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TAR SICILIA, Palermo, Sez. II, 11 gennaio 2010, n. 275
DIRITTO DELL’ENERGIA - Art. 12 d.lgs. n. 387/2003 - Procedimento
autorizzativo - Indicazione del termine - Principio fondamentale in materia di
produzione, trasporto e distribuzione dell’energia - Regione Sicilia - Potestà
legislativa concorrente - Inerzia - Applicazione integrale dell’art. 12, d.lgs.
n. 387/2003 - Disciplina di dettaglio. L'indicazione del termine, contenuto
nell'art. 12, comma 4, del d.lgs. n. 387/2003 deve qualificarsi quale principio
fondamentale in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale
dell'energia», in quanto tale disposizione risulta ispirata alle regole della
semplificazione amministrativa e della celerità, garantendo, in modo uniforme
sull'intero territorio nazionale, la conclusione entro un termine definito del
procedimento autorizzativo (Corte Cost., 09 novembre 2006 , n. 364; cfr. anche,
Corte Cost., n. 166/2009, n. 282/2009, n. 339/2009, nn. 383 e 336/2005282; Corte
Cost., 30 dicembre 2009 n° 339). Inoltre, nella Regione Sicilia, rimasta ad oggi
inerte nell’esercizio della potestà legislativa concorrente in materia di
produzione di energia, nonchè rispetto al recepimento degli obblighi comunitari
derivanti dalla direttiva 2001/77/CE, l’art. 12 del d.lgs. n° 387/2003 si
applica integralmente anche per la disciplina di dettaglio, in ossequio all’art.
117, comma quinto, della Costituzione e agli artt. 11 e 16 della legge n°
11/2005, attuativa del dettato costituzionale da ultimo evocato (in termini
Cons. Stato, Adunanza Generale, 25/02/2002 n° 2). D.M. (avv. Cutaia) c.
Assessorato Regionale all’Industria (Avv. Stato). TAR SICILIA, Palermo, Sez.
II - 11 gennaio 2010, n. 275
DIRITTO DELL’ENERGIA - Art. 12 d.lgs. n. 387/2003 - Procedimento
autorizzativo - Termine - Inutile decorso - Violazione dell’art. 2, L. n. 241/90
- L. n. 69/2009. L’inutile decorso del termine di conclusione del
procedimento fissato dall’art. 12, c. 4 del d.lgs. n. 387/2003 è, altresì, in
contrasto con il generale dovere di concludere il procedimento mediante adozione
di un provvedimento espresso contemplato dall’art. 2 della legge n° 241/1990,
anche nel testo risultante dall’ultima novella legislativa di cui alla legge 18
giugno 2009 n° 69. D.M. (avv. Cutaia) c. Assessorato Regionale all’Industria
(Avv. Stato). TAR SICILIA, Palermo, Sez. II - 11 gennaio 2010, n. 275
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 00275/2010 REG.SEN.
N. 01935/2009 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo
Regionale per la Sicilia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 1935 del 2009, proposto da:
Daniele Monachino, rappresentato e difeso dall'avv. Alberto Cutaia, con
domicilio eletto presso l’avv. Armando Buttitta in Palermo, piazza S. Cuore 3;
contro
Assessorato Regionale All'Industria, in persona dell’Assessore pro tempore,
rappresentato e difeso, per legge, dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di
Palermo, domiciliata in Palermo, via A. De Gasperi 81;
per la declaratoria di illegittimità del
SILENZIO-RIFIUTO SU RICHIESTA RILASCIO AUTORIZZAZIONE PER LA REALIZZAZIONE DI UN
IMPIANTO FOTOVOLTAICO.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Assessorato Regionale
all'Industria;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 22 dicembre 2009 il Referendario
dott.ssa Francesca Aprile e uditi per le parti i difensori come specificato nel
verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Con ricorso ritualmente notificato e depositato, il sig. Daniele Monachino ha
adito questo Tribunale per sentire dichiarare l’illegittimità del silenzio
formatosi sull’istanza avanzata con nota del 07 maggio 2009, ricevuta in data 08
maggio 2009, con la quale il medesimo ha domandato il rilascio
dell’Autorizzazione unica prevista dall’art. 12 del d.lgs. n° 387/2003 per la
realizzazione di un impianto fotovoltaico da 200 Kw nel Comune di Favara (AG).
Si è costituita l’amministrazione regionale, con il patrocinio dell’Avvocatura
dello Stato di Palermo, che ha depositato la nota prot. n° 46790 del 20 novembre
2009, con cui l’Assessorato ha richiesto al ricorrente documentazione
integrativa: per tale ragione, la difesa erariale ha domandato la declaratoria
di improcedibilità del ricorso, o in subordine il rigetto vinte le spese.
Giova prendere le mosse dalla ricostruzione della natura e delle finalità
proprie del ricorso ai sensi dell’art. 21-bis della legge n° 1034/1971, come
autorevolmente tracciata in recenti pronunce del
Consiglio di Stato. In particolare, il Supremo Consesso, nel ripercorrere le
tappe salienti del rito
speciale accelerato introdotto dalla legge n° 205/2000 avverso l’inerzia non
qualificata della P.A., ha avuto modo di precisare che: “le novità introdotte
dal riformulato art. 2, co. 5, l. n. 241 cit., vanno individuate
nell'eliminazione della necessità della diffida all'amministrazione quale
condizione di proponibilità dell'azione ex art. 21-bis, l. n. 1034 cit.; nella
sostituzione del termine ordinario di sessanta giorni di decadenza per la
proposizione del ricorso ex art. 21-bis, con quello più lungo di un anno
decorrente dallo scadere del termine di conclusione del procedimento; nella
previsione che <<il giudice amministrativo può conoscere della fondatezza della
pretesa>>; nella possibilità, infine, di reiterare l'istanza ove ne ricorrano i
presupposti. Per quel che concerne la previsione che <<il giudice amministrativo
può conoscere della fondatezza della pretesa>>, la giurisprudenza ha chiarito
che la norma attribuisce al giudice un potere da esercitarsi nell'ambito di un
rito speciale improntato ad esigenze di snellezza; non obbliga ma facoltizza il
giudice a conoscere della fondatezza della pretesa, senza autorizzarlo a
sostituirsi in via diretta alla p.a. adottando il provvedimento richiesto; la
cognizione sulla fondatezza dell'istanza può sfociare in un accertamento
negativo per il richiedente. La norma in commento non ha inteso istituire una
ipotesi senza confini di giurisdizione di merito ma, più limitatamente, ha
attribuito al giudice, nei limiti della propria preesistente giurisdizione di
legittimità o esclusiva (cfr. sul punto, dopo la l. n. 80 del 2005, Cons. Stato,
sez. V, 9 ottobre 2006, n. 6003), uno strumento processuale ulteriore nella
stessa logica acceleratoria del contenzioso che ha ispirato l'intervento
riformatore del 2000” (Cons. Stato, sez. IV, 12 maggio 2008 n° 2159).
Nel caso di specie, l’istanza del ricorrente è rimasta inesitata ben oltre il
termine previsto dall’art. 12 del d. lgs. n° 387/2003 sia per la convocazione
della conferenza di servizi, sia per la conclusione del procedimento.
Infatti, il menzionato art. 12, recante “razionalizzazione e semplificazione
delle procedure autorizzative”, ai commi terzo e quarto, espressamente
stabilisce che: “La costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di
energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica,
potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti
dalla normativa vigente, nonché le opere connesse e le infrastrutture
indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, sono
soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o dalle province
delegate dalla regione, nel rispetto delle normative vigenti in materia di
tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio
storico-artistico, che costituisce, ove occorra, variante allo strumento
urbanistico. A tal fine la Conferenza dei servizi è convocata dalla regione
entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di autorizzazione. [...]
4. L'autorizzazione di cui al comma 3 è rilasciata a seguito di un procedimento
unico, al quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate, svolto nel
rispetto dei principi di semplificazione e con le modalità stabilite dalla legge
7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e integrazioni. Il rilascio
dell'autorizzazione costituisce titolo a costruire ed esercitare l'impianto in
conformità al progetto approvato e deve contenere l'obbligo alla rimessa in
pristino dello stato dei luoghi a carico del soggetto esercente a seguito della
dismissione dell'impianto o, per gli impianti idroelettrici, l’obbligo alla
esecuzione di misure di reinserimento e recupero ambientale. Il termine massimo
per la conclusione del procedimento di cui al presente comma non può comunque
essere superiore a centottanta giorni”.
In più occasioni, la Corte Costituzionale ha avuto modo di chiarire che
“l'indicazione del termine, contenuto nell'art. 12, comma 4, deve qualificarsi
quale principio fondamentale in materia di «produzione, trasporto e
distribuzione nazionale dell'energia», in quanto tale disposizione risulta
ispirata alle regole della semplificazione amministrativa e della celerità
garantendo, in modo uniforme sull'intero territorio nazionale, la conclusione
entro un termine definito del procedimento autorizzativo (cfr. sentenze n. 383 e
n. 336 del 2005)” (Corte Cost., 09 novembre 2006 , n. 364; cfr. anche, Corte
Cost., 29 maggio 2009, n. 166; Corte Cost., 06 novembre 2009 n° 282; Corte
Cost., 30 dicembre 2009 n° 339).
Inoltre, nella Regione Sicilia, rimasta ad oggi inerte nell’esercizio della
potestà legislativa concorrente in materia di produzione di energia, nonchè
rispetto al recepimento degli obblighi comunitari derivanti dalla direttiva
2001/77/CE, l’art. 12 del d.lgs. n° 387/2003 si applica integralmente anche per
la disciplina di dettaglio, in ossequio all’art. 117, comma quinto, della
Costituzione e agli artt. 11 e 16 della legge n° 11/2005, attuativa del dettato
costituzionale da ultimo evocato (in termini Cons. Stato, Adunanza Generale,
25/02/2002 n° 2).
L’inutile decorso del termine di conclusione del procedimento fissato dalla
fonte normativa sopra riportata è, altresì, in contrasto con il generale dovere
di concludere il procedimento mediante adozione di un provvedimento espresso
contemplato dall’art. 2 della legge n° 241/1990, anche nel testo risultante
dall’ultima novella legislativa di cui alla legge 18 giugno 2009 n° 69.
Non pare a questo Collegio potersi attagliare al caso in esame la giurisprudenza
amministrativa, pur maggioritaria, in base alla quale l’atto sopravvenuto,
emesso dall’amministrazione nelle more del rito di cui all’art. 21-bis L.
1034/1971, determina l’improcedibilità del ricorso avverso il silenzio, stante
la natura meramente interlocutoria dell’atto nella specie adottato, come tale
insuscettibile di assolvere all’obbligo di conclusione del procedimento.
Laddove si dovesse addivenire ad un esito estintivo del giudizio per
improcedibilità anche nei casi in cui l’amministrazione, lungi dall’esercitare
il potere disponendo, con l’atto sopravvenuto, l’assetto di interessi concreto
(in senso satisfattivo o meno), si limitasse a mere richieste interlocutorie o
integrative, comunque al di fuori dei termini legali per l’istruttoria
procedimentale, si vanificherebbe il principio costituzionale di effettività
della tutela giurisdizionale garantito dagli artt. 24, 103 e 113 Cost..
Del resto, se un qualche effetto utile deve riconnettersi alla novella
introdotta dalla legge n° 80/2005, che ha espressamente sancito il potere del
giudice amministrativo di sindacare la fondatezza della pretesa in sede di
giudizio sul silenzio-rifiuto, va riconosciuto che, quanto meno per la verifica
della permanenza dell’interesse a ricorrere e delle condizioni dell’azione,
sussistono i presupposti per l’esercizio di tale potere di sindacato sia pure ai
limitati fini della qualificazione dell’atto sopravvenuto come integrante
esercizio di potestà pubblica o tuttalcontrario di natura meramente
interlocutoria endoprocedimentale (in termini, nel senso che la novella della L.
n° 80/2005 abbia determinato l’ampliamento dell’oggetto del giudizio sul
silenzio, CGA, sentenza 04/11/2005 n° 726; anche l’orientamento
giurisprudenziale richiamato in incipit, ammette, comunque, che il G.A. possa
conoscere della natura satisfattiva o meno del provvedimento sopravvenuto - ove
lo stesso sia effettivamente conclusivo del procedimento - ai fini dell’opzione
per la declaratoria di estinzione del giudizio tra la cessazione della materia
del contendere e l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse: tra le
tante, vds. Cons. Stato, IV, 10 ottobre 2007 n° 5311).
A ciò consegue il rigetto dell’eccezione di improcedibilità del ricorso
sollevata dalla difesa dell’amministrazione intimata.
Il ricorso è, pertanto, fondato e va accolto nei limiti della declaratoria
dell’obbligo di provvedere della P.A. sull’istanza di Autorizzazione unica del
ricorrente, nel termine di trenta giorni dalla comunicazione o notificazione
della presente sentenza (confome Tar Palermo, II, n° 1757/2009; idem, n°
642/2009).
Non può essere accolta, conformemente al consolidato indirizzo giurisprudenziale
sopra richiamato, la domanda volta all’accertamento della fondatezza della
pretesa, sotto il profilo della determinazione del contenuto del provvedimento
che l’amministrazione è tenuta ad adottare, a ciò ostando la natura
discrezionale delle valutazioni implicate all’adozione del chiesto provvedimento
e la mancanza, de iure condito, di norma attributiva al giudicante dello
specifico potere di condannare l’amministrazione all’adozione di un
provvedimento a contenuto determinato in sede giurisdizionale.
Per le suesposte ragioni, il ricorso va accolto nei sensi sopra precisati.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in favore del ricorrente nella
misura di euro millecinquecento/00, oltre IVA e CPA come per legge.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia, Palermo, Sezione seconda,
definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso in epigrafe nei sensi di cui
in motivazione e, per l’effetto, ordina
all’amministrazione intimata di adottare un provvedimento espresso sull’istanza
di Autorizzazione unica ricevuta in data 08 maggio 2009, entro il termine di
trenta giorni dalla comunicazione o notificazione della presente sentenza.
Condanna l’amministrazione regionale alla rifusione delle spese ed onorari del
giudizio nella misura di euro millecinquecento/00, oltre IVA e CPA come per
legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 22 dicembre 2009 con
l'intervento dei Magistrati:
Nicolo' Monteleone, Presidente
Cosimo Di Paola, Consigliere
Francesca Aprile, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/01/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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