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1974-9562
T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 12 aprile 2010, n. 953
INQUINAMENTO ATMOSFERICO - Canne fumarie - Obbligo di scarico a tetto -
Deroga - Presupposti - Art. 5, c. 9 D.P.R. n. 412/93. Ai fini
dell’integrazione dei presupposti per la deroga all’obbligo di scarico a tetto -
prevista dall’art. 5 co. 9., del D.P.R. n. 412/93, non è sufficiente l’obiettiva
mancanza di camini, canne fumarie o sistemi di evacuazione con sbocco sopra il
tetto funzionali ed idonei, o comunque adeguabili: a tale mancanza è attribuito
valore nell’ambito esclusivo di situazioni tipicizzate (singole ristrutturazioni
di impianti termici individuali già esistenti, siti in stabili plurifamiliari;
nuove installazioni di impianti termici individuali in edificio assoggettato
dalla legislazione nazionale o regionale vigente a categorie di intervento di
tipo conservativo, precedentemente mai dotato di alcun tipo di impianto
termico). L’impossibilità tecnica di portare gli scarichi oltre la copertura
degli edifici, pertanto, non giustifica di per sé l’applicazione della deroga,
insuscettibile di interpretazione estensiva o analogica al di fuori dei casi
contemplati dall’art. 5 co. 9. Pres. Nicolosi, Est. Grauso - P.P. (avv. Bracco)
c. Azienda sanitaria di Firenze (avv.ti Molesti e Ciardetti) e Comune di Firenze
(avv.ti Pacini e Visciola). TAR TOSCANA, Sez. II - 12 aprile 2010, n. 953
INQUINAMENTO ATMOSFERICO - Canne fumarie - Accertata difformità - Comune -
Esercizio dei poteri di cui all’art. 33 della L. n. 10/91 - Ordine di
adeguamento dell’impianto - Precedente valutazione di conformità proveniente dal
medesimo comune - Irrilevanza - Potere di autotutela - Verifica della
rispondenza dell’impianto alla normativa vigente - Attività vincolata.
L’accertata difformità dell’impianto a servizio dell’immobile dalle prescrizioni
in materia di progettazione ed installazione stabilite dal D.P.R. n. 412/93, in
attuazione dell’art. 4 della legge n. 10/91, autorizza l’esercizio dei poteri
riconosciuti all’amministrazione dall’art. 33 della medesima legge ed, in
particolare, l’adozione dell’ordine di adeguamento dell’impianto, senza che in
contrario rilevino le eventuali precedenti valutazioni di conformità provenienti
dallo stesso Comune. Che la medesima situazione possa costituire oggetto di
valutazioni differenti rappresenta infatti un portato del potere di autotutela
di cui la pubblica amministrazione dispone e che, in materia, si esplica non
soltanto attraverso gli strumenti discrezionali di carattere generale, ma anche
e soprattutto attraverso quel controllo di conformità che, secondo il quarto
comma dell’art. 33 dianzi citato, forma oggetto di un’attività sostanzialmente
vincolata di verifica della rispondenza dell’impianto sia alle previsioni di
progetto che alla normativa vigente. Pres. Nicolosi, Est. Grauso - P.P. (avv.
Bracco) c. Azienda sanitaria di Firenze (avv.ti Molesti e Ciardetti) e Comune di
Firenze (avv.ti Pacini e Visciola). TAR TOSCANA, Sez. II - 12 aprile 2010, n.
953
INQUINAMENTO ATMOSFERICO - Impianti termici - Potere di verifica e controllo
di conformità - Attività vincolata - Affidamenti suscettibili di tutela -
Inconfigurabilità. I poteri di verifica e controllo di conformità degli
impianti termici, disciplinati dall’art. 33 co. 4 della legge n. 10/91, formano
oggetto di un’attività sostanzialmente vincolata, a fronte della quale non sono
configurabili affidamenti suscettibili di tutela. Pres. Nicolosi, Est. Grauso -
P.P. (avv. Bracco) c. Azienda sanitaria di Firenze (avv.ti Molesti e Ciardetti)
e Comune di Firenze (avv.ti Pacini e Visciola). TAR TOSCANA, Sez. II - 12
aprile 2010, n. 953
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 00953/2010 REG.SEN.
N. 00559/2008 REG.RIC.
N. 01667/2008 REG.RIC.
N. 00951/2009 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 559 del 2008, proposto da:
Picci Paola, rappresentata e difesa dall'avv. Lorenzo Bracco, presso il cui
studio è elettivamente domiciliata in Firenze, via Cavour 32;
contro
Azienda Sanitaria di Firenze, in persona del Direttore generale pro tempore,
rappresentata e difesa dagli avv.ti Liliana Molesti e Maria Antonietta
Ciardetti, con domicilio eletto presso l’Ufficio legale della medesima Azienda
in Firenze, piazza S. Maria Nuova 1;
Comune di Firenze, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso
dagli avv.ti Debora Pacini e Claudio Visciola, ed elettivamente domiciliato
presso l’Ufficio legale comunale in Firenze, piazza della Signoria 1;
nei confronti di
Ciano Elena, rappresentata e difesa dall'avv. Giuseppe Morbidelli, presso il cui
studio è elettivamente domiciliata in Firenze, via Lamarmora 14;
Sul ricorso numero di registro generale 1667 del 2008, proposto da:
Paola Picci, rappresentata e difesa dall'avv. Lorenzo Bracco, presso il cui
studio è elettivamente domiciliata in Firenze, via Cavour 32;
contro
Comune di Firenze, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso
dagli avv.ti Debora Pacini e Claudio Visciola, ed elettivamente domiciliato
presso l’Ufficio legale comunale in Firenze, piazza della Signoria 1;
Azienda Sanitaria Firenze;
nei confronti di
Elena Ciano, rappresentata e difesa dall'avv. Giuseppe Morbidelli, presso il cui
studio è elettivamente domiciliata in Firenze, via Lamarmora 14;
Sul ricorso numero di registro generale 951 del 2009, proposto da:
Paola Picci, rappresentata e difesa dall'avv. Lorenzo Bracco, presso il cui
studio è elettivamente domiciliata in Firenze, via Cavour 32;
contro
Comune di Firenze, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso
dagli avv.ti Debora Pacini e Claudio Visciola, ed elettivamente domiciliato
presso l’Ufficio legale comunale in Firenze, piazza della Signoria 1;
nei confronti di
Elena Ciano, rappresentata e difesa dall'avv. Giuseppe Morbidelli, presso il cui
studio è elettivamente domiciliata in Firenze, via Lamarmora 14;
Di Giorgi Campedelli Vittorio Luigi;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
quanto al ricorso n. 559 del 2008:
- del provvedimento 7 gennaio 2008 n. 1685 e del provvedimento 18 febbraio 2008
n. 21249 dell'Azienda Sanitaria di Firenze, U.F. Verifica Impianti e Macchine;
- della nota 17 luglio 2008, prot. 0088981, dell'Azienda Sanitaria di Firenze;
Con istanza di sospensione depositata il 24 ottobre 2008:
- dei due provvedimenti emessi dal Comune di Firenze, il primo, del 5 settembre
2008, per chiedere documentazione integrativa, e il secondo, del 9 ottobre 2008,
per ordinare il divieto d'uso di impianto termico.
Quanto al ricorso n. 1667 del 2008:
del provvedimento 9 ottobre 2008 n. 2008/DD/08687, nonché, per quanto occorrer
possa, della nota 17 luglio 2008 n. 0088981 e della comunicazione del 5
settembre 2008 n. 8069/AG029.
Quanto al ricorso n. 951 del 2009:
per l'annullamento del provvedimento 16 Marzo 2009 prot. n. 2316 /AG029 non
notificato alla ricorrente ma soltanto comunicato al sottoscritto difensore
mediante raccomandata spedita il 19 e ricevuta il 23 Marzo 2009, con il quale
l'Ing. Andrea Gonnelli, Dirigente della Direzione Ambiente, Servizio Energia e
Rischio Idraulico del Comune di Firenze, ha dichiarato conclusa la pratica
relativa all'impianto termico in via Solferino n. 18, Firenze, e, per quanto
possa occorrere,
- del relativo allegato(nota tecnica 11 Marzo 2009 a firma dell'Ing. Vittorio
Luigi Di Giorgi Campedelli).
Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Azienda Sanitaria di Firenze,
del Comune di Firenze e della controinteressata Ciano Elena;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 gennaio 2010 il dott. Pierpaolo
Grauso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso notificato il 15 marzo e depositato il 3 aprile 2008, iscritto al n.
559/08 R.G., Paola Picci, proprietaria di un appartamento posto al primo piano
della stabile di via Solferino 18, in Firenze, proponeva impugnazione – fondata
su quattro motivi in diritto e contenente domanda di risarcimento dei danni
subiti – avverso la nota del 7 gennaio 2008, mediante la quale la locale Azienda
Sanitaria l’aveva invitata a provvedere all’immediata rimozione dello scarico in
parete dell’impianto termico a servizio dell’appartamento predetto, in assenza
delle condizioni per la deroga all’obbligo di scaricare oltre il colmo del tetto
i prodotti della combustione, facendo riserva di adottare i provvedimenti
necessari alla salvaguardia dell’incolumità pubblica e privata. Il gravame era
indirizzato altresì contro la successiva nota del 18 febbraio, recante la
conferma della precedente statuizione circa la non concedibilità di deroghe
all’obbligo di scarico oltre il colmo del tetto.
Si costituivano, per resistere alle domande avversarie, l’amministrazione
procedente e la controinteressata Elena Ciano, proprietaria dell’appartamento
posto al piano attico del palazzo di via Solferino 18 ed autrice degli esposti
che avevano dato luogo all’intervento della A.S.L..
Con successivo ricorso, notificato il 15 e depositato il 18 ottobre 2008,
iscritto al n. 1667/08 R.G. , la Picci impugnava quindi il provvedimento del 9
ottobre 2008, con cui il Comune di Firenze le aveva fatto divieto di utilizzo
dell’impianto termico installato nell’appartamento in questione, perché non
conforme alle prescrizioni normative vigenti in materia di progettazione,
installazione, esercizio e manutenzione degli impianti termici degli edifici,
con particolare riferimento, ancora una volta, all’assenza delle condizioni per
lo scarico dei fumi a parete. Sulla scorta di sei motivi, la ricorrente
concludeva per l’annullamento dell’atto impugnato, previa sospensiva, nonché per
il risarcimento dei danni subiti.
Con decreto presidenziale del 20 ottobre 2008, veniva respinta l’istanza per il
rilascio di misure cautelari provvisorie inaudita altera parte, contestualmente
proposta dalla ricorrente; quindi, costituitisi in giudizio il Comune di Firenze
e la controinteressata Ciano, con ordinanza del successivo 30 ottobre il
collegio respingeva la domanda cautelare. Con separata ordinanza, in pari data,
veniva altresì respinta la domanda cautelare che la ricorrente aveva, frattanto,
formulato anche all’interno dell’originario ricorso n. 559/08.
Nelle more, con un terzo ricorso, notificato il 15 maggio e depositato l’11
giugno 2009, iscritto al n. 951/09 R.G., la Picci impugnava infine, chiedendone
l’annullamento, la nota dirigenziale del 16 marzo 2009, con cui il Comune di
Firenze le aveva trasmesso, dichiarando di condividerla e chiudendo perciò la
pratica, la relazione tecnica attestante la fattibilità dello scarico a tetto
dell’impianto termico dell’appartamento di via Solferino 18. Alla nuova domanda
resistevano, come in precedenza, sia il Comune di Firenze, sia la
controinteressata Ciano.
Le tre controversie venivano chiamate congiuntamente, e trattenute per la
decisione di merito, nella pubblica udienza dell’8 gennaio 2010, preceduta dal
deposito di documenti e memorie difensive.
DIRITTO
1. Con tre autonomi ricorsi Paola Picci si duole delle iniziative assunte nei
suoi riguardi dall’Azienda Sanitaria Locale di Firenze e dal Comune di Firenze
in ordine alla verifica di regolarità dell’impianto termico posto a servizio
dell’appartamento di sua proprietà, sito in Firenze alla via Solferino 18. In
particolare, le impugnazioni hanno quale oggetto principale: le note del 7
gennaio e del 18 febbraio 2008, con cui la A.S.L. ha invitato la ricorrente a
rimuovere lo scarico dei fumi dell’impianto, realizzato a parete, ritenendo
insussistenti i presupposti per derogare all’obbligo di effettuare lo scarico
oltre il colmo del tetto (ricorso n. 559/08 R.G.); il provvedimento comunale del
9 ottobre 2008, recante il divieto di utilizzare l’impianto termico in questione
sul medesimo presupposto dell’insussistenza delle condizioni per collocare a
parete lo scarico dei fumi (ricorso n. 1667/08 R.G.); la nota dirigenziale del
16 marzo 2009, con cui il Comune di Firenze ha trasmesso alla ricorrente,
dichiarando di condividerla e chiudendo perciò la pratica, la relazione tecnica
attestante la fattibilità dello scarico a tetto dell’impianto termico
dell’appartamento di via Solferino 18 (ricorso n. 951/09 R.G.).
1.1. In fatto, la ricorrente assume che la vicenda culminata con l’intervento
delle autorità amministrative sarebbe originata da un banale episodio, vale a
dire il suo rifiuto di esaudire la richiesta di demolire una canna fumaria
insistente nei pressi della terrazza dell’appartamento posto al secondo piano
dello stesso edificio di via Solferino 18, rivoltale da Elena Ciano, evocata in
giudizio nella veste di controinteressata, e proprietaria dell’appartamento
posto al piano attico dello stesso edificio (ma dimorante con la famiglia
nell’appartamento del secondo piano). Al rifiuto, motivato con l’appartenenza
del manufatto da demolire ad altro condomino, la Ciano avrebbe dato inizio ad
una serie di pressanti richieste agli organi della A.S.L., affinché fosse
sottoposto a controllo l’impianto termico fatto realizzare nell’unità della
ricorrente, e peraltro già dichiarato conforme alla vigente normativa dai
tecnici della Direzione Ambiente del Comune. Le verifiche della A.S.L., giunte
inaspettate ed all’esito di una procedura illegittimamente condotta, avrebbero
dato inizio alla sequenza di provvedimenti viziati, a causa dei quali la
ricorrente sostiene di aver del tutto perduto la possibilità di utilizzare
l’alloggio, che dall’ottobre del 2008 sarebbe divenuto inabitabile per la
mancanza del riscaldamento e dell’acqua calda.
1.2. Palesi ragioni di connessione oggettiva, e parzialmente soggettiva, rendono
opportuna la riunione dei procedimenti, onde consentirne la trattazione
congiunta.
2. Il gravame proposto con il più risalente dei ricorsi, quello iscritto al n.
559/08 R.G., è inammissibile, stante il carattere endoprocedimentale degli atti
impugnati. La nota dell’A.S.L. di Firenze in data 7 gennaio 2008, nell’invitare
la ricorrente alla rimozione dello scarico in parete dell’impianto termico posto
a servizio del suo appartamento, non contiene, a ben vedere, alcuna statuizione
immediatamente pregiudizievole, ed, anzi, fa espressa riserva della futura
adozione dei provvedimenti di competenza dell’Azienda; allo stesso modo, la
successiva nota del 18 febbraio, nel mentre ribadisce la ritenuta insussistenza
dei presupposti per accordare alla Picci la deroga all’obbligo di scarico
mediante sistemi di evacuazione dei fumi con sbocco sopra il tetto, sancito
dall’art. 5 co. 9 del D.P.R. n. 312/93, si risolve in una mera conferma
dell’atto precedente, della cui natura, pertanto, partecipa.
In mancanza di qualsiasi contenuto provvedimentale, nessun arresto lesivo è
configurabile a carico della Picci in dipendenza delle due note in esame, le
quali non possono dunque considerarsi suscettibili di autonoma impugnativa. Si
aggiunga peraltro che, come osservato dalle difese resistenti, la successiva
adozione, ad opera della A.S.L., di un esplicito atto propulsivo indirizzato al
Comune di Firenze (si veda la richiesta al Comune di emettere un ordine di
divieto di utilizzo dell’impianto termico in questione, datata 17 luglio 2008,
in atti) rende in ogni caso improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse
il ricorso, trattandosi di atto assunto a seguito di rinnovata istruttoria ed a
prescindere da ogni precedente iniziativa dell’Azienda Sanitaria.
3. Il ricorso iscritto al n. 1667/08 R.G. è rivolto nei confronti del
provvedimento comunale del 9 ottobre 2008, recante il divieto di utilizzo
dell’impianto termico a servizio dell’appartamento di via Solferino 18, di
proprietà della ricorrente Picci, motivato con riguardo all’assenza dei
presupposti per la deroga all’obbligo di scarico sul tetto dei fumi di
combustione. Contestualmente al divieto di utilizzo sono impugnati, quali atti
presupposti, la nota A.S.L. di Firenze del 17 luglio 2008, sopra menzionata, e
la comunicazione della Direzione ambiente del Comune di Firenze in data 5
settembre 2008, contenente la comunicazione di avvio del procedimento e l’invito
alla ricorrente (e al di lei tecnico) a rilasciare una formale dichiarazione
onde asseverare la presenza le condizioni per posizionare lo scarico dei fumi a
parete.
3.1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce come l’impianto da lei fatto
installare presso l’appartamento di via Solferino 18 sia stato oggetto di
ripetute verifiche ad opera del Comune di Firenze, tra il maggio del 2007 e il
maggio del 2008, senza mai dare adito a rilievi di sorta, neppure dopo gli
esposti della controinteressata Ciano. In questa situazione, sarebbe
inconcepibile la pretesa del Comune di vietare l’uso di quello stesso impianto,
a maggior ragione nel momento in cui autore del provvedimento di divieto è il
medesimo dirigente il quale, in passato, aveva rilasciato l’asseverazione di
conformità.
Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia poi la contraddittorietà insita
nella condotta dell’amministrazione, la quale nel provvedimento impugnato non
farebbe alcun cenno alle pregresse verifiche condotte sull’impianto. Per altro
verso lo stesso Comune, all’esito del sopralluogo eseguito il 22 ottobre 2007,
avrebbe attestato la impossibilità tecnica di realizzare la canna fumaria, da
cui l’inevitabile conclusione di dover consentire la deroga con lo scarico a
parete, a meno di non voler ammettere – data l’assenza di alternative
praticabili – la perpetuità del divieto d’uso così impartito. Infine, ad avviso
della Picci, la legge n. 10/91, invocata dal Comune, non prevedrebbe alcun
divieto di utilizzo degli impianti non a norma, ma unicamente l’assegnazione di
un termine per la regolarizzazione degli stessi, con contestuale onere di
indicazione, a carico dell’amministrazione, delle opere di adeguamento
necessarie.
Le censure sono infondate ed inammissibili nei sensi di seguito precisati.
3.1.1. L’art. 5 co. 9 del D.P.R. n. 412/93, non toccato dalla parziale
abrogazione disposta dall’art. 16 co. 2 del D.Lgs. n. 192/05, come sostituito
dall’art. 7 del D.Lgs. n. 311/06, stabilisce che gli impianti termici siti negli
edifici costituiti da più unità immobiliari devono essere collegati ad appositi
camini, canne fumarie o sistemi di evacuazione dei prodotti di combustione, con
sbocco sopra il tetto dell'edificio alla quota prescritta dalla regolamentazione
tecnica vigente, nei seguenti casi: nuove installazioni di impianti termici,
anche se al servizio delle singole unità immobiliari; ristrutturazioni di
impianti termici centralizzati; ristrutturazioni della totalità degli impianti
termici individuali appartenenti ad uno stesso edificio; trasformazioni da
impianto termico centralizzato a impianti individuali; impianti termici
individuali realizzati dai singoli previo distacco dall'impianto centralizzato.
In deroga a tale previsione di carattere generale, la stessa norma dispone che
la regola dello sbocco sopra il tetto dell’edificio possa non venire applicata,
per quanto qui interessa, nell’ipotesi di singole ristrutturazioni di impianti
termici individuali già esistenti, siti in stabili plurifamiliari, qualora nella
versione iniziale non dispongano già di camini, canne fumarie o sistemi di
evacuazione dei prodotti della combustione con sbocco sopra il tetto
dell'edificio, funzionali ed idonei o comunque adeguabili alla applicazione di
apparecchi con combustione asservita da ventilatore, ovvero di nuove
installazioni di impianti termici individuali in edificio assoggettato dalla
legislazione nazionale o regionale vigente a categorie di intervento di tipo
conservativo, precedentemente mai dotato di alcun tipo di impianto termico, a
condizione che non esista camino, canna fumaria o sistema di evacuazione fumi
funzionale ed idoneo, o comunque adeguabile allo scopo (in ambedue le ipotesi,
purché si adottino generatori di calore che, per i valori di emissioni nei
prodotti della combustione, appartengano alla classe meno inquinante prevista
dalla norma tecnica UNI EN 297).
Tanto premesso, la “Relazione tecnica di asseveramento” allegata al progetto
dell’impianto termico dell’appartamento di proprietà della ricorrente, a firma
del perito edile Andrea Borgioli, nell’attestare la sussistenza delle condizioni
per la deroga all’obbligo di collocare al di sopra del tetto gli scarichi dei
prodotti di combustione, fa riferimento alla conformazione e sistemazione dei
locali, nonché alla mancanza di cavedi o canne fumarie con sbocco sopra il
tetto, idonei o comunque adattabili allo scopo, e conclude nel senso che la
soluzione dello scarico a parete sarebbe quella “più idonea”, tenuto anche conto
che l’eventuale installazione della canna fumaria sulla terrazza a lastrico di
copertura determinerebbe un impatto negativo sotto il profilo estetico. È
tuttavia evidente, in disparte la questione circa la competenza del Borgioli ad
occuparsi della progettazione di impianti termici, come le circostanze addotte a
fondamento dell’asseverazione non valgano, in realtà, ad integrare alcuno dei
presupposti per la deroga all’obbligo di scarico a tetto di cui all’art. 5 co. 9
cit., il quale non si limita a richiedere che ricorra l’obiettiva mancanza di
camini, canne fumarie o sistemi di evacuazione con sbocco sopra il tetto
funzionali ed idonei, o comunque adeguabili, ma, come si è visto, attribuisce
valore a tale mancanza – qualificandola – nell’ambito esclusivo di situazioni
tipicizzate (singole ristrutturazioni di impianti termici individuali già
esistenti, siti in stabili plurifamiliari; nuove installazioni di impianti
termici individuali in edificio assoggettato dalla legislazione nazionale o
regionale vigente a categorie di intervento di tipo conservativo,
precedentemente mai dotato di alcun tipo di impianto termico), la cui
sussistenza non è comprovata nella fattispecie.
Si vuol dire che, ai fini della deroga, la norma non annette autonoma rilevanza
all’ipotetica impossibilità tecnica di portare gli scarichi oltre la copertura
dell’edificio, impossibilità sulla quale invece insistono sia la relazione
integrativa del 16 ottobre 2007 a firma del medesimo perito Borgioli (il quale,
peraltro, nella nota del 29 ottobre 2008, depositata in giudizio, formula
l’ipotesi di lavoro distinta dal n. 2, che sembra smentire la tesi della
radicale impossibilità), sia la relazione istruttoria interna allegata alla nota
della Direzione ambiente del Comune di Firenze in data 14 novembre 2007,
invocata dalla Picci in quanto attestante la conformità dell’impianto, ed in
seguito reiteratamente confermata dal medesimo ufficio. Né, per questo aspetto,
la deroga può ritenersi consentita dal Regolamento edilizio comunale, che in
materia di scarichi dei fumi degli impianti termici fa rinvio al D.P.R. n.
412/93; ovvero dalla circolare della Direzione ambiente del 1 aprile 2004, che a
sua volta rinvia alle soprastanti norme regolamentari statali e comunali per
l’individuazione dei casi di deroga all’obbligo di scarico sopra il tetto,
richiedendone la certificazione da parte del progettista incaricato; o, ancora,
dalla circolare c.d. “Nencioni”, la quale, nella parte in cui introduce fra i
motivi di “autoderoga” allo scarico sul tetto la impossibilità di realizzare la
canna fumaria su facciata principale, arbitrariamente effettua una sorta di
bilanciamento fra i diversi interessi tutelati dalle disposizioni normative che
vengono in considerazione nella fattispecie, ponendosi in diretto contrasto con
quelle di cui al D.P.R. n. 412/93, e dovendo perciò essere disapplicata.
3.1.2. Se, dunque, l’impossibilità tecnica di per sé non giustifica
l’applicazione della deroga, insuscettibile di interpretazione estensiva o
analogica al di fuori dei casi contemplati dall’art. 5 co. 9, l’accertata
difformità dell’impianto a servizio dell’immobile di proprietà della ricorrente
dalle prescrizioni in materia di progettazione ed installazione stabilite dal
D.P.R. n. 412/93, in attuazione dell’art. 4 della legge n. 10/91, autorizza
l’esercizio dei poteri riconosciuti all’amministrazione dall’art. 33 della
medesima legge ed, in particolare, l’adozione dell’ordine di adeguamento
dell’impianto, senza che in contrario rilevino le precedenti valutazioni di
conformità provenienti dallo stesso Comune di Firenze. Che la medesima
situazione possa costituire oggetto di valutazioni differenti rappresenta un
portato del potere di autotutela di cui la pubblica amministrazione dispone e
che, in materia, si esplica non soltanto attraverso gli strumenti discrezionali
di carattere generale, ma anche e soprattutto attraverso quel controllo di
conformità che, secondo il quarto comma dell’art. 33 dianzi citato, forma
oggetto di un’attività sostanzialmente vincolata di verifica della rispondenza
dell’impianto non tanto e non solo alle previsioni di progetto, quanto, in primo
luogo, alla normativa vigente (la disposizione parla espressamente di
adeguamento dell'edificio “alle caratteristiche previste dalla presente legge”).
Stante il carattere vincolato di tale attività, della quale il giudice
amministrativo conosce trattandosi di vincolo posto nel pubblico interesse, non
può che escludersi, conformemente ai principi generali in materia di attività
iniziate su denuncia dell’interessato, la configurabilità di affidamenti
meritevoli di tutela in capo ai proprietari di impianti non a norma, ancorché
l’affidamento possa essere stato ingenerato, come assume la ricorrente Picci,
dalla stessa amministrazione attraverso precedenti verifiche con esito positivo.
Del resto, l’esercizio della facoltà di riesaminare il proprio operato – per
definizione immanente ai poteri dell’amministrazione attiva, ed intervenuto
ampiamente entro il limite temporale di cinque anni dalla data di fine lavori
dichiarata dal committente, indicato dall’art. 8 co. 4 del D.Lgs. n. 192/05 –
nella specie non solo si giustifica, ma è reso doveroso dalle sollecitazioni
provenienti, per un verso, dalla controinteressata Ciano, soggetto privato
indiscutibilmente titolare di una posizione qualificata che trova esplicito
riconoscimento a livello normativo (l’art. 9 co. 7 del D.P.R. n. 412/93
stabilisce che, in caso di fabbricato in condominio, “ciascun condomino o
locatario può richiedere che, a cura delle Autorità competenti di cui all'art.
31 comma 3 della legge 9 gennaio 1991, n. 10 e a proprie spese, venga verificata
l'osservanza delle disposizioni del presente regolamento”, ivi comprese, quindi,
quelle attinenti alle caratteristiche dei sistemi di scarico dei fumi di
combustione); e, per l’altro, dalla A.S.L. fiorentina, soggetto pubblico
istituzionalmente munito di competenze generali in materia di vigilanza e
prevenzione igienico-sanitaria, nonché di attribuzioni specifiche in materia di
verifica di conformità degli impianti a servizio degli edifici adibiti ad uso
civile (art. 14 della legge n. 46/90, non abrogato dall’art. 3 co. 1 del D.L. n.
300/06, convertito in legge n. 17/07).
Dalla natura del potere esercitato discende, come corollario, che nessun
particolare onere motivazionale debba ritenersi gravare sulla P.A., in sede di
controllo degli impianti termici, se non quello di evidenziare le ragioni della
ritenuta difformità, onere ottemperato dal Comune di Firenze con modalità che
vanno esenti dalle critiche della ricorrente, i cui argomenti non consentono di
accedere – per i motivi esposti – alla tesi della derogabilità dell’obbligo di
collocare sul tetto lo scarico dei fumi (l’oggettiva insussistenza delle
condizioni per la deroga, e la conseguente non rispondenza a norma
dell’impianto, svuotano di consistenza, in particolare, quei vizi che nelle
proprie memorie la difesa della ricorrente qualifica negli eufemistici termini
di “sviamento”, ma che in definitiva si riducono all’insistenza usata dalla
controinteressata verso la A.S.L. e, soprattutto, verso la Direzione del Comune
competente per materia per affermare le proprie ragioni).
3.1.3. Si aggiunga per inciso che, dalla documentazione in atti, compresa quella
depositata in seno al ricorso n. 951/09 R.G., non sembra trovare conferma la
tesi secondo cui, in fatto, sarebbe obiettivamente impossibile ottemperare alle
prescrizioni normative sullo scarico dei fumi. Posto infatti che, come osservato
in sede cautelare, la maggiore difficoltà nella realizzazione delle opere non
equivale ad obiettiva impossibilità, al riguardo va ulteriormente chiarito che
il giudizio tecnico circa la realizzabilità dello scarico sul tetto deve
prescindere dalle scelte progettuali effettuate dalla ricorrente, nel senso di
non poter essere condizionato “a monte” da quelle scelte, in primo luogo quelle
relative al tipo di generatore di calore da utilizzare ed alla ubicazione del
generatore stesso: divengono pertanto irrilevanti le considerazioni tecniche
svolte dalla Picci in merito alla migliore funzionalità della caldaia Immergas
“Eolo” installata nell’appartamento di via Solferino.
Di contro, anche a non voler considerare il “progetto di massima” abbozzato
dall’ing. Di Giorgi Campedelli su incarico della controinteressata, si hanno le
soluzioni alternative formulate dal medesimo professionista nella nota del 15
novembre 2009, implicanti il posizionamento della caldaia in sede diversa da
quella attuale e non adeguatamente confutate dalle relazioni tecniche di parte
ricorrente. Fra queste, in particolare, la relazione a firma del perito Borgioli
del 26 novembre 2008, la quale perviene alla conclusione dell’inutilizzabilità
della canna fumaria esistente sulla parete interna del corpo principale (tratto
C – D) attraverso un’inversione logica, cioè argomentando dal fatto che la
caldaia si trova ubicata in altra parte dell’immobile; quanto invece alla
asserita impossibilità di installare la caldaia in prossimità dello scarico
esistente per la presenza delle porte e finestre interne all’appartamento,
sembra trattarsi piuttosto di una mera difficoltà materiale, e lo stesso vale
per l’ipotesi di collocare la caldaia in corrispondenza del vano cucina, o tra
le due finestre del terrazzo.
La questione della fattibilità tecnica, ma anche giuridica, dello scarico a
tetto non merita, peraltro, ulteriore approfondimento, alla luce delle ragioni
di diritto precedentemente esposte, le quali, escludendo il posizionamento a
parete, rendono pertanto superflua l’ammissione della richiesta C.T.U..
3.1.4. Si è accennato che, con il secondo motivo, la ricorrente denuncia
l’illegittimità del divieto di utilizzo dell’impianto, impartito dal Comune di
Firenze con il provvedimento impugnato.
Il collegio osserva che, ai sensi dell’art. 33 co. 4 della legge n. 10/91, in
caso di accertamento di difformità su opere terminate il sindaco ordina, a
carico del proprietario, le modifiche necessarie per adeguare l'edificio alle
caratteristiche previste dalla presente legge; il successivo art. 35 prevede
quindi che, con il provvedimento mediante il quale sono ordinate le modifiche
necessarie per l'adeguamento dell'edificio, deve essere fissato il termine per
la regolarizzazione, la cui inosservanza comporta la comunicazione al prefetto,
l'ulteriore irrogazione della sanzione amministrativa e l'esecuzione forzata
delle opere con spese a carico del proprietario. Nessuna delle disposizioni in
esame stabilisce, in effetti, che al riscontro della difformità dell’impianto
segua l’immediato divieto di utilizzo, il che non legittima, tuttavia, la
ricorrente a dolersi della mancata assegnazione di un termine per l’adeguamento:
esclusa la derogabilità dell’obbligo di portare gli scarichi sul tetto, dalla
caducazione del divieto di utilizzo non conseguirebbe, invero, alcun concreto
vantaggio alla Picci, la quale, per potersene servire, resterebbe comunque
tenuta a regolarizzare l’impianto; mentre un interesse (strumentale)
all’assegnazione, ora per allora, del termine per l’adeguamento potrebbe
ipotizzarsi al più laddove l’amministrazione avesse dato avvio all’esecuzione in
danno, il che non è.
3.2. Con il terzo motivo, la ricorrente deduce la violazione dell’art. 7 della
legge n. 241/90, sostenendo di non essere stata posta nelle condizioni di poter
adeguatamente partecipare al procedimento avviato dal Comune per l’adozione del
divieto d’uso dell’impianto.
Il motivo è infondato. Una volta acclarata la non conformità dell’impianto fatto
realizzare dalla Picci presso l’appartamento di via Solferino 18, dalla
violazione non potrebbe comunque farsi discendere la richiesta pronuncia di
annullamento, a ciò ostando la previsione di cui al secondo comma dell’art.
21-octies della legge n. 241/90: è infatti palese che il contenuto dispositivo
del provvedimento impugnato, data la situazione accertata dal Comune, non
avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
Ad ulteriore confutazione della censura, può poi aggiungersi che l’oggetto dei
rilievi sottesi all’avvio del procedimento era ben noto alla ricorrente, la
quale – per suo stesso riconoscimento – era stata destinataria della pregressa
corrispondenza fra la A.S.L. ed il Comune. Il riferimento è, specificamente,
alle note A.S.L. del 28 aprile e del 17 luglio 2008 (su cui infra), contenenti
rispettivamente la richiesta di ulteriori chiarimenti circa la natura
dell’impianto termico e la proposta di adozione del divieto di utilizzo
dell’impianto, conoscendo le quali la Picci già disponeva di elementi
sufficienti per interloquire nel procedimento avviato dal Comune, senza dover
attendere di avere accesso agli atti (in questa ottica, l’istanza di accesso
appare anzi strumentale).
3.3. Con il quarto motivo, la ricorrente torna a dolersi del fatto che il
Comune, unico titolare della potestà amministrativa in materia, nonostante i
precedenti, reiterati, accertamenti di conformità dell’impianto, ad un certo
momento abbia mutato indirizzo, risolvendosi ad assecondare l’iniziativa della
A.S.L. e, senza svolgere alcuna attività istruttoria autonoma, decidendo di
ignorare tutti i propri atti e pareri pregressi.
Neppure tale doglianza può trovare accoglimento. Si è detto che i poteri di
verifica e controllo di conformità degli impianti termici, disciplinati
dall’art. 33 co. 4 della legge n. 10/91, formano oggetto di un’attività
sostanzialmente vincolata, a fronte della quale non sono configurabili
affidamenti suscettibili di tutela. A maggior ragione in presenza delle
sollecitazioni provenienti dalla locale Azienda Sanitaria, il Comune di Firenze
non avrebbe dunque potuto esimersi dall’adottare l’ordine di adeguamento
dell’impianto, la cui difformità era del resto conclamata ed, emergendo per
tabulas sin dall’asseverazione allegata al progetto, non necessitava di
particolari accertamenti in via istruttoria (l’unico approfondimento
potenzialmente utile non ha prodotto esiti a causa del mancato riscontro, da
parte della ricorrente, all’invito – contenuto nella comunicazione di avvio del
procedimento del 5 settembre 2008 – a presentare una dichiarazione attestante la
preesistenza di un impianto termico individuale e, con essa, le condizioni per
la realizzazione dello scarico dei fumi a parete).
L’apparente contraddittorietà nella quale il Comune di Firenze sembra essere
incorso è, lo si ripete, l’inevitabile conseguenza del legittimo esercizio dei
poteri di controllo sanciti dalla legge, in assenza di margini di
discrezionalità. Ed è proprio l’illegittimità delle verifiche svolte in
precedenza dallo stesso Comune a far sì che le stesse, oltre a non poter fondare
alcuna aspettativa tutelabile in capo alla ricorrente, nemmeno possano
costituire valido indice rivelatore di un qualche vizio della funzione
amministrativa della quale si tratta (atti illegittimi, in altri termini, non
possono costituire parametro di confronto dal quale validamente inferire la
sussistenza di un eccesso di potere per contraddittorietà).
3.4. Con il quinto motivo, la ricorrente espone che, con lettera raccomandata
del 28 aprile 2008, gli stessi funzionari della A.S.L. fiorentina autori degli
atti oggetto della prima impugnativa giurisdizionale, avevano inteso ribadire la
correttezza delle proprie determinazioni, arrivando a prospettare l’emanazione
di sanzioni nei confronti suoi e dei suoi tecnici, ove non fosse stata
riconosciuta la non conformità dell’impianto. La successiva proposta, rivolta
dalla A.S.L. al Comune, di adottare il divieto di utilizzo dell’impianto
rappresenterebbe perciò il momento culminante di un’attività persecutoria,
condotta in violazione dei precetti di imparzialità e correttezza.
Al contrario di quanto adombrato dalla Picci, la raccomandata del 28 aprile 2008
non costituisce un’iniziativa dei funzionari della A.S.L. di Firenze assunta a
seguito della proposizione del primo ricorso dinanzi a questo tribunale, bensì
il riscontro alla comunicazione indirizzata alla A.S.L. dal Comune di Firenze in
data 28 marzo 2008 (erroneamente, la lettera della A.S.L. cita detta
comunicazione come risalente al 18 marzo 2008, ma il richiamo al numero di
protocollo consente di fugare qualsiasi dubbio circa l’oggetto della risposta),
con allegata la dichiarazione integrativa resa dal perito Bormioli il 17 marzo
2008 in ordine alla preesistenza di un impianto termico nell’unità immobiliare
di proprietà della ricorrente. Ed è proprio sulla base di tale dichiarazione,
obiettivamente incompleta quanto alle caratteristiche dell’impianto
preesistente, che si giustifica la richiesta della A.S.L. di ottenere una
ulteriore precisazione relativamente alla circostanza che si trattasse di
impianto “individuale”, giacché solo così si sarebbe potuta consentire la deroga
all’obbligo di scarico sul tetto. E non vedendosi chi, se non la ricorrente ed
il suo tecnico, avrebbero potuto rilasciare una dichiarazione siffatta, nessuna
violazione delle regole di imparzialità e correttezza è imputabile ai funzionari
della A.S.L., la cui condotta appare del tutto coerente con le iniziative
assunte in precedenza.
Lo stesso può dirsi della proposta, indirizzata dalla A.S.L. al Sindaco di
Firenze il 17 luglio 2008, di ordinare alla Picci il divieto di utilizzo
dell’impianto, la quale rappresenta l’ovvia e legittima conclusione delle
attività di prevenzione e verifica svolte dall’Azienda a fronte della conclamata
e non sanata difformità dell’impianto.
3.5. Il sesto motivo è diretto a far valere in via autonoma l’illegittimità
della già citata nota del 5 settembre 2008, contenente la richiesta di elementi
integrativi e la comunicazione di avvio del procedimento volto all’adozione del
divieto di utilizzo dell’impianto.
La censura è innanzitutto inammissibile, afferendo ad un atto endoprocedimentale
sprovvisto di qualsivoglia valenza lesiva. Essa è, in ogni caso, infondata, alla
luce delle medesime considerazioni precedentemente svolte circa la natura
dell’azione di controllo posta in essere dal Comune di Firenze, e la
legittimità/doverosità di tale azione.
4. Il ricorso iscritto al n. 951/09 R.G. ha per oggetto la missiva con cui il
titolare della Direzione ambiente del Comune di Firenze ha trasmesso al legale
dell’odierna ricorrente la relazione tecnica di fattibilità dello scarico a
tetto dell’impianto a servizio della proprietà Picci, elaborata all’esito di un
incontro fra le parti intervenuto il 12 febbraio 2009, e, contestualmente, ha
affermato di intendere conclusa la pratica.
Il gravame, come eccepito dalle difese resistenti, è inammissibile per difetto
di interesse. Ancora una volta l’atto impugnato ha una chiara matrice non
provvedimentale, ma va collocato nell’ambito del tentativo del Comune di
sollecitare – e non certo di imporre, non disponendo l’amministrazione di alcun
potere al riguardo – alle parti private della vicenda la ricerca di una
soluzione tecnica condivisa al problema degli scarichi dell’impianto termico
dell’appartamento di proprietà Picci. Tutt’al più alla missiva, oltretutto non
indirizzata all’interessata, può assegnarsi una connotazione meramente
confermativa delle determinazioni già assunte dal Comune ed oggetto delle
precedenti impugnazioni, nella parte in cui mostra di condividere le conclusioni
contenute nell’allegata relazione circa la possibilità di realizzare lo scarico
a tetto, restandone confermata, anche sotto tale profilo, l’assenza di capacità
lesiva autonoma.
5. In forza di tutto quanto precede, le domande di annullamento proposte dalla
ricorrente Picci con i tre ricorsi riuniti non possono trovare accoglimento.
Stessa sorte seguono le domande di risarcimento danni che accedono ai ricorsi nn.
559/08 e 1667/08 R.G..
La non linearità della vicenda procedimentale, complessivamente considerata,
rende opportuna l’integrale compensazione delle spese processuali.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, sezione II,
definitivamente pronunciando, riuniti i ricorsi, dichiara le impugnazioni
inammissibili ed infondate, per l’effetto respingendo tutte le domande proposte
dalla ricorrente Picci.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 8 gennaio 2010 con
l'intervento dei Magistrati:
Maurizio Nicolosi, Presidente
Ivo Correale, Primo Referendario
Pierpaolo Grauso, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12/04/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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