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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562

 

 

 

T.A.R. TOSCANA, Sez. III - 4 ottobre 2010, n. 6427


BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Messa a dimora di piante autoctone - Ipotesi di pregiudizio del paesaggio - Occultamento di un punto di vista panoramico - Interventi di ripristino della fruibilità.
Se la messa a dimora di piante autoctone è nella gran parte dei casi insuscettibile di pregiudicare un paesaggio nel quale fisiologicamente si inseriscono, nel caso in cui determini( come nella specie, nella quale, è stata realizzata una lunga, elevata e fitta barriera di sempreverdi) l’occultamento totale di un punto di vista panoramico accessibile al pubblico, sussistono quei presupposti di sensibile e non meramente temporanea alterazione di un valore tutelato che possono giustificare, nell’ambito dell’esercizio di poteri di natura tecnico-discrezionale, non sindacabili nel merito, interventi volti al ripristino della fruibilità del punto di vista dal quale si gode lo spettacolo delle bellezze panoramiche. Pres. Radesi, Est. La Guardia -J.D. (avv.ti Pratini, Chiti e Vergine) c. Comune di Firenze (avv.ti Minucci e Selvaggi) - TAR TOSCANA, Sez. III - 4 ottobre 2010, n. 6427

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

N. 06427/2010 REG.SEN.
N. 02591/1997 REG.RIC.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Terza)


ha pronunciato la presente


SENTENZA


 

Sul ricorso numero di registro generale 2591 del 1997, proposto da:
Job Daniela, rappresentata e difesa dagli avv. Catia Pratini, Mario P. Chiti, Antonella Vergine, con domicilio eletto presso Mario Pilade Chiti in Firenze, via Lorenzo il Magnifico n. 83;


contro


Comune di Firenze, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Annalisa Minucci, Marco Selvaggi, con domicilio eletto presso Marco Selvaggi in Firenze, c/o Ufficio Legale Comunale;

e con l'intervento di

ad opponendum:
Casini Andrea, Rosselli Angela, Barbugli Dina, Mattioli Mirna, Casati Elisabetta, Peroni Maria Grazia, Ribechini Roberta, Fantini Angela, Miccinesi Giovanni, rappresentati e difesi dagli avv. Paolo Piemontese, Francesco Vallini, con domicilio eletto presso Paolo Piemontese in Firenze, via del Parione 13;

per l'annullamento

dell'ordinanza della Direzione ambiente - Servizio verde pubblico, n. 3103 del 28.4.1997 (prot. n. 881/SP), a firma (per il Sindaco) dell'Assessore all'ambiente - notificata alla ricorrente in data 5.5.1997 - , nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguente, ancorché incognito.


Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Firenze;
Visto l’atto di intervento ad opponendum degli intervenienti nominati in epigrafe;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 marzo 2010 il dott. Silvia La Guardia e uditi per le parti i difensori G. Angotti delegato da M.P.Chiti , A. Minucci e F. Vallini.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO
 

La ricorrente agisce, con atto notificato l’1.07.1997, per l’annullamento dell’ordinanza in epigrafe che le impone la potatura delle piante di alloro e dei 30 cipressi messi a dimora nel terreno di sua proprietà in via Desiderio da Settignano n. 7, onde non precludere alla vista il panorama; potatura che porti gli alberi a svilupparsi in forma di siepe, in modo da non superare in altezza l’attuale recinzione in filo metallico a maglia sciolta.

Ella deduce: 1) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1, n. 4), della legge n. 1497/1939 ed eccesso di potere per sviamento lamentando la genericità del richiamo ad un non meglio specificato “spirito di salvaguardia” dei punti di vista panoramici di cui alla legge n. 1497/39, sintomatica dell’inapplicabilità al caso in argomento della predetta legge, che tutela non tanto le bellezze panoramiche latamente intese ma i “punti di vista o di belvedere” che siano “accessibili al pubblico” e che siano inclusi in appositi elenchi compilati provincia per provincia e non arbitrariamente qualificati come tali dalla amministrazione; 2) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6 del regolamento comunale per la tutela del patrimonio arboreo approvato con delibera C.C. n. 380/342 del 13.05.1991 e dell’art. 2 del disciplinare attuativo per la tutela del patrimonio arboreo approvato con delibera C.C. n. 5615/1898 del 20.12.1991, contraddittorietà della motivazione, eccesso di potere per sviamento sotto altro profilo, lamentando che la messa a dimora delle piante in questione a sostituzione di piante tradizionalmente presenti nel terreno e nella zona non costituisce alterazione dell’ambiente ma una fisiologica prosecuzione e che la c.d. “capitozzatura” di piante quali i cipressi è, secondo detto regolamento, “di norma da evitare”, andando contro il carattere stesso della pianta e rendendola vulnerabile all’attacco di particolari malattie tipiche della specie; la ricorrente soggiunge, quanto all’aspetto panoramico, che in prossimità del suo immobile è visibile un solo particolare punto del centro di Firenze e le piante non siano in grado di condizionare ulteriormente la già parziale visione; che, al contrario, la vista completa del capoluogo è ampiamente godibile a soli 150 metri di distanza dalla sua abitazione; che, infine, l’altezza (m. 1,80)della recinzione, a filo della quale dovrebbero mantenersi le piante, è comunque tale da precludere la vista a quanti si trovassero sul piano stradale a ridosso delle piante.

Resiste il Comune di Firenze.

Con atto notificato il 20.09.2000 gli intervenienti ad opponendum nominati in epigrafe chiedono la reiezione del ricorso.

Le parti hanno dimesso memorie.

Il ricorso è stato posto in decisione all’udienza del 25.03.2010.


DIRITTO


E’ in discussione l’ordine rivolto dal Comune di Firenze alla ricorrente di potatura di piante di alloro e di trenta cipressi messi a dimora lungo la via Desiderio da Settignano, a costituire una barriera verde, allo scopo di non precludere alla vista il panorama dalla via pubblica verso la città; ordine il cui fondamento è ricondotto allo “spirito di salvaguardia dei punti di vista panoramici ai sensi della Legge n. 1497/1939” e che impone la riconduzione delle piante in forma di siepe, non più alta della attuale recinzione in filo metallico a maglia sciolta.

La motivazione del provvedimento è assai sintetica e non puntualizza la specifica norma della legge n. 1497/39 della quale si è inteso far applicazione; tuttavia il richiamo alla salvaguardia dei punti di vista panoramici indica con chiarezza ed univocità l’oggetto della tutela perseguita con l’atto e consente un’agevole individuazione della norma presa a riferimento (della quale, non a caso, la ricorrente deduce la violazione), ossia l’art. 1 della legge predetta, il quale al punto 4) tutela le bellezze panoramiche considerate come quadri naturali e così pure quei punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di queste bellezze.

Contrariamente all’avviso della ricorrente, la quale, nella sostanza, obietta che il punto di vista in questione, ossia il tratto di strada lungo il quale ha messo a dimora gli alberi, non è “notificato”, il Collegio non ritiene detta norma inapplicabile al caso di specie, tenuto conto che il regolamento per l’applicazione della legge n. 1497/39 approvato con R.D. n. 1357/1940 specifica che sono bellezze panoramiche da proteggere quelle che si possono godere da un punto di vista o belvedere accessibile al pubblico, nel qual caso sono da proteggere l’uno e le altre, e che la zona è stata assoggettata al vincolo di tutela paesaggistica col D.M. 5.11.1951 di dichiarazione di notevole interesse pubblico delle colline fiesolane, nell’ambito dei comuni di Firenze e Fiesole.

Né rilevano le riferite circostanze che nelle vicinanze si trovi un altro punto di vista panoramico, non escludendo tale presenza il ricorrere di un interesse pubblico a preservare altre visuali, e che la visione del centro di Firenze in prossimità dell’immobile della ricorrente sia solo parziale, non essendo contestato che, come riferito dal Comune, il tratto di strada in questione costituiva un accessibile punto panoramico di Settignano dal quale, prima della modifica dello stato dei luoghi, era possibile godere la vista oltreché del nucleo storico della frazione e delle colline circostanti, anche e soprattutto di bellezze architettoniche di Firenze, ivi compresa la cupola del Brunelleschi.

La ricorrente sostiene che lo “spirito di salvaguardia” evocato dal Comune potrebbe trovare applicazione solo con riguardo alle opere di natura edilizia, che implicano una sensibile e permanente alterazione di beni di valore paesaggistico tutelati ma non in riferimento alla messa a dimora di alberi, operazione che, del resto, ella aveva effettuato con l’intento di migliorare l’aspetto ambientale della zona, scegliendo piante tipiche del paesaggio toscano. L’obiezione non persuade, in quanto l’aspetto rilevante è costituito dall’incidenza dell’intervento concretamente posto in essere sul valore tutelato; se quindi la messa a dimora di piante autoctone è nella gran parte dei casi insuscettibile di pregiudicare un paesaggio nel quale fisiologicamente si inseriscono, nel caso in cui determini, come nella specie - nella quale, come evidenziato dalla documentazione fotografica, è stata realizzata una lunga, elevata e fitta barriera di sempreverdi - l’occultamento totale di un punto di vista panoramico accessibile al pubblico, sussistono quei presupposti di sensibile e non meramente temporanea alterazione di un valore tutelato che possono giustificare, nell’ambito dell’esercizio di poteri di natura tecnico-discrezionale, non sindacabili nel merito in questa sede, interventi volti al ripristino della fruibilità del punto di vista dal quale si gode lo spettacolo delle bellezze panoramiche.

La ricorrente evidenzia, inoltre, che la messa a dimora di nuovi alberi tendeva al ripristino dell’originario stato dei luoghi; ella, infatti, riferisce nel ricorso che, lungo la via, la proprietà era “sempre stata perimetrata da siepi di alloro e leccio che, a causa delle gelate del 1985, erano in parte morte”; al riguardo si osserva che il provvedimento impugnato prescrive appunto di mantenere un assetto a siepe delle piante, e l’individuazione della relativa altezza con riferimento a quella della attuale recinzione in rete metallica appare volto al contemperamento, per quanto possibile, tra l’interesse della ricorrente a mantenere la barriera verde di isolamento della sua proprietà ed il prioritario interesse ad evitare il totale occultamento dello scorcio panoramico; altezza che non pare porsi, come afferma la ricorrente segnalando che la recinzione è alta m. 1,80, in contraddizione con l’obiettivo perseguito, considerato che, come si rileva da fotografie dimesse, la strada è in leggera pendenza e che trattasi dell’indicazione della altezza massima corrispondente al momento di maggior crescita delle piante, nell’alternarsi di crescita e potatura che caratterizza il mantenimento a siepe di essenze per loro natura a medio od alto fusto.

Neppure si riscontra la violazione degli artt. 6 del regolamento comunale per la tutela del patrimonio arboreo e 2 del relativo disciplinare attuativo, richiamati come “visti” nel provvedimento, tenuto conto che, per quanto le c.d. capitozzature siano indicate come di norma da evitare, esse non sono escluse e detta previsione va coordinata con la regola che l’impianto di nuove essenze deve conformarsi alle esigenze dettate dall’ambiente urbano di destinazione; non risulta, quindi, in contrasto con l’art. 6 cit. l’imposizione della potatura, quale soluzione tecnica funzionale a rendere compatibile con la tutela del punto di vista panoramico la permanenza delle piante; l’art. 2 del disciplinare contempla il controllo del Comune anche sul patrimonio arboreo privato, onde il richiamo ad esso non appare inconferente.

Il ricorso va, in conclusione, respinto.

Le spese, nei confronti del Comune, seguono la soccombenza mentre possono essere compensate, atteso il relativo ruolo, nei confronti degli intervenienti.
 

P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.

Condanna la ricorrente a rifondere al Comune le spese del giudizio che liquida in euro 3000 (comprensivi di onorari) oltre i.v.a. e c.p.a.

Compensa le spese nei confronti degli intervenienti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 25 marzo 2010 con l'intervento dei Magistrati:

Angela Radesi, Presidente
Silvia La Guardia, Consigliere, Estensore
Gianluca Bellucci, Consigliere

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/10/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO

 


 



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