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T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 6 luglio 2010, n. 2316
INQUINAMENTO - Bonifica - Siti di interesse nazionale - Competenze - Art. 252
d.lgs. n. 152/2006 - Competenze del Ministro dell’Ambiente - Competenze
dirigenziali - Individuazione dei siti di interesse nazionale - Decreto di
recepimento della conferenza di servizi - Procedimenti di bonifica - Interventi
di messa in sicurezza d’emergenza. L’art. 252 del d.lgs. n. 152/2006
distingue tra atti ed attività di competenza del Ministro dell’Ambiente ed atti
e attività facenti capo al Ministero. Rientra ad es. tra i primi
l’individuazione, ai fini della bonifica, dei siti di interesse nazionale,
attinente all’indirizzo politico-amministrativo in materia. Si deve invece
reputare che il decreto di recepimento della Conferenza di Servizi costituisca
un mero atto di gestione, di competenza dirigenziale, atteso che esso certamente
non concerne le scelte di fondo che la P.A. è chiamata a compiere nel settore in
esame. Del resto, l’art. 252, comma 4, del d.lgs. n. 152 cit. attribuisce la
competenza per i procedimenti di bonifica di cui al precedente art. 242, qualora
abbiano ad oggetto i siti di interesse nazionale, “alla competenza del Ministero
dell’ambiente e della tutela del territorio”. E se l’attribuzione delle relative
competenze al “Ministero” (e non al Ministro, salve le tassative eccezioni)
sussiste per gli atti del procedimento di bonifica, a fortiori essa deve
sussistere anche per gli interventi di messa in sicurezza d’emergenza, i quali
investono una fase prodromica rispetto alla bonifica e non sono in grado di
determinare il definitivo riassetto del sito (v. art. 240, comma 1, lett. m),
del d.lgs. n. 152 cit.) (cfr. T.A.R. Lombardia, Brescia, n. 1738/2009, secondo
cui, in base al generale principio di distinzione tra attività di governo ed
attività di gestione, gli atti del procedimento di bonifica dei siti di
interesse nazionale, compresi quelli conclusivi, rientrano nella competenza
tecnico-gestionale degli organi esecutivi, in quanto non contengono elementi di
indirizzo politico-amministrativo che possano attrarre detta competenza nella
sfera riservata agli organi di governo). Pres. Nicolosi, Est. De Berardinis - E.
s.p.a. (avv.ti Acquarone, Marconi e Colzi) c. Ministero dell’Ambiente e della
Tutela del Territorio e del Mare (Avv. Stato) e altri (n.c.) - TAR TOSCANA
,Sez. II - 6 luglio 2010, n. 2316
INQUINAMENTO - Bonifica - Procedimento - Concerto con il Ministero dello
Sviluppo Economico - Necessità - Esclusione - Ragioni - Art. 252 c. 4 d.lgs. n.
152/2006 - Differenza con il procedimento di individuazione dei siti di
interesse nazionale - Intesa con le Regioni - Art. 252, c. 1. L’art. 252,
comma 4, del d.lgs. n. 152/2006, non richiede, nell’ambito della procedura di
bonifica,il concerto con il Ministero dello Sviluppo Economico . A tal proposito
è significativa la differenza rispetto al precedente comma 1, che richiede
invece l’intesa con le Regioni per il distinto procedimento di individuazione
dei siti di interesse nazionale. D’altro canto, l’intesa ed il concerto
sarebbero incompatibili con la natura di atto gestionale propria del decreto di
recepimento delle conclusioni della conferenza di servizi, ed anzi, il fatto che
non siano richiesti ne conferma la natura di atto di mera gestione e non di
indirizzo politico-amministrativo. L’esercizio di poteri che sfociano in decreti
emanati di concerto tra due ministri, infatti, non può essere ricondotto ad
un’attività meramente gestionale, ma rientra nell’ambito dell’indirizzo
politico-amministrativo, rappresentando espressione di valutazioni anche
politiche proprie dei poteri governativi (cfr. T.A.R. Veneto, n. 350/2002).
Sotto questo aspetto vi è dunque assoluta coerenza tra la necessità dell’intesa
nel procedimento di cui al comma 1 dell’art. 252 e l’assenza di una tale intesa
o concerto nella disciplina di cui al successivo comma 4 :nel primo caso si
tratta di un procedimento che attiene all’indirizzo politico-amministrativo,
mentre negli altri casi si tratta di procedimenti preordinati all’adozione di
atti di gestione, che proprio per tale ragione non necessitano del preventivo
concerto a livello di vertice politico dei rispettivi apparati. Pres. Nicolosi,
Est. De Berardinis - E. s.p.a. (avv.ti Acquarone, Marconi e Colzi) c. Ministero
dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (Avv. Stato) e altri (n.c.)
- TAR TOSCANA ,Sez. II - 6 luglio 2010, n. 2316
INQUINAMENTO - Bonifica - Conferenza di servizi - Pareri, intese e concerti -
Art. 252 d.lgs. n. 152/2006 - Acquisizione all’interno della conferenza. Nel
modulo procedimentale della Conferenza di Servizi, i pareri, le intese ed i
concerti di cui all’art. 252 cit. ed all’art. 15, comma 4, del d.m. n. 471/1999
possono ben essere acquisiti all’interno della Conferenza stessa, senza che poi,
in sede di emanazione del provvedimento finale, si debba provvedere ad una nuova
acquisizione (T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, nn. 319/2009, cit. e 1738/2009,
cit.). Pres. Nicolosi, Est. De Berardinis - E. s.p.a. (avv.ti Acquarone,
Marconi e Colzi) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del
Mare (Avv. Stato) e altri (n.c.) - TAR TOSCANA ,Sez. II - 6 luglio 2010, n.
2316
INQUINAMENTO - Bonifica - Destinatari delle prescrizioni - Partecipazione al
procedimento. Nei procedimenti in materia di bonifica ambientale, è
necessario che la P.A. consenta ai destinatari delle prescrizioni stabilite
dalla stessa P.A. di partecipare al relativo procedimento, articolato in una o
più Conferenze di Servizi istruttorie e decisorie. Ciò, quantomeno, con
riferimento alle fasi procedimentali in cui emerge l’esistenza di una
contaminazione dell’area interessata e che poi sfociano nelle determinazioni
assunte dalla Conferenza di Servizi decisoria (cfr T.A.R. Toscana, Sez. II, 6
maggio 2009, n. 762; cfr. altresì T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. I, 19 aprile
2007, n. 1913 e T.A.R. Friuli Venezia Giulia, 27 luglio 2001, n. 488 per
l’affermazione secondo cui l’attività istruttoria del procedimento di bonifica
deve prevedere la partecipazione del soggetto interessato). Pres. Nicolosi, Est.
De Berardinis - E. s.p.a. (avv.ti Acquarone, Marconi e Colzi) c. Ministero
dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (Avv. Stato) e altri (n.c.)
- TAR TOSCANA ,Sez. II - 6 luglio 2010, n. 2316
INQUINAMENTO - Bonifica - Attività istruttoria - Contraddittorio
procedimentale - Accertamenti analitici - Principi di trasparenza e pubblicità -
Art. 223 disp. att. c.p.p. Nell’attività istruttoria del procedimento di
bonifica, il contraddittorio procedimentale si appalesa necessario in
particolare per gli accertamenti analitici (v. T.A.R. Lombardia, Sez. I, n.
1913/2007.): ciò, atteso che l’onere di effettuare gli accertamenti in
contraddittorio con le parti interessate risponde ad evidenti ragioni di
trasparenza e pubblicità, principi del diritto vivente cui la P.A. si deve
uniformare in ogni momento della propria azione, oltre che all’interesse
pubblico all’imparzialità dell’azione amministrativa. Va poi rilevato che, ad
avviso di altra giurisprudenza, in materia sarebbe applicabile l’art. 223 disp.
att. c.p.p., secondo cui, qualora, nel corso di attività ispettive o di
vigilanza previste da leggi o decreti, si debbano eseguire analisi di campioni
per le quali non è prevista la revisione, l’organo procedente deve, anche
oralmente, dare avviso all’interessato dell’ora e del luogo di effettuazione
delle analisi, in funzione del diritto dello stesso di presenziare a queste, di
persona o tramite persona di fiducia da lui designata, eventualmente con
l’assistenza di un consulente tecnico (cfr. T.A.R., Lombardia, Sez. I, 11
novembre 2003, n. 4982). Pres. Nicolosi, Est. De Berardinis - E. s.p.a. (avv.ti
Acquarone, Marconi e Colzi) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del
Territorio e del Mare (Avv. Stato) e altri (n.c.) - TAR TOSCANA ,Sez. II - 6
luglio 2010, n. 2316
INQUINAMENTO - Bonifica - Imposizione della misura della barriera fisica
-Accertamenti tecnici - Necessità, efficacia e realizzabilità. L’imposizione
della misura della cd. barriera fisica deve essere supportata da adeguati
accertamenti tecnici che la indichino come l’unico od il miglior sistema per
evitare la diffusione dell’inquinamento. A prescindere dalla valutazione di
altre misure, di minore complessità ed onerosità, la P.A. è tenuta a valutare ed
accertare non solo l’inefficacia di misure meno invasive della barriera fisica,
ma anche l’effettiva necessità, efficacia e realizzabilità del sistema di
contenimento fisico (T.A.R. Puglia, Lecce. Sez. I, 11 giugno 2007, n.
2247;T.A.R. Toscana, Sez. II, 14 ottobre 2009, n. 1540; id., 18 dicembre 2009,
n. 3973). Pres. Nicolosi, Est. De Berardinis - E. s.p.a. (avv.ti Acquarone,
Marconi e Colzi) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del
Mare (Avv. Stato) e altri (n.c.) - TAR TOSCANA ,Sez. II - 6 luglio 2010, n.
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INQUINAMENTO - Bonifica - Barriera fisica - Sottoposizione a VIA - Obbligo.
L’opera di contenimento dell’inquinamento a mezzo di barriera fisica è soggetta
a procedura obbligatoria di valutazione di impatto ambientale, ai sensi sia del
d.lgs. n. 152/2006, sia del precedente art. 1, comma 1, lett. l), del d.p.c.m.
n. 377/1988 (cfr. T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I, 20 luglio 2007, n. 1254)
Pres. Nicolosi, Est. De Berardinis - E. s.p.a. (avv.ti Acquarone, Marconi e
Colzi) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (Avv.
Stato) e altri (n.c.) - TAR TOSCANA ,Sez. II - 6 luglio 2010, n. 2316
INQUINAMENTO - Obbligo di adottare le misure idonee a fronteggiare lo stato
di inquinamento - Soggetto responsabile - Principio del “chi inquina paga” -
Obbligo di bonifica o messa in sicurezza - Proprietario incolpevole dell’area
inquinata - Svolgimento delle attività di risanamento - Imposizione -
Possibilità - Esclusione - Misure d’emergenza - Artt. 240 e ss. d.lgs. n.
152/2006. Tanto la disciplina di cui al d.lgs. n. 22/1997 (in particolare,
l’art. 17, comma 2), quanto quella introdotta dal d.lgs. n. 152/2006 (ed in
particolare, gli artt. 240 e segg.), si ispirano al principio secondo cui
l’obbligo di adottare le misure, sia urgenti che definitive, idonee a
fronteggiare la situazione di inquinamento, è a carico unicamente di colui che
di tale situazione sia responsabile, per avervi dato causa a titolo di dolo o
colpa: l’obbligo di bonifica o di messa in sicurezza non può essere invece
addossato al proprietario incolpevole, ove manchi ogni sua responsabilità (cfr.,
ex multis, T.A.R. Toscana, Sez. II, 17 aprile 2009, n. 665; id., 6 maggio 2009,
n. 762; nello stesso senso, T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I, 26 luglio 2007, n.
1254). L’Amministrazione non può, perciò, imporre ai privati che non abbiano
alcuna responsabilità diretta sull’origine del fenomeno contestato, ma che
vengano individuati solo quali proprietari del bene, lo svolgimento delle
attività di recupero e di risanamento. L’enunciato è conforme al principio “chi
inquina, paga”, cui si ispira la normativa comunitaria (cfr. art. 174, ex art.
130/R, del Trattato CE), la quale impone al soggetto che fa correre un rischio
di inquinamento di sostenere i costi della prevenzione o della riparazione. Va
precisato, in argomento, che il principio “chi inquina, paga” vale, altresì, per
le misure di messa in sicurezza d’emergenza. Infatti, anche l’adozione delle
misure di messa in sicurezza d’emergenza è addossata dalla normativa in discorso
al soggetto responsabile dell’inquinamento (cfr. art. 242 del d.lgs. n. 152
cit.). Pres. Nicolosi, Est. De Berardinis - E. s.p.a. (avv.ti Acquarone, Marconi
e Colzi) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare
(Avv. Stato) e altri (n.c.) - TAR TOSCANA ,Sez. II - 6 luglio 2010, n. 2316
INQUINAMENTO - Proprietario dell’are inquinata non responsabile - Esecuzione
d’ufficio delle opere di recupero ambientale - Garanzie gravanti sul terreno
oggetto degli interventi - Artt. 244, 250 e 253 d.lgs. n. 152/2006. A carico
del proprietario dell’area inquinata, che non sia altresì qualificabile come
responsabile dell’inquinamento, non incombe alcun obbligo di porre in essere gli
interventi in parola, ma solo la facoltà di eseguirli per mantenere l’area
interessata libera da pesi. Dal combinato disposto degli artt. 244, 250 e 253
del Codice ambiente si ricava infatti che, nell’ipotesi di mancata esecuzione
degli interventi ambientali in esame da parte del responsabile
dell’inquinamento, ovvero di mancata individuazione dello stesso - e sempreché
non provvedano né il proprietario del sito, né altri soggetti interessati - le
opere di recupero ambientale sono eseguite dalla P.A. competente, che potrà
rivalersi sul soggetto responsabile nei limiti del valore dell’area bonificata,
anche esercitando, ove la rivalsa non vada a buon fine, le garanzie gravanti sul
terreno oggetti dei medesimi interventi (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 10
luglio 2007, n. 5355; T.A.R. Toscana, Sez. II, 17 settembre 2009, n. 1448).
Pres. Nicolosi, Est. De Berardinis - E. s.p.a. (avv.ti Acquarone, Marconi e
Colzi) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (Avv.
Stato) e altri (n.c.) - TAR TOSCANA ,Sez. II - 6 luglio 2010, n. 2316
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 02316/2010 REG.SEN.
N. 01433/2007 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso con motivi aggiunti
numero di registro generale 1433 del 2007, proposto dalla
ERG Petroli S.p.A., in persona del legale rappresentante in carica, ing. Pier
Francesco Pinelli, rappresentato e difeso dagli avv.ti Lorenzo Acquarone,
Alberto Marconi e Fabio Colzi e con domicilio eletto presso lo studio di
quest’ultimo, in Firenze, via San Gallo n. 76
contro
Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, in persona del
Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura
Distrettuale dello Stato e domiciliato presso gli Uffici della stessa, in
Firenze, via degli Arazzieri, n. 4
Presidenza del Consiglio dei Ministri, non costituita in giudizio
Ministero dell’Economia e delle Finanze, non costituito in giudizio
Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, non costituito in
giudizio
Ministero della Salute, non costituito in giudizio
Ministero dello Sviluppo Economico, non costituito in giudizio
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, non costituito in giudizio
Ministero dell’Interno, non costituito in giudizio
Capitaneria di Porto di Marina di Carrara, non costituita in giudizio
Corpo Forestale dello Stato, non costituito in giudizio
Regione Toscana, non costituita in giudizio
Provincia di Massa Carrara, non costituita in giudizio
Comune di Massa, non costituito in giudizio
Comune di Carrara, non costituito in giudizio
A.P.A.T. – Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i Servizi Tecnici, non
costituita in giudizio
A.R.P.A.T. – Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana, non
costituita in giudizio
Istituto Superiore di Sanità, non costituito in giudizio
Agenzia del Demanio, non costituita in giudizio
I.C.R.A.M. – Istituto Centrale per la Ricerca Scientifica e Tecnologica
Applicata al Mare, non costituito in giudizio
E.N.E.A. – Ente per le Nuove Tecnologie, l’Energia e l’Ambiente, non costituito
in giudizio
I.S.P.E.S.L. – Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro,
non costituito in giudizio
Azienda Sanitaria Locale di Massa Carrara, non costituita in giudizio
Consorzio per la Zona Industriale Apuana, non costituita in giudizio
Autorità Portuale di Marina di Carrara, non costituita in giudizio
nei confronti di
Sviluppo Italia S.p.A., non costituita in giudizio
Sviluppo Italia Aree Produttive S.p.A., non costituita in giudizio
Kuwait Petroleum S.p.A., non costituita in giudizio
A) quanto al ricorso originario ed ai motivi aggiunti depositati il 26 novembre
2007:
per l’annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
- del decreto direttoriale del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del
Territorio e del Mare del 18 maggio 2007, prot. n. 3623/QdV/Di/B, contenente
approvazione e recepimento delle determinazioni conclusive delle Conferenze di
servizi decisorie relative al sito di bonifica di interesse nazionale di Massa
Carrara del 4 ottobre 2006 e del 13 dicembre 2006, nella parte recante
prescrizioni a carico della ERG Petroli S.p.A. relativamente al dismesso
impianto di distribuzione carburanti ubicato in Massa, via Massa-Avenza
nonché per l’annullamento
di tutti gli atti, comportamenti, provvedimenti presupposti, connessi e
consequenziali, ivi inclusi i verbali delle Conferenze di Servizi decisorie
tenutesi presso il Ministero dell’Ambiente il 4 ottobre 2006 ed il 13 dicembre
2006, approvate dal decreto impugnato, nonché – ove occorra – degli atti in esse
richiamati ed in particolare:
- delle conclusioni della Conferenza dei Servizi Istruttoria del 17 luglio 2006;
- delle determinazioni della Conferenza dei Servizi decisoria del 28 aprile
2006;
- delle determinazioni della Conferenza dei Servizi decisoria del 28 luglio
2005;
- delle determinazioni della Conferenza dei Servizi decisoria del 24 marzo 2005;
- delle conclusioni della Conferenza dei Servizi istruttoria del 10 febbraio
2005;
- delle determinazioni della Conferenza dei Servizi decisoria del 9 novembre
2004;
- delle determinazioni della Conferenza dei Servizi decisoria del 4 agosto 2004;
- delle determinazioni della Conferenza dei Servizi decisoria del 7 ottobre
2003;
- delle determinazioni della Conferenza dei Servizi istruttoria del 17 luglio
2003;
- della nota dell’Istituto Superiore della Sanità n. 0000181 AMPP/IA dell’11
gennaio 2006;
- della nota dell’Istituto Superiore della Sanità n. 049759 del 17 dicembre
2002, allegata al verbale della Conferenza di Servizi decisoria del 13 dicembre
2006;
- della nota dell’I.S.P.E.S.L. n. DIPIA/00000236 del 30 gennaio 2006, allegata
sub D) al verbale della Conferenza di Servizi del 13 dicembre 2006;
- della nota dell’A.P.A.T. n. 47009 del 29 dicembre 2005;
- della nota dell’A.R.P.A.T. dell’11 settembre 2006;
- della nota dell’A.R.P.A.T. del 16 maggio 2006
B) quanto ai motivi aggiunti depositati in data 11 settembre 2008
per l’annullamento
- delle determinazioni adottate dalla Conferenza dei Servizi dell’11 giugno
2008;
- di tutti gli atti presupposti e/o connessi, ed in particolare della nota dell’A.R.P.A.T.
del 12 marzo 2008, acquisita dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del
Territorio e del Mare al numero di protocollo 6279/Qdv/DI del 18 marzo 2008
C) quanto ai motivi aggiunti depositati il 29 maggio 2009
per l’annullamento
- del decreto direttoriale del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del
Territorio e del Mare del 2 marzo 2009, prot. n. 8107/QdV/Di/B, contenente
approvazione e recepimento delle determinazioni conclusive della Conferenza di
servizi decisoria relativa al sito di bonifica di interesse nazionale di Massa
Carrara svoltasi il 10 febbraio 2009;
- delle determinazioni della Conferenza di servizi decisoria del 10 febbraio
2009;
- di tutti gli atti presupposti e/o connessi, ed in particolare:
- della nota dell’A.R.P.A.T. del 6 ottobre 2008, acquisita dal Ministero
dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare al numero di protocollo
25498/Qdv/DI dell’11 novembre 2008;
- della nota dell’A.R.P.A.T. del 27 gennaio 2009, acquisita dal Ministero
dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare al numero di protocollo
1981/Qdv/DI del 30 gennaio 2009.
Visto il ricorso originario con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Ambiente e della
Tutela del Territorio e del Mare;
Vista l’istanza di sospensione dell’esecuzione degli atti impugnati con il
ricorso originario, proposta in via incidentale dalla ricorrente;
Vista l’ordinanza n. 854/2007 del 27 settembre 2007, con cui è stata respinta
l’istanza incidentale di sospensione;
Vista la domanda di riesame dell’istanza cautelare, depositata il 30 novembre
2007;
Visti i motivi aggiunti depositati il 28 dicembre 2007;
Vista l’ordinanza n. 28/2008 del 16 gennaio 2008, con cui è stata accolta la
domanda di riesame dell’istanza cautelare;
Visti i motivi aggiunti depositati l’11 settembre 2008;
Visti i motivi aggiunti depositati il 29 maggio 2009;
Visti le memorie ed i documenti depositati dalla ricorrente;
Visti tutti gli atti della causa;
Nominato relatore, nell’udienza pubblica del 4 febbraio 2010, il dr. Pietro De
Berardinis;
Uditi i difensori presenti delle parti costituite, come specificato nel verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue
FATTO
La ricorrente, ERG Petroli S.p.A., espone di avere comunicato alle Autorità
competenti, il 1° marzo 2003, che vi era stato un lieve superamento delle
concentrazioni limite previste per gli idrocarburi nell’area sottostante
all’impianto di distribuzione di carburanti della predetta società, ubicato in
via Massa Avenza, nel Comune di Massa.
L’impianto, dismesso nel novembre del 2002, sorge su un’area di cui l’esponente
è affittuaria e che è ricompresa nel sito di bonifica di interesse nazionale di
Massa-Carrara.
Successivamente, nell’area in esame veniva riscontrato, altresì:
- relativamente ai terreni, il superamento dei limiti per alcuni metalli, tra
cui zinco, rame e piombo (ma non tetraetile);
- per le acque di falda, la contaminazione di alcuni metalli ed in particolare
di ferro, manganese ed arsenico.
L’esponente evidenzia di essere estranea alla contaminazione da metalli,
trattandosi di un fenomeno incompatibile con l’attività di stoccaggio e vendita
di carburanti. Nondimeno, in esito ad una serie di passaggi procedimentali
puntualmente descritti nel gravame (tra cui la presentazione del progetto
definitivo di bonifica dell’area da parte della società), nella Conferenza di
Servizi decisoria tenutasi il 13 dicembre 2006 venivano dettate prescrizioni a
carico della ERG Petroli S.p.A., poi approvate con decreto direttoriale del
Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (d’ora in poi:
Ministero dell’Ambiente) prot. n. 3623/QdV/Di/B del 18 maggio 2007. In
particolare con le suddette prescrizioni veniva imposto alla società esponente:
- di ripetere le analisi relative al parametro piombo tetraetile sia nei suoli
che nelle acque di falda;
- di adeguare l’intervento di messa in sicurezza d’emergenza già adottato e
ritenuto insufficiente ad impedire la diffusione dell’acqua di falda
contaminata, tramite la realizzazione di una barriera fisica di contenimento,
nonché di un sistema idraulico di emungimento a monte della barriera fisica e di
successivo trattamento (costituito da almeno due pozzi di emungimento);
- di presentare entro trenta giorni un progetto di bonifica dei suoli e delle
acque di falda basato sul confinamento fisico dell’intera area, nonché sulle
prescrizioni indicate nella medesima Conferenza di Servizi.
Avverso il summenzionato decreto direttoriale prot. n. 3623/QdV/Di/B del 18
maggio 2007, nonché le Conferenze di Servizi decisorie del 4 ottobre 2006 e del
13 dicembre 2006, con esso recepite ed approvate, e gli atti presupposti
(indicati in epigrafe) è insorta l’esponente con il ricorso originario del pari
indicato in epigrafe, chiedendone l’annullamento previa sospensione
dell’esecuzione.
A supporto del gravame, la ERG Petroli S.p.A. ha formulato in primo luogo le
seguenti doglianze nei riguardi del decreto direttoriale n. 3623/2007:
- invalidità derivata, in quanto il decreto direttoriale sarebbe affetto dai
medesimi vizi di legittimità che connoterebbero le Conferenze di Servizi
decisorie, le quali ne rappresenterebbero il presupposto endoprocedimentale;
- invalidità per vizi propri ed in specie per violazione e falsa applicazione
degli artt. 14 e ss. della l. n. 241/1990, violazione e falsa applicazione
dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997, così come attuato dal d.m. n. 471/1999,
nonché degli artt. 240 e ss. del d.lgs. n. 152/2006, eccesso di potere per
difetto dei presupposti, difetto di istruttoria e di motivazione, incompetenza e
violazione e falsa applicazione dell’art. 4 del d.lgs. n. 165/2001, giacché nel
caso di specie non sarebbe stato “sentito” il Ministero dello Sviluppo Economico
(già delle Attività Produttive), non sarebbe stato emanato alcun decreto
interministeriale e mancherebbe il concerto con le Amministrazioni indicate
dalle norme succitate; inoltre, il decreto avrebbe dovuto essere sottoscritto
dal Ministro dell’Ambiente e non, come invece avvenuto, da un dirigente.
In secondo luogo, la ricorrente ha dedotto i seguenti vizi comuni a tutte le
prescrizioni che le sono state dettate “dalla Conferenza di Servizi del 16
febbraio 2007” (rectius, dalle Conferenze decisorie del 4 ottobre e del 13
dicembre 2006):
- violazione e falsa applicazione degli artt. 240 e ss. del d.lgs. n. 152/2006,
giacché la P.A. avrebbe omesso l’analisi di rischio-sito specifica e, pertanto,
non avrebbe accertato il superamento delle cd. concentrazioni soglia di rischio
(C.S.R.); inoltre il Ministero si sarebbe illegittimamente sostituito al
soggetto interessato nel determinare i contenuti del progetto di bonifica. Né il
quadro cambierebbe a ritenere applicabili l’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997 ed il
d.m. n. 471/1999, che non consentirebbero la prescrizione di interventi di
bonifica su una base meramente tabellare;
- violazione e falsa applicazione degli artt. 15 del d.m. n. 471/1999 e 264 del
d.lgs. n. 152/2006, incompetenza, eccesso di potere per difetto dei presupposti
legittimanti, contraddittorietà, difetto di istruttoria e di motivazione,
illogicità, in quanto l’istruttoria procedimentale sarebbe stata svolta dal
Ministero dell’Ambiente, invece che dall’A.N.P.A., dall’A.R.P.A.T. e
dall’Istituto Superiore della Sanità;
- violazione degli artt. 7, 10-bis, 14 e ss. della l. n. 241/1990, violazione e
falsa applicazione degli artt. 239 e ss. del d.lgs. n. 152/2006, nonché
dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997, eccesso di potere per contraddittorietà,
difetto di istruttoria e motivazione, difetto dei presupposti, travisamento dei
fatti, illogicità, poiché da un lato sarebbe stata omessa la comunicazione di
avvio del procedimento, così impedendo alla ricorrente di parteciparvi,
dall’altro lato il termine di trenta giorni assegnato per la presentazione del
progetto di bonifica dei suoli e della falda sarebbe del tutto incongruo.
Con riferimento alla prescrizione di realizzazione della barriera di
contenimento fisico, ha avanzato la seguente censura:
- violazione e falsa applicazione degli artt. 239 e ss. del d.lgs. n. 152/2006,
nonché dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997, violazione della l. n. 241/1990,
eccesso di potere per contraddittorietà, difetto di istruttoria e motivazione,
difetto dei presupposti, travisamento dei fatti, illogicità, atteso che la P.A.
avrebbe anteposto la fase deliberativa a quella istruttoria e non avrebbe
considerato che mentre la contaminazione degli idrocarburi è stata riportata nei
limiti di legge, l’inquinamento da metalli non sarebbe imputabile alla ERG
Petroli S.p.A.; ancora, la P.A. non avrebbe eseguito alcuna indagine in
relazione all’efficacia, alla realizzabilità ed alla sostenibilità economica
della misura prescritta, né si sarebbe preoccupata degli effetti
controproducenti di questa sull’ambiente; infine, la prescrizione de qua
violerebbe il principio di proporzionalità.
Con riguardo alla prescrizione di attenersi, per il piombo tetraetile, al valore
di riferimento indicato dall’Istituto Superiore della Sanità con nota prot. n.
049759 del 17 dicembre 2002, la ricorrente ha dedotto la doglianza di:
- violazione e falsa applicazione degli artt. 239 e ss. del d.lgs. n. 152/2006,
nonché dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997, eccesso di potere per
contraddittorietà, difetto di istruttoria e motivazione, difetto dei
presupposti, travisamento dei fatti, illogicità, in quanto la P.A. avrebbe
introdotto un limite non previsto dalla disciplina in tema di ambiente, ma
soltanto da un organo consultivo, qual è l’Istituto Superiore di Sanità.
Quanto, poi, alla prescrizione di provvedere alla bonifica di terreni ed acque
dalla contaminazione dei metalli pesanti, la ricorrente ha dedotto la doglianza
di:
- violazione e falsa applicazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997 e del d.m.
n. 471/1999, nonché degli artt. 240 e ss. del d.lgs. n. 152/2006 ed eccesso di
potere sotto i profili del difetto assoluto dei presupposti, della
contraddittorietà, del difetto di istruttoria e di motivazione, del travisamento
dei fatti, dell’illogicità ed ingiustizia manifesta, in quanto l’attività di
stoccaggio e di distribuzione dei carburanti non potrebbe in alcun modo
determinare l’impiego o la dispersione dei metalli rinvenuti nelle rilevazioni:
dunque, la prescrizione in parola sarebbe stata impartita alla ricorrente
nonostante questa non abbia alcuna responsabilità per la presenza dei suddetti
metalli e senza effettuare alcuna indagine circa l’imputabilità
dell’inquinamento in questione.
In relazione, infine, alle altre, minori prescrizioni, la ricorrente ha dedotto
la doglianza di:
- violazione e falsa applicazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997 e del d.m.
n. 471/1999, nonché degli artt. 240 e ss. del d.lgs. n. 152/2006 ed eccesso di
potere per difetto assoluto di istruttoria e di motivazione ed illogicità, in
quanto la prescrizione di rimozione del terreno contaminato e quella di
caratterizzazione del suolo rimosso, con descrizione dettagliata delle aree di
stoccaggio provvisorio, sarebbero irrealizzabili ed inutili, oltre che dannose
per gli interessi della società.
Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Ambiente, con atto di mera
costituzione formale.
Nella Camera di consiglio del 26 settembre 2007 il Collegio, considerata l’ampia
e documentata attività istruttoria dispiegata dalla P.A., da cui non si
desumevano profili di illegittimità prima facie fondati, e ritenuta la
prevalenza dell’interesse pubblico alla bonifica del terreno contaminato, con
ordinanza n. 854/2007 ha respinto l’istanza incidentale di sospensione.
Con atto depositato il 30 novembre 2007, la ricorrente ha ripresentato la
domanda di sospensione degli atti impugnati, ai sensi dell’art. 21, dodicesimo
comma, della l. n. 1034/1971. Ciò, sulla base del richiamo ai contenuti di una
nuova proposta di accordo di programma, presentata dal Ministero dell’Ambiente
in una riunione svoltasi in data 30 ottobre 2007, che sarebbero del tutto
incompatibili con quanto disposto negli atti stessi.
Sulla base della predetta proposta di accordo di programma, la società ha poi
depositato, in data 28 dicembre 2007, motivi aggiunti avverso gli atti già
impugnati con il ricorso originario, deducendo la seguente censura:
- violazione e falsa applicazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997, degli
artt. art. 8 e ss. del d.m. n. 471/1999, e degli artt. 242 e ss. del d.lgs. n.
152/2006, eccesso di potere per difetto di istruttoria e dei presupposti,
contraddittorietà ed illogicità, perché la bozza di accordo: a) confermerebbe il
vizio di carenza di istruttoria a carico degli atti impugnati, sotto i profili
dell’individuazione del soggetto responsabile dell’inquinamento e della carenza
del previo studio di fattibilità unitario e coordinato per tutte le aziende
insediate nel sito di bonifica; b) dimostrerebbe la contraddittorietà
dell’azione della P.A., in quanto gli atti impugnati escluderebbero
quell’intervento unitario e coordinato che è, invece, il presupposto dello
studio di fattibilità previsto dalla bozza di accordo.
Nella Camera di consiglio del 16 gennaio 2008 il Collegio, considerato
l’intervento superamento di fatto, nelle more del giudizio, dei provvedimenti
gravati ad opera della nuova proposta di accordo di programma, e visto l’onere
economico derivante alla ricorrente dall’esecuzione di un intervento di
impostazione non più attuale, con ordinanza n. 28/2008 ha accolto l’istanza
cautelare.
Dopo l’adozione della predetta ordinanza, è pervenuto alla ricorrente la
richiesta di ottemperare alle prescrizioni impartite nella Conferenza di Servizi
dell’11 giugno 2008. Si tratta, in particolare, della prescrizione di realizzare
una barriera idraulica costituita da almeno due pozzi di emungimento, e di
quella di presentare un progetto di bonifica dei suoli e delle acque di falda
basato sulle prescrizioni formulate dalla Conferenza di Servizi istruttoria del
19 luglio 2006.
Avverso le suddette prescrizioni è insorta la ERG Petroli S.p.A., gravandole con
ricorso per motivi aggiunti depositato l’11 settembre 2008. A supporto del
gravame, con cui ha chiesto l’annullamento delle prescrizioni impugnate, ha
dedotto le seguenti censure:
- invalidità derivata, in quanto le prescrizioni sarebbero viziate in via
derivata dai medesimi vizi da cui sono affetti gli atti originariamente
impugnati;
- violazione e falsa applicazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997, nonché
degli artt. 8 e ss. del d.m. n. 471/1999 e degli artt. 242 e ss. del d.lgs. n.
152/2006, elusione dell’ordinanza del T.A.R. Toscana n. 28/2008, giacché si
tratterebbe di prescrizioni già impartite nelle Conferenze di Servizi approvate
con il decreto direttoriale del 18 maggio 2007, impugnato con il ricorso
originario e sospeso con la predetta ordinanza, e che, comunque, si porrebbero
in contraddizione con la proposta di accordo di programma del 30 ottobre 2007;
- violazione e falsa applicazione degli artt. 239 e ss. del d.lgs. n. 152/2006 e
dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997, ed eccesso di potere per contraddittorietà,
difetto di istruttoria e motivazione, difetto dei presupposti, travisamento dei
fatti, illogicità, in quanto alla ricorrente sarebbe assegnato un termine per
l’adempimento delle prescrizioni assolutamente insufficiente (30 giorni);
- violazione e falsa applicazione degli artt. 15 e 17 del d.lgs. n. 22/1997,
degli artt. 8 e ss. del d.m. n. 471/1999, nonché degli artt. 242 e ss. del
d.lgs. n. 152/2006, violazione degli artt. 3, 7, 10-bis, 14 e ss. della l. n.
241/1990, eccesso di potere per difetto di motivazione, di istruttoria e dei
presupposti legittimanti, ulteriore eccesso di potere per difetto di istruttoria
e dei presupposti, contraddittorietà e illogicità, incompetenza, in quanto, se
si considerano le prescrizione gravate diverse da quelle di cui al decreto
direttoriale del 18 maggio 2007, non si comprenderebbe cosa esattamente la P.A.
abbia inteso ordinare alla società; nell’ipotesi che si tratti di nuove
prescrizioni, esse sarebbero illegittime perché non precedute dalla
comunicazione di avvio del procedimento, né dall’individuazione del responsabile
dell’inquinamento e neppure dall’analisi di rischio sito-specifica, perché
imporrebbero i contenuti del progetto di bonifica, sostituendosi
illegittimamente al privato, e perché, comunque, sarebbero state impartite in
forza di un’istruttoria svolta da un organo incompetente.
Successivamente, veniva trasmesso alla società il decreto direttoriale del
Ministero dell’Ambiente, prot. n. 8107/QdV/Di/B del 2 marzo 2009, recante
approvazione e recepimento delle determinazioni conclusive della Conferenza di
servizi decisoria del 10 febbraio 2009. In tale Conferenza sono state reiterate
a carico del “soggetto titolare dell’area ex P.V. ERG” le prescrizioni, più
sopra indicate, di realizzare una barriera idraulica costituita da almeno due
pozzi di emungimento e di presentare nei trenta giorni un progetto di bonifica
di suoli ed acque di falda basato sulle prescrizioni formulate dalla Conferenza
di Servizi istruttoria del 19 luglio 2006. Oltre a ciò, è stato imposto alla
ricorrente di ottemperare alle prescrizioni riportate nel verbale della stessa
Conferenza del 10 febbraio 2009 (cfr. p. 13, nn. da 1 a 8) con riguardo al
documento “Monitoraggio acque di falda – P.V. Erg Petroli MS/010 Avenza –
Massa”.
Avverso il citato decreto direttoriale, il verbale della Conferenza di Servizi
del 10 febbraio 2009 e gli atti presupposti indicati in epigrafe, è insorta la
ERG Petroli S.p.A., impugnandoli con ulteriore ricorso per motivi aggiunti,
depositato il 29 maggio 2009, e chiedendone l’annullamento.
A supporto del gravame, la società ha avanzato le doglianze di:
- invalidità derivata, in quanto gli atti gravati sarebbero viziati in via
derivata dai medesimi vizi da cui sono affetti gli atti precedentemente
impugnati;
- violazione e falsa applicazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997, nonché
degli artt. 8 e ss. del d.m. n. 471/1999 e degli artt. 242 e ss. del d.lgs. n.
152/2006, elusione dell’ordinanza del T.A.R. Toscana n. 28/2008, in quanto si
tratterebbe della reiterazione di prescrizioni già imposte con il decreto del 18
maggio 2007, la cui esecutività è stata sospesa dall’ordinanza cautelare n.
28/2008; peraltro, lo stesso verbale della Conferenza del 10 febbraio 2009 ne
dimostrerebbe l’inutilità e la mancanza di ogni giustificazione. Inoltre, vi
sarebbe palese contraddizione rispetto al contenuto della proposta di accordo di
programma del 30 ottobre 2007, che presuppone un intervento unitario e
coordinato tra le aziende interessate;
- in subordine, violazione e falsa applicazione degli artt. 239 e ss. del d.lgs.
n. 152/2006 e dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997, eccesso di potere per
contraddittorietà, difetto di istruttoria e motivazione, difetto dei
presupposti, travisamento dei fatti, illogicità, giacché alla ricorrente
verrebbe assegnato un termine per l’adempimento delle prescrizioni assolutamente
insufficiente (30 giorni);
- violazione e falsa applicazione degli artt. 15 e 17 del d.lgs. n. 22/1997,
degli artt. 8 e ss. del d.m. n. 471/1999, nonché degli artt. 242 e ss. del
d.lgs. n. 152/2006, violazione degli artt. 3, 7, 10-bis, 14 e ss. della l. n.
241/1990, eccesso di potere per difetto di motivazione, di istruttoria e dei
presupposti legittimanti, ulteriore eccesso di potere per difetto di istruttoria
e dei presupposti, contraddittorietà e illogicità, incompetenza, in quanto, se
si considerano le prescrizione gravate diverse da quelle di cui al decreto
direttoriale del 18 maggio 2007, non si comprenderebbe cosa esattamente la P.A.
abbia inteso ordinare alla società; nell’ipotesi che si tratti di nuove
prescrizioni, esse sarebbero illegittime perché non precedute dalla
comunicazione di avvio del procedimento, né dall’individuazione del responsabile
dell’inquinamento e neppure dall’analisi di rischio sito-specifica, perché
imporrebbero i contenuti del progetto di bonifica, sostituendosi
illegittimamente al privato, e perché, comunque, sarebbero state impartite in
forza di un’istruttoria svolta da un organo incompetente. Quest’ultima censura è
stata specificamente reiterata dalla ricorrente con riferimento all’obbligo di
monitoraggio delle acque di falda
In vista dell’udienza pubblica, la società ha depositato una memoria, insistendo
per l’annullamento degli atti impugnati nella parte in cui recano prescrizioni a
suo carico.
All’udienza pubblica del 4 febbraio 2010, la causa è stata trattenuta in
decisione.
DIRITTO
Con il ricorso originario vengono impugnati gli atti (le determinazioni delle
Conferenze di Servizi decisorie del 4 ottobre 2006 e 13 dicembre 2006 ed il
relativo decreto direttoriale di approvazione) tramite i quali è stato imposto
alla società ricorrente di adeguare l’intervento di messa in sicurezza
d’emergenza dell’area di sua proprietà già eseguito (e ritenuto insufficiente),
con la realizzazione di una barriera fisica di contenimento, nonché di una
barriera idraulica costituita da almeno due pozzi di emungimento. La ricorrente
si duole anche delle prescrizioni di presentare un progetto di bonifica dei
suoli e delle acque di falda basato sul confinamento fisico dell’intera area, e
di eseguire l’analisi di rischio secondo le regole impartite nella predetta
Conferenza del 13 dicembre 2006. Avverso tali atti la ERG Petroli S.p.A. ha poi
proposto un primo ricorso per motivi aggiunti.
Con i motivi aggiunti depositati l’11 settembre 2008 sono state impugnate le
prescrizioni imposte alla ricorrente dalla Conferenza di Servizi dell’11 giugno
2008 ed in particolare quelle di realizzare una barriera idraulica costituita da
almeno due pozzi di emungimento e di presentare un progetto di bonifica dei
suoli e delle acque di falda basato sulle prescrizioni dettate della Conferenza
di Servizi istruttoria del 19 luglio 2006.
Con i motivi aggiunti depositati il 29 maggio 2009 viene impugnata, infine, la
reiterazione, a carico della società ricorrente, delle prescrizioni suesposte
(ad eccezione di quella di eseguire una barriera di contenimento fisico),
derivanti dagli atti impugnati in precedenza: reiterazione che è conseguita alle
determinazioni assunte nella Conferenza di Servizi decisoria del 10 febbraio
2009, approvata con decreto direttoriale del successivo 10 marzo.
Il Collegio ritiene di dovere dare la priorità, nell’esame dei motivi di
gravame, a quello – rubricato sub A.II del ricorso originario, al punto b) – con
cui si deduce il vizio di incompetenza dell’organo emanante, per essere stato il
decreto di approvazione delle Conferenze di Servizi del 4 ottobre e del 19
dicembre 2006 adottato da un dirigente, invece che dal Ministro dell’Ambiente.
Ciò, giacché, in caso di suo accoglimento, ai sensi dell’art. 26, secondo comma,
della l. n. 1034/1971, si dovrebbe pronunciare l’annullamento del succitato
decreto dirigenziale e rimettere l’affare alla competente autorità, restando
precluso l’esame degli ulteriori motivi di censura, al fine di evitare
intromissioni improprie nell’attività dell’organo riconosciuto come competente
(cfr., ex plurimis, C.d.S., Sez. IV, 20 luglio 2009, n. 4568).
Il motivo è infondato, atteso che il decreto gravato costituisce espressione di
attività di gestione (e non di indirizzo politico-amministrativo): per
conseguenza, risulta corretta la sua adozione da parte del dirigente del settore
interessato, e non da parte del Ministro.
Ed invero, l’art. 252 del d.lgs. n. 152/2006 distingue tra atti ed attività di
competenza del Ministro dell’Ambiente ed atti e attività facenti capo al
Ministero. Rientra ad es. tra i primi l’individuazione, ai fini della bonifica,
dei siti di interesse nazionale (art. 252, comma 2, cit.), il che è del tutto
logico, dovendo la suddetta individuazione reputarsi atto attinente
all’indirizzo politico-amministrativo in materia di bonifica. La rilevanza
politica di un tale atto risulta, del resto, confermata dalla necessità
dell’intesa con le Regioni interessate: intesa prescritta, per l’appunto, dal
comma 2 dell’art. 252. Si deve invece reputare che l’impugnato decreto di
recepimento della Conferenza di Servizi costituisca un mero atto di gestione, di
competenza dirigenziale e non del Ministro, atteso che esso certamente non
concerne le scelte di fondo che la P.A. è chiamata a compiere nel settore in
esame (come ad es., la mappatura dei siti di interesse nazionale), avendo invece
ad oggetto la prescrizione di un singolo intervento di messa in sicurezza
d’emergenza e, poi, di bonifica.
Del resto, l’art. 252, comma 4, del d.lgs. n. 152 cit. attribuisce la competenza
per i procedimenti di bonifica di cui al precedente art. 242, qualora abbiano ad
oggetto i siti di interesse nazionale, “alla competenza del Ministero
dell’ambiente e della tutela del territorio”: né una simile espressione può
esser considerata atecnica, erronea o comunque non voluta e casuale, poiché essa
si inserisce in una disposizione (l’art. 252 cit.) in cui, come accennato,
quando ci si vuole riferire alle competenze del Ministro dell’Ambiente, lo si
dispone espressamente, stabilendo che l’atto compete al “Ministro” e non al
“Ministero” (così l’autorizzazione provvisoria ex art. 252 cit., comma 8). E se
l’attribuzione delle relative competenze al “Ministero” (e non al Ministro,
salve le tassative eccezioni) sussiste per gli atti del procedimento di
bonifica, a fortiori essa deve sussistere anche per gli interventi di messa in
sicurezza d’emergenza, i quali investono una fase prodromica rispetto alla
bonifica e non sono in grado di determinare il definitivo riassetto del sito (v.
art. 240, comma 1, lett. m), del d.lgs. n. 152 cit.).
A conferma dell’ora vista conclusione si richiama la più recente giurisprudenza
(T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, 9 ottobre 2009, n. 1738), per la quale gli
atti del procedimento di bonifica dei siti di interesse nazionale, compresi
quelli conclusivi, rientrano nella competenza tecnico-gestionale degli organi
esecutivi (dirigenti), in quanto non contengono elementi di indirizzo
politico-amministrativo che possano attrarre detta competenza nella sfera
riservata agli organi di governo. Questi si limitano a definire gli obiettivi e
programmi da attuare, verificandone i risultati, il cui raggiungimento risulta
riservato alla responsabilità dei dirigenti. Ciò, in base al generale principio
di distinzione tra attività di governo ed attività di gestione, che presiede
l’organizzazione ed il funzionamento delle P.A., alla luce anche dell’art. 4,
comma 3, del d.lgs. n. 165/2001, secondo il quale le attribuzioni dei dirigenti
possono essere derogate soltanto espressamente e ad opera di specifiche
disposizioni legislative. La pronuncia in esame, che richiama a proprio supporto
anche una decisione di questa Sezione (T.A.R. Toscana, Sez. II, 16 ottobre 2008,
n. 2287), osserva, inoltre, come la conclusione della competenza dei dirigenti
all’emanazione degli atti del procedimento di bonifica di siti di interesse
nazionale sia innanzitutto valida con riguardo allo schema procedimentale di cui
all’art. 15 del d.m. n. 471/1999 (precedente al d.lgs. n. 165/2001 e non avente
rango legislativo), sebbene questo assegni al Ministro dell’Ambiente, di
concerto con i Ministri dell’Industria (ora Sviluppo Economico) e della Salute,
la competenza ad approvare il progetto definitivo di bonifica. Ma, soprattutto,
resti valida con riguardo allo schema procedimentale di cui all’art. 252 del
d.lgs. n. 152/2006, “che attribuisce genericamente la competenza per la
procedura di bonifica al Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio
(sentito il Ministero delle Attività produttive)” (v. T.A.R. Lombardia, Brescia,
Sez. I, n. 1738/2009, cit.; id., 18 febbraio 2009, n. 319).
Parimenti infondata è, poi, la doglianza – contenuta nello stesso motivo (A.II)
del ricorso originario, al punto a) – con cui si lamenta l’omissione del
concerto con il Ministero delle Attività Produttive (oggi dello Sviluppo
Economico), atteso che il suddetto concerto non è richiesto dalla normativa di
riferimento: l’art. 252, comma 4, del d.lgs. n. 152/2006, infatti, non lo
menziona. A tal proposito è significativa la differenza rispetto al precedente
comma 1, che – come già esposto – richiede invece l’intesa con le Regioni per il
distinto procedimento di individuazione dei siti di interesse nazionale. D’altro
canto, l’intesa ed il concerto sarebbero incompatibili con la natura di atto
gestionale propria del decreto direttoriale impugnato (ed anzi, il fatto che non
siano richiesti conferma la natura di atto di mera gestione e non di indirizzo
politico-amministrativo del decreto in questione). Sul punto, si ricorda infatti
che, secondo la giurisprudenza, l’esercizio di poteri che sfociano in decreti
emanati di concerto tra due ministri non può essere ricondotto ad un’attività
meramente gestionale, ma rientra nell’ambito dell’indirizzo
politico-amministrativo, rappresentando espressione di valutazioni anche
politiche proprie dei poteri governativi (cfr. T.A.R. Veneto, Sez. II, 4
febbraio 2002, n. 350). Sotto questo aspetto, dunque, vi è assoluta coerenza tra
la necessità dell’intesa nel procedimento di cui al comma 1 dell’art. 252 e
l’assenza di una tale intesa o concerto nella disciplina di cui al successivo
comma 4 (il quale si limita a chiedere che sia sentito il Ministero dello
Sviluppo Economico): nel primo caso si tratta di un procedimento
(l’individuazione dei siti di bonifica di interesse nazionale) che attiene
all’indirizzo politico-amministrativo, mentre negli altri casi (ed in
particolare in quello sfociato nel decreto impugnato) si tratta di procedimenti
preordinati all’adozione di atti di gestione, che proprio per tale ragione non
necessitano del preventivo concerto a livello di vertice politico dei rispettivi
apparati.
Ad ulteriore conferma dell’infondatezza della doglianza, si può inoltre
evidenziare che nel modulo procedimentale della Conferenza di Servizi, i pareri,
le intese ed i concerti di cui all’art. 252 cit. ed all’art. 15, comma 4, del
d.m. n. 471/1999 possono ben essere acquisiti all’interno della Conferenza
stessa, senza che poi, in sede di emanazione del provvedimento finale, si debba
provvedere ad una nuova acquisizione (T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, nn.
319/2009, cit. e 1738/2009, cit.). Ed in proposito diventa, allora,
significativa la prassi seguita dal Ministero dell’Ambiente, nella sua veste di
Amministrazione procedente, di invitare alle Conferenze di Servizi i
rappresentanti delle Regioni coinvolte e delle altre Amministrazioni statali
interessate, al fine di acquisire i predetti pareri, intese e concerti, e di far
precedere le Conferenze stesse dalla verifica delle presenze di tali
rappresentanti ovvero dall’allegazione di copia della lettera di invito e dei
messaggi di conferma della ricezione di questa, in caso di assenza dei
rappresentanti stessi: prassi ben nota al Collegio, in quanto osservata in tutte
le fattispecie analoghe e rispettata anche nella Conferenza di Servizi del 13
dicembre 2006 (cfr. p. 6 del relativo verbale, doc. 1 della ricorrente). Donde,
per tal via, l’infondatezza anche della doglianza di illegittimità del decreto
gravato per omessa acquisizione del parere del Ministero delle Attività
Produttive, del pari contenuta al punto a) del motivo in esame.
A nulla varrebbe obiettare che in precedenti decisioni (T.A.R. Toscana, Sez. II,
14 marzo 2007, n. 383; id., 24 agosto 2009, n. 1399) la Sezione si è espressa
nel senso della necessità del concerto tra il Ministero dell’Ambiente e le altre
Amministrazioni statali che hanno partecipato alla Conferenza di Servizi
decisoria, poiché tali decisioni si riferiscono alla normativa previgente (in
particolare, gli artt. 17, comma 14, del d.lgs. n. 22/1997 e 15 del d.m. n.
471/1999), mentre nella fattispecie per cui è causa occorre fare applicazione
della disciplina introdotta dal d.lgs. n. 152/2006 che, in materia di competenza
ministeriale o dirigenziale e di intese (o concerti), ha notevolmente innovato,
come si è più sopra ricordato. In particolare, la disciplina posta dall’art. 252
del d.lgs. n. 152 cit. e poc’anzi illustrata dimostra l’inutilizzabilità, ai
fini che qui interessano, dei precedenti sopra richiamati, alla luce del
profondo mutamento di disciplina sul piano degli adempimenti procedurali e delle
relative competenze decisorie, che confina, ormai, l’intervento del Ministro e
dei relativi concerti ed intese (ove previsti) ai soli atti caratterizzati da
valutazioni di indirizzo politico, attribuendo tutto il resto alla competenza
dell’apparato ministeriale e quindi alla competenza dei dirigenti.
Ancora, sul piano della competenza, è infondata la doglianza – rubricata nel
ricorso originario sub B.II e poi riproposta nei motivi aggiunti – di
illegittimità dell’istruttoria perché svolta da un organo (la Direzione per la
Qualità della Vita del Ministero dell’Ambiente) incompetente. La doglianza, in
realtà, è manifestamente pretestuosa, in quanto la stesso verbale della
Conferenza di Servizi del 13 dicembre 2006, invocato dalla ricorrente, ne
confuta le tesi, indicando in modo inequivoco come il Ministero, nel corso
dell’istruttoria, si sia avvalso dell’ausilio degli organi tecnici (A.P.A.T.,
I.S.S., A.R.P.A.T.) e, pertanto, si sia pienamente conformato al dettato
dell’art. 15, comma 3, del d.m. n. 471/1999.
Passando all’esame delle ulteriori doglianze contenute nel ricorso originario e
nei motivi aggiunti, si osserva che le stesse risultano per più versi fondate e,
dunque, meritevoli di accoglimento.
Nello specifico, va anzitutto accolta la doglianza incentrata sul mancato
rispetto, nella fattispecie in esame, delle garanzie di partecipazione
procedimentale di cui agli artt. 7 e ss. della l. n. 241/1990, senza che vi
fossero, o siano state addotte, ragioni idonee per derogarvi. Trattasi di
doglianza che è rubricata nel ricorso originario sub B.III e che, come sopra
visto, viene avanzata in generale avverso tutte le prescrizioni oggetto di
contestazione con il predetto ricorso. La sua fondatezza è resa palese dalla
questione della legittimità o meno dell’imposizione dell’uso del valore di
riferimento indicato dall’Istituto Superiore della Sanità per la misurazione
delle concentrazioni di piombo tetraetile (v. il motivo del ricorso originario
rubricato sub C.II): infatti, appare evidente la necessità e l’utilità di un
contraddittorio procedimentale, ai fini dell’individuazione di un valore di
riferimento per la suddetta misurazione. La fondatezza della doglianza si
appalesa ancora più evidente con riferimento all’altra censura (rubricata sub
B.I nel ricorso originario e riproposta nei motivi aggiunti) con cui si lamenta
l’illegittimità dell’operato della P.A., per essersi essa sostituita agli
interessati nella determinazione dei contenuti del progetto di bonifica:
contenuti sui quali – secondo il Collegio – risultava parimenti necessario,
quantomeno, il previo esperimento di un contraddittorio procedimentale.
Sul punto si rammenta che, con una recente decisione (T.A.R. Toscana, Sez. II, 6
maggio 2009, n. 762), questa Sezione ha già avuto modo di precisare come, nei
procedimenti in materia di bonifica ambientale, sia necessario che la P.A.
consenta ai destinatari delle prescrizioni stabilite dalla stessa P.A. di
partecipare al relativo procedimento, articolato in una o più Conferenze di
Servizi istruttorie e decisorie. Ciò, quantomeno, con riferimento alle fasi
procedimentali in cui emerge l’esistenza di una contaminazione del terreno e
della falda acquifera nell’area interessata e che poi sfociano nelle
determinazioni assunte dalla Conferenza di Servizi decisoria. È chiaro, infatti,
che l’onerosità degli obblighi imposti agli interessati impone di instaurare con
questi ultimi un ampio contraddittorio. È pacifica, d’altra parte, in
giurisprudenza l’affermazione che l’attività istruttoria del procedimento di
bonifica deve prevedere la partecipazione del soggetto interessato, ed in
particolare gli accertamenti analitici vanno eseguiti in contraddittorio (cfr.
T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. I, 19 aprile 2007, n. 1913; T.A.R. Friuli Venezia
Giulia, 27 luglio 2001, n. 488).
Sotto quest’ultimo profilo, non si potrebbe ribattere che lo stato di
contaminazione dei suoli e delle falde forma oggetto di un accertamento tecnico,
con natura di attività vincolata, per il quale, quindi, non sono invocabili i
principi in tema di giusto procedimento di cui alla l. n. 241/1990.
In contrario, si richiama la giurisprudenza poc’anzi indicata, secondo cui,
nell’attività istruttoria del procedimento di bonifica, il contraddittorio
procedimentale si appalesa necessario in particolare per gli accertamenti
analitici (v. T.A.R. Lombardia, Sez. I, n. 1913/2007, cit.): ciò, atteso che
l’onere di effettuare gli accertamenti in contraddittorio con le parti
interessate risponde ad evidenti ragioni di trasparenza e pubblicità, principi
del diritto vivente cui la P.A. si deve uniformare in ogni momento della propria
azione, oltre che all’interesse pubblico all’imparzialità dell’azione
amministrativa. Va poi rilevato che, ad avviso di altra giurisprudenza, in
materia sarebbe applicabile l’art. 223 disp. att. c.p.p., secondo cui, qualora,
nel corso di attività ispettive o di vigilanza previste da leggi o decreti, si
debbano eseguire analisi di campioni per le quali non è prevista la revisione,
l’organo procedente deve, anche oralmente, dare avviso all’interessato dell’ora
e del luogo di effettuazione delle analisi, in funzione del diritto dello stesso
di presenziare a queste, di persona o tramite persona di fiducia da lui
designata, eventualmente con l’assistenza di un consulente tecnico (cfr. T.A.R.,
Lombardia, Sez. I, 11 novembre 2003, n. 4982, che, in proposito, ricorda
l’orientamento della Cassazione, per cui la disposizione è applicabile anche
alle analisi di campioni finalizzate a verificare l’esistenza di illeciti puniti
con sanzioni amministrative).
Nemmeno sarebbe fondata l’obiezione che nella vicenda in parola, trattandosi
dell’imposizione, tra l’altro, (anche) di misure di messa in sicurezza di
emergenza, vi sarebbero esigenze di celerità del procedimento, tali da
giustificare, ai sensi dell’art. 7, comma 1, primo periodo, della l. n.
241/1990, l’omissione della comunicazione di avvio del procedimento e di tutta
la fase della partecipazione al procedimento stesso. Invero, la tempistica
dell’azione amministrativa smentisce già di per se stessa l’attendibilità di
ogni giustificazione basata sull’urgenza del provvedere, all’uopo non potendo
certo bastare la mera tipologia emergenziale degli interventi imposti: tale
(pretesa) tipologia è, peraltro, in radice contraddetta dalla stessa natura
degli interventi (la barriera fisica, ma anche quella idraulica), che richiedono
certamente tempi non brevi per il loro completamento (v. subito infra).
Da ultimo non appare invocabile, sul punto, neppure l’art. 21-octies, comma 2,
della l. n. 241/1990, non avendo la P.A. fornito in giudizio la prova che, anche
con la partecipazione della controparte, il provvedimento finale non avrebbe
potuto avere un contenuto differente da quello contestato (T.A.R. Toscana, Sez.
II, n. 762/2009, cit.).
Venendo alle censure formulate avverso le singole prescrizioni impartite con il
decreto direttoriale impugnato, devono essere, in primo luogo, accolte quelle
formulate nei confronti della prescrizione di realizzare una barriera fisica di
confinamento dell’area. Invero, il fatto che detta prescrizione non sia stata
riproposta né nella Conferenza di Servizi dell’11 giugno 2008, né in quella del
10 febbraio 2009, non comporta di per sé la sopravvenuta carenza di interesse e,
pertanto, l’improcedibilità sul punto del gravame, in difetto di un’esplicita
revoca della prescrizione stessa.
L’imposizione della realizzazione della predetta barriera è illegittima, giacché
questa costituisce una misura priva di adeguata istruttoria e di motivazione in
grado di giustificarne l’adozione. Ne deriva che è fondato e va accolto il
motivo rubricato come C.I nel ricorso originario.
Osserva, sul punto, il Collegio che la misura della cd. barriera fisica non
risulta supportata, negli atti impugnati, da adeguati accertamenti tecnici o da
altre spiegazioni, che la indichino come l’unico od il miglior sistema per
evitare la diffusione dell’inquinamento: perciò, ha natura di mera (e del tutto
inidonea) formula di stile il riferimento, contenuto nel verbale della
Conferenza di Servizi decisoria del 13 dicembre 2006, ad un’ampia ed
approfondita discussione. Ed in proposito va aggiunto come l’obbligo di
un’esaustiva motivazione della prescrizione – rimasto inadempiuto – discendesse
anche dalla rilevante onerosità e complessità tecnica di questa, che necessita
di tempi notevolmente lunghi per il suo completamento.
A prescindere dalla valutazione di altre misure, di minore complessità ed
onerosità, resta fermo che, secondo la giurisprudenza (T.A.R. Puglia, Lecce.
Sez. I, 11 giugno 2007, n. 2247), anche di questa Sezione (T.A.R. Toscana, Sez.
II, 14 ottobre 2009, n. 1540; id., 18 dicembre 2009, n. 3973), la P.A. è tenuta
a valutare ed accertare non solo l’inefficacia di misure meno invasive della
barriera fisica, ma anche l’effettiva necessità, efficacia e realizzabilità del
sistema di contenimento fisico. Pertanto, l’opzione per detto sistema, ovvero
per un utilizzo combinato delle differenti tipologie di intervento, avrebbe
potuto legittimamente avere luogo soltanto all’esito di un’analisi comparativa
tra le diverse alternative in discorso, in ragione delle specifiche
caratteristiche dell’area. L’analisi comparativa si sarebbe dovuta incentrare
sull’efficacia delle diverse alternative nel raggiungere gli obiettivi finali,
nonché sulle concentrazioni residue, sui tempi di esecuzione e sulla loro
compatibilità con l’urgenza del provvedere, e sull’impatto rispetto all’ambiente
circostante gli interventi (T.A.R. Lecce, Sez. I, n. 2247/2007, cit.). In
sintesi, detta analisi avrebbe dovuto implicare la valutazione comparativa dei
vantaggi e degli svantaggi delle differenti opzioni sul campo, con necessaria
precisazione, da parte della P.A., non solo dei vantaggi effettivi connessi alla
realizzazione della barriera fisica, ma anche della comparazione con i relativi
svantaggi, fornendo la prova di aver adeguatamente valutato questi ultimi.
Sul punto, il Collegio ritiene di aderire al quadro istruttorio e motivazionale
delineato, con riguardo alla scelta del sistema della barriera fisica, dalla
giurisprudenza poc’anzi richiamata (T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, n. 2247/2007,
cit.), secondo la quale la scelta in parola richiede:
a) un’attenta istruttoria circa gli effetti che l’indicata barriera avrebbe
sortito sulle dinamiche idriche e geologiche dell’area sottostante;
b) un’altrettanto attenta istruttoria sulle possibili interazioni tre i due
modelli di barriera ipotizzabili (idraulica e fisica), al fine di evitare
duplicazioni di interventi, con inutile aggravio dei costi, nonché interazioni
negative comportanti aggravamento dei rischi che si intendevano scongiurare. A
questo proposito deve, anzi, rilevarsi come nel caso di specie il difetto di
istruttoria e di motivazione risulti tanto più grave, alla stregua della
circostanza che viene imposta contestualmente la realizzazione sia della
barriera fisica, sia di quella idraulica mediante almeno due pozzi di
emungimento;
c) un’analisi costi/benefici in merito alle quantità di materiale contaminato di
cui la realizzazione dell’opera avrebbe richiesto la movimentazione.
In argomento altra giurisprudenza ha sottolineato l’esigenza di sottoporre
l’opera di confinamento fisico delle acque ad un’analisi dell’impatto che essa
ha sul territorio circostante, onde scongiurare che produca sull’ambiente più
problemi di quelli che tende a risolvere (T.A.R. Sardegna, Sez. II, 12 febbraio
2008, n. 165). Si è, anzi, specificato (cfr. T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I, 20
luglio 2007, n. 1254) che l’opera è soggetta a procedura obbligatoria di
valutazione di impatto ambientale, ai sensi sia del d.lgs. n. 152/2006, sia del
precedente art. 1, comma 1, lett. l), del d.p.c.m. n. 377/1988.
Orbene – come già sottolineato – dall’esame complessivo degli atti di causa non
emerge che la P.A. abbia svolto i suddetti approfondimenti istruttori, in specie
le suesposte valutazioni e comparazioni, né che abbia corredato la propria
opzione in favore del modello del contenimento fisico del congruo apparato
motivazionale, che invece si rendeva necessario.
Ne discende che l’omissione della doverosa indicazione degli elementi tecnici,
in base ai quali si è ritenuto di prescrivere l’intervento di confinamento
fisico, determina l’illegittimità della decisione assunta, giacché viziata da un
uso arbitrario della discrezionalità tecnica. La giurisprudenza (T.A.R.
Sardegna, Sez. II, n. 165/2008 cit., concernente l’imposizione, immotivata e
carente di un’adeguata istruttoria, della barriera fisica quale misura per la
messa in sicurezza d’emergenza) ha chiarito, sul punto, che la sindacabilità
della scelta di siffatte misure si correla al principio per il quale il giudice
amministrativo ha poteri di controllo della discrezionalità tecnica, che si
spingono fino alla verifica diretta dell’attendibilità delle operazioni
tecniche, in relazione alla loro correttezza sotto gli aspetti del criterio
tecnico e del procedimento applicativo, ma senza sostituirsi alla P.A.
nell’effettuazione di valutazioni opinabili (v. in argomento C.d.S., Sez. VI, 7
novembre 2005, n. 6152).
Per quanto detto, risulta altrettanto illegittima la prescrizione concernente il
progetto di bonifica del sito, giacché tale progetto avrebbe dovuto basarsi
anch’esso sul confinamento fisico.
È, del pari, fondata e da accogliere la doglianza di illegittimità dell’ordine
di bonifica dei terreni e delle acque dalla contaminazione dei metalli pesanti
per la mancata individuazione, a carico della ERG Petroli S.p.A., di profili di
responsabilità nella suddetta contaminazione, alla luce dell’attività svolta
dalla società in questione.
La fondatezza della doglianza – rubricata nel ricorso originario sub C.III e poi
reiterata in quelli per motivi aggiunti – si desume dal fatto che la Conferenza
di Servizi del 19 dicembre 2006 individua, come obbligato agli interventi, “il
soggetto titolare dell’area ex P.V. ERG Petroli” (così, per quanto concerne la
messa in sicurezza di emergenza, espressamente p. 21 del verbale), ma, poi,
addossa le prescrizioni alla società ricorrente: in tal modo, tuttavia, la P.A.
incorre nell’equivoco di considerare la società come proprietaria dell’area,
anziché del solo impianto di distribuzione dei carburanti sito su questa, e,
comunque, mostra di trascurare l’importanza di un simile elemento.
Come questa Sezione ha più volte avuto modo di affermare (cfr., ex multis,
T.A.R. Toscana, Sez. II, 17 aprile 2009, n. 665; id., 6 maggio 2009, n. 762),
tanto la disciplina di cui al d.lgs. n. 22/1997 (in particolare, l’art. 17,
comma 2), quanto quella introdotta dal d.lgs. n. 152/2006 (ed in particolare,
gli artt. 240 e segg.), si ispirano al principio secondo cui l’obbligo di
adottare le misure, sia urgenti che definitive, idonee a fronteggiare la
situazione di inquinamento, è a carico unicamente di colui che di tale
situazione sia responsabile, per avervi dato causa a titolo di dolo o colpa:
l’obbligo di bonifica o di messa in sicurezza non può essere invece addossato al
proprietario incolpevole, ove manchi ogni sua responsabilità (cfr., nello stesso
senso, T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I, 26 luglio 2007, n. 1254).
L’Amministrazione non può, perciò, imporre ai privati che non abbiano alcuna
responsabilità diretta sull’origine del fenomeno contestato, ma che vengano
individuati solo quali proprietari del bene, lo svolgimento delle attività di
recupero e di risanamento (così, nel vigore della precedente disciplina, T.A.R.
Veneto, Sez. II, 2 febbraio 2002, n. 320). L’enunciato è conforme al principio
“chi inquina, paga”, cui si ispira la normativa comunitaria (cfr. art. 174, ex
art. 130/R, del Trattato CE), la quale impone al soggetto che fa correre un
rischio di inquinamento di sostenere i costi della prevenzione o della
riparazione.
Tale impostazione, sancita dal d.lgs. n. 22/1997, risulta, come detto,
confermata e specificata dagli artt. 240 e segg. del d.lgs. n. 152/2006 (cd.
Codice Ambiente), dai quali si desume l’addossamento dell’obbligo di effettuare
gli interventi di recupero ambientale, anche di carattere emergenziale, al
responsabile dell’inquinamento, che potrebbe benissimo non coincidere con il
proprietario ovvero il gestore dell’area interessata (T.A.R. Toscana, Sez. II,
n. 665/2009, cit.).
Va precisato, in argomento, che il principio “chi inquina, paga” vale, altresì,
per le misure di messa in sicurezza d’emergenza. Infatti, anche l’adozione delle
misure di messa in sicurezza d’emergenza è addossata dalla normativa in discorso
al soggetto responsabile dell’inquinamento (cfr. art. 242 del d.lgs. n. 152
cit.).
Si deve sottolineare che a carico del proprietario dell’area inquinata, che non
sia altresì qualificabile come responsabile dell’inquinamento, non incombe alcun
obbligo di porre in essere gli interventi in parola, ma solo la facoltà di
eseguirli per mantenere l’area interessata libera da pesi. Dal combinato
disposto degli artt. 244, 250 e 253 del Codice ambiente si ricava infatti che,
nell’ipotesi di mancata esecuzione degli interventi ambientali in esame da parte
del responsabile dell’inquinamento, ovvero di mancata individuazione dello
stesso – e sempreché non provvedano né il proprietario del sito, né altri
soggetti interessati – le opere di recupero ambientale sono eseguite dalla P.A.
competente, che potrà rivalersi sul soggetto responsabile nei limiti del valore
dell’area bonificata, anche esercitando, ove la rivalsa non vada a buon fine, le
garanzie gravanti sul terreno oggetti dei medesimi interventi (T.A.R. Lombardia,
Milano, Sez. II, 10 luglio 2007, n. 5355; T.A.R. Toscana, Sez. II, 17 settembre
2009, n. 1448).
Facendo applicazione dell’ora visto principio al caso di specie, emerge con
tutta evidenza come in questo la P.A. non abbia proceduto ad alcuna verifica
della sussistenza, in capo alla ricorrente, del requisito della responsabilità
colpevole. Ciò vale, anzitutto, per quanto concerne la prescrizione di bonifica
dei terreni contaminati da metalli pesanti, poiché la P.A. non ha svolto alcuna
verifica circa la compatibilità tra l’attività svolta dalla ricorrente e la
suddetta contaminazione. In argomento vi è, anzi, un indizio di evidente
perplessità nello stesso verbale della Conferenza del 13 dicembre 2006, lì dove
si fa riferimento alla possibilità che la presenza di metalli pesanti nei
terreni sia da ascrivere al materiale di riporto (p .18): è, perciò, palese che
su questo punto la P.A. avrebbe dovuto svolgere un approfondimento istruttorio,
al fine di sgombrare il campo dai dubbi da essa stessa sollevati, e – quantomeno
per il momento – non procedere all’imposizione a carico della società di alcun
progetto di bonifica, com’è invece avvenuto.
La doglianza risulta, altresì, fondata, con riguardo alle Conferenze di Servizi
dell’11 giugno 2008 e del 10 febbraio 2009, impugnate con i motivi aggiunti. Ed
invero, anche in queste l’individuazione del soggetto obbligato ad interventi di
messa in sicurezza d’emergenza e poi di bonifica, avviene in base alla mera
qualità di titolare dell’area (cfr. p. 6, punto K), del verbale della Conferenza
dell’11 giugno 2008, nonché pp. 12-13 del verbale di quella svoltasi il 10
febbraio 2009): anche stavolta si ripresenta, allora, l’equivoco – non dissipato
dall’Amministrazione – dell’imposizione di misure a carico di un soggetto che è
proprietario soltanto dell’impianto di distribuzione dei carburanti e per il
quale, pertanto, dovrebbe essere preventivamente accertata la qualità di
soggetto (cor)responsabile, almeno, della situazione di inquinamento.
In buona sostanza, in tutte le Conferenze di Servizi che si sono menzionate la
ERG Petroli S.p.A. è considerata unicamente nella sua veste di soggetto
proprietario ed in tale sua qualità è evocata quale destinataria delle
prescrizioni assunte con dette Conferenze. Così facendo, tuttavia, la P.A.
utilizza illegittimamente – come si è esposto – il criterio dominicale, in luogo
di quello della responsabilità colpevole, ai fini dell’individuazione del
destinatario delle prescrizioni tese al risanamento del sito contaminato.
Per quanto finora detto, dunque:
1) il ricorso originario risulta fondato con riferimento alle censure rubricate
sub B.III, C.I e C.III, mentre con riferimento alle doglianze mosse avverso la
prescrizione riguardante la misurazione del piombo tetraetile (C.II) e le altre
prescrizioni minori (C.IV) risulta assorbente, come già accennato, la censura di
violazione delle regole in materia di partecipazione procedimentale, enunciata
in linea generale sub C.I;
2) il ricorso per motivi aggiunti depositato il 28 dicembre 2007, rivolto
avverso i medesimi atti già impugnati con il ricorso originario, può essere
assorbito nella parte in cui si limita a riproporre (sub I.1) la doglianza di
difetto di istruttoria sotto il profilo dell’(omessa) individuazione del
responsabile dell’inquinamento, che risulta già fondata in base all’atto
introduttivo del giudizio;
3) i ricorsi per motivi aggiunti depositati in data 11 settembre 2008 e 29
maggio 2009 sono a loro volta fondati quanto alle censure rubricate,
rispettivamente, per il primo sub IV.2 a) e IV.2 b), e per il secondo sub IV.2
a), IV.2 b), V.1 a) e V.1 b), in considerazione della violazione delle regole
sulla partecipazione procedimentale e di quelle che impongono di addossare gli
interventi al responsabile dell’inquinamento.
Inoltre, i ricorsi per motivi aggiunti risultano fondati relativamente alle
censure con cui si sottolinea la contraddittorietà dell’operato della P.A., per
il contrasto tra la proposta di accordo di programma da essa predisposta, da un
lato, e le prescrizioni oggetto di impugnazione, dall’altro.
In particolare, è fondata la doglianza volta a rimarcare la contraddittorietà
tra il presupposto su cui è basata la predetta proposta – quello di prevedere un
intervento coordinato ed unitario riguardante il sito di bonifica nella sua
interezza e non i singoli terreni che vi sono ricompresi – e le misure dettate
con le diverse Conferenze di Servizi, che hanno ad oggetto interventi sulle
singole aree di proprietà. Si tratta di doglianza rubricata sub I.3 del ricorso
per motivi aggiunti depositato in data 28 dicembre 2007, e sub II.2 di quello
depositato l’11 settembre 2008, nonché di quello depositato il 29 maggio 2009.
Nel caso di specie è, pertanto, rinvenibile il vizio di eccesso di potere per
contraddittorietà, che, per la giurisprudenza, si può configurare laddove gli
atti in asserita contraddizione provengano da una stessa autorità, onde si possa
ritenere che questa, adottando di volta in volta soluzioni diverse, abbia inteso
usare della sua potestà discrezionale per cause mutevoli, non aderenti al fini
istituzionale che è assegnato dalla norma attributiva del potere (T.A.R.
Sardegna, Sez. I, 26 gennaio 2010, n. 85; v., pure, T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II,
6 maggio 2009, n. 4740, secondo cui è illegittimo per eccesso di potere per
contraddittorietà il provvedimento che presenti contraddizioni od incongruenze
rispetto a precedenti valutazioni della medesima P.A., o quando sussistano più
manifestazioni di volontà dello stesso Ente che si pongano tra loro in
contrasto).
Le violazioni evidenziate sono sufficienti, per il loro carattere assorbente, a
determinare l’integrale accoglimento tanto del ricorso originario, quanto di
quelli per motivi aggiunti, attesa la fondatezza delle doglianze sopra riportate
– con l’eccezione di quelle relative al vizio di incompetenza, sotto i
molteplici profili analizzati, e di mancata acquisizione dei pareri e dei
concerti prescritti – restando
assorbite le ulteriori censure.
Per conseguenza, debbono essere annullati gli atti impugnati, nella parte in cui
recano prescrizioni a carico della ricorrente ERG Petroli S.p.A..
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo nei
confronti del Ministero dell’Ambiente, mentre sono compensate nei confronti
delle altre parti, non costituitesi in giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo
Regionale per la Toscana, Seconda Sezione, così definitivamente pronunciando sul
ricorso originario e su quelli per motivi aggiunti indicati in epigrafe, li
accoglie e per l’effetto annulla gli atti con gli stessi impugnati, nei termini
di cui in motivazione.
Condanna il Ministero dell’Ambiente al pagamento alla ricorrente di spese ed
onorari di causa, che liquida in misura forfettaria in complessivi € 8.000,00
(ottomila/00), più I.V.A. e C.P.A. come per legge,
Compensa le spese nei confronti di tutte le altre parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze, nella Camera di consiglio del giorno 4 febbraio 2010,
con l’intervento dei Magistrati:
Maurizio Nicolosi, Presidente
Bernardo Massari, Consigliere
Pietro De Berardinis, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/07/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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