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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
TAR SICILIA, Palermo, Sez. I, 20 gennaio 2010, n. 583
DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO - Sospensione in sede cautelare degli
effetti di un provvedimento - Adeguamento dell’amministrazione - Improcedibilità
del ricorso o cessazione della materia del contendere - Inconfigurabilità -
Ragioni. Nel caso in cui il giudice amministrativo abbia sospeso in sede
cautelare gli effetti di un provvedimento e l'amministrazione si sia adeguata
con un atto consequenziale al contenuto dell'ordinanza cautelare, non è
configurabile l'improcedibilità del ricorso o la cessazione della materia del
contendere, atteso che l'adozione non spontanea dell'atto consequenziale, con
cui l'amministrazione dà esecuzione all'ordinanza di sospensione degli effetti
di un provvedimento, non comporta la révoca del precedente provvedimento sospeso
ed ha una rilevanza provvisoria, in attesa che la sentenza di merito accerti se
il provvedimento sospeso sia o meno legittimo, salvo il caso in cui il contenuto
della motivata ordinanza cautelare sia tanto condiviso dall'amministrazione da
indurre questa a ritirare il precedente provvedimento già sospeso, sostituendolo
con un nuovo atto, senza attendere il giudicato sul suo prevedibile annullamento
(C.d.S., Sez. IV, 5.8.2005, n. 4165; cfr. poi, in termini, C.G.A, nn. 478 e 479
del 25.5.2009; T.A.R. Lombardia Brescia, Sez. I, 30 luglio 2008 , n. 843 T.A.R.
Lazio Roma, Sez. II, 07 settembre 2006, n. 8092). Pres. f.f. Maisano, Est.
Tomaiuoli - Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della
Protezione Civile e altro (Avv. Stato) c. Assessorato Regionale del territorio e
dell’ambiente della Regione Sicilia (avv.ti Arcadipane, Cordovana e Spedale) e
Comune di Lampedusa e Linosa (avv. Parlato) - TAR SICILIA, Palermo, Sez. I -
20 gennaio 2010, n. 583
VIA - AREE PROTETTE - Progetti assoggettati a VIA interessanti P-SIC, SIC o
ZPS - Valutazione di incidenza - Assorbimento nell’ambito della procedura di VIA
- Art. 5, c. 4 d.P.R. n. 357/97. Ai sensi dell’art. 5, c. 4 del d.P.R. n.
357/1997, per i progetti assoggettati a procedura di valutazione di impatto
ambientale che interessano proposti siti di importanza comunitaria, siti di
importanza comunitaria e zone speciali di conservazione, la valutazione di
incidenza è ricompresa nell'ambito della procedura di V.I.A., che, in tal caso,
considera anche gli effetti diretti ed indiretti dei progetti sugli habitat e
sulle specie per i quali detti siti e zone sono stati individuati. (cfr. C.d.S.,
Sez. VI, 22 novembre 2006, n. 6831). Pres. f.f. Maisano, Est. Tomaiuoli -
Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Protezione Civile e
altro (Avv. Stato) c. Assessorato Regionale del territorio e dell’ambiente della
Regione Sicilia (avv.ti Arcadipane, Cordovana e Spedale) e Comune di Lampedusa e
Linosa (avv. Parlato) - TAR SICILIA, Palermo, Sez. I - 20 gennaio 2010, n.
583
VIA - Atti di autorizzazione o approvazione non preceduti da VIA - Sanzione
della nullità - Art. 4, ultimo comma, d.lgs. n. 152/2006 - Disciplina ante e
post novella ex d.lgs. n. 3/2008. Mentre il legislatore del 2006 all’art. 4,
ult. comma del Codice dell’Ambiente, aveva previsto la più grave sanzione della
nullità degli atti di autorizzazione od approvazione non preceduti dalla VIA,
con l’art. 1, comma 3 del D.Lg.vo 16.1.2008 n. 3, che ha modificato il citato
art. 29 del D. Lg.vo 152/2006, si è tornati all’inquadramento della violazione
di legge in esame nella generale categoria dell’annullamento (per la “sola”
annullabilità, prima dell’entrata in vigore del Codice dell’Ambiente, si era già
espresso C.d.S, Sez. VI, 3 marzo 2006, n. 1023). Pres. f.f. Maisano, Est.
Tomaiuoli - Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della
Protezione Civile e altro (Avv. Stato) c. Assessorato Regionale del territorio e
dell’ambiente della Regione Sicilia (avv.ti Arcadipane, Cordovana e Spedale) e
Comune di Lampedusa e Linosa (avv. Parlato) - TAR SICILIA, Palermo, Sez. I -
20 gennaio 2010, n. 583
VIA - Procedimento - Natura - Mezzo preventivo di tutela ambientale - VIA
postuma alla realizzazione dell’opera - Illegittimità. Il procedimento di
valutazione di impatto ambientale è per sua natura e configurazione normativa un
mezzo preventivo di tutela dell'ambiente, che si svolge prima rispetto
all'approvazione del progetto (il quale deve essere modificato secondo le
prescrizioni intese ad eliminare o ridurre l'incidenza negativa dell’opera
progettata) e conseguentemente prima della realizzazione dell’opera
(fisiologicamente successiva all’approvazione del progetto). La natura
ontologicamente preventiva della V.I.A. è costantemente affermata tanto dalla
giurisprudenza comunitaria (cfr. Corte Giustizia CE, Sez. II, 03 luglio 2008,
nella causa C-215/06, nonché Corte Giustizia CE, Sez. II, 05 luglio 2007, nella
causa C-255/05), quanto da quella nazionale (T.A.R. Liguria Genova, Sez. I, 15
giugno 2006, n. 563; nonché T.A.R. Puglia Bari, Sez. I, 10 aprile 2008 , n. 894;
T.A.R. Liguria Genova, Sez. I, 16 febbraio 2008, n. 306; T.A.R. Lombardia
Brescia, Sez. I, 11 agosto 2007, n. 726). Ne consegue che una VIA postuma
all’autorizzazione dell’opera e allo svolgimento dei lavori deve considerarsi
illegittima, perché adottata in violazione dei precetti comunitari (dr. 85/337)
e nazionali (artt. 3 ter e 29 del d.lgs. n. 152/2006) improntati al principi di
precauzione e prevenzione dell’azione ambientale. Pres. f.f. Maisano, Est.
Tomaiuoli - Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della
Protezione Civile e altro (Avv. Stato) c. Assessorato Regionale del territorio e
dell’ambiente della Regione Sicilia (avv.ti Arcadipane, Cordovana e Spedale) e
Comune di Lampedusa e Linosa (avv. Parlato) - TAR SICILIA, Palermo, Sez. I -
20 gennaio 2010, n. 583
VIA - Amministrazione preposta al giudizio di compatibilità - Pronuncia
successiva alla realizzazione delle opere - Obbligatorietà - Esclusione. In
linea di principio, l’Amministrazione preposta al giudizio di compatibilità
ambientale non può considerarsi tenuta ad esprimere tale giudizio dopo l’inizio
delle opere. Pres. f.f. Maisano, Est. Tomaiuoli - Presidenza del Consiglio dei
Ministri - Dipartimento della Protezione Civile e altro (Avv. Stato) c.
Assessorato Regionale del territorio e dell’ambiente della Regione Sicilia
(avv.ti Arcadipane, Cordovana e Spedale) e Comune di Lampedusa e Linosa (avv.
Parlato) - TAR SICILIA, Palermo, Sez. I - 20 gennaio 2010, n. 583
VIA - Giudizio di compatibilità ambientale negativo - Interventi o progetti
oggetto di verifica - realizzabilità in funzione di eccezionali motivi di
interesse pubblico - Art. 5, cc. 9 e 10 d.P.R. n. 357/97 - Art. 1, ult. comma,
D.M. 17/10/2007 - Ponderazione e giudizio di prevalenza - Soggetti preposti
all’autorizzazione dell’opera. Anche a fronte di un giudizio di
compatibilità ambientale negativo, gli interventi o i progetti oggetto di
verifica possono comunque essere “autorizzati”, laddove ricorrano quei pregnanti
ed eccezionali motivi di interesse pubblico espressamente indicati dal
legislatore (cfr.art. 5, cc. 9 e 10 del d.P.R. n. 357/97 e art. 1, ultimo comma,
D.M. 17/10/2007). La ponderazione ed il giudizio di prevalenza degli interessi
de quibus intervengono in un momento successivo al giudizio negativo di
compatibilità ambientale e gravano sui soggetti preposti all’autorizzazione
dell’opera, soggetti che, acquisita la previa VIA negativa, sono chiamati a
vagliare ed esternare le eccezionali e prevalenti ragioni pubbliche (per come
tipizzate dal legislatore) che eventualmente impongano comunque la realizzazione
dell’intervento. Pres. f.f. Maisano, Est. Tomaiuoli - Presidenza del Consiglio
dei Ministri - Dipartimento della Protezione Civile e altro (Avv. Stato) c.
Assessorato Regionale del territorio e dell’ambiente della Regione Sicilia
(avv.ti Arcadipane, Cordovana e Spedale) e Comune di Lampedusa e Linosa (avv.
Parlato) - TAR SICILIA, Palermo, Sez. I - 20 gennaio 2010, n. 583
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 00583/2010 REG.SEN.
N. 02125/2007 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo
Regionale per la Sicilia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 2125 del 2007, integrato da motivi
aggiunti, proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento
della Protezione Civile, in persona del legale rappresentante p.t., e dal
Commissario pro tempore delegato per l’emergenza nell’isola di Lampedusa,
entrambi rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso
i cui uffici domiciliano per legge in Palermo, via A. De Gasperi n. 81;
contro
Assessorato Regionale del territorio e dell’ambiente della Regione Sicilia, in
persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli Avv.
Michele Arcadipane, Caterina Rosaria Cordovana, Francesca Spedale, con domicilio
eletto presso l’Ufficio legislativo e legale della Regione siciliana sito in
Palermo, Via Caltanisetta n. 2/C; Comune di Lampedusa e Linosa, in persona del
Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'Avv. Gaetana Rita Parlato, con
domicilio eletto presso il suo studio sito in Palermo, via Noto n.12;
nei confronti di
Associazione Legambiente, Comitato Regionale Siciliano Onlus, in persona del
legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. Nicola Giudice, con
domicilio eletto presso il suo studio sito in Palermo, via M. D'Azeglio n. 27/C;
Edilmeccanica G. Campione S.r.l. - Agrigento;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
con ricorso principale:
- della nota ARTA – Dipartimento Territorio e Ambiente - Servizio 2 VAS VIA U.O.
impianti per la gestione dei rifiuti ed opere idrauliche – n.57368 del 31/7/2007
con la quale è stato negato il giudizio di compatibilità ambientale ex art.5 DPR
12/4/96 e ss.mm.ii.;
- della valutazione di incidenza ex art.5 DPR 357/97 e ss.mm.ii.;
- della nota presupposta n.55/07 dell’11/7/2007 dell’Associazione Legambiente
quale ente gestore del RNO “Isola di Lampedusa”;
- dell’eventuale determinazione comunale di rilocalizzazione del sito di
stoccaggio;
con ricorso per motivi aggiunti:
- della nota ARTA Dipartimento Territorio e Ambiente Servizio 2 VAS VIA U.O.
n.671 del 14/7/08, con cui si è espresso giudizio negativo di compatibilità
ambientale, ex DPR 12/4/96 e ss.mm.ii, sul progetto per la realizzazione di un
impianto di stoccaggio di relitti ed imbarcazioni, da realizzarsi sull'isola di
Lampedusa e si è onerato il ricorrente di trasmettere il progetto di ripristino
ambientale;
- della nota ARTA 22/1/2007 n.4488 che dispone la sottoposizione del progetto a
VIA e valutazione di incidenza;
- della nota ARTA 21/12/2007, contenente parere negativo interlocutorio;
- del parere negativo espresso dall'Ente Gestore "Legambiente";
- del rapporto istruttorio 8/7/2008 n.1211 redatto dall'U.O. Impianti per la
gestione dei rifiuti ed opere idrauliche.
Visto il ricorso ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Assessorato Regionale del Territorio
e dell'Ambiente;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Lampedusa e Linosa;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Associazione. Legambiente-Ente
Gestore Rno Isola di Lampedusa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 ottobre 2009 il dott. Pier Luigi
Tomaiuoli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con ricorso ritualmente notificato alle Amministrazioni resistenti ed ai
controinteressati di cui in epigrafe la Presidenza del Consiglio dei Ministri ed
il Commissario pro tempore delegato per l’emergenza nell’isola di Lampedusa,
premesso che gli atti impugnati afferiscono alla localizzazione ed utilizzazione
dell’area destinata allo stoccaggio dei relitti delle imbarcazioni utilizzate
per il trasporto di immigrati clandestini; che con OPCM n. 3350 del 16.4.2004 il
Commissario delegato era stato incaricato di provvedere all’individuazione di
un’area idonea per lo stoccaggio anche avvalendosi dei poteri derogatori di cui
all’art. 5 della medesima ordinanza, il tutto per fronteggiare lo stato di
emergenza dichiarato con DPCM del 23.12.2003 e prorogato con DPCM del
27.10.2006; che l’art. 6 della detta OPCM aveva previsto che per la
realizzazione del sito fossero impiegate determinate risorse a carico della
Regione Siciliana; che l’area da utilizzare, individuata nel NCEU al foglio 6,
part. 13, estesa mq 5.000 e adiacente ad esistente discarica, era stata
assegnata dal Sindaco del Comune di Lampedusa e Linosa con ordinanza n. 83
4.6.2004, ed in esecuzione di apposito provvedimento commissariale n. 31/04 era
stata votata al fine in questione; che era seguita l’approvazione di variante al
piano di fabbricazione dell’isola di Lampedusa adottata con delibera consiliare
n. 38/04 per modificare la zona interessata allo stoccaggio da classe E a classe
F; che sull’area in esame insistono vincoli ex lege 1479/39, paesaggistico ex
D.A. 12/7/83 ed idrogeologico ex R.D. 3267/23; che, all’esito di apposita
selezione, le opere di realizzazione erano state aggiudicate alla Edilmeccanica
s.r.l.; che con ordinanza 3410/2005 erano state previste deroghe alla disciplina
di cui al piano regionale di gestione dei rifiuti ed alle modalità di consegna
dei lavori; che in data 4.9.06 si era convenuto di procedere alla convocazione
di una conferenza dei servizi ex art. 14 ter L. 241/90 come derogato dall’art. 5
dell’OPCM 3305/04 con la partecipazione di tutte le Amministrazioni preposte al
rilascio delle necessarie autorizzazioni e cioè il Commissario Delegato, la
Soprintendenza ai Beni Culturali ed Ambientali, l’Ispettorato Dipartimentale
delle Foreste, l’ARTA ed in particolare il servizio VIA VAS; che, trasmessi in
data 7.9.2006 a tutti i partecipanti gli elaborati progettuali, la conferenza si
era tenuta il successivo 3 ottobre con l’effettiva partecipazione del RUP, della
D.L., dell’impresa, del Dirigente della DRPC di Agrigento, mentre l’Ispettorato
delle Foreste aveva richiesto integrazioni documentali comunicando la propria
indisponibilità alla partecipazione; che, trasmesso indi a tutti i soggetti il
verbale della conferenza dei servizi, il 17 ottobre si era provveduto alla
consegna dei lavori in via d’urgenza; che in data 5.4.07 l’ARTA aveva comunicato
la necessità di “produrre Valutazione di impatto ambientale e valutazione di
incidenza, ricadendo l’intervento in un’area ricompresa all’interno del SIC ITA
04002 Isola di Lampedusa e Linosa”; che pertanto il Commissario, in data
31.5.2007, aveva provveduto all’invio di tutta la documentazione necessaria
comprensiva dello studio per VIA; che si era proceduto alla sospensione dei
lavori con decorrenza 1.6.2007 ed in data 26 giugno era crollato un breve tratto
di muro di confine per circa 40 mt., a causa della cattiva manutenzione delle
opere ed alla scarsa qualità dei materiali utilizzati; che, a seguito del
crollo, i Vigili Urbani di Lampedusa avevano provveduto al sequestro dell’area;
che già alcuni giorni prima l’Ente Gestore della Riserva aveva richiesto al
Commissario alcune integrazioni allo studio VIA già prodotto, integrazioni
rimesse in data 19 luglio, allorquando la direzione dei lavori aveva richiesto
al Comune di Lampedusa il dissequestro dell’area; che il successivo 31 luglio l’ARTA
aveva adottato il provvedimento impugnato, “vista la nota di Legambiente del
giorno 11 luglio con la quale si comunicava che parte delle opere in oggetto
erano state già realizzate”; che al non liquet sull’istanza dei ricorrenti
l’Amministrazione regionale aveva accompagnato anche l’ordine di ripristino del
sito; tutto quanto sopra premesso, ha impugnato i provvedimenti di cui in
epigrafe lamentandone l’illegittimità per: 1) violazione e falsa applicazione
dell’art. 5 DPR 357/97 e ss.mm.ii. in relazione all’art. 91, comma 6 L.R. 6/01 –
violazione dell’art. 3 L. 241/90 e della L.R. 10/91 – travisamento dei fatti e
motivazione insussistente: per i progetti assoggettati a VIA che interessano i
siti di importanza comunitaria, ZPS e ZSC, la valutazione di incidenza è
ricompresa nella procedura di VIA, sicché oggetto di valutazione è un unico
progetto, regolarmente presentato dal Commissario Delegato; 2) ulteriore
violazione e falsa applicazione delle norme di cui alla precedente rubrica –
violazione e falsa applicazione dei principi generali in materia di attività
procedimentalizzata – incompetenza- carenza assoluta di motivazione, poiché il
provvedimento dell’Amministrazione regionale si risolve in un vero e proprio
illegittimo rifiuto di esercitare le funzioni conferitele dalla legge, a nulla
rilevando che l’opera da assentire sia già stata iniziata in forza di
provvedimento normativo d’urgenza; 3) violazione e falsa applicazione delle
direttive 409/CEE e 93/43/CEE e del DPR 357/97 sotto altro profilo – ulteriore
difetto assoluto di pertinente motivazione - travisamento: la normativa
comunitaria prevede che, anche laddove la VIA non fornisca la certezza che
l’opera non pregiudicherà il sito interessato, essa può essere ugualmente
realizzata laddove richiesto da imperative ragioni di rilevante interesse
pubblico, a condizione che lo Stato adotti ogni misura compensativa necessaria a
tutelare il sito; 4) ulteriore violazione dell’art. 5 DPR 357/97 – motivazione
carente e contraddittoria – difetto assoluto di istruttoria – incompetenza –
sviamento dalla causa tipica: il provvedimento impugnato rinvia senza alcuna
motivata valutazione alla nota di Legambiente, organo gestore della RNO, mentre
l’art.5 del DPR 120/03 dispone semplicemente che tale organo debba essere
sentito in corso di VIA, effettuata direttamente dal proponente; 5) violazione e
falsa applicazione dell’art. 5, comma 6 del DPR 357/97 e ss.mm.ii. – violazione
dell’obbligo di non aggravare il procedimento – travisamento dei fatti ed
erroneità dei presupposti – contraddittorietà con precedenti manifestazioni ed
illogicità manifesta: l’art. 5, comma 6 del DPR 357/97 prevede che l’Autorità
chiamata ad effettuare le verifiche sulla VIA possa chiedere una sola volta
integrazioni del progetto ed all’esito debba valutare l’avvenuto adeguamento
dello stesso alle indicazioni fornite, non certo che possa rifiutare di
esercitare la funzione attribuitale dalla legge; 6) incompetenza assoluta –
eccesso di potere per ulteriore sviamento dalla causa tipica, non avendo
l’Amministrazione resistente (ed in particolare il dirigente della singola unità
operativa dell’Assessorato) il potere di ordinare il ripristino ambientale ante
operam del sito di progetto; 7) violazione e falsa applicazione dell’art. 14 ter
L. 241/90 – ulteriore violazione e falsa applicazione dell’art. 5, comma 6 del
DPR 357/97 e ss.mm.ii.. – ulteriore illogicità manifesta – ulteriore difetto di
motivazione – illegittimità derivata, non potendo il Servizio VIA-VAS richiedere
un parere a soggetti terzi quale l’ente gestore e non potendo ignorare l’apporto
integrativo e documentale richiesto e fornito dal Commissario delegato; 8)
illegittimità derivata- eccesso di potere per assoluto difetto di istruttoria –
sviamento dalla causa tipica e inammissibile travisamento dei fatti: nella nota
endoprocedimentale posta alla base dell’atto impugnato l’ente gestore assume
erroneamente che gran parte dei lavori erano stati realizzati senza acquisire le
previe autorizzazioni di legge, mentre era stata indetta una conferenza di
servizi cui erano state invitate tutte le Amministrazioni interessate e
nell’ambito della quale non si erano registrate opposizioni da alcuna di esse
(il Corpo Forestale, peraltro, aveva fatto pervenire espresso nulla osta),
inoltre i lavori realizzati corrispondevano solo al 10% di quelli previsti in
progetto (rispetto ai quali erano assolutamente conformi) ed il crollo era da
imputare semplicemente ad una realizzazione non ad opera d’arte; 9) eccesso di
potere per contraddittorietà, avendo l’ente gestore da un lato affermato di non
potere rendere alcun parere sui lavori in quanto già realizzati e dall’altro
rilevato l’esistenza di evidenti difformità tra i lavori eseguiti e le
previsioni progettuali; 10) carenza assoluta di istruttoria, ulteriore
contradditorietà ed illogicità manifesta, poiché il parere dell’ente gestore non
tiene in considerazione il fatto che la localizzazione dell’area era avvenuta
con la piena e leale collaborazione del Comune di Lampedusa, il quale Comune
aveva provveduto ad adottare a tale specifico fine una variante al PDF; 11)
eccesso di potere per contraddittorietà manifesta – difetto assoluto di
motivazione, violazione dell’art. 10 L. 241/90 e L.R. 10/91 – illegittimità
derivata e sviamento: solo in via prudenziale si contestano eventuali e
sconosciuti provvedimenti adottati da parte del Comune ipoteticamente volti a
modificare la localizzazione concordata con l’Amministrazione ricorrente, in
quanto violativi dell’obbligo di leale collaborazione e cooperazione gravante su
tutte le Amministrazioni nazionali al fine di adempiere agli obblighi di matrice
comunitaria; 12) violazione e falsa applicazione dell’art. 10 bis L. 241/90, non
avendo l’Amministrazione resistente comunicato alla ricorrente i motivi ostativi
all’accoglimento della domanda, peraltro in presenza di precedenti
determinazioni favorevoli ancorchè parziali e di un provvedimento conclusivo con
connotazioni anche sanzionatorie; la parte ricorrente ha poi spiegato nei
confronti dell’Amministrazione regionale e di Legambiente domanda di
risarcimento dei danni subiti, quantificati in misura non inferiore a 2 milioni
di euro e derivanti dai costi di smaltimento e di realizzazione della struttura
realizzata, nonché dagli oneri sostenuti per gli appalti affidati e per la
gestione del personale.
Si è costituita l’Assessorato regionale del territorio e dell’ambiente della
Regione siciliana, eccependo in primo luogo che tra i poteri conferiti al
Commissario delegato con l’O.P.C.M. n. 3350 del 16.4.2004 vi è quello di
provvedere “all’individuazione di un’area idonea per lo stoccaggio dei rifiuti”
al sol fine di realizzare un deposito, non l’autorizzazione alla realizzazione
di una discarica di rifiuti; che tra le norme derogabili da parte del
Commissario l’art. 5 dell’O.P.C.M. non contempla alcuna disposizione del
cosiddetto Decreto Ronchi, né la normativa statale o regionale in materia di
valutazione d’impatto ambientale e di valutazione d’incidenza; che è indubbia la
ricomprensione della valutazione d’incidenza nella valutazione d’impatto
ambientale per i progetti ricadenti in siti d’importanza comunitaria (S.I.C.),
proposti siti d’importanza comunitaria (P.S.I.C.) e zone di protezione speciale
o zone speciali di conservazione (Z.P.S.); che laddove è prevista la VIA la
conferenza di servizi può esprimersi solo dopo avere acquisto la valutazione
medesima; che l’ARTA non aveva richiesto un’integrazione documentale con la nota
del 22 gennaio, né aveva espresso un primo avviso parziale con la nota del
5.4.2007, tanto è vero che la richiesta di giudizio di compatibilità ambientale
ed il relativo (ed incompleto) studio erano stati presentati dal Commissario
delegato solo in data 1 giugno 2007; che la VIA, regolata nella regione
siciliana dall’art. 91 L.R. 3.5.2001 n. 6, in attuazione del D.P.R. 12.4.1996,
per come modificato dal D.P.C.M. 3 settembre 1999, è atto di autorizzazione
necessariamente preventivo alla realizzazione delle opere; che sia la direttiva
comunitaria habitat (92/43/CEE) sia la L. 357/1997 prevedono la possibilità di
realizzare straordinariamente un intervento per motivi imperativi di rilevante
interesse pubblico, ma ciò può avvenire solo a seguito di conclusioni negative
della valutazione di incidenza e solo “in mancanza di soluzioni alternative
possibili”, dandone comunicazione al Ministero dell’Ambiente e della tutela del
territorio e, tramite esso, alla Commissione Europea, ferma restando ex art. 4,
comma 5 del D.L.vo 165/2006 la nullità degli atti amministrativi di approvazione
o autorizzazione di una opera o di un progetto privi del presupposto della
preventiva valutazione d’impatto ambientale obbligatoria; che in ogni caso
l’esito del provvedimento impugnato non avrebbe potuto essere diverso, poiché i
lavori realizzati sono già difformi da quelli progettati, il che impone la
previa rimessione in pristino dei luoghi oggetto di valutazione; che l’art. 6
dell’O.P.C.M. del 16 aprile 2004 prevede che gli oneri derivanti dall’attuazione
dell’ordinanza sono “a valere sulle risorse a carico del bilancio della
Regione”; tutto quanto sopra premesso, ha concluso per il rigetto del ricorso
avversario.
Si è costituito anche il Comune di Lampedusa e Linosa, eccependo che con
ordinanza 16 aprile 2004 n. 3350 era stato nominato il Commissario delegato per
l’emergenza e la crisi ambientale dell’Isola di Lampedusa; che con nota dell’11
maggio 2004 n. 18 il predetto Commissario aveva chiesto l’assegnazione di
un’area idonea per lo stoccaggio dei relitti delle imbarcazioni utilizzate dagli
immigrati clandestini approdanti sull’Isola; che il Comune, ritenendo
l’operazione di stoccaggio necessaria ed urgente, anche al fine di procedere ad
uno stabile disinquinamento del porto, con determinazione sindacale del 4 giugno
2004 n. 83 aveva messo a disposizione del Commissario la superficie di area
comunale sita in contrada Taccio Vecchio di Lampedusa, iscritta in catasto al
foglio 6, part. 13, per una estensione di mq 5.000; che con successiva nota del
18.10.2004 l’Ufficio Tecnico – Settore Urbanistica aveva attestato che l’are in
questione ricade in zona agricola E, sottoposta a vincolo paesaggistico ex L. n.
1497/39 ed a vincolo idrogeologico ex R.D. n. 3267/2; che pertanto il Consiglio
Comunale di Lampedusa con deliberazione n. 38 del 26.11.2004 aveva apportato una
variante al programma di fabbricazione, modificando la sua classificazione da
zona E a zona F; che il Dipartimento della Protezione Civile aveva quindi
affidato l’esecuzione dei lavori all’impresa Edilmeccanica di Agrigento; che con
nota 26.6.2007 Legambiente, in qualità di soggetto gestore della riserva
naturale “Isola di Lampedusa”, aveva reso noto che nel cantiere in questione
alcune opere erano crollate; che in data 27.6.2007 il Comando di Polizia
Municipale dell’Amministrazione comunale aveva proceduto al sequestro dell’area;
che il Direttore dei Lavori aveva rappresentato al Sindaco del Comune di
Lampedusa la disponibilità dell’impresa affidataria delle opere a demolire e
ricostruire la parte del manufatto crollato; che nel frattempo l’Ente Gestore
aveva comunicato la propria intenzione di non fornire un parere sul progetto
delle opere in questione; che l’Amministrazione Comunale, al fine di eliminare
le conseguenze dannose del cedimento, aveva disposto la rimozione dei sigilli
per consentire all’Edilmeccanica di intervenire sui luoghi; che pertanto il
ricorso è inammissibile nei propri confronti, attesa l’inesistenza di un proprio
qualsivoglia provvedimento in materia; che essa, in piena collaborazione con la
Protezione Civile, aveva adottato una specifica variante al PDF al fine di
modificare la classificazione dell’area localizzata per lo stoccaggio; che
l’Ente locale aveva sempre operato in un rapporto di cooperazione con tutte le
Amministrazioni coinvolte al fine di risolvere la situazione emergenziale; che,
pertanto, infondate sono anche le domande di indennizzo e risarcimento spiegate
nei propri confronti; che è proprio interesse arrivare ad una definizione
positiva del procedimento di verifica della compatibilità ambientale delle opere
in questione; tutto quanto sopra eccepito, ha concluso per la declaratoria
d’inammissibilità del ricorso nei propri confronti ovvero per il suo rigetto nel
merito.
Si è costituita l’Associazione Legambiente – Comitato Regionale Siciliano, in
qualità di Ente Gestore della Riserva Naturale Orientata Isola di Lampedusa,
eccependo la legittimità del proprio operato; in particolare che l’area
individuata dal Sindaco di Lampedusa per lo stoccaggio dei relitti e delle
imbarcazioni utilizzate dagli immigrati è sottoposta ad un plurimo regime di
vincoli di natura ambientale ed urbanistica; che essa, infatti, classificata
come zona E agricola, ricade in area sottoposta a vincolo paesaggistico ed
idrogeologico e soprattutto all’interno della Zona di Protezione Speciale
ITA040013 – Arcipelago delle Pelagie e del Sito di Importanza Comunitaria
ITA0040002 – Isola di Lampedusa, individuata dal Ministero dell’Ambiente su
proposta della Regione Siciliana ed in attuazione delle Direttive Comunitarie
92/42/CEE e 79/409/CEE; che con OPCM n.3410 del 4.2.2005 era stato nominato
Commissario Delegato per l’Emergenza il Capo del Dipartimento della Protezione
Civile; che con la medesima ordinanza era stato previsto lo stoccaggio
provvisorio delle imbarcazioni in apposita area, in deroga al Piano di Gestione
dei Rifiuti della Regione Siciliana, nonché la realizzazione di una distinta
area definitiva dei relitti e delle imbarcazioni nel sito individuato dal Comune
con la determinazione sindacale del 4.6.2004; che il predetto Commissario era
stato autorizzato anche alla realizzazione dell’area di stoccaggio definitivo,
nelle more dell’espletamento delle procedure di autorizzazione all’esercizio
delle operazioni di smaltimenti e recupero delle imbarcazioni di cui agli artt.
27 e 28 del D.L.vo 22/97; che nessuna ordinanza, dunque, ha mai disposto deroghe
alle normative sulla Valutazione di impatto ambientale (DPR 124/1996), sulla
tutela delle Zone di Protezione Speciale e dei Siti di Importanza Comunitaria
(DPR 357/97 e DPR 120/2003) e sulle aree naturali protette (legge 394/91), e ciò
in ragione della non derogabilità degli obblighi comunitari vigenti in subiecta
materia; di non aver mai partecipato ad incontri, sopralluoghi o conferenze di
servizi di sorta; di essere stato reso edotto della vicenda solo con l’istanza
del 31.5.2007, con cui il Commissario Delegato aveva trasmesso lo studio di
impatto ambientale e la richiesta di valutazione di incidenza per l’impianto di
stoccaggio definitivo, mentre i lavori erano già stati affidati in data
17.10.2006; che l’attivazione della procedura di VIA nel maggio 2007 non può
certo dirsi tempestiva in relazione all’avanzata fase di esecuzione dei lavori;
che, avviata l’istruttoria al fine di rendere il parere previsto dall’art. 5 del
DPR 120/2003, aveva rilevato che gran parte dei lavori erano stati realizzati ed
erano stati eseguiti consistenti movimenti di terra; che con nota del 15.6.6007
aveva rilevato l’incompletezza della documentazione presentata in relazione alla
valutazione di incidenza, nonché l’assenza di precise informazioni relative alla
fauna, alla vegetazione ed agli habitat presenti nel sito in cui è prevista
l’opera ed aveva richiesto chiarimenti su quelle tipologie di lavori di cui non
si erano rinvenuti gli elaborati a corredo della documentazione prodotta; che in
data 26.6.2007 si era verificato un esteso crollo delle opere realizzate, crollo
segnalato a tutte le autorità interessate; che a seguito di ciò la Polizia
Municipale di Lampedusa aveva disposto il sequestro dell’area con verbale del
26.6.2007; che con nota dell’11.7.2007 prot. 55/07 aveva dichiarato che non
avrebbe reso il parere richiesto, sia perché non erano intervenute le
integrazioni richieste, sia perché le più vistose alterazioni ambientali si
erano già verificate, sia perché il Sindaco di Lampedusa aveva dichiarato
l’intenzione di procedere ad una rivisitazione del progetto, del sito e delle
modalità di smaltimento delle imbarcazioni, sia per l’intervenuto sequestro da
parte della polizia giudiziaria; che in data 16.7.2007 si era tenuta una
riunione presso l’ARTA, anche alla presenza di un funzionario del Dipartimento
di Protezione Civile, riunione in cui l’Assessorato aveva comunicato che avrebbe
dichiarato la decadenza dalla procedura autorizzatoria; che in quella sede le
parti avevano concordato di procedere ad un successivo incontro per trovare una
diversa soluzione al problema; che invece con nota del 18.7.2007 il Commissario
delegato aveva trasmesso ulteriori elaborati, per altro incompleti,
insufficienti e non corrispondenti a quanto stabilito dalla normativa di
settore; che in data 31.7.2007 il servizio VIA-VAS dell’ARTA aveva emesso il
provvedimento negativo prot. 57368, formalizzando il mancato rilascio del parere
in ragione della già avvenuta realizzazione delle opere; che l’Ente Gestore con
nota dell’8.8.2007 aveva comunicato che non avrebbe più reso il parere di
propria competenza alla luce dell’accaduto; che con nota del 10.8.2007 prot.
11945 il Comune di Lampedusa e Linosa aveva comunicato il temporaneo
dissequestro dell’area per consentire la rimozione delle opere crollate e di
avere individuato un altro sito dove realizzare il nuovo centro di stoccaggio;
che con nota del 9.10.2007 il Comando della Polizia Municipale di Lampedusa
aveva trasmesso a tutti gli Enti competenti il verbale n. 2122 del 20.9.2007,
comunicando che erano stati riapposti i sigilli all’area, essendo avvenuta la
rimozione dei detriti e la demolizione delle opere crollate; che con
deliberazione del 2.12.1996 il Comitato per la aree naturali protette aveva
ricompreso le ZPS nella categoria della aree naturali protette di cui alla legge
394 del 6.12.1991 (legge quadro sui parchi), con conseguente applicazione a
queste zone delle misure di salvaguardia, degli specifici divieti e delle
connesse sanzioni penali previste dagli artt. 6, 11 e 30 della citata legge; che
la realizzazione dell’impianto di rifiuti in questione, posto all’interno della
ZPS ITA 040013 è ulteriormente inibita dal D.M. 17.10.2007, decreto con cui il
Ministero dell’Ambiente ha dettato i criteri minimi uniformi per la definizione
di misure di conservazione relative alle ZPS; che, infatti, l’art. 5, comma 1,
lett. K del predetto decreto prevede il divieto di realizzazione di nuovi
impianti di trattamento e smaltimento dei rifiuti; che l’avere realizzato i
lavori in mancanza della preventiva autorizzazione di impatto ambientale
costituisce una clamorosa violazione della normativa nazionale, regionale e
comunitaria in materia di VIA; che anche nel caso di opere da realizzarsi in
regime di emergenza e di urgenza la normativa vigente non esclude specifici
adempimenti in materia di impatto ambientale, con obbligo di previo avviso alla
Commissione Europea; che gli stessi principi valgono per la valutazione di
incidenza; che (in ordine al primo motivo di ricorso) il procedimento attivato
dall’ARTA è unico ed al suo interno legittimamente è stato richiesto il parere
all’Ente gestore; che (in ordine al secondo motivo) l’ordinanza di protezione
civile citata dalle Amministrazioni ricorrenti non contiene alcuna deroga alla
normativa ed alla la procedura in materia di valutazione di impatto ambientale e
di incidenza; che (in ordine al terzo motivo di ricorso) il Commissario delegato
non aveva presentato elaborati progettuali conformi alla normativa tecnica e non
aveva attivato tempestivamente le relative procedure; che (in ordine al quarto
motivo di ricorso) l’Ente gestore della riserva naturale era intervenuto nel
procedimento non nella veste di qualsivoglia cittadino, ma in attuazione di una
specifica disposizione di legge dettata in materia di valutazione di incidenza;
che (in ordine al quinto motivo di ricorso) esso Ente gestore era rimasto
estraneo ai fatti, le circostanze e le riunioni citati dalle Amministrazioni
ricorrenti ed intervenuti prima della richiesta di parere inoltratagli; che (in
ordine al sesto motivo di ricorso) le vigenti disposizioni in materia di VIA
prevedono la nullità degli atti di autorizzazione rilasciati senza la previa
acquisizione del giudizio di compatibilità ambientale, e che le norme a tutela
delle aree naturali protette impongono il ripristino ambientale dei luoghi ed il
risarcimento del danno; che (in ordine al settimo motivo di ricorso) la nota
dell’11.7.2007 era semplicemente una nota ricognitoria dei fatti accaduti dalla
data di presentazione dell’istanza di avvio della procedura; che (in ordine
all’ottavo, nono e decimo motivo) la parte ricorrente fa riferimento a
sopralluoghi e conferenze di servizi cui essa non aveva mai partecipato perché
non invitata, e che essa aveva per tempo reso noto l’incompletezza della
documentazione tecnica prodotta dal Commissario; che (in ordine all’undicesimo
motivo) l’art. 1 comma 1212 e ss. della finanziaria 2007 fa riferimento proprio
alle violazioni del diritto comunitario in materia ambientale ascrivibili alle
Amministrazioni ricorrenti; che (in ordine al dodicesimo motivo) tutte le note
dell’Ente gestore erano sempre state inviate al Dipartimento Protezione Civile,
rimanendo prive di riscontro alcuno; che nessun pregiudizio avevano subito le
Amministrazioni ricorrenti a seguito dell’attività dell’Ente gestore della
riserva, mentre seri danni avevano subito l’ambiente ed il territorio in forza
dell’attività di stoccaggio intrapresa dalla prima; tutto quanto sopra eccepito,
ha concluso per il rigetto del ricorso avversario.
All’udienza camerale del 20.11.2007 il Tribunale adito ha accolto la domanda di
sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti impugnati, mandando
all’Amministrazione resistente di riesaminare l’istanza proposta dalla parte
ricorrente al fine di pervenire ad una pronunzia sul merito del progetto.
Con memoria integrativa del 24.4.2008 il Comune di Lampedusa e Linosa ha
ribadito le proprie argomentazioni già illustrate nella memoria di costituzione,
insistendo nel rigetto del ricorso avversario.
Con ordinanza del 6.5.2008 il Tribunale ha ordinato all’Amministrazione
resistente la produzione di documentati chiarimenti in ordine agli sviluppi
intercorsi successivamente alla sopra detta ordinanza cautelare ed alla nota n.
92946 del 21.12.2007 dell’ARTA, con la quale è stato espresso parere
interlocutorio negativo in merito alla realizzabilità del progetto,
preannunziando la riattivazione della procedura di VIA a seguito del superamento
delle carenze evidenziate, nonché copia dell’ordinanza di protezione civile
attributiva dei poteri commissariali, della documentazione amministrativa
relativa alle intese ed alla procedure che avevano determinato la localizzazione
dei lavori.
Con ricorso per motivi aggiunti ritualmente notificato e depositato in data
11.11.2008 le Amministrazioni ricorrenti, premesso che, in esecuzione
dell’ordinanza cautelare resa dal Tribunale, l’Assessorato aveva espresso parere
interlocutorio negativo, riservandosi quello definitivo all’esito della
presentazione di alcune integrazioni documentali e procedimentali; che tali
integrazioni erano state trasmesse in data 18.4.08 e frattanto, con O.P.C.M. n.
3661/08, all’art 11 si era individuato nel Sindaco di Lampedusa il soggetto
attuatore degli interventi di completamento del sito di stoccaggio per i relitti
delle imbarcazioni degli immigrati; che in data 4.3.2008 era stata avviata
presso l’Agenzia regionale dei rifiuti e delle Acque, ai sensi dell’art. 208 D.
Lg.vo 152/06, la procedura finalizzata a conseguire la VIA; che in data 9.6.08
si era celebrata una conferenza di servizi per l’esame del progetto, in seno
alla quale era stata disposta la produzione di alcuni elaborati integrativi; che
nelle date 4.3.08 e 5.5.08 il Sindaco di Lampedusa aveva emesso ordinanze
contingibili ed urgenti, mai impugnate, con cui aveva disposto l’occupazione
dell’area oggetto di intervento al fine di consentire lo stoccaggio delle
imbarcazioni; tutto quanto sopra premesso hanno impugnato la nota ARTA –
Dipartimento Territorio e Ambiente – Servizio 2 VAS – VIA U.O. n. 671 del
14.7.2008, con cui è stato espresso giudizio negativo di compatibilità
ambientale ex DPR 12/4/96 e ss.mm.ii., sul progetto per la realizzazione di un
impianto di stoccaggio di relitti ed imbarcazioni, da realizzarsi sull’isola di
Lampedusa “in quanto l’area di progetto ricade all’interno della ZPS ITA040013
denominata Arcipelago delle Pelagie – Area Marina e terrestre, onerandosi la
proponente Amministrazione pubblica statale di trasmettere il progetto di
ripristino ambientale del sito, nonché, per quanto occorra, la nota ARTA
22/1/07, che dispone la sottoposizione del progetto a VIA e Valutazione di
incidenza, la nota ARTA 21/12/07, contenente parere negativo interlocutorio,
motivato da presunte carenze documentali, il parere negativo, espresso dall’Ente
Gestore “Legambiente”, in quanto il progetto è stato ritenuto contrastante con i
criteri minimi di conservazione di cui al D.M. 17.10.2007, ed infine il rapporto
istruttorio 8.7.08 n. 1211, redatto dall’U.O. Impianti per la gestione dei
rifiuti ed opere idrauliche. L’impugnazione è stata affidata ai seguenti motivi
di doglianza: 1) violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 7 e 8 L.R.
10/2000 – incompetenza, essendo stato l’atto impugnato adottato dal dirigente
del servizio e non già dal competente dirigente superiore; 2) violazione e falsa
applicazione dell’allegato A del D.P.R. 12.4.96 e ss.mm.ii., dell’art. 5, comma
4 DPR 357/97 e ss.mm.ii., nonché del D.A. 22.10.7 contenente “Disposizioni in
materia di valutazione di incidenza attuative dell’art. 1 L.R. 13/07” –
ulteriore incompetenza – contraddittorietà manifesta – difetto assoluto dei
presupposti: il provvedimento impugnato presuppone che il progetto debba essere
sottoposto necessariamente a VIA perché riguardante rifiuti pericolosi, ma senza
motivare sulla ritenuta pericolosità degli stessi, inoltre il provvedimento
poggia sulla ritenuta non compatibilità tra la ZPS e la creazione di una
discarica ai sensi del D.M. 17.10.2007, art. 5 lett. K), mentre la normativa
invocabile è quella regionale di cui al D.A. 22.10.07, con il quale si è
stabilito che nell’ambito della Regione Siciliana non trovano applicazione le
disposizioni di cui alla delibera del Comitato per le aree naturali protette del
2.12.1996 e che alle ZPS e ZSC si applicano le solo misure di conservazione di
cui al DPR 357/97; 3) difetto assoluto di motivazione – ulteriore
contraddittorietà e travisamento dei fatti – ulteriore difetto dei presupposti –
violazione e falsa applicazione delle Direttive 79/49/CEE e del DPR 357/97 sotto
altro profilo – violazione dell’obbligo di adeguarsi al giudicato cautelare. In
forza della vigente disciplina nazionale e comunitaria i progetti di opere di
interesse pubblico che riguardino aree di interesse comunitario o ZPS, anche
quando la valutazione non fornisca la certezza che l’opera non pregiudichi
l’integrità del sito, possono essere ugualmente realizzati, laddove richiesto da
imperative ragioni di rilevante interesse pubblico, a condizione che lo Stato
membro adotti ogni misura compensativa necessaria a tutelare il sito. L’urgenza
e l’impellenza delle esigenze pubbliche nel caso di specie trovano conferma
nell’adozione di provvedimenti contingibili ed urgenti da parte del Sindaco di
Lampedusa; 4) illegittimità derivata- ulteriore incompetenza – contraddittorietà
e sviamento ulteriore. L’ordine all’Amministrazione proponente di presentare un
progetto di recupero ambientale del sito non ha alcuna copertura normativa ed in
ogni caso non tiene conto del fatto che l’avanzata utilizzazione del sito è
ascrivibile ai provvedimenti contingibili ed urgenti adottati dal Sindaco
facendo leva sui suoi potere extra ordinem in materia di sanità ed ordine
pubblico. Hanno poi evidenziato come il comportamento defatigante
dell’Amministrazione regionale stava cagionando, oltre ad un danno ambientale di
proporzioni abnormi, anche un danno patrimoniale per aggravamenti procedurali,
costo del progetto e degli oneri discendenti dall’appalto affidato, il tutto per
una somma non inferiore a 3 milioni di euro.
Con memoria depositata il 1.12.2008 Legambiente, premesso che, successivamente
ed in adempimento all’ordinanza sospensiva del T.A.R., l’Assessorato Regionale
territorio ed ambiente si era pronunciato sul progetto in esame con
provvedimento negativo interlocutorio del 21.12.2007, provvedimento non
impugnato dall’Amministrazione statale; che il Sindaco di Lampedusa con
ordinanza n. 2484 del 4.3.21008 aveva destinato l’area di Taccio Vecchio a
deposito temporaneo delle imbarcazioni pur in assenza delle autorizzazioni
necessarie; che con nota del 19.3.2008 l’Amministrazione proponente aveva
presentato All’ARTA documenti integrativi del progetto originario; che con
O.P.C.M. del 19 marzo 2008 era stata ribadita l’ubicazione dell’impianto di
stoccaggio in località Taccio Vecchio e nominato il Sindaco di Lampedusa
soggetto attuatore; che tale ordinanza era stata impugnata innanzi al T.A.R.
Lazio; che sugli elaborati progettuali presentati dal Commissario delegato erano
stati espressi parere negativo da parte dell’Ente Gestore con nota del 17 aprile
2008, nonché giudizio negativo di compatibilità ambientale da parte dell’ARTA
con nota del 14 luglio 2008; che al contempo l’Amministrazione proponente non
aveva più coltivato le procedure di autorizzazione presso l’ARTA, ma nel maggio
del 2008 aveva presentato all’Agenzia regionale per i rifiuti - in qualità di
Commissario per l’emergenza bonifiche - il progetto come centro di raccolta per
la messa in sicurezza, la demolizione, il recupero di materiali e la
rottamazione di veicoli a motore; che il procedimento non si era ancora
concluso; che con nota del 18 novembre 2008 era intervenuto il Ministero
dell’Ambiente, richiamando gli enti competenti al rispetto degli adempimenti in
materia di valutazione di incidenza; che, in ordine al primo motivo di ricorso
per motivi aggiunti, i provvedimenti in materia di VIA e VI, in conseguenza
dell’assetto organizzativo dell’Assessorato regionale territorio ed ambente,
sono emessi dal dirigente del competente Servizio 2 VIA – VAS e non dal
dirigente generale del dipartimento; che la seconda censura del ricorso per
motivi aggiunti è inammissibile, impugnandosi a distanza di due anni la
determinazione dell’Assessorato che assoggetta a Via il progetto in questione,
nonché infondata perché con l’ordinanza n. 3350 del 16.4.2004 non si è derogato
alla normativa sulla VIA, sulla tutela delle ZPS e di SIC, alla normativa sulle
aree naturali protette (applicabile alle ZPS) e perché la VIA è necessariamente
ed ontologicamente preventiva anche nel rispetto del principio comunitario di
precauzione; che la seconda censura del ricorso per motivi aggiunti è infondata
anche perché l’impianto da realizzare rientra tassativamente tra quelli da
assoggettare a VIA, in quanto ricadente all’interno di ZPS e poiché nello stesso
progetto è previsto che tra i rifiuti da stoccare ve ne sono anche di
“pericolosi”, ed anche perché pure alle Regioni a statuto speciale si applica il
D.M. 17.10.2007 che prevede il divieto di nuove discariche e nuovi impianti di
trattamento e smaltimento rifiuti, mentre il D.A. 22.10.2007 della Regione
Sicilia è stato sospeso dal T.A.R. Sicilia con ordinanza n. 227/2008; che, in
ordine al terzo motivo, anche in caso di opere da realizzarsi in regime di
emergenza e d’urgenza la normativa vigente non esclude specifici adempimenti in
materia di impatto ambientale, tra cui la previa informazione al Ministero
dell’Ambiente ed alla Commissione Europea e l’adozione di misure compensative,
diverse da quelle di mitigazione dell’impatto e che comprendono la diffusione di
ambienti naturali di particolare interesse conservazionistico, la creazione di
siti per favorire la riproduzione della specie et similia; che, sempre in ordine
al terzo motivo di ricorso, lo stesso Comune di Lampedusa, soggetto attuatore
per conto dell’Amministrazione ricorrente, aveva recentemente stabilito di non
conferire più le imbarcazioni presso il sito di Taccio Vecchio e di smaltirle
fuori dall’isola, con ciò dimostrando l’esistenza di alternative concretamente
possibili; che, in ordina al quarto motivo di ricorso, i lavori realizzati erano
stati computi dalle Amministrazioni ricorrenti e non dal Comune di Lampedusa,
che si era limitato a consentire il dissequestro per rimuover i materiali
crollati, salvo poi riapporre i sigilli nel cantiere; che (in ordine alla
domanda risarcitoria) nessuna condotta illegittima poteva essere ascritta
all’Ente gestore, nessun pregiudizio si era verificato in capo alle
Amministrazioni ricorrenti, mentre un danno grave era stato arrecato
all’ambiente ed al territorio sottoposti a pregnanti vincoli di tutela; tutto
quanto sopra premesso, ha concluso per il rigetto del ricorso avversario.
Con ordinanza del 2.12.2008 il T.A.R. adito ha respinto l’istanza di sospensione
dell’esecuzione degli atti impugnati con ricorso per motivi aggiunti.
In data 8.1.2009 ha depositato memoria difensiva per resistere al ricorso per
motivi aggiunti anche l’Assessorato Regionale del territorio e dell’ambente,
eccependo che (in ordine al primo motivo del detto ricorso) ex art. 91 della
L.R. 2.5.2001 n. 6, comma 2, l’Assessorato regionale del territorio e
dell’ambiente, ai fini della formulazione del giudizio di compatibilità, si
avvale di apposito ufficio ivi istituito, restando quindi attribuiti al relativo
dirigente le determinazione in ordine ai procedimenti VIA-VAS, per come
confermato dal relativo contratto individuale di lavoro versato in atti; che (in
ordine al secondo motivo di censura del ricorso per motivi aggiunti) è indubbio
l’assoggettamento a VIA del progetto in esame, atteso che nessuna delle O.P.C.M.
che si sono succedute nel tempo ha mai disposto deroghe alla normativa in
materia di valutazione di impatto ambientale ed attese le prescrizioni
preclusive di cui al D.M. 17.10.2007; che (in ordine al secondo motivo di
ricorso), il predetto D.M. trova applicazione anche in ambito regionale alla
luce della riserva alla legislazione esclusiva dello stato prevista dall’art.
117, secondo comma, lett. S della Costituzione in materia di ambiente, né in
senso contrario può essere spesa la pronunzia n. 104/2008 della Corte
Costituzionale, poiché il riconoscimento della potestà legislativa regionale in
subiecta materia è stato lì affermato alla luce di una espressa previsione dello
Statuto delle province autonome di Trento e Bolzano non presente in quello della
Regione Sicilia, e poiché l’efficacia del D.A. 17 ottobre 2007 è stata sospesa
dal T.A.R. Sicilia con ordinanza del 19.2.2008; che (in ordine alla terza
censura calendata nel ricorso per motivi aggiunti) la possibilità di realizzare
l’intervento per motivi di rilevante interesse pubblico (non evidenziati in sede
procedimentale), nonostante le conclusioni negative della valutazione di
incidenza, è rimessa al giudizio discrezionale dell’Amministrazione procedente;
che (con riferimento al quarto motivo di ricorso) non vi è dubbio che
l’Amministrazione regionale competente, nel negare il giudizio di compatibilità
ambientale, possa disporre la rimessione in pristino dell’area, per come deriva
dalla natura della VIA e della valutazione di incidenza e per come previsto
dall’art. 29, comma IV del D. Lg.vo 152/2006; che (quanto alle richieste
risarcitorie) l’art 6 dell’O.P.C.M. 16 aprile 2004 n. 3350 prevede che gli oneri
derivanti dall’attuazione dell’ordinanza medesima sono a valere a carico del
bilancio della Regione; tutto quanto sopra eccepito, ha concluso per il rigetto
del ricorso per motivi aggiunti.
Con memoria depositata il 19.01.2009 il Comune di Lampedusa ha ribadito le
argomentazioni già svolte in sede di memoria di costituzione, insistendo anche
per il rigetto del ricorso per motivi aggiunti.
All’udienza del 30.1.2009 il T.A.R. adito, ritenutolo necessario ai fini del
decidere, ha disposto l’acquisizione di copia dell’O.P.C.M. n. 3361 del
18.3.2008, nonché di copia delle ordinanze contingibili ed urgenti adottate dal
Comune per l’occupazione dell’area oggetto dell’intervento.
Con note integrative del 6.7.2009 la parte ricorrente ha evidenziato come in
forza dell’art. 11 dell’O.P.C.M. del 19.3.2008 il Sindaco di Lampedusa era stato
designato soggetto attuatore per il completamento del sito di stoccaggio,
partendo dal presupposto della dichiarata situazione di “crisi ambientale
determinatasi sul territorio dell’Isola” e mandando l’Ente attuatore di
completare lo specifico impianto ubicato in località Taccio Vecchio, dal che il
formale riconoscimento delle ragioni di rilevante interesse pubblico che
consentono la realizzazione dell’opere all’interno dell’area protetta ed un
esplicito effetto derogatorio alla disciplina ambientale collegata.
Con memoria depositata il 13.10.2009 l’Assessorato Regionale del territorio e
dell’ambiente, nel ribadire le argomentazioni già svolte a sostengo del proprio
operato, ha evidenziato come l’ultima delle ordinanze sindacali contingibili ed
urgenti (n. 2598 del 7.1.2009) aveva disallocato lo stoccaggio provvisorio dal
sito in contrada Taccio Vecchio ad altro sito (c.da Imbricciola).
Con memoria depositata il 15.10.2009 l’Associazione Legambiente, nel ribadire le
argomentazioni già svolte a sostegno delle proprie eccezioni, ha evidenziato che
con le ordinanze contingibili ed urgenti il Sindaco del Comune di Lampedusa
aveva disposto solo l’ammasso temporaneo dei rifiuti presso il sito in
questione, salvo provvedere con l’ultima della serie (n. 2598 del 7.1.2009) a
disporre il deposito e lo smaltimento presso altro sito.
All’udienza del 27.10.2009, su concorde richiesta dei procuratori delle parti,
la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Appare utile, ai fini di una migliore intelligenza della controversia, operare
una breve ricostruzione del quadro storico fattuale ad essa sotteso, per come
emerso all’esito dell’istruttoria e del reciproco gioco delle allegazioni ed
eccezioni di parte non fatte oggetto di contestazione.
Con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 23.12.2003 veniva
dichiarato lo stato di emergenza nell’isola di Lampedusa e nelle prospicienti
aree marine, in ragione delle gravi carenze infrastrutturali del porto, nonché
del pregiudizio ai collegamenti marini, alla sicurezza dei viaggiatori ed alla
tutela dell’ambiente conseguente al grave fenomeno dell’immigrazione
clandestina.
Con Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri (d’ora in poi O.P.C.M.)
n. 3350 del 16.4.2004 venivano dettate le disposizioni attuative per la gestione
delle predette emergenze e l’allora Commissario delegato per l’emergenza,
generale Maurizio Ciccolin, veniva incaricato di realizzare un deposito, anche
per finalità giudiziarie, previa individuazione di un’area idonea allo
stoccaggio di relitti ed imbarcazioni utilizzate dagli immigrati clandestini,
ovvero l’adeguamento di siti già esistenti.
La predetta O.P.C.M., nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento
giuridico, autorizzava anche alcune deroghe a diverse norme nazionali e
regionali in materia di lavori pubblici, forniture, servizi, vincoli
idrogeologici e paesaggistici, norme ivi espressamente indicate.
Il Sindaco di Lampedusa, in data 11.5.2004, dietro espressa richiesta del
Commissario, metteva a sua disposizione per il predetto stoccaggio un’area
comunale sita in Contrada Taccio Vecchio e classificata come zona E agricola in
forza del vigente Programma di Fabbricazione.
E’ pacifico che tale area, oltre ad essere sottoposta a vincolo paesaggistico ed
idrogeologico, ricade all’interno della Zona di Protezione Speciale (d’ora
innanzi ZPS) ITA040013 – Arcipelago delle Pelagie e del Sito di Importanza
Comunitaria (d’ora innanzi SIC) ITA 040002 – Isola di Lampedusa e Linosa,
individuati dal Ministero dell’Ambiente su proposta della Regione Siciliana ed
in attuazione delle direttive comunitarie 92/43/CEE e 79/409/CEE.
In data 26.11.2004 il Comune di Lampedusa e Linosa adottava una variante al
programma di fabbricazione, per mutare da zona E a zona F l’area sita in Taccio
Vecchio ed oggetto di causa.
Con successiva O.P.C.M. n. 3382 del 18.11.2004 veniva nominato Commissario
Delegato per l’Emergenza il Capo del Dipartimento della Protezione Civile, Guido
Bertolaso.
Con ulteriore O.P.C.M. n. 3410 del 4.3.2005 il Commissario delegato veniva
autorizzato allo smaltimento delle imbarcazioni avvalendosi di imprese
demolitrici operanti nel settore; veniva previsto lo stoccaggio provvisorio
delle imbarcazioni in apposita area in deroga al Piano di gestione dei rifiuti
della Regione Sicilia; veniva prevista la realizzazione di una distinta area di
stoccaggio definitiva dei relitti e delle imbarcazioni nell’area individuata dal
Comune con la citata determinazione sindacale del 4.6.2004; il Commissario
delegato veniva autorizzato a procedere alla realizzazione dell’area di
stoccaggio definitivo nelle more dell’espletamento delle procedure di
autorizzazione all’esercizio delle operazioni di smaltimento e recupero delle
imbarcazioni di cui agli artt. 27 e 28 D. Lg.vo n. 22/97, con le deroghe di cui
all’O.P.C.M. 3350 del 16.4.2004 e con quelle ulteriori alla normativa sui
rifiuti previste al comma 3 dell’art. 2 della stessa O.P.C.M. n. 3410/2005.
Affidati i lavori all’Edilmeccanica, in data 4.9.2006, si conveniva di convocare
una conferenza di servizi ai sensi dell’art. 14 ter L. 241/90, per come derogato
dall’art. 5 O.P.C.M. 3350/2004, con la partecipazione di tutte le
Amministrazioni preposte al rilascio delle necessarie autorizzazioni
(Commissario delegato, Soprintendenza BB.CC.AA., Ispettorato Dipartimentale
delle Foreste, Assessorato Regionale Territorio ed Ambiente della Regione
Sicilia (d’ora in poi ARTA), Servizio VIA-VAS).
In data 17.10.2006 si provvedeva alla consegna dei lavori in via d’urgenza.
Con nota del 22.1.07 l’ARTA comunicava alle Amministrazioni ricorrenti “la
necessità di produrre una Valutazione di impatto ambientale e valutazione di
incidenza, ricadendo l’intervento in un’area ricompresa all’interno del SIC
ITA04002 Isola di Lampedusa e Linosa”.
In data 31.5.2007 il Commissario delegato trasmetteva lo studio di impatto
ambientale e la richiesta di valutazione di incidenza in relazione alla
realizzazione dell’impianto di stoccaggio definitivo.
In data 1.6.2007 i lavori di realizzazione venivano sospesi ed in data
26.6.2007, in regime di sospensione, si verificava il crollo di parte delle
opere già realizzate.
In data 15.6.2007 l’associazione Legambiente, in qualità di Ente Gestore della
Riserva Naturale orientata Isola di Lampedusa (d’ora innanzi Ente gestore),
rilevava l’incompletezza della documentazione prodotta in sede di studio di
impatto ambientale e richiedeva al Commissario delegato, soggetto proponente,
alcuni chiarimenti.
Nel frattempo, a seguito del crollo sopra detto, il Comando Polizia Municipale
di Lampedusa in data 26.6.2007 procedeva al sequestro giudiziario dell’area
oggetto di causa.
In data 11.7.2007, con la nota impugnata con ricorso principale, l’Ente gestore,
dichiarava che non avrebbe reso alcun parere, non essendo intervenute le
integrazioni richieste ed essendosi già verificate le alterazioni ambientali
oggetto dello studio.
In data 18.7.2007 il Commissario delegato trasmetteva ulteriori elaborati
relativi allo studio di impatto ambientale.
In data 31 luglio l’ARTA, Servizio VIA-VAS adottava il provvedimento di diniego
di VIA impugnato con il ricorso principale.
In data 8.8.2007 l’Ente Gestore comunicava che non avrebbe reso più alcun
parere.
Con nota del 10.8.2007 il Comune di Lampedusa e Linosa comunicava il temporaneo
dissequestro dell’area per consentire la rimozione delle opere crollate e –
effettuata la rimozione in questione – provvedeva nuovamente ad apporre i
sigilli in data 20.9.2007.
Con il ricorso principale le Amministrazioni ricorrenti hanno impugnato il
diniego di VIA ed il parere negativo dell’Ente gestore per i motivi sopra
illustrati.
Con ordinanza n. 1810 del 20.11.2007 il T.A.R. adito ha accolto l’istanza di
sospensiva dell’esecuzione dei provvedimenti impugnati, mandando alle
Amministrazioni resistenti “di riesaminare l’istanza proposta
dall’Amministrazione ricorrente ai fini di pervenire ad una pronunzia sul merito
del progetto sottoposto”.
Con provvedimento n. 671 del 14.7.2008, ritualmente gravato con ricorso per
motivi aggiunti, l’ARTA, Servizio VIA-VAS, in attuazione del giudicato cautelare
e dopo rinnovata istruttoria (con acquisizione di un nuovo parere dell’Ente
gestore), ha espresso giudizio negativo di compatibilità ambientale sul progetto
per la realizzazione dell’impianto de quo, “in quanto l’area di progetto ricade
all’interno della ZPS ITA040013 denominata Arcipelago delle Pelagie – Area
marina e terrestre, onerando l’Amministrazione pubblica statale di trasmettere
il progetto di ripristino ambientale del sito”.
Ciò premesso in punto di fatto, deve essere in primo luogo affrontata la
questione della procedibilità del ricorso principale proposto dalle
Amministrazioni ricorrenti avverso il provvedimento di diniego di VIA emesso
dall’Assessorato Regionale per il territorio e l’Ambiente della Regione Sicilia,
Servizio 2 VAS VIA n.57368 del 31/7/2007.
L’esecuzione del detto provvedimento è stata sospesa dalla citata ordinanza del
T.A.R. n. 1810/2007, con cui si è imposto all’Amministrazione di esaminare “nel
merito la compatibilità ambientale del progetto presentato dal Commissario
delegato per l’emergenza”.
A seguito di tale ordinanza propulsiva, di tipo c.d. remandatorio, l’ARTA,
rinnovata l’istruttoria ed acquisito un nuovo parere dell’Ente gestore della
riserva naturale orientata, con provvedimento n. 671 del 14.7.2008, ha espresso
un giudizio di verifica negativa della compatibilità ambientale del progetto in
esame, onerando il Commissario delegato di trasmettergli “il progetto di
ripristino ambientale del sito di progetto, ai fini della sua approvazione”.
Osserva il Collegio che la scansione logico-temporale sopra descritta - id est
la circostanza che il provvedimento n. 671 del 14.7.2008 abbia valutato nel
merito la compatibilità ambientale del progetto in esame (sia pure negandola, in
forza del divieto di cui alla lettera k del’art. 5 del D.M. 17.10.2007), alla
luce “della nota prot. ARTA n. 86222del 27.11.2007, con la quale l’Avvocatura
Distrettuale dello Stato di Palermo ha informato questo Assessorato che il
T.A.R. Sicilia, Sezione di Palermo, ha accolto la domanda cautelare formulata
dal ricorrente, ordinando all’Amministrazione di riesaminare l’istanza proposta
dall’Amministrazione ricorrente, al fine di pervenire ad una pronunzia sul
merito del progetto proposto, come da ordinanza 1810/07” (così nel provvedimento
gravato) -, nonché il rilievo dell’assenza di qualsivoglia manifestazione di
autotutela in ordine al primo provvedimento sospeso, evidenziano la natura di
quello gravato siccome esecutiva del decisum cautelare n. 1810/2007 di questa
Sezione.
Il provvedimento impugnato con ricorso per motivi aggiunti, in altri termini, si
pone in rapporto di stretta dipendenza logico-giuridica ed “effettuale” con il
precetto cautelare impartito da questo Tribunale e da cui trae origine secondo
la nota tecnica del remand.
Ciò posto, ritiene la Sezione di condividere l’orientamento giurisprudenziale
secondo cui “nel caso in cui il giudice amministrativo abbia sospeso in sede
cautelare gli effetti di un provvedimento e l'amministrazione si sia adeguata
con un atto consequenziale al contenuto dell'ordinanza cautelare, non è
configurabile l'improcedibilità del ricorso o la cessazione della materia del
contendere (rispettivamente, se il successivo atto sia sfavorevole o favorevole
all'originario ricorrente), atteso che l'adozione non spontanea dell'atto
consequenziale, con cui l'amministrazione dà esecuzione all'ordinanza di
sospensione degli effetti di un provvedimento, non comporta la révoca del
precedente provvedimento sospeso ed ha una rilevanza provvisoria, in attesa che
la sentenza di merito accerti se il provvedimento sospeso sia o meno legittimo,
salvo il caso in cui il contenuto della motivata ordinanza cautelare sia tanto
condiviso dall'amministrazione da indurre questa a ritirare il precedente
provvedimento già sospeso, sostituendolo con un nuovo atto, senza attendere il
giudicato sul suo prevedibile annullamento” (C.d.S., Sez. IV, 5.8.2005, n. 4165;
cfr. poi, in termini, C.G.A, nn. 478 e 479 del 25.5.2009; T.A.R. Lombardia
Brescia, Sez. I, 30 luglio 2008 , n. 843 T.A.R. Lazio Roma, Sez. II, 07
settembre 2006, n. 8092).
E’ chiaro, infatti, che, laddove si dovesse ritenere che l’emanazione di un
nuovo provvedimento in attuazione (obbligata) della statuizione cautelare
determini la sopravvenuta carenza d’interesse o la cessazione della materia del
contendere in ordine al ricorso proposto avverso il primo provvedimento sospeso
per via giurisdizionale (in questo senso si veda T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II,
5.12.2007 n. 12554, nonché T.A.R. Lazio, Sez. II quater, sentt. nn. 11061,
11062, 11063 dell'8.11.2007), ciò comporterebbe uno snaturamento della struttura
e della funzione della tutela cautelare che, da provvisoria e strumentale,
finirebbe per atteggiarsi a tutela definitiva (cristallizzata al pari di un
giudicato di merito), e tutto ciò inammissibilmente a fronte di una intervenuta
cognizione solo sommaria.
Né appaiono convincenti quelle interpretazioni che, pur partendo dal condiviso
assunto di dover verificare, ai fini sopra detti, la mera esecutività del
precetto cautelare ovvero la natura autonoma del nuovo provvedimento adottato in
seguito al comando giurisdizionale interinale, in concreto finiscono con
l’ipotizzare la sussistenza del nesso cautelare tra il secondo ed il primo nelle
sole limitate ipotesi in cui l’Amministrazione abbia rieditato un provvedimento
in toto vincolato di forza di stringenti e puntuali direttive contenute
nell’ordinanza cautelare (cfr. T.A.R. Sicilia Palermo, Sez. II, 25 settembre
2009, n. 1534; T.A.R. Lazio Roma, Sez. I, 01 marzo 2004 , n. 1912).
In forza degli orientamenti dal Collegio non condivisi, infatti,
l’Amministrazione si troverebbe a dovere “subire” gli effetti di un comando
giurisdizionale provvisorio, anomalamente sommario ed irretrattabile, così
vedendosi preclusa la possibilità di fare accertare in via giurisdizionale
l’eventuale legittimità del proprio operato, con evidente palese violazione del
diritto di difesa di una delle parti del giudizio; specularmente la parte
ricorrente potrebbe, in ipotesi di secondo provvedimento favorevole, conseguire
un vantaggio che l’ordinamento non gli attribuisce, ma la cui non spettanza non
è si è potuta accertare nella naturale sede giurisdizionale a cognizione piena.
Si aggiunga, peraltro, che, attesa la particolare portata confermativa delle
statuizioni giurisdizionali amministrative, l'interesse dell'Amministrazione va
ben oltre la definizione del caso di specie, dovendo essa accertare la
legittimità dei suoi provvedimenti anche per i futuri comportamenti, e se la
fondatezza e infondatezza delle censure mosse al suo operato la obblighino o
meno a modificare le regole del suo comportamento (C.d.S., Sez. IV, 5.8.2005, n.
4165).
Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso principale è da
considerarsi procedibile, ed in quanto tale va esaminato nel merito.
Con un primo motivo di ricorso, rubricato violazione e falsa applicazione
dell’art. 5 DPR 357/97 e ss.mm.ii. in relazione all’art. 91 comma.6 L.R. 6/01 –
violazione dell’art. 3 L. 241/90 e della L.R. 10/91 – travisamento dei fatti e
motivazione insussistente, le Amministrazioni ricorrenti censurano l’operato
dell’ARTA, poiché per i progetti assoggettati a VIA che interessano i siti di
importanza comunitaria, ZPS e ZSC, la valutazione di incidenza è ricompresa
nella procedura di VIA, sicché oggetto di valutazione è un unico progetto,
regolarmente presentato dal Commissario Delegato,
Il motivo è infondato.
Al di là dell’apparente confusione terminologica ingeneratasi nella prima
corrispondenza tra Commissario delegato ed ARTA, è infatti chiaro che
l’Amministrazione regionale si è limitata a richiedere una valutazione di
incidenza all’interno dell’attivata procedura di valutazione di impatto
ambientale, facendo buon governo della norma applicabile ratione temporis,
ovverosia del comma IV dell’art. 5 D.P.R. 357/1997, a mente del quale “per i
progetti assoggettati a procedura di valutazione di impatto ambientale, ai sensi
dell' articolo 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349 e del decreto del Presidente
della Repubblica 12 aprile 1996 …, che interessano proposti siti di importanza
comunitaria, siti di importanza comunitaria e zone speciali di conservazione,
come definiti dal presente regolamento, la valutazione di incidenza è ricompresa
nell'ambito della predetta procedura che, in tal caso, considera anche gli
effetti diretti ed indiretti dei progetti sugli habitat e sulle specie per i
quali detti siti e zone sono stati individuati. A tale fine lo studio di impatto
ambientale predisposto dal proponente deve contenere gli elementi relativi alla
compatibilità del progetto con le finalità conservative previste dal presente
regolamento, facendo riferimento agli indirizzi di cui all' allegato G” (cfr.
C.d.S., Sez. VI, 22 novembre 2006, n. 6831).
E’ lo stesso ARTA, infatti, con nota n. 4438 del 22.1.2007, indirizzata al
Commissario delegato ed agli altri soggetti interessati, a precisare che “ai
sensi dell’art. 5, comma IV del D.P.R. 357/1997 e ss.mm.ii., per i progetti
assoggettati a procedura di valutazione di impatto ambientale che interessano
proposti siti di importanza comunitaria, siti di importanza comunitaria e zone
speciali di conservazione la valutazione di incidenza è ricompresa nell’ambito
della procedura di V.I.A. che, in tal caso, considera anche gli effetti diretti
ed indiretti dei progetti sugli habitat e sulle specie per i quali detto siti e
zone sono stati individuati. A tale fine lo studio di impatto ambientale
predisposto dal proponente dovrà contenere gli elementi relativi alla
compatibilità del progetto con le finalità conservative previste dal presente
regolamento, facendo riferimento agli indirizzi di cui all’allegato G del D.P.R.
357/97 e ss.mm.ii.”.
Anche dall’esame dell’ulteriore documentazione versata in atti emerge, poi, con
chiarezza che al Commissario delegato è stato in concreto richiesto un solo
studio di impatto ambientale atto a ricomprendere anche la valutazione di
incidenza, conformemente al sopra richiamato dettato normativo.
Con un secondo motivo di censura – rubricato ulteriore violazione e falsa
applicazione delle norme di cui alla precedente rubrica – violazione e falsa
applicazione dei principi generali in materia di attività procedimentalizzata –
incompetenza- carenza assoluta di motivazione – le Amministrazioni ricorrenti
lamentano l’illegittimità del provvedimento gravato, poiché esso si risolverebbe
in un vero e proprio illegittimo rifiuto di esercitare le funzioni conferite
dalla legge all’Amministrazione resistente, a nulla rilevando che l’opera da
assentire sia già stata iniziata in forza di provvedimento normativo d’urgenza.
L’ARTA e l’Ente gestore, al riguardo, hanno sottolineato la legittimità
dell’operato del primo, poiché, non avendo le OO.PP.CC.MM. succedutesi nel tempo
espressamente derogato alla normativa nazionale e comunitaria in materia
ambientale, la VIA non poteva essere concessa ad opere in parte già realizzate,
atteso il carattere necessariamente preventivo della stessa.
Le questioni di diritto che si pongono all’esame del Collegio, dunque, sono due:
la prima è se, in forza della normativa nazionale e comunitaria, il giudizio di
compatibilità ambientale possa essere rifiutato dall’Amministrazione preposta
nel caso in cui le opere oggetto di verifica siano già state iniziate dal
soggetto proponente; la seconda, da affrontarsi in caso di risposta positiva
alla prima, è se nel caso di specie la normativa nazionale e comunitaria siano
state derogate espressamente o implicitamente dalle OO.PP.CC.MM. succedutesi nel
tempo per affrontare lo stato di emergenza sull’isola di Lampedusa.
Ritiene il Collegio che la risposta al primo quesito sia positiva.
Occorre preliminarmente ricostruire il quadro normativo comunitario e nazionale
in subiecta materia.
La direttiva 85/337 è diretta, conformemente al suo quinto considerando, ad
introdurre principi generali di valutazione dell'impatto ambientale allo scopo
di completare e coordinare le procedure di autorizzazione dei progetti pubblici
e privati che possono avere un impatto rilevante sull'ambiente.
Ai sensi dell'art. 2, nn. 1-3, primo comma, della citata direttiva “gli stati
membri adottano le disposizioni necessarie affinché, prima del rilascio
dell'autorizzazione, i progetti per i quali si prevede un impatto ambientale
importante, segnatamente per la loro natura, le loro dimensioni o la loro
ubicazione, formino oggetto di una valutazione del loro impatto. Detti progetti
sono definiti nell'art. 4. La valutazione dell'impatto ambientale può essere
integrata nelle procedure esistenti di autorizzazione dei progetti negli Stati
membri ovvero, in mancanza di queste, in altre procedure o nelle procedure da
stabilire per raggiungere gli obiettivi della presente direttiva. Gli Stati
membri, in casi eccezionali, possono esentare in tutto o in parte un progetto
specifico dalle disposizioni della presente direttiva per l'ambiente”.
Il legislatore nazionale all’art. 7 del D.P.R.12.4.1996 (“Atto di indirizzo e
coordinamento per l'attuazione dell'art. 40, comma 1, della L. 22 febbraio 1994,
n. 146, concernente disposizioni in materia di valutazione di impatto
ambientale”), rubricato “Giudizio di compatibilità ambientale”, prevede che “la
procedura di valutazione di impatto ambientale deve concludersi con un giudizio
motivato prima dell'eventuale rilascio del provvedimento amministrativo che
consente in via definitiva la realizzazione del progetto e comunque prima
dell'inizio dei lavori. L'amministrazione competente alla autorizzazione
definitiva dell'opera, o che provvede alla sua realizzazione, acquisisce il
giudizio di compatibilità ambientale comprendente le eventuali prescrizioni per
la mitigazione degli impatti ed il monitoraggio delle opere e/o degli impianti.
Nel caso di iniziative promosse da autorità pubbliche il provvedimento
definitivo che ne autorizza la realizzazione deve adeguatamente evidenziare la
conformità delle scelte effettuate agli esiti della procedura di valutazione
d'impatto ambientale. Negli altri casi i progetti devono essere adeguati agli
esiti del giudizio di compatibilità ambientale prima del rilascio
dell'autorizzazione alla realizzazione.
Gli esiti della procedura di valutazione di impatto ambientale devono essere
comunicati ai soggetti del procedimento, a tutte le altre amministrazioni
pubbliche competenti, anche in materia di controlli ambientali, e devono essere
adeguatamente pubblicizzati”.
L’art. 3 ter del c.d. Codice dell’Ambiente (D.Lg.vo 3.4.2006, n. 152), inserito
dall'articolo 1, comma 2, del D.Lg.vo. 16 gennaio 2008, n. 4 e rubricato
“Principio dell'azione ambientale”, prevede che “la tutela dell'ambiente e degli
ecosistemi naturali e del patrimonio culturale deve essere garantita da tutti
gli enti pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche o
private, mediante una adeguata azione che sia informata ai principi della
precauzione, dell'azione preventiva, della correzione, in via prioritaria alla
fonte, dei danni causati all'ambiente, nonché' al principio «chi inquina paga»
che, ai sensi dell'articolo 174, comma 2, del Trattato delle unioni europee,
regolano la politica della comunità' in materia ambientale” (sul punto si veda
C.d.S., Sez. Cons., 05 novembre 2007, n. 3838, secondo cui: ““È opportuno
l'inserimento nel codice dell'ambiente …dei principi di prevenzione e correzione
alla fonte dei danni causati all'ambiente, del principio « chi inquina paga »
nonché del principio precauzionale: ciò sia perché nella Costituzione italiana
mancano disposizioni sostanziali in materia ambientale sia perché le norme del
Trattato europeo non hanno efficacia vincolante per i legislatori degli Stati
membri”).
L’art. 29, primo comma del medesimo Codice dell’Ambiente, per come sostituito
dall’art. 1, comma 3 del D.Lg.vo. 16 gennaio 2008, n. 4, prevede che: “la
valutazione di impatto ambientale costituisce, per i progetti di opere ed
interventi a cui si applicano le disposizioni del presente decreto, presupposto
o parte integrante del procedimento di autorizzazione o approvazione. I
provvedimenti di autorizzazione o approvazione adottati senza la previa
valutazione di impatto ambientale, ove prescritta, sono annullabili per
violazione di legge”.
Il terzo comma del predetto art. 29 prevede poi che: “Nel caso di opere ed
interventi realizzati senza la previa sottoposizione alle fasi di verifica di
assoggettabilità' o di valutazione in violazione delle disposizioni di cui al
presente Titolo III, nonché nel caso di difformità' sostanziali da quanto
disposto dai provvedimenti finali, l'autorità competente, valutata l'entità del
pregiudizio ambientale arrecato e quello conseguente alla applicazione della
sanzione, dispone la sospensione dei lavori e può disporre la demolizione ed il
ripristino dello stato dei luoghi e della situazione ambientale a cura e spese
del responsabile, definendone i termini e le modalità”.
L’art. 27, primo comma, D. Lg.vo 5.2.97 n. 22 (intitolato “Attuazione delle
direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE
sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio”), poi sostituito da norma di
identico tenore contenuta nell’art. 208, primo comma, D.Lg.vo n. 152 del
3.4.2006 (intitolato “Autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e
di recupero dei rifiuti”), a sua volta, prevede che “i soggetti che intendono
realizzare e gestire nuovi impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti,
anche pericolosi, devono presentare apposita domanda alla regione competente per
territorio, allegando il progetto definitivo dell'impianto e la documentazione
tecnica prevista per la realizzazione del progetto stesso dalle disposizioni
vigenti in materia urbanistica, di tutela ambientale, di salute di sicurezza sul
lavoro e di igiene pubblica. Ove l'impianto debba essere sottoposto alla
procedura di valutazione di impatto ambientale ai sensi della normativa vigente,
alla domanda è altresì allegata la comunicazione del progetto all'autorità
competente ai predetti fini; i termini di cui ai commi 3 e 8 restano sospesi
fino all'acquisizione della pronuncia sulla compatibilità ambientale ai sensi
della parte seconda del presente decreto”.
Mentre il legislatore del 2006 all’art. 4, ult. comma del Codice dell’Ambiente,
poi, aveva previsto addirittura la più grave sanzione della nullità degli atti
di autorizzazione od approvazione non preceduti dalla VIA, con l’art. 1, comma 3
del D.Lg.vo 16.1.2008 n. 3, che ha modificato il citato art. 29 del D. Lg.vo
152/2006, si è tornati all’inquadramento della violazione di legge in esame
nella generale categoria dell’annullamento (per la “sola” annullabilità, prima
dell’entrata in vigore del Codice dell’Ambiente, si era già espresso C.d.S, Sez.
VI, 3 marzo 2006, n. 1023).
Questo essendo il tessuto normativo sovranazionale e nazionale che fa da sfondo
alla questione oggi dibattuta, ritiene il Collegio che il procedimento di
valutazione di impatto ambientale sia per sua natura e configurazione normativa
un mezzo preventivo di tutela dell'ambiente, che si svolge prima rispetto
all'approvazione del progetto (il quale deve essere modificato secondo le
prescrizioni intese ad eliminare o ridurre l'incidenza negativa dell’opera
progettata) e conseguentemente, per quanto quivi rileva, prima della
realizzazione dell’opera (fisiologicamente successiva all’approvazione del
progetto).
La natura ontologicamente preventiva della V.I.A. è costantemente affermata
tanto dalla giurisprudenza comunitaria (cfr. Corte Giustizia CE, Sez. II, 03
luglio 2008, nella causa C-215/06, secondo cui “viola la direttiva del Consiglio
27 giugno 1985 n. 85/337/CEE la disciplina nazionale che consente di rimediare
alla mancanza di valutazione dell'impatto ambientale, richiesto dalla stessa
direttiva per la realizzazione di determinali lavori o impianti pubblici e
privati, mediante l'ottenimento di un permesso di regolarizzazione che consente,
in particolare, di lasciar sussistere un progetto non regolarmente autorizzato
in via preventiva, a condizione che la domanda per il rilascio di tale permesso
sia presentata prima dell'avvio di un procedimento sanzionatorio”; nonché Corte
Giustizia CE, Sez. II, 05 luglio 2007, nella causa C-255/05, secondo cui “la
procedura di valutazione di impatto ambientale degli impianti di smaltimento dei
rifiuti non pericolosi previsti dall'allegato I, punto 10 della direttiva n.
85/337/CEE deve essere effettuata prima di concedere l'autorizzazione a
costruire gli impianti medesimi”), quanto da quella nazionale (T.A.R. Liguria
Genova, Sez. I, 15 giugno 2006, n. 563; nonché T.A.R. Puglia Bari, Sez. I, 10
aprile 2008 , n. 894; T.A.R. Liguria Genova, Sez. I, 16 febbraio 2008, n. 306;
T.A.R. Lombardia Brescia, Sez. I, 11 agosto 2007, n. 726).
Ne consegue che una VIA postuma all’autorizzazione dell’opera e, per quanto qui
rileva, allo svolgimento dei lavori (“naturalmente” successivi
all’autorizzazione dell’opera) deve considerarsi illegittima, perché adottata in
violazione dei sopra detti precetti comunitari e nazionali improntati al
principi di precauzione e prevenzione dell’azione ambientale.
Alla luce delle considerazioni che precedono è chiaro che in linea di principio
l’Amministrazione preposta al giudizio di compatibilità ambientale non può
considerarsi tenuta ad esprimere tale giudizio dopo l’inizio delle opere.
Risolto in senso positivo il primo interrogativo, vi è da chiedersi se nel caso
di specie l’Amministrazione competente potesse considerarsi tenuta
all’emanazione di un giudizio di compatibilità ambientale successivo all’inizio
delle opere, in forza di una qualche norma derogatoria al principio della
necessaria previetà della VIA.
Ritiene il Collegio che anche la risposta a tale quesito debba essere positiva.
E’ bene ricordare che la presente vicenda prende le mosse dal Decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri del 23.12.2003, con cui è stato dichiarato
lo stato di emergenza in relazione alla situazione determinatasi nel territorio
dell’isola di Lampedusa e nelle prospicienti aree marine.
In tale decreto, dopo aver dato atto della “situazione di estrema criticità
rappresentata dalla regione Siciliana e dal Sindaco di Lampedusa in ordine alle
gravi carenze infrastrutturali del porto dell’isola, le quali, in presenza di
avverse condizioni metereologiche, pregiudicano in modo rilevante i collegamenti
marittimi”, si afferma che “tale contesto incide gravemente sugli interessi
fondamentali dei viaggiatori dell’attività locale, sotto i profili della
sicurezza, dell’approvvigionamento dei beni primari e dell’economia” e determina
una “ineludibile esigenza di garantire adeguate condizioni di sicurezza della
navigazione e delle comunicazioni, igienico-sanitarie, e di tutela da possibili
situazioni di inquinamento, anche rispetto al grave fenomeno dell’immigrazione
clandestina, sia per l’aspetto economico di interesse dell’attività locale che
per quanto concerne quello della custodia e dello smaltimenti dei relitti delle
imbarcazioni”.
Con successiva O.P.C.M. n. 3350 del 16.4.2004 (recante “disposizioni urgenti per
fronteggiare l’emergenza derivante dalla grave situazione ambientale
determinatasi nel territorio dell’isola di Lampedusa e nelle prospicienti aree
marittime”), il Presidente del Consiglio dei Ministri, visto il precedente
decreto e “considerata la condizione di sostanziale inadeguatezza in cui versa
l’intera struttura portuale dell’isola di Lampedusa, a causa della quale è
necessario realizzare opere di adeguamento nel proto di Lampedusa e nell’approdo
di Cala Pisana, al fine di rispondere efficacemente ed in maniera adeguata alle
necessità di trasporto di merci e di persone, nonché di consentire anche
attività di soccorso ed assistenza alle popolazione ed in generale di protezione
civile in condizioni meteo marine avverse; considerato che nel porto dell’isola
di Lampedusa sussiste una grave situazione di pericolo, poiché le imbarcazioni
utilizzate dagli immigrati si presentano come relitti della navigazione in stato
di avanzato degrado ed in pessime condizioni strutturali tanto da aver perso
ogni connotazione di imbarcazione; ritenuto, quindi, che tale ammasso di relitti
cagiona grave pericolo per la sicurezza portuale, in quanto sussiste un elevato
rischio che le unità da pesca e da diporto subiscano danni in conseguenza
dell’urto contro relitti sommersi o alla deriva, e che gli stessi provochino
danni ambientali ed una pregiudizievole modificazione dei fondali marini;
…(omissis)…”; tutto quanto sopra premesso e considerato, ha disposto, per quanto
qui rileva, che: “Il commissario delegato provvede, altresì, al fine di
realizzare un deposito, anche per finalità giudiziarie, alla individuazione di
un’area per lo stoccaggio dei relitti ed imbarcazioni utilizzati dagli immigrati
che approdano nell’isola, ovvero all’adeguamento dei siti già esistenti, nonché
dispone, nella ricorrenza delle condizioni di necessità ed urgenza, per
l’affidamento della custodia dell’intera area a soggetti cui conferire appalti
di servizi con le deroghe di chi all’art. 5 dell’ordinanza. Per le finalità di
cui al comma 2 il Commissario delegato può provvedere alla requisizione o alle
occupazioni di urgenza delle aree per l’attuazione degli interventi, anche a
fini espropriativi, adottando tutte le conseguenti determinazioni, anche
avvalendosi delle deroghe di cui all’art. 5 della presente ordinanza”.
Al detto art. 5, poi, si autorizza, “nel rispetto dei principi generali
dell’ordinamento giuridico, la deroga” ad una serie di norme ivi analiticamente
indicate.
Con successiva O.P.C.M. n. 3410 del 4.3.2005 si è disposto, per quanto qui
rileva, che “per garantire le necessarie condizioni di tutela igienico,
sanitaria ed ambientale, il Commissario autorizza, in deroga alle norme di cui
al comma 3 del presente articolo ed alla disciplina posta dal Piano di gestione
dei rifiuti della Regione siciliana, nell’area individuata con determinazione
sindacale n. 83 del 4 giugno 2004 (l’area di “Taccio Vecchio”, n.d.r.), la
realizzazione delle opere e dei lavori occorrenti per consentire lo stoccaggio
dei relitti e delle imbarcazioni degli immigrati che approdano sull’isola,
avvalendosi delle deroghe di cui all’art. 5 dell’ordinanza 16 aprile 2004 n.
3350; alla realizzazione delle predette opere si provvede nelle more
dell’espletamento delle procedure di autorizzazione all’esercizio delle
operazioni di smaltimento e recupero di cui agli articoli 27 e 28 del decreto
legislativo del 5 febbraio 1997 n. 22, da attivarsi tempestivamente da parte del
Commissario delegato. Per le attività di cui al presente articolo è
temporaneamente autorizzata, nel rispetto dell’ordinamento giuridico, la deroga
agli articoli 6, 9, 14, 17, 19, 27, 28, 50 e 51 bis del decreto legislativo 5
febbraio 1997 n. 22, nonché agli articoli 2, 6, 7, 8, 9, 11, 12, 13 e 16 del
decreto legislativo 13 gennaio 2003 n. 3”.
Se è vero che nelle ordinanze sopra citate non vi è un’espressa deroga alla
normativa dettata in via generale in materia di valutazione di impatto
ambientale, è pur vero che in quella ultima citata si dispone che il Commissario
delegato provveda, nelle more dell’espletamento delle procedure di
autorizzazione all’esercizio delle operazioni di smaltimento e recupero di cui
agli artt. 27 e 28 del decreto legislativo 22/1997, alla realizzazione delle
relative opere, in deroga proprio all’art. 27 del decreto legislativo n.
22/1997, il quale articolo, come detto sopra, prevede la necessaria preventiva
VIA per l’autorizzazione alla realizzazione di un impianto di smaltimento e
recupero dei rifiuti.
Attesa anche la situazione emergenziale sopra descritta e mercè il richiamo tra
le norme derogate all’art. 27 del decreto legislativo n. 22/97, l’autorizzazione
all’immediata realizzazione delle opere di cui si è detto doveva, allora,
ritenersi consentita anche in assenza di VIA, in deroga al principio della sua
previetà (principio che in materia di impianti di smaltimento di rifiuti, a ben
vedere, è contenuto proprio nel - vigente ratione temporis - citato art. 27).
In buona sostanza il Commissario delegato ha proceduto alla realizzazione
immediata delle opere esercitando un potere extra ordinem rinveniente la sua
legittimità tanto nell’art. 2, comma 3 della citata direttiva comunitaria (a
mente del quale comma: “Gli Stati membri, in casi eccezionali, possono esentare
in tutto o in parte un progetto specifico dalle disposizioni della presente
direttiva per l'ambiente”), quanto nel decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri dichiarativo dell’emergenza sull’isola di Lampedusa, in una con le
successive ed attuative OO.PP.CC.MM. (non è un caso, peraltro che sino a tutto
il 2008, per come è pacifico tra le parti, il Sindaco di Lampedusa abbia
autorizzato lo stoccaggio dei rifiuti in questione proprio presso il deposito
per cui è causa in forza di apposite e susseguenti ordinanze contingibili ed
urgenti aventi la stessa natura extra ordinem delle OO.PP.CC.MM. in questione).
A fronte, dunque, di una consentita (per i motivi sopra esposti) iniziale
realizzazione preventiva delle opere, l’ARTA non poteva rifiutare di emettere
una VIA postuma, sicché il provvedimento impugnato n.57368 del 31/7/2007 deve
considerarsi illegittimo e pertanto va annullato.
L’annullamento del primo provvedimento gravato, atteso anche il suo contenuto
(rifiuto di rendere il giudizio di compatibilità ambientale) consente
l’assorbimento degli ulteriori motivi di ricorso, potendosi passare a verificare
la legittimità del secondo provvedimento emanato dall’Amministrazione resistente
in attuazione del giudicato cautelare, portante il giudizio negativo di
compatibilità ambientale ed impugnato con ricorso per motivi aggiunti.
Con una prima doglianza la parte ricorrente lamenta la violazione e falsa
applicazione degli artt. 2, 7 e 8 L.R. 10/2000 –incompetenza, essendo stato
l’atto impugnato adottato dal dirigente del servizio e non già dal competente
dirigente superiore.
Il motivo è infondato.
L’art. 91 della L.R. 3 maggio 2001, rubricato “Norme sulla valutazione di
impatto ambientale”, prevede al comma 1 che “nell'ambito della Regione siciliana
la valutazione di impatto ambientale viene svolta nel rispetto dei principi e
delle disposizioni stabilite dal D.P.R. 12 aprile 1996 atto di indirizzo e
coordinamento per l'attuazione dell'articolo 40, comma 1, della legge 22
febbraio 1994, n. 146, concernente disposizioni in materia di valutazione di
impatto ambientale e dal D.P.C.M. del 3 settembre 1999, nonché dalle
disposizioni contenute nel presente articolo”.
Il successivo comma 2 prevede, poi, che “l’autorità competente in materia di
valutazione di impatto ambientale di competenza regionale è l'Assessorato
regionale del territorio e dell'ambiente”, mentre il comma 3 recita:
“l'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente, ai fini della
formulazione del giudizio di compatibilità ambientale, si avvale di apposito
ufficio ivi istituito, ove sono altresì depositati permanentemente i documenti e
tutti gli atti inerenti i procedimenti conclusi ai fini della consultazione del
pubblico”.
Ne consegue, come confermato anche dal contenuto del contratto di lavoro
individuale prodotto in atti dall’Amministrazione resistente, che è il dirigente
responsabile dell’ufficio in questione a dover adottare le determinazioni in
ordine ai procedimenti di VIA-VAS.
Con un secondo motivo di gravame la parte ricorrente lamenta la violazione e
falsa applicazione dell’allegato A del D.P.R. 12/4/96 e ss.mm.ii., dell’art. 5,
comma 4 DPR 357/97 e ss.mm.i.i, nonché del D.A. 22/10/07 contenente
“disposizioni in materia di valutazione di incidenza attuative dell’art. 1 L.R.
13/07” – ulteriore incompetenza – contraddittorietà manifesta – difetto assoluto
dei presupposti.
La doglianza, per vero, si articola in due differenti censure: con la prima si
deduce che il provvedimento impugnato presuppone che il progetto debba essere
sottoposto necessariamente a VIA perché riguardante rifiuti pericolosi, ma senza
in alcun modo motivare sulla ritenuta pericolosità degli stessi; con la seconda
si deduce che il provvedimento poggia sulla ritenuta non compatibilità tra la
ZPS e la creazione di una discarica ai sensi del D.M. 17.10.2007, art. 5 lett.
K, mentre la normativa invocabile sarebbe quella regionale di cui al D.A.
22/10/07, con il quale si è stabilito che nell’ambito della Regione Siciliana
non trovano applicazione le disposizioni di cui alla delibera del Comitato per
le aree naturali protette del 2.12.1996 e che alle ZPS e ZSC si applicano le
solo misure di conservazione di cui al DPR 357/97 e ss.mm.ii.
In ordine alla prima, osserva il Collegio che l’assoggettabilità delle opere in
questione a VIA, sul presupposto della loro ricomprensione nell’elenco di cui
all’allegato A del D.P.R. 12.4.1996 e ss.mm.ii, non è mai stata fatto oggetto di
contestazione da parte dell’Amministrazione proponente, che anzi, proprio
partendo da tale dato, ha di sua sponte attivato il procedimento in questione.
E’ la stessa Presidenza del Consiglio che, nella relazione tecnica presentata
all’Amministrazione resistente (cfr. sub all. 12 alla memoria in risposta al
ricorso per motivi aggiunti prodotta da Legambiente), qualifica alcuni dei
rifiuti oggetto dello stoccaggio siccome pericolosi (quelli contrassegnati con
l’asterisco), rifiuti questi pacificamente rientranti nelle previsioni di cui al
detto allegato A.
Anche la seconda censura, poi, poggia su un assunto infondato in fatto, posto
che il Decreto Assessoriale 22.10.2007 invocato dalle Amministrazioni ricorrenti
con ordinanza 22//2008 è stato sospeso da questo T.A.R. perché elusivo dei
dettami vincolanti del D.M. 17.10.2007 che pertanto continua a trovare
applicazione nella Regione Sicilia in ragione della competenza esclusiva dello
Stato in materia di ambiente ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lett. S
della Costituzione.
Con un terzo motivo di ricorso la parte ricorrente lamenta difetto assoluto di
motivazione – ulteriore contraddittorietà e travisamento dei fatti – ulteriore
difetto dei presupposti – violazione e falsa applicazione delle Direttive
79/49/CEE e del DPR 357/97 sotto altro profilo – violazione dell’obbligo di
adeguarsi al giudicato cautelare. In forza della vigente disciplina nazionale e
comunitaria i progetti di opere di interesse pubblico che riguardino aree di
interesse comunitario o ZPS, anche quando la valutazione non fornisca la
certezza che l’opera non pregiudichi l’integrità del sito, possono essere
ugualmente realizzati, laddove richiesto da imperative ragioni di rilevante
interesse pubblico, a condizione che lo Stato membro adotti ogni misura
compensativa necessaria a tutelare il sito. L’urgenza e l’impellenza delle
esigenze pubbliche nel caso di specie trova conferma nell’adozione di
provvedimenti contingibili ed urgenti da parte del Sindaco di Lampedusa.
Anche questo motivo è infondato.
Il D.P.R. 357/1997, rubricato “Regolamento recante attuazione della direttiva
92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali,
nonché della fauna e della flora selvatiche”, all’art. 5, commi 9 e 10, prevede
che, “qualora, nonostante le conclusioni negative della valutazione di incidenza
sul sito ed in mancanza di soluzioni alternative possibili, il piano o
l'intervento debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante
interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale ed economica, le
amministrazioni competenti adottano ogni misura compensativa necessaria per
garantire la coerenza globale della rete "Natura 2000" e ne danno comunicazione
al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio per le finalità di cui
all' articolo 13. Qualora nei siti ricadano tipi di habitat naturali e specie
prioritari, il piano o l'intervento di cui sia stata valutata l'incidenza
negativa sul sito di importanza comunitaria, può essere realizzato soltanto con
riferimento ad esigenze connesse alla salute dell'uomo e alla sicurezza pubblica
o ad esigenze di primaria importanza per l'ambiente, ovvero, previo parere della
Commissione europea, per altri motivi imperativi di rilevante interesse
pubblico”.
Il D.M. 17.10.2007, rubricato “Criteri minimi uniformi per la definizione di
misure di conservazione relative a Zone speciali di conservazione (ZSC) ed a
Zone di protezione speciale (ZPS), all’art. 5, comma 1, vieta nelle ZPS la
realizzazione di tutta una serie di opere, tra cui, per quanto qui rileva,
“nuove discariche o nuovi impianti di trattamento e smaltimento di fanghi e
rifiuti nonché ampliamento di quelli esistenti in termine di superficie, fatte
salve le discariche per inerti” (lett. K).
L’art. 1, ultimo comma del medesimo decreto, tuttavia, prevede che “per ragioni
connesse alla salute dell'uomo e alla sicurezza pubblica o relative a
conseguenze positive di primaria importanza per l'ambiente, si può provvedere
all'autorizzazione di interventi o progetti eventualmente in contrasto con i
criteri indicati nel presente atto, in ogni caso previa valutazione di
incidenza, adottando ogni misura compensativa atta a garantire la coerenza
globale della rete Natura 2000”.
Esaminando il tessuto normativo sopra tracciato, dunque, può convenirsi con le
Amministrazioni ricorrenti sul rilievo che, anche a fronte di un giudizio di
compatibilità ambientale negativo, gli interventi o i progetti oggetto di
verifica possono comunque essere “autorizzati”, laddove ricorrano quei pregnanti
ed eccezionali motivi di interesse pubblico espressamente indicati dal
legislatore.
Ciò su cui non si può convenire, invece, è che della ponderazione di tali
interessi e del giudizio di prevalenza debba farsi carico l’autorità preposta al
giudizio di compatibilità ambientale in sede di verifica della stessa.
Come è chiaro dalla lettura delle norme sopra dette, invece, la ponderazione ed
il giudizio di prevalenza de quibus intervengono in un momento successivo al
giudizio negativo di compatibilità ambientale e gravano sui soggetti preposti
all’autorizzazione dell’opera, soggetti che, acquisita la previa VIA negativa,
sono chiamati a vagliare ed esternare le eccezionali e prevalenti ragioni
pubbliche (per come tipizzate dal legislatore) che eventualmente impongano
comunque la realizzazione dell’intervento.
Alla luce delle considerazioni che precedono, dunque, deve ritenersi non
inficiato dai vizi sopra detti il provvedimento di verifica negativa di
compatibilità ambientale gravato con ricorso per motivi aggiunti.
Con l’ultimo motivo di ricorso, poi, le Amministrazioni ricorrenti, lamentando i
vizi di “illegittimità derivata- ulteriore incompetenza – contraddittorietà e
sviamento ulteriore”, sostengono che l’ordine all’Amministrazione proponente di
presentare un progetto di recupero ambientale del sito non avrebbe alcuna
copertura normativa ed in ogni caso non tiene conto del fatto che l’avanzata
utilizzazione del sito è ascrivibile ai provvedimenti contingibili ed urgenti
adottati dal Sindaco facendo leva sui suoi potere extra ordinem in materia di
sanità ed ordine pubblico.
L’art. 29 del Codice dell’Ambiente prevede al comma 3 che “qualora si accertino
violazioni delle prescrizioni impartite o modifiche progettuali tali da incidere
sugli esiti e sulle risultanze finali delle fasi di verifica di assoggettabilità
e di valutazione, l'autorità competente, previa eventuale sospensione dei
lavori, impone al proponente l'adeguamento dell'opera o intervento, stabilendone
i termini e le modalità’. Qualora il proponente non adempia a quanto imposto,
l'autorità' competente provvede d'ufficio a spese dell'inadempiente. Il recupero
di tali spese e' effettuato con le modalità' e gli effetti previsti dal regio
decreto 14 aprile 1910, n. 639, sulla riscossione delle entrate patrimoniali
dello Stato'”. Il comma IV, poi, stabilisce che “nel caso di opere ed interventi
realizzati senza la previa sottoposizione alle fasi di verifica di
assoggettabilità o di valutazione in violazione delle disposizioni di cui al
presente Titolo III, nonché nel caso di difformità' sostanziali da quanto
disposto dai provvedimenti finali, l'autorità' competente, valutata l'entità del
pregiudizio ambientale arrecato e quello conseguente alla applicazione della
sanzione, dispone la sospensione dei lavori e può disporre la demolizione ed il
ripristino dello stato dei luoghi e della situazione ambientale a cura e spese
del responsabile, definendone i termini e le modalità'. In caso di
inottemperanza, l'autorità competente provvede d'ufficio a spese
dell'inadempiente. Il recupero di tali spese e' effettuato con le modalità e gli
effetti previsti dal testo unico delle disposizioni di legge relative alla
riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato approvato con regio decreto
14 aprile 1910, n. 639, sulla riscossione delle entrate patrimoniali dello
Stato”.
Ritiene il Collegio che l’autorità competente nel caso di specie debba sì essere
individuata nell’ente preposto al giudizio di compatibilità ambientale, per come
reso palese dal rilievo che esso solo può procedere alla “valutazione
dell’entità del pregiudizio ambientale arrecato”, sicché, in presenza di una VIA
negativa, appare correttala determinazione dell’ARTA di imporre alle
Amministrazioni ricorrenti di presentare un progetto di recupero ambientale del
sito.
L’assunto delle Amministrazioni ricorrenti secondo cui le opere in questione
sarebbero state realizzate dal Sindaco di Lampedusa con le ordinanze
contingibili ed urgenti non ha alcun riscontro processuale e si pone in
contrasto con le risultanze documentali dell’istruttoria.
Alla luce delle considerazioni che precedono, dunque, anche il ricorso per
motivi aggiunti deve essere rigettato.
Deve essere rigettata, infine, la domanda di risarcimento danni spiegata dalle
Amministrazioni ricorrenti nei confronti delle parti resistenti, attesa la
legittimità sostanziale dell’operato dell’ARTA.
Le spese di lite possono essere compensate, avuto riguardo alla soccombenza
reciproca, nonché alla complessità ed alla novità delle questioni trattate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione Prima, accoglie il
ricorso principale e per l’effetto annulla i provvedimenti con esso impugnati;
respinge il ricorso per motivi aggiunti.
Compensa tra le parti le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nelle camere di consiglio dei giorni 27 ottobre 2009 e 15
gennaio 2010, con l'intervento dei Magistrati:
Nicola Maisano, Presidente FF
Aurora Lento, Primo Referendario
Pier Luigi Tomaiuoli, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20/01/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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