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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
T.A.R. VENETO, Sez. II - 23 aprile 2010, n. 1550
BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Autorizzazione paesaggistiche in sanatoria -
Illegittimità - Art. 146, c. 12 d.lgs. n. 42/2004 - Eccezioni - Ipotesi
tassative ex art. 167 - Procedura. L'art. 146 comma 12 - nella versione
modificata dall'entrata in vigore del d.lg. n. 157 del 2006 - prevede che non
possano più essere rilasciate autorizzazione paesaggistiche "in sanatoria",
ossia successive alla realizzazione, anche parziale, degli interventi, salvo le
ipotesi tassative volte a sanare "ex post" gli interventi abusivi di cui
all'art. 167. In tali casi deve essere instaurata un'apposita procedura ad
istanza della parte interessata che contempla l'accertamento della compatibilità
paesaggistica, demandato all'amministrazione preposta alla gestione del vincolo,
previa acquisizione del parere - non solo obbligatorio, ma vincolante - della
Soprintendenza (cfr., T.A.R. Lombardia Brescia, sez. I, 27 marzo 2009, n. 709).
Pres. De Zotti, Est. Bruno - M.G. (avv. Signor) c. Amministrazione per i Beni e
le Attività Culturali (Avv. Stato) e altro (n.c.) - TAR VENETO, Sez. II - 23
aprile 2010, n. 1550
BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Abusi edilizi in aree vincolate - Art. 181 d.lgs.
n. 42/2004 - Sanzione - Rinvio all’art. 44 del d.P.R. n. 380/2001 -
Interpretazione.
Il rinvio operato dall’art. 181 del d. lgs. n. 42 del 2004 al solo art. 44 del
D.P.R. n. 380 del 2001 si giustifica in relazione alla circostanza che esso è
operato al solo fine delle determinazione della sanzione penale non valendo
certo ad escludere l’irrogazione delle altre sanzioni correlate agli abusi
commessi e, in primis, di quella demolitoria che costituisce la regola nelle
ipotesi di interventi non compatibili con i valori paesaggistici tutelati. Pres.
De Zotti, Est. Bruno - M.G. (avv. Signor) c. Amministrazione per i Beni e le
Attività Culturali (Avv. Stato) e altro (n.c.) - TAR VENETO, Sez. II -23 aprile
2010, n. 1550
DIRITTO URBANISTICO - Adozione del provvedimento di demolizione - Natura - Atto
dovuto - Motivazione - Limiti - Interesse pubblico alla rimozione dell’abuso. In
materia urbanistica, il presupposto per l'adozione dell'ordine di demolizione di
opere edilizie abusive è soltanto la constatata esecuzione dell'opera in
difformità dalla concessione o in assenza della medesima, con la conseguenza che
tale provvedimento, ove ricorrano i predetti requisiti, è atto dovuto ed è
sufficientemente motivato con l'affermazione dell'accertata abusività
dell'opera, essendo "in re ipsa" l'interesse pubblico alla sua rimozione. Pres.
De Zotti, Est. Bruno - M.G. (avv. Signor) c. Amministrazione per i Beni e le
Attività Culturali (Avv. Stato) e altro (n.c.) - TAR VENETO, Sez. II -23 aprile
2010, n. 1550
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 01550/2010 REG.SEN.
N. 01507/2009 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 1507 del 2009, proposto da Martini
Giustina, rappresentato e difeso dall'avv. Diego Signor, con domicilio eletto
presso lo studio dell’avv. Emanuela Rizzi in Venezia, Santa Croce, 312/A;
contro
l’Amministrazione per i Beni e le Attività Culturali, in persona del Ministro
pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato,
domiciliataria per legge in Venezia, San Marco, 63;
il Comune di Seren del Grappa, in persona del Sindaco pro tempore, non
costituito in giudizio;
per l'annullamento
del parere del Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Soprintendenza per
i Beni Architettonici e Paesaggistici per le Province di Venezia, Belluno,
Padova e Treviso prot. n. 0007897 del 16.4.2009 di accertamento di compatibilità
paesaggistica;
dell'ordinanza del Comune di Seren del Grappa n. 612, prot. 2999, prot. 3766 del
12 maggio 2009, con la quale è stata ingiunta la demolizione di opere
asseritamente abusive;
di ogni altro atto presupposto, connesso o conseguente, anche non conosciuto ivi
compresa, per quanto occorra, l’ordinanza di demolizione n. 534 del 29 aprile
2008, prot. 3260, il parere della Commissione edilizia espresso nella seduta del
22 aprile 2008 e l’ordinanza di sospensione dei lavori n.527 del 10 dicembre
2007..
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione per i Beni e le
Attività Culturali;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 gennaio 2010 la dott.ssa Brunella
Bruno e uditi per le parti i difensori come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con ricorso iscritto al n. 1507 del 2009 Giustina Martini – proprietaria di un
immobile ad uso abitazione rurale sito nel Comune di Seren del Grappa, ubicato
in Z.T.O. E2, in area vincolata ai sensi del d.lgs. n.42 del 2004– ha agito in
giudizio per l’annullamento del provvedimento, adottato in data 16 aprile 2009,
con il quale la Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le
Province di Venezia, Belluno, Padova e Treviso, ha valutato gli interventi
edilizi riferiti al suddetto immobile non compatibili con gli aspetti ambientali
e paesaggistici dell’area vincolata, ai sensi del disposto della lettera a),
comma 4, dell’art. 167 del d. lgs. n.42 del 2004, dell'ordinanza del Comune di
Seren del Grappa, adottata in data 12 maggio 2009, con la quale è stata ingiunta
la demolizione di opere asseritamente abusive e di ogni altro atto presupposto,
connesso o conseguente.
Nello specifico, la difesa dell’odierna ricorrente rappresenta, di aver
coltivato – allo scopo di realizzare un intervento di riqualificazione
dell’immobile in proprietà, in stato di avanzato degrado –l’istanza presentata,
in data 20 ottobre 2005, al Comune di Seren del Grappa dal suo dante causa,
volta a conseguire il necessario titolo edilizio, che è stato effettivamente
rilasciato dall’Amministrazione comunale in data 16 marzo 2007, a seguito di
articolata istruttoria nel corso della quale la Commissione edilizia integrata
comunale ha espresso parere favorevole.
Nel corso dell’esecuzione di lavori l’intervento non è stato realizzato
conformemente al progetto assentito, a motivo dell’asserita necessità di
procedere al totale rifacimento del tetto e, in data, 5 aprile 2008, a seguito
di sopralluogo effettuato dai compenti uffici dell’Amministrazione comunale, è
stato riscontrato che: a) “una parte dell’edificio ex ripostiglio posto a nord
est” è stato ricostruito “previa sua integrale demolizione” con “dimensioni
planimetriche e volumetriche leggermente superiori allo stato preesistente”; b)
si è provveduto alla “sostituzione integrale del tetto, anche della struttura
portante, della rimanente parte del fabbricato ………..provvedendo, nel contempo,
ad un modesto innalzamento dell’altezza del fabbricato sia del colmo che di
lato”.
Constatata l’esecuzione di interventi edilizi non assentiti, il Responsabile del
Servizio Tecnico, ha ordinato la rimessione in pristino con ordinanza del 29
aprile 2008, previo parere favorevole della Commissione edilizia, espresso nella
seduta del 22 aprile 2004.
Successivamente, in data 1° agosto 2008, la Martini ha presentato istanza di
permesso di costruire in sanatoria, richiedendo, conseguentemente,
l’accertamento della compatibilità paesaggistica, secondo le procedure di cui al
d. lgs. n. 42 del 2004.
Tale istanza è stata riscontrata dall’Amministrazione comunale positivamente,
sia pure con prescrizioni e, ai sensi degli artt. 167 e 181 del d. lgs. n. 42
del 2004, la trattazione è stata trasmessa alla competente Soprintendenza per i
Beni Architettonici ed Ambientali del Veneto Orientale per le valutazioni di
competenza.
Con nota del 16 aprile 2009, la Soprintendenza ha espresso parere negativo,
ritenendo “gli interventi eseguiti sull’immobile (…) non (…) compatibili con gli
aspetti ambientali e paesaggistici propri dell’area vincolata interessata, ai
sensi di quanto disposto dalla lett. a), comma 4, dell’art. 167 del D.Lgs.
42/04”.
L’Amministrazione comunale ha, dunque, proceduto all’adozione, in data 12 maggio
2009, dell’ordinanza con la quale ha ingiunto alla Martini la demolizione “delle
opere abusivamente realizzate sulla porzione di fabbricato insistente sul
mappale sopra richiamato” ed il “ripristino dello stato dei luoghi, come in
origine, riportando l’immobile entro le dimensioni planovolumetriche così come
trascritte nelle tavole grafiche dello stato attuale allegate al permesso di
costruire n.086/P05 del 16 marzo 2007, prot. 2076, conformemente alla normativa
sismica vigente”.
I suddetti provvedimenti sono stati impugnati con il ricorso introduttivo del
presente giudizio.
L’Amministrazione per i Beni e le Attività Culturali si è costituita in giudizio
per resistere al gravame.
Con ordinanza n.740/09 del 28 luglio 2009 questa Sezione ha accolto,
limitatamente al provvedimento demolitorio, l’istanza cautelare presentata dalla
ricorrente, ritenendo sussistente, ad un primo sommario esame, il requisito del
fumus, a motivo della carenza di motivazione del parere negativo espresso dalla
Soprintendenza.
All’udienza del 15 gennaio 2010 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
DIRITTO
1.Il Collegio ritiene di dover procedere direttamente all’esame del primo motivo
di ricorso con il quale la difesa della ricorrente ha dedotto la violazione
degli artt. 167, commi 4 e 5 e 181, commi 1 ter ed 1 quater, del d. lgs. n. 42
del 2004, ritenendo, nello specifico, ormai decorso il termine di novanta giorni
entro il quale la Soprintendenza avrebbe potuto esprimersi negativamente in
ordine alla compatibilità paesaggistica dell’intervento. Da ciò discenderebbe,
secondo parte ricorrente, l’illegittimità, in via derivata, anche dell’ordinanza
di demolizione adottata in data 12 maggio 2009, in quanto fondata sul parere
tardivamente espresso dalla Soprintendenza.
La censura è infondata.
Il Collegio evidenzia, in primo luogo, che, come evidenziato dalla recente
giurisprudenza in materia, il d.lg. n. 42 del 2004, ridisegnando il procedimento
per il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica, ha eliminato il potere della
Soprintendenza di annullare l'autorizzazione paesaggistica già emessa dal Comune
e ha previsto l'intervento della medesima Soprintendenza in sede
endoprocedimentale, con facoltà di formulare un parere che risulta espressione
di un potere decisorio complesso facente capo a due apparati distinti. L'art.
146 comma 12 - nella versione modificata dall'entrata in vigore del d.lg. n. 157
del 2006 "Disposizioni correttive ed integrative al d.lg. 22 gennaio 2004 n. 42,
in relazione al paesaggio" - prevede che non possano più essere rilasciate
autorizzazione paesaggistiche "in sanatoria", ossia successive alla
realizzazione, anche parziale, degli interventi, salvo le ipotesi tassative
volte a sanare "ex post" gli interventi abusivi di cui all'art. 167. In tali
casi deve essere instaurata un'apposita procedura ad istanza della parte
interessata che contempla - a differenza dell'ordinario procedimento di rilascio
dell'autorizzazione paesaggistica (in vigore in via transitoria) -
l'accertamento della compatibilità paesaggistica, demandato all'amministrazione
preposta alla gestione del vincolo, previa acquisizione del parere della
Soprintendenza che nella particolare fattispecie in esame assume carattere non
solo obbligatorio, ma vincolante (cfr., T.A.R. Lombardia Brescia, sez. I, 27
marzo 2009, n. 709).
A prescindere dalle dirimenti considerazioni sopra svolte, deve essere, altresì,
sottolineato che l‘art. 167, comma 4 del d. lgs. n. 42 del 2004 consente
l’autorizzazione paesaggistica in sanatoria in specifiche e tassative ipotesi
nelle quali i lavori, pur essendo stati eseguiti in assenza o in difformità
dall’autorizzazione paesaggistica, non abbiano comportato la creazione di
superfici utili o di volumi ovvero non abbiano comportato un aumento delle
superfici o dei volumi legittimamente realizzati sulla base del relativo titolo
abilitativo e, ancora, nelle fattispecie in cui siano stati impiegati materiali
difformi rispetto a quanto oggetto di autorizzazione o nelle quali i lavori
siano qualificabili in termini di interventi di manutenzione ordinaria o
straordinaria ai sensi dell’art. 3 del D.P.R. n. 380 del 2001.
Ai fini della decorrenza dei termini fissati nella disposizione sopra citata non
è sufficiente, tuttavia, la presentazione di una domanda di sanatoria postuma ma
è necessario che ricorrano i presupposti prescritti dal comma 4 dell’art. 167
suddetto, che non è dato riscontrare nella fattispecie oggetto del presente
giudizio posto che, come si avrà modo di meglio evidenziare, gli interventi
eseguiti dalla ricorrente hanno comportato la creazione di nuovi volumi rendendo
del tutto inconfigurabile l’ammissibilità di una sanatoria postuma.
2. Del pari infondati si palesano il secondo ed il terzo motivo di ricorso con i
quale la difesa della ricorrente lamenta la violazione dell’art. 3 della l. n.
241 del 1990 s.m.i, degli artt. 167 ss. e 181 del d. lgs. n. 42 del 2004 nonché
l’eccesso di potere per difetto di motivazione, di istruttoria e per erronea
valutazione dei presupposti di fatto e di diritto.
In particolare, parte ricorrente, si duole dell’assenza di un adeguato substrato
motivazionale, posto che il provvedimento si sarebbe limitato ad affermare in
maniera del tutto apodittica la non compatibilità dell’intervento con i valori
paesaggistici tutelati e che dallo stesso non sarebbe dato desumere perchè la
Soprintendenza abbia ritenuto che, nella fattispecie esaminata, fossero stati
creati volumi o superfici utili ulteriori rispetto a quelli assentiti: ipotesi
nella quale ,peraltro, la Soprintendenza non avrebbe dovuto esprimersi con un
parere negativo bensì con una determinazione di inammissibilità dell’istanza.
Complessivamente emergerebbe, dunque, un difetto di motivazione associato alla
carenza di istruttoria in considerazione, peraltro, della circostanza che gli
incrementi volumetrici sono stati minimali e tali da poter essere
ragionevolmente tollerati, in specie considerando che dai volumi devono essere,
comunque, scomputati i tamponamenti perimetrali, i muri perimetrali portanti, i
tamponamenti orizzontali ed i solai realizzati per contribuire al miglioramenti
dei livelli di isolamento termico, acustico o di inerzia. Oltre a ciò si
asserisce che l’intervento avrebbe migliorato e non peggiorato il contesto
ambientale circostante.
Ad un approfondito esame il Collegio ritiene le censure infondate e, dunque, da
disattendere.
Non è, infatti, in contestazione che la ricorrente abbia realizzato un
intervento che ha comportato un aumento di superficie utile di mq 1,84, con
incremento volumetrico di circa 25 mc, corrispondente a circa il 3.4% della
superficie coperta autorizzata.
Ciò è sufficiente ad escludere l’ammissibilità di un’autorizzazione
paesaggistica postuma, risultando di immediata evidenza l’insussistenza delle
condizioni in presenza delle quali ai sensi dell’art. 167, comma 4, lett. a) è
consentita una valutazione in termini di compatibilità paesaggistica
dell’intervento. Doverosamente la Soprintendenza ha, dunque, negato
l’assentibilità dell’intervento, posto che la preclusione discende direttamente
dal dettato normativo, rispetto al quale non era necessaria alcuna diffusa
motivazione.
Stante il particolare rilievo anche costituzionale dei valori tutelati, il
riferimento alla cd. “tolleranza di cantiere” appare del tutto non pertinente ed
alla stregua della chiara previsione legislativa non sono da ritenere consentite
interpretazioni estensive che finirebbero con il tradire la ratio stessa della
disposizione in esame. A ciò si aggiunga che, al di là delle asserzioni, la
difesa della ricorrente non fornisce alcun elemento idoneo a comprovare che i
volumi ulteriori realizzati sarebbero da qualificare come volumi tecnici, in
quanto tali irrilevanti al fine del calcolo della volumetria.
Del pari non pertinente risulta l’isolata giurisprudenza tesa ad estendere le
ipotesi di ammissibilità delle autorizzazioni paesaggistiche postume, atteso che
la stessa si riferisce ad un vantaggio ambientale derivante dall’assunzione di
specifici obblighi diversi dalla mera modifica dello stato dei luoghi
determinato dall’intervento abusivamente effettuato, che non sono stati né
indicati né concretamente dimostrati dalla ricorrente.
3.Con il quarto motivo di ricorso la ricorrente lamenta, con specifico
riferimento all’ordinanza di demolizione adottata dall’Amministrazione comunale
in data 12 maggio 2009, la violazione degli artt. 3 e 10 bis della legge n. 241
del 1990, la violazione degli artt. 31 e 44 del D.P.R. n. 380 del 2001 e degli
artt. 167 e 181 del d. lgs. n. 42 del 2004 nonché l’eccesso di potere per
contraddittorietà tra atti amministrativi, erronea valutazione dei presupposti e
sviamento.
La doglianza si appunta, in particolare, sulla circostanza che l’Amministrazione
comunale non ha fatto precedere l’ordinanza di demolizione dalla comunicazione
del preavviso di rigetto in ordine all’istanza di sanatoria e, inoltre,
sull’erronea applicazione dell’art. 31, comma 3 del d.p.r. n. 380 del 2001, non
richiamato dall’art. 181 del d. lgs. n. 42 del 2004. Oltre a ciò viene pure
dedotta l’illegittimità dell’ordinanza di demolizione che non indica in modo
preciso la superficie da acquisire al patrimonio comunale e, senza motivazione
alcuna, quantifica tale superficie in una misura notevolmente superiore a quella
normativamente consentita.
La doglianza è infondata.
Per giurisprudenza costante, in materia urbanistica, il presupposto per
l'adozione dell'ordine di demolizione di opere edilizie abusive è soltanto la
constatata esecuzione dell'opera in difformità dalla concessione o in assenza
della medesima, con la conseguenza che tale provvedimento, ove ricorrano i
predetti requisiti, è atto dovuto ed è sufficientemente motivato con
l'affermazione dell'accertata abusività dell'opera, essendo "in re ipsa"
l'interesse pubblico alla sua rimozione.
Di conseguenza, l'ordinanza di demolizione - in quanto atto vincolato - non
richiede, in alcun caso, una specifica motivazione su puntuali ragioni di
interesse pubblico o sulla comparazione di quest'ultimo con gli interessi
privati coinvolti o sacrificati (cfr., ex multis, T.A.R. Campania Napoli, sez.
VI, 09 novembre 2009 , n. 7077) tanto più in una fattispecie quale quella
oggetto del presente giudizio, nella quale l’Autorità competente alla tutela del
vincolo si è espressa negativamente in ordine alla compatibilità delle opere
abusivamente realizzate.
In relazione alla omessa comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento
dell’istanza di sanatoria, deve essere evidenziato che, nella fattispecie
oggetto del presente giudizio, una specifica comunicazione era effettivamente
superflua, poiché dagli atti di causa emerge che l'emanazione dell'impugnato
provvedimento costituiva atto dovuto a seguito dell’accertata abusività
dell’opera e dell’inammissibilità di un’autorizzazione paesaggistica postuma
sicché l’eventuale partecipazione del ricorrente al procedimento non avrebbe
potuto incidere sul contenuto dell’ordinanza concretamente adottata.
Si osserva, inoltre, che il rinvio operato dall’art. 181 del d. lgs. n. 42 del
2004 al solo art. 44 del D.P.R. n. 380 del 2001 si giustifica in relazione alla
circostanza che esso è operato al solo fine delle determinazione della sanzione
penale non valendo certo ad escludere l’irrogazione delle altre sanzioni
correlate agli abusi commessi e, in primis, di quella demolitoria che
costituisce la regola nelle ipotesi di interventi non compatibili con i valori
paesaggistici tutelati.
Del tutto infondata è anche la parte della censura riferita alla mancata
indicazione nel provvedimento impugnato dell'area di sedime da acquisire al
patrimonio comunale in caso di inerzia dell'ingiunta.
Sul punto è sufficiente rilevare che siffatta specificazione è elemento
essenziale del provvedimento di accertamento della mancata ottemperanza alla
demolizione: requisiti dell'ingiunzione di demolizione sono, infatti,
l'esistenza della condizione che la rende vincolata, cioè l'accertata esecuzione
di opere abusive e il conseguente ordine di demolizione, non anche la
specificazione puntuale della portata delle successive sanzioni, richiamate
nell'atto quanto alla tipologia prevista dalla legge, ma recate con successivo,
eventuale provvedimento (cfr., ex multis, Cons. St., sez. V, 26 gennaio 2000,
n.341; T.A.R. Campania, Napoli, sez. IV, 26 giugno 2009, n.3530).
4. Il ricorso va pertanto respinto.
5. Le spese seguono, come d’ordine, la soccombenza e vengono determinate nella
misura di cui al dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Seconda Sezione,
definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, lo rigetta.
Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio a favore
dell’Amministrazione resistente, liquidandole complessivamente in € 1.500,00 di
cui € 200,00 per spese anticipate ed il residuo per diritti ed onorari, oltre
i.v.a. e c.p.a
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 15 gennaio 2010 con
l'intervento dei Magistrati:
Angelo De Zotti, Presidente
Marina Perrelli, Referendario
Brunella Bruno, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/04/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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