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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006  - ISSN 1974-9562

 

 

TAR SICILIA, Palermo, Sez. I, 20 gennaio 2010, n. 583
 

DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO - Sospensione in sede cautelare degli effetti di un provvedimento - Adeguamento dell’amministrazione - Improcedibilità del ricorso o cessazione della materia del contendere - Inconfigurabilità - Ragioni. Nel caso in cui il giudice amministrativo abbia sospeso in sede cautelare gli effetti di un provvedimento e l'amministrazione si sia adeguata con un atto consequenziale al contenuto dell'ordinanza cautelare, non è configurabile l'improcedibilità del ricorso o la cessazione della materia del contendere, atteso che l'adozione non spontanea dell'atto consequenziale, con cui l'amministrazione dà esecuzione all'ordinanza di sospensione degli effetti di un provvedimento, non comporta la révoca del precedente provvedimento sospeso ed ha una rilevanza provvisoria, in attesa che la sentenza di merito accerti se il provvedimento sospeso sia o meno legittimo, salvo il caso in cui il contenuto della motivata ordinanza cautelare sia tanto condiviso dall'amministrazione da indurre questa a ritirare il precedente provvedimento già sospeso, sostituendolo con un nuovo atto, senza attendere il giudicato sul suo prevedibile annullamento (C.d.S., Sez. IV, 5.8.2005, n. 4165; cfr. poi, in termini, C.G.A, nn. 478 e 479 del 25.5.2009; T.A.R. Lombardia Brescia, Sez. I, 30 luglio 2008 , n. 843 T.A.R. Lazio Roma, Sez. II, 07 settembre 2006, n. 8092). Pres. f.f. Maisano, Est. Tomaiuoli - Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Protezione Civile e altro (Avv. Stato) c. Assessorato Regionale del territorio e dell’ambiente della Regione Sicilia (avv.ti Arcadipane, Cordovana e Spedale) e Comune di Lampedusa e Linosa (avv. Parlato) - TAR SICILIA, Palermo, Sez. I - 20 gennaio 2010, n. 583

VIA - AREE PROTETTE - Progetti assoggettati a VIA interessanti P-SIC, SIC o ZPS - Valutazione di incidenza - Assorbimento nell’ambito della procedura di VIA - Art. 5, c. 4 d.P.R. n. 357/97. Ai sensi dell’art. 5, c. 4 del d.P.R. n. 357/1997, per i progetti assoggettati a procedura di valutazione di impatto ambientale che interessano proposti siti di importanza comunitaria, siti di importanza comunitaria e zone speciali di conservazione, la valutazione di incidenza è ricompresa nell'ambito della procedura di V.I.A., che, in tal caso, considera anche gli effetti diretti ed indiretti dei progetti sugli habitat e sulle specie per i quali detti siti e zone sono stati individuati. (cfr. C.d.S., Sez. VI, 22 novembre 2006, n. 6831). Pres. f.f. Maisano, Est. Tomaiuoli - Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Protezione Civile e altro (Avv. Stato) c. Assessorato Regionale del territorio e dell’ambiente della Regione Sicilia (avv.ti Arcadipane, Cordovana e Spedale) e Comune di Lampedusa e Linosa (avv. Parlato) - TAR SICILIA, Palermo, Sez. I - 20 gennaio 2010, n. 583

VIA - Atti di autorizzazione o approvazione non preceduti da VIA - Sanzione della nullità - Art. 4, ultimo comma, d.lgs. n. 152/2006 - Disciplina ante e post novella ex d.lgs. n. 3/2008. Mentre il legislatore del 2006 all’art. 4, ult. comma del Codice dell’Ambiente, aveva previsto la più grave sanzione della nullità degli atti di autorizzazione od approvazione non preceduti dalla VIA, con l’art. 1, comma 3 del D.Lg.vo 16.1.2008 n. 3, che ha modificato il citato art. 29 del D. Lg.vo 152/2006, si è tornati all’inquadramento della violazione di legge in esame nella generale categoria dell’annullamento (per la “sola” annullabilità, prima dell’entrata in vigore del Codice dell’Ambiente, si era già espresso C.d.S, Sez. VI, 3 marzo 2006, n. 1023). Pres. f.f. Maisano, Est. Tomaiuoli - Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Protezione Civile e altro (Avv. Stato) c. Assessorato Regionale del territorio e dell’ambiente della Regione Sicilia (avv.ti Arcadipane, Cordovana e Spedale) e Comune di Lampedusa e Linosa (avv. Parlato) - TAR SICILIA, Palermo, Sez. I - 20 gennaio 2010, n. 583

VIA - Procedimento - Natura - Mezzo preventivo di tutela ambientale - VIA postuma alla realizzazione dell’opera - Illegittimità. Il procedimento di valutazione di impatto ambientale è per sua natura e configurazione normativa un mezzo preventivo di tutela dell'ambiente, che si svolge prima rispetto all'approvazione del progetto (il quale deve essere modificato secondo le prescrizioni intese ad eliminare o ridurre l'incidenza negativa dell’opera progettata) e conseguentemente prima della realizzazione dell’opera (fisiologicamente successiva all’approvazione del progetto). La natura ontologicamente preventiva della V.I.A. è costantemente affermata tanto dalla giurisprudenza comunitaria (cfr. Corte Giustizia CE, Sez. II, 03 luglio 2008, nella causa C-215/06, nonché Corte Giustizia CE, Sez. II, 05 luglio 2007, nella causa C-255/05), quanto da quella nazionale (T.A.R. Liguria Genova, Sez. I, 15 giugno 2006, n. 563; nonché T.A.R. Puglia Bari, Sez. I, 10 aprile 2008 , n. 894; T.A.R. Liguria Genova, Sez. I, 16 febbraio 2008, n. 306; T.A.R. Lombardia Brescia, Sez. I, 11 agosto 2007, n. 726). Ne consegue che una VIA postuma all’autorizzazione dell’opera e allo svolgimento dei lavori deve considerarsi illegittima, perché adottata in violazione dei precetti comunitari (dr. 85/337) e nazionali (artt. 3 ter e 29 del d.lgs. n. 152/2006) improntati al principi di precauzione e prevenzione dell’azione ambientale. Pres. f.f. Maisano, Est. Tomaiuoli - Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Protezione Civile e altro (Avv. Stato) c. Assessorato Regionale del territorio e dell’ambiente della Regione Sicilia (avv.ti Arcadipane, Cordovana e Spedale) e Comune di Lampedusa e Linosa (avv. Parlato) - TAR SICILIA, Palermo, Sez. I - 20 gennaio 2010, n. 583

VIA - Amministrazione preposta al giudizio di compatibilità - Pronuncia successiva alla realizzazione delle opere - Obbligatorietà - Esclusione.
In linea di principio, l’Amministrazione preposta al giudizio di compatibilità ambientale non può considerarsi tenuta ad esprimere tale giudizio dopo l’inizio delle opere. Pres. f.f. Maisano, Est. Tomaiuoli - Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Protezione Civile e altro (Avv. Stato) c. Assessorato Regionale del territorio e dell’ambiente della Regione Sicilia (avv.ti Arcadipane, Cordovana e Spedale) e Comune di Lampedusa e Linosa (avv. Parlato) - TAR SICILIA, Palermo, Sez. I - 20 gennaio 2010, n. 583

VIA - Giudizio di compatibilità ambientale negativo - Interventi o progetti oggetto di verifica - realizzabilità in funzione di eccezionali motivi di interesse pubblico - Art. 5, cc. 9 e 10 d.P.R. n. 357/97 - Art. 1, ult. comma, D.M. 17/10/2007 - Ponderazione e giudizio di prevalenza - Soggetti preposti all’autorizzazione dell’opera.
Anche a fronte di un giudizio di compatibilità ambientale negativo, gli interventi o i progetti oggetto di verifica possono comunque essere “autorizzati”, laddove ricorrano quei pregnanti ed eccezionali motivi di interesse pubblico espressamente indicati dal legislatore (cfr.art. 5, cc. 9 e 10 del d.P.R. n. 357/97 e art. 1, ultimo comma, D.M. 17/10/2007). La ponderazione ed il giudizio di prevalenza degli interessi de quibus intervengono in un momento successivo al giudizio negativo di compatibilità ambientale e gravano sui soggetti preposti all’autorizzazione dell’opera, soggetti che, acquisita la previa VIA negativa, sono chiamati a vagliare ed esternare le eccezionali e prevalenti ragioni pubbliche (per come tipizzate dal legislatore) che eventualmente impongano comunque la realizzazione dell’intervento. Pres. f.f. Maisano, Est. Tomaiuoli - Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Protezione Civile e altro (Avv. Stato) c. Assessorato Regionale del territorio e dell’ambiente della Regione Sicilia (avv.ti Arcadipane, Cordovana e Spedale) e Comune di Lampedusa e Linosa (avv. Parlato) - TAR SICILIA, Palermo, Sez. I - 20 gennaio 2010, n. 583
 

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


 

N. 00583/2010 REG.SEN.
N. 02125/2007 REG.RIC.

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Prima)



ha pronunciato la presente


SENTENZA



Sul ricorso numero di registro generale 2125 del 2007, integrato da motivi aggiunti, proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Protezione Civile, in persona del legale rappresentante p.t., e dal Commissario pro tempore delegato per l’emergenza nell’isola di Lampedusa, entrambi rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso i cui uffici domiciliano per legge in Palermo, via A. De Gasperi n. 81;


contro


Assessorato Regionale del territorio e dell’ambiente della Regione Sicilia, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli Avv. Michele Arcadipane, Caterina Rosaria Cordovana, Francesca Spedale, con domicilio eletto presso l’Ufficio legislativo e legale della Regione siciliana sito in Palermo, Via Caltanisetta n. 2/C; Comune di Lampedusa e Linosa, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'Avv. Gaetana Rita Parlato, con domicilio eletto presso il suo studio sito in Palermo, via Noto n.12;

nei confronti di

Associazione Legambiente, Comitato Regionale Siciliano Onlus, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. Nicola Giudice, con domicilio eletto presso il suo studio sito in Palermo, via M. D'Azeglio n. 27/C; Edilmeccanica G. Campione S.r.l. - Agrigento;

per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,

con ricorso principale:

- della nota ARTA – Dipartimento Territorio e Ambiente - Servizio 2 VAS VIA U.O. impianti per la gestione dei rifiuti ed opere idrauliche – n.57368 del 31/7/2007 con la quale è stato negato il giudizio di compatibilità ambientale ex art.5 DPR 12/4/96 e ss.mm.ii.;
- della valutazione di incidenza ex art.5 DPR 357/97 e ss.mm.ii.;
- della nota presupposta n.55/07 dell’11/7/2007 dell’Associazione Legambiente quale ente gestore del RNO “Isola di Lampedusa”;
- dell’eventuale determinazione comunale di rilocalizzazione del sito di stoccaggio;

con ricorso per motivi aggiunti:

- della nota ARTA Dipartimento Territorio e Ambiente Servizio 2 VAS VIA U.O. n.671 del 14/7/08, con cui si è espresso giudizio negativo di compatibilità ambientale, ex DPR 12/4/96 e ss.mm.ii, sul progetto per la realizzazione di un impianto di stoccaggio di relitti ed imbarcazioni, da realizzarsi sull'isola di Lampedusa e si è onerato il ricorrente di trasmettere il progetto di ripristino ambientale;
- della nota ARTA 22/1/2007 n.4488 che dispone la sottoposizione del progetto a VIA e valutazione di incidenza;
- della nota ARTA 21/12/2007, contenente parere negativo interlocutorio;
- del parere negativo espresso dall'Ente Gestore "Legambiente";
- del rapporto istruttorio 8/7/2008 n.1211 redatto dall'U.O. Impianti per la gestione dei rifiuti ed opere idrauliche.


Visto il ricorso ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Assessorato Regionale del Territorio e dell'Ambiente;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Lampedusa e Linosa;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Associazione. Legambiente-Ente Gestore Rno Isola di Lampedusa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 ottobre 2009 il dott. Pier Luigi Tomaiuoli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO


Con ricorso ritualmente notificato alle Amministrazioni resistenti ed ai controinteressati di cui in epigrafe la Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il Commissario pro tempore delegato per l’emergenza nell’isola di Lampedusa, premesso che gli atti impugnati afferiscono alla localizzazione ed utilizzazione dell’area destinata allo stoccaggio dei relitti delle imbarcazioni utilizzate per il trasporto di immigrati clandestini; che con OPCM n. 3350 del 16.4.2004 il Commissario delegato era stato incaricato di provvedere all’individuazione di un’area idonea per lo stoccaggio anche avvalendosi dei poteri derogatori di cui all’art. 5 della medesima ordinanza, il tutto per fronteggiare lo stato di emergenza dichiarato con DPCM del 23.12.2003 e prorogato con DPCM del 27.10.2006; che l’art. 6 della detta OPCM aveva previsto che per la realizzazione del sito fossero impiegate determinate risorse a carico della Regione Siciliana; che l’area da utilizzare, individuata nel NCEU al foglio 6, part. 13, estesa mq 5.000 e adiacente ad esistente discarica, era stata assegnata dal Sindaco del Comune di Lampedusa e Linosa con ordinanza n. 83 4.6.2004, ed in esecuzione di apposito provvedimento commissariale n. 31/04 era stata votata al fine in questione; che era seguita l’approvazione di variante al piano di fabbricazione dell’isola di Lampedusa adottata con delibera consiliare n. 38/04 per modificare la zona interessata allo stoccaggio da classe E a classe F; che sull’area in esame insistono vincoli ex lege 1479/39, paesaggistico ex D.A. 12/7/83 ed idrogeologico ex R.D. 3267/23; che, all’esito di apposita selezione, le opere di realizzazione erano state aggiudicate alla Edilmeccanica s.r.l.; che con ordinanza 3410/2005 erano state previste deroghe alla disciplina di cui al piano regionale di gestione dei rifiuti ed alle modalità di consegna dei lavori; che in data 4.9.06 si era convenuto di procedere alla convocazione di una conferenza dei servizi ex art. 14 ter L. 241/90 come derogato dall’art. 5 dell’OPCM 3305/04 con la partecipazione di tutte le Amministrazioni preposte al rilascio delle necessarie autorizzazioni e cioè il Commissario Delegato, la Soprintendenza ai Beni Culturali ed Ambientali, l’Ispettorato Dipartimentale delle Foreste, l’ARTA ed in particolare il servizio VIA VAS; che, trasmessi in data 7.9.2006 a tutti i partecipanti gli elaborati progettuali, la conferenza si era tenuta il successivo 3 ottobre con l’effettiva partecipazione del RUP, della D.L., dell’impresa, del Dirigente della DRPC di Agrigento, mentre l’Ispettorato delle Foreste aveva richiesto integrazioni documentali comunicando la propria indisponibilità alla partecipazione; che, trasmesso indi a tutti i soggetti il verbale della conferenza dei servizi, il 17 ottobre si era provveduto alla consegna dei lavori in via d’urgenza; che in data 5.4.07 l’ARTA aveva comunicato la necessità di “produrre Valutazione di impatto ambientale e valutazione di incidenza, ricadendo l’intervento in un’area ricompresa all’interno del SIC ITA 04002 Isola di Lampedusa e Linosa”; che pertanto il Commissario, in data 31.5.2007, aveva provveduto all’invio di tutta la documentazione necessaria comprensiva dello studio per VIA; che si era proceduto alla sospensione dei lavori con decorrenza 1.6.2007 ed in data 26 giugno era crollato un breve tratto di muro di confine per circa 40 mt., a causa della cattiva manutenzione delle opere ed alla scarsa qualità dei materiali utilizzati; che, a seguito del crollo, i Vigili Urbani di Lampedusa avevano provveduto al sequestro dell’area; che già alcuni giorni prima l’Ente Gestore della Riserva aveva richiesto al Commissario alcune integrazioni allo studio VIA già prodotto, integrazioni rimesse in data 19 luglio, allorquando la direzione dei lavori aveva richiesto al Comune di Lampedusa il dissequestro dell’area; che il successivo 31 luglio l’ARTA aveva adottato il provvedimento impugnato, “vista la nota di Legambiente del giorno 11 luglio con la quale si comunicava che parte delle opere in oggetto erano state già realizzate”; che al non liquet sull’istanza dei ricorrenti l’Amministrazione regionale aveva accompagnato anche l’ordine di ripristino del sito; tutto quanto sopra premesso, ha impugnato i provvedimenti di cui in epigrafe lamentandone l’illegittimità per: 1) violazione e falsa applicazione dell’art. 5 DPR 357/97 e ss.mm.ii. in relazione all’art. 91, comma 6 L.R. 6/01 – violazione dell’art. 3 L. 241/90 e della L.R. 10/91 – travisamento dei fatti e motivazione insussistente: per i progetti assoggettati a VIA che interessano i siti di importanza comunitaria, ZPS e ZSC, la valutazione di incidenza è ricompresa nella procedura di VIA, sicché oggetto di valutazione è un unico progetto, regolarmente presentato dal Commissario Delegato; 2) ulteriore violazione e falsa applicazione delle norme di cui alla precedente rubrica – violazione e falsa applicazione dei principi generali in materia di attività procedimentalizzata – incompetenza- carenza assoluta di motivazione, poiché il provvedimento dell’Amministrazione regionale si risolve in un vero e proprio illegittimo rifiuto di esercitare le funzioni conferitele dalla legge, a nulla rilevando che l’opera da assentire sia già stata iniziata in forza di provvedimento normativo d’urgenza; 3) violazione e falsa applicazione delle direttive 409/CEE e 93/43/CEE e del DPR 357/97 sotto altro profilo – ulteriore difetto assoluto di pertinente motivazione - travisamento: la normativa comunitaria prevede che, anche laddove la VIA non fornisca la certezza che l’opera non pregiudicherà il sito interessato, essa può essere ugualmente realizzata laddove richiesto da imperative ragioni di rilevante interesse pubblico, a condizione che lo Stato adotti ogni misura compensativa necessaria a tutelare il sito; 4) ulteriore violazione dell’art. 5 DPR 357/97 – motivazione carente e contraddittoria – difetto assoluto di istruttoria – incompetenza – sviamento dalla causa tipica: il provvedimento impugnato rinvia senza alcuna motivata valutazione alla nota di Legambiente, organo gestore della RNO, mentre l’art.5 del DPR 120/03 dispone semplicemente che tale organo debba essere sentito in corso di VIA, effettuata direttamente dal proponente; 5) violazione e falsa applicazione dell’art. 5, comma 6 del DPR 357/97 e ss.mm.ii. – violazione dell’obbligo di non aggravare il procedimento – travisamento dei fatti ed erroneità dei presupposti – contraddittorietà con precedenti manifestazioni ed illogicità manifesta: l’art. 5, comma 6 del DPR 357/97 prevede che l’Autorità chiamata ad effettuare le verifiche sulla VIA possa chiedere una sola volta integrazioni del progetto ed all’esito debba valutare l’avvenuto adeguamento dello stesso alle indicazioni fornite, non certo che possa rifiutare di esercitare la funzione attribuitale dalla legge; 6) incompetenza assoluta – eccesso di potere per ulteriore sviamento dalla causa tipica, non avendo l’Amministrazione resistente (ed in particolare il dirigente della singola unità operativa dell’Assessorato) il potere di ordinare il ripristino ambientale ante operam del sito di progetto; 7) violazione e falsa applicazione dell’art. 14 ter L. 241/90 – ulteriore violazione e falsa applicazione dell’art. 5, comma 6 del DPR 357/97 e ss.mm.ii.. – ulteriore illogicità manifesta – ulteriore difetto di motivazione – illegittimità derivata, non potendo il Servizio VIA-VAS richiedere un parere a soggetti terzi quale l’ente gestore e non potendo ignorare l’apporto integrativo e documentale richiesto e fornito dal Commissario delegato; 8) illegittimità derivata- eccesso di potere per assoluto difetto di istruttoria – sviamento dalla causa tipica e inammissibile travisamento dei fatti: nella nota endoprocedimentale posta alla base dell’atto impugnato l’ente gestore assume erroneamente che gran parte dei lavori erano stati realizzati senza acquisire le previe autorizzazioni di legge, mentre era stata indetta una conferenza di servizi cui erano state invitate tutte le Amministrazioni interessate e nell’ambito della quale non si erano registrate opposizioni da alcuna di esse (il Corpo Forestale, peraltro, aveva fatto pervenire espresso nulla osta), inoltre i lavori realizzati corrispondevano solo al 10% di quelli previsti in progetto (rispetto ai quali erano assolutamente conformi) ed il crollo era da imputare semplicemente ad una realizzazione non ad opera d’arte; 9) eccesso di potere per contraddittorietà, avendo l’ente gestore da un lato affermato di non potere rendere alcun parere sui lavori in quanto già realizzati e dall’altro rilevato l’esistenza di evidenti difformità tra i lavori eseguiti e le previsioni progettuali; 10) carenza assoluta di istruttoria, ulteriore contradditorietà ed illogicità manifesta, poiché il parere dell’ente gestore non tiene in considerazione il fatto che la localizzazione dell’area era avvenuta con la piena e leale collaborazione del Comune di Lampedusa, il quale Comune aveva provveduto ad adottare a tale specifico fine una variante al PDF; 11) eccesso di potere per contraddittorietà manifesta – difetto assoluto di motivazione, violazione dell’art. 10 L. 241/90 e L.R. 10/91 – illegittimità derivata e sviamento: solo in via prudenziale si contestano eventuali e sconosciuti provvedimenti adottati da parte del Comune ipoteticamente volti a modificare la localizzazione concordata con l’Amministrazione ricorrente, in quanto violativi dell’obbligo di leale collaborazione e cooperazione gravante su tutte le Amministrazioni nazionali al fine di adempiere agli obblighi di matrice comunitaria; 12) violazione e falsa applicazione dell’art. 10 bis L. 241/90, non avendo l’Amministrazione resistente comunicato alla ricorrente i motivi ostativi all’accoglimento della domanda, peraltro in presenza di precedenti determinazioni favorevoli ancorchè parziali e di un provvedimento conclusivo con connotazioni anche sanzionatorie; la parte ricorrente ha poi spiegato nei confronti dell’Amministrazione regionale e di Legambiente domanda di risarcimento dei danni subiti, quantificati in misura non inferiore a 2 milioni di euro e derivanti dai costi di smaltimento e di realizzazione della struttura realizzata, nonché dagli oneri sostenuti per gli appalti affidati e per la gestione del personale.

Si è costituita l’Assessorato regionale del territorio e dell’ambiente della Regione siciliana, eccependo in primo luogo che tra i poteri conferiti al Commissario delegato con l’O.P.C.M. n. 3350 del 16.4.2004 vi è quello di provvedere “all’individuazione di un’area idonea per lo stoccaggio dei rifiuti” al sol fine di realizzare un deposito, non l’autorizzazione alla realizzazione di una discarica di rifiuti; che tra le norme derogabili da parte del Commissario l’art. 5 dell’O.P.C.M. non contempla alcuna disposizione del cosiddetto Decreto Ronchi, né la normativa statale o regionale in materia di valutazione d’impatto ambientale e di valutazione d’incidenza; che è indubbia la ricomprensione della valutazione d’incidenza nella valutazione d’impatto ambientale per i progetti ricadenti in siti d’importanza comunitaria (S.I.C.), proposti siti d’importanza comunitaria (P.S.I.C.) e zone di protezione speciale o zone speciali di conservazione (Z.P.S.); che laddove è prevista la VIA la conferenza di servizi può esprimersi solo dopo avere acquisto la valutazione medesima; che l’ARTA non aveva richiesto un’integrazione documentale con la nota del 22 gennaio, né aveva espresso un primo avviso parziale con la nota del 5.4.2007, tanto è vero che la richiesta di giudizio di compatibilità ambientale ed il relativo (ed incompleto) studio erano stati presentati dal Commissario delegato solo in data 1 giugno 2007; che la VIA, regolata nella regione siciliana dall’art. 91 L.R. 3.5.2001 n. 6, in attuazione del D.P.R. 12.4.1996, per come modificato dal D.P.C.M. 3 settembre 1999, è atto di autorizzazione necessariamente preventivo alla realizzazione delle opere; che sia la direttiva comunitaria habitat (92/43/CEE) sia la L. 357/1997 prevedono la possibilità di realizzare straordinariamente un intervento per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, ma ciò può avvenire solo a seguito di conclusioni negative della valutazione di incidenza e solo “in mancanza di soluzioni alternative possibili”, dandone comunicazione al Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e, tramite esso, alla Commissione Europea, ferma restando ex art. 4, comma 5 del D.L.vo 165/2006 la nullità degli atti amministrativi di approvazione o autorizzazione di una opera o di un progetto privi del presupposto della preventiva valutazione d’impatto ambientale obbligatoria; che in ogni caso l’esito del provvedimento impugnato non avrebbe potuto essere diverso, poiché i lavori realizzati sono già difformi da quelli progettati, il che impone la previa rimessione in pristino dei luoghi oggetto di valutazione; che l’art. 6 dell’O.P.C.M. del 16 aprile 2004 prevede che gli oneri derivanti dall’attuazione dell’ordinanza sono “a valere sulle risorse a carico del bilancio della Regione”; tutto quanto sopra premesso, ha concluso per il rigetto del ricorso avversario.

Si è costituito anche il Comune di Lampedusa e Linosa, eccependo che con ordinanza 16 aprile 2004 n. 3350 era stato nominato il Commissario delegato per l’emergenza e la crisi ambientale dell’Isola di Lampedusa; che con nota dell’11 maggio 2004 n. 18 il predetto Commissario aveva chiesto l’assegnazione di un’area idonea per lo stoccaggio dei relitti delle imbarcazioni utilizzate dagli immigrati clandestini approdanti sull’Isola; che il Comune, ritenendo l’operazione di stoccaggio necessaria ed urgente, anche al fine di procedere ad uno stabile disinquinamento del porto, con determinazione sindacale del 4 giugno 2004 n. 83 aveva messo a disposizione del Commissario la superficie di area comunale sita in contrada Taccio Vecchio di Lampedusa, iscritta in catasto al foglio 6, part. 13, per una estensione di mq 5.000; che con successiva nota del 18.10.2004 l’Ufficio Tecnico – Settore Urbanistica aveva attestato che l’are in questione ricade in zona agricola E, sottoposta a vincolo paesaggistico ex L. n. 1497/39 ed a vincolo idrogeologico ex R.D. n. 3267/2; che pertanto il Consiglio Comunale di Lampedusa con deliberazione n. 38 del 26.11.2004 aveva apportato una variante al programma di fabbricazione, modificando la sua classificazione da zona E a zona F; che il Dipartimento della Protezione Civile aveva quindi affidato l’esecuzione dei lavori all’impresa Edilmeccanica di Agrigento; che con nota 26.6.2007 Legambiente, in qualità di soggetto gestore della riserva naturale “Isola di Lampedusa”, aveva reso noto che nel cantiere in questione alcune opere erano crollate; che in data 27.6.2007 il Comando di Polizia Municipale dell’Amministrazione comunale aveva proceduto al sequestro dell’area; che il Direttore dei Lavori aveva rappresentato al Sindaco del Comune di Lampedusa la disponibilità dell’impresa affidataria delle opere a demolire e ricostruire la parte del manufatto crollato; che nel frattempo l’Ente Gestore aveva comunicato la propria intenzione di non fornire un parere sul progetto delle opere in questione; che l’Amministrazione Comunale, al fine di eliminare le conseguenze dannose del cedimento, aveva disposto la rimozione dei sigilli per consentire all’Edilmeccanica di intervenire sui luoghi; che pertanto il ricorso è inammissibile nei propri confronti, attesa l’inesistenza di un proprio qualsivoglia provvedimento in materia; che essa, in piena collaborazione con la Protezione Civile, aveva adottato una specifica variante al PDF al fine di modificare la classificazione dell’area localizzata per lo stoccaggio; che l’Ente locale aveva sempre operato in un rapporto di cooperazione con tutte le Amministrazioni coinvolte al fine di risolvere la situazione emergenziale; che, pertanto, infondate sono anche le domande di indennizzo e risarcimento spiegate nei propri confronti; che è proprio interesse arrivare ad una definizione positiva del procedimento di verifica della compatibilità ambientale delle opere in questione; tutto quanto sopra eccepito, ha concluso per la declaratoria d’inammissibilità del ricorso nei propri confronti ovvero per il suo rigetto nel merito.

Si è costituita l’Associazione Legambiente – Comitato Regionale Siciliano, in qualità di Ente Gestore della Riserva Naturale Orientata Isola di Lampedusa, eccependo la legittimità del proprio operato; in particolare che l’area individuata dal Sindaco di Lampedusa per lo stoccaggio dei relitti e delle imbarcazioni utilizzate dagli immigrati è sottoposta ad un plurimo regime di vincoli di natura ambientale ed urbanistica; che essa, infatti, classificata come zona E agricola, ricade in area sottoposta a vincolo paesaggistico ed idrogeologico e soprattutto all’interno della Zona di Protezione Speciale ITA040013 – Arcipelago delle Pelagie e del Sito di Importanza Comunitaria ITA0040002 – Isola di Lampedusa, individuata dal Ministero dell’Ambiente su proposta della Regione Siciliana ed in attuazione delle Direttive Comunitarie 92/42/CEE e 79/409/CEE; che con OPCM n.3410 del 4.2.2005 era stato nominato Commissario Delegato per l’Emergenza il Capo del Dipartimento della Protezione Civile; che con la medesima ordinanza era stato previsto lo stoccaggio provvisorio delle imbarcazioni in apposita area, in deroga al Piano di Gestione dei Rifiuti della Regione Siciliana, nonché la realizzazione di una distinta area definitiva dei relitti e delle imbarcazioni nel sito individuato dal Comune con la determinazione sindacale del 4.6.2004; che il predetto Commissario era stato autorizzato anche alla realizzazione dell’area di stoccaggio definitivo, nelle more dell’espletamento delle procedure di autorizzazione all’esercizio delle operazioni di smaltimenti e recupero delle imbarcazioni di cui agli artt. 27 e 28 del D.L.vo 22/97; che nessuna ordinanza, dunque, ha mai disposto deroghe alle normative sulla Valutazione di impatto ambientale (DPR 124/1996), sulla tutela delle Zone di Protezione Speciale e dei Siti di Importanza Comunitaria (DPR 357/97 e DPR 120/2003) e sulle aree naturali protette (legge 394/91), e ciò in ragione della non derogabilità degli obblighi comunitari vigenti in subiecta materia; di non aver mai partecipato ad incontri, sopralluoghi o conferenze di servizi di sorta; di essere stato reso edotto della vicenda solo con l’istanza del 31.5.2007, con cui il Commissario Delegato aveva trasmesso lo studio di impatto ambientale e la richiesta di valutazione di incidenza per l’impianto di stoccaggio definitivo, mentre i lavori erano già stati affidati in data 17.10.2006; che l’attivazione della procedura di VIA nel maggio 2007 non può certo dirsi tempestiva in relazione all’avanzata fase di esecuzione dei lavori; che, avviata l’istruttoria al fine di rendere il parere previsto dall’art. 5 del DPR 120/2003, aveva rilevato che gran parte dei lavori erano stati realizzati ed erano stati eseguiti consistenti movimenti di terra; che con nota del 15.6.6007 aveva rilevato l’incompletezza della documentazione presentata in relazione alla valutazione di incidenza, nonché l’assenza di precise informazioni relative alla fauna, alla vegetazione ed agli habitat presenti nel sito in cui è prevista l’opera ed aveva richiesto chiarimenti su quelle tipologie di lavori di cui non si erano rinvenuti gli elaborati a corredo della documentazione prodotta; che in data 26.6.2007 si era verificato un esteso crollo delle opere realizzate, crollo segnalato a tutte le autorità interessate; che a seguito di ciò la Polizia Municipale di Lampedusa aveva disposto il sequestro dell’area con verbale del 26.6.2007; che con nota dell’11.7.2007 prot. 55/07 aveva dichiarato che non avrebbe reso il parere richiesto, sia perché non erano intervenute le integrazioni richieste, sia perché le più vistose alterazioni ambientali si erano già verificate, sia perché il Sindaco di Lampedusa aveva dichiarato l’intenzione di procedere ad una rivisitazione del progetto, del sito e delle modalità di smaltimento delle imbarcazioni, sia per l’intervenuto sequestro da parte della polizia giudiziaria; che in data 16.7.2007 si era tenuta una riunione presso l’ARTA, anche alla presenza di un funzionario del Dipartimento di Protezione Civile, riunione in cui l’Assessorato aveva comunicato che avrebbe dichiarato la decadenza dalla procedura autorizzatoria; che in quella sede le parti avevano concordato di procedere ad un successivo incontro per trovare una diversa soluzione al problema; che invece con nota del 18.7.2007 il Commissario delegato aveva trasmesso ulteriori elaborati, per altro incompleti, insufficienti e non corrispondenti a quanto stabilito dalla normativa di settore; che in data 31.7.2007 il servizio VIA-VAS dell’ARTA aveva emesso il provvedimento negativo prot. 57368, formalizzando il mancato rilascio del parere in ragione della già avvenuta realizzazione delle opere; che l’Ente Gestore con nota dell’8.8.2007 aveva comunicato che non avrebbe più reso il parere di propria competenza alla luce dell’accaduto; che con nota del 10.8.2007 prot. 11945 il Comune di Lampedusa e Linosa aveva comunicato il temporaneo dissequestro dell’area per consentire la rimozione delle opere crollate e di avere individuato un altro sito dove realizzare il nuovo centro di stoccaggio; che con nota del 9.10.2007 il Comando della Polizia Municipale di Lampedusa aveva trasmesso a tutti gli Enti competenti il verbale n. 2122 del 20.9.2007, comunicando che erano stati riapposti i sigilli all’area, essendo avvenuta la rimozione dei detriti e la demolizione delle opere crollate; che con deliberazione del 2.12.1996 il Comitato per la aree naturali protette aveva ricompreso le ZPS nella categoria della aree naturali protette di cui alla legge 394 del 6.12.1991 (legge quadro sui parchi), con conseguente applicazione a queste zone delle misure di salvaguardia, degli specifici divieti e delle connesse sanzioni penali previste dagli artt. 6, 11 e 30 della citata legge; che la realizzazione dell’impianto di rifiuti in questione, posto all’interno della ZPS ITA 040013 è ulteriormente inibita dal D.M. 17.10.2007, decreto con cui il Ministero dell’Ambiente ha dettato i criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative alle ZPS; che, infatti, l’art. 5, comma 1, lett. K del predetto decreto prevede il divieto di realizzazione di nuovi impianti di trattamento e smaltimento dei rifiuti; che l’avere realizzato i lavori in mancanza della preventiva autorizzazione di impatto ambientale costituisce una clamorosa violazione della normativa nazionale, regionale e comunitaria in materia di VIA; che anche nel caso di opere da realizzarsi in regime di emergenza e di urgenza la normativa vigente non esclude specifici adempimenti in materia di impatto ambientale, con obbligo di previo avviso alla Commissione Europea; che gli stessi principi valgono per la valutazione di incidenza; che (in ordine al primo motivo di ricorso) il procedimento attivato dall’ARTA è unico ed al suo interno legittimamente è stato richiesto il parere all’Ente gestore; che (in ordine al secondo motivo) l’ordinanza di protezione civile citata dalle Amministrazioni ricorrenti non contiene alcuna deroga alla normativa ed alla la procedura in materia di valutazione di impatto ambientale e di incidenza; che (in ordine al terzo motivo di ricorso) il Commissario delegato non aveva presentato elaborati progettuali conformi alla normativa tecnica e non aveva attivato tempestivamente le relative procedure; che (in ordine al quarto motivo di ricorso) l’Ente gestore della riserva naturale era intervenuto nel procedimento non nella veste di qualsivoglia cittadino, ma in attuazione di una specifica disposizione di legge dettata in materia di valutazione di incidenza; che (in ordine al quinto motivo di ricorso) esso Ente gestore era rimasto estraneo ai fatti, le circostanze e le riunioni citati dalle Amministrazioni ricorrenti ed intervenuti prima della richiesta di parere inoltratagli; che (in ordine al sesto motivo di ricorso) le vigenti disposizioni in materia di VIA prevedono la nullità degli atti di autorizzazione rilasciati senza la previa acquisizione del giudizio di compatibilità ambientale, e che le norme a tutela delle aree naturali protette impongono il ripristino ambientale dei luoghi ed il risarcimento del danno; che (in ordine al settimo motivo di ricorso) la nota dell’11.7.2007 era semplicemente una nota ricognitoria dei fatti accaduti dalla data di presentazione dell’istanza di avvio della procedura; che (in ordine all’ottavo, nono e decimo motivo) la parte ricorrente fa riferimento a sopralluoghi e conferenze di servizi cui essa non aveva mai partecipato perché non invitata, e che essa aveva per tempo reso noto l’incompletezza della documentazione tecnica prodotta dal Commissario; che (in ordine all’undicesimo motivo) l’art. 1 comma 1212 e ss. della finanziaria 2007 fa riferimento proprio alle violazioni del diritto comunitario in materia ambientale ascrivibili alle Amministrazioni ricorrenti; che (in ordine al dodicesimo motivo) tutte le note dell’Ente gestore erano sempre state inviate al Dipartimento Protezione Civile, rimanendo prive di riscontro alcuno; che nessun pregiudizio avevano subito le Amministrazioni ricorrenti a seguito dell’attività dell’Ente gestore della riserva, mentre seri danni avevano subito l’ambiente ed il territorio in forza dell’attività di stoccaggio intrapresa dalla prima; tutto quanto sopra eccepito, ha concluso per il rigetto del ricorso avversario.

All’udienza camerale del 20.11.2007 il Tribunale adito ha accolto la domanda di sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti impugnati, mandando all’Amministrazione resistente di riesaminare l’istanza proposta dalla parte ricorrente al fine di pervenire ad una pronunzia sul merito del progetto.

Con memoria integrativa del 24.4.2008 il Comune di Lampedusa e Linosa ha ribadito le proprie argomentazioni già illustrate nella memoria di costituzione, insistendo nel rigetto del ricorso avversario.

Con ordinanza del 6.5.2008 il Tribunale ha ordinato all’Amministrazione resistente la produzione di documentati chiarimenti in ordine agli sviluppi intercorsi successivamente alla sopra detta ordinanza cautelare ed alla nota n. 92946 del 21.12.2007 dell’ARTA, con la quale è stato espresso parere interlocutorio negativo in merito alla realizzabilità del progetto, preannunziando la riattivazione della procedura di VIA a seguito del superamento delle carenze evidenziate, nonché copia dell’ordinanza di protezione civile attributiva dei poteri commissariali, della documentazione amministrativa relativa alle intese ed alla procedure che avevano determinato la localizzazione dei lavori.

Con ricorso per motivi aggiunti ritualmente notificato e depositato in data 11.11.2008 le Amministrazioni ricorrenti, premesso che, in esecuzione dell’ordinanza cautelare resa dal Tribunale, l’Assessorato aveva espresso parere interlocutorio negativo, riservandosi quello definitivo all’esito della presentazione di alcune integrazioni documentali e procedimentali; che tali integrazioni erano state trasmesse in data 18.4.08 e frattanto, con O.P.C.M. n. 3661/08, all’art 11 si era individuato nel Sindaco di Lampedusa il soggetto attuatore degli interventi di completamento del sito di stoccaggio per i relitti delle imbarcazioni degli immigrati; che in data 4.3.2008 era stata avviata presso l’Agenzia regionale dei rifiuti e delle Acque, ai sensi dell’art. 208 D. Lg.vo 152/06, la procedura finalizzata a conseguire la VIA; che in data 9.6.08 si era celebrata una conferenza di servizi per l’esame del progetto, in seno alla quale era stata disposta la produzione di alcuni elaborati integrativi; che nelle date 4.3.08 e 5.5.08 il Sindaco di Lampedusa aveva emesso ordinanze contingibili ed urgenti, mai impugnate, con cui aveva disposto l’occupazione dell’area oggetto di intervento al fine di consentire lo stoccaggio delle imbarcazioni; tutto quanto sopra premesso hanno impugnato la nota ARTA – Dipartimento Territorio e Ambiente – Servizio 2 VAS – VIA U.O. n. 671 del 14.7.2008, con cui è stato espresso giudizio negativo di compatibilità ambientale ex DPR 12/4/96 e ss.mm.ii., sul progetto per la realizzazione di un impianto di stoccaggio di relitti ed imbarcazioni, da realizzarsi sull’isola di Lampedusa “in quanto l’area di progetto ricade all’interno della ZPS ITA040013 denominata Arcipelago delle Pelagie – Area Marina e terrestre, onerandosi la proponente Amministrazione pubblica statale di trasmettere il progetto di ripristino ambientale del sito, nonché, per quanto occorra, la nota ARTA 22/1/07, che dispone la sottoposizione del progetto a VIA e Valutazione di incidenza, la nota ARTA 21/12/07, contenente parere negativo interlocutorio, motivato da presunte carenze documentali, il parere negativo, espresso dall’Ente Gestore “Legambiente”, in quanto il progetto è stato ritenuto contrastante con i criteri minimi di conservazione di cui al D.M. 17.10.2007, ed infine il rapporto istruttorio 8.7.08 n. 1211, redatto dall’U.O. Impianti per la gestione dei rifiuti ed opere idrauliche. L’impugnazione è stata affidata ai seguenti motivi di doglianza: 1) violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 7 e 8 L.R. 10/2000 – incompetenza, essendo stato l’atto impugnato adottato dal dirigente del servizio e non già dal competente dirigente superiore; 2) violazione e falsa applicazione dell’allegato A del D.P.R. 12.4.96 e ss.mm.ii., dell’art. 5, comma 4 DPR 357/97 e ss.mm.ii., nonché del D.A. 22.10.7 contenente “Disposizioni in materia di valutazione di incidenza attuative dell’art. 1 L.R. 13/07” – ulteriore incompetenza – contraddittorietà manifesta – difetto assoluto dei presupposti: il provvedimento impugnato presuppone che il progetto debba essere sottoposto necessariamente a VIA perché riguardante rifiuti pericolosi, ma senza motivare sulla ritenuta pericolosità degli stessi, inoltre il provvedimento poggia sulla ritenuta non compatibilità tra la ZPS e la creazione di una discarica ai sensi del D.M. 17.10.2007, art. 5 lett. K), mentre la normativa invocabile è quella regionale di cui al D.A. 22.10.07, con il quale si è stabilito che nell’ambito della Regione Siciliana non trovano applicazione le disposizioni di cui alla delibera del Comitato per le aree naturali protette del 2.12.1996 e che alle ZPS e ZSC si applicano le solo misure di conservazione di cui al DPR 357/97; 3) difetto assoluto di motivazione – ulteriore contraddittorietà e travisamento dei fatti – ulteriore difetto dei presupposti – violazione e falsa applicazione delle Direttive 79/49/CEE e del DPR 357/97 sotto altro profilo – violazione dell’obbligo di adeguarsi al giudicato cautelare. In forza della vigente disciplina nazionale e comunitaria i progetti di opere di interesse pubblico che riguardino aree di interesse comunitario o ZPS, anche quando la valutazione non fornisca la certezza che l’opera non pregiudichi l’integrità del sito, possono essere ugualmente realizzati, laddove richiesto da imperative ragioni di rilevante interesse pubblico, a condizione che lo Stato membro adotti ogni misura compensativa necessaria a tutelare il sito. L’urgenza e l’impellenza delle esigenze pubbliche nel caso di specie trovano conferma nell’adozione di provvedimenti contingibili ed urgenti da parte del Sindaco di Lampedusa; 4) illegittimità derivata- ulteriore incompetenza – contraddittorietà e sviamento ulteriore. L’ordine all’Amministrazione proponente di presentare un progetto di recupero ambientale del sito non ha alcuna copertura normativa ed in ogni caso non tiene conto del fatto che l’avanzata utilizzazione del sito è ascrivibile ai provvedimenti contingibili ed urgenti adottati dal Sindaco facendo leva sui suoi potere extra ordinem in materia di sanità ed ordine pubblico. Hanno poi evidenziato come il comportamento defatigante dell’Amministrazione regionale stava cagionando, oltre ad un danno ambientale di proporzioni abnormi, anche un danno patrimoniale per aggravamenti procedurali, costo del progetto e degli oneri discendenti dall’appalto affidato, il tutto per una somma non inferiore a 3 milioni di euro.

Con memoria depositata il 1.12.2008 Legambiente, premesso che, successivamente ed in adempimento all’ordinanza sospensiva del T.A.R., l’Assessorato Regionale territorio ed ambiente si era pronunciato sul progetto in esame con provvedimento negativo interlocutorio del 21.12.2007, provvedimento non impugnato dall’Amministrazione statale; che il Sindaco di Lampedusa con ordinanza n. 2484 del 4.3.21008 aveva destinato l’area di Taccio Vecchio a deposito temporaneo delle imbarcazioni pur in assenza delle autorizzazioni necessarie; che con nota del 19.3.2008 l’Amministrazione proponente aveva presentato All’ARTA documenti integrativi del progetto originario; che con O.P.C.M. del 19 marzo 2008 era stata ribadita l’ubicazione dell’impianto di stoccaggio in località Taccio Vecchio e nominato il Sindaco di Lampedusa soggetto attuatore; che tale ordinanza era stata impugnata innanzi al T.A.R. Lazio; che sugli elaborati progettuali presentati dal Commissario delegato erano stati espressi parere negativo da parte dell’Ente Gestore con nota del 17 aprile 2008, nonché giudizio negativo di compatibilità ambientale da parte dell’ARTA con nota del 14 luglio 2008; che al contempo l’Amministrazione proponente non aveva più coltivato le procedure di autorizzazione presso l’ARTA, ma nel maggio del 2008 aveva presentato all’Agenzia regionale per i rifiuti - in qualità di Commissario per l’emergenza bonifiche - il progetto come centro di raccolta per la messa in sicurezza, la demolizione, il recupero di materiali e la rottamazione di veicoli a motore; che il procedimento non si era ancora concluso; che con nota del 18 novembre 2008 era intervenuto il Ministero dell’Ambiente, richiamando gli enti competenti al rispetto degli adempimenti in materia di valutazione di incidenza; che, in ordine al primo motivo di ricorso per motivi aggiunti, i provvedimenti in materia di VIA e VI, in conseguenza dell’assetto organizzativo dell’Assessorato regionale territorio ed ambente, sono emessi dal dirigente del competente Servizio 2 VIA – VAS e non dal dirigente generale del dipartimento; che la seconda censura del ricorso per motivi aggiunti è inammissibile, impugnandosi a distanza di due anni la determinazione dell’Assessorato che assoggetta a Via il progetto in questione, nonché infondata perché con l’ordinanza n. 3350 del 16.4.2004 non si è derogato alla normativa sulla VIA, sulla tutela delle ZPS e di SIC, alla normativa sulle aree naturali protette (applicabile alle ZPS) e perché la VIA è necessariamente ed ontologicamente preventiva anche nel rispetto del principio comunitario di precauzione; che la seconda censura del ricorso per motivi aggiunti è infondata anche perché l’impianto da realizzare rientra tassativamente tra quelli da assoggettare a VIA, in quanto ricadente all’interno di ZPS e poiché nello stesso progetto è previsto che tra i rifiuti da stoccare ve ne sono anche di “pericolosi”, ed anche perché pure alle Regioni a statuto speciale si applica il D.M. 17.10.2007 che prevede il divieto di nuove discariche e nuovi impianti di trattamento e smaltimento rifiuti, mentre il D.A. 22.10.2007 della Regione Sicilia è stato sospeso dal T.A.R. Sicilia con ordinanza n. 227/2008; che, in ordine al terzo motivo, anche in caso di opere da realizzarsi in regime di emergenza e d’urgenza la normativa vigente non esclude specifici adempimenti in materia di impatto ambientale, tra cui la previa informazione al Ministero dell’Ambiente ed alla Commissione Europea e l’adozione di misure compensative, diverse da quelle di mitigazione dell’impatto e che comprendono la diffusione di ambienti naturali di particolare interesse conservazionistico, la creazione di siti per favorire la riproduzione della specie et similia; che, sempre in ordine al terzo motivo di ricorso, lo stesso Comune di Lampedusa, soggetto attuatore per conto dell’Amministrazione ricorrente, aveva recentemente stabilito di non conferire più le imbarcazioni presso il sito di Taccio Vecchio e di smaltirle fuori dall’isola, con ciò dimostrando l’esistenza di alternative concretamente possibili; che, in ordina al quarto motivo di ricorso, i lavori realizzati erano stati computi dalle Amministrazioni ricorrenti e non dal Comune di Lampedusa, che si era limitato a consentire il dissequestro per rimuover i materiali crollati, salvo poi riapporre i sigilli nel cantiere; che (in ordine alla domanda risarcitoria) nessuna condotta illegittima poteva essere ascritta all’Ente gestore, nessun pregiudizio si era verificato in capo alle Amministrazioni ricorrenti, mentre un danno grave era stato arrecato all’ambiente ed al territorio sottoposti a pregnanti vincoli di tutela; tutto quanto sopra premesso, ha concluso per il rigetto del ricorso avversario.

Con ordinanza del 2.12.2008 il T.A.R. adito ha respinto l’istanza di sospensione dell’esecuzione degli atti impugnati con ricorso per motivi aggiunti.

In data 8.1.2009 ha depositato memoria difensiva per resistere al ricorso per motivi aggiunti anche l’Assessorato Regionale del territorio e dell’ambente, eccependo che (in ordine al primo motivo del detto ricorso) ex art. 91 della L.R. 2.5.2001 n. 6, comma 2, l’Assessorato regionale del territorio e dell’ambiente, ai fini della formulazione del giudizio di compatibilità, si avvale di apposito ufficio ivi istituito, restando quindi attribuiti al relativo dirigente le determinazione in ordine ai procedimenti VIA-VAS, per come confermato dal relativo contratto individuale di lavoro versato in atti; che (in ordine al secondo motivo di censura del ricorso per motivi aggiunti) è indubbio l’assoggettamento a VIA del progetto in esame, atteso che nessuna delle O.P.C.M. che si sono succedute nel tempo ha mai disposto deroghe alla normativa in materia di valutazione di impatto ambientale ed attese le prescrizioni preclusive di cui al D.M. 17.10.2007; che (in ordine al secondo motivo di ricorso), il predetto D.M. trova applicazione anche in ambito regionale alla luce della riserva alla legislazione esclusiva dello stato prevista dall’art. 117, secondo comma, lett. S della Costituzione in materia di ambiente, né in senso contrario può essere spesa la pronunzia n. 104/2008 della Corte Costituzionale, poiché il riconoscimento della potestà legislativa regionale in subiecta materia è stato lì affermato alla luce di una espressa previsione dello Statuto delle province autonome di Trento e Bolzano non presente in quello della Regione Sicilia, e poiché l’efficacia del D.A. 17 ottobre 2007 è stata sospesa dal T.A.R. Sicilia con ordinanza del 19.2.2008; che (in ordine alla terza censura calendata nel ricorso per motivi aggiunti) la possibilità di realizzare l’intervento per motivi di rilevante interesse pubblico (non evidenziati in sede procedimentale), nonostante le conclusioni negative della valutazione di incidenza, è rimessa al giudizio discrezionale dell’Amministrazione procedente; che (con riferimento al quarto motivo di ricorso) non vi è dubbio che l’Amministrazione regionale competente, nel negare il giudizio di compatibilità ambientale, possa disporre la rimessione in pristino dell’area, per come deriva dalla natura della VIA e della valutazione di incidenza e per come previsto dall’art. 29, comma IV del D. Lg.vo 152/2006; che (quanto alle richieste risarcitorie) l’art 6 dell’O.P.C.M. 16 aprile 2004 n. 3350 prevede che gli oneri derivanti dall’attuazione dell’ordinanza medesima sono a valere a carico del bilancio della Regione; tutto quanto sopra eccepito, ha concluso per il rigetto del ricorso per motivi aggiunti.

Con memoria depositata il 19.01.2009 il Comune di Lampedusa ha ribadito le argomentazioni già svolte in sede di memoria di costituzione, insistendo anche per il rigetto del ricorso per motivi aggiunti.

All’udienza del 30.1.2009 il T.A.R. adito, ritenutolo necessario ai fini del decidere, ha disposto l’acquisizione di copia dell’O.P.C.M. n. 3361 del 18.3.2008, nonché di copia delle ordinanze contingibili ed urgenti adottate dal Comune per l’occupazione dell’area oggetto dell’intervento.

Con note integrative del 6.7.2009 la parte ricorrente ha evidenziato come in forza dell’art. 11 dell’O.P.C.M. del 19.3.2008 il Sindaco di Lampedusa era stato designato soggetto attuatore per il completamento del sito di stoccaggio, partendo dal presupposto della dichiarata situazione di “crisi ambientale determinatasi sul territorio dell’Isola” e mandando l’Ente attuatore di completare lo specifico impianto ubicato in località Taccio Vecchio, dal che il formale riconoscimento delle ragioni di rilevante interesse pubblico che consentono la realizzazione dell’opere all’interno dell’area protetta ed un esplicito effetto derogatorio alla disciplina ambientale collegata.

Con memoria depositata il 13.10.2009 l’Assessorato Regionale del territorio e dell’ambiente, nel ribadire le argomentazioni già svolte a sostengo del proprio operato, ha evidenziato come l’ultima delle ordinanze sindacali contingibili ed urgenti (n. 2598 del 7.1.2009) aveva disallocato lo stoccaggio provvisorio dal sito in contrada Taccio Vecchio ad altro sito (c.da Imbricciola).

Con memoria depositata il 15.10.2009 l’Associazione Legambiente, nel ribadire le argomentazioni già svolte a sostegno delle proprie eccezioni, ha evidenziato che con le ordinanze contingibili ed urgenti il Sindaco del Comune di Lampedusa aveva disposto solo l’ammasso temporaneo dei rifiuti presso il sito in questione, salvo provvedere con l’ultima della serie (n. 2598 del 7.1.2009) a disporre il deposito e lo smaltimento presso altro sito.

All’udienza del 27.10.2009, su concorde richiesta dei procuratori delle parti, la causa è stata trattenuta in decisione.


DIRITTO


Appare utile, ai fini di una migliore intelligenza della controversia, operare una breve ricostruzione del quadro storico fattuale ad essa sotteso, per come emerso all’esito dell’istruttoria e del reciproco gioco delle allegazioni ed eccezioni di parte non fatte oggetto di contestazione.

Con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 23.12.2003 veniva dichiarato lo stato di emergenza nell’isola di Lampedusa e nelle prospicienti aree marine, in ragione delle gravi carenze infrastrutturali del porto, nonché del pregiudizio ai collegamenti marini, alla sicurezza dei viaggiatori ed alla tutela dell’ambiente conseguente al grave fenomeno dell’immigrazione clandestina.

Con Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri (d’ora in poi O.P.C.M.) n. 3350 del 16.4.2004 venivano dettate le disposizioni attuative per la gestione delle predette emergenze e l’allora Commissario delegato per l’emergenza, generale Maurizio Ciccolin, veniva incaricato di realizzare un deposito, anche per finalità giudiziarie, previa individuazione di un’area idonea allo stoccaggio di relitti ed imbarcazioni utilizzate dagli immigrati clandestini, ovvero l’adeguamento di siti già esistenti.

La predetta O.P.C.M., nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico, autorizzava anche alcune deroghe a diverse norme nazionali e regionali in materia di lavori pubblici, forniture, servizi, vincoli idrogeologici e paesaggistici, norme ivi espressamente indicate.

Il Sindaco di Lampedusa, in data 11.5.2004, dietro espressa richiesta del Commissario, metteva a sua disposizione per il predetto stoccaggio un’area comunale sita in Contrada Taccio Vecchio e classificata come zona E agricola in forza del vigente Programma di Fabbricazione.

E’ pacifico che tale area, oltre ad essere sottoposta a vincolo paesaggistico ed idrogeologico, ricade all’interno della Zona di Protezione Speciale (d’ora innanzi ZPS) ITA040013 – Arcipelago delle Pelagie e del Sito di Importanza Comunitaria (d’ora innanzi SIC) ITA 040002 – Isola di Lampedusa e Linosa, individuati dal Ministero dell’Ambiente su proposta della Regione Siciliana ed in attuazione delle direttive comunitarie 92/43/CEE e 79/409/CEE.

In data 26.11.2004 il Comune di Lampedusa e Linosa adottava una variante al programma di fabbricazione, per mutare da zona E a zona F l’area sita in Taccio Vecchio ed oggetto di causa.

Con successiva O.P.C.M. n. 3382 del 18.11.2004 veniva nominato Commissario Delegato per l’Emergenza il Capo del Dipartimento della Protezione Civile, Guido Bertolaso.

Con ulteriore O.P.C.M. n. 3410 del 4.3.2005 il Commissario delegato veniva autorizzato allo smaltimento delle imbarcazioni avvalendosi di imprese demolitrici operanti nel settore; veniva previsto lo stoccaggio provvisorio delle imbarcazioni in apposita area in deroga al Piano di gestione dei rifiuti della Regione Sicilia; veniva prevista la realizzazione di una distinta area di stoccaggio definitiva dei relitti e delle imbarcazioni nell’area individuata dal Comune con la citata determinazione sindacale del 4.6.2004; il Commissario delegato veniva autorizzato a procedere alla realizzazione dell’area di stoccaggio definitivo nelle more dell’espletamento delle procedure di autorizzazione all’esercizio delle operazioni di smaltimento e recupero delle imbarcazioni di cui agli artt. 27 e 28 D. Lg.vo n. 22/97, con le deroghe di cui all’O.P.C.M. 3350 del 16.4.2004 e con quelle ulteriori alla normativa sui rifiuti previste al comma 3 dell’art. 2 della stessa O.P.C.M. n. 3410/2005.

Affidati i lavori all’Edilmeccanica, in data 4.9.2006, si conveniva di convocare una conferenza di servizi ai sensi dell’art. 14 ter L. 241/90, per come derogato dall’art. 5 O.P.C.M. 3350/2004, con la partecipazione di tutte le Amministrazioni preposte al rilascio delle necessarie autorizzazioni (Commissario delegato, Soprintendenza BB.CC.AA., Ispettorato Dipartimentale delle Foreste, Assessorato Regionale Territorio ed Ambiente della Regione Sicilia (d’ora in poi ARTA), Servizio VIA-VAS).

In data 17.10.2006 si provvedeva alla consegna dei lavori in via d’urgenza.

Con nota del 22.1.07 l’ARTA comunicava alle Amministrazioni ricorrenti “la necessità di produrre una Valutazione di impatto ambientale e valutazione di incidenza, ricadendo l’intervento in un’area ricompresa all’interno del SIC ITA04002 Isola di Lampedusa e Linosa”.

In data 31.5.2007 il Commissario delegato trasmetteva lo studio di impatto ambientale e la richiesta di valutazione di incidenza in relazione alla realizzazione dell’impianto di stoccaggio definitivo.

In data 1.6.2007 i lavori di realizzazione venivano sospesi ed in data 26.6.2007, in regime di sospensione, si verificava il crollo di parte delle opere già realizzate.

In data 15.6.2007 l’associazione Legambiente, in qualità di Ente Gestore della Riserva Naturale orientata Isola di Lampedusa (d’ora innanzi Ente gestore), rilevava l’incompletezza della documentazione prodotta in sede di studio di impatto ambientale e richiedeva al Commissario delegato, soggetto proponente, alcuni chiarimenti.

Nel frattempo, a seguito del crollo sopra detto, il Comando Polizia Municipale di Lampedusa in data 26.6.2007 procedeva al sequestro giudiziario dell’area oggetto di causa.

In data 11.7.2007, con la nota impugnata con ricorso principale, l’Ente gestore, dichiarava che non avrebbe reso alcun parere, non essendo intervenute le integrazioni richieste ed essendosi già verificate le alterazioni ambientali oggetto dello studio.

In data 18.7.2007 il Commissario delegato trasmetteva ulteriori elaborati relativi allo studio di impatto ambientale.

In data 31 luglio l’ARTA, Servizio VIA-VAS adottava il provvedimento di diniego di VIA impugnato con il ricorso principale.

In data 8.8.2007 l’Ente Gestore comunicava che non avrebbe reso più alcun parere.

Con nota del 10.8.2007 il Comune di Lampedusa e Linosa comunicava il temporaneo dissequestro dell’area per consentire la rimozione delle opere crollate e – effettuata la rimozione in questione – provvedeva nuovamente ad apporre i sigilli in data 20.9.2007.

Con il ricorso principale le Amministrazioni ricorrenti hanno impugnato il diniego di VIA ed il parere negativo dell’Ente gestore per i motivi sopra illustrati.

Con ordinanza n. 1810 del 20.11.2007 il T.A.R. adito ha accolto l’istanza di sospensiva dell’esecuzione dei provvedimenti impugnati, mandando alle Amministrazioni resistenti “di riesaminare l’istanza proposta dall’Amministrazione ricorrente ai fini di pervenire ad una pronunzia sul merito del progetto sottoposto”.

Con provvedimento n. 671 del 14.7.2008, ritualmente gravato con ricorso per motivi aggiunti, l’ARTA, Servizio VIA-VAS, in attuazione del giudicato cautelare e dopo rinnovata istruttoria (con acquisizione di un nuovo parere dell’Ente gestore), ha espresso giudizio negativo di compatibilità ambientale sul progetto per la realizzazione dell’impianto de quo, “in quanto l’area di progetto ricade all’interno della ZPS ITA040013 denominata Arcipelago delle Pelagie – Area marina e terrestre, onerando l’Amministrazione pubblica statale di trasmettere il progetto di ripristino ambientale del sito”.

Ciò premesso in punto di fatto, deve essere in primo luogo affrontata la questione della procedibilità del ricorso principale proposto dalle Amministrazioni ricorrenti avverso il provvedimento di diniego di VIA emesso dall’Assessorato Regionale per il territorio e l’Ambiente della Regione Sicilia, Servizio 2 VAS VIA n.57368 del 31/7/2007.

L’esecuzione del detto provvedimento è stata sospesa dalla citata ordinanza del T.A.R. n. 1810/2007, con cui si è imposto all’Amministrazione di esaminare “nel merito la compatibilità ambientale del progetto presentato dal Commissario delegato per l’emergenza”.

A seguito di tale ordinanza propulsiva, di tipo c.d. remandatorio, l’ARTA, rinnovata l’istruttoria ed acquisito un nuovo parere dell’Ente gestore della riserva naturale orientata, con provvedimento n. 671 del 14.7.2008, ha espresso un giudizio di verifica negativa della compatibilità ambientale del progetto in esame, onerando il Commissario delegato di trasmettergli “il progetto di ripristino ambientale del sito di progetto, ai fini della sua approvazione”.

Osserva il Collegio che la scansione logico-temporale sopra descritta - id est la circostanza che il provvedimento n. 671 del 14.7.2008 abbia valutato nel merito la compatibilità ambientale del progetto in esame (sia pure negandola, in forza del divieto di cui alla lettera k del’art. 5 del D.M. 17.10.2007), alla luce “della nota prot. ARTA n. 86222del 27.11.2007, con la quale l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo ha informato questo Assessorato che il T.A.R. Sicilia, Sezione di Palermo, ha accolto la domanda cautelare formulata dal ricorrente, ordinando all’Amministrazione di riesaminare l’istanza proposta dall’Amministrazione ricorrente, al fine di pervenire ad una pronunzia sul merito del progetto proposto, come da ordinanza 1810/07” (così nel provvedimento gravato) -, nonché il rilievo dell’assenza di qualsivoglia manifestazione di autotutela in ordine al primo provvedimento sospeso, evidenziano la natura di quello gravato siccome esecutiva del decisum cautelare n. 1810/2007 di questa Sezione.

Il provvedimento impugnato con ricorso per motivi aggiunti, in altri termini, si pone in rapporto di stretta dipendenza logico-giuridica ed “effettuale” con il precetto cautelare impartito da questo Tribunale e da cui trae origine secondo la nota tecnica del remand.

Ciò posto, ritiene la Sezione di condividere l’orientamento giurisprudenziale secondo cui “nel caso in cui il giudice amministrativo abbia sospeso in sede cautelare gli effetti di un provvedimento e l'amministrazione si sia adeguata con un atto consequenziale al contenuto dell'ordinanza cautelare, non è configurabile l'improcedibilità del ricorso o la cessazione della materia del contendere (rispettivamente, se il successivo atto sia sfavorevole o favorevole all'originario ricorrente), atteso che l'adozione non spontanea dell'atto consequenziale, con cui l'amministrazione dà esecuzione all'ordinanza di sospensione degli effetti di un provvedimento, non comporta la révoca del precedente provvedimento sospeso ed ha una rilevanza provvisoria, in attesa che la sentenza di merito accerti se il provvedimento sospeso sia o meno legittimo, salvo il caso in cui il contenuto della motivata ordinanza cautelare sia tanto condiviso dall'amministrazione da indurre questa a ritirare il precedente provvedimento già sospeso, sostituendolo con un nuovo atto, senza attendere il giudicato sul suo prevedibile annullamento” (C.d.S., Sez. IV, 5.8.2005, n. 4165; cfr. poi, in termini, C.G.A, nn. 478 e 479 del 25.5.2009; T.A.R. Lombardia Brescia, Sez. I, 30 luglio 2008 , n. 843 T.A.R. Lazio Roma, Sez. II, 07 settembre 2006, n. 8092).

E’ chiaro, infatti, che, laddove si dovesse ritenere che l’emanazione di un nuovo provvedimento in attuazione (obbligata) della statuizione cautelare determini la sopravvenuta carenza d’interesse o la cessazione della materia del contendere in ordine al ricorso proposto avverso il primo provvedimento sospeso per via giurisdizionale (in questo senso si veda T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 5.12.2007 n. 12554, nonché T.A.R. Lazio, Sez. II quater, sentt. nn. 11061, 11062, 11063 dell'8.11.2007), ciò comporterebbe uno snaturamento della struttura e della funzione della tutela cautelare che, da provvisoria e strumentale, finirebbe per atteggiarsi a tutela definitiva (cristallizzata al pari di un giudicato di merito), e tutto ciò inammissibilmente a fronte di una intervenuta cognizione solo sommaria.

Né appaiono convincenti quelle interpretazioni che, pur partendo dal condiviso assunto di dover verificare, ai fini sopra detti, la mera esecutività del precetto cautelare ovvero la natura autonoma del nuovo provvedimento adottato in seguito al comando giurisdizionale interinale, in concreto finiscono con l’ipotizzare la sussistenza del nesso cautelare tra il secondo ed il primo nelle sole limitate ipotesi in cui l’Amministrazione abbia rieditato un provvedimento in toto vincolato di forza di stringenti e puntuali direttive contenute nell’ordinanza cautelare (cfr. T.A.R. Sicilia Palermo, Sez. II, 25 settembre 2009, n. 1534; T.A.R. Lazio Roma, Sez. I, 01 marzo 2004 , n. 1912).

In forza degli orientamenti dal Collegio non condivisi, infatti, l’Amministrazione si troverebbe a dovere “subire” gli effetti di un comando giurisdizionale provvisorio, anomalamente sommario ed irretrattabile, così vedendosi preclusa la possibilità di fare accertare in via giurisdizionale l’eventuale legittimità del proprio operato, con evidente palese violazione del diritto di difesa di una delle parti del giudizio; specularmente la parte ricorrente potrebbe, in ipotesi di secondo provvedimento favorevole, conseguire un vantaggio che l’ordinamento non gli attribuisce, ma la cui non spettanza non è si è potuta accertare nella naturale sede giurisdizionale a cognizione piena.

Si aggiunga, peraltro, che, attesa la particolare portata confermativa delle statuizioni giurisdizionali amministrative, l'interesse dell'Amministrazione va ben oltre la definizione del caso di specie, dovendo essa accertare la legittimità dei suoi provvedimenti anche per i futuri comportamenti, e se la fondatezza e infondatezza delle censure mosse al suo operato la obblighino o meno a modificare le regole del suo comportamento (C.d.S., Sez. IV, 5.8.2005, n. 4165).

Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso principale è da considerarsi procedibile, ed in quanto tale va esaminato nel merito.

Con un primo motivo di ricorso, rubricato violazione e falsa applicazione dell’art. 5 DPR 357/97 e ss.mm.ii. in relazione all’art. 91 comma.6 L.R. 6/01 – violazione dell’art. 3 L. 241/90 e della L.R. 10/91 – travisamento dei fatti e motivazione insussistente, le Amministrazioni ricorrenti censurano l’operato dell’ARTA, poiché per i progetti assoggettati a VIA che interessano i siti di importanza comunitaria, ZPS e ZSC, la valutazione di incidenza è ricompresa nella procedura di VIA, sicché oggetto di valutazione è un unico progetto, regolarmente presentato dal Commissario Delegato,

Il motivo è infondato.

Al di là dell’apparente confusione terminologica ingeneratasi nella prima corrispondenza tra Commissario delegato ed ARTA, è infatti chiaro che l’Amministrazione regionale si è limitata a richiedere una valutazione di incidenza all’interno dell’attivata procedura di valutazione di impatto ambientale, facendo buon governo della norma applicabile ratione temporis, ovverosia del comma IV dell’art. 5 D.P.R. 357/1997, a mente del quale “per i progetti assoggettati a procedura di valutazione di impatto ambientale, ai sensi dell' articolo 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349 e del decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996 …, che interessano proposti siti di importanza comunitaria, siti di importanza comunitaria e zone speciali di conservazione, come definiti dal presente regolamento, la valutazione di incidenza è ricompresa nell'ambito della predetta procedura che, in tal caso, considera anche gli effetti diretti ed indiretti dei progetti sugli habitat e sulle specie per i quali detti siti e zone sono stati individuati. A tale fine lo studio di impatto ambientale predisposto dal proponente deve contenere gli elementi relativi alla compatibilità del progetto con le finalità conservative previste dal presente regolamento, facendo riferimento agli indirizzi di cui all' allegato G” (cfr. C.d.S., Sez. VI, 22 novembre 2006, n. 6831).

E’ lo stesso ARTA, infatti, con nota n. 4438 del 22.1.2007, indirizzata al Commissario delegato ed agli altri soggetti interessati, a precisare che “ai sensi dell’art. 5, comma IV del D.P.R. 357/1997 e ss.mm.ii., per i progetti assoggettati a procedura di valutazione di impatto ambientale che interessano proposti siti di importanza comunitaria, siti di importanza comunitaria e zone speciali di conservazione la valutazione di incidenza è ricompresa nell’ambito della procedura di V.I.A. che, in tal caso, considera anche gli effetti diretti ed indiretti dei progetti sugli habitat e sulle specie per i quali detto siti e zone sono stati individuati. A tale fine lo studio di impatto ambientale predisposto dal proponente dovrà contenere gli elementi relativi alla compatibilità del progetto con le finalità conservative previste dal presente regolamento, facendo riferimento agli indirizzi di cui all’allegato G del D.P.R. 357/97 e ss.mm.ii.”.

Anche dall’esame dell’ulteriore documentazione versata in atti emerge, poi, con chiarezza che al Commissario delegato è stato in concreto richiesto un solo studio di impatto ambientale atto a ricomprendere anche la valutazione di incidenza, conformemente al sopra richiamato dettato normativo.

Con un secondo motivo di censura – rubricato ulteriore violazione e falsa applicazione delle norme di cui alla precedente rubrica – violazione e falsa applicazione dei principi generali in materia di attività procedimentalizzata – incompetenza- carenza assoluta di motivazione – le Amministrazioni ricorrenti lamentano l’illegittimità del provvedimento gravato, poiché esso si risolverebbe in un vero e proprio illegittimo rifiuto di esercitare le funzioni conferite dalla legge all’Amministrazione resistente, a nulla rilevando che l’opera da assentire sia già stata iniziata in forza di provvedimento normativo d’urgenza.

L’ARTA e l’Ente gestore, al riguardo, hanno sottolineato la legittimità dell’operato del primo, poiché, non avendo le OO.PP.CC.MM. succedutesi nel tempo espressamente derogato alla normativa nazionale e comunitaria in materia ambientale, la VIA non poteva essere concessa ad opere in parte già realizzate, atteso il carattere necessariamente preventivo della stessa.

Le questioni di diritto che si pongono all’esame del Collegio, dunque, sono due: la prima è se, in forza della normativa nazionale e comunitaria, il giudizio di compatibilità ambientale possa essere rifiutato dall’Amministrazione preposta nel caso in cui le opere oggetto di verifica siano già state iniziate dal soggetto proponente; la seconda, da affrontarsi in caso di risposta positiva alla prima, è se nel caso di specie la normativa nazionale e comunitaria siano state derogate espressamente o implicitamente dalle OO.PP.CC.MM. succedutesi nel tempo per affrontare lo stato di emergenza sull’isola di Lampedusa.

Ritiene il Collegio che la risposta al primo quesito sia positiva.

Occorre preliminarmente ricostruire il quadro normativo comunitario e nazionale in subiecta materia.

La direttiva 85/337 è diretta, conformemente al suo quinto considerando, ad introdurre principi generali di valutazione dell'impatto ambientale allo scopo di completare e coordinare le procedure di autorizzazione dei progetti pubblici e privati che possono avere un impatto rilevante sull'ambiente.

Ai sensi dell'art. 2, nn. 1-3, primo comma, della citata direttiva “gli stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché, prima del rilascio dell'autorizzazione, i progetti per i quali si prevede un impatto ambientale importante, segnatamente per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, formino oggetto di una valutazione del loro impatto. Detti progetti sono definiti nell'art. 4. La valutazione dell'impatto ambientale può essere integrata nelle procedure esistenti di autorizzazione dei progetti negli Stati membri ovvero, in mancanza di queste, in altre procedure o nelle procedure da stabilire per raggiungere gli obiettivi della presente direttiva. Gli Stati membri, in casi eccezionali, possono esentare in tutto o in parte un progetto specifico dalle disposizioni della presente direttiva per l'ambiente”.

Il legislatore nazionale all’art. 7 del D.P.R.12.4.1996 (“Atto di indirizzo e coordinamento per l'attuazione dell'art. 40, comma 1, della L. 22 febbraio 1994, n. 146, concernente disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale”), rubricato “Giudizio di compatibilità ambientale”, prevede che “la procedura di valutazione di impatto ambientale deve concludersi con un giudizio motivato prima dell'eventuale rilascio del provvedimento amministrativo che consente in via definitiva la realizzazione del progetto e comunque prima dell'inizio dei lavori. L'amministrazione competente alla autorizzazione definitiva dell'opera, o che provvede alla sua realizzazione, acquisisce il giudizio di compatibilità ambientale comprendente le eventuali prescrizioni per la mitigazione degli impatti ed il monitoraggio delle opere e/o degli impianti. Nel caso di iniziative promosse da autorità pubbliche il provvedimento definitivo che ne autorizza la realizzazione deve adeguatamente evidenziare la conformità delle scelte effettuate agli esiti della procedura di valutazione d'impatto ambientale. Negli altri casi i progetti devono essere adeguati agli esiti del giudizio di compatibilità ambientale prima del rilascio dell'autorizzazione alla realizzazione.

Gli esiti della procedura di valutazione di impatto ambientale devono essere comunicati ai soggetti del procedimento, a tutte le altre amministrazioni pubbliche competenti, anche in materia di controlli ambientali, e devono essere adeguatamente pubblicizzati”.

L’art. 3 ter del c.d. Codice dell’Ambiente (D.Lg.vo 3.4.2006, n. 152), inserito dall'articolo 1, comma 2, del D.Lg.vo. 16 gennaio 2008, n. 4 e rubricato “Principio dell'azione ambientale”, prevede che “la tutela dell'ambiente e degli ecosistemi naturali e del patrimonio culturale deve essere garantita da tutti gli enti pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche o private, mediante una adeguata azione che sia informata ai principi della precauzione, dell'azione preventiva, della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente, nonché' al principio «chi inquina paga» che, ai sensi dell'articolo 174, comma 2, del Trattato delle unioni europee, regolano la politica della comunità' in materia ambientale” (sul punto si veda C.d.S., Sez. Cons., 05 novembre 2007, n. 3838, secondo cui: ““È opportuno l'inserimento nel codice dell'ambiente …dei principi di prevenzione e correzione alla fonte dei danni causati all'ambiente, del principio « chi inquina paga » nonché del principio precauzionale: ciò sia perché nella Costituzione italiana mancano disposizioni sostanziali in materia ambientale sia perché le norme del Trattato europeo non hanno efficacia vincolante per i legislatori degli Stati membri”).

L’art. 29, primo comma del medesimo Codice dell’Ambiente, per come sostituito dall’art. 1, comma 3 del D.Lg.vo. 16 gennaio 2008, n. 4, prevede che: “la valutazione di impatto ambientale costituisce, per i progetti di opere ed interventi a cui si applicano le disposizioni del presente decreto, presupposto o parte integrante del procedimento di autorizzazione o approvazione. I provvedimenti di autorizzazione o approvazione adottati senza la previa valutazione di impatto ambientale, ove prescritta, sono annullabili per violazione di legge”.

Il terzo comma del predetto art. 29 prevede poi che: “Nel caso di opere ed interventi realizzati senza la previa sottoposizione alle fasi di verifica di assoggettabilità' o di valutazione in violazione delle disposizioni di cui al presente Titolo III, nonché nel caso di difformità' sostanziali da quanto disposto dai provvedimenti finali, l'autorità competente, valutata l'entità del pregiudizio ambientale arrecato e quello conseguente alla applicazione della sanzione, dispone la sospensione dei lavori e può disporre la demolizione ed il ripristino dello stato dei luoghi e della situazione ambientale a cura e spese del responsabile, definendone i termini e le modalità”.

L’art. 27, primo comma, D. Lg.vo 5.2.97 n. 22 (intitolato “Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio”), poi sostituito da norma di identico tenore contenuta nell’art. 208, primo comma, D.Lg.vo n. 152 del 3.4.2006 (intitolato “Autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti”), a sua volta, prevede che “i soggetti che intendono realizzare e gestire nuovi impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti, anche pericolosi, devono presentare apposita domanda alla regione competente per territorio, allegando il progetto definitivo dell'impianto e la documentazione tecnica prevista per la realizzazione del progetto stesso dalle disposizioni vigenti in materia urbanistica, di tutela ambientale, di salute di sicurezza sul lavoro e di igiene pubblica. Ove l'impianto debba essere sottoposto alla procedura di valutazione di impatto ambientale ai sensi della normativa vigente, alla domanda è altresì allegata la comunicazione del progetto all'autorità competente ai predetti fini; i termini di cui ai commi 3 e 8 restano sospesi fino all'acquisizione della pronuncia sulla compatibilità ambientale ai sensi della parte seconda del presente decreto”.

Mentre il legislatore del 2006 all’art. 4, ult. comma del Codice dell’Ambiente, poi, aveva previsto addirittura la più grave sanzione della nullità degli atti di autorizzazione od approvazione non preceduti dalla VIA, con l’art. 1, comma 3 del D.Lg.vo 16.1.2008 n. 3, che ha modificato il citato art. 29 del D. Lg.vo 152/2006, si è tornati all’inquadramento della violazione di legge in esame nella generale categoria dell’annullamento (per la “sola” annullabilità, prima dell’entrata in vigore del Codice dell’Ambiente, si era già espresso C.d.S, Sez. VI, 3 marzo 2006, n. 1023).

Questo essendo il tessuto normativo sovranazionale e nazionale che fa da sfondo alla questione oggi dibattuta, ritiene il Collegio che il procedimento di valutazione di impatto ambientale sia per sua natura e configurazione normativa un mezzo preventivo di tutela dell'ambiente, che si svolge prima rispetto all'approvazione del progetto (il quale deve essere modificato secondo le prescrizioni intese ad eliminare o ridurre l'incidenza negativa dell’opera progettata) e conseguentemente, per quanto quivi rileva, prima della realizzazione dell’opera (fisiologicamente successiva all’approvazione del progetto).

La natura ontologicamente preventiva della V.I.A. è costantemente affermata tanto dalla giurisprudenza comunitaria (cfr. Corte Giustizia CE, Sez. II, 03 luglio 2008, nella causa C-215/06, secondo cui “viola la direttiva del Consiglio 27 giugno 1985 n. 85/337/CEE la disciplina nazionale che consente di rimediare alla mancanza di valutazione dell'impatto ambientale, richiesto dalla stessa direttiva per la realizzazione di determinali lavori o impianti pubblici e privati, mediante l'ottenimento di un permesso di regolarizzazione che consente, in particolare, di lasciar sussistere un progetto non regolarmente autorizzato in via preventiva, a condizione che la domanda per il rilascio di tale permesso sia presentata prima dell'avvio di un procedimento sanzionatorio”; nonché Corte Giustizia CE, Sez. II, 05 luglio 2007, nella causa C-255/05, secondo cui “la procedura di valutazione di impatto ambientale degli impianti di smaltimento dei rifiuti non pericolosi previsti dall'allegato I, punto 10 della direttiva n. 85/337/CEE deve essere effettuata prima di concedere l'autorizzazione a costruire gli impianti medesimi”), quanto da quella nazionale (T.A.R. Liguria Genova, Sez. I, 15 giugno 2006, n. 563; nonché T.A.R. Puglia Bari, Sez. I, 10 aprile 2008 , n. 894; T.A.R. Liguria Genova, Sez. I, 16 febbraio 2008, n. 306; T.A.R. Lombardia Brescia, Sez. I, 11 agosto 2007, n. 726).

Ne consegue che una VIA postuma all’autorizzazione dell’opera e, per quanto qui rileva, allo svolgimento dei lavori (“naturalmente” successivi all’autorizzazione dell’opera) deve considerarsi illegittima, perché adottata in violazione dei sopra detti precetti comunitari e nazionali improntati al principi di precauzione e prevenzione dell’azione ambientale.

Alla luce delle considerazioni che precedono è chiaro che in linea di principio l’Amministrazione preposta al giudizio di compatibilità ambientale non può considerarsi tenuta ad esprimere tale giudizio dopo l’inizio delle opere.

Risolto in senso positivo il primo interrogativo, vi è da chiedersi se nel caso di specie l’Amministrazione competente potesse considerarsi tenuta all’emanazione di un giudizio di compatibilità ambientale successivo all’inizio delle opere, in forza di una qualche norma derogatoria al principio della necessaria previetà della VIA.

Ritiene il Collegio che anche la risposta a tale quesito debba essere positiva.

E’ bene ricordare che la presente vicenda prende le mosse dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 23.12.2003, con cui è stato dichiarato lo stato di emergenza in relazione alla situazione determinatasi nel territorio dell’isola di Lampedusa e nelle prospicienti aree marine.

In tale decreto, dopo aver dato atto della “situazione di estrema criticità rappresentata dalla regione Siciliana e dal Sindaco di Lampedusa in ordine alle gravi carenze infrastrutturali del porto dell’isola, le quali, in presenza di avverse condizioni metereologiche, pregiudicano in modo rilevante i collegamenti marittimi”, si afferma che “tale contesto incide gravemente sugli interessi fondamentali dei viaggiatori dell’attività locale, sotto i profili della sicurezza, dell’approvvigionamento dei beni primari e dell’economia” e determina una “ineludibile esigenza di garantire adeguate condizioni di sicurezza della navigazione e delle comunicazioni, igienico-sanitarie, e di tutela da possibili situazioni di inquinamento, anche rispetto al grave fenomeno dell’immigrazione clandestina, sia per l’aspetto economico di interesse dell’attività locale che per quanto concerne quello della custodia e dello smaltimenti dei relitti delle imbarcazioni”.

Con successiva O.P.C.M. n. 3350 del 16.4.2004 (recante “disposizioni urgenti per fronteggiare l’emergenza derivante dalla grave situazione ambientale determinatasi nel territorio dell’isola di Lampedusa e nelle prospicienti aree marittime”), il Presidente del Consiglio dei Ministri, visto il precedente decreto e “considerata la condizione di sostanziale inadeguatezza in cui versa l’intera struttura portuale dell’isola di Lampedusa, a causa della quale è necessario realizzare opere di adeguamento nel proto di Lampedusa e nell’approdo di Cala Pisana, al fine di rispondere efficacemente ed in maniera adeguata alle necessità di trasporto di merci e di persone, nonché di consentire anche attività di soccorso ed assistenza alle popolazione ed in generale di protezione civile in condizioni meteo marine avverse; considerato che nel porto dell’isola di Lampedusa sussiste una grave situazione di pericolo, poiché le imbarcazioni utilizzate dagli immigrati si presentano come relitti della navigazione in stato di avanzato degrado ed in pessime condizioni strutturali tanto da aver perso ogni connotazione di imbarcazione; ritenuto, quindi, che tale ammasso di relitti cagiona grave pericolo per la sicurezza portuale, in quanto sussiste un elevato rischio che le unità da pesca e da diporto subiscano danni in conseguenza dell’urto contro relitti sommersi o alla deriva, e che gli stessi provochino danni ambientali ed una pregiudizievole modificazione dei fondali marini; …(omissis)…”; tutto quanto sopra premesso e considerato, ha disposto, per quanto qui rileva, che: “Il commissario delegato provvede, altresì, al fine di realizzare un deposito, anche per finalità giudiziarie, alla individuazione di un’area per lo stoccaggio dei relitti ed imbarcazioni utilizzati dagli immigrati che approdano nell’isola, ovvero all’adeguamento dei siti già esistenti, nonché dispone, nella ricorrenza delle condizioni di necessità ed urgenza, per l’affidamento della custodia dell’intera area a soggetti cui conferire appalti di servizi con le deroghe di chi all’art. 5 dell’ordinanza. Per le finalità di cui al comma 2 il Commissario delegato può provvedere alla requisizione o alle occupazioni di urgenza delle aree per l’attuazione degli interventi, anche a fini espropriativi, adottando tutte le conseguenti determinazioni, anche avvalendosi delle deroghe di cui all’art. 5 della presente ordinanza”.

Al detto art. 5, poi, si autorizza, “nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico, la deroga” ad una serie di norme ivi analiticamente indicate.

Con successiva O.P.C.M. n. 3410 del 4.3.2005 si è disposto, per quanto qui rileva, che “per garantire le necessarie condizioni di tutela igienico, sanitaria ed ambientale, il Commissario autorizza, in deroga alle norme di cui al comma 3 del presente articolo ed alla disciplina posta dal Piano di gestione dei rifiuti della Regione siciliana, nell’area individuata con determinazione sindacale n. 83 del 4 giugno 2004 (l’area di “Taccio Vecchio”, n.d.r.), la realizzazione delle opere e dei lavori occorrenti per consentire lo stoccaggio dei relitti e delle imbarcazioni degli immigrati che approdano sull’isola, avvalendosi delle deroghe di cui all’art. 5 dell’ordinanza 16 aprile 2004 n. 3350; alla realizzazione delle predette opere si provvede nelle more dell’espletamento delle procedure di autorizzazione all’esercizio delle operazioni di smaltimento e recupero di cui agli articoli 27 e 28 del decreto legislativo del 5 febbraio 1997 n. 22, da attivarsi tempestivamente da parte del Commissario delegato. Per le attività di cui al presente articolo è temporaneamente autorizzata, nel rispetto dell’ordinamento giuridico, la deroga agli articoli 6, 9, 14, 17, 19, 27, 28, 50 e 51 bis del decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22, nonché agli articoli 2, 6, 7, 8, 9, 11, 12, 13 e 16 del decreto legislativo 13 gennaio 2003 n. 3”.

Se è vero che nelle ordinanze sopra citate non vi è un’espressa deroga alla normativa dettata in via generale in materia di valutazione di impatto ambientale, è pur vero che in quella ultima citata si dispone che il Commissario delegato provveda, nelle more dell’espletamento delle procedure di autorizzazione all’esercizio delle operazioni di smaltimento e recupero di cui agli artt. 27 e 28 del decreto legislativo 22/1997, alla realizzazione delle relative opere, in deroga proprio all’art. 27 del decreto legislativo n. 22/1997, il quale articolo, come detto sopra, prevede la necessaria preventiva VIA per l’autorizzazione alla realizzazione di un impianto di smaltimento e recupero dei rifiuti.

Attesa anche la situazione emergenziale sopra descritta e mercè il richiamo tra le norme derogate all’art. 27 del decreto legislativo n. 22/97, l’autorizzazione all’immediata realizzazione delle opere di cui si è detto doveva, allora, ritenersi consentita anche in assenza di VIA, in deroga al principio della sua previetà (principio che in materia di impianti di smaltimento di rifiuti, a ben vedere, è contenuto proprio nel - vigente ratione temporis - citato art. 27).

In buona sostanza il Commissario delegato ha proceduto alla realizzazione immediata delle opere esercitando un potere extra ordinem rinveniente la sua legittimità tanto nell’art. 2, comma 3 della citata direttiva comunitaria (a mente del quale comma: “Gli Stati membri, in casi eccezionali, possono esentare in tutto o in parte un progetto specifico dalle disposizioni della presente direttiva per l'ambiente”), quanto nel decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dichiarativo dell’emergenza sull’isola di Lampedusa, in una con le successive ed attuative OO.PP.CC.MM. (non è un caso, peraltro che sino a tutto il 2008, per come è pacifico tra le parti, il Sindaco di Lampedusa abbia autorizzato lo stoccaggio dei rifiuti in questione proprio presso il deposito per cui è causa in forza di apposite e susseguenti ordinanze contingibili ed urgenti aventi la stessa natura extra ordinem delle OO.PP.CC.MM. in questione).

A fronte, dunque, di una consentita (per i motivi sopra esposti) iniziale realizzazione preventiva delle opere, l’ARTA non poteva rifiutare di emettere una VIA postuma, sicché il provvedimento impugnato n.57368 del 31/7/2007 deve considerarsi illegittimo e pertanto va annullato.

L’annullamento del primo provvedimento gravato, atteso anche il suo contenuto (rifiuto di rendere il giudizio di compatibilità ambientale) consente l’assorbimento degli ulteriori motivi di ricorso, potendosi passare a verificare la legittimità del secondo provvedimento emanato dall’Amministrazione resistente in attuazione del giudicato cautelare, portante il giudizio negativo di compatibilità ambientale ed impugnato con ricorso per motivi aggiunti.

Con una prima doglianza la parte ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 7 e 8 L.R. 10/2000 –incompetenza, essendo stato l’atto impugnato adottato dal dirigente del servizio e non già dal competente dirigente superiore.

Il motivo è infondato.

L’art. 91 della L.R. 3 maggio 2001, rubricato “Norme sulla valutazione di impatto ambientale”, prevede al comma 1 che “nell'ambito della Regione siciliana la valutazione di impatto ambientale viene svolta nel rispetto dei principi e delle disposizioni stabilite dal D.P.R. 12 aprile 1996 atto di indirizzo e coordinamento per l'attuazione dell'articolo 40, comma 1, della legge 22 febbraio 1994, n. 146, concernente disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale e dal D.P.C.M. del 3 settembre 1999, nonché dalle disposizioni contenute nel presente articolo”.

Il successivo comma 2 prevede, poi, che “l’autorità competente in materia di valutazione di impatto ambientale di competenza regionale è l'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente”, mentre il comma 3 recita: “l'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente, ai fini della formulazione del giudizio di compatibilità ambientale, si avvale di apposito ufficio ivi istituito, ove sono altresì depositati permanentemente i documenti e tutti gli atti inerenti i procedimenti conclusi ai fini della consultazione del pubblico”.

Ne consegue, come confermato anche dal contenuto del contratto di lavoro individuale prodotto in atti dall’Amministrazione resistente, che è il dirigente responsabile dell’ufficio in questione a dover adottare le determinazioni in ordine ai procedimenti di VIA-VAS.

Con un secondo motivo di gravame la parte ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’allegato A del D.P.R. 12/4/96 e ss.mm.ii., dell’art. 5, comma 4 DPR 357/97 e ss.mm.i.i, nonché del D.A. 22/10/07 contenente “disposizioni in materia di valutazione di incidenza attuative dell’art. 1 L.R. 13/07” – ulteriore incompetenza – contraddittorietà manifesta – difetto assoluto dei presupposti.

La doglianza, per vero, si articola in due differenti censure: con la prima si deduce che il provvedimento impugnato presuppone che il progetto debba essere sottoposto necessariamente a VIA perché riguardante rifiuti pericolosi, ma senza in alcun modo motivare sulla ritenuta pericolosità degli stessi; con la seconda si deduce che il provvedimento poggia sulla ritenuta non compatibilità tra la ZPS e la creazione di una discarica ai sensi del D.M. 17.10.2007, art. 5 lett. K, mentre la normativa invocabile sarebbe quella regionale di cui al D.A. 22/10/07, con il quale si è stabilito che nell’ambito della Regione Siciliana non trovano applicazione le disposizioni di cui alla delibera del Comitato per le aree naturali protette del 2.12.1996 e che alle ZPS e ZSC si applicano le solo misure di conservazione di cui al DPR 357/97 e ss.mm.ii.

In ordine alla prima, osserva il Collegio che l’assoggettabilità delle opere in questione a VIA, sul presupposto della loro ricomprensione nell’elenco di cui all’allegato A del D.P.R. 12.4.1996 e ss.mm.ii, non è mai stata fatto oggetto di contestazione da parte dell’Amministrazione proponente, che anzi, proprio partendo da tale dato, ha di sua sponte attivato il procedimento in questione.

E’ la stessa Presidenza del Consiglio che, nella relazione tecnica presentata all’Amministrazione resistente (cfr. sub all. 12 alla memoria in risposta al ricorso per motivi aggiunti prodotta da Legambiente), qualifica alcuni dei rifiuti oggetto dello stoccaggio siccome pericolosi (quelli contrassegnati con l’asterisco), rifiuti questi pacificamente rientranti nelle previsioni di cui al detto allegato A.

Anche la seconda censura, poi, poggia su un assunto infondato in fatto, posto che il Decreto Assessoriale 22.10.2007 invocato dalle Amministrazioni ricorrenti con ordinanza 22//2008 è stato sospeso da questo T.A.R. perché elusivo dei dettami vincolanti del D.M. 17.10.2007 che pertanto continua a trovare applicazione nella Regione Sicilia in ragione della competenza esclusiva dello Stato in materia di ambiente ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lett. S della Costituzione.

Con un terzo motivo di ricorso la parte ricorrente lamenta difetto assoluto di motivazione – ulteriore contraddittorietà e travisamento dei fatti – ulteriore difetto dei presupposti – violazione e falsa applicazione delle Direttive 79/49/CEE e del DPR 357/97 sotto altro profilo – violazione dell’obbligo di adeguarsi al giudicato cautelare. In forza della vigente disciplina nazionale e comunitaria i progetti di opere di interesse pubblico che riguardino aree di interesse comunitario o ZPS, anche quando la valutazione non fornisca la certezza che l’opera non pregiudichi l’integrità del sito, possono essere ugualmente realizzati, laddove richiesto da imperative ragioni di rilevante interesse pubblico, a condizione che lo Stato membro adotti ogni misura compensativa necessaria a tutelare il sito. L’urgenza e l’impellenza delle esigenze pubbliche nel caso di specie trova conferma nell’adozione di provvedimenti contingibili ed urgenti da parte del Sindaco di Lampedusa.

Anche questo motivo è infondato.

Il D.P.R. 357/1997, rubricato “Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della fauna e della flora selvatiche”, all’art. 5, commi 9 e 10, prevede che, “qualora, nonostante le conclusioni negative della valutazione di incidenza sul sito ed in mancanza di soluzioni alternative possibili, il piano o l'intervento debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale ed economica, le amministrazioni competenti adottano ogni misura compensativa necessaria per garantire la coerenza globale della rete "Natura 2000" e ne danno comunicazione al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio per le finalità di cui all' articolo 13. Qualora nei siti ricadano tipi di habitat naturali e specie prioritari, il piano o l'intervento di cui sia stata valutata l'incidenza negativa sul sito di importanza comunitaria, può essere realizzato soltanto con riferimento ad esigenze connesse alla salute dell'uomo e alla sicurezza pubblica o ad esigenze di primaria importanza per l'ambiente, ovvero, previo parere della Commissione europea, per altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico”.

Il D.M. 17.10.2007, rubricato “Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a Zone speciali di conservazione (ZSC) ed a Zone di protezione speciale (ZPS), all’art. 5, comma 1, vieta nelle ZPS la realizzazione di tutta una serie di opere, tra cui, per quanto qui rileva, “nuove discariche o nuovi impianti di trattamento e smaltimento di fanghi e rifiuti nonché ampliamento di quelli esistenti in termine di superficie, fatte salve le discariche per inerti” (lett. K).

L’art. 1, ultimo comma del medesimo decreto, tuttavia, prevede che “per ragioni connesse alla salute dell'uomo e alla sicurezza pubblica o relative a conseguenze positive di primaria importanza per l'ambiente, si può provvedere all'autorizzazione di interventi o progetti eventualmente in contrasto con i criteri indicati nel presente atto, in ogni caso previa valutazione di incidenza, adottando ogni misura compensativa atta a garantire la coerenza globale della rete Natura 2000”.

Esaminando il tessuto normativo sopra tracciato, dunque, può convenirsi con le Amministrazioni ricorrenti sul rilievo che, anche a fronte di un giudizio di compatibilità ambientale negativo, gli interventi o i progetti oggetto di verifica possono comunque essere “autorizzati”, laddove ricorrano quei pregnanti ed eccezionali motivi di interesse pubblico espressamente indicati dal legislatore.

Ciò su cui non si può convenire, invece, è che della ponderazione di tali interessi e del giudizio di prevalenza debba farsi carico l’autorità preposta al giudizio di compatibilità ambientale in sede di verifica della stessa.

Come è chiaro dalla lettura delle norme sopra dette, invece, la ponderazione ed il giudizio di prevalenza de quibus intervengono in un momento successivo al giudizio negativo di compatibilità ambientale e gravano sui soggetti preposti all’autorizzazione dell’opera, soggetti che, acquisita la previa VIA negativa, sono chiamati a vagliare ed esternare le eccezionali e prevalenti ragioni pubbliche (per come tipizzate dal legislatore) che eventualmente impongano comunque la realizzazione dell’intervento.

Alla luce delle considerazioni che precedono, dunque, deve ritenersi non inficiato dai vizi sopra detti il provvedimento di verifica negativa di compatibilità ambientale gravato con ricorso per motivi aggiunti.

Con l’ultimo motivo di ricorso, poi, le Amministrazioni ricorrenti, lamentando i vizi di “illegittimità derivata- ulteriore incompetenza – contraddittorietà e sviamento ulteriore”, sostengono che l’ordine all’Amministrazione proponente di presentare un progetto di recupero ambientale del sito non avrebbe alcuna copertura normativa ed in ogni caso non tiene conto del fatto che l’avanzata utilizzazione del sito è ascrivibile ai provvedimenti contingibili ed urgenti adottati dal Sindaco facendo leva sui suoi potere extra ordinem in materia di sanità ed ordine pubblico.

L’art. 29 del Codice dell’Ambiente prevede al comma 3 che “qualora si accertino violazioni delle prescrizioni impartite o modifiche progettuali tali da incidere sugli esiti e sulle risultanze finali delle fasi di verifica di assoggettabilità e di valutazione, l'autorità competente, previa eventuale sospensione dei lavori, impone al proponente l'adeguamento dell'opera o intervento, stabilendone i termini e le modalità’. Qualora il proponente non adempia a quanto imposto, l'autorità' competente provvede d'ufficio a spese dell'inadempiente. Il recupero di tali spese e' effettuato con le modalità' e gli effetti previsti dal regio decreto 14 aprile 1910, n. 639, sulla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato'”. Il comma IV, poi, stabilisce che “nel caso di opere ed interventi realizzati senza la previa sottoposizione alle fasi di verifica di assoggettabilità o di valutazione in violazione delle disposizioni di cui al presente Titolo III, nonché nel caso di difformità' sostanziali da quanto disposto dai provvedimenti finali, l'autorità' competente, valutata l'entità del pregiudizio ambientale arrecato e quello conseguente alla applicazione della sanzione, dispone la sospensione dei lavori e può disporre la demolizione ed il ripristino dello stato dei luoghi e della situazione ambientale a cura e spese del responsabile, definendone i termini e le modalità'. In caso di inottemperanza, l'autorità competente provvede d'ufficio a spese dell'inadempiente. Il recupero di tali spese e' effettuato con le modalità e gli effetti previsti dal testo unico delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato approvato con regio decreto 14 aprile 1910, n. 639, sulla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato”.

Ritiene il Collegio che l’autorità competente nel caso di specie debba sì essere individuata nell’ente preposto al giudizio di compatibilità ambientale, per come reso palese dal rilievo che esso solo può procedere alla “valutazione dell’entità del pregiudizio ambientale arrecato”, sicché, in presenza di una VIA negativa, appare correttala determinazione dell’ARTA di imporre alle Amministrazioni ricorrenti di presentare un progetto di recupero ambientale del sito.

L’assunto delle Amministrazioni ricorrenti secondo cui le opere in questione sarebbero state realizzate dal Sindaco di Lampedusa con le ordinanze contingibili ed urgenti non ha alcun riscontro processuale e si pone in contrasto con le risultanze documentali dell’istruttoria.

Alla luce delle considerazioni che precedono, dunque, anche il ricorso per motivi aggiunti deve essere rigettato.

Deve essere rigettata, infine, la domanda di risarcimento danni spiegata dalle Amministrazioni ricorrenti nei confronti delle parti resistenti, attesa la legittimità sostanziale dell’operato dell’ARTA.

Le spese di lite possono essere compensate, avuto riguardo alla soccombenza reciproca, nonché alla complessità ed alla novità delle questioni trattate.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione Prima, accoglie il ricorso principale e per l’effetto annulla i provvedimenti con esso impugnati; respinge il ricorso per motivi aggiunti.

Compensa tra le parti le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo nelle camere di consiglio dei giorni 27 ottobre 2009 e 15 gennaio 2010, con l'intervento dei Magistrati:

Nicola Maisano, Presidente FF
Aurora Lento, Primo Referendario
Pier Luigi Tomaiuoli, Referendario, Estensore

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20/01/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
 


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