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1974-9562
T.A.R. UMBRIA, sez. I - 15 settembre 2010, n. 499
INQUINAMENTO ACUSTICO - Sindaco - Contenimento o abbattimento delle emissioni
sonore - Poteri - Art. 54, cc. 2 e 3 d.lgs. n. 267/2000 - Art. 9 L. n. 447/1999.
Con riferimento alle esigenze di fronteggiare l’inquinamento acustico, il
sindaco è titolare: a) di un potere generale di ordinanza da esercitare, quale
ufficiale del governo, qualora sorga la necessità di provvedimenti contingibili
e urgenti, anche, tra l’altro, in materia di «sanità ed igiene», «al fine di
prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità dei cittadini»
(articolo 54, comma, 2, d.lgs. 267/2000 n. 267); b) di poteri di ordinanza con
contenuti e finalità specifiche. Si tratta del potere, attribuito dal comma 3,
del citato articolo 54, di modificare gli orari degli esercizi commerciali, dei
pubblici esercizi e dei servizi pubblici, nonché, d’intesa con i responsabili
territorialmente competenti delle amministrazioni interessate, gli orari di
apertura al pubblico degli uffici pubblici localizzati nel territorio «in casi
di emergenza, connessi con il traffico e/o con l’inquinamento atmosferico o
acustico, ovvero quando a causa di circostanze straordinarie si verifichino
particolari necessità dell’utenza». E soprattutto, di quello previsto
dall’articolo 9 della legge quadro sull’inquinamento acustico 447/1999, secondo
il quale il sindaco, qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità
di tutela della salute pubblica o dell’ambiente, può, con provvedimento
motivato, «ordinare il ricorso temporaneo a speciali forme di contenimento o di
abbattimento delle emissioni sonore, inclusa l’inibitoria parziale o totale di
determinate attività». Pres. Cardoni, Est. Ungari - P. s.r.l. (avv.ti De Matteis
e Zuccari) c. Sindaco del Comune di Trevi (Avv. Stato) e altro (n.c.) - TAR
UMBRIA, Sez . I - 22 ottobre 2010, n. 499
INQUINAMENTO ACUSTICO - Poteri di intervento dell’Amministrazione ex art. 844
c.c. - Insussistenza. La fattispecie codicistica di cui all’art. 844 c.c. ,
volta a dirimere mediante l’intervento del giudice conflitti tra proprietà
immobiliare ed impresa, non può fondare poteri di intervento
dell’Amministrazione (ma, al massimo, orientare l’esercizio di poteri attribuiti
da altre norme). Pres. Cardoni, Est. Ungari - P. s.r.l. (avv.ti De Matteis e
Zuccari) c. Sindaco del Comune di Trevi (Avv. Stato) e altro (n.c.) - TAR
UMBRIA, Sez . I - 22 ottobre 2010, n. 499
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 00499/2010 REG.SEN.
N. 00264/2008 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Umbria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 264 del 2008, proposto da:
Trinchese Alessia, rappresentata e difesa dall'avv. Fabio Catterini, con
domicilio eletto presso l’avv. Marco Baldassarri in Perugia, via Danzetta, 7;
contro
Comune di Perugia, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso
dagli avv.ti Mario Cartasegna e Luca Zetti, con i quali è elettivamente
domiciliato in Perugia, corso Vannucci 39, Ufficio Legale del Comune di Perugia;
nei confronti di
Cortona Simona, non costituita in giudizio;
per l'annullamento
dell’ordinanza di rimozione del 24.4.08, n. 19 riguardante una struttura in pali
di legno con copertura in materiale plastico realizzata senza permesso di
costruire, nonché una variazione di destinazione d’uso di un locale ripostiglio
senza denuncia di inizio attività (D.I.A.) sull’immobile sito in Perugia,
località Vestricciano, Strada Vestricciano-Genna n. 6, nonché di ogni altro atto
presupposto, connesso e/o consequenziale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Perugia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 ottobre 2010 il Cons. Stefano
Fantini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La ricorrente ha impugnato l’ordinanza n. 19 del 24 aprile 2008 con la quale il
Comune di Perugia ha disposto la rimozione, ai sensi degli artt. 6 e 9 della
l.r. Umbria n. 21 del 2004, di opere realizzate in assenza del prescritto titolo
edilizio sull’immobile sito in Perugia, località Vestricciano-Genna n. 6.
L’ordinanza concerne, in particolare, una struttura in legno ancorata alla
facciata principale dell’edificio (con lunghezza di m. 15 e larghezza di m. 4),
con copertura in materiale plastico, richiedente il permesso di costruire, ed il
mutamento di destinazione d’uso del locale ripostiglio in vano cucina con
realizzazone delle opere funzionali e la posa in opera dei tubi di areazione e
di scarico del gas, implicante denuncia di inizio attività.
Deduce a sostegno del ricorso i seguenti motivi di diritto :
1) Violazione degli artt. 7 e 10 della legge n. 241 del 1990; violazione
dell’art. 3, commi 2 e 3, della l.r. n. 21 del 2004.
L’ordine di rimozione è illegittimo, in quanto non preceduto dalla comunicazione
di avvio del relativo procedimento; inoltre la rimozione del pergolato è stata
disposta senza previo provvedimento di sospensione dei lavori. Il
contraddittorio nel caso di specie appariva tanto più necessario perché i fatti
che costituiscono il presupposto dell’atto impugnato sono contestati, e quindi
la loro conoscenza, specie con riguardo all’individuazione e qualificazione del
pergolato, avrebbe potuto portare all’adozione di un diverso provvedimento da
parte dell’Amministrazione.
2) Violazione dell’art. 3, all. A, del regolamento edilizio del Comune di
Perugia; violazione dell’art. 3, comma 1, della legge n. 241 del 1990; eccesso
di potere, difetto di istruttoria, carenza e/o illogicità della motivazione,
travisamento ed erronea valutazone dei fatti, contraddittorietà tra più atti
successivi.
Con riguardo all’ordine di demolizione del pergolato, il provvedimento è
illegittimo per violazione dell’art. 3 all. A del regolamento edilizio del
Comune, in base al quale i pergolati costituiscono opere libere. La norma
ammette infatti la posa in opera di pergolati od analoghi, in legno o metallo,
con rampicanti o velari.
Nel caso di specie si è al cospetto di una struttura semplice in legno, senza
pareti chiuse od opere murarie, su cui è apposto un telo o velario in PVC.
Il travisamento dei fatti consiste dunque nella qualifica attribuita alla tenda,
in termini di “copertura in plastica”, come ad equipararla ad un tetto. Peraltro
detto velario, che il provvedimento qualifica come saldamente ancorato alle
pareti dell’edificio e della struttura, è invece collegato solamente alla
struttura lignea (e non anche alle pareti dell’edificio) mediante semplici viti.
L’art. 3, all. A, del regolamento edilizio sancisce l’indifferenza del materiale
utilizzato per le tende o velari, come pure l’irrilevanza del fatto che siano
fisse o mobili; ne consegue l’impossibilità di ammettere le sole tende mobili o
retrattili.
In subordine, l’atto appare anche viziato da illogicità e contraddittorietà
rispetto agli atti istruttori e/o determinazioni precedenti, imponendo la
rimozione dell’intero pergolato, anziché della sola tenda, mentre in precedenza
(come risulta dal primo sopralluogo e dalla nota del 3 luglio 2007)
l’Amministrazione aveva ritenuto il pergolato come opera libera ex art. 3 all. A
del regolamento edilizio.
3) In relazione all’ordine di ripristino dell’uso del locale ripostiglio con
rimozione delle tubature, identificate come opere eseguite in assenza di
dichiarazione di inizio attività, la ricorrente ha già provveduto al ripristino
del primitivo uso del locale mediante lo smontaggio della cucina ben prima della
notifica dell’ordinanza.
In ogni caso, giova precisare che ai sensi dell’art. 33, comma 7, della l.r. n.
1 del 2004, dal punto di vista edilizio ed urbanistico, non costituisce
mutamento d’uso ed è attuabile liberamente il cambio d’uso entro il limite del
30% della superficie utile dell’unità immobiliare, e comunque sino a 30 mq.; nel
caso di specie il locale è di circa 4-5 mq., e quindi rientra ampiamente nella
norma.
Si è costituito in giudizio il Comune di Perugia chiedendo la reiezione del
ricorso; con successiva memoria ha eccepito il sopravvenuto difetto di interesse
limitatamente agli impianti tecnologici realizzati nel locale adibito a cucina,
essendo gli stessi stati regolarizzati con denuncia di inizio di attività del 7
agosto 2008.
All’udienza del 6 ottobre 2010 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. - Occorre anzitutto premettere che la materia del contendere riguarda
l’ordine di rimozione del pergolato in legno e della copertura in PVC, atteso
che sulle opere di mutamento della destinazione d’uso del locale ripostiglio in
vano cucina e sulla realizzazione delle opere impiantistiche a ciò funzionali,
oggetto del secondo punto dell’ordinanza gravata, è sopravvenuto il difetto di
interesse, sia per la presentazione, in data 7 agosto 2009, della D.I.A. per
l’installazione della caldaia nel locale ripostiglio, sia in ragione del
ripristino dell’uso originario del locale (a ripostiglio).
Non vi è dunque titolo ad esaminare il terzo motivo di ricorso, che, altrimenti,
si tradurrebbe in una pronuncia di mero accertamento, non contemplata
dall’ordinamento processuale.
Non sembra invece che possa condividersi l’assunto del Comune resistente in
ordine all’improcedibilità relativa anche alla prima statuizione (di rimozione
del pergolato e della copertura) motivata nella considerazione della
sopravvenuta nota prot. n. 2010/0017347 in data 27 gennaio 2010 dell’Unità
Operativa Edilizia Privata-Sportello Unico, in quanto questa costituisce un mero
“parere di massima”, reso su istanza della ricorrente (al pari del successivo
atto prot. 2010/0068409 del 12 aprile 2010), non avente dunque contenuto
provvedimentale.
2. - Ciò posto, occorre anzitutto disattendere la prima censura, con cui si
deduce l’omessa comunicazione di avvio del procedimento che ha portato
all’adozione dell’ordinanza gravata.
Ed infatti, secondo il prevalente indirizzo giurisprudenziale, in caso di ordine
di demolizione delle opere abusive, non è necessaria la comunicazione di avvio
del procedimento ai sensi dell’art. 7 della legge generale sul procedimento
amministrativo; si tratta infatti di un atto dovuto e rigorosamente vincolato,
sicchè non sono richiesti apporti partecipativi del soggetto destinatario (tra
le tante, T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VII, 5 maggio 2010, n. 2667; T.A.R.
Campania, Napoli, Sez. III, 13 luglio 2010, n. 16683; T.A.R. Lombardia, Milano,
Sez. IV, 6 luglio 2010, n. 2778; T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. III, 14 gennaio
2010, n. 141).
Le stesse considerazioni svolte dalla ricorrente circa la portata dell’art. 3,
all. A, del regolamento edilizio ed il signifato da attribuire all’espressione
“velario” denotano, a tutto concedere, un problema interpretativo, e non
un’esigenza di chiarimento delle circostanze di fatto concernenti le opere
eseguite in assenza di idoneo titolo edilizio, peraltro fatte oggetto di
sopralluogo, con conseguente inutilità, anche nella prospettiva dell’art. 21
octies, comma 2, della legge n. 241 del 1990, di un contraddittorio
procedimentale.
3. - Con il secondo mezzo di gravame si deduce poi, con argomentazioni poste in
via gradata, la violazione dell’art. 3 dell’Allegato A) del regolamento edilizio
comunale, nell’assunto dell’illegittimità dell’ordine di demolizione del
pergolato, costituendo lo stesso opera libera, trattandosi di struttura semplice
in legno, priva di pareti chiuse od opere murarie, e coperta da un telo o
velario in PVC infisso alla struttura con viti.
La censura appare solamente in parte meritevole di positiva valutazione.
Giova muovere dalla disposizione regolamentare invocata, alla cui stregua
costituisce attività edilizia libera, tra l’altro, la realizzazione di
«strutture semplici, quali pergolati ed analoghi, in metallo o in legno di
limitata sezione, prive di opere murarie e di pareti chiuse, atte ad ombreggiare
con rampicanti o con velari spazi aperti di pertinenza di edifici esistenti
(quali giardini, cortili, balconi), come individuati catastalmente».
Può, come del resto riconosciuto dalla stessa Amministrazione comunale nei
propri scritti difensivi ed anche in sede amministrativa (si veda, in
particolare, la nota del 3 luglio 2007, indirizzata ai proprietari confinanti,
che diffidavano l’Amministrazione a concludere il procedimento di verifica degli
abusi edilizi asseritamente commessi dalla sig.ra Trinchese), qualificarsi come
attività edilizia “libera” (non richiedente, cioè, un titolo abilitativo) la
realizzazione del pergolato, inteso come struttura in legno, priva di opere
murarie, ed aperta sia lateralmente, che nella parte superiore.
L’abuso edilizio concerne invece la copertura, fissa e trasparente, in PVC.
Una siffatta copertura non appare infatti al Collegio riconducibile nell’ambito
della nozione di velario, idoneo ad ombreggiare spazi aperti di pertinenza di
edifici esistenti; il velario, che le fonti descrivono come steso
sull’anfiteatro per proteggere gli spettatori dal sole, anche etimologicamente,
richiama il concetto di velo, di tenda.
Rispetto a tale accezione di velario vi è una diversità strutturale e funzionale
della copertura in plastica, seppure di minimo spessore, e fissa, realizzata
dalla ricorrente, la quale viene a costituire una vera e propria tettoia,
richiedente, in quanto tale, il rilascio del prescritto titolo edilizio.
E’, d’altro canto, evidente come la copertura in PVC determini una
trasformazione dello stesso pergolato, che rimane tale sino a quando si
caratterizza come manufatto in struttura leggera di legno che funge da sostegno
per piante rampicanti o per teli, senza comportare un aumento di volumetria, e
senza determinare trasformazione edilizia ed urbanistica (in termini T.A.R.
Puglia, Lecce, Sez. III, 6 febbraio 2009, n. 222; Cons. Stato, Sez. IV, 2
ottobre 2008, n. 4793; Cons. Stato, Sez. V, 7 novembre 2005, n. 6193; T.A.R.
Toscana, Sez. III, 6 dicembre 2001, n. 1816).
Appare dunque legittima l’ordinanza gravata, nella parte in cui dispone la
rimozione della copertura in materiale plastico, realizzata in assenza di
permesso di costruire; sotto altro angolo prospettuale, la stessa
Amministrazione comunale ha dato atto che la rimozione della copertura
costituisce ottemperanza al provvedimento di rimozione dell’opera abusiva (cfr.
la già citata nota prot. n. 2010/0017347 del 27 gennaio 2010).
4. - Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere in parte dichiarato
improcedibile ed in parte accolto, nei limiti di cui alla presente motivazione,
con conseguente annullamento parziale del provvedimento impugnato, e
circoscrivendosi la portata della demolizione alla copertura del pergolato.
Sussistono giusti motivi, stante la reciproca soccombenza, per compensare tra le
parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Umbria (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie in parte, nei
limiti di cui in motivazione, con conseguente annullamento parziale del
provvedimento impugnato.
Compensa tra le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Perugia nella camera di consiglio del giorno 6 ottobre 2010 con
l'intervento dei magistrati:
Carlo Luigi Cardoni, Presidente FF
Pierfrancesco Ungari, Consigliere
Stefano Fantini, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 28/10/2010
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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