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T.A.R. SICILIA, Catania, Sez. I - 14 luglio 2010, n. 3034


DIRITTO URBANISTICO - Cubatura - Alienazione o cessione - Autonoma patrimonialità rispetto al terreno - Lotto di terreno ricevente - Superamento del volume ordinariamente consentito - Sistema edificatorio di zona - Volume complessivo - Integrità. La cubatura che un terreno esprime o possiede può essere alienata o ceduta indipendentemente dalla alienazione o dalla cessione del terreno medesimo: ciò perché la cubatura, pur se intrinsecamente collegata al terreno che la esprime, costituisce una utilità separata da questo, autonomamente valutabile e con una propria commerciabilità e patrimonalità. La cubatura espressa dal terreno può, dunque, essere oggetto di un contratto di trasferimento con il quale il proprietario di un’area trasferisce a titolo oneroso parte delle sue possibilità edificatorie ad altro soggetto allo scopo di consentire a quest’ultimo di realizzare nell’area di sua proprietà, una costruzione di maggior volume, nel rispetto dell’indice di densità fondiaria . Il lotto di terreno “ricevente” è sempre destinato a superare il volume ordinariamente in esso consentito (anche se in deroga rispetto agli indici ordinari), proprio per effetto dell’acquisto di cubatura da altro lotto, che, poi, non potrà più essere oggetto di edificazione. Sicché il sistema edificatorio di zona, sotto il profilo del volume complessivo, rimane integro. Pres. Zingales, Est. Savasta - C. s.r.l. e altro (avv. Scuderi) c. Comune di Misterbianco (avv. Giuffrida) - TAR SICILIA, Catania, Sez. I - 14 luglio 2010, n. 3034

DIRITTO URBANISTICO - Cessione di cubatura - Lotto acquirente - Limite di espansione - Indici di copertura e di altezza. In tema di cessione di cubatura, il lotto acquirente, destinato a superare il volume ordinariamente in esso consentito, incontra il limite di espansione determinato dall’incremento di cubatura possibile in relazione agli altri indici limitativi, quali quelli di copertura e di altezza, che, relazionati tra loro, conferiscono il massimo assentibile. Detta soluzione consente di stabilizzare, concentrandolo in un unico lotto, quanto costruibile nei lotti vicini, sempre, però, con il rispetto della cubatura limitata non più dagli indici di zona riferiti al lotto (superabili proprio per effetto della cessione di volumetria), ma dagli altri indici (di copertura ed altezza), invece, non modificabili quale effetto dell’acquisto di cubatura. Pres. Zingales, Est. Savasta - C. s.r.l. e altro (avv. Scuderi) c. Comune di Misterbianco (avv. Giuffrida) - TAR SICILIA, Catania, Sez. I - 14 luglio 2010, n. 3034

DIRITTO URBANISTICO - Cessione di cubatura - Lotto intercluso - Limiti. Non è configurabile la cessione dell’area derivante da un lotto intercluso rispetto ad un’area ordinaria, perché verrebbe ad essere trasferita in una zona caratterizzata dai normali indici stabiliti dal P.R.G. una volumetria maggiore “caratteristica” di una specifica tipologia di lotto ( quello intercluso). In altri termini, verrebbe immotivatamente consentito il trasferimento in un lotto ordinario di un migliore parametro “straordinario” caratteristico di zona, in violazione del criterio di omogeneità che giustifica la cessione di cubatura e consentendo, di fatto, la “trasformazione” di una zona ordinaria in speciale, in assenza dei necessari requisiti urbanistici. In questo caso, non si impedisce la cessione di cubatura in quanto tale, ma il trasferimento relazionato alla tipologia (ed agli indici più favorevoli) del lotto intercluso verso l’ordinaria (e con indici più bassi) tipologia fondiaria. Pres. Zingales, Est. Savasta - C. s.r.l. e altro (avv. Scuderi) c. Comune di Misterbianco (avv. Giuffrida) - TAR SICILIA, Catania, Sez. I - 14 luglio 2010, n. 3034
 

 

 

N. 03034/2010 REG.SEN.
N. 01458/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Prima)


ha pronunciato la presente


SENTENZA



sul ricorso numero di registro generale 1458 del 2007, proposto da:
Coba Srl e Giuseppe Spartà, rappresentati e difesi dall'avv. Andrea Scuderi, con domicilio eletto presso avv. Andrea Scuderi in Catania, via V. Giuffrida, 37;


contro


Comune di Misterbianco (Ct), rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Giuffrida, con domicilio eletto presso avv. Giuseppe Giuffrida in Misterbianco, Segreteria;

per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,

del provvedimento del 16 aprile 2007 numero 8991 di protocollo - successivamente comunicato - con cui il Dirigente del XIII Settore Urbanistica del Comune di Misterbianco ed il tecnico incaricato dell’Ufficio Tecnico Comunale hanno espresso parere contrario all’istanza di concessione edilizia per la costruzione di un fabbricato da destinare a civile abitazione, garage e deposito, presentata dalla COBA ed assunta al protocollo dell’Ente il 21 novembre 2005 col numero 26454, nonché d’ogni ulteriore atto e/o provvedimento, allo stato non conosciuto, precedente e/o successivo, comunque connesso, presupposto e/o consequenziale (ivi espressamente compresi, i pareri richiamati ma non meglio specificati nella medesima nota del 16 aprile 2007, nonché ove occorra e nei limiti di interesse appresso indicati, gli articoli 2.1 e 15.3.7 delle vigenti Norme d’Attuazione del Piano Regolatore del Comune di Misterbianco).


Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Misterbianco (Ct);
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 aprile 2010 il dott. Pancrazio Maria Savasta e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO


1.- La COBA S.r.l. è proprietaria di un’area edificabile estesa mille metri quadri circa, in territorio del Comune di Misterbianco, Contrada “Serra Belvedere”, al confine con la Via Duca di Trigona.

Detto fondo, iscritto nel Catasto Terreni al foglio 7, particella 325, allo stato del tutto inedificato, ricade in massima parte in Zona Territoriale Omogenea “B/3 - Aree dei Piani di Recupero” e, solo per una piccola porzione, in zona “E - Agricola”, del Piano Regolatore Comunale vigente.

Esso, peraltro, avendo tale ridotta dimensione ed essendo delimitato da lotti edificati e da una pubblica via, sarebbe considerato ai sensi delle Norme d’Attuazione del Piano Regolatore nonché dell’articolo 39 della legge regionale 19/72, “lotto intercluso” ricadente in zona B, ove è prevista la possibilità di edificazione nella misura massima di una cubatura di millecinquecento metri cubi.

Il predetto fondo confina, sull’unico lato libero, con altro avente una superficie di 180 metri quadri circa, di proprietà dell’altro ricorrente e riportato nel Catasto Terreni al foglio 7 particella 361, Detto ultimo fondo ha la medesima destinazione urbanistica del primo, ricadendo per circa centocinquanta metri quadri in Zona “B/3 - Aree dei Piani di Recupero” e per i restanti trenta, in zona “E - Agricola” e sarebbe da considerarsi intercluso, con la conseguente possibilità di realizzarvi la cubatura di mille metri cubi.

In considerazione del fatto che la realizzazione della cubatura espressa dal lotto di proprietà non consentirebbe il migliore e più razionale sfruttamento edilizio, il suo proprietario, Dr. Spartà, ha trasferito alla COBA s.r.l. detta cubatura, ritenendo di potersi avvalere del terz’ultimo comma, secondo capoverso, dell’articolo 2 delle Norme di Attuazione del Piano Regolatore Generale, a norma del quale “… la cessione di edificabilità può essere effettuata solo da un’area non «satura» ed a favore di un’area adiacente, ancorché «satura», purché il Ss (indice di edificabilità superficiale) e il Vf (indice di edificabilità fondiaria) che vengono a realizzarsi non superino quelli consentiti dal P.R.G…”.

Indi, la società ricorrente, con istanza assunta al protocollo del Comune di Misterbianco il 21 novembre 2005 col numero 26454, ha chiesto il rilascio della relativa concessione edilizia per la costruzione sulla particella 325 di sua proprietà d’un fabbricato da destinare a civile abitazione, garage e deposito, utilizzando anche la cubatura realizzabile sulla particella 361, cedutale dal proprietario confinante.

L’Ufficio Tecnico Comunale, il successivo 17 marzo 2006 ha richiesto alla COBA di produrre, ad integrazione dell’istanza già depositata, una “… dichiarazione ai sensi dell’art. 4 delle Norme di Attuazione del P.R.G.…”, nonché una “…visura catastale storica…”.

La ricorrente ha riscontrato la richiesta dell’Ufficio Tecnico Comunale, inviando il 22 marzo 2006 tutta la documentazione richiesta, ivi precisando che “… ai sensi dell’articolo 2 della legge regionale 17/94, essendo stata presentata la richiesta di concessione edilizia in data 21 novembre 2005 alla data del 21 marzo 2006 è venuto ad esistenza il silenzio-assenso sulla richiesta di concessione edilizia…”; e dall’altro, come “…ai sensi del comma 2, seconda parte, della norma citata esclusivamente la richiesta di integrazione documentale formulata entro il termine perentorio di 30 giorni dalla presentazione dell’istanza e, quindi, entro il 20 dicembre 2005 avrebbe potuto determinare l’interruzione dei termini per la formazione del silenzio assenso…”.

Sicché, con la nota medesima, ha diffidato l’Amministrazione comunale, dall’adottare qualunque atto volto a sospendere l’attività edilizia conseguente alla concessione asseritamente già venuta ad esistenza.

L’Amministrazione comunale, tuttavia, ha comunicato alla ricorrente parere contrario all’istanza di concessione edilizia, poiché il progetto sarebbe “… in contrasto con l’art. 2.1 delle N.A. nella parte in cui sostiene che l’indice di edificabilità fondiaria che viene a realizzarsi a seguito della cessione di edificabilità non deve superare quello consentito dal P.R.G.…”; precisandosi altresì al riguardo, come “…il carattere di eccezionalità che riveste il regime dei lotti interclusi nelle zone “B3” impedisce … che gli stessi possano usufruire di un ulteriore incremento di cubatura per cessione della volumetria di un altro fondo, che si aggiunga a quella massima già eccezionalmente attribuita al lotto per la sua caratteristica di lotto intercluso in deroga all’indice di edificabilità della zona…”.

Con il ricorso in esame, i ricorrenti hanno contestato la legittimità del provvedimento, affidandosi ai seguenti motivi di gravame:

I.- Violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 2 della Legge Regionale 31 Maggio 1994 numero 17 - Eccesso di potere per travisamento ed illogicità.

La concessione edilizia richiesta dalla società ricorrente si sarebbe formata per silenzio assenso a norma dell’articolo 2 della legge regionale 17/94, già dal successivo 21 marzo 2006., sicché sarebbe del tutto illegittimo il “diniego” comunicatole con la nota del 16 aprile 2007 impugnata.

La detta conclusione non potrebbe essere inficiata dalla richiesta di integrazione documentale inviata dall’Amministrazione, in quanto intervenuta oltre il termine di trenta giorni dalla data di presentazione dell’istanza e, come tale, non sarebbe idonea ad interrompere il termine di 120 giorni utile ai fini della formazione del silenzio assenso sulla concessione edilizia, previsto dal quinto comma del citato articolo 2.

Nella specie, il termine per le richieste di integrazione documentale sarebbe scaduto il 20 dicembre 2005 (ovvero, al trentesimo giorno dalla data della presentazione dell’istanza di concessione), mentre la prima richiesta di integrazioni sarebbe stata formulata dall’Amministrazione soltanto il 17 marzo 2006.

Sicché, quale effetto della concessione edilizia implicitamente rilasciata. sarebbe dovuto derivare non già il diniego impugnato, ma, semmai, la previa rimozione dell’atto di assenso tacito per silenzio.

II.- Violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 39 della legge regionale 31 marzo 1972, n. 19 e successive modifiche ed integrazioni - Violazione e/o falsa applicazione degli articoli 2.1 e 15.3.7 delle Norme di Attuazione al Piano Regolatore Generale del Comune di Misterbianco - Violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 42, secondo comma, della Costituzione - Violazione dell’articolo 97 della Costituzione, nonché dei principio di legalità e imparzialità - Eccesso di potere per sviamento - Violazione dell’articolo 3 della legge numero 241/90, come recepita in Sicilia - Eccesso di potere per difetto assoluto di presupposti e di istruttoria, nonché di motivazione, travisamento, irragionevolezza ed illogicità manifesta.

Asserisce parte ricorrente che, nel merito, il diniego è assolutamente illegittimo.

Il progetto edilizio presentato dalla società ricorrente utilizzerebbe, oltre alla cubatura realizzabile sulla particella 325 di sua proprietà, anche quella assentibile sulla particella 361, confinante con la prima, di proprietà dell’altro ricorrente.

E ciò, in considerazione della cessione di cubatura pattuita fra i ricorrenti, in vista della realizzazione d’un progetto edilizio, che consentirebbe un migliore e più razionale utilizzo della cubatura medesima.

Ad avviso dell’Ufficio Tecnico Comunale, il rilascio della concessione edilizia sarebbe impedito, per un primo aspetto, dal fatto che il progetto elaborato tenendo conto della cubatura ceduta dal Dottore Spartà, sarebbe “… in contrasto con l’art. 2.1 delle N.A. nella parte in cui sostiene che l’indice di edificabilità fondiaria che viene a realizzarsi a seguito della cessione di edificabilità non deve superare quello consentito dal P.R.G.…”; nonché, per altro aspetto, in effetti correlato al primo, in quanto “…il carattere di eccezionalità che riveste il regime dei lotti interclusi nelle zone “B3” impedisce … che gli stessi possano usufruire di un ulteriore incremento di cubatura per cessione della volumetria di un altro fondo, che si aggiunga a quella massima già eccezionalmente attribuita al lotto per la sua caratteristica di lotto intercluso in deroga all’indice di edificabilità della zona…”.

Entrambi gli argomenti posti alla base dell’impugnato diniego sarebbero infondati.

Sarebbe anzitutto errata l’affermazione dell’Amministrazione secondo cui l’utilizzo della cubatura ceduta determinerebbe il superamento dell’indice di fabbricabilità fondiaria, consentito in Zona “B3” dal piano regolatore.

Al contrario, l’accorpamento della volumetria assentibile sulle due particelle oggetto del progettato intervento, sarebbe perfettamente entro i limiti di densità edilizia consentiti dal vigente piano regolatore generale e dall’articolo 39 della legge regionale 17/94, per i lotti interclusi ricadenti in zona B3 (quali sono le particelle 325 e 361), nonché coerente con l’articolo 15.3.7 delle Norme d’Attuazione del Piano Regolatore del Comune di Misterbianco.

Ne deriverebbe l’assentibilità complessiva di mc 2.500, quale sommatoria di quella autorizzabile nei due lotti, in quanto il progetto in esame prevederebbe un impiego inferiore, pari ad una cubatura complessiva di 2.487,330 mc.

Asseriscono i ricorrenti che anche il secondo argomento addotto a sostegno dell’impugnato diniego, ovvero quello secondo cui la cessione di cubatura non sarebbe possibile tra lotti interclusi, sarebbe privo di fondamento, poiché, alla luce dell’ordinamento giuridico vigente e del nostro sistema costituzionale, non esisterebbe alcuna valida ragione per escludere la legittimità e, quindi, la possibilità dell’accorpamento di che trattasi, per altro, all’interno delle medesime zone territoriali omogenee, nonché, come nel caso concreto, in situazioni urbanistiche assolutamente equiparabili, quali sono i due lotti in questione.

Inoltre, la soluzione progettuale elaborata dalla società consentirebbe la migliore, più razionale ed ordinata trasformazione del territorio, che rappresenta sempre l’interesse pubblico primario perseguito dall’amministrazione comunale, nell’esercizio dei poteri attribuiti in materia di pianificazione e controllo sull’attività edilizia dei privati.

In ogni caso, l’assentibilità della cessione sarebbe prevista in maniera indifferenziata dalla normativa comunale di settore, sicché, ove, in ipotesi si dovesse condividere l’impostazione dell’Amministrazione, verrebbe a considerarsi un’inesistente eccezione al principio di generale cedibilità, che, come tale, avrebbe richiesto una specifica normazione di settore.

In ultimo, seppur in via subordinata e cautelativa, i ricorrenti hanno impugnato l’articolo 15.3, ed in particolare il punto 7, del P.R.G. e lo stesso articolo 2.1, delle Norme d’Attuazione ove interpretati in contrasto con i principi normativi a tutela della proprietà, ex art. 41 Cost., e posti a presidio dell’assentibilità della cessione di cubatura.

Costituitosi, il Comune intimato ha concluso per l’infondatezza del gravame.

Con Ordinanza n. 1319/07, questa stessa Sezione ha disposto incombenti istruttori, richiedendo al Comune una documentata relazione esplicativa sulle effettive superfici da realizzare, sulle volumetrie, sugli indici di edificabilità fondiaria sussistenti e sulle ragioni per le quali, di seguito alla eventuale cessione di edificabilità, vi sarebbe il superamento dei detti indici.

Con successiva Ordinanza istruttoria n. 44/10, oltre al deposito delle NTA, è stato richiesto un ulteriore chiarimento sulla configurabilità della particella 361, di mq 150, quale lotto intercluso e, conseguentemente, sull’edificabilità consentita, nonché sulla configurabilità dei due lotti, ove unitariamente considerati, comunque interclusi.

Alla pubblica udienza del 29.4.2010, la causa è stata trattenuta per la decisione.


DIRITTO


I. Con il ricorso in epigrafe viene sottoposto allo scrutinio del Collegio una complessa vicenda, conseguente ad un diniego di concessione edilizia, relativa alla fruibilità dei vantaggi urbanistici da parte di un fondo asseritamente intercluso per effetto della cessione di volumetria proveniente da altro fondo avente anch’esso le medesime caratteristiche.

Con il primo motivo di ricorso, i ricorrenti asseriscono che il provvedimento di diniego di concessione edilizia sarebbe illegittimo, posto che si sarebbe formato il silenzio assenso, per decorrenza dei centoventi giorni dal deposito della relativa istanza, non potendo giovare, al fine della loro interruzione, alcun atto di richiesta di documenti, eppure intervenuto.

Chiarisce subito il Collegio che, per come ammesso nella memoria depositata dai ricorrenti in data 26.9.2007, gli stessi, uno volta trascorso il detto termine, non hanno presentato né la comunicazione di avvio dei lavori, né la perizia giurata di cui all’art. 2 della l.r. 17/94.

Il Tribunale ha avuto modo di chiarire che infondato è il motivo di gravame con il quale la parte ricorrente ritiene che, a fronte del decorso dei 120 giorni previsti dall’art. 2 della l.r. 17/94, essendosi formato il silenzio assenso, il Comune consumerebbe il proprio potere di intervenire sull’atto ormai del tutto efficace (cfr. T.A.R. Catania, I, 23.11.2004, n. 3386; I, 21.11.2006 n. 2322). Ed invero, sussistendo i presupposti di legge (art.2 L.r. 17/1994), il decorso di 120 giorni dalla presentazione della domanda di concessione edilizia attribuisce al richiedente una posizione equiparabile all'ottenimento della concessione stessa, con la differenza però che il procedimento non può dirsi concluso fin quando l'interessato non abbia comunicato di aver dato inizio ai lavori, aprendo così una seconda fase che si conclude o con un intervento esplicito della P.A., sollecitata a riesaminare la pratica per effetto della manifestata intenzione di iniziare l'opera, o con il decorso dell'ulteriore termine di 30 giorni; in quest'ultima ipotesi il silenzio assenso può ritenersi consolidato, nel senso che il comune non ha più il fisiologico governo della pratica edilizia, e pertanto non può più decidere sulla stessa con atto "di primo grado" (cfr., altresì, T.A.R. Sicilia, Palermo, I, 11.2.2003 n. 148 e, sostanzialmente in termini C.G.A. 8.3.2005, n. 111, che, però, ritiene che l’Amministrazione possa “revocare” il titolo tacitamente formatosi anche solo al mero fine di ripristinare la legalità violata e senza applicazione degli ordinari principi in materia di autoannullamento d’ufficio, riferendo la verifica di legittimità del titolo abilitativo edilizio alla data della sua formazione).

Ciò premesso, il Collegio rileva che i commi 5 e 7 dell’art. 2 della l.r. 17/94, stabiliscono quanto segue:

5. La domanda di concessione edilizia si intende accolta qualora entro centoventi giorni dal ricevimento dell'istanza, attestato con le modalità di cui al comma 2, non venga comunicato all'interessato il provvedimento motivato di diniego.

7. Per quanto previsto al comma 5, prima dell'inizio dei lavori il progettista deve inoltrare al sindaco una perizia giurata che asseveri la conformità degli interventi da realizzare alle prescrizioni urbanistiche ed edilizie, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e sanitarie e l'ammontare del contributo concessorio dovuto in base alla normativa vigente.

Dal combinato disposto delle due norme, quindi, emerge che già la semplice comunicazione dell’avvio dei lavori non appare sufficiente a consolidare la formazione della concessione edilizia ove non sia accompagnata dalla produzione della perizia giurata, così come descritta al comma 7.

Invero, detto comma, esordisce con l’espresso rinvio al comma 5 (“per quanto previsto dal comma 5”) ad indicare, quindi, che la sanatoria per silenzio-assenso ivi prevista non è soltanto condizionata al mero decorso del tempo, ma dalla combinazione delle due condizioni: la comunicazione di inizio lavori e la legittimità degli stessi avvalorata da una necessaria perizia tecnica attestante la conformità alle prescrizioni urbanistiche ed edilizie, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e sanitarie.

Dagli atti della causa, come premesso, emerge che i ricorrenti non hanno esibito né la comunicazione d’avvio lavori, né la perizia tecnica.

Sicché, quando è intervenuto l’impugnato diniego del 16 aprile 2007, in effetti, non può dirsi che si fosse consolidato il silenzio assenso e, quindi, la concessione edilizia, sicché non può dirsi, come sostenuto dai ricorrenti, che prima dell’adozione dell’impugnato atto di diniego fosse, altresì, necessaria una preventiva caducazione di un atto implicitamente assentito.

Consegue la mancanza di pregio del primo motivo di ricorso.

II. E’ possibile, quindi, passare all’esame della seconda censura.

Come chiarito in punto di fatto, il provvedimento impugnato, con il quale è stata denegata la concessione edilizia, ritiene che il progetto sia “in contrasto con l’art. 2.1 delle N.A. nella parte in cui sostiene che l’indice di edificabilità fondiaria che viene a realizzarsi a seguito della cessione di edificabilità non deve superare quello consentito dal P.R.G.”. Inoltre, continua il provvedimento, “va precisato …il carattere di eccezionalità che riveste il regime dei lotti interclusi nelle zone “B3” impedisce, pertanto, che gli stessi possano usufruire di un ulteriore incremento di cubatura per cessione della volumetria di un altro fondo, che si aggiunga a quella massima già eccezionalmente attribuita al lotto per la sua caratteristica di lotto intercluso in deroga all’indice di edificabilità della zona…”.

Dalla relazione tecnica versata in atti dal Comune intimato a seguito dell’ordinanza istruttoria n. 1319/07 (i cui dati sono confermati dalla relazione tecnica esplicativa depositata dalla società ricorrente in data 12.11.2009) emerge che l’ “intervento impegna le particelle 325 e 361 del foglio di mappa 7 aventi superficie fondiaria, rispettivamente, di mq 852,00 e di mq 150,00. Ai sensi e per gli effetti del vigente strumento urbanistico . . ., e tenuto conto delle caratteristiche proprie dei lotti è possibile attribuire ad ognuno un diverso indice di edificabilità fondiario, e precisamente:

per la particella 325 di mq 852,00, trattandosi di lotto intercluso, è possibile applicare il disposto dell’art. 15.3.7 delle N. di A. e, pertanto, edificare fino ad un massimo di 1.500 mc;

per la particella 361 di mq 150,00, applicando l’indice di zona (che è pari a mc 350 + 0,4 S), è possibile realizzare una cubatura di mc 410, fatta salva, ove ne ricorrano concretamente le condizioni, l’applicazione delle disposizioni agevolative di cui all’art. 39 della L.R. 19/72 e s.m.i. che consentirebbero una volumetria massima di 1.000 mc. . . .

La progettazione così come avanzata è stata redatta nella considerazione di un unico lotto di terreno avente dimensioni di mq 1002,00, pari a mq 150,00 + mq 852,00 (pertanto maggiore di 1.000 mq). Il venir meno di dette agevolazioni volumetriche, consente l’edificazione massima di mc 750,80 derivante dall’applicazione dell’indice di zona pari a 350 + 0,4S”.

Di seguito a successiva Ordinanza istruttoria n. 44/10, il medesimo Comune, dopo aver richiamato l’art. 15.3.7 delle NTA, che stabilisce una densità fondiaria pari a 3 mc/mq per i fondi interclusi con superficie da 200 a 500 mq ed una massima di 1.500 mc per quelli ricompresi tra 500 e 1.000 mq, ha precisato che, sempre per effetto della medesima disposizione, “i lotti interclusi sono quelli la cui area anche se appartenente a più ditte non sia superiore a 1000 mq e racchiusa tra due fabbricati prospicienti su strada, o su almeno tre lati delimitati da fabbricati, viabilità, servizi o limiti di zona di P.R.G.”. Ed ancora <<pertanto, la particella 361 di mq 150, essendo inferiore a mq 200, non rientra tra i cosiddetti “lotti interclusi”, come stabilito dalla suddetta norma, e per la stessa particella vale l’indice di in edificabilità fondiario della zona>>.

Ed infine, “per quanto attiene alla configurabilità dei due lotti unitariamente considerati, gli stessi hanno una superficie complessiva di mq 1002, quindi superiore a quanto sancito dal richiamato art. 15.3.7. Da ciò ne deriva che l’insieme delle aree, intese come unico lotto di intervento, così per come proposto dal progettista, superano il limite superficiale per poter godere delle deroghe agevolative e per gli stessi vale l’indice di edificabilità fondiario della zona omogenea B3”.

Ricostruita la vicenda, resta da chiarire sia la portata delle disposizioni richiamate nel provvedimento impugnato, sia la conformità delle motivazioni in esso rappresentate rispetto alle precisazioni sopravvenute, poi, in seguito all’istruttoria, posto che, in quest’ultimo senso, parte ricorrente ha eccepito l’illegittimità di una integrazione motivazionale postuma.

L’art. 2.1 delle NTA richiamato al primo capoverso dell’atto in esame stabilisce, nella parte di interesse, che “la cessione di edificabilità può essere effettuata solo da un’area <<non satura>> ed a favore di un’area adiacente, ancorché <<satura>>, purché il Ss (indice di edificabilità superficiale) e il Vf (indice di edificabilità fondiaria) che vengono a realizzarsi non superino quelli consentiti dal P.R.G.”.

In questo senso, l’art. 8 stabilisce che il Vf è il rapporto tra il volume edificato e/o edificabile e la superficie fondiaria del lotto.

Ciò significa, all’evidenza, che il provvedimento impugnato, pur non esprimendo gli esatti indici superati, ha inteso riaffermare la non assentibilità di un progetto che superi il volume edificabile rispetto alla superficie disponibile del lotto.

Il provvedimento, inoltre, ha espresso un altro principio secondo il quale il regime di favore del lotto intercluso nella zona B3, proprio per il suo carattere di eccezionalità, non può scontare altri incrementi di cubatura derivanti dalla cessione di volumetria di altro fondo, che, quindi, vada ad aggiungersi a quella massima ipotizzabile per detto tipo di lotto il cui indice di edificabilità è sovrabbondante rispetto all’ordinario indice di zona.

Per comprendere appieno la sintetica espressione utilizzata dal provvedimento, occorre considerare che la zona B3 (che è quella rilevante nel caso in esame), ai sensi dell’art. 15 delle NTA (cfr. produzione delle ricorrenti depositata l’8 aprile 2010), è quella inclusa entro i perimetri degli agglomerati abusivi . . . sottoposti ai Piani di riordino urbanistico ai sensi della L.R.S. n. 37/85, vale a dire destinata ad area dei piani di recupero (cfr. art. 15.3 NTA) e con un indice fondiario “ordinario” pari a 350 mc + 0,4 S (cfr art. 15.3.2. NTA).

Sicché, secondo il provvedimento impugnato, posto che, ai sensi dell’art. 15.3.7 delle NTA il lotto intercluso ricompreso tra 500 mq e 1000 mq (nei quali rientra, avendo una superficie di 852 mq, quello della società ricorrente) può realizzare non più di 1.500 mc, esaurita detta volumetria, non può ricevere il volume del fondo contiguo, il quale ultimo, per come chiarito successivamente nelle relazioni tecniche, intanto, non è lotto intercluso e, quindi, non può essere regolato dall’art. 39 della L.R. 17/92, invocata, invece, da parte ricorrente per sostenere l’assentibilità, al di sotto dei 200 mq, di 1.000 mc.

In somma sintesi, per un verso, non può essere superata la volumetria pari a 1.500 mc e, comunque, non possono aggiungersi 1.000 mc, posto che il lotto da aggiungere, pari a 150 mq, non fruisce della disposizione contenuta nel predetto art. 39. Anzi, sommando le due superfici si avrebbe una estensione totale pari a mq 1.002, come tale non suscettibile di essere classificata come lotto intercluso e, quindi, assentito con concessione edilizia, per il chiaro disposto dell’art. 15.3.7 NTA, che precisa che lotto intercluso è l’area, anche se appartenente a più ditte, non superiore a 1.000 mq.

Ciò chiarito, il Collegio ribadisce che la motivazione del provvedimento è, di per sé, sintetica, ma contiene tutti i principi che possono condurre a comprendere la sussistenza dei divieti ritenuti preclusivi dell’assenso alla concessione edilizia richiesta.

Nel merito il ricorso è infondato.

Non tiene presente parte ricorrente che le prescrizioni urbanistiche regolanti i limiti massimi contenute in diposizioni normative nazionali o regionali possono ben essere precisate dalle norme contenute nelle specifiche disposizioni di pianificazione comunale, purché rispettose dei predetti limiti.

Premesso che non è in contestazione la possibilità di realizzare la volumetria di 1.500 mc nel lotto intercluso di 852 mq di proprietà della società ricorrente, è da dire che l’art. 39 della l.r. 17/92, invocato per ritenere possibile la realizzazione di mc 1.000 per lotti di terreno inferiori a mq 200 (e, quindi, per “aggiungere” mc 1.000 al predetto lotto per effetto della cessione di cubatura proveniente da quello confinante) stabilisce quanto segue:

Qualora le previsioni dei piani adottati consentono trasformazioni per singoli edifici mediante demolizione e ricostruzione, sopraelevazioni ed ampliamenti nonché l'utilizzazione di lotti interclusi a scopo residenziale che abbiano una superficie non superiore a metri quadrati mille, il Sindaco può autorizzare le suddette opere con singole licenze, anche senza la preventiva approvazione di un piano di lottizzazione, nel rispetto dei limiti di densità previsti dall' art. 7 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 3519.

Nei comuni con popolazione non superiore a 50 mila abitanti o nelle frazioni degli altri comuni con popolazione non superiore a 10 mila abitanti, nei casi previsti dal precedente comma e per i lotti di terreno aventi una superficie non superiore a metri quadrati 120, la densità edilizia fondiaria massima sarà di mc/mq 9 e l' altezza massima di ml. 11 .

Per i lotti di terreno aventi una superficie superiore a mq 120 e non superiore a mq 200 il volume massimo consentito è di mc 1000, ferma restando l' altezza massima di ml. 11.

Ne deriva che le misure di mc 1.000 e l’altezza di ml 11 sono quelle massime consentite non quelle da consentire a prescindere dalla pianificazione particolare comunale.

In altri termini, l’attività di pianificazione del territorio da parte del Comune, mentre non può derogare dai limiti statuiti a livello nazionale (o regionale) di sfruttamento massimo del territorio, può, proprio in considerazione del governo dello stesso affidatogli dalla legge (anche costituzionale), imporre dei limiti edificatori inferiori relazionati a particolare esigenze di ulteriore conservazione del territorio.

Conformemente al detto principio, l’art. 15 delle NTA, considerata la natura della zona in questione, stabilisce un indice di fabbricabilità fondiario ben inferiore ai 1.000 mc previsti dal predetto art. 39 della l.r. 17/92, pari a 350 mc + 0.4 S (art. 15.3.2.) e, per i lotti inferiori ai 200 mq, un rapporto di copertura massimo del 60% S (art. 15.3.3) ed un’altezza massima di ml 8,5 (art. 15.3.4).

La medesima disposizione, inoltre, riserva una volumetria più favorevole (3 mc/mq) per i fondi interclusi con superficie da 200 a 500 mq e pari a 1.500 mc soltanto per gli ulteriori lotti interclusi compresi tra 500 e 1.000 mq, senza alcuna norma derogatrice di favore (a prescindere dalla natura di lotto intercluso) per i terreni inferiori ai 200 mq.

Applicando le disposizioni in esame, considerato, quindi, che non è possibile parlare per il terreno di 150 mq di lotto intercluso e/o applicare un regime più favorevole sulla scorta dell’art. 39 della l.r. 17/92, in quanto superato dall’art. 15 delle NTA, anche prescindendo (erroneamente) dall’indice di fabbricabilità fondiario, in detto fondo può essere assentito un volume massimo pari a mc 765 (150 x 60% x 8.5) e non di 1.000, come ritenuto da parte ricorrente (recte 990 mc risultanti dal prodotto di 150 x 60% x 11 ml, come calcolati nella relazione tecnica esplicativa depositata il 12.11.2009).

Sicché, al fine di non derogare dai limiti di P.R.G., così come sostenuto nel provvedimento impugnato, non può aggiungersi ai 1.500 mc realizzabili nel fondo intercluso di 852 mq, il volume di mc 1.000, derivanti da quello, non intercluso, di 150 mq.

Già questo è sufficiente per ritenere infondato il ricorso, posto che il progetto rigettato con il provvedimento impugnato prevede la realizzazione una volumetria complessiva pari a mc 2.487,33.

III. Il Collegio ritiene di dover esaminare anche l’impostazione generale seguita nelle difese del Comune in ordine alla impossibilità di sommare una volumetria ulteriore, quale risultato della cessione della cubatura limitrofa, rispetto ad un preesistente lotto intercluso.

E’ da premettere che la legittimità della cessione di cubatura è legata a due imprescindibili condizioni: la omogeneità dell’area territoriale, entro la quale si trovano i due terreni tra i quali viene ipotizzato il trasferimento della cubatura, e la contiguità dei due fondi.

Il primo requisito, che è quello che rileva nel caso in esame, é volto ad assicurare che non si stravolgano le previsioni di piano, che sono legate alla rilevazione della volumetria esistente, in modo da determinare, secondo gli standard del DM 1444/68, a quale tipologia di comparto edificabile appartiene l’area; se fosse ammessa la cessione di cubatura tra fondi aventi qualificazione urbanistica di ZTO differenti, si otterrebbe che l’indice di densità territoriale potrebbe essere alterato o superato nei limiti massimi.

Corollario conseguente a detta impostazione è che la cessione di cubatura è un espediente volto alla migliore razionalizzazione dello sfruttamento edilizio, non già un modo per incrementare la possibilità di realizzazione di volumi edilizi.

Invero, l’edificazione è condizionata quantitativamente, nello strumento urbanistico, da determinati indici di densità. Tra questi, la densità territoriale indica la quantità massima di volumi realizzabili in una zona territoriale omogenea, ovvero in un comprensorio di terreno caratterizzato da una medesima qualità urbanistica, e la densità fondiaria indica il volume massimo realizzabile su uno specifico lotto, in funzione della prima.

Ogni lotto di terreno edificabile esprime, o meglio possiede, dunque, una propria caratteristica “vocazione” o possibilità edificatoria che si esprime in termini di cubatura ammissibile, o consentita.

La cubatura che un terreno esprime o possiede può essere alienata o ceduta indipendentemente dalla alienazione o dalla cessione del terreno medesimo.

Questo perché deve riconoscersi che la cubatura (ossia, lo si ripete, la possibilità di edificare un determinato volume edilizio), pur se intrinsecamente collegata al terreno che la esprime, costituisce una utilità separata da questo, autonomamente valutabile e con una propria commerciabilità e patrimonalità.

La cubatura espressa dal terreno può, dunque, essere oggetto di un contratto di trasferimento con il quale il proprietario di un’area trasferisce a titolo oneroso parte delle sue possibilità edificatorie ad altro soggetto allo scopo di consentire a quest’ultimo di realizzare nell’area di sua proprietà, una costruzione di maggior volume, nel rispetto dell’indice di densità fondiaria .

Ed invero, la dinamica contrattuale della cessione comporta, intanto, come si è detto, che nessuno possa alienare più di quanto in effetti disponga (nemo plus iuris in alium transferre potest quam ipse habet), ma, anche, che nessuno possa ricevere di più di quanto la complessiva valutazione degli indici di zona gli consenta.

E’ tautologico che il lotto di terreno “ricevente” è sempre destinato a superare il volume ordinariamente in esso consentito (anche se in deroga rispetto agli indici ordinari), proprio per effetto dell’acquisto di cubatura da altro lotto, che, poi, non potrà più essere oggetto di edificazione. Sicché il sistema edificatorio di zona, sotto il profilo del volume complessivo, rimane integro.

E’ da chiedersi, coerentemente con le premesse, quale sia il limite di espansione del lotto acquirente.

Certamente è quello determinato dall’incremento di cubatura possibile in relazione agli altri indici limitativi, quali quelli di copertura e di altezza, che, relazionati tra loro, conferiscono il massimo assentibile.

A ben vedere, la detta soluzione consente di stabilizzare, concentrandolo in un unico lotto, quanto costruibile nei lotti vicini, sempre, però, con il rispetto della cubatura limitata non più dagli indici di zona riferiti al lotto (superabili proprio per effetto della cessione di volumetria), ma dagli altri indici (di copertura ed altezza), invece, non modificabili quale effetto dell’acquisto di cubatura.

Non può, quindi, ove vengano rispettati gli altri limiti appena menzionati, ritenersi condivisibile l’affermazione del Comune, secondo la quale la particolare cubatura consentita nel lotto intercluso impedirebbe un qualsiasi ulteriore incremento della stessa.

Né è corretta l’ulteriore affermazione, secondo la quale dalla cessione deriverebbe l’inapplicabilità dell’indice di fabbricabilità del lotto intercluso per il fondo “ricevente”, poiché, sommando la sua superficie a quella del fondo alienante, si giungerebbe ad una estensione pari a 1002 mq, maggiore di 1000, quale insuperabile limite consentito per configurare l’ipotesi, appunto, di lotto intercluso.

Invero, il fenomeno della cessione di cubatura non importa affatto un’estensione della superficie del fondo, che, quindi, rimane circoscritto nelle sue dimensioni originali e, quindi, nel caso di specie, a 852 mq.

Sicché, conclusivamente, l’acquisto in esame risulta errato non nel principio, ma solo perché, come chiarito, sovrabbondante rispetto a quanto acquisibile dal fondo confinante.

Per completezza, il Collegio ritiene di dover precisare che non sarebbe configurabile il caso inverso, di cessione dell’area derivante da un lotto intercluso rispetto ad un’area ordinaria, proprio perché verrebbe ad essere trasferita in una zona caratterizzata dai normali indici stabiliti dal P.R.G. una volumetria maggiore “caratteristica” di una specifica tipologia di lotto (appunto, quello intercluso). In altri termini, diversamente che nel caso in esame, verrebbe immotivatamente consentito il trasferimento in un lotto ordinario di un migliore parametro “straordinario” caratteristico di zona, in violazione del criterio di omogeneità che giustifica la cessione di cubatura e consentendo, di fatto, la “trasformazione” di una zona ordinaria in speciale, in assenza dei necessari requisiti urbanistici.

In questo caso, non si impedisce la cessione di cubatura in quanto tale, ma il trasferimento relazionato alla tipologia (ed agli indici più favorevoli) del lotto intercluso verso l’ordinaria (e con indici più bassi) tipologia fondiaria.

IV. Deriva, ulteriormente, la non condivisibilità del motivo di ricorso “subordinato”, secondo il quale sarebbe illegittimo l’art. 15.3.7 delle NTA, ove introduttivo di limitazioni, anche in deroga all’art. 42, comma 2, Cost., alla potenzialità costruttiva dei lotti interclusi e della proprietà privata.

Circostanza, questa, che, per quanto detto, non appare configurabile.

Conclusivamente, posto che il provvedimento impugnato è sostenuto da almeno una motivazione legittima, il ricorso va ritenuto infondato e, come tale, va rigettato.

La complessità della questione e la parziale condivisibilità delle ragioni espresse in ricorso inducono il Collegio a compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia, Sezione staccata di Catania, Sezione Prima, respinge il ricorso indicato in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 29 aprile 2010 con l'intervento dei Magistrati:

Vincenzo Zingales, Presidente
Salvatore Schillaci, Consigliere
Pancrazio Maria Savasta, Consigliere, Estensore

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/07/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
 



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