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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. III - 7 aprile 2010, n. 898
APPALTI - Revisione periodica del prezzo - Art. 115 d.lgs. n. 163/2006 -
Natura imperativa - Rinegoziazione del rapporto contrattuale - Rilevanza - Mera
proroga del contratto - Differenza. La natura imperativa dell'art. 6 l. n.
537/93, nel testo sostituito dall’art. 44 della l. n. 724/1994 (ora art. 115
d.lvo 163/’06) e la sua capacità d'imporsi ai patti contrari non può comportare
l'assoluta irrilevanza degli eventuali successivi accordi delle parti che,
rinegoziando volontariamente e nuovamente l'originario assetto del rapporto
contrattuale, rinnovino le condizioni del contratto originario. (TAR Campania -
Salerno n. 2956/07; TAR Sardegna n. 45/07). Diversamente opinando verrebbe
vanificata la "ratio" dell'art. 6 l. n. 537/93 che è quella di adeguare il
prezzo determinato nell'originario rapporto per finalità di conservazione del
livello qualitativo delle prestazioni dell'appaltatore, finalità di
conservazione che non sussistono allorquando il rapporto è consensualmente
rinegoziato. La rinegoziazione, pertanto, deve ritenersi distinta dalla mera
proroga del rapporto contrattuale, in quanto, nella prima, il rapporto si
rinnova parzialmente con la riconsiderazione degli elementi essenziali (tutti o
in parte) del negozio, ivi compreso il prezzo, laddove nella seconda vi è un
mero differimento del termine di durata del rapporto sul presupposto
dell'invarianza degli altri elementi dello stesso. Pres. Cavallari, Est. Caprini
- T. s.r.l. (avv. Mariani) c. Comune di Ceglie Messapica (avv. Vitale) - TAR
PUGLIA, Lecce, Sez. III - 7 aprile 2010, n. 898
APPALTI - Revisione periodica del prezzo - Art. 115 d.lgs. n. 163/2006 -
Periodo temporale di riferimento - Annualità contrattuali successive alla prima.
L'art. 6 l. n. 537/93 (ora 115 del d.lvo 163/06) ha ad oggetto la "revisione
periodica del prezzo" di talché l'aggiornamento del corrispettivo contrattuale,
ivi previsto, non riguarda, per sua stessa natura, il primo periodo temporale di
riferimento della prestazione contrattuale posta a carico dell'Amministrazione.
In altri termini, la revisione del prezzo opera con periodicità annuale e,
quindi, in relazione al corrispettivo riferibile alle annualità contrattuali
successive alla prima (T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 02 aprile 2009 , n. 3571).
Pres. Cavallari, Est. Caprini - T. s.r.l. (avv. Mariani) c. Comune di Ceglie
Messapica (avv. Vitale) - TAR PUGLIA, Lecce, Sez. III - 7 aprile 2010, n. 898
APPALTI- Art. 115 d.lgs. n. 163/2006 - Assenza di un contratto perfetto ed
efficace - Mancanza della forma scritta “ad substantiam” - Diritto alla
revisione del prezzo - Inconfigurabilità. L'assenza di un contratto perfetto
ed efficace (nella specie, per mancanza della forma scritta, richiesta, nei
contratti della pubblica amministrazione, “ad substantiam”), ovvero di un
presupposto essenziale richiesto dall'art. 6 comma 4° l. n. 537/93 (che parla di
"contratti ad efficacia periodica e continuativa"), rende inconfigurabile il
diritto alla revisione del prezzo. Pres. Cavallari, Est. Caprini - T. s.r.l.
(avv. Mariani) c. Comune di Ceglie Messapica (avv. Vitale) - TAR PUGLIA,
Lecce, Sez. III - 7 aprile 2010, n. 898
APPALTI - Revisione periodica del prezzo - Art. 115 d.lgs. n. 163/2006 -
Natura imperativa - Modifica e integrazione della volontà delle parti - Nullità
delle clausole difformi - Principio dell’”utile per inutile non vitiatur” -
Indici di riferimento - Mancata attuazione della disciplina legale - Ricorso
all’indice FOI - Determinazione tecnico-discrezionale dell’amministrazione
appaltante. L'articolo 6 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, ora art. 115
del d.lvo 163/06, detta una disciplina speciale, circa il riconoscimento della
revisione prezzi nei contratti stipulati dalla p.a. che prevale su quella
generale di cui all'articolo 1664 c.c. (Consiglio di Stato, Sez. V, 9 giugno
2008, n. 2786; Sez. V, 14 dicembre 2006, n. 7461; Sez. V, 16 giugno 2003, n.
3373; Sez. V, 8 maggio 2002, n. 2461). Tale disciplina ha natura imperativa e
s’impone nelle pattuizioni private modificando ed integrando la volontà delle
parti contrastante con la stessa; ne consegue che le clausole difformi sono
nulle nella loro globalità, anche se la nullità non investe l'intero contratto,
in applicazione del principio “utile per inutile non vitiatur”, sancito
dall'articolo 1419 c.c.. Poiché però la disciplina legale dettata dall'articolo
6, commi 4 e 6 cit., non è mai stata attuata nella parte in cui prevede
l'elaborazione, da parte dell'I.S.T.A.T., di particolari indici concernenti il
miglior prezzo di mercato desunto dal complesso delle aggiudicazioni di appalti
di beni e servizi, rilevate su base semestrale, la lacuna può essere colmata
mediante il ricorso all'indice F.O.I. (indice di variazione dei prezzi per le
famiglie di operai e impiegati), mensilmente pubblicato dall’ISTAT, con la
precisazione che l'utilizzo di tale parametro non esime la stazione appaltante
dal dovere di istruire il procedimento tenendo conto di tutte le circostanze del
caso concreto al fine di esprimere la propria determinazione
tecnico-discrezionale, ma segna il limite massimo oltre il quale, salvo
circostanze eccezionali che devono essere provate dall'impresa, non può
spingersi nella determinazione del compenso revisionale (ex multis, Cons. Stato,
Sez. VI, 15 maggio 2009 n. 3003; Sez. V, 9 giugno 2008 n. 2786, 20 agosto 2008
n. 3994 e 9 giugno 2009 n. 3569). Pres. Cavallari, Est. Caprini - T. s.r.l.
(avv. Mariani) c. Comune di Ceglie Messapica (avv. Vitale) - TAR PUGLIA,
Lecce, Sez. III - 7 aprile 2010, n. 898
APPALTI - Revisione periodica del prezzo - Art. 115 d.lgs. n. 163/2006 -
Finalità dell’istituto - Tutela della P.A. - Tutela mediata dell’impresa
appaltatrice. L'istituto della revisione è preordinato alla tutela
dell'esigenza dell'Amministrazione di evitare che il corrispettivo del contratto
di durata subisca aumenti incontrollati nel corso del tempo tali da sconvolgere
il quadro finanziario sulla cui base è avvenuta la stipulazione del contratto.
La clausola di revisione periodica di tali contratti, in particolare, ha lo
scopo di tenere indenni gli appaltatori della P.A. da quegli aumenti dei prezzi
dei fattori della produzione che, incidendo sulla percentuale di utile stimata
al momento della formulazione dell’offerta, potrebbero indurli a svolgere il
servizio o ad eseguire la fornitura a condizioni deteriori rispetto a quanto
pattuito o a rifiutarsi di proseguire nel rapporto, con inevitabile
compromissione degli interessi della P.A.. Solo in via mediata l'istituto tutela
l'interesse dell'impresa a non subire l'alterazione dell'equilibrio contrattuale
conseguente alle modifiche dei costi che si verifichino durante l'arco del
rapporto (così T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, n. 925/2006; Consiglio Stato, Sez.
V, 9 giugno 2008 n. 2786; T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 6 aprile 2007 n. 1047; 14
agosto 2008 n. 1970; 25 novembre 2008 n. 2666; 7 luglio 2009 n. 1751, 2 dicembre
2009 n. 2997). Soltanto in frangenti del tutto eccezionali l’istituto della
revisione prezzi può fuoriuscire dalla mera esigenza dell’Amministrazione
aggiudicante di evitare che il corrispettivo del contratto di durata subisca
aumenti incontrollati nel corso del tempo e tutelare - quindi - il contrapposto
interesse dell’impresa (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 9 giugno 2008 n. 2786). Tale
eccezionalità - che conseguentemente legittima una quantificazione del compenso
revisionale mediante il ricorso a differenti parametri statistici - va comunque
intesa come ricorrenza di circostanze impreviste e imprevedibili, ossia non
sussistenti al momento della sottoscrizione del contratto e delle quali non era
prevedibile l’avveramento (TAR Veneto, sez. I, 1° febbraio 2010 n. 236). Pres.
Cavallari, Est. Caprini - T. s.r.l. (avv. Mariani) c. Comune di Ceglie Messapica
(avv. Vitale) - TAR PUGLIA, Lecce, Sez. III - 7 aprile 2010, n. 898
APPALTI - Revisione periodica del prezzo - Art. 115 d.lgs. n. 163/2006 -
Disciplina - prevalenza sulla disciplina generale ex art. 1664 c.c. - Contratti
pubblici - Previsione di un’alea a danno dell’appaltatore, conformemente alla
disciplina civilistica - Nullità. La disciplina in materia di revisione dei
prezzi degli appalti pubblici ad esecuzione periodica o continuata - fissata
dall’art. 115 del D.Lgs. n. 163/2006 - prevale su quella generale di cui
all’art. 1664 c.c., dal che discende la nullità delle clausole dei contratti
pubblici che, pur contemplando la revisione dei prezzi prevedano, conformemente
alla disciplina civilistica, anche in forma indiretta, un’alea a danno
dell’appaltatore (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 2786/2008, TAR Puglia, Lecce,
nn. 2958/2006, 4027/2006, 4111/2007, 3521/2008) Pres. Cavallari, Est. Caprini -
T. s.r.l. (avv. Mariani) c. Comune di Ceglie Messapica (avv. Vitale) - TAR
PUGLIA, Lecce, Sez. III - 7 aprile 2010, n. 898
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 00898/2010 REG.SEN.
N. 00870/2009 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 870 del 2009, proposto da:
Tradeco Srl, rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Mariani, con domicilio
eletto presso Pier Luigi Portaluri in Lecce, via Imbriani, 24;
contro
Comune di Ceglie Messapica, rappresentato e difeso dall'avv. Grazia Vitale, con
domicilio eletto presso Daniela Anna Ponzo in Lecce, via Schipa, 35;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
dell’art. 6 del capitolato speciale allegato al contratto di appalto stipulato
tra le parti in data 7.11.1995, limitatamente alle seguenti espressioni:
secondo comma, nella parte in cui dispone che: “il canone resta fisso ed
invariabile per i primi tre anni decorrenti dall’inizio del servizio”;
terzo comma: “a decorrere dal quarto anno”;
quarto comma: “detratta un’alea pari al 10%”
ottavo comma, nella parte in cui prevede che “il coefficiente di calcolo per
rideterminare il canone per revisione prezzi è ridotto del – 10%”;
nonché per l’accertamento del diritto alla corresponsione del compenso
revisionale spettante in virtù del contratto stipulato fra le parti in data
7.11.1995, sulla base del prezzo di appalto rideterminato su base annua, a
decorrere dal 1 febbraio 2001, in £. 2.450.047.921, prorogato fino al 31
dicembre 2008, al netto di quanto già riconosciuto mediante offerta reale
notificata in data 23 maggio 2008, senza escludere le somme maturate sin dal
primo triennio e senza la decurtazione dell’alea contrattuale nella misura del
10%, stante la nullità delle corrispondenti previsioni contrattuali;
nonché per la condanna dell’Amministrazione intimata al pagamento di tutte le
somme ancora dovute, come indicate in atto, a decorrere dalla maturazione di
ogni rateo mensile posticipato, fino al soddisfo.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Ceglie Messapica;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 09/12/2009 la dott.ssa Gabriella
Caprini e uditi per le parti gli avv.ti Mariani e Vitale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con contratto rep. n. 2284 del 7.11.1995 il Comune di Ceglie Messapica ha
affidato in appalto alla ricorrente, Tradeco srl, i servizi di igiene urbana e
complementari a decorrere dal 1 febbraio 1996, per un periodo di nove anni e per
un canone annuo di £. 1.717.403.530, pari ad euro 886.964,90, da corrispondersi
in rate mensili.
L’art. 3 del contratto di appalto prevedeva che “per la revisione di detto
canone saranno applicate le disposizioni di legge vigenti in materia, allo stato
l’art. 44 della legge 23.12.1994 n. 724”. In forza dell’art. 17 del citato
contratto le parti pattuirono che il Capitolato speciale di appalto ne facesse
parte integrante. In particolare, con riferimento alla clausola di revisione
prezzi, l’art. 6 di detto Capitolato recita: “Il canone resta fisso ed
invariabile per i primi tre anni decorrenti dall’inizio effettivo del servizio.
A decorrere dal quarto anno, qualora dovessero verificarsi aumenti o ribassi del
costo della manodopera o dei carburanti o dello smaltimento in discarica,
rispetto ai prezzi riportati negli allegati di capitolato, il canone potrà
subire delle modificazioni. In tal caso, dietro istanza documentata
dell’appaltatore, o del Comune,…si provvederà a modificare, in aumento o in
diminuzione, dal primo giorno del trimestre successivo dalla presentazione
dell’istanza (..), il canone in una percentuale pari a quella ricavata dalla
formula di calcolo che segue, detratta un’alea pari al 10%, tenendo conto che
l’incidenza del costo della manodopera è pari al 50%, del gasolio per
autotrazione al 25% e dello smaltimento al 25%. Il costo della manodopera di
riferimento è quello di un operatore di II livello. Il costo del carburante di
riferimento è quello medio del gasolio per autotrazione praticato dalle stazioni
di servizio Agip, Erg, Esso in questo Comune. Il costo medio dello smaltimento
dei rifiuti è quello medio praticato nelle tre discariche, regolarmente
autorizzate, a minor distanza chilometrica dal Comune. FORMULA DI CALCOLO…CANONE
RIDETERMINATO = canone netto di aggiudicazione incrementato o diminuito della
cifra ottenuta moltiplicando detto canone per il coefficiente di calcolo. (…) Il
predetto canone annuo dovrà essere corrisposto in rate mensili posticipate,
entro il decimo giorno successivo alla maturazione, previa presentazione di
fattura. Qualora i termini di pagamento non venissero rispettati, si provvederà
al computo degli interessi legali sulle somme non corrisposte”.
Nel corso del rapporto contrattuale sono sorte varie questioni sia per la
mancata corresponsione del compenso revisionale annuale e dell’aggiornamento del
canone sia per una serie di ampliamenti di servizi di igiene urbana richiesti
dall’Amministrazione comunale. Tutte le questioni insorte fra le parti fino alla
data del 21 giugno 2001 sono state definite con apposito atto di transazione.
Le relative pattuizioni sono state recepite successivamente con separato
contratto integrativo, redatto in forma pubblica dal Segretario Comunale, atto
rep. 3415 del 28.11.2001, con rinuncia da parte della TRADECO srl sia alla
revisione per il periodo 1.02.2000 - 31.01.2001 sia agli interessi maturati e
maturandi sui suddetti compensi revisionali, a fronte del concesso ampliamento
dei servizi. In virtù di tali atti sono state corrisposte tutte le somme dovute
a titolo di revisione prezzi per il periodo dal 1° febbraio 1996 fino al 31
gennaio 2001. Inoltre, le medesime parti sono addivenute ad una rideterminazione
degli obblighi contrattuali con ridefinizione delle modalità del servizio,
implementato e parzialmente modificato. A decorrere dal 1° febbraio 2001 è stato
conseguentemente pattuito tra le parti un nuovo canone annuale comprensivo di
aggiornamento revisionale pari a £. 2.151.047.921 ed ulteriore corrispettivo,
pari a £. 299.000.000, per servizi aggiuntivi, per complessive £. 2.450.047.921,
pari ad euro 1.265.344,15. Il contratto, con le suddette implementazioni, è
stato più volte prorogato fino al 31.12.2008.
Quanto alla revisione del canone, rideterminato al mese di gennaio 2001, il
contratto integrativo all’art. 5 disponeva: “ con decorrenza 1 febbraio 2001 e
fino alla scadenza del contratto, nonché per eventuali rinnovi o proroghe dello
stesso, si procederà alla revisione (=modifica) del canone con le modalità ed i
criteri con i quali si è già proceduto ai calcoli revisionali concordati
transattivamente”. Nel successivo art. 6, le parti precisarono: “per quanto non
modificato o integrato dal presente contratto rimangono valide le pattuizioni
del contratto originario e le disposizioni del Capitolato speciale originario”.
L’Amministrazione, dopo la stipula dell’accordo transattivo non ha provveduto,
secondo parte ricorrente, a riconoscere regolarmente gli ulteriori compensi.
Dopo diversi solleciti, con nota del 23.10.2007, il responsabile della V area
del Comune trasmetteva una relazione con cui veniva calcolato il compenso
revisionale. Nel relativo calcolo il compenso era fatto decorrere dal mese di
febbraio 2001 (anziché dal gennaio 2000, come chiesto), applicando l’alea del
10%, con mantenimento del prezzo fisso per tre anni dalla data del contratto
integrativo e calcolo della revisione dal 1° febbraio 2004, secondo la clausola
contrattuale per la quale si chiede l’accertamento della nullità. La ricorrente,
con diverse note, contestava i conteggi predisposti dal consulente comunale,
accettando le supposte minori somme a titolo di acconto. A seguito
dell’intimazione di pagamento effettuata da ultimo con lettera del 22.04.2008,
il Comune ha ritenuto di offrire le somme di cui sopra, aggiornate, formulando,
in data 23.05.2008, offerta reale a mezzo di ufficiale giudiziario per l’importo
di euro 595.654,67, di cui euro 504.363,54 per differenze tra i canoni
revisionati ed i canoni corrisposti dal 1 febbraio 2004 al 23 maggio 2008, euro
50.436,35 per IVA ed euro 40.854,78 per interessi legali calcolati dal 1.02.2004
al 23.05.2008. Conseguentemente ha corrisposto tali somme mediante consegna di
dodici assegni circolari, accettati dalla ricorrente sempre a titolo di acconto.
Con nota del 4.10.2008, infine, il Comune ha comunicato che il canone
revisionato al 1° febbraio 2008 era di euro 1.305.467,84 oltre IVA,
rideterminando il canone mensile in euro 108.788,99 oltre IVA e chiedendo
l’emissione delle fatture per la corrispondente differenza di euro 30.092,76
oltre IVA, non ancora saldata.
La ricorrente contesta i conteggi effettuati a titolo di revisione prezzi,
ritenendoli illegittimi e lesivi dei propri interessi.
Si è costituita l’Amministrazione intimata chiedendo, in via pregiudiziale, la
dichiarazione del difetto di giurisdizione e, nel merito, il rigetto del ricorso
unitamente all’accoglimento della domanda riconvenzionale presentata per le
somme corrisposte e ritenute eccedenti rispetto a quanto spettante nonché la
condanna alle spese.
All’udienza del 9.12.2009 la causa è stata chiamata e trattenuta in decisione.
DIRITTO
Ritiene il Collegio di dovere esaminare, in via preliminare, l’eccezione del
difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, sollevata pregiudizialmente
dall’Amministrazione intimata.
L’eccezione è infondata.
Quanto al periodo di vigenza del rapporto contrattuale (a decorrere dal
1.02.1996 sino 31.01.2005) contrariamente a quanto eccepito dalla parte
resistente, trattasi di una ipotesi relativa, oltre che alla spettanza o meno
della revisione, anche alla determinazione del suo esatto importo attraverso il
concreto provvedimento applicativo che, a norma dell’art. 244, comma 3, del
codice dei contratti, è ormai pacificamente devoluta alla giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo. In virtù di una lettura costituzionalmente
orientata dell'art. 6, l. 24 dicembre 1993 n. 537 (modificato dall'art. 44 l. 23
dicembre 1994 n. 724 e sostituito dall’art. 115 del d.lvo 163/2006), come
risultante dalla sentenza della Corte cost. n. 204 del 2004, la giurisdizione
del g.a. sussiste, infatti, con riferimento a situazioni in cui le posizioni di
diritto soggettivo fatte valere si collochino in un'area di rapporti in cui la
p.a. agisce tutelando l’interesse pubblico, come nel caso, appunto, della
revisione globalmente intesa. L'art. 244 del nuovo Codice dei contratti
pubblici, infatti, - superando la tradizionale distinzione in base alla quale
erano devolute alla giurisdizione del g.o. le controversie relative al quantum
della revisione prezzi e al g.a. quelle relative all'an debeatur - impone la
concentrazione dinanzi alla stessa autorità giurisdizionale di tutte le cause
relative all'istituto della revisione prezzi negli appalti pubblici ad
esecuzione continuata o periodica, con conseguente potere del giudice
amministrativo di conoscere della misura della revisione e di emettere condanna
al pagamento delle relative somme; risulta in tal modo superata la tradizionale
distinzione fondata sulla consistenza della situazione soggettiva fatta valere
(diritto soggettivo / interesse legittimo) (Cassazione civile, sez. un., 17
aprile 2009, n. 9152 e T.A.R. Puglia Bari, sez. I, 30 gennaio 2009, n. 159).
Ciò premesso, occorre altresì sottolineare che, più in generale e con
riferimento quindi anche al periodo successivo alla scadenza contrattuale, in
presenza di mere proroghe unilaterali del servizio imposte dall’Amministrazione
comunale, precisamente fino al 31.12.2008, a norma dell’art. 4 del d.l. n. 90
del 2008, conv. in l. n. 123/2008, sono comunque devolute alla giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie attinenti alla
complessiva azione di gestione dei rifiuti, posta in essere dall’Amministrazione
con comportamenti finalizzati alla tutela dell’interesse pubblico .
L’analisi delle disposizioni,come quella in esame,che attribuiscono serie di
vicende alla giurisdizione del giudice amministrativo non può che partire dagli
artt. 103 e 113 della Costituzione,così come interpretati,anche,dalle ultime
sentenze della Corte Costituzionale n.204 del 2004 e n.191 del 2006.
L’essenza della giurisdizione esclusiva prevista dall’art. 103 della
Costituzione è nella commistione di interessi legittimi e diritti soggettivi,
nella attribuzione al giudice amministrativo di vicende nelle quali sono
coinvolti sia interessi legittimi ( cioè situazioni nelle quali
l’Amministrazione esercita un potere autoritativo e quindi si trova in una
posizione sovraordinata rispetto al privato ), sia diritti soggettivi (cioè
situazioni nelle quali l’Amministrazione si trova sullo stesso piano del privato
).
La costruzione rigida dell’art. 103 è temperata dal successivo art.113, che
sostanzialmente esclude la esclusiva del giudice amministrativo in materia di
interessi legittimi,rimettendo alla legge ordinaria la individuazione degli
organi di giurisdizione che possono annullare gli atti della pubblica
amministrazione e degli effetti dell’annullamento.
La maggiore “ libertà di manovra “ attribuita al legislatore ordinario dall’art.
113 della Costituzione ha trovato applicazione nell’art. 63 del d. lgs. n.165
del 2001 in quanto attribuisce al giudice ordinario il potere di disapplicare –
perché si è ritenuto che il più comprende il meno e perciò il potere di
annullare comprende il potere di disapplicare – gli atti amministrativi
presupposti rispetto ad atti che incidono immediatamente su rapporti di
lavoro,cioè atti nei quali si concretano scelte generali e quindi incidono su
interessi legittimi .
Se l’ordinamento si evolve nel senso della valorizzazione dell’assetto delineato
nell’art. 113,ad integrazione delle disposizioni dell’art. 103,non si può
interpretare quest’ultimo nel senso della negazione della giurisdizione
esclusiva dallo stesso espressamente prevista,cioè nel senso che l’attribuzione
al giudice amministrativo della giurisdizione esclusiva in una materia è
costituzionalmente legittima solo se a fronte del diritto soggettivo si esercita
un potere autoritativo,dato che un atto autoritativo può fisiologicamente
incidere solo un interesse legittimo.
La giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo presuppone un’attività
della pubblica amministrazione e un contrapposto diritto soggettivo,cioè
situazioni paritetiche.
La individuazione dei limiti derivanti alla previsione costituzionale della
giurisdizione esclusiva contenuta nell’art. 103 dalla concorrente previsione
costituzionale dell’attribuzione al giudice ordinario delle controversie
privatistiche dell’amministrazione,così come formulata nella sentenza n.204 del
2004 della Corte Costituzionale e ribadita nella successiva sentenza n.191 del
2006,trova la sua chiave di volta nella funzione esercitata,nell’interesse
pubblico perseguito,che giustifica l’attribuzione della contesa al giudice
amministrativo se l’atto o comportamento che si assume lesivo è riconducibile
“anche mediatamente” all’esercizio di un pubblico potere,cioè alla tutela del
pubblico interesse attraverso strumenti privatistici.
E’ questa la ragione che,nella sentenza n.204 del 2004, convince della
legittimità costituzionale del radicamento innanzi al giudice amministrativo
delle controversie in materia di revisione dei prezzi,controversie nelle quali
da un lato è indubbia la natura di diritto soggettivo della pretesa,dall’altro è
indubbio lo svolgimento dell’attività dell’amministrazione con strumenti
privatistici – disciplinati dal contratto – e la riconduzione dell’attività
privatistica alla tutela dell’interesse pubblico,cioè dell’interesse alla più
razionale gestione del danaro pubblico in funzione della corretta esecuzione di
un contratto finalizzato alla provvista di mezzi da utilizzare per soddisfare
l’interesse collettivo.
Le medesime ragioni militano per la legittimità costituzionale dell’art. 4 del
d.l. n.90 del 2008,che attribuisce,in via esclusiva, al giudice amministrativo
le controversie in materia di gestione dei rifiuti,cioè in una materia nella
quale l’interesse pubblico ha un rilievo particolare.
Tale disposizione conferma la correttezza dell’instaurazione del presente
ricorso in capo alla Autorità giurisdizionale adita.
Risolta positivamente la questione in rito, il Collegio passa ad esaminare le
censure di merito.
Con il primo motivo di ricorso la parte lamenta la nullità delle clausole del
capitolato speciale di appalto che prevedono un’alea del 10% in riduzione del
compenso revisionale ed il differimento della revisione dei prezzi a decorrere
dal quarto anno, per contrarietà alla norma imperativa di cui all’art. 6 della
l. n. 537/1993, nel testo sostituito dall’art. 44 della l. n. 724/1994 (ora art.
115 d.lvo 163/’06) ed ai sensi degli artt. 1418 e 1419 c.c., con integrazione
automatica ex 1339 c.c. e prescrizione della revisione annuale.
Con il secondo motivo di ricorso la parte chiede, conseguentemente,
l’accertamento dell’erroneità del calcolo revisionale effettuato dal consulente
del Comune con relazione prot. n. 18608 del 24.07.2007 e successivo
aggiornamento, prot. n. 11602 del 5.0.5.2008.
Con il terzo ed il quarto motivo di ricorso parte ricorrente prospetta la
questione esegetica dell’art. 6 del Capitolato speciale di appalto circa
l’aggiornamento del canone futuro e il recupero revisionale per l’anno in corso,
chiedendo, anche per tale aspetto, il conseguente accertamento dei compensi
revisionali.
I motivi, che per connessione logico-giuridica possono essere trattati
congiuntamente, sono fondati nei limiti di seguito esposti.
Premette il Collegio che l’esame della controversia non concerne il periodo che
va dalla stipula del primo contratto, avvenuta il 7.11.1995, fino alla data
dell’intervenuto accordo transattivo del 21.06.2001, con il quale sono state
definite le spettanze dovute per i periodi pregressi, sino al 31.01.2001. Le
relative pattuizioni, poi, sono state trasfuse nel successivo contratto c.d.
integrativo del 28.11.2001, in esecuzione del quale, secondo parte ricorrente, è
stata applicata la clausola di revisione originariamente prevista e contestata
sia per il periodo di effettiva vigenza di tale secondo contratto (fino al
31.01.2005) che per quello di prosecuzione del rapporto in regime di proroga
(fino al 31.12.2008).
Secondo la ricorrente nella fattispecie sarebbero configurabili una serie di
contratti "ricognitivi" di un unico rapporto sorto a seguito dell'esperimento
dell'asta pubblica; ne conseguirebbe che, pur in presenza della transazione
“medio tempore” intervenuta in data 21.06.2001, con definizione dei rapporti
sino al 31.01.2001, secondo parte ricorrente il diritto alla revisione dei
prezzi riguarderebbe sia il periodo immediatamente precedente, successivo
all’ultima revisione (1.02.2000 - 31.01.2001), al quale, peraltro, ha rinunciato
in sede transattiva, sia tutte le annualità successive, comprensive anche del
primo anno di efficacia del contratto successivo alla transazione (in vigore dal
1.02.2001), che tra l’altro, già comprendeva un nuovo canone revisionato ed
aggiornato.
La tesi in esame non può essere condivisa nei termini che seguono.
Come in più occasioni ha avuto modo di precisare la giurisprudenza (TAR Campania
- Salerno n. 2956/07; TAR Sardegna n. 45/07) la riconosciuta natura imperativa
dell'art. 6 l. n. 537/93 e la sua capacità d'imporsi ai patti contrari non può
comportare l'assoluta irrilevanza degli eventuali successivi accordi delle parti
che, rinegoziando volontariamente e nuovamente l'originario assetto del rapporto
contrattuale, rinnovino le condizioni del contratto originario, sicché
quest'ultimo venga a costituire solo il mero presupposto della rinegoziazione,
mentre la revisione dei prezzi attiene all'assetto originario degli interessi
delle parti ed opera pertanto rebus sic stantibus.
Diversamente opinando verrebbe vanificata la "ratio" dell'art. 6 l. n. 537/93
che è quella di adeguare il prezzo determinato nell'originario rapporto per
finalità di conservazione del livello qualitativo delle prestazioni
dell'appaltatore, finalità di conservazione che non sussistono allorquando il
rapporto, nel rinnovato esercizio dell'autonomia negoziale, è consensualmente
rinegoziato.
In altri termini, la rinegoziazione, quale quella intervenuta nel 2001, deve
ritenersi distinta dalla mera proroga del rapporto contrattuale, in quanto,
nella prima, il rapporto si rinnova parzialmente con la riconsiderazione degli
elementi essenziali (tutti o in parte) del negozio, ivi compreso il prezzo,
laddove nella seconda vi è un mero differimento del termine di durata del
rapporto sul presupposto dell'invarianza degli altri elementi dello stesso.
Quanto fin qui evidenziato induce a ritenere che il contratto del 28/11/01
costituisca fonte autonoma di un distinto rapporto e non atto ricognitivo di
quello precedente: esso consegue a distinte manifestazioni di volontà, il
corrispettivo della prestazione non è rimasto inalterato, vi è un ampliamento
dei servizi oggetto della prestazione, con rinuncia da parte della ricorrente a
pretese di qualsiasi specie e contenuto, derivanti dal contratto originario. Con
tale atto si è, cioè, anche considerato esaurito ogni rapporto di debito e
credito precedente all’intervenuta transazione.
Ne consegue che la revisione dei prezzi, in coerenza a quanto in precedenza
precisato, può essere riconosciuta per i soli periodi successivi al primo anno
cui si riferisce il nuovo contratto e, precisamente, a partire dal 01/02/02.
A parere del Collegio, dunque, per il primo anno l’appalto va eseguito al prezzo
risultante in sede di transazione e di contratto integrativo, senza che
l’appaltatore possa pretendere alcun altro compenso ulteriore, avendo dichiarato
in sede di offerta transattiva e di stipula del successivo contratto di ritenere
congruo e di poter eseguire le prestazioni di cui consta il servizio al prezzo
offerto. L'art. 6 l. n. 537/93 (ora 115 del d.lvo 163/06) ha, infatti, ad
oggetto la "revisione periodica del prezzo" di talché l'aggiornamento del
corrispettivo contrattuale, ivi previsto, non riguarda, per sua stessa natura,
il primo periodo temporale di riferimento della prestazione contrattuale posta a
carico dell'Amministrazione. In altri termini, la revisione del prezzo opera con
periodicità annuale e, quindi, in relazione al corrispettivo riferibile alle
annualità contrattuali successive alla prima (T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 02
aprile 2009 , n. 3571). Per tutto l’anno 2001, cioè, l’appaltatore sopporta il
rischio di non aver correttamente calcolato l’incidenza dei costi di produzione.
Dal 1° febbraio 2002, egli invece ha diritto all’applicazione del canone
revisionato. Peraltro, tenuto conto del fatto che l’istruttoria che deve
precedere la determinazione del nuovo canone non si conclude di solito in breve
tempo, accade che a tale determinazione si addivenga nel corso del secondo anno
di esecuzione. Ciò significa che, dovendo la revisione operare dal 1° febbraio
2002, l’appaltatore ha diritto a vedersi corrispondere la differenza fra quanto
fatturato per i primi mesi dell’anno in base all’originario canone e quanto
avrebbe fatturato tenendo conto del nuovo canone, nonché di applicare, alle
fatture che dovrà emettere nei mesi successivi, il nuovo canone. Tale “iter” si
ripete ovviamente anche negli anni successivi.
In conclusione, per l’anno 2001 il servizio deve essere svolto in base al canone
contrattuale rinegoziato; dal 1° febbraio 2002 Tradeco srl ha invece diritto al
compenso revisionale, che va calcolato in base agli aumenti dei fattori della
produzione verificatisi nel corso del 2001 e che va applicato sulle fatture
emesse nell’anno 2002; analogo discorso va fatto per l’anno 2003 e per gli anni
successivi, fino al 31.01.2005.
In altri termini, il riconoscimento del compenso revisionale, eccettuato il
primo anno di esecuzione del contratto di durata, vale per il canone futuro,
allo scadere dell’annualità, non anche per il canone corrente per l’anno in
corso (“conguaglio revisionale” o “recupero a conguaglio”), come invece auspica
parte ricorrente, traducendosi, in caso contrario, in una indebita
locupletazione.
Quanto al periodo successivo alla scadenza contrattuale, di mera proroga
unilaterale dal 1.02.2005 al 31.12.2008, il rapporto intercorso tra
l'Amministrazione e la ricorrente deve considerarsi di mero fatto; né un
rapporto contrattuale è venuto in essere per effetto dell’incontro della volontà
delle parti, atteso che, per giurisprudenza costante (T.A.R. Sicilia Catania,
sez. I, 23 gennaio 2009, n. 167; T.A.R. Puglia Lecce, sez. II, 09 luglio 2008,
n. 2083; T.A.R. Veneto Venezia, sez. III, 23 maggio 2008, n. 1545; Consiglio
Stato, sez. V, 15 dicembre 2005, n. 7147), i contratti della pubblica
amministrazione richiedono “ad substantiam” la forma scritta. Pertanto esso è
regolato, in assenza di una fattispecie negoziale ad esso applicabile, dalla
normativa prevista in tema di indebito arricchimento (art. 2041 c.c.) (in questo
senso anche TAR Lazio - Roma n. 432/06).
Infatti, proprio l'assenza di un contratto perfetto ed efficace, ovvero di un
presupposto essenziale richiesto dall'art. 6 comma 4° l. n. 537/93 (che parla di
"contratti ad efficacia periodica e continuativa"), rende inconfigurabile il
diritto alla revisione del prezzo per il periodo che va dal 1.02.2005 al
31.12.2008.
Ciò posto, non avendo parte ricorrente provato le condizioni dell’indebito
arricchimento, ossia che quanto percepito dall’Amministrazione resistente sia
stato inferiore ai costi effettivamente sostenuti, ne consegue che la relativa
domanda, riqualificata ai sensi dell’art. 2041 c.c., non sia suscettibile di
accoglimento.
Definito l’ambito di applicazione della clausola di revisione dei prezzi, che
concerne esclusivamente il periodo di vigenza contrattuale del contratto
integrativo stipulato in data 28.11.2001, dunque a partire dal 1.02.2001 fino al
31.01.2005, il Collegio ritiene opportuno e necessario procedere ad una
ricostruzione sistematica della disciplina applicabile, anche sulla base dei
pregnanti spunti giurisprudenziali, al fine di definire l’attuale controversia.
Come osservato dalla stessa parte ricorrente, secondo un consolidato
orientamento (Consiglio di Stato, Sez. V, 9 giugno 2008, n. 2786; Sez. V, 14
dicembre 2006, n. 7461; Sez. V, 16 giugno 2003, n. 3373; Sez. V, 8 maggio 2002,
n. 2461), l'articolo 6 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, ora art. 115 del
d.lvo 163/06, detta una disciplina speciale, circa il riconoscimento della
revisione prezzi nei contratti stipulati dalla p.a. che prevale su quella
generale di cui all'articolo 1664 del codice civile. Tale disciplina ha natura
imperativa e s’impone nelle pattuizioni private modificando ed integrando la
volontà delle parti contrastante con la stessa, attraverso il meccanismo di cui
all'articolo 1339 del codice civile; ne consegue che le clausole difformi sono
nulle nella loro globalità, anche se la nullità non investe l'intero contratto,
in applicazione del principio “utile per inutile non vitiatur”, sancito
dall'articolo 1419 del codice civile.
Per la medesima giurisprudenza, però, poiché la disciplina legale dettata
dall'articolo 6, commi 4 e 6 cit., non è mai stata attuata nella parte in cui
prevede l'elaborazione, da parte dell'I.S.T.A.T., di particolari indici
concernenti il miglior prezzo di mercato desunto dal complesso delle
aggiudicazioni di appalti di beni e servizi, rilevate su base semestrale, la
lacuna può essere colmata mediante il ricorso all'indice F.O.I. (indice di
variazione dei prezzi per le famiglie di operai e impiegati), mensilmente
pubblicato dall’ISTAT, con la precisazione, tuttavia, che l'utilizzo di tale
parametro non esime la stazione appaltante dal dovere di istruire il
procedimento tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto al fine di
esprimere la propria determinazione tecnico-discrezionale, ma segna il limite
massimo oltre il quale, salvo circostanze eccezionali che devono essere provate
dall'impresa, non può spingersi nella determinazione del compenso revisionale
(ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 15 maggio 2009 n. 3003; Sez. V, 9 giugno 2008
n. 2786, 20 agosto 2008 n. 3994 e 9 giugno 2009 n. 3569). Pertanto, eccettuato
il tipo di indice da applicare, in ordine al quale vi è la impossibilità
materiale di applicare il criterio legale, deve quanto al resto riprendere
vigore la disciplina vincolistica di legge; nessuno spazio dunque residua per la
libertà negoziale.
L'istituto della revisione è infatti preordinato, nell'attuale disciplina, alla
tutela dell'esigenza dell'Amministrazione di evitare che il corrispettivo del
contratto di durata subisca aumenti incontrollati nel corso del tempo tali da
sconvolgere il quadro finanziario sulla cui base è avvenuta la stipulazione del
contratto. La clausola di revisione periodica di tali contratti, in particolare,
ha lo scopo di tenere indenni gli appaltatori della P.A. da quegli aumenti dei
prezzi dei fattori della produzione che, incidendo sulla percentuale di utile
stimata al momento della formulazione dell’offerta, potrebbero indurre
l’appaltatore a svolgere il servizio o ad eseguire la fornitura a condizioni
deteriori rispetto a quanto pattuito o, addirittura, a rifiutarsi di proseguire
nel rapporto, con inevitabile compromissione degli interessi della P.A.
(naturalmente, nel caso improbabile che si verifichi una diminuzione dei costi
dei fattori produttivi, la revisione dei prezzi opera a favore del committente,
il quale ha diritto ad una riduzione del corrispettivo contrattuale).
Solo in via mediata l'istituto tutela l'interesse dell'impresa a non subire
l'alterazione dell'equilibrio contrattuale conseguente alle modifiche dei costi
che si verifichino durante l'arco del rapporto e che potrebbero indurla ad una
surrettizia riduzione degli standard qualitativi delle prestazioni (così T.A.R.
Puglia, Bari, Sez. I, n. 925/2006; Consiglio Stato, Sez. V, 9 giugno 2008 n.
2786; T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 6 aprile 2007 n. 1047; 14 agosto 2008 n.
1970; 25 novembre 2008 n. 2666; 7 luglio 2009 n. 1751, 2 dicembre 2009 n. 2997).
La giurisprudenza ammette – altresì – che soltanto in frangenti del tutto
eccezionali l’istituto della revisione prezzi possa fuoriuscire dalla mera
esigenza dell’Amministrazione aggiudicante di evitare che il corrispettivo del
contratto di durata subisca aumenti incontrollati nel corso del tempo e tuteli –
quindi – il contrapposto interesse dell’impresa di non subire l’alterazione
dell’equilibrio contrattuale conseguente alle modifiche dei costi che potrebbero
verificarsi durante l’arco del rapporto (cfr. al riguardo Cons. Stato, Sez. V, 9
giugno 2008 n. 2786).
Tale eccezionalità – che conseguentemente legittima una quantificazione del
compenso revisionale mediante il ricorso a differenti parametri statistici - va
comunque intesa come ricorrenza di circostanze impreviste e imprevedibili, ossia
non sussistenti al momento della sottoscrizione del contratto e delle quali non
era prevedibile l’avveramento (TAR Veneto, sez. I, 1° febbraio 2010 n. 236).
Nel caso di specie, tuttavia, a prescindere dalla situazione presente al momento
della stipula del primo contratto e di quello definito integrativo, è preminente
l’osservazione secondo la quale dal secondo contratto, novativo, non si evince
affatto, con chiarezza, quale sia il criterio di calcolo della clausola di
revisione adottata (“calcoli revisionali concordati transattivamente”…“per
quanto non modificato o integrato dal presente contratto rimangono valide le
pattuizioni del contratto originario e le disposizioni del Capitolato speciale
originario”). Ne consegue che, non potendo farsi agevolmente riferimento, per
definire la percentuale di variazione, alla formula di calcolo di cui al
Capitolato, debba farsi applicazione, sulla base dei parametri di riferimento
individuati in sede istruttoria dalla stessa Amministrazione (costo del
carburante, della manodopera e del conferimento in discarica), all’indice FOI,
citato, indicato in via suppletiva dalla giurisprudenza prevalente.
Spiegata nei termini sopra esposti la “ratio” della revisione prezzi nei
contratti pubblici, la società ricorrente correttamente ritiene, invece, che il
suo diritto al compenso revisionale non possa essere limitato o compresso dalla
clausola negoziale che stabilisce, da un lato, che il canone d’appalto debba
essere revisionato ogni quattro anni e, dall’altro, che vada altresì detratta un
alea del 10%. Ciò in quanto tale clausola è da ritenere nulla per contrasto con
norme imperative, posto che introduce nel rapporto sinallagmatico un’alea a
danno dell’appaltatore che, nei contratti pubblici, è espressamente vietata dal
citato art. 115 del c.d. codice degli appalti (all’epoca della stipula del
contratto dall’art. 6 della L. n. 537/1993 e s.m.i.).
E’ proprio sulla base di tale considerazione che la giurisprudenza è pervenuta
all’affermazione (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 2786/2008, ma anche di questo
Tribunale nn. 2958/2006, 4027/2006 e 4111/2007; 3521/2008) secondo cui la
disciplina in materia di revisione dei prezzi degli appalti pubblici ad
esecuzione periodica o continuata – fissata per l’appunto dall’art. 115 del
D.Lgs. n. 163/2006 – prevale su quella generale di cui all’art. 1664 c.c., dal
che discende la nullità delle clausole dei contratti pubblici che, pur
contemplando la revisione dei prezzi prevedano, conformemente alla disciplina
civilistica, anche in forma indiretta, un’alea a danno dell’appaltatore.
In particolare, quanto alla periodicità con cui va correttamente calcolata la
revisione, in assenza di specificazioni da parte del Legislatore, questa non può
che essere annuale, e ciò in quanto l’anno rappresenta il termine di riferimento
sia per ciò che attiene alla durata del contratto, sia per ciò che concerne gli
stanziamenti di bilancio necessari a far fronte ai pagamenti dovuti dalla P.A.
agli appaltatori.
Va, dunque, dichiarata l’illegittimità, con conseguente annullamento, del
disposto di cui all’art. 6 del Capitolato speciale, limitatamente ai commi 2 e
3, nelle parti in cui prevedono che il canone resti fisso ed invariabile per i
primi tre anni decorrenti dall’inizio del servizio e che solo a decorrere dal
quarto anno possa subire delle modificazioni in relazione ad aumenti o ribassi
dei costi, nonché ai commi 4 e 8, laddove stabiliscono (disposizione e formula
di calcolo) che sia detratta un’alea pari al 10% ovvero che il coefficiente di
calcolo sia ridotto del – 10%, ove ritenuto applicabile al periodo di vigenza
contrattuale del contratto integrativo stipulato in data 28.11.2001, dunque fino
al 31.01.2005.
Quanto alla domanda riconvenzionale avanzata dall’Amministrazione comunale, la
medesima deve essere dichiarata inammissibile, posto che essa presuppone il
previo accertamento, mai avvenuto da parte dell’ente civico, di un inesatto
adempimento ovvero dell’incompiutezza del risultato comunque raggiunto, rispetto
al quale la stessa si ponga, dunque, quale sanzione. Non essendo adeguatamente
provata agli atti una legittima causa che giustifichi la ripetizione, anche
parziale, di quanto già erogato la relativa domanda non può essere presa in
considerazione.
Va altresì esaminata l’eccezione di prescrizione.
Per il diritto in questione, a parere del Collegio, trova applicazione l’art.
2948, comma 1, n.4, c.c. trattandosi di somme che hanno il connotato della
periodicità. Posto che il diritto trova la fonte direttamente nella legge e
quindi l’eventuale atto dell’Amministrazione non è costitutivo del diritto ma ha
valore solo ricognitivo, il diritto può farsi valere nel momento in cui sorge,
cioè dal primo anno dopo l’inizio della vigenza del contratto cd. integrativo
(1.02.2002).
L’eccezione non può essere, tuttavia, accolta, essendo documentato in atti che
quantomeno già a partire dal 3.02.2005, la ricorrente abbia richiesto la
revisione del canone contrattuale, peraltro non specificando in tale sede, al di
là del generico richiamo legislativo (art. 44 della l. n. 724/’94) ed all’art. 3
Contratto, le modalità effettive di calcolo per la determinazione dell’importo
richiesto. Tale genericità, sottolineata dalla stessa parte resistente, non è
quindi preclusiva delle richieste avanzate con il presente gravame, salvo
l’esame, successivo, della relativa fondatezza ad opera di questo Collegio. A
ciò si aggiunga la considerazione, comunque, della imprescrittibilità
dell’azione di nullità (art. 1421 c.c.).
Sulla base delle sopra esposte considerazioni il ricorso è parzialmente
meritevole di accoglimento, avendo parte ricorrente diritto alla revisione dei
prezzi nei termini di cui in motivazione (decorrenza dal 2002 fino al
31.01.2005, aggiornamento del solo canone futuro con cadenza annuale in base
all’indice FOI ed esclusione di qualsiasi alea), maggiorata degli interessi
legali, fino al soddisfo, detratto quanto già ricevuto in sede di offerta
formale.
Ai fini della determinazione del tempo dell’adempimento revisionale onde
stabilire, altresì, la decorrenza dei suddetti interessi corrispettivi dovuti
nella misura legale, il Collegio ritiene che un termine pari a tre mesi,
ragionevolmente necessari per il compimento dell’istruttoria relativa alla
revisione dei prezzi, possa considerarsi congruo, ex art. 1183, comma 2, c.c..
Ne consegue che gli interessi sugli importi revisionali decorreranno dal 1°
maggio di ogni anno (2002, 2003 e 2004).
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia -Lecce- sezione terza
in parte accoglie la domanda principale;
dichiara inammissibile la domanda riconvenzionale.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 09/12/2009 con
l'intervento dei Magistrati:
Antonio Cavallari, Presidente
Patrizia Moro, Primo Referendario
Gabriella Caprini, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/04/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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