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T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 19 maggio 2010, n. 1525
INQUINAMENTO - Siti di interesse nazionale - Art. 252 d.lgs. n. 152/2006 -
Attività di competenza del Ministro dell’Ambiente - Atti facenti capo al
Ministero - Individuazione dei siti di interesse nazionale - Decreto di
recepimento della Conferenza di Servizi. L’art. 252 del d.lgs. n. 152/2006
distingue tra atti ed attività di competenza del Ministro dell’Ambiente ed atti
e attività facenti capo al Ministero. Rientra ad es. tra i primi
l’individuazione, ai fini della bonifica, dei siti di interesse nazionale (art.
252, c. 2), dovendo la suddetta individuazione reputarsi atto attinente
all’indirizzo politico-amministrativo in materia di bonifica. La rilevanza
politica di un tale atto risulta, del resto, confermata dalla necessità
dell’intesa con le Regioni interessate, prescritta, per l’appunto, dal comma 2
dell’art. 252. Si deve invece reputare che il decreto di recepimento della
Conferenza di Servizi costituisca un mero atto di gestione, di competenza
dirigenziale e non del Ministro, atteso che esso certamente non concerne le
scelte di fondo che la P.A. è chiamata a compiere nel settore in, avendo invece
ad oggetto la prescrizione di un singolo intervento. Pres. Nicolosi, Est. De
Berardinis - Provincia di Massa Carrara (avv. Andreanis) c. Ministero
dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (Avv. Stato) e altri (n.c.)
- TAR TOSCANA, Sez. II - 19 maggio 2010, n. 1525
INQUINAMENTO - Siti di interesse nazionale - Art. 252 d.lgs. n. 152/2006 -
Individuazione delle competenze - Intervento di messa in sicurezza di emergenza
- Ministero. L’art. 252, comma 4, del d.lgs. n. 152 cit. attribuisce la
competenza per i procedimenti di bonifica di cui al precedente art. 242, qualora
abbiano ad oggetto i siti di interesse nazionale, “alla competenza del Ministero
dell’ambiente e della tutela del territorio”. Se l’attribuzione delle relative
competenze al “Ministero” (e non al Ministro, salve le tassative eccezioni) vale
per gli atti del procedimento di bonifica, a fortiori essa deve valere per il
decreto di recepimento della conferenza di servizi, avente ad oggetto un
intervento di messa in sicurezza d’emergenza che investe una fase prodromica
rispetto alla bonifica, e comunque non in grado di determinare il definitivo
riassetto del sito (v. art. 240, comma 1, lett. m), del d.lgs. n. 152 cit.).
Pres. Nicolosi, Est. De Berardinis - Provincia di Massa Carrara (avv. Andreanis)
c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (Avv. Stato)
e altri (n.c.) - TAR TOSCANA, Sez. II - 19 maggio 2010, n. 1525
INQUINAMENTO - Siti di interesse nazionale - Atti del procedimento di
bonifica - Competenza tecnico-gestionale degli organi esecutivi - Art. 4, c. 3
d.lgs. n. 165/2001- Generale principio di distinzione tra attività di governo e
attività di gestione. Gli atti del procedimento di bonifica dei siti di
interesse nazionale, compresi quelli conclusivi, rientrano nella competenza
tecnico-gestionale degli organi esecutivi (dirigenti), in quanto non contengono
elementi di indirizzo politico-amministrativo che possano attrarre detta
competenza nella sfera riservata agli organi di governo. Ciò, in base al
generale principio di distinzione tra attività di governo ed attività di
gestione, che presiede l’organizzazione ed il funzionamento delle P.A., alla
luce anche dell’art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 165/2001, secondo il quale le
attribuzioni dei dirigenti possono essere derogate soltanto espressamente e ad
opera di specifiche disposizioni legislative (T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I,
9 ottobre 2009, n. 1738; T.A.R. Toscana, Sez. II, 16 ottobre 2008, n. 2287).
Pres. Nicolosi, Est. De Berardinis - Provincia di Massa Carrara (avv. Andreanis)
c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (Avv. Stato)
e altri (n.c.) - TAR TOSCANA, Sez. II - 19 maggio 2010, n. 1525
INQUINAMENTO - Siti di interesse nazionale - Bonifica - Art. 252, c. 4 d.lgs.
n. 152/2006 - Procedimento - Concerto con il Ministero dello Sviluppo economico
- Necessità - Esclusione. Il concerto con il Ministero dello Sviluppo
Economico non è richiesto dall’art. 252, comma 4, del d.lgs. n. 152/2006: vi è
assoluta coerenza tra la necessità dell’intesa con le Regioni nel procedimento
di cui al comma 1 dell’art. 252 e l’assenza di una tale intesa o concerto nella
disciplina di cui al successivo comma 4 (il quale si limita a chiedere che sia
sentito il Ministero dello Sviluppo Economico). Nel primo caso si tratta infatti
di un procedimento (l’individuazione dei siti di bonifica di interesse
nazionale) che attiene all’indirizzo politico-amministrativo, mentre negli altri
casi si tratta di procedimenti preordinati all’adozione di atti di gestione, che
proprio per detta ragione non necessitano del previo concerto a livello di
vertice politico dei rispettivi apparati. Pres. Nicolosi, Est. De
Berardinis - Provincia di Massa Carrara (avv. Andreanis) c. Ministero
dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (Avv. Stato) e altri (n.c.)
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INQUINAMENTO - Bonifica - Conferenza di servizi - Intese e concerti ex art.
252 d.lgs. n. 152/2006 - Acquisizione all’interno della conferenza di servizi.
Nel modulo procedimentale della Conferenza di Servizi, i pareri, le intese
ed i concerti di cui all’art. 252 del d.lgs. n. 152/2006 ed all’art. 15, comma
4, del d.m. n. 471/1999 possono ben essere acquisiti all’interno della
Conferenza stessa, senza che poi, in sede di emanazione del provvedimento
finale, si debba provvedere ad una nuova acquisizione (T.A.R. Lombardia,
Brescia, Sez. I, nn. 319/2009, cit. e 1738/2009, cit.). Pres. Nicolosi,
Est. De Berardinis - Provincia di Massa Carrara (avv. Andreanis) c. Ministero
dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (Avv. Stato) e altri (n.c.)
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INQUINAMENTO - Misure urgenti e definitive - Adozione - Responsabile
dell’inquinamento - Proprietario incolpevole - Principio “chi inquina paga”.
Tanto la disciplina di cui al d.lgs. n. 22/1997 (in particolare, l’art. 17,
comma 2), quanto quella introdotta dal d.lgs. n. 152/2006 (ed in particolare,
gli artt. 240 e segg.), si ispirano al principio secondo cui l’obbligo di
adottare le misure, sia urgenti che definitive, idonee a fronteggiare la
situazione di inquinamento, è a carico unicamente di colui che di tale
situazione sia responsabile, per avervi dato causa a titolo di dolo o colpa:
l’obbligo di bonifica o di messa in sicurezza non può essere invece addossato al
proprietario incolpevole, ove manchi ogni sua responsabilità (cfr., ex multis,
T.A.R. Toscana, Sez. II, 17 aprile 2009, n. 665; id., 6 maggio 2009; nello
stesso senso, T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I, 26 luglio 2007, n. 1254).
L’Amministrazione non può, cioè, imporre ai soggetti che non abbiano alcuna
responsabilità diretta sull’origine del fenomeno contestato, ma che vengano
individuati solo quali proprietari del bene, lo svolgimento delle attività di
recupero e di risanamento (così, nel vigore della precedente disciplina, T.A.R.
Veneto, Sez. II, 2 febbraio 2002, n. 320). L’enunciato è conforme al principio
“chi inquina, paga”, cui si ispira la normativa comunitaria (cfr. art. 174, ex
art. 130/R, del Trattato CE), la quale impone al soggetto che fa correre un
rischio di inquinamento di sostenere i costi della prevenzione o della
riparazione. Pres. Nicolosi, Est. De Berardinis - Provincia di Massa Carrara
(avv. Andreanis) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del
Mare (Avv. Stato) e altri (n.c.) - TAR TOSCANA, Sez. II - 19 maggio 2010, n.
1525
INQUINAMENTO - Principio “chi inquina paga” - Applicabilità alle misure di
messa in sicurezza d’emergenza - Fondamento - Artt. 240 e ss. d.lgs. n. 152/2006.
Il principio “chi inquina, paga” vale, oltre che per le misure di bonifica,
anche per le misure di messa in sicurezza d’emergenza, secondo la definizione
che delle misure stesse è contenuta nell’art. 240, comma 1, lett. m), del d.lgs.
n. 152/2006 (ogni intervento immediato od a breve termine, da mettere in opera
nelle condizioni di emergenza di cui alla lett. t) in caso di eventi di
contaminazione repentini di qualsiasi natura, atto a contenere la diffusione
delle sorgenti primarie di contaminazione, impedirne il contatto con altre
matrici presenti nel sito ed a rimuoverle, in attesa di eventuali ulteriori
interventi di bonifica o di messa in sicurezza operativa o permanente). Infatti,
anche l’adozione delle misure di messa in sicurezza d’emergenza è addossata
dalla normativa in discorso al soggetto responsabile dell’inquinamento (cfr.
art. 242 del d.lgs. n. 152/2006). Pres. Nicolosi, Est. De Berardinis - Provincia
di Massa Carrara (avv. Andreanis) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del
Territorio e del Mare (Avv. Stato) e altri (n.c.) - TAR TOSCANA, Sez. II - 19
maggio 2010, n. 1525
INQUINAMENTO - Opere di recupero ambientale - Esecuzione d’ufficio - Rivalsa
nei confronti del soggetto responsabile - Mancata individuazione - Esercizio
delle garanzie gravanti sul terreno inquinato. Dal combinato disposto degli
artt. 244, 250 e 253 del Codice ambiente si ricava che, nell’ipotesi di mancata
esecuzione degli interventi ambientali da parte del responsabile
dell’inquinamento, ovvero di mancata individuazione dello stesso - e sempreché
non provvedano né il proprietario del sito, né altri soggetti interessati - le
opere di recupero ambientale sono eseguite dalla P.A. competente, che potrà
rivalersi sul soggetto responsabile nei limiti del valore dell’area bonificata,
anche esercitando, ove la rivalsa non vada a buon fine, le garanzie gravanti sul
terreno oggetto dei medesimi interventi (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 10
luglio 2007, n. 5355; T.A.R. Toscana, Sez. II, 17 settembre 2009, n. 1448).
Pres. Nicolosi, Est. De Berardinis - Provincia di Massa Carrara (avv. Andreanis)
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INQUINAMENTO - Bonifica - Imposizione del barrieramento fisico - Analisi
comparativa tra le diverse alternative. La P.A. è tenuta a valutare ed
accertare non solo l’inefficacia di misure meno invasive della barriera fisica,
ma anche l’effettiva necessità, efficacia e realizzabilità del sistema di
contenimento fisico. Pertanto, l’opzione per detto sistema, ovvero per un
utilizzo combinato delle differenti tipologie di intervento, può legittimamente
avere luogo soltanto all’esito di un’analisi comparativa tra le diverse
alternative, in ragione delle specifiche caratteristiche dell’area (T.A.R.
Lecce, Sez. I, n. 2247/2007, T.A.R. Toscana, Sez. II, 14 ottobre 2009, n. 1540;
id., 18 dicembre 2009, n. 3973). In sintesi, detta analisi deve implicare la
valutazione comparativa dei vantaggi e degli svantaggi delle differenti opzioni
sul campo, con necessaria precisazione, da parte della P.A., non solo dei
vantaggi effettivi connessi alla realizzazione della barriera fisica, ma anche
della comparazione con i relativi svantaggi, fornendo la prova di aver
adeguatamente valutato questi ultimi. Pres. Nicolosi, Est. De Berardinis -
Provincia di Massa Carrara (avv. Andreanis) c. Ministero dell’Ambiente e della
Tutela del Territorio e del Mare (Avv. Stato) e altri (n.c.) - TAR TOSCANA,
Sez. II - 19 maggio 2010, n. 1525
INQUINAMENTO - Barriera di contenimento fisico - Configurazione quale messa
in sicurezza d’emergenza - Illegittimità - Natura di messa in sicurezza
permanente. La prescrizione di una misura avente natura di messa in
sicurezza permanente, se non di vera e propria bonifica, è illegittimamente
configurata quale messa in sicurezza d’emergenza. Il richiamo all’esigenza di
intervenire in via d’urgenza risulta infatti logicamente incompatibile con la
prescrizione di un intervento, quale - nella specie - la barriera di
contenimento fisico, la cui realizzazione e messa in opera richiede tempi
verosimilmente lunghi, i quali ne palesano l’inidoneità sotto i profili
dell’adeguatezza e della proporzionalità al conseguimento dello scopo (T.A.R.
Toscana, Sez. II, 14 ottobre 2009, n. 1540; T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, n.
2247/2007). Pres. Nicolosi, Est. De Berardinis - Provincia di Massa Carrara
(avv. Andreanis) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del
Mare (Avv. Stato) e altri (n.c.) - TAR TOSCANA, Sez. II - 19 maggio 2010, n.
1525
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 01525/2010 REG.SEN.
N. 00465/2008 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 465 del 2008, proposto dalla
Provincia di Massa Carrara, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata
e difesa dall’avv. Antonio Andreani e con domicilio eletto presso lo studio
dello stesso, in Firenze, via Buonvicini n. 21
contro
Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, in persona del
Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura
Distrettuale dello Stato e domiciliato presso gli Uffici della stessa, in
Firenze, via degli Arazzieri, n. 4
Regione Toscana, non costituita in giudizio
A.R.P.A.T. – Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana, non
costituita in giudizio
Azienda U.S.L. n. 1 di Massa-Carrara, non costituita in giudizio
nei confronti di
Fallimento Finanziaria Fibronit S.p.A., non costituito in giudizio
per l’annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
- del decreto direttoriale del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del
Territorio e del Mare del 28 dicembre 2007, prot. n. 4307/QdV/Si/B, recante
approvazione e recepimento delle determinazioni conclusive della Conferenza di
Servizi decisoria relativa al sito di bonifica di interesse nazionale di
Massa-Carrara del 30 ottobre 2007, nella parte in cui contiene prescrizioni a
carico della Provincia di Massa-Carrara;
- della nota ministeriale prot. n. 33534/QdV/Di/VII/VIII, a sua volta del 28
dicembre 2007, con cui è stato comunicato detto decreto;
- del verbale della Conferenza di Servizi decisoria tenutasi il 30 ottobre 2007
presso il Ministero dell’Ambiente, per quanto concerne le determinazioni
relative all’area Sottopasso Ferroviario – Via Longobarda – Via Marchetti – Via
Aurelia – Comune di Massa – Comune di Carrara;
- del verbale della Conferenza di Servizi istruttoria del 26 giugno 2007;
- del verbale della Conferenza di Servizi istruttoria del 9 novembre 2004;
- della nota dell’A.R.P.A.T. – Dipartimento Provinciale di Massa Carrara del 6
dicembre 2004, prot. n. 3741/1.23.Massa/28;
- della nota protocollata dall’A.R.P.A.T. – Dipartimento Provinciale di Massa
Carrara al. n. 3626 del 25 novembre 2004;
- della nota dell’A.R.P.A.T. – Dipartimento Provinciale di Massa Carrara dell’8
agosto 2005, prot. n. 3110/01.23.11/28;
- della nota dell’A.R.P.A.T. – Dipartimento Provinciale di Massa Carrara del 16
gennaio 2006, prot. n. 0173/01.23.11/28;
- della nota dell’A.R.P.A.T. – Dipartimento Provinciale di Massa Carrara del 16
febbraio 2006, prot. n. 0175/01.23.01/1.2;
- della nota dell’A.R.P.A.T. – Dipartimento Provinciale di Massa Carrara del 13
febbraio 2006, prot. n. 637/01.23.04/54;
- della nota dell’A.R.P.A.T. – Dipartimento Provinciale di Massa Carrara del 5
settembre 2006, prot. n. 3718/01.23.04/54;
- della relazione tecnica trasmessa dall’A.R.P.A.T. in data 10 agosto 2007;
- della nota del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del
Mare del 21 agosto 2007, prot. n. 2174/QdV/DI;
- di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Ambiente e della
Tutela del Territorio e del Mare;
Vista l’istanza di sospensione dell’esecuzione degli atti impugnati, proposta in
via incidentale dalla Provincia ricorrente;
Vista l’ordinanza n. 380/2008 del 9 aprile 2008, con la quale è stata accolta
l’istanza incidentale di sospensione;
Vista l’ulteriore memoria depositata dalla ricorrente;
Visti tutti gli atti della causa;
Nominato relatore, nell’udienza pubblica del 4 febbraio 2010, il dr. Pietro De
Berardinis;
Uditi i difensori presenti delle parti costituite, come specificato nel verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue
FATTO
La Provincia di Massa-Carrara espone di aver realizzato, tra il settembre 2005
ed il giugno 2006, un sottopasso ferroviario di nuova progettazione, con
allargamento ed adeguamento della sede stradale nell’area del sottopasso
ferroviario di via Longobarda, via Marchetti e via Aurelia, all’interno della
zona industriale di Massa-Carrara, perimetrata quale sito di bonifica di
interesse nazionale (S.I.N.), ex l. n. 426/1998.
L’area oggetto dell’intervento realizzato dalla Provincia è stata da questa
acquisita con procedura di esproprio, o tramite accordo bonario intervenuto nel
relativo procedimento; i lavori di allargamento della sede stradale hanno
interessato un’area già di proprietà della Fibronit (nel cui stabilimento si
lavorava l’amianto).
Al fine della realizzazione dei lavori, la Provincia trasmetteva al Ministero
dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (d’ora in poi: Ministero
dell’Ambiente) il piano di caratterizzazione del sito ed eseguiva le prescritte
indagini, da cui emergeva un valore eccedente i limiti di cui al d.m. n.
471/1999 per gli idrocarburi totali. Dopo una lunga serie di contatti ed un
lungo carteggio con il Ministero dell’Ambiente e con l’A.R.P.A.T. (descritto nel
ricorso), la Provincia inviava al Ministero una relazione, in cui riepilogava le
operazioni eseguite, indicandone l’esito positivo e chiedendo lo svincolo
dell’area. Per quanto riguarda la presenza di manganese in misura superiore ai
parametri minimi, la relazione evidenziava che le acque di falda che
attraversavano l’area non subivano alcun processo di contaminazione e che
comunque il fenomeno era imputabile non già a contaminazione antropica, ma ad un
valore di fondo caratteristico dell’area geografica.
Nondimeno, in esito alla Conferenza di Servizi decisoria del 30 ottobre 2007,
relativa al S.I.N. di Massa-Carrara, atteso il superamento riscontrato nelle
acque di falda per il parametro manganese, si sono dettate a carico dei
“soggetti titolari dell’area in esame”, tra le altre, le seguenti prescrizioni:
a) l’attivazione di un intervento di messa in sicurezza d’emergenza della falda,
consistente in una barriera di contenimento fisico “lungo il fronte dello
Stabilimento a valle idrogeologico dell’area”,
b) la presentazione, entro trenta giorni, di un progetto di bonifica delle acque
di falda fondato sul contenimento fisico dell’intera area.
Le determinazioni della Conferenza sono state approvate e considerate come
definitive con decreto direttoriale del Ministero dell’Ambiente prot. n. 4307/QdV/Si/B
del 28 dicembre 2007, comunicato alla Provincia con nota ministeriale prot. n.
33534/QdV/Di/VII/VIII, di pari data.
Dolendosi delle prescrizioni suesposte, considerate ingiustificatamente lesive
dei propri interessi, la Provincia esponente con il ricorso in epigrafe ha
impugnato il citato decreto direttoriale, unitamente alla nota di comunicazione
ed al verbale della Conferenza di Servizi decisoria del 30 ottobre 2007, nella
parte relativa all’area in cui è ubicato il sottopasso ferroviario poc’anzi
ricordato, chiedendone l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione. A
supporto del gravame con cui ha impugnato, altresì, gli atti presupposti,
connessi e conseguenti in epigrafe specificati, l’esponente ha dedotto le
seguenti doglianze:
- violazione e falsa applicazione degli artt. 7, 8, 10-bis, 14 e segg. della l.
n. 241/1990, dell’art. 239 del d.lgs. n. 152/2006 e del principio del giusto
procedimento, eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto dei
presupposti, inesistente istruttoria e motivazione, in quanto alla Provincia,
quale proprietaria incolpevole dell’area interessata, non è stato consentito di
partecipare al procedimento e di fornire il proprio apporto relativamente a)
all’accertamento dell’esistenza dell’inquinamento, b) all’individuazione della
causa di quest’ultimo, c) al significato da attribuire alle analisi svolte ed ai
loro risultati;
- violazione e falsa applicazione dell’art. 15 del d.m. n. 471/1999, nonché
dell’art. 164 del d.lgs. n. 152/2006, incompetenza ed eccesso di potere per
difetto dei presupposti, travisamento dei fatti, inesistente motivazione ed
istruttoria, contraddittorietà, poiché le determinazioni gravate sarebbero state
assunte in esito ad un’istruttoria svolta in prevalenza da un organo
incompetente (il Direttore Generale del Ministero dell’Ambiente) e, comunque, il
Ministero avrebbe condotto unilateralmente la Conferenza di Servizi, in
violazione dell’art. 15 del d.m. n. 471/1999;
- violazione e falsa applicazione degli artt. 14 e segg. della l. n. 241/1990,
dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997, degli artt. 240 e segg. del d.lgs. n.
152/2006, eccesso di potere per inesistente motivazione ed istruttoria e difetto
dei presupposti, incompetenza, violazione dell’art. 4 del d.lgs. n. 165/2001, in
quanto il decreto dirigenziale approvativo delle prescrizioni della Conferenza
sarebbe stato adottato da un organo incompetente (il Direttore Generale),
anziché dal Ministro, e perché sarebbe mancato il previo concerto con il
Ministero dello Sviluppo Economico;
- violazione e falsa applicazione degli artt. 240 e segg. del d.lgs. n.
152/2006, dell’art. 97 Cost. e del principio del giusto procedimento, ed eccesso
di potere per difetto dei presupposti, travisamento dei fatti, inesistente
motivazione ed istruttoria, giacché la P.A. avrebbe imposto obblighi di
intervento, senza aver predisposto previamente l’analisi di rischio-sito
specifica, avrebbe violato il precetto che riserva al soggetto interessato la
determinazione dei contenuti del progetto di bonifica e delle misure di messa in
sicurezza ed avrebbe disposto gli interventi senza accertare il superamento dei
limiti di cui agli allegati al d.lgs. n. 152/2006;
- violazione falsa applicazione degli artt. 4, 23, 192, 240, 242, 243, 244, 245,
252, 253, 311, 313 del d.lgs. n. 152/2006, dell’Allegato e al Titolo V, Parte IV,
del d.lgs. n. 152 cit., dell’art. 9 del d.m. n. 471/1999, del d.P.R. 12 aprile
1996, dell’art. 1 del d.P.C.M. 10 agosto 1988, n. 377, dell’art. 3 della l. n.
241/1990, del principio del giusto procedimento ex art. 97 Cost., nonché eccesso
di potere per inesistente motivazione ed istruttoria, travisamento dei fatti,
difetto dei presupposti, violazione del principio comunitario dell’applicazione
delle migliori tecnologie a costi sopportabili e del principio di
proporzionalità, incongruità, illogicità, irrazionalità e contraddittorietà
manifeste, giacché: a) il preteso inquinamento del sito sarebbe di gran lunga
antecedente alla sua acquisizione da parte della Provincia e certo non
riferibile ad alcuna attività di questa; b) la prescrizione di realizzare il
sistema di contenimento fisico non sarebbe in alcun modo motivata o
giustificata, né vi sarebbe stata alcuna istruttoria che dimostri la
responsabilità della Provincia nel causare l’inquinamento; c) la situazione di
inquinamento non avrebbe quel carattere di repentinità che giustifica la
prescrizione di interventi di messa in sicurezza d’emergenza; d) l’intervento
previsto, sebbene qualificato come di messa in sicurezza d’emergenza, sarebbe in
realtà una vera e propria bonifica; e) non vi sarebbe stata nessuna valutazione
delle enormi spese che la realizzazione della barriera fisica imporrebbe alla
ricorrente; f) sarebbe stata omessa la previa valutazione dell’impatto
ambientale dell’opera prescritta; g) non si sarebbero potuti imporre interventi
d’emergenza alla Provincia, poiché anche detti interventi vanno addebitati al
responsabile dell’inquinamento e non al proprietario incolpevole;
- violazione e falsa applicazione del d.m. n. 471/1999, eccesso di potere per
violazione del giusto procedimento, travisamento dei fatti, difetto dei
presupposti, inesistente motivazione ed istruttoria, in quanto gli accertamenti
effettuati dalla Provincia avrebbero escluso qualunque superamento dei parametri
di cui al d.m. n. 471/1999 e la presenza di manganese dovrebbe essere riportata
all’entità presente in molte zone, compatibile con i parametri di legge.
Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Ambiente, con atto di mera
costituzione formale.
Nella Camera di consiglio del 9 aprile 2008 il Collegio, attesi i precedenti
conformi della Sezione, con ordinanza n. 380/2008 ha accolto l’istanza
incidentale di sospensione.
In vista dell’udienza di merito, la ricorrente ha depositato una memoria,
ripercorrendo le doglianze già formulate ed insistendo per l’accoglimento del
gravame.
All’udienza pubblica del 4 febbraio 2010, la causa è stata trattenuta in
decisione.
DIRITTO
Con il ricorso in epigrafe la Provincia di Massa-Carrara contesta le
determinazioni assunte a suo carico nella Conferenza di Servizi decisoria del 30
ottobre 2007 – in specie, la realizzazione di una barriera di contenimento
fisico delle acque di falda e l’imposizione di un progetto di bonifica basato
sul confinamento fisico dell’intera area – chiedendo, perciò, l’annullamento in
parte qua del decreto direttoriale del Ministero dell’Ambiente che ha approvato
e recepito le determinazioni stesse, e del verbale della predetta Conferenza di
Servizi.
Il Collegio ritiene di dover esaminare prioritariamente il terzo motivo di
ricorso, con il quale viene dedotto il vizio di incompetenza dell’organo
emanante, atteso che, in caso di suo accoglimento, in base all’art. 26, secondo
comma, della l. n. 1034/1971, dovrebbe pronunciarsi l’annullamento degli atti
impugnati e rimettersi l’affare all’autorità competente, restando precluso
l’esame degli ulteriori motivi di censura, onde evitare intromissioni improprie
nell’attività dell’organo riconosciuto come competente (cfr., ex multis, C.d.S.,
Sez. IV, 20 luglio 2009, n. 4568).
Il motivo è infondato.
In argomento, il Collegio evidenzia che l’asserzione della ricorrente, secondo
cui quella in discorso sarebbe attività di indirizzo politico-amministrativo, e
non di gestione, appare affermazione priva di argomenti giuridici capaci di
supportarla e che, in particolare, non rinviene nella vigente disciplina
positiva elementi che la sostengano.
Ed invero, l’art. 252 del d.lgs. n. 152/2006 distingue tra atti ed attività di
competenza del Ministro dell’Ambiente ed atti e attività facenti capo al
Ministero. Rientra ad es. tra i primi l’individuazione, ai fini della bonifica,
dei siti di interesse nazionale (art. 252, comma 2, cit.), il che è del tutto
logico, dovendo la suddetta individuazione reputarsi atto attinente
all’indirizzo politico-amministrativo in materia di bonifica. La rilevanza
politica di un tale atto risulta, del resto, confermata dalla necessità
dell’intesa con le Regioni interessate: intesa prescritta, per l’appunto, dal
comma 2 dell’art. 252. Si deve invece reputare che l’impugnato decreto di
recepimento della Conferenza di Servizi costituisca un mero atto di gestione, di
competenza dirigenziale e non del Ministro, atteso che esso certamente non
concerne le scelte di fondo che la P.A. è chiamata a compiere nel settore in
esame (come ad es., la mappatura dei siti di interesse nazionale), avendo invece
ad oggetto la prescrizione di un singolo intervento, peraltro non di bonifica,
ma di messa in sicurezza d’emergenza.
Del resto, l’art. 252, comma 4, del d.lgs. n. 152 cit. attribuisce la competenza
per i procedimenti di bonifica di cui al precedente art. 242, qualora abbiano ad
oggetto i siti di interesse nazionale, “alla competenza del Ministero
dell’ambiente e della tutela del territorio”: né una simile espressione può
esser considerata atecnica, erronea o comunque non voluta e casuale, poiché essa
si inserisce in una disposizione (l’art. 252 cit.) in cui, come accennato,
quando ci si vuole riferire alle competenze del Ministro dell’Ambiente, lo si
dispone espressamente, stabilendo che l’atto compete al “Ministro” e non al
“Ministero” (così l’autorizzazione provvisoria ex art. 252 cit., comma 8). E se
l’attribuzione delle relative competenze al “Ministero” (e non al Ministro,
salve le tassative eccezioni) vale per gli atti del procedimento di bonifica, a
fortiori essa deve valere per il provvedimento impugnato, atteso che questo ha
ad oggetto un intervento di messa in sicurezza d’emergenza e, pertanto, investe
una fase prodromica rispetto alla bonifica, comunque non in grado di determinare
il definitivo riassetto del sito (v. art. 240, comma 1, lett. m), del d.lgs. n.
152 cit.).
A conferma dell’ora vista conclusione si richiama la più recente giurisprudenza
(T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, 9 ottobre 2009, n. 1738), per la quale gli
atti del procedimento di bonifica dei siti di interesse nazionale, compresi
quelli conclusivi, rientrano nella competenza tecnico-gestionale degli organi
esecutivi (dirigenti), in quanto non contengono elementi di indirizzo
politico-amministrativo che possano attrarre detta competenza nella sfera
riservata agli organi di governo. Questi si limitano a definire gli obiettivi e
programmi da attuare, verificandone i risultati, il cui raggiungimento risulta
riservato alla responsabilità dei dirigenti. Ciò, in base al generale principio
di distinzione tra attività di governo ed attività di gestione, che presiede
l’organizzazione ed il funzionamento delle P.A., alla luce anche dell’art. 4,
comma 3, del d.lgs. n. 165/2001, secondo il quale le attribuzioni dei dirigenti
possono essere derogate soltanto espressamente e ad opera di specifiche
disposizioni legislative. La pronuncia in esame, che richiama a proprio supporto
anche una decisione di questa Sezione (T.A.R. Toscana, Sez. II, 16 ottobre 2008,
n. 2287), osserva, inoltre, come la conclusione della competenza dei dirigenti
all’emanazione degli atti del procedimento di bonifica di siti di interesse
nazionale sia innanzitutto valida con riguardo allo schema procedimentale di cui
all’art. 15 del d.m. n. 471/1999 (precedente al d.lgs. n. 165/2001 e non avente
rango legislativo), sebbene questo assegni al Ministro dell’Ambiente, di
concerto con i Ministri dell’Industria (ora Sviluppo Economico) e della Salute,
la competenza ad approvare il progetto definitivo di bonifica. Ma, soprattutto,
resti valida con riguardo allo schema procedimentale di cui all’art. 252 del
d.lgs. n. 152/2006, “che attribuisce genericamente la competenza per la
procedura di bonifica al Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio
(sentito il Ministero delle Attività produttive)” (v. T.A.R. Lombardia, Brescia,
Sez. I, n. 1738/2009, cit.; id., 18 febbraio 2009, n. 319).
Parimenti infondata è, poi, la doglianza – contenuta nel medesimo terzo motivo –
con cui si lamenta l’omissione del concerto con il Ministero delle Attività
Produttive (ora dello Sviluppo Economico), atteso che il suddetto concerto non è
richiesto dalla normativa di riferimento: l’art. 252, comma 4, del d.lgs. n.
152/2006, infatti, non lo menziona. A tal proposito è significativa la
differenza rispetto al precedente comma 1, che – come già visto – richiede
invece l’intesa con le Regioni per il distinto procedimento di individuazione
dei siti di interesse nazionale. D’altro canto, l’intesa ed il concerto
sarebbero incompatibili con la natura di atto gestionale del decreto
direttoriale impugnato (ed anzi, il fatto che non siano richiesti conferma la
natura di atto di mera gestione e non di indirizzo politico-amministrativo del
decreto in discorso). Sul punto, si ricorda infatti che, secondo la
giurisprudenza, l’esercizio di poteri che sfociano in decreti emanati di
concerto tra due ministri non è riconducibile ad un’attività meramente
gestionale, ma rientra nell’ambito dell’indirizzo politico-amministrativo,
rappresentando espressione di valutazioni anche politiche proprie dei poteri
governativi (cfr. T.A.R. Veneto, Sez. II, 4 febbraio 2002, n. 350). Sotto questo
aspetto, dunque, vi è assoluta coerenza tra la necessità dell’intesa nel
procedimento di cui al comma 1 dell’art. 252 e l’assenza di una tale intesa o
concerto nella disciplina di cui al successivo comma 4 (il quale si limita a
chiedere che sia sentito il Ministero dello Sviluppo Economico): nel primo caso
si tratta di un procedimento (l’individuazione dei siti di bonifica di interesse
nazionale) che attiene all’indirizzo politico-amministrativo, mentre negli altri
casi (ed in particolare in quello sfociato nel decreto impugnato) si tratta di
procedimenti preordinati all’adozione di atti di gestione, che proprio per detta
ragione non necessitano del previo concerto a livello di vertice politico dei
rispettivi apparati.
Ad ulteriore conferma dell’infondatezza della doglianza, si può inoltre
evidenziare che nel modulo procedimentale della Conferenza di Servizi, i pareri,
le intese ed i concerti di cui all’art. 252 cit. ed all’art. 15, comma 4, del
d.m. n. 471/1999 possono ben essere acquisiti all’interno della Conferenza
stessa, senza che poi, in sede di emanazione del provvedimento finale, si debba
provvedere ad una nuova acquisizione (T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, nn.
319/2009, cit. e 1738/2009, cit.). Ed in proposito diventa allora significativa
la prassi seguita dal Ministero dell’Ambiente, nella sua veste di
Amministrazione procedente, di invitare alle Conferenze di Servizi i
rappresentanti delle Regioni coinvolte e delle altre Amministrazioni statali
interessate, al fine di acquisire i predetti pareri, intese e concerti, e di far
precedere le Conferenze stesse dalla verifica delle presenze di tali
rappresentanti (ovvero dall’allegazione di copia della lettera di invito, in
caso di assenza dei rappresentanti stessi): prassi ben nota a questo Collegio
perché osservata in tutte le fattispecie analoghe e rispettata anche nella
Conferenza di Servizi del 30 ottobre 2007 (sebbene la ricorrente abbia allegato
una copia solo parziale del verbale di detta Conferenza, copia integrale dello
stesso è rinvenibile nel ricorso R.G. n. 1293/2007, chiamato in decisione nella
stessa udienza di quello ora in esame).
A nulla varrebbe obiettare che in precedenti decisioni (T.A.R. Toscana, Sez. II,
14 marzo 2007, n. 383; id., 24 agosto 2009, n. 1399) la Sezione si è espressa
nel senso della necessità del concerto tra il Ministero dell’Ambiente e le altre
Amministrazioni statali che hanno partecipato alla Conferenza di Servizi
decisoria, poiché tali decisioni si riferiscono alla normativa previgente (in
particolare, gli artt. 17, comma 14, del d.lgs. n. 22/1997 e 15 del d.m. n.
471/1999), mentre nella fattispecie per cui è causa occorre fare applicazione
della disciplina introdotta dal d.lgs. n. 152/2006 che, in materia di competenza
ministeriale o dirigenziale e di intese (o concerti), ha notevolmente innovato,
come si è più sopra ricordato. In particolare, la disciplina posta dall’art. 252
del d.lgs. n. 152 cit. e poc’anzi illustrata dimostra l’inutilizzabilità, ai
fini che qui interessano, dei precedenti sopra richiamati, alla luce del
profondo mutamento di disciplina sul piano degli adempimenti procedurali e delle
relative competenze decisorie, che confina ormai l’intervento del Ministro e dei
relativi concerti ed intese (ove previsti) ai soli atti caratterizzati da
valutazioni di indirizzo politico, attribuendo tutto il resto alla competenza
dell’apparato ministeriale e quindi alla competenza dei dirigenti.
Passando all’esame delle ulteriori doglianze contenute nel ricorso, si osserva
che le stesse risultano per più profili fondate e, dunque, meritevoli di
accoglimento.
In particolare, risultano fondate sia le censure volte a contestare
l’imposizione di prescrizioni sulla base della mera titolarità dell’area
interessata, invece del criterio di matrice comunitaria, per cui chi inquina,
paga, sia le censure avverso l’imposizione di realizzare una barriera di
contenimento fisico, quale prescrizione non sostenuta da idonea istruttoria e
motivazione, illogica e contraddittoria.
Invero, va anzitutto osservato come dalla documentazione in atti non si desuma
alcun accertamento istruttorio volto a determinare l’esistenza dei presupposti
soggettivi per l’imposizione, a carico della ricorrente, del contestato
intervento di messa in sicurezza: più in generale, non vi sono elementi da cui
possa dedursi l’effettuazione, da parte della P.A., delle necessarie verifiche
volte ad individuare il/i responsabile/i della contaminazione dell’area.
Come questa Sezione ha più volte avuto modo di affermare (cfr., ex multis,
T.A.R. Toscana, Sez. II, 17 aprile 2009, n. 665; id., 6 maggio 2009, n. 762),
tanto la disciplina di cui al d.lgs. n. 22/1997 (in particolare, l’art. 17,
comma 2), quanto quella introdotta dal d.lgs. n. 152/2006 (ed in particolare,
gli artt. 240 e segg.), si ispirano al principio secondo cui l’obbligo di
adottare le misure, sia urgenti che definitive, idonee a fronteggiare la
situazione di inquinamento, è a carico unicamente di colui che di tale
situazione sia responsabile, per avervi dato causa a titolo di dolo o colpa:
l’obbligo di bonifica o di messa in sicurezza non può essere invece addossato al
proprietario incolpevole, ove manchi ogni sua responsabilità (cfr., nello stesso
senso, T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I, 26 luglio 2007, n. 1254).
L’Amministrazione non può, cioè, imporre ai soggetti che non abbiano alcuna
responsabilità diretta sull’origine del fenomeno contestato, ma che vengano
individuati solo quali proprietari del bene, lo svolgimento delle attività di
recupero e di risanamento (così, nel vigore della precedente disciplina, T.A.R.
Veneto, Sez. II, 2 febbraio 2002, n. 320). L’enunciato è conforme al principio
“chi inquina, paga”, cui si ispira la normativa comunitaria (cfr. art. 174, ex
art. 130/R, del Trattato CE), la quale impone al soggetto che fa correre un
rischio di inquinamento di sostenere i costi della prevenzione o della
riparazione.
Tale impostazione, sancita dal d.lgs. n. 22/1997, risulta, come detto,
confermata e specificata dagli artt. 240 e segg. del d.lgs. n. 152/2006 (cd.
Codice Ambiente), dai quali si desume l’addossamento dell’obbligo di effettuare
gli interventi di recupero ambientale, anche di carattere emergenziale, al
responsabile dell’inquinamento, che potrebbe benissimo non coincidere con il
proprietario ovvero il gestore dell’area interessata (T.A.R. Toscana, Sez. II,
n. 665/2009, cit.).
Va precisato, in argomento, che il principio “chi inquina, paga” vale, altresì,
per le misure di messa in sicurezza d’emergenza, alle quali si riferisce la
Conferenza di Servizi per cui è causa, secondo la definizione che delle misure
stesse è contenuta nell’art. 240, comma 1, lett. m), del d.lgs. n. 152 cit.
(ogni intervento immediato od a breve termine, da mettere in opera nelle
condizioni di emergenza di cui alla lett. t) in caso di eventi di contaminazione
repentini di qualsiasi natura, atto a contenere la diffusione delle sorgenti
primarie di contaminazione, impedirne il contatto con altre matrici presenti nel
sito ed a rimuoverle, in attesa di eventuali ulteriori interventi di bonifica o
di messa in sicurezza operativa o permanente). Infatti, anche l’adozione delle
misure di messa in sicurezza d’emergenza è addossata dalla normativa in discorso
al soggetto responsabile dell’inquinamento (cfr. art. 242 del d.lgs. n. 152
cit.).
Si deve sottolineare che a carico del proprietario dell’area inquinata, che non
sia altresì qualificabile come responsabile dell’inquinamento, non incombe alcun
obbligo di porre in essere gli interventi in parola, ma solo la facoltà di
eseguirli per mantenere l’area interessata libera da pesi. Dal combinato
disposto degli artt. 244, 250 e 253 del Codice ambiente si ricava infatti che,
nell’ipotesi di mancata esecuzione degli interventi ambientali in esame da parte
del responsabile dell’inquinamento, ovvero di mancata individuazione dello
stesso – e sempreché non provvedano né il proprietario del sito, né altri
soggetti interessati – le opere di recupero ambientale sono eseguite dalla P.A.
competente, che potrà rivalersi sul soggetto responsabile nei limiti del valore
dell’area bonificata, anche esercitando, ove la rivalsa non vada a buon fine, le
garanzie gravanti sul terreno oggetto dei medesimi interventi (T.A.R. Lombardia,
Milano, Sez. II, 10 luglio 2007, n. 5355; T.A.R. Toscana, Sez. II, 17 settembre
2009, n. 1448).
Facendo applicazione dell’ora visto principio al caso di specie, emerge con
tutta evidenza come in questo la P.A. non abbia proceduto ad alcuna verifica
della sussistenza, a carico della Provincia di Massa-Carrara, del requisito
della responsabilità colpevole. Al contrario, il verbale della Conferenza di
Servizi del 30 ottobre 2007 ha indicato, quali destinatari delle prescrizioni
impugnate, i “soggetti titolari dell’area in esame”, dimostrando come nella
fattispecie in discorso si sia utilizzato il criterio dominicale, in luogo di
quello della responsabilità colpevole, ai fini dell’individuazione del soggetto
destinatario delle prescrizioni della Conferenza stessa. Ciò, quando invece le
particolari modalità di acquisto dell’area da parte della Provincia, mediante un
procedimento espropriativo finalizzato alla realizzazione di un opera pubblica,
avrebbero vieppiù imposto un approfondimento istruttorio circa le responsabilità
nella determinazione del fenomeno.
Se ne desume la fondatezza della doglianza in esame, contenuta sia nel primo
motivo di ricorso (lì dove si sottolinea che l’omissione degli obblighi di
partecipazione non ha consentito alla Provincia di evidenziare la propria
estraneità alla produzione dell’inquinamento), sia, più specificamente, nel
quinto motivo: i suddetti motivi vanno, perciò, accolti sotto il profilo ora
analizzato.
Parimenti fondata è la doglianza – dedotta con il quinto motivo – di
illegittimità della prescrizione dell’intervento di messa in sicurezza
d’emergenza consistente in una barriera di contenimento fisico “lungo tutto il
fronte dello Stabilimento a valle idrogeologico dell’area”, trattandosi di
prescrizione priva di adeguata istruttoria e di motivazione in grado di
giustificarne l’adozione.
Osserva, sul punto, il Collegio che la misura della cd. barriera fisica non
risulta supportata, negli atti impugnati, da adeguati accertamenti tecnici o da
altre spiegazioni, che la indichino come l’unico od il miglior sistema per
evitare la diffusione dell’inquinamento, di tal ché il riferimento, contenuto
nel verbale della Conferenza di Servizi decisoria, ad un’ampia ed approfondita
discussione, ha natura di mera (e del tutto inidonea) formula di stile. Si
rammenta, sul punto, come (secondo quanto si legge nel predetto verbale) la
precedente Conferenza di Servizi istruttoria del 26 giugno 2007 avesse dato
mandato al Ministero dell’Ambiente di svolgere l’istruttoria tecnica sull’area
in esame. Va aggiunto come l’obbligo di un’esaustiva motivazione – rimasto
inadempiuto – derivasse anche dalla rilevante onerosità e complessità tecnica
della misura in discorso, che necessita di tempi notevolmente lunghi per il suo
completamento.
A prescindere dalla valutazione di altre misure, di minore complessità ed
onerosità, resta fermo che, secondo la giurisprudenza (T.A.R. Puglia, Lecce.
Sez. I, 11 giugno 2007, n. 2247), anche di questa Sezione (T.A.R. Toscana, Sez.
II, 14 ottobre 2009, n. 1540; id., 18 dicembre 2009, n. 3973), la P.A. è tenuta
a valutare ed accertare non solo l’inefficacia di misure meno invasive della
barriera fisica, ma anche l’effettiva necessità, efficacia e realizzabilità del
sistema di contenimento fisico. Pertanto, l’opzione per detto sistema, ovvero
per un utilizzo combinato delle differenti tipologie di intervento, avrebbe
potuto legittimamente avere luogo soltanto all’esito di un’analisi comparativa
tra le diverse alternative in discorso, in ragione delle specifiche
caratteristiche dell’area. L’analisi comparativa si sarebbe dovuta incentrare
sull’efficacia delle diverse alternative nel raggiungere gli obiettivi finali,
nonché sulle concentrazioni residue, sui tempi di esecuzione e sulla loro
compatibilità con l’urgenza del provvedere, e sull’impatto rispetto all’ambiente
circostante gli interventi (T.A.R. Lecce, Sez. I, n. 2247/2007, cit.). In
sintesi, detta analisi avrebbe dovuto implicare la valutazione comparativa dei
vantaggi e degli svantaggi delle differenti opzioni sul campo, con necessaria
precisazione, da parte della P.A., non solo dei vantaggi effettivi connessi alla
realizzazione della barriera fisica, ma anche della comparazione con i relativi
svantaggi, fornendo la prova di aver adeguatamente valutato questi ultimi.
Sul punto, il Collegio ritiene di aderire al quadro istruttorio e motivazionale
delineato, con riguardo alla scelta del sistema della barriera fisica, dalla
giurisprudenza poc’anzi richiamata (T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, n. 2247/2007,
cit.), secondo la quale la scelta in parola richiede:
a) un’attenta istruttoria circa gli effetti che l’indicata barriera avrebbe
sortito sulle dinamiche idriche e geologiche dell’area sottostante;
b) un’altrettanto attenta istruttoria sulle possibili interazioni tre i due
modelli di barriera ipotizzabili (idraulica e fisica), al fine di evitare
duplicazioni di interventi, con inutile aggravio dei costi, nonché interazioni
negative comportanti aggravamento dei rischi che si intendevano scongiurare;
c) un’analisi costi/benefici in merito alle quantità di materiale contaminato di
cui la realizzazione dell’opera avrebbe richiesto la movimentazione.
In argomento altra giurisprudenza ha sottolineato l’esigenza di sottoporre
l’opera di confinamento fisico delle acque ad un’analisi dell’impatto che essa
ha sul territorio circostante, onde scongiurare che produca sull’ambiente più
problemi di quelli che tende a risolvere (T.A.R. Sardegna, Sez. II, 12 febbraio
2008, n. 165). Si è, anzi, specificato (cfr. T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I, 20
luglio 2007, n. 1254) che l’opera è soggetta a procedura obbligatoria di
valutazione di impatto ambientale, ai sensi sia del d.lgs. n. 152/2006, sia del
precedente art. 1, comma 1, lett. l), del d.p.c.m. n. 377/1988.
Orbene – come già sottolineato – dall’esame complessivo degli atti di causa non
emerge che la P.A. abbia svolto i suddetti approfondimenti istruttori, in specie
le suesposte valutazioni e comparazioni, né che abbia corredato la propria
opzione in favore del modello del contenimento fisico del congruo apparato
motivazionale, che invece si rendeva necessario.
Ne discende che l’omissione della doverosa indicazione degli elementi tecnici,
in base ai quali si è ritenuto di prescrivere l’intervento di confinamento
fisico, determina l’illegittimità della decisione assunta, giacché viziata da un
uso arbitrario della discrezionalità tecnica. La giurisprudenza (T.A.R.
Sardegna, Sez. II, n. 165/2008 cit., concernente l’imposizione, immotivata e
carente di un’adeguata istruttoria, della barriera fisica quale misura per la
messa in sicurezza d’emergenza) ha chiarito, sul punto, che la sindacabilità
della scelta di siffatte misure si correla al principio per il quale il giudice
amministrativo ha poteri di controllo della discrezionalità tecnica, che si
spingono fino alla verifica diretta dell’attendibilità delle operazioni
tecniche, in relazione alla loro correttezza sotto gli aspetti del criterio
tecnico e del procedimento applicativo, ma senza sostituirsi alla P.A.
nell’effettuazione di valutazioni opinabili (v. in argomento C.d.S., Sez. VI, 7
novembre 2005, n. 6152).
Per quanto detto, risulta altrettanto illegittima la prescrizione concernente il
progetto di bonifica del sito, giacché tale progetto avrebbe dovuto basarsi
anch’esso sul confinamento fisico.
Da ultimo, risulta fondata la censura, dedotta anch’essa con il quinto motivo di
ricorso, secondo cui la P.A. ha illegittimamente configurato come messa in
sicurezza d’emergenza la prescrizione di una misura avente in realtà natura di
messa in sicurezza operativa o permanente, se non di vera e propria bonifica.
Come questa Sezione ha già avuto modo di osservare in una vicenda analoga, il
richiamo all’esigenza di intervenire in via d’urgenza risulta logicamente
incompatibile con la prescrizione di un intervento, quale la barriera di
contenimento fisico, la cui realizzazione e messa in opera richiede tempi
verosimilmente lunghi, i quali ne palesano l’inidoneità sotto i profili
dell’adeguatezza e della proporzionalità al conseguimento dello scopo (T.A.R.
Toscana, Sez. II, 14 ottobre 2009, n. 1540; v. pure T.A.R. Puglia, Lecce, Sez.
I, n. 2247/2007, cit.).
In definitiva, il ricorso risulta fondato e deve essere accolto, attesa la
fondatezza del primo (sotto il profilo surriferito) e del quinto motivo di
ricorso, disatteso il terzo motivo e con assorbimento delle rimanenti doglianze.
Pertanto, debbono essere annullati gli atti impugnati, nella parte in cui
dettano prescrizioni in capo alla Provincia ricorrente per l’area in esame.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo nei
confronti del Ministero dell’Ambiente, mentre sono compensate nei confronti
delle altre parti, non costituitesi in giudizio
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Seconda Sezione, così
definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, lo accoglie e per
l’effetto annulla gli atti con lo stesso impugnati, nei termini di cui in
motivazione.
Condanna il Ministero dell’Ambiente al pagamento in favore della ricorrente di
spese ed onorari di causa, che liquida in via forfettaria in complessivi €
3000,00 (tremila/00), più I.V.A. e C.P.A. come per legge,
Compensa le spese nei confronti di tutte le altre parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze, nella Camera di consiglio del giorno 4 febbraio 2010,
con l’intervento dei Magistrati:
Maurizio Nicolosi, Presidente
Bernardo Massari, Consigliere
Pietro De Berardinis, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 19/05/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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