. 44 l. 23 dicembre 1994 n. 724 e sostituito dall’art. 115 del d.lvo 163/2006), come risultante dalla sentenza della Corte cost. n. 204 del 2004, la giurisdizione del g.a. sussiste, infatti, con riferimento a situazioni in cui le posizioni di diritto soggettivo fatte valere si collochino in un'area di rapporti in cui la p.a. agisce tutelando l’interesse pubblico, come nel caso, appunto, della revisione globalmente intesa. L'art. 244 del nuovo Codice dei contratti pubblici, infatti, - superando la tradizionale distinzione in base alla quale erano devolute alla giurisdizione del g.o. le controversie relative al quantum della revisione prezzi e al g.a. quelle relative all'an debeatur - impone la concentrazione dinanzi alla stessa autorità giurisdizionale di tutte le cause relative all'istituto della revisione prezzi negli appalti pubblici ad esecuzione continuata o periodica, con conseguente potere del giudice amministrativo di conoscere della misura della revisione e di emettere condanna al pagamento delle relative somme; risulta in tal modo superata la tradizionale distinzione fondata sulla consistenza della situazione soggettiva fatta valere (diritto soggettivo / interesse legittimo) (Cassazione civile, sez. un., 17 aprile 2009, n. 9152 e T.A.R. Puglia Bari, sez. I, 30 gennaio 2009, n. 159).

Ciò premesso, occorre altresì sottolineare che, più in generale e con riferimento quindi anche al periodo successivo alla scadenza contrattuale, in presenza di mere proroghe unilaterali del servizio imposte dall’Amministrazione comunale, precisamente fino al 31.12.2008, a norma dell’art. 4 del d.l. n. 90 del 2008, conv. in l. n. 123/2008, sono comunque devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie attinenti alla complessiva azione di gestione dei rifiuti, posta in essere dall’Amministrazione con comportamenti finalizzati alla tutela dell’interesse pubblico .

L’analisi delle disposizioni,come quella in esame,che attribuiscono serie di vicende alla giurisdizione del giudice amministrativo non può che partire dagli artt. 103 e 113 della Costituzione,così come interpretati,anche,dalle ultime sentenze della Corte Costituzionale n.204 del 2004 e n.191 del 2006.

L’essenza della giurisdizione esclusiva prevista dall’art. 103 della Costituzione è nella commistione di interessi legittimi e diritti soggettivi, nella attribuzione al giudice amministrativo di vicende nelle quali sono coinvolti sia interessi legittimi ( cioè situazioni nelle quali l’Amministrazione esercita un potere autoritativo e quindi si trova in una posizione sovraordinata rispetto al privato ), sia diritti soggettivi (cioè situazioni nelle quali l’Amministrazione si trova sullo stesso piano del privato ).

La costruzione rigida dell’art. 103 è temperata dal successivo art.113, che sostanzialmente esclude la esclusiva del giudice amministrativo in materia di interessi legittimi,rimettendo alla legge ordinaria la individuazione degli organi di giurisdizione che possono annullare gli atti della pubblica amministrazione e degli effetti dell’annullamento.

La maggiore “ libertà di manovra “ attribuita al legislatore ordinario dall’art. 113 della Costituzione ha trovato applicazione nell’art. 63 del d. lgs. n.165 del 2001 in quanto attribuisce al giudice ordinario il potere di disapplicare – perché si è ritenuto che il più comprende il meno e perciò il potere di annullare comprende il potere di disapplicare – gli atti amministrativi presupposti rispetto ad atti che incidono immediatamente su rapporti di lavoro,cioè atti nei quali si concretano scelte generali e quindi incidono su interessi legittimi .

Se l’ordinamento si evolve nel senso della valorizzazione dell’assetto delineato nell’art. 113,ad integrazione delle disposizioni dell’art. 103,non si può interpretare quest’ultimo nel senso della negazione della giurisdizione esclusiva dallo stesso espressamente prevista,cioè nel senso che l’attribuzione al giudice amministrativo della giurisdizione esclusiva in una materia è costituzionalmente legittima solo se a fronte del diritto soggettivo si esercita un potere autoritativo,dato che un atto autoritativo può fisiologicamente incidere solo un interesse legittimo.

La giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo presuppone un’attività della pubblica amministrazione e un contrapposto diritto soggettivo,cioè situazioni paritetiche.

La individuazione dei limiti derivanti alla previsione costituzionale della giurisdizione esclusiva contenuta nell’art. 103 dalla concorrente previsione costituzionale dell’attribuzione al giudice ordinario delle controversie privatistiche dell’amministrazione,così come formulata nella sentenza n.204 del 2004 della Corte Costituzionale e ribadita nella successiva sentenza n.191 del 2006,trova la sua chiave di volta nella funzione esercitata,nell’interesse pubblico perseguito,che giustifica l’attribuzione della contesa al giudice amministrativo se l’atto o comportamento che si assume lesivo è riconducibile “anche mediatamente” all’esercizio di un pubblico potere,cioè alla tutela del pubblico interesse attraverso strumenti privatistici.

E’ questa la ragione che,nella sentenza n.204 del 2004, convince della legittimità costituzionale del radicamento innanzi al giudice amministrativo delle controversie in materia di revisione dei prezzi,controversie nelle quali da un lato è indubbia la natura di diritto soggettivo della pretesa,dall’altro è indubbio lo svolgimento dell’attività dell’amministrazione con strumenti privatistici – disciplinati dal contratto – e la riconduzione dell’attività privatistica alla tutela dell’interesse pubblico,cioè dell’interesse alla più razionale gestione del danaro pubblico in funzione della corretta esecuzione di un contratto finalizzato alla provvista di mezzi da utilizzare per soddisfare l’interesse collettivo.

Le medesime ragioni militano per la legittimità costituzionale dell’art. 4 del d.l. n.90 del 2008,che attribuisce,in via esclusiva, al giudice amministrativo le controversie in materia di gestione dei rifiuti,cioè in una materia nella quale l’interesse pubblico ha un rilievo particolare.

Tale disposizione conferma la correttezza dell’instaurazione del presente ricorso in capo alla Autorità giurisdizionale adita.

Risolta positivamente la questione in rito, il Collegio passa ad esaminare le censure di merito.

Con il primo motivo di ricorso la parte lamenta la nullità delle clausole del capitolato speciale di appalto che prevedono un’alea del 10% in riduzione del compenso revisionale ed il differimento della revisione dei prezzi a decorrere dal quarto anno, per contrarietà alla norma imperativa di cui all’art. 6 della l. n. 537/1993, nel testo sostituito dall’art. 44 della l. n. 724/1994 (ora art. 115 d.lvo 163/’06) ed ai sensi degli artt. 1418 e 1419 c.c., con integrazione automatica ex 1339 c.c. e prescrizione della revisione annuale.

Con il secondo motivo di ricorso la parte chiede, conseguentemente, l’accertamento dell’erroneità del calcolo revisionale effettuato dal consulente del Comune con relazione prot. n. 18608 del 24.07.2007 e successivo aggiornamento, prot. n. 11602 del 5.0.5.2008.

Con il terzo ed il quarto motivo di ricorso parte ricorrente prospetta la questione esegetica dell’art. 6 del Capitolato speciale di appalto circa l’aggiornamento del canone futuro e il recupero revisionale per l’anno in corso, chiedendo, anche per tale aspetto, il conseguente accertamento dei compensi revisionali.

I motivi, che per connessione logico-giuridica possono essere trattati congiuntamente, sono fondati nei limiti di seguito esposti.

Premette il Collegio che l’esame della controversia non concerne il periodo che va dalla stipula del primo contratto, avvenuta il 7.11.1995, fino alla data dell’intervenuto accordo transattivo del 21.06.2001, con il quale sono state definite le spettanze dovute per i periodi pregressi, sino al 31.01.2001. Le relative pattuizioni, poi, sono state trasfuse nel successivo contratto c.d. integrativo del 28.11.2001, in esecuzione del quale, secondo parte ricorrente, è stata applicata la clausola di revisione originariamente prevista e contestata sia per il periodo di effettiva vigenza di tale secondo contratto (fino al 31.01.2005) che per quello di prosecuzione del rapporto in regime di proroga (fino al 31.12.2008).

Secondo la ricorrente nella fattispecie sarebbero configurabili una serie di contratti "ricognitivi" di un unico rapporto sorto a seguito dell'esperimento dell'asta pubblica; ne conseguirebbe che, pur in presenza della transazione “medio tempore” intervenuta in data 21.06.2001, con definizione dei rapporti sino al 31.01.2001, secondo parte ricorrente il diritto alla revisione dei prezzi riguarderebbe sia il periodo immediatamente precedente, successivo all’ultima revisione (1.02.2000 - 31.01.2001), al quale, peraltro, ha rinunciato in sede transattiva, sia tutte le annualità successive, comprensive anche del primo anno di efficacia del contratto successivo alla transazione (in vigore dal 1.02.2001), che tra l’altro, già comprendeva un nuovo canone revisionato ed aggiornato.

La tesi in esame non può essere condivisa nei termini che seguono.

Come in più occasioni ha avuto modo di precisare la giurisprudenza (TAR Campania - Salerno n. 2956/07; TAR Sardegna n. 45/07) la riconosciuta natura imperativa dell'art. 6 l. n. 537/93 e la sua capacità d'imporsi ai patti contrari non può comportare l'assoluta irrilevanza degli eventuali successivi accordi delle parti che, rinegoziando volontariamente e nuovamente l'originario assetto del rapporto contrattuale, rinnovino le condizioni del contratto originario, sicché quest'ultimo venga a costituire solo il mero presupposto della rinegoziazione, mentre la revisione dei prezzi attiene all'assetto originario degli interessi delle parti ed opera pertanto rebus sic stantibus.

Diversamente opinando verrebbe vanificata la "ratio" dell'art. 6 l. n. 537/93 che è quella di adeguare il prezzo determinato nell'originario rapporto per finalità di conservazione del livello qualitativo delle prestazioni dell'appaltatore, finalità di conservazione che non sussistono allorquando il rapporto, nel rinnovato esercizio dell'autonomia negoziale, è consensualmente rinegoziato.

In altri termini, la rinegoziazione, quale quella intervenuta nel 2001, deve ritenersi distinta dalla mera proroga del rapporto contrattuale, in quanto, nella prima, il rapporto si rinnova parzialmente con la riconsiderazione degli elementi essenziali (tutti o in parte) del negozio, ivi compreso il prezzo, laddove nella seconda vi è un mero differimento del termine di durata del rapporto sul presupposto dell'invarianza degli altri elementi dello stesso.

Quanto fin qui evidenziato induce a ritenere che il contratto del 28/11/01 costituisca fonte autonoma di un distinto rapporto e non atto ricognitivo di quello precedente: esso consegue a distinte manifestazioni di volontà, il corrispettivo della prestazione non è rimasto inalterato, vi è un ampliamento dei servizi oggetto della prestazione, con rinuncia da parte della ricorrente a pretese di qualsiasi specie e contenuto, derivanti dal contratto originario. Con tale atto si è, cioè, anche considerato esaurito ogni rapporto di debito e credito precedente all’intervenuta transazione.

Ne consegue che la revisione dei prezzi, in coerenza a quanto in precedenza precisato, può essere riconosciuta per i soli periodi successivi al primo anno cui si riferisce il nuovo contratto e, precisamente, a partire dal 01/02/02.

A parere del Collegio, dunque, per il primo anno l’appalto va eseguito al prezzo risultante in sede di transazione e di contratto integrativo, senza che l’appaltatore possa pretendere alcun altro compenso ulteriore, avendo dichiarato in sede di offerta transattiva e di stipula del successivo contratto di ritenere congruo e di poter eseguire le prestazioni di cui consta il servizio al prezzo offerto. L'art. 6 l. n. 537/93 (ora 115 del d.lvo 163/06) ha, infatti, ad oggetto la "revisione periodica del prezzo" di talché l'aggiornamento del corrispettivo contrattuale, ivi previsto, non riguarda, per sua stessa natura, il primo periodo temporale di riferimento della prestazione contrattuale posta a carico dell'Amministrazione. In altri termini, la revisione del prezzo opera con periodicità annuale e, quindi, in relazione al corrispettivo riferibile alle annualità contrattuali successive alla prima (T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 02 aprile 2009 , n. 3571). Per tutto l’anno 2001, cioè, l’appaltatore sopporta il rischio di non aver correttamente calcolato l’incidenza dei costi di produzione. Dal 1° febbraio 2002, egli invece ha diritto all’applicazione del canone revisionato. Peraltro, tenuto conto del fatto che l’istruttoria che deve precedere la determinazione del nuovo canone non si conclude di solito in breve tempo, accade che a tale determinazione si addivenga nel corso del secondo anno di esecuzione. Ciò significa che, dovendo la revisione operare dal 1° febbraio 2002, l’appaltatore ha diritto a vedersi corrispondere la differenza fra quanto fatturato per i primi mesi dell’anno in base all’originario canone e quanto avrebbe fatturato tenendo conto del nuovo canone, nonché di applicare, alle fatture che dovrà emettere nei mesi successivi, il nuovo canone. Tale “iter” si ripete ovviamente anche negli anni successivi.

In conclusione, per l’anno 2001 il servizio deve essere svolto in base al canone contrattuale rinegoziato; dal 1° febbraio 2002 Tradeco srl ha invece diritto al compenso revisionale, che va calcolato in base agli aumenti dei fattori della produzione verificatisi nel corso del 2001 e che va applicato sulle fatture emesse nell’anno 2002; analogo discorso va fatto per l’anno 2003 e per gli anni successivi, fino al 31.01.2005.

In altri termini, il riconoscimento del compenso revisionale, eccettuato il primo anno di esecuzione del contratto di durata, vale per il canone futuro, allo scadere dell’annualità, non anche per il canone corrente per l’anno in corso (“conguaglio revisionale” o “recupero a conguaglio”), come invece auspica parte ricorrente, traducendosi, in caso contrario, in una indebita locupletazione.

Quanto al periodo successivo alla scadenza contrattuale, di mera proroga unilaterale dal 1.02.2005 al 31.12.2008, il rapporto intercorso tra l'Amministrazione e la ricorrente deve considerarsi di mero fatto; né un rapporto contrattuale è venuto in essere per effetto dell’incontro della volontà delle parti, atteso che, per giurisprudenza costante (T.A.R. Sicilia Catania, sez. I, 23 gennaio 2009, n. 167; T.A.R. Puglia Lecce, sez. II, 09 luglio 2008, n. 2083; T.A.R. Veneto Venezia, sez. III, 23 maggio 2008, n. 1545; Consiglio Stato, sez. V, 15 dicembre 2005, n. 7147), i contratti della pubblica amministrazione richiedono “ad substantiam” la forma scritta. Pertanto esso è regolato, in assenza di una fattispecie negoziale ad esso applicabile, dalla normativa prevista in tema di indebito arricchimento (art. 2041 c.c.) (in questo senso anche TAR Lazio - Roma n. 432/06).

Infatti, proprio l'assenza di un contratto perfetto ed efficace, ovvero di un presupposto essenziale richiesto dall'art. 6 comma 4° l. n. 537/93 (che parla di "contratti ad efficacia periodica e continuativa"), rende inconfigurabile il diritto alla revisione del prezzo per il periodo che va dal 1.02.2005 al 31.12.2008.

Ciò posto, non avendo parte ricorrente provato le condizioni dell’indebito arricchimento, ossia che quanto percepito dall’Amministrazione resistente sia stato inferiore ai costi effettivamente sostenuti, ne consegue che la relativa domanda, riqualificata ai sensi dell’art. 2041 c.c., non sia suscettibile di accoglimento.

Definito l’ambito di applicazione della clausola di revisione dei prezzi, che concerne esclusivamente il periodo di vigenza contrattuale del contratto integrativo stipulato in data 28.11.2001, dunque a partire dal 1.02.2001 fino al 31.01.2005, il Collegio ritiene opportuno e necessario procedere ad una ricostruzione sistematica della disciplina applicabile, anche sulla base dei pregnanti spunti giurisprudenziali, al fine di definire l’attuale controversia.

Come osservato dalla stessa parte ricorrente, secondo un consolidato orientamento (Consiglio di Stato, Sez. V, 9 giugno 2008, n. 2786; Sez. V, 14 dicembre 2006, n. 7461; Sez. V, 16 giugno 2003, n. 3373; Sez. V, 8 maggio 2002, n. 2461), l'articolo 6 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, ora art. 115 del d.lvo 163/06, detta una disciplina speciale, circa il riconoscimento della revisione prezzi nei contratti stipulati dalla p.a. che prevale su quella generale di cui all'articolo 1664 del codice civile. Tale disciplina ha natura imperativa e s’impone nelle pattuizioni private modificando ed integrando la volontà delle parti contrastante con la stessa, attraverso il meccanismo di cui all'articolo 1339 del codice civile; ne consegue che le clausole difformi sono nulle nella loro globalità, anche se la nullità non investe l'intero contratto, in applicazione del principio “utile per inutile non vitiatur”, sancito dall'articolo 1419 del codice civile.

Per la medesima giurisprudenza, però, poiché la disciplina legale dettata dall'articolo 6, commi 4 e 6 cit., non è mai stata attuata nella parte in cui prevede l'elaborazione, da parte dell'I.S.T.A.T., di particolari indici concernenti il miglior prezzo di mercato desunto dal complesso delle aggiudicazioni di appalti di beni e servizi, rilevate su base semestrale, la lacuna può essere colmata mediante il ricorso all'indice F.O.I. (indice di variazione dei prezzi per le famiglie di operai e impiegati), mensilmente pubblicato dall’ISTAT, con la precisazione, tuttavia, che l'utilizzo di tale parametro non esime la stazione appaltante dal dovere di istruire il procedimento tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto al fine di esprimere la propria determinazione tecnico-discrezionale, ma segna il limite massimo oltre il quale, salvo circostanze eccezionali che devono essere provate dall'impresa, non può spingersi nella determinazione del compenso revisionale (ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 15 maggio 2009 n. 3003; Sez. V, 9 giugno 2008 n. 2786, 20 agosto 2008 n. 3994 e 9 giugno 2009 n. 3569). Pertanto, eccettuato il tipo di indice da applicare, in ordine al quale vi è la impossibilità materiale di applicare il criterio legale, deve quanto al resto riprendere vigore la disciplina vincolistica di legge; nessuno spazio dunque residua per la libertà negoziale.

L'istituto della revisione è infatti preordinato, nell'attuale disciplina, alla tutela dell'esigenza dell'Amministrazione di evitare che il corrispettivo del contratto di durata subisca aumenti incontrollati nel corso del tempo tali da sconvolgere il quadro finanziario sulla cui base è avvenuta la stipulazione del contratto. La clausola di revisione periodica di tali contratti, in particolare, ha lo scopo di tenere indenni gli appaltatori della P.A. da quegli aumenti dei prezzi dei fattori della produzione che, incidendo sulla percentuale di utile stimata al momento della formulazione dell’offerta, potrebbero indurre l’appaltatore a svolgere il servizio o ad eseguire la fornitura a condizioni deteriori rispetto a quanto pattuito o, addirittura, a rifiutarsi di proseguire nel rapporto, con inevitabile compromissione degli interessi della P.A. (naturalmente, nel caso improbabile che si verifichi una diminuzione dei costi dei fattori produttivi, la revisione dei prezzi opera a favore del committente, il quale ha diritto ad una riduzione del corrispettivo contrattuale).

Solo in via mediata l'istituto tutela l'interesse dell'impresa a non subire l'alterazione dell'equilibrio contrattuale conseguente alle modifiche dei costi che si verifichino durante l'arco del rapporto e che potrebbero indurla ad una surrettizia riduzione degli standard qualitativi delle prestazioni (così T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, n. 925/2006; Consiglio Stato, Sez. V, 9 giugno 2008 n. 2786; T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 6 aprile 2007 n. 1047; 14 agosto 2008 n. 1970; 25 novembre 2008 n. 2666; 7 luglio 2009 n. 1751, 2 dicembre 2009 n. 2997).

La giurisprudenza ammette – altresì – che soltanto in frangenti del tutto eccezionali l’istituto della revisione prezzi possa fuoriuscire dalla mera esigenza dell’Amministrazione aggiudicante di evitare che il corrispettivo del contratto di durata subisca aumenti incontrollati nel corso del tempo e tuteli – quindi – il contrapposto interesse dell’impresa di non subire l’alterazione dell’equilibrio contrattuale conseguente alle modifiche dei costi che potrebbero verificarsi durante l’arco del rapporto (cfr. al riguardo Cons. Stato, Sez. V, 9 giugno 2008 n. 2786).

Tale eccezionalità – che conseguentemente legittima una quantificazione del compenso revisionale mediante il ricorso a differenti parametri statistici - va comunque intesa come ricorrenza di circostanze impreviste e imprevedibili, ossia non sussistenti al momento della sottoscrizione del contratto e delle quali non era prevedibile l’avveramento (TAR Veneto, sez. I, 1° febbraio 2010 n. 236).

Nel caso di specie, tuttavia, a prescindere dalla situazione presente al momento della stipula del primo contratto e di quello definito integrativo, è preminente l’osservazione secondo la quale dal secondo contratto, novativo, non si evince affatto, con chiarezza, quale sia il criterio di calcolo della clausola di revisione adottata (“calcoli revisionali concordati transattivamente”…“per quanto non modificato o integrato dal presente contratto rimangono valide le pattuizioni del contratto originario e le disposizioni del Capitolato speciale originario”). Ne consegue che, non potendo farsi agevolmente riferimento, per definire la percentuale di variazione, alla formula di calcolo di cui al Capitolato, debba farsi applicazione, sulla base dei parametri di riferimento individuati in sede istruttoria dalla stessa Amministrazione (costo del carburante, della manodopera e del conferimento in discarica), all’indice FOI, citato, indicato in via suppletiva dalla giurisprudenza prevalente.

Spiegata nei termini sopra esposti la “ratio” della revisione prezzi nei contratti pubblici, la società ricorrente correttamente ritiene, invece, che il suo diritto al compenso revisionale non possa essere limitato o compresso dalla clausola negoziale che stabilisce, da un lato, che il canone d’appalto debba essere revisionato ogni quattro anni e, dall’altro, che vada altresì detratta un alea del 10%. Ciò in quanto tale clausola è da ritenere nulla per contrasto con norme imperative, posto che introduce nel rapporto sinallagmatico un’alea a danno dell’appaltatore che, nei contratti pubblici, è espressamente vietata dal citato art. 115 del c.d. codice degli appalti (all’epoca della stipula del contratto dall’art. 6 della L. n. 537/1993 e s.m.i.).

E’ proprio sulla base di tale considerazione che la giurisprudenza è pervenuta all’affermazione (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 2786/2008, ma anche di questo Tribunale nn. 2958/2006, 4027/2006 e 4111/2007; 3521/2008) secondo cui la disciplina in materia di revisione dei prezzi degli appalti pubblici ad esecuzione periodica o continuata – fissata per l’appunto dall’art. 115 del D.Lgs. n. 163/2006 – prevale su quella generale di cui all’art. 1664 c.c., dal che discende la nullità delle clausole dei contratti pubblici che, pur contemplando la revisione dei prezzi prevedano, conformemente alla disciplina civilistica, anche in forma indiretta, un’alea a danno dell’appaltatore.

In particolare, quanto alla periodicità con cui va correttamente calcolata la revisione, in assenza di specificazioni da parte del Legislatore, questa non può che essere annuale, e ciò in quanto l’anno rappresenta il termine di riferimento sia per ciò che attiene alla durata del contratto, sia per ciò che concerne gli stanziamenti di bilancio necessari a far fronte ai pagamenti dovuti dalla P.A. agli appaltatori.

Va, dunque, dichiarata l’illegittimità, con conseguente annullamento, del disposto di cui all’art. 6 del Capitolato speciale, limitatamente ai commi 2 e 3, nelle parti in cui prevedono che il canone resti fisso ed invariabile per i primi tre anni decorrenti dall’inizio del servizio e che solo a decorrere dal quarto anno possa subire delle modificazioni in relazione ad aumenti o ribassi dei costi, nonché ai commi 4 e 8, laddove stabiliscono (disposizione e formula di calcolo) che sia detratta un’alea pari al 10% ovvero che il coefficiente di calcolo sia ridotto del – 10%, ove ritenuto applicabile al periodo di vigenza contrattuale del contratto integrativo stipulato in data 28.11.2001, dunque fino al 31.01.2005.

Quanto alla domanda riconvenzionale avanzata dall’Amministrazione comunale, la medesima deve essere dichiarata inammissibile, posto che essa presuppone il previo accertamento, mai avvenuto da parte dell’ente civico, di un inesatto adempimento ovvero dell’incompiutezza del risultato comunque raggiunto, rispetto al quale la stessa si ponga, dunque, quale sanzione. Non essendo adeguatamente provata agli atti una legittima causa che giustifichi la ripetizione, anche parziale, di quanto già erogato la relativa domanda non può essere presa in considerazione.

Va altresì esaminata l’eccezione di prescrizione.

Per il diritto in questione, a parere del Collegio, trova applicazione l’art. 2948, comma 1, n.4, c.c. trattandosi di somme che hanno il connotato della periodicità. Posto che il diritto trova la fonte direttamente nella legge e quindi l’eventuale atto dell’Amministrazione non è costitutivo del diritto ma ha valore solo ricognitivo, il diritto può farsi valere nel momento in cui sorge, cioè dal primo anno dopo l’inizio della vigenza del contratto cd. integrativo (1.02.2002).

L’eccezione non può essere, tuttavia, accolta, essendo documentato in atti che quantomeno già a partire dal 3.02.2005, la ricorrente abbia richiesto la revisione del canone contrattuale, peraltro non specificando in tale sede, al di là del generico richiamo legislativo (art. 44 della l. n. 724/’94) ed all’art. 3 Contratto, le modalità effettive di calcolo per la determinazione dell’importo richiesto. Tale genericità, sottolineata dalla stessa parte resistente, non è quindi preclusiva delle richieste avanzate con il presente gravame, salvo l’esame, successivo, della relativa fondatezza ad opera di questo Collegio. A ciò si aggiunga la considerazione, comunque, della imprescrittibilità dell’azione di nullità (art. 1421 c.c.).

Sulla base delle sopra esposte considerazioni il ricorso è parzialmente meritevole di accoglimento, avendo parte ricorrente diritto alla revisione dei prezzi nei termini di cui in motivazione (decorrenza dal 2002 fino al 31.01.2005, aggiornamento del solo canone futuro con cadenza annuale in base all’indice FOI ed esclusione di qualsiasi alea), maggiorata degli interessi legali, fino al soddisfo, detratto quanto già ricevuto in sede di offerta formale.

Ai fini della determinazione del tempo dell’adempimento revisionale onde stabilire, altresì, la decorrenza dei suddetti interessi corrispettivi dovuti nella misura legale, il Collegio ritiene che un termine pari a tre mesi, ragionevolmente necessari per il compimento dell’istruttoria relativa alla revisione dei prezzi, possa considerarsi congruo, ex art. 1183, comma 2, c.c.. Ne consegue che gli interessi sugli importi revisionali decorreranno dal 1° maggio di ogni anno (2002, 2003 e 2004).

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia -Lecce- sezione terza

in parte accoglie la domanda principale;

dichiara inammissibile la domanda riconvenzionale.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 09/12/2009 con l'intervento dei Magistrati:

Antonio Cavallari, Presidente
Patrizia Moro, Primo Referendario
Gabriella Caprini, Referendario, Estensore

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/04/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO



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