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T.A.R. UMBRIA, sez. I - 15 settembre 2010, n. 465


DIRITTO URBANISTICO - Permesso di costruire - Proroga - Rinnovo - Differenza - Disciplina applicabile. Diversamente dal caso della proroga, che si limita a prolungare la durata del rapporto amministrativo, accedendo all’originario permesso di costruire, il rinnovo costituisce autonomo titolo edilizio, soggetto al rispetto della normativa vigente al momento della sua adozione (tra le tante, Cons. Stato, Sez. V, 19 settembre 2008, n. 4528). Pres. Lignani, Est. Fantini - F.R. e altro (avv.ti Busiri Vici e Frenguelli) c. Comune di Umbertide (avv. Agea) - TAR UMBRIA, Sez. I - 15 settembre 2010, n. 465
 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

N. 00465/2010 REG.SEN.
N. 00184/2009 REG.RIC.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Umbria

(Sezione Prima)


ha pronunciato la presente


SENTENZA


Sul ricorso numero di registro generale 184 del 2009, proposto da:
Francesco Ristori e Maria Giuseppina Bico, rappresentati e difesi dagli avv.ti Mario Busiri Vici e Matteo Frenguelli, presso il primo dei quali sono elettivamente domiciliati in Perugia, via Cesarei, 4;


contro


Comune di Umbertide, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Raffaello Agea, presso il quale è elettivamente domiciliato in Perugia, via Bartolo, 10; Comune di Umbertide Sportello per l'Edilizia e le Attivita' Produttive, Commissione per la Qualita' Architettonica e per il Paesaggio;

per l'annullamento

1) del provvedimento prot. n. 1578 del 27 gennaio 2009 con il quale il responsabile dello Sportello Unico per l’Edilizia e le Attività Produttive del Comune di Umbertide imponeva agli stessi una serie di prescrizioni finalizzate al rilascio dei titoli abilitativi necessari alla prosecuzione dei lavori, in precedenza assentiti ai ricorrenti con permesso di costruire n. 196/04;

2) di ogni altro atto presupposto, inerente e/o consequenziale e, segnatamente, del parere della Commissione per la Qualità Architettonica e per il Paesaggio del Comune di Umbertide, emesso in occasione della seduta del 22 gennaio 2009 nella parte in cui si afferma la necessità di adottare, con riguardo ad opere già assentite con il detto permesso di costruire “tutte le soluzioni possibili per mitigare e minimizzare l’inserimento del manufatto (recinzione) nell’ambiente circostante”, e della nota prot. n. 4753 del 18 marzo 2009.


Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Umbertide;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 aprile 2010 il Cons. Stefano Fantini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO


I ricorrenti, proprietari di terreni siti nel Comune di Umbertide, località Santa Giuliana, Palazzetto Nese (catastalmente distinti al foglio 169, particella 17), sui quali insiste un fabbricato rurale ed un annesso, premettono di avere richiesto, con istanza dell’8 luglio 2004, il rilascio del permesso di costruire, comprendente autorizzazione paesaggistica, al fine di procedere alla ristrutturazione degli immobili adibiti ad agriturismo.

Espongono che detta istanza è stata accolta con permesso di costruire ed autorizzazione paesaggistica in data 5 ottobre 2004, prescrivente che i lavori dovevano essere iniziati entro un anno ed ultimati entro quattro anni, salva la possibilità di chiedere una proroga di altri due anni, previo pagamento del contributo di costruzione per le parti non ancora eseguite.

Rappresentano di avere chiesto la proroga biennale del termine per la fine dei lavori con istanza in data 1 ottobre 2008, cui faceva riscontro la nota prot. n. 16713 in data 14 ottobre 2008 del responsabile dello Sportello Unico per l’Edilizia e le Attività produttive del Comune richiedente una “relazione illustrativa dettagliata sulle opere ancora da realizzare”.

I ricorrenti, con nota del successivo 18 ottobre 2008, precisavano che i lavori ancora da realizzare consistevano nell’esecuzione di parte del muro di confine a nord della proprietà e nel recupero dell’adiacente locale forno da adibire a lavanderia, già autorizzati con permesso n. 196/2004.

L’Amministrazione, con nota del 21 ottobre 2008, comunicava di non poter concedere la proroga del termine richiesto, sottolineando la necessità di acquisire la progettazione esecutiva della recinzione ed allegando il testo dell’art. 83 delle N.T.A. del P.R.G. parte strutturale, che regolamenta la realizzazione delle recinzioni in ambito extraurbano, approvate con delibera consiliare n. 32 del 22 maggio 2008; quindi, il successivo 22 ottobre, personale dell’Amministrazione eseguiva un sopralluogo, all’esito del quale veniva adottata l’ordinanza n. 2055 del 28 ottobre, disponente la sospensione dei lavori.

Dopo avere consegnato un ulteriore elaborato progettuale, con missiva dell’1 dicembre 2008, i ricorrenti sollecitavano l’adozione del provvedimento di proroga del titolo edificatorio.

Precisano come con nota prot. n. 1578 del 27 gennaio 2009 il Comune di Umbertide abbia imposto una serie di gravose prescrizioni concernenti sia le opere non terminate, sia il muro di cinta, con la precisazione che sino alla produzione documentale richiesta la pratica sarebbe rimasta sospesa, ed i lavori non avrebbero potuto essere proseguiti.

A fronte della richiesta di dare riscontro alla istanza di proroga, con nota prot. n. 4753 del 18 marzo 2009 il responsabile dello Sportello per l’edilizia e le attività produttive precisava che per il completamento delle opere di ristrutturazione la proroga era stata rilasciata in data 7 novembre 2008 per mezzo della DIA n. 461/08, e che le opere non soggette a proroga riguardano la realizzazione della recinzione, il cui procedimento è in corso.

Avverso detti provvedimenti deducono i seguenti motivi di diritto :

1) Violazione dell’art. 16 della l.r. Umbria n. 1 del 2004, nonché dell’art. 15 del d.P.R. n. 380 del 2001; violazione dello ius aedificandi, violazione dell’art. 42 della Costituzione e degli artt. 832 e ss. del c.c.; eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto; sviamento dalla causa tipica dell’atto, macroscopica illegittimità.

L’Amministrazione ha frainteso le istanze dei ricorrenti, considerandole come dirette ad ottenere il nuovo titolo edificatorio per realizzare le opere che, al momento della scadenza del permesso di costruire, non erano state ancora effettuate, mentre, al contrario, i ricorrenti si sono limitati a chiedere la proroga del termine.

Ciò è dimostrato dal fatto che l’istanza risale all’1 ottobre 2008, e quindi a prima che giungesse a scadenza il termine per l’esecuzione delle opere imposto con il permesso di costruire n. 196/04. Nel corso degli incontri con il personale degli uffici comunali i ricorrenti hanno specificato che si trattava di istanza di proroga, e che i lavori non erano stati ultimati per ragioni indipendenti dalla loro volontà, dato che la pratica per ottenere il finanziamento pubblico dell’opera aveva avuto un iter più lungo del previsto; inoltre hanno consegnato all’Amministrazione una relazione tecnica e la progettazione esecutiva delle opere non ancora realizzate al momento della scadenza del termine per la fine dei lavori.

Con detta progettazione i ricorrenti si sono limitati a prevedere la realizzazione del tratto non ancora realizzato del muro di cinta, anziché solo in muratura, come previsto nel progetto originario, con lastre di ferro intervallate a porzioni di muratura. Non vi è dunque una variazione del progetto iniziale, fermo restando che dette modalità riguardano solamente il tratto di mura non ancora realizzato, pari a circa 18 metri.

L’Amministrazione, in definitiva, avrebbe dovuto limitarsi a prorogare il termine dei lavori, non qualificando le istanze in questione come “rinnovo e variante al permesso di costruire n. 196/04”.

La presentazione dell’istanza di proroga, ai sensi delle norme indicate in rubrica, ha l’effetto di impedire la decadenza del permesso di costruire, e preclude all’Amministrazione di imporre prescrizioni come se il permesso fosse scaduto.

In ogni caso, la decadenza di un titolo edificatorio non può mai ritenersi implicitamente intervenuta, ma deve essere, di contro, sempre esplicitamente dichiarata. Ciò non è accaduto nel caso di specie, e dunque una simile decadenza non può essere assunta come presupposto implicito del provvedimento gravato.

2) Difetto di motivazione; violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990; eccesso di potere per straripamento, macroscopica illogicità, sviamento, contrasto con precedenti determinazioni.

In ogni caso il provvedimento gravato ha imposto ai ricorrenti delle prescrizioni, miranti alla realizzazione di opere del tutto diverse non solo rispetto a quelle già autorizzate con il permesso di costruire, ma anche rispetto a quelle che gli stessi ricorrenti avevano rappresentato all’Amministrazione.

Le modalità realizzative del muro di cinta risultano del tutto diverse rispetto a quelle indicate dai ricorrenti e comportano la realizzazione di un’opera che non ha nulla a che vedere con quella originariamente assentita, imponendo, per l’effetto, la demolizione e ricostruzione del tratto di mura di cinta posto in opera prima che spirasse il termine.

Si è dunque avuta l’imposizione di opere diverse rispetto a quelle che gli stessi ricorrenti hanno diritto di realizzare essendosi limitati a chiedere la proroga dei termini per l’ultimazione dei lavori.

Si aggiunga che tali prescrizioni contrastano anche con il parere reso dalla Commissione comunale che ha previsto l’adozione di tutte le soluzioni utili a mitigare l’inserimento della recinzione nell’ambito circostante.

Si tratta, ancora, di prescrizioni illogiche; in particolare, la realizzazione del muro con lame verticali di ferro ha l’effetto di rendere possibile la realizzazione di una recinzione che non esclude l’accesso di terzi, né nasconde alla vista l’interno dell’agriturismo, non garantendo la riservatezza degli avventori.

Inoltre simili modalità realizzative impongono ai ricorrenti costi molto maggiori rispetto a quelli che avrebbero dovuto affrontare per realizzare la porzione di muro di cinta secondo le modalità originarie.

Incomprensibile è anche la prescrizione di una tettoia, piuttosto che del timpano, già assentito, a protezione della lavanderia, per di più sottoposta ad autorizzazione della Giunta comunale, essendo l’Amministrazione medio tempore divenuta proprietaria di terreni confinanti con quelli di proprietà della ricorrente.

Si è costituito in giudizio il Comune di Umbertide eccependo l’inammissibilità del ricorso in quanto avente ad oggetto atti meramente confermativi di precedenti provvedimenti non impugnati, e comunque la sua infondatezza nel merito.

All’udienza del 28 aprile 2010 la causa è stata trattenuta in decisione.


DIRITTO


1. - Deve essere anzitutto disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dall’Amministrazione resistente nell’assunto che gli atti gravati (e cioè il provvedimento prot. n. 1578 del 27 gennaio 2009, nonché la nota prot. n. 4753 del 18 marzo 2009) siano meramente confermativi di atti prcedentemente adottati, e non impugnati.

Ed infatti non è ravvisabile un’identità di contenuti tra il provvedimento del 27 gennaio 2009, contenente prescrizioni finalizzate al rilascio dei titoli abilitativi, ed i precedenti atti, richiamati dall’Amministrazione; in particolare, con la nota prot. n. 16713 del 14 ottobre 2008 viene richiesta, a fini istruttori, una relazione illustrativa dettagliata sulle opere ancora da realizzare, con la nota prot. n. 17136 del 21 ottobre 2008 si insiste sulla richiesta di acquisizione della necessaria progettazione esecutiva, mentre l’ordinanza n. 2055 del 28 ottobre 2008 dispone la sospensione dei lavori (di costruzione del muro di cinta) per l’asserita mancanza del permesso di costruire.

E’ pur vero che siffatti atti e provvedimenti denotano il convincimento, da parte dell’Amministrazione, dell’inesistenza di un titolo edilizio in capo ai ricorrenti, al pari del gravato provvedimento del 27 gennaio 2009, che pone prescrizioni progettuali per il rilascio di un nuovo permesso, ma tale elemento non consente di ravvisare gli estremi di un atto (meramente) confermativo, e (comunque) neppure di conferma propria, originanti, di regola, da un’istanza di riesame del privato e caratterizzati, entrambi, dalla reiterazione, seppure all’esito di differenti percorsi, del contenuto del precedente provvedimento (confermato).

2. - Procedendo alla disamina del ricorso, il primo motivo si incentra sull’asseritamnte erronea configurazione, da parte dell’Amministrazione, dell’istanza, presentata dai ricorrenti in data 1 ottobre 2008, come di rinnovo, anziché di proroga del permesso di costruire n. 196/2004.

La censura, complessivamente, non appare meritevole di positiva valutazione.

Ad avviso del Collegio, l’interpretazione dell’istanza dell’1 ottobre 2008 induce a ritenere che i ricorrenti, con la medesima, abbiano effettivamente inteso chiedere, al di là del nomen iuris utilizzato, la proroga del permesso di costruire; depongono in tale senso essenzialmente la circostanza che la stessa sia antecedente alla scadenza del titolo edilizio e che venga chiesto il differimento dell’efficacia temporale del provvedimento per un biennio, secondo quello che è il paradigma della proroga ai sensi dell’art. 16, comma 2, della l.r. n. 1 del 2004.

Sennonché i ricorrenti hanno omesso di indicare, nell’istanza in questione, “i fatti sopravvenuti estranei alla volontà del titolare del permesso”, che non hanno consentito il completamento dell’opera assentita nel termine legale dei quattro anni previsto dalla legge regionale, condizione costituente il presupposto della proroga, secondo quanto emerge chiaramente dal già richiamato art. 16 della l.r. n. 1 del 2004 ed anche dall’art. 15, comma 2, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (t.u. edilizia).

Nessun rilievo può assumere, non essendo la circostanza stata rappresentata nell’istanza, l’argomento difensivo, sfornito peraltro di ogni prova, secondo cui la ragione del mancato rispetto del termine consisterebbe nel ritardato conseguimento del finanziamento pubblico dell’opera; ed infatti la proroga del termine è consentita solo con provvedimento motivato, rispetto al quale è indispensabile un’istanza circostanziata, proprio per consentire all’Amministrazione di valutare la fondatezza e la rilevanza delle ragioni che la giustificano.

Appare conseguentemente legittima l’operazione interpretativa compiuta dall’Amministrazione che, per dare un senso all’istanza dell’1 ottobre 2008, l’ha intesa come domanda di nuovo permesso di costruire per le opere ancora da eseguire, in applicazione del più volte citato art. 16, comma 4, della l.r. n. 1 del 2004; del resto, nulla osta a che la domanda di rinnovo sia presentata prima della scadenza del precedente titolo edilizio.

Quanto, poi, alla mancata declaratoria dell’intervenuta decadenza del permesso di costruire, ritenuta dai ricorrenti presupposto implicito dei provvedimenti gravati, osserva il Collegio come il predetto art. 16, comma 2, ultimo periodo, precisa che «decorso il termine previsto per il completamento dell’opera, il permesso decade di diritto per la parte non eseguita»; trattandosi di atto vincolato, che interviene per il solo fatto del verificarsi del presupposto di legge, costituito dal mancato completamento dei lavori nel termine assegnato, la decadenza del titolo può realizzarsi in modo automatico, senza essere subordinata ad una necessaria dichiarazione con atto amministrativo (in termini T.A.R. Valle d’Aosta, 19 marzo 2009, n. 19).

3. - Con il secondo mezzo di gravame si allega poi l’illegittimità del provvedimento del 27 gennaio 2009 nella considerazione che ha imposto delle prescrizioni comportanti la realizzazione di opere del tutto diverse rispetto a quelle già assentite con il permesso di costruire, ed anche rispetto a quelle richieste dagli istanti in sede progettuale, irragionevoli e peraltro incidenti anche sul tratto di muro di cinta già eseguito (si pensi alla realizzazione di lame verticali intervallate da pilastri in muratura inserite sul sottostante muretto, in luogo di una muratura con l’inserimento di lastre di ferro).

Anche tale censura deve essere disattesa.

Tutte le condizioni e prescrizioni imposte con il provvedimento impugnato non appaiono irragionevoli, e sono compatibili con quanto ritenuto dalla Commissione per la Qualità Architettonica e per il Paesaggio del Comune di Umbertide, che, nella seduta del 22 gennaio 2009, «ha esaminato la pratica … valutandola favorevolmente; tenuto conto dei vincoli in cui l’opera ricade, sia per effetto del d.lgs. n. 42/04 e sia per effetto del nuovo P.R.G., ritiene inoltre che si dovranno adottare tutte le soluzioni possibili per mitigare e minimizzare l’inserimento del manufatto (recinzione) nell’ambiente circostante».

Profilo fondamentale, ai fini del decidere su tale censura, altrimenti inammissibilmente indirizzata verso prescrizioni non manifestamente illogiche, è se il nuovo (o rinnovato) permesso di costruire risulti insensibile al mutamento della disciplina urbanistica medio tempore intervenuta.

A questo proposito, va osservato che, secondo il costante indirizzo giurisprudenziale, diversamente dal caso della proroga, che si limita a prolungare la durata del rapporto amministrativo, accedendo all’originario permesso di costruire, il rinnovo costituisce autonomo titolo edilizio, soggetto al rispetto della normativa vigente al momento della sua adozione (tra le tante, Cons. Stato, Sez. V, 19 settembre 2008, n. 4528).

E dunque, nel caso di specie, trova applicazione, tra l’altro, il nuovo art. 83 delle N.T.A. del P.R.G. parte strutturale, concernente le recinzioni in ambito extraurbano; il sopravvenuto assetto normativo e la valutazione dell’interesse pubblico connesso anche all’incidenza dell’opera su di un’area vincolata giustificano le variazioni progettuali rispetto a quanto assentito con il precedente titolo edilizio.

4. - In conclusione, alla stregua di quanto precede, il ricorso deve essere respinto per l’infondatezza dei motivi dedotti.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Umbria respinge il ricorso.

Compensa tra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Perugia nella camera di consiglio del giorno 28 aprile 2010 con l'intervento dei Magistrati:

Pier Giorgio Lignani, Presidente
Carlo Luigi Cardoni, Consigliere
Stefano Fantini, Consigliere, Estensore

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/09/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO

 



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