AmbienteDiritto.it
- Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati -
Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
TAR SARDEGNA, Sez. II - 30 marzo 2010, n. 412
VIA - Interventi di modifica di impianti già esistenti - Sottoposizione a
screening - Direttiva 85/337/CEE - Principio del “cumulo di progetti” -
Interazione con gli insediamenti esistenti. La Direttiva 85/337/CEE, come
modificata dalla successiva Direttiva 97/11/CEE all’art. 4, c. 3, prevede
criteri - riferibili agli interventi di modifica d’impianti già esistenti - che
impongono di tenere conto, ai fini della sottoposizione a screening, della
situazione di base in cui il nuovo intervento dovrà inserirsi e, in particolare,
“del cumulo con altri progetti”. Pertanto la valutazione cui l’Amministrazione è
chiamata non può esaurirsi nell’esame della modifica proposta quale fatto a sé
stante, avulso dal contesto edilizio e ambientale di fondo, bensì deve tenere
conto della sua interazione con gli insediamenti preesistenti, a maggior ragione
se gli stessi - pur ricadenti in una zona costiera e di indubbio pregio
ambientale - non siano stati a suo tempo sottoposti ad alcuna previa verifica
ambientale. (cfr. Corte di Giustizia CE, Sez. III, 25 luglio 2008, n. 142; Corte
di Giustizia CE, Sez. II, 28 febbraio 2008, causa C-2/07, nonché Cons. Stato ,
Sez. VI, 15 giugno 2004, n. 4163) Pres. Panunzio, Est. Plaisant - E. s.c.ar.l.
(avv.ti Barberio e Porcu) c. Comune di Muravera (avv. Segneri), Regione Autonoma
della Sardegna (avv.ti Contu, Murroni e Pani), Presidente del Consiglio dei
Ministri (Avv. Stato) e altro (n.c.) - TAR SARDEGNA, Sez. II - 30 marzo 2010,
n. 412
VIA - Interventi di ampliamento - Valutazione complessiva - Ratio -
Segmentazione artificiosa - Compromissione dell’efficacia concreta della
Direttiva VIA. La ratio sottesa ad una valutazione complessiva degli
interventi di ampliamento risiede nel voler evitare che un’artificiosa
segmentazione degli interventi in distinte e procrastinate progettazioni possa
compromettere l’efficacia concreta della Direttiva sulla VIA. Pres. Panunzio,
Est. Plaisant - E. s.c.ar.l. (avv.ti Barberio e Porcu) c. Comune di Muravera
(avv. Segneri), Regione Autonoma della Sardegna (avv.ti Contu, Murroni e Pani),
Presidente del Consiglio dei Ministri (Avv. Stato) e altro (n.c.) - TAR
SARDEGNA, Sez. II - 30 marzo 2010, n. 412
VIA - Modifiche o estensioni di progetti già autorizzati - Disciplina
regionale della Sardegna - Del. di giunta 5/11 del 15/02/2005 - Armonizzazione
con la disciplina comunitaria - Giudizio di sostanzialità della modifica -
criteri di origine comunitaria - Effetti combinati dei nuovi interventi rispetto
all’insediamento esistente. La deliberazione della Giunta regionale della
Sardegna 5/11, del 15 febbraio 2005 - nel disciplinare, all’All. A, la procedura
di screening ambientale - vi sottopone, all’art. 2, “le modifiche o estensioni
di progetti…già autorizzati, realizzati o in fase di realizzazione, che possono
avere notevoli ripercussioni negative sull’ambiente”, per poi escludere dallo
stesso screening, all’art. 3, n. 6, “le modifiche non sostanziali”. Tale
disciplina ben può essere armonizzata con la necessità, imposta dal diritto
comunitario, di tener conto del “cumulo di effetti” tra il nuovo intervento e
gli insediamenti ad esso preesistenti. E, difatti, la normativa regionale si
limita ad introdurre un criterio inerente il grado di rilevanza richiesta
affinché la modifica debba essere sottoposta a VIA (statuendo che debba
trattarsi di una “modifica sostanziale”), ma non precisa affatto i criteri in
base ai quali tale giudizio deve essere compiuto. Il giudizio di “sostanzialità
della modifica” dovrà, quindi, effettuarsi, sulla base di tutti i criteri di
origine comunitaria, quali la rilevanza del sito naturale interessato e,
soprattutto, l’effetto combinato dei nuovi interventi rispetto all’insediamento
edilizio preesistente. Diversamente ragionando - ritenendo, cioè, che la mancata
previsione espressa del criterio di “cumulo” nella disciplina regionale ne
impedisca l’utilizzo - si finirebbe per attribuire alla normativa locale un
tenore incompatibile con il diritto comunitario, che ne dovrebbe comportare la
disapplicazione. Pres. Panunzio, Est. Plaisant - E. s.c.ar.l. (avv.ti Barberio e
Porcu) c. Comune di Muravera (avv. Segneri), Regione Autonoma della Sardegna
(avv.ti Contu, Murroni e Pani), Presidente del Consiglio dei Ministri (Avv.
Stato) e altro (n.c.) - TAR SARDEGNA, Sez. II - 30 marzo 2010, n. 412
N. 00412/2010 REG.SEN.
N. 01063/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1063 del 2008, proposto da:
Edilhouse Società Cooperativa a.r.l., rappresentato e difeso dagli avv. Mauro
Barberio e Stefano Porcu, con domicilio eletto presso il loro studio, in
Cagliari, via Garibaldi n. 105;
contro
- Comune di Muravera, rappresentato e difeso dall'avv. Sergio Segneri, con
domicilio eletto presso il suo studio, in Cagliari, via Sonnino n.84;
- Regione Autonoma della Sardegna, rappresentato e difeso dagli avv. Gian Piero
Contu, Roberto Murroni e Mattia Pani, con domicilio eletto presso l’Ufficio
Legale dell’Ente, in Cagliari, viale Trento n. 69;
- Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura
Distrettuale dello Stato di Cagliari, domiciliataria per legge in Cagliari, via
Dante n. 23;
- Responsabile dell’Ufficio Tecnico del Comune di Muravera, non costituito in
giudizio;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
della determinazione 7 ottobre 1998, n. 10228, con cui il Responsabile del
Servizio tecnico del Comune di Muravera ha chiesto alla ricorrente di presentare
al Servizio S.I.V.I.A. dell’Assessorato regionale della Difesa dell’Ambiente
l’istanza di verifica preliminare screening di valutazione ambientale sulla
richiesta di concessione edilizia 24 settembre 2007 per il “Progetto della
volumetria del sub lotto 3 del villaggio turistico in loc. Piscina Rei del
comune di Muravera - completamento unità abitative e servizi balneari”, nonché
del Parere dell’assessorato regionale della Difesa dell’ambiente acquisito al
prot. n. 5789del 29 maggio 2008, della Nota n. 6930 del 27 giugno 2008 con la
quale veniva manifestato l’impegno dell’Amministrazione comunale ad attivare il
procedimento di verifica preliminare screening sulle opere di completamento del
complesso ricettivo alberghiero in oggetto e della Nota della Presidenza del
Consiglio dei Ministri datata 11 settembre 2008;
nonché per il risarcimento dei danni patiti in conseguenza degli atti
illegittimi adottati dall’amministrazione comunale.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune del Muravera e della
Regione Autonoma della Sardegna e del Presidente Consiglio dei Ministri;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 febbraio 2010 il dott. Antonio
Plaisant e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il Consiglio comunale di Muravera, con deliberazioni 2 marzo 1990, n. 54 e 19
novembre 1992, n. 112, aveva approvato un Piano di lottizzazione denominato “Edilhouse”,
per la realizzazione di una struttura alberghiera in loc. Piscina Rei, zona
urbanistica F, su area, vicina al mare, di complessivi mq. 169.750. Il progetto
era stato poi oggetto di apposita Convenzione di lottizzazione con Edilhouse
s.r.l. (in data 16 marzo 1993), di nulla osta ai sensi dell’art. 13, comma 1,
lett. c), della l.r. 22 novembre 1989, n. 45 (deliberazione della Giunta
Regionale del 30 aprile 1991), di autorizzazione paesaggistica (decreti
dell’Assessore regionale alla Pubblica Istruzione 21 novembre 1991 e 1 ottobre
1992), nonché di concessione edilizia 9 luglio 1993, n. 4035, e relativi nulla
osta paesaggistici, per la realizzazione delle opere di urbanizzazione (decreti
dell’Assessore regionale alla Pubblica Istruzione 12 giugno 1992, 17 dicembre
1992 e 18 giugno 1993), fino alla completa realizzazione della struttura e delle
stesse opere, regolarmente collaudate nell’anno 2004.
Con istanza 2 marzo 2005, Edilhouse s.r.l. ha proposto una Variante di Piano per
poter realizzare ulteriori tre sub lotti - rispettivamente destinati a:
infermeria/poliambulatorio, struttura ricettiva del tipo “casa per ferie” e
modifica della struttura alberghiera - ottenendo l’autorizzazione edilizia della
Giunta comunale di Muravera (deliberazione 18 marzo 2005, n. 27) e quella
paesaggistica dal Servizio Tutela del Paesaggio della Regione Sardegna
(determinazione 29 aprile 2005).
A ciò hanno fatto seguito la concessione edilizia per le opere di urbanizzazione
interne ai nuovi sub lotti (20 marzo 2006, n. 1052), la concessione edilizia 30
novembre 2006, n. 1129 e l’autorizzazione paesaggistica 14 aprile 2006, entrambe
relative al sub lotto 3 ed in particolare aventi ad oggetto il Centro servizi
comuni alberghieri, nonché la concessione edilizia 29 novembre 2007, n. 1219 e
l’autorizzazione paesaggistica 25 maggio 2007, entrambe relative ad alcuni dei
nuovi fabbricati a destinazione alberghiera previsti in variante.
Restavano, a questo punto, tra gli interventi previsti dalla Variante del 2005,
quattro unità ricettive ubicate nel cd. “blocco 4” e un fabbricato per servizi
balneari, tutti manufatti ascrivibili al sub lotto 3 della stessa Variante.
Prima di chiedere le relative concessioni edilizie, Edilhouse s.r.l., al fine di
adeguare gli interventi all’art. 12 delle NTA del nuovo Piano paesaggistico
regionale, in data 26 luglio 2007 ha presentato un’ulteriore richiesta di
variante, proponendo l’arretramento dei fabbricati al di fuori della fascia di
rispetto di 300 metri dalla linea di battigia. La proposta è stata approvata con
deliberazione della Giunta comunale di Muravera 15 gennaio 2008, n. 1 e con
l’autorizzazione paesaggistica regionale 26 giugno 2008, n. 1416.
Su tali presupposti, Edilhouse s.r.l. ha presentato istanza di concessione
edilizia per detti interventi edilizi, ricevendo però in risposta la
determinazione 7 ottobre 2008, n. 10228, con cui il Responsabile del Servizio
Tecnico del Comune di Muravera l’ha invitata a presentare istanza di verifica
preliminare di compatibilità ambientale al competente S.I.V.I.A. della Regione
Sardegna, richiamando in motivazione il conforme parere 29 maggio 2008, n. 5789,
dell’Assessore Regionale alla Difesa dell’Ambiente, nonché la nota 27 giugno
2008, n. 6930, con cui lo stesso Comune si era impegnato a sottoporre
l’intervento a screening preliminare, nonché la nota 11 settembre 2008 della
Presidenza del Consiglio dei Ministri, recante una richiesta di chiarimenti
della Comunità europea sull’intervento in oggetto.
Avverso i provvedimenti dianzi citati Edilhouse s.r.l. propone il ricorso in
esame, affidato alle seguenti censure:
1. Violazione ed errata applicazione delle Direttive del Consiglio delle
Comunità Europee 27 giugno 1985, n. 85/37 e 3 marzo 1997, n. 97/11, del d.p.r.
12 aprile 1996, della l.r. 18 gennaio 1999, n. 1, della deliberazione della
Giunta regionale 15 febbraio 2005, n. 5/11. Illegittima sottoposizione a
screening di opere meramente esecutive e non modificative di un progetto già
approvato. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione.
2. Violazione dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, per omessa
indicazione delle specifiche previsioni che, nel caso concreto, impongono lo
screening ambientale. Eccesso di potere per difetto di motivazione.
3. Eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica. Illegittima imposizione
dello screening al deviato fine di evitare allo Stato Italiano la procedura di
infrazione comunitaria per omesso tempestivo recepimento della Direttiva
85/337/CEE.
Si è costituita in giudizio la Regione Sardegna, chiedendo la reiezione del
gravame.
Si è costituita in giudizio, altresì, la Presidenza del Consiglio dei Ministri,
chiedendo la propria estromissione dal giudizio per difetto di legittimazione
passiva, nonché, nel merito, il rigetto del ricorso.
Si è del pari costituito in giudizio il Comune di Muravera, anch’esso
sollecitando la reiezione del gravame.
Questa Sezione, con ordinanza 21 gennaio 2009, n. 27, ha accolto l’istanza
cautelare contenuta nel ricorso.
Con successive memorie difensive ciascuna delle parti ha ulteriormente
argomentato le proprie tesi.
La ricorrente, in vista dell’udienza di merito, ha anche prodotto copia della
concessione edilizia 20 aprile 2009, n. 1428, e dell’autorizzazione
paesaggistica 5 marzo 2009, n. 2657, nel frattempo rilasciate in suo favore dal
Responsabile dell’Ufficio Tecnico del Comune di Muravera.
La Regione Sardegna, a sua volta, ha depositato in giudizio copia della nota
della Commissione Europea 14 maggio 2009, con la quale si prefigura l’avvio, a
carico dello Stato italiano, di una procedura d’infrazione comunitaria in
relazione all’iter seguito per autorizzare l’insediamento edilizio in oggetto.
Alla pubblica udienza del 10 febbraio 2010 la causa è stata trattenuta in
decisione.
DIRITTO
1. Questioni preliminari.
In primo luogo è necessario fare riferimento alla documentazione da ultimo
prodotta dalla difesa della ricorrente, vale a dire la concessione edilizia 20
aprile 2009, n. 1428, e l’autorizzazione paesaggistica 5 marzo 2009, n. 2657,
entrambe relative agli interventi oggetto di causa.
Rileva il Collegio che tali provvedimenti, di cui Edilhouse s.r.l. ha
beneficiato nelle more dell’ordinanza n. 27/2009 con cui questa Sezione aveva
accolto l’istanza cautelare contenuta nel ricorso, non comportano la cessazione
della materia del contendere - peraltro non invocata da nessuna delle parti in
causa - in quanto il Comune di Muravera li ha adottati all’unico scopo di dare
esecuzione alla richiamata ordinanza cautelare. E, difatti, nel testo dei citati
provvedimenti non è dato riscontrare alcuna autonoma motivazione direttamente
riconducibile all’Amministrazione, la quale si è sostanzialmente limitata a
riportare per esteso il contenuto dell’ordinanza, ragion per cui la ricorrente
conserva un interesse alla definizione nel merito della presente controversia,
onde evitare possibili interventi in autotutela da parte del Comune, una volta
che dovesse venir meno l’efficacia di quel provvedimento cautelare a seguito di
una ipotetica pronuncia di cessazione della materia del contendere in questa
sede.
2. Ricostruzione dei fatti di causa.
Le circostanze di fatto poste a base della presente controversia sono
sostanzialmente pacifiche fra le parti, in termini che appare opportuno
riassumere.
L’intervento oggetto dei provvedimenti impugnati riguarda la realizzazione di
nuove strutture edilizie da inserire in un più ampio insediamento residenziale,
a destinazione alberghiera, realizzato e gestito nel corso degli anni ‘90 da
Edilhouse s.r.l., in loc. Muravera - Piscina Rei, in zona prospiciente il mare.
Le nuove strutture che la lottizzante intende costruire sono pari a 3.442 mc.,
per n. 36 posti letto, a fronte di una volumetria complessiva della
lottizzazione di circa 30.000 mc., per n. 469 posti letto; tali nuove opere non
erano state ancora realizzate alla data di presentazione del ricorso.
Le strutture edilizie aggiuntive furono oggetto di una prima Variante assentita
nel 2005, , per poi divenire oggetto di ulteriore Variante, anch’essa assentita
con deliberazione della Giunta comunale di Muravera 15 gennaio 2008, n. 1 ed
autorizzazione paesaggistica regionale 26 giugno 1008, n. 1416, aventi ad
oggetto il loro “arretramento” per rispettare la fascia di 300 metri dalla linea
di battigia.
Il ricorso in esame non tocca, quindi, le descritte fasi prodromiche del
procedimento urbanistico e si concentra, invece, sulla fase “a valle” della
procedura edilizia, dopo che, a fronte della conseguente domanda di concessione
edilizia presentata da Edilhouse s.r.l., il Comune di Muravera ha opposto la
necessità di procedere a previo screening di verifica ambientale, richiamando in
motivazione il conforme parere nel frattempo espresso dai competenti organi
regionali, nonché una richiesta di chiarimenti inviata nel maggio del 2008 da
parte della Commissione Europea, la quale aveva inteso verificare il rispetto da
parte dell’Italia della direttiva 85/337/CEE, sull’obbligo di previa
sottoposizione a verifica ambientale.
È opportuno riportare per esteso le parti salienti di tale comunicazione -
intervenuta dopo l’ordinanza pronunciata dal Collegio in sede cautelare - nella
quale si sostiene che l’insediamento, e con esso gli stessi interventi oggetto
dei provvedimenti ivi impugnati, debba essere sottoposto a verifica preliminare
di compatibilità ambientale, a pena di violazione delle norme contenute nella
direttiva 85/337/CEE. Secondo la Commissione, infatti, “Qualora si individui
nella Convenzione Urbanistica del 1993 il momento autorizzativo (development
consent) da far precedere da valutazione preliminare di assoggettabilità a VIA
ai sensi della direttiva, sarebbero rilevanti l’articolo 4 e l’allegato II nella
versione originaria della direttiva. L’allegato II contemplava tra gli
interventi da sottoporre a screening, al punto 10, lettera b), i lavori di
sistemazione urbana e, al punto 11, lettera a), i Villaggi di vacanza, complessi
alberghieri. Non vi sarebbe, dunque, alcun dubbio sull’esigenza di sottoporre a
screening ai sensi della direttiva il progetto di lottizzazione oggetto della
detta convenzione e la circostanza che la direttiva VIA sia stata recepita in
Sardegna solo con legge regionale n. 1 del 18 gennaio 1999 e che la legge
regionale espressamente escludesse dal proprio ambio di applicazione i progetti
per i quali le istanze autorizzative erano già in essere alla data di
pubblicazione non potrebbe costituire valida scusante alla mancata valutazione
preventiva o screening, in quanto gli Stati membri avrebbero dovuto applicare la
direttiva VIA in tutto il loro territorio a partire dal 3 luglio 1988. Qualora
invece si individui il momento autorizzativo da far precedere da valutazione
preliminare ai sensi della direttiva VIA nelle singole istanze per il rilascio
delle concessioni edilizie relative ai diversi interventi per la realizzazione
della lottizzazione, si dovrebbero applicare alle singole istanze per il
rilascio della concessione edilizia l’articolo 4 e l’allegato II nella versione
appropriata a seconda della data dell’istanza stessa (direttiva originaria o
direttiva modificata). In particolare, alle istanze per il rilascio della
concessione edilizia presentate tra il 3 luglio 1988 e il 14 marzo 1999 si
applicherebbero l’articolo 4 e l’allegato II della direttiva originaria, alle
istanze presentate successivamente al 14 marzo 1999 si applicherebbero
l’articolo 4 e l’allegato II modificati. L’articolo 4, comma 3, della direttiva
modificata precisa che nella valutazione di assoggettabilità a VIA si deve tener
conto dei criteri di selezione riportati nell’allegato III. Tra i detti criteri
di selezione sono annoverati, tra gli altri, al numero 1, le dimensioni del
progetto e il cumulo con altri progetti e, al numero 2, l’ubicazione dei
progetti in zone costiere o in zone in cui gli standard di qualità ambientale
siano stati già superati. La determina di screening deve essere motivata e deve
essere messa disposizione del pubblico. Va osservato che, nel caso in esame, dal
momento che dalle informazioni trasmesse dalle autorità italiani si evince che
una porzione significativa degli interventi edilizi della lottizzazione
Muravera-Piscina Rei-Edilhouse non è ancora stata realizzata e i lavori sono in
corso, la realizzazione di uno screening sul progetto complessivo (e l’eventuale
VIA qualora essa risulti necessaria) non sarebbe priva di effetto utile”.
Passando all’esame dei motivi di ricorso, essi sono tutti volti a contestare la
legittimità della decisione del Comune resistente di condizionare il rilascio
della concessione edilizia ad un previo screening ambientale.
3. Esame del primo e del terzo motivo di ricorso.
Con la prima e la terza censura, fra loro strettamente connesse, si sostiene, in
sintesi, che la scelta dell’Amministrazione non troverebbe alcun fondamento nel
quadro normativo di riferimento, il quale, in relazione a modifiche di
insediamenti edilizi già esistenti, imporrebbe il previo screening ambientale
esclusivamente per modifiche di carattere sostanziale, laddove, nel caso di
specie, si tratterebbe, invece, di interventi non particolarmente rilevanti, già
autorizzati sotto il profilo urbanistico e paesaggistico e per di più concepiti,
nell’ultima versione progettuale, in modo da ridurre il più possibile l’impatto
ambientale. E si deduce, altresì, lo sviamento dalla causa tipica, per avere
l’Amministrazione deciso di sottoporre l’intervento a screening solo nella fase
a valle, di rilascio della concessione edilizia, al solo scopo - ovviamente
diverso da quello proprio della procedura di screening - di evitare la
sottoposizione dell’Italia ad una procedura d’infrazione comunitaria.
Le censure in esame non meritano accoglimento.
Ritiene, infatti, il Collegio, all’esito di un più approfondito esame, di dover
rivedere l’orientamento fatto proprio in sede di decisione sulla domanda
cautelare.
In primo luogo non vi è dubbio - e neppure la ricorrente lo contesta - che la
Direttiva 85/337/CEE, nella versione vigente all’epoca in cui la lottizzazione
Edilhouse s.r.l. fu originariamente approvata (1990 e 1992), imponesse allo
Stato Italiano di sottoporre il Pdl originario a verifica ambientale: l’art. 4
della Direttiva prevedeva, infatti, la sottoposizione a verifica, seppure in
base a criteri selettivi stabiliti dagli Stati in sede di attuazione, di tutte
le tipologie progettuali indicate nell’All. II, tra le quali “I villaggi di
vacanze, complessi alberghieri” (punto 11, lett. a). Il progetto Edilhouse, pur
essendo riconducibile alla suddetta tipologia e pur a fronte della indubbia
rilevanza quantitativa dell’intervento (circa 30.000 mc.), non fu sottoposto ad
alcuna verifica ambientale, in quanto il recepimento da parte dell’Italia della
Direttiva 85/337 avvenne solo parecchi anni dopo, quindi con molto ritardo
rispetto al termine prefissato dalla Direttiva (luglio 1988). In particolare, il
primo intervento del legislatore nazionale si ebbe con l’art. 40, comma 1, della
legge 22 febbraio 1994, n. 146 - e con il conseguente d.p.r. 12 aprile 1996 - il
quale, all’art. 1, secondo cpv., specificamente dedicato alle regioni a statuto
speciale, spostò sulle stesse l’onere di attuazione della Direttiva, statuendo
che “Le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano
provvedono all’attuazione degli obiettivi del presente atto nel rispetto di
quanto previsto dai rispettivi statuti e dalle relative norme di attuazione”. La
Sardegna ha dato attuazione alle previsioni comunitarie solo molto più tardi,
con la deliberazione della Giunta regionale 15 febbraio 2005, n. 5/11.
In tal modo lo Stato ha indubbiamente posto in essere una condotta contraria ai
propri obblighi comunitari, posto che, come detto, la Direttiva 85/337/CEE
avrebbe dovuto essere attuata entro il 3 luglio 1988. Una considerazione,
questa, che - pur esulando dall’oggetto specifico della presente controversia,
inerente una proposta di ampliamento dell’originaria lottizzazione (peraltro già
decaduta al momento della presentazione della variante per decorso del termine
massimo di dieci anni)- è, comunque, opportuna, ai fini di una chiara
ricostruzione del quadro di fondo in cui tale modifica dovrebbe inserirsi.
Concentrando ora l’attenzione sulla Variante del 2008 - la quale sostanzialmente
ribadisce la precedente Variante del 2005, assicurandone la coerenza con le
disposizioni contenute nel nuovo Piano paesaggistico regionale - essa ricade
pienamente nel fuoco delle nuove disposizioni in materia di verifiche
ambientali, nel frattempo intervenute a livello comunitario e regionale.
Si fa riferimento, in primo luogo, alle modifiche apportate alla Direttiva
85/337/CEE da parte della successiva Direttiva 97/11/CEE, in base alla quale
l’art. 2 della prima statuisce ora che “1. Gli Stati membri adottano le
disposizioni necessarie affinché, prima del rilascio dell'autorizzazione, per i
progetti per i quali si prevede un notevole impatto ambientale, in particolare
per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, sia prevista
un'autorizzazione e una valutazione del loro impatto. Detti progetti sono
definiti nell'articolo 4”. Quest’ultima disposizione, a sua volta, prevede, al
comma 2, che siano soggetti a verifica preliminare (cd. screening) di
compatibilità ambientale i progetti indicati nell’All. II, “mediante a) un esame
del progetto caso per caso; o b) soglie o criteri fissati dagli Stati membri”.
Così come l’All. II cita, al punto 12, lett. c), tra i progetti da sottoporre a
screening, quelli relativi a “Villaggi di vacanza e complessi alberghieri
situati fuori dalle zone urbane e strutture connesse”.
Non è, quindi, contestabile, che sulla base di tali disposizioni anche il
progetto di Variante presentato dalla ricorrente - nel 2005 prima e nel 2008 poi
– (e a prescindere dal problema della sua esatta qualificazione, come variante
anziché come nuovo piano di lottizzazione) di per sé ricada fra le tipologie
progettuali da sottoporre a screening ambientale.
Tale considerazione, tuttavia, non chiude il discorso, in quanto quel progetto
non prevede la realizzazione di un insediamento turistico ex novo, bensì
contempla la modifica estensiva di un insediamento già esistente (vedi supra).
Trovano, quindi, applicazione anche le specifiche norme che riguardano tale
evenienza, in specie l’art. 4, comma 3, della Direttiva, secondo cui
“Nell'esaminare caso per caso o nel fissare soglie o criteri ai fini del
paragrafo 2 si tiene conto dei relativi criteri di selezione riportati
nell'allegato III”, nonché proprio questi ultimi criteri, tra i quali, per
quanto ora di specifico interesse, figurano le “dimensioni del progetti”, il
“cumulo con altri progetti”, la “utilizzazione di risorse naturali”, “la
sensibilità ambientale delle aree geografiche che possono risentire dell'impatto
dei progetti…, con particolare attenzione alle seguenti zone: …b) zone
costiere”.
Come è dato vedere, la stessa Direttiva prevede criteri - riferibili anche agli
interventi di modifica d’impianti già esistenti - che impongono di tenere conto,
ai fini della sottoposizione a screening, della situazione di base in cui il
nuovo intervento dovrà inserirsi e, in particolare, “del cumulo con altri
progetti”. Pertanto la valutazione cui l’Amministrazione è chiamata non può
esaurirsi nell’esame della modifica proposta quale fatto a sé stante, avulso dal
contesto edilizio e ambientale di fondo, bensì deve tenere conto della sua
interazione con gli insediamenti preesistenti, a maggior ragione se, come nel
caso di specie, gli stessi - pur ricadenti in una zona costiera e di indubbio
pregio ambientale - non siano stati a suo tempo sottoposti ad alcuna previa
verifica ambientale.
Tale approccio interpretativo trova conferma nell’analisi dei pronunciati del
Giudice comunitario, i quali mostrano la costante propensione della Corte alla
valorizzazione della Direttiva sulla VIA, in un’ottica sostanzialistica e legata
alle reali caratteristiche del sito di volta in volta interessato.
Assai significativa, al riguardo, è Corte di Giustizia CE, Sez. III, 25 luglio
2008, n. 142, ove si afferma, in materia di riassetto stradale, che la Direttiva
85/337/CEE, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati
progetti pubblici e privati, “deve essere interpretata nel senso che essa
prevede la valutazione dell’impatto ambientale dei progetti …che possano, in
considerazione della loro natura, delle loro dimensioni o della loro ubicazione
e, all’occorrenza, tenuto conto della loro interazione con altri progetti, avere
un notevole impatto ambientale”.
La necessità di effettuare una valutazione complessiva è stata sottolineata
anche in Corte di Giustizia CE, Sez. II, 28 febbraio 2008, causa C-2/07, ove la
Corte, occupandosi nella specie del progetto di ampliamento di un aeroporto, ha
ritenuto che, a fronte ad un insediamento realizzato in più fasi, si debba
“tener conto dell'effetto cumulativo di più progetti il cui impatto ambientale
deve essere valutato complessivamente”. Nel medesimo senso è sostanzialmente
orientato il Consiglio di Stato, secondo cui “Per valutare se occorra o meno la
VIA è necessario avere riguardo non solo alle dimensioni del progettato
ampliamento di opera già esistente, bensì alle dimensioni dell’opera finale,
risultante dalla somma di quella esistente con quella nuova, perché è l’opera
finale nel suo complesso che, incidendo sull’ambiente, deve essere sottoposta a
valutazione”: Sez. VI, 15 giugno 2004, n. 4163.
Il diritto “vivente” giustifica, pertanto, la scelta della Regione Sardegna e
del Comune di Muravera - comunque valutabile in questa sede esclusivamente sotto
il profilo della conformità a legge e della logicità estrinseca - di sottoporre
a previo screening gli interventi di ampliamento proposti dalla ricorrente, i
quali comporterebbero un aumento non certo irrilevante (più di 3.000 mc.) di una
struttura residenziale “mai” sottoposta a verifica ambientale e ubicata vicino
al mare. È necessario, per obbligo derivante dalla disciplina comunitaria,
effettuare una valutazione complessiva, che tenga conto del possibile impatto di
una struttura assai estesa e che si intende ulteriormente implementare, la ratio
sottesa alla necessità di una valutazione complessiva risiede anche nel voler
evitare che una artificiosa segmentazione degli interventi in distinte e
procrastinate progettazioni (ciò che nel caso in questione invero non si
rinviene) possa compromettere l’efficacia concreta della Direttiva sulla VIA. In
questo senso va intesa l’osservazione della difesa regionale, secondo cui tale
esigenza è la stessa che comunemente induce a ritenere irrilevante il
frazionamento artificioso di un appalto, evitando che lo stesso comporti la
sostanziale elusione degli obblighi comunitari e nazionali sull’evidenza
pubblica (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 18 maggio 2004, n. 3188).
Né depone in senso contrario la disciplina regionale con cui la Direttiva
comunitaria 85/337 ha trovato attuazione in Sardegna.
La deliberazione della Giunta regionale 5/11, del 15 febbraio 2005 - nel
disciplinare, all’All. A, la procedura di screening ambientale - vi sottopone,
all’art. 2, “le modifiche o estensioni di progetti…già autorizzati, realizzati o
in fase di realizzazione, che possono avere notevoli ripercussioni negative
sull’ambiente”, per poi escludere dallo stesso screening, all’art. 3, n. 6, “le
modifiche non sostanziali”.
Orbene, a giudizio del Collegio, tale disciplina ben può essere armonizzata con
la sopra descritta necessità, imposta dal diritto comunitario, di tener conto
del “cumulo di effetti” tra il nuovo intervento e gli insediamenti ad esso
preesistenti. E, difatti, la normativa regionale si limita ad introdurre un
criterio, peraltro assai generico, inerente il grado di rilevanza richiesta
affinché la modifica debba essere sottoposta a VIA (statuendo che debba
trattarsi di una “modifica sostanziale”), ma non precisa affatto i criteri in
base ai quali tale giudizio deve essere compiuto. Il giudizio di “sostanzialità
della modifica” dovrà, quindi, effettuarsi, sulla base di tutti i criteri di
origine comunitaria, quali la rilevanza del sito naturale interessato e,
soprattutto, l’effetto combinato dei nuovi interventi rispetto all’insediamento
edilizio preesistente.
E, difatti, diversamente ragionando - ritenendo, cioè, che la mancata previsione
espressa del criterio di “cumulo” nella disciplina regionale ne impedisca
l’utilizzo - si finirebbe per attribuire alla normativa locale un tenore
incompatibile con il diritto comunitario, che ne dovrebbe comportare la
disapplicazione. Eloquente, sul punto, è un’altra pronuncia della Corte di
Giustizia, (Sez. VI, 10 luglio 2008, n. 156), ove si legge che “Quando uno Stato
membro opta per una regolamentazione generale ed astratta del campo applicativo
della valutazione di impatto ambientale per i progetti rientranti nell'Allegato
II della direttiva 85/337/Cee mediante la fissazione di soglie e criteri, esso è
tenuto a redigere l'elenco di tali progetti applicando, a seconda dei casi,
l'uno o l'altro dei diversi criteri "rilevanti" dell'Allegato III, di talché il
"criterio del cumulo" può così essere utilizzato ove sia ritenuto rilevante,
eventualmente prendendo in considerazione la realizzazione del complesso di tali
progetti durante un periodo di tempo determinato”. Secondo la Corte, in altre
parole, non è consentito agli Stati di applicare in modo eccessivamente generico
la Direttiva, dovendo gli stessi quanto meno precisare le tipologie progettuali
soggette a VIA e utilizzare, quale criterio interpretativo di completamento,
proprio il cumulo tra i nuovi e i vecchi insediamenti preesistenti, soprattutto
laddove le tipologie progettuali soggette a VIA o screening non siano indicate
con sufficiente precisione dalla normativa interna (il che certamente si
riscontra nel caso della richiamata deliberazione n. 5/11 della Giunta regionale
sarda, ove si utilizza un criterio oltre modo generico come quello di “modifica
sostanziale”: vedi supra).
Questa impostazione ha poi ricevuto espressa conferma in Consiglio Stato, Sez.
VI, 10 marzo 2009, n. 1409, secondo cui “Con ordinanza 10 luglio 2008 (causa
C-156/07) la sezione VI della Corte di giustizia delle Comunità Europee ha
statuito che quando uno Stato membro sceglie di determinare in modo generale ed
astratto quali progetti rientranti nello All. II alla direttiva 337/1985/Cee
dovranno essere sottoposti a valutazione di impatto ambientale, esso è tenuto a
redigere l'elenco di tali progetti applicando, secondo i casi, l'uno o l'altro
dei diversi criteri di cui all'All. III, tra i quali figura il cosiddetto
criterio del cumulo che può essere utilizzato per sottoporre un tipo di progetto
a una tale valutazione, tenuto conto della realizzazione del medesimo con altri
progetti, eventualmente prendendo in considerazione la realizzazione del
complesso di tali progetti durante un periodo di tempo determinato. Devono
pertanto ritenersi soggetti alla procedura di verifica di assoggettabilità alla
v.i.a. i progetti di realizzazione di tracciati stradali di per sé autonomi ma
da collocarsi in un contesto programmatorio sostanzialmente unitario e destinato
ad esaurirsi in un ambito temporale alquanto ristretto”.
Le considerazioni svolte, oltre a smentire la fondatezza della prima censura,
conducono al rigetto anche del terzo motivo di ricorso.
La scelta operata dall’Amministrazione, seppur indubbiamente “stimolata”
dall’avvio di una procedura d’infrazione comunitaria, risponde al fine proprio
del potere di cui è espressione, che è quello di sottoporre a previa verifica di
compatibilità ambientale i nuovi interventi proposti, dopo averne valutato
l’incidenza (sia qualitativa che quantitativa) in relazione all’insediamento già
esistente. (c.d. “cumulo con altri progetti”).
Nel caso di specie, la mancanza di una procedura di screening del progetto di
lottizzazione originario, indubbiamente fortemente impattante sul territorio, ha
reso necessario - oggi – chiedere una verifica preliminare di compatibilità
ambientale, non potendosi accedere alla tesi della ricorrente circa la non
rilevante incidenza del nuovo insediamento rispetto al realizzato e quindi la
modesta entità delle nuove opere,
4. Esame del secondo motivo di ricorso.
Resta da esaminare il secondo motivo, con cui la ricorrente deduce il difetto di
motivazione, sul presupposto che l’amministrazione si sarebbe limitata a
richiamare le principali disposizioni normative applicabili, senza dar conto
delle ragioni che, nel caso concreto, imporrebbero la sottoposizione
dell’intervento a screening ambientale.
Neppure questa prospettazione può essere condivisa.
Basti osservare, al riguardo, che l’iter logico seguito dall’Amministrazione ben
può essere ricostruito tenendo conto di tutti gli atti entrati a far parte del
procedimento, compreso il parere espresso dalle competenti Autorità regionali e
le comunicazioni ricevute dalla Commissione Europea, secondo cui, come già
ampiamente osservato, gli effetti ambientali dei nuovi interventi devono essere
valutati tenendo conto del contesto complessivo nel quale dovranno trovare
inserimento. Una volta chiarito questo aspetto, che si ricava dalle carte
processuali, la motivazione degli atti impugnati emerge in modo sostanzialmente
automatico, posto che l’ampiezza della lottizzazione Edilhouse (circa 30.000 mc.)
e la sua vicinanza ad un tratto di costa di indiscussa bellezza, di per sé
fondano la decisione dell’Amministrazione di far precedere il rilascio della
concessione edilizia da screening ambientale, il quale, come è ovvio, non
necessariamente dovrà avere esito negativo, costituendo, invece, il contesto
procedimentale più adeguato per comparare i diversi interessi in gioco, nonché -
ove possibile e necessario - rivolgere alla lottizzante le prescrizioni
necessarie ad assicurare la compatibilità ambientale dell’insediamento edilizio.
Per queste ragioni, il ricorso è infondato e deve essere, quindi, respinto.
Sussistono giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese
processuali, considerata l’obiettiva incertezza e complessità delle questioni
giuridiche trattate.
P.Q.M.
Respinge il ricorso indicato in epigrafe.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 10 febbraio 2010
con l'intervento dei Magistrati:
Rosa Maria Pia Panunzio, Presidente
Francesco Scano, Consigliere
Antonio Plaisant, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/03/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
AmbienteDiritto.it
- Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati -
Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
Vedi
altre:
SENTENZE PER ESTESO
Ritorna alle
MASSIME della sentenza - Approfondisci
con altre massime:
GIURISPRUDENZA -
Ricerca in:
LEGISLAZIONE
- Ricerca
in:
DOTTRINA
www.AmbienteDiritto.it