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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
T.A.R. VENETO, Sez. III - 14 giugno 2010, n. 2512
VIA - RIFIUTI - Discarica - Impatto sul territorio - Intera area funzionale
all’esercizio - Coinvolgimento di comune diverso da quello nel cui territorio è
prevista la localizzazione. L’impatto sul territorio, idoneo a giustificare
il coinvolgimento, nella procedura di VIA, di un comune diverso da quello nel
cui territorio è prevista la localizzazione dell’impianto, non può ritenersi
circoscritto all’area destinata alla escavazione, ove si valuta di realizzare la
discarica, ma deve essere esteso fino a ricomprendere l’intera area funzionale
all’esercizio della discarica medesima. Pres. Di Nunzio, Est. Buricelli - CVI
(avv.ti Tassetto e Zambelli) c. Provincia di Vicenza (avv.ti Bolisani, Balzani,
Mistrorigo, Fracasso e Sartori) e Comune di Rosà e altri (avv. Battaglini) -
TAR VENETO, Sez. III - 14 giugno 2010, n. 2512
VIA - Giudizio di compatibilità ambientale - Tutela preventiva -
Discrezionalità mista - Ambito del sindacato giurisdizionale. Il giudizio di
compatibilità ambientale, in quanto implica una valutazione anticipata,
finalizzata alla tutela preventiva dell’interesse pubblico, non si risolve in un
puro e semplice giudizio tecnico, ma presenta comunque profili elevati di
discrezionalità amministrativa. A questo proposito si parla, anche in
giurisprudenza, di discrezionalità mista. L’ampiezza della discrezionalità
restringe l’ambito del sindacato giurisdizionale ai casi di illogicità
manifesta, di errore di fatto e di difetto di istruttoria e di motivazione (conf.
, “ex multis”, in tema di VIA, Cons, St. nn. 5910/07, 1462/05 -che conf. Tar
Veneto, n. 3098/01- e 1/04). Pres. Di Nunzio, Est. Buricelli - CVI (avv.ti
Tassetto e Zambelli) c. Provincia di Vicenza (avv.ti Bolisani, Balzani,
Mistrorigo, Fracasso e Sartori) e Comune di Rosà e altri (avv. Battaglini) -
TAR VENETO, Sez. III - 14 giugno 2010, n. 2512
VIA - RIFIUTI - Realizzazione ed esercizio di discarica su area di cava in
atto - Condizioni. La realizzazione e l’esercizio di una discarica possono
essere consentiti sull’area di una cava, in atto, una volta esaurita l’attività
estrattiva anche solo su una porzione della cava medesima, sempre che vi siano
le condizioni per organizzare e svolgere in modo differenziato l’attività di
discarica e quella di cava , al fine di consentire il regolare svolgimento
dell’attività di trasporto connessa con la cava e la discarica (cfr. DGRV n.
924/98 -direttiva sull’applicazione delle ll. reg. nn. 44/82 e 33/85). Pres. Di
Nunzio, Est. Buricelli - CVI (avv.ti Tassetto e Zambelli) c. Provincia di
Vicenza (avv.ti Bolisani, Balzani, Mistrorigo, Fracasso e Sartori) e Comune di
Rosà e altri (avv. Battaglini) - TAR VENETO, Sez. III - 14 giugno 2010, n.
2512
VIA - DPCM 27 settembre 1988 - Provvedimento finale - Osservazioni prodotte
nel procedimento - Analitica indicazione delle ragioni che hanno condotto a
disattenderle - Necessità - Esclusione. In tema di VIA, la normativa (DPCM
27 settembre 1988) non impone alla P. A. autrice del provvedimenti finale di
manifestare le ragioni che l’hanno indotta a disattendere le osservazioni
prodotte nel procedimento, prescrivendo soltanto che di tali osservazioni si
tenga conto nella fase di maturazione della scelta finale la quale, a sua volta,
assorbe e riassume tutte le valutazioni compiute nell’istruttoria (CdS, VI, n.
129/06). Pres. Di Nunzio, Est. Buricelli - CVI (avv.ti Tassetto e Zambelli) c.
Provincia di Vicenza (avv.ti Bolisani, Balzani, Mistrorigo, Fracasso e Sartori)
e Comune di Rosà e altri (avv. Battaglini) - TAR VENETO, Sez. III - 14 giugno
2010, n. 2512
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 02512/2010 REG.SEN.
N. 00040/2004 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso n. 40 del 2004 proposto da CONSORZIO VALORIZZAZIONE INERTI (CVI), in
persona del legale rappresentante “pro tempore”, rappresentato e difeso dagli
avvocati Annamaria Tassetto e Franco Zambelli, ed elettivamente domiciliato
presso lo studio degli stessi in Venezia –Mestre, Via Cavallotti, 22;
contro
la Provincia di Vicenza, in persona del legale rappresentante “pro tempore”,
costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dagli avvocati Bolisani,
Balzani, Mistrorigo e Fracasso dell’Ufficio legale interno, e dall’avv. Antonio
Sartori, ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in
Venezia –Mestre, Calle del Sale, 33; e i Comuni di Rosà, Tezze sul Brenta e
Rossano Veneto, in persona dei rispettivi legali rappresentanti “pro tempore”,
rappr. e dif. dall’avv. Roberto Battaglini, domiciliato presso la Segreteria del
Tar;
per l'annullamento
dei seguenti provvedimenti e atti:
-deliberazione della Giunta provinciale di Vicenza (DGP) 29 ottobre 2003 prot.
n. 384, avente a oggetto “CVI SCARL –progetto di impianto di stoccaggio
definitivo, mediante interramento, di tipo 2A, in comune di Rosà, località
Cusinati … giudizio di compatibilità ambientale e approvazione progetto”, con
cui è stato espresso giudizio negativo di compatibilità ambientale ai sensi
della l. reg. n. 10/99;
-parere della Commissione provinciale VIA di Vicenza n. 2/03 del 9 ottobre 2003,
avente a oggetto “CVI SCARL –progetto di impianto di stoccaggio definitivo,
mediante interramento, di tipo 2A, in comune di Rosà, località Cusinati”, con
cui è stato espresso parere contrario di compatibilità ambientale sul progetto
suindicato;
-(se e in quanto necessario) DGRV n. 597/00, di adozione del piano regionale per
la gestione dei rifiuti, “in parte qua”;
-deliberazioni del 28 luglio 2003 dei Consigli comunali:
1)di Rosà, n. 58; 2) di Tezze sul Brenta, n. 63 e 3) di Rossano Veneto, n. 63,
recanti pareri e osservazioni sul progetto di realizzazione dell’impianto in
questione; e atti connessi;
e per
la condanna della Provincia di Vicenza al risarcimento dei danni patiti
(articoli 34 e 35 del d. lgs. n. 80/98) ;
visto il ricorso, con i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Vicenza e dei
Comuni intimati, con i relativi allegati;
viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
visti gli atti tutti della causa;
relatore, all’udienza del 13 maggio 2010, il consigliere Marco Buricelli); uditi
gli avvocati Franco Zambelli per il CVI, Giorgio Fracasso per la Provincia di
Vicenza e Roberto Battaglini per i Comuni intimati;
ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.-Il CVI, il 31 dicembre 2002, ha presentato all’Amministrazione provinciale di
Vicenza, Ente competente al rilascio dell’autorizzazione ai sensi dell’art. 6,
comma 1/B), p. 2 della l. reg. n. 3/00 –discariche di seconda categoria tipo A
di cui alla deliberazione del Comitato Interministeriale del 27 luglio 1984, un
progetto per realizzare una discarica di tipo 2A per lo stoccaggio definitivo,
mediante interramento, di rifiuti inerti, chiedendo il rilascio della
approvazione del progetto di impianto ai sensi dell’art. 11 della l. reg. n.
10/99.
La domanda ricalcava analoga richiesta presentata nel 2000 alla Regione e poi
trasmessa dalla Regione alla Provincia in seguito a sopravvenute modifiche alla
l. reg. n. 10/99. Il progetto era stato quindi ritirato dai proponenti al
momento dell’esame da parte della Commissione VIA.
Il nuovo progetto, assai simile al precedente, limitandosi a diminuire i tipi di
rifiuto conferibili nell’impianto da realizzare, prevedeva che la discarica
avesse sede nel territorio del comune di Rosà, in località Cusinati, in
posizione vicinissima al limitrofo comune di Tezze sul Brenta. Il nucleo
abitativo più vicino al luogo ove era stata prevista la realizzazione
dell’impianto risulta infatti trovarsi nel comune di Tezze.
Indetta l’inchiesta pubblica ai sensi dell’art. 18 della l. reg. n. 10/99, nella
seduta del 9 ottobre 2003 la Commissione provinciale VIA, preso atto dei pareri
negativi resi in data 28 luglio 2003 dai Consigli comunali di Rosà, Tezze sul
Brenta e Rossano Veneto, ha espresso parere contrario di compatibilità
ambientale in merito alla realizzazione della discarica. Nel parere n. 2/03 la
Commissione evidenzia, in particolare:
-che il progetto prevede l’escavazione del sedime “ex novo” provvedendo alla
realizzazione del volume della discarica mediante l’estrazione di materiale
inerte (sabbia e ghiaia);
-che l’art. 6, comma 9, dell’elaborato A del Piano Regionale per la gestione dei
rifiuti speciali, adottato dalla Giunta Regionale con DGRV n. 597 del 29
febbraio 2000, vieta la realizzazione di nuove discariche di seconda categoria
tipo A di cui alla DCI del 27 luglio 1984 qualora nel raggio di 20 km. dal sito
individuato per la realizzazione della nuova discarica siano in attività altre
discariche della medesima categoria o impianti di recupero di rifiuti inerti;
-che nel raggio di 20 km. dal sito in esame esistono altre discariche della
medesima categoria e impianti di recupero;
-che l’area di progetto è individuata, ai sensi dell’art. 12 delle norme di
attuazione del Piano Territoriale Regionale di Coordinamento, come fascia di
ricarica degli acquiferi e, dall’allegato D lettera C3 della L. R. n. 10/09,
come area sensibile;
-che, come dichiarato dal proponente stesso, la realizzazione dell’impianto di
interramento di rifiuti inerti interessa la circolazione idrica sotterranea,
esponendo la falda ad una maggiore vulnerabilità (v. pag. 65 del SIA);
-che la baricentricità dell’area di progetto non risulta verificata sulla base
di una distribuzione dei siti di produzione pesata sulla quantità di rifiuti
prodotta dai vari consorziati;
-che il d. lgs. n. 36/03 -attuazione della direttiva 1999/31/CE, relativa alle
discariche di rifiuti, all’allegato 1, punto 1 -impianti di discarica per
rifiuti inerti, afferma che “nell’individuazione dei siti di ubicazione sono da
privilegiare le aree degradate da risanare e/o da ripristinare sotto il profilo
paesaggistico”;
-che il PTP, all’art. 15 delle norme di attuazione, afferma che nella
individuazione dei siti per discarica devono essere privilegiate le aree
degradate ovvero quelle soggette in precedenza ad attività di cava;
-che, come anche dichiarato dai comuni interessati (v. DCC Tezze sul Brenta n.
63/03, n. d. est.), esistono dei siti alternativi situati nei pressi dell’area
in esame per i quali la realizzazione della discarica di inerti presenterebbe un
impatto ambientale assai minore non essendo necessario procedere ad una nuova
escavazione, e anzi il recupero comporterebbe effetti positivi sull’ambiente nel
suo complesso;
- che, come emerso anche nell’inchiesta pubblica dell’11.9.2003, a circa 500
metri è presente una cava di ingenti dimensioni e che parte di essa è di
proprietà di alcune società facenti parte del Consorzio;
-che anche dai dati contenuti nel Piano regionale per la gestione dei rifiuti
speciali, adottato con DGRV n. 597/00, non risulta esservi alcuna situazione di
emergenza nel comparto dei rifiuti inerti, anzi (conf. p. 6. DCC Tezze s. B. n.
63/03 cit.);
-che la Regione Veneto, visto il progetto del CVI SCARL, con nota n. 292/46.00
datata 27 gennaio 2003, ha espresso parere contrario e in particolare ha
ribadito l’elevata disponibilità volumetrica residua delle discariche di seconda
categoria di tipo A in provincia di Vicenza;
-che le indicazioni del d. lgs. n. 22/97 –decreto Ronchi tendono a favorire
l’attività di recupero e di riutilizzo dei rifiuti a discapito dello smaltimento
in discarica, considerata l’ultima risorsa nel sistema di gestione dei rifiuti e
che la l. reg. n. 3/00 ha come obiettivo la progressiva riduzione delle
discariche come sistema ordinario di smaltimento;
-che, pur trattandosi di un progetto di discarica, l’approvazione comporterebbe
l’escavazione di una ingente quantità di materiale (circa 500.000 m.³ su un’area
inferiore a 50.000 mq., il che non sarebbe autorizzabile sulla base della L. R.
n. 44/82, art. 44, lettera f);
-che i comuni di Rosà, Tezze sul Brenta e Rossano Veneto hanno espresso parere
negativo;
-che, infine, il progetto non è stato redatto in ottemperanza alla nuova
normativa in materia di discariche introdotta dal d. lgs n. 36/03.
La Commissione VIA ha concluso esprimendo in modo unanime parere contrario di
compatibilità ambientale per le motivazioni riportate in premessa e in
particolare in quanto:
-l’impatto ambientale del progetto è dovuto sia alla attività di scavo che a
quella di conferimento;
-l’utilizzo di cave esistenti consentirebbe di evitare l’attività di scavo e
contestualmente di recuperare un’area degradata.
Con delibera di Giunta del 29 ottobre 2003 la Provincia di Vicenza ha recepito
il parere reso dalla Commissione VIA esprimendo, ai sensi della l. reg. n.
10/99, giudizio negativo di compatibilità ambientale.
Avverso i provvedimenti in epigrafe CVI ha formulato tre censure.
Il primo motivo, recante “eccesso di potere per illogicità, incongruità, carenza
di motivazione, difetto di istruttoria, erroneità di presupposto, violazione
della l. reg. n. 44/82 –art. 2 e del d. lgs. n. 152/99”- è suddiviso in numerosi
profili, in relazione alla pluralità di elementi considerati dalla Commissione
VIA a sostegno del parere contrario. Tra i diversi rilievi, CVI sostiene anche
che i comuni di Tezze sul Brenta e di Rossano Veneto non rientrerebbero tra i
soggetti pubblici interessati e quindi legittimati a esprimere il proprio parere
sul progetto, secondo quanto prevede l’art. 2, lett. m) della l. reg. n. 10/99,
dato che il posizionamento della discarica non è previsto sul territorio dei
comuni medesimi, né incide, direttamente o indirettamente, sul territorio
stesso.
Il motivo sub 2. ha carattere procedimentale e concerne “violazione degli
articoli 7 e seguenti della l. n. 241/90”, per non avere, la Commissione VIA,
motivatamente valutato le controdeduzioni presentate dal CVI in relazione ai
pareri resi dai Consigli comunali.
Sub 3. CVI osserva che l’impugnato diniego avrebbe dovuto essere adottato dal
competente dirigente provinciale di settore e non dalla Giunta provinciale : di
qui, l’eccepito vizio di incompetenza e di violazione dell’art. 107 del t. u. n.
267/00.
Sub 4. si rimarca che il giudizio negativo arreca al Consorzio ricorrente un
“danno gravissimo”. Le aziende devono infatti “collocare i limi derivanti dalla
lavorazione del materiale ghiaioso in apposite discariche, sopportando i
relativi costi di trasporto e di sversamento”. Da ciò, la richiesta di
risarcimento del danno, “che sarà meglio definito in corso di causa anche
mediante CTU o in via equitativa da parte del TAR”.
L’Amministrazione provinciale e i comuni coinvolti nel procedimento si sono
costituiti.
La difesa provinciale ha eccepito, in rito, la inammissibilità del ricorso per
carenza di interesse, e ciò sul rilievo che, poiché nel parere negativo si
rileva tra l’altro che il progetto non è stato redatto in ottemperanza alla
nuova normativa in materia di discariche, introdotta dal d. lgs. n. 36/03,
risulta evidente che CVI non conseguirebbe in concreto alcun vantaggio
dall’eventuale annullamento in s. g. dei provvedimenti gravati giacché non
potrebbe realizzare la discarica sulla base di quel progetto, ma dovrebbe
comunque presentare un nuovo progetto aderente alla citata normativa.
Ad analoga conclusione si dovrebbe giungere alla luce della sopravenuta
emanazione del d. lgs. n. 117/98.
Nel merito, la difesa provinciale ha sottolineato la correttezza dell’operato
della Commissione provinciale VIA e la regolarità della procedura, confermando
la competenza della Giunta provinciale in materia.
La difesa dei comuni di Tezze sul Brenta e di Rossano Veneto ha insistito, in
particolare, sul riconoscimento di un interesse specifico dei comuni medesimi a
interloquire sul progetto.
In prossimità dell’udienza di discussione del ricorso nel merito la difesa del
CVI ha depositato una dettagliata memoria.
2.-Considerata l’infondatezza del ricorso nel merito, il collegio può fare a
meno di esaminare l’eccezione di inammissibilità per carenza di interesse,
formulata dalla difesa dell’Amministrazione provinciale e sopra riassunta al p.
1. .
In via preliminare il Collegio ritiene, a differenza di CVI (v. pagine 14 e 15
ric. , lett. H), che i comuni di Tezze sul Brenta e di Rossano Veneto rientrino
tra i “comuni interessati”, secondo quanto prevede l’art. 2, lett. m), della l.
reg. n. 10/99 sulle procedure di VIA, “ai quali spetta esprimere il parere” di
cui all’art. 5, comma 2, del DPR 12 aprile 1996 sul progetto dell’opera da
sottoporre a VIA.
In particolare, il comune di Tezze sul Brenta costituisce “altro comune
interessato dall’impatto ambientale” ex art. 2/m) l. reg. cit. poiché potrebbe
dover soffrire un impatto ambientale dannoso per effetto della realizzazione del
progetto, indipendentemente dalla diretta localizzazione dell’opera sul suo
territorio. Tezze è infatti un comune chiaramente assoggettato a potenziali
effetti sfavorevoli sull’ambiente, derivanti dall’attuazione del progetto.
Nella DCC di Tezze n. 63/03 si evidenzia, correttamente, come il progetto di
impianto interessi assai da vicino il territorio comunale di Tezze, limitrofo a
Rosà: “infatti –si legge nella delibera consiliare- la viabilità di accesso al
terreno oggetto dello scavo, la s. p. Cusinati che immette nella statale n. 47,
segna il confine con il Comune di Rosà e il nucleo abitato più vicino (200 mt.)
alla progettata cava / discarica si trova nel comune di Tezze. Inoltre a 450 mt.
dallo scavo esiste un pozzo che alimenta l’acquedotto comunale pescando acqua a
una profondità di 30 mt. “.
L’esistenza di un interesse specifico a interloquire ex art. 2/m) della l. reg.
n. 10/99, in capo al comune di Tezze, appare quindi evidente.
E poiché l’impatto sul territorio, idoneo a giustificare il coinvolgimento,
nella procedura di VIA, di un comune diverso da quello nel cui territorio è
prevista la localizzazione dell’impianto, non può ritenersi circoscritto
all’area destinata alla escavazione, ove si valuta di realizzare la discarica,
ma deve essere esteso fino a ricomprendere l’intera area funzionale
all’esercizio della discarica medesima, ne discende che anche il comune di
Rossano Veneto –peraltro indicato nello stesso SIA come ente locale
“interessato” ex art. 2/m) cit.- è stato legittimamente incluso tra gli “altri
comuni interessati dagli impatti ambientali”. La realizzazione dell’impianto
riguarda infatti un’area collocata, nel comune di Rosà, lungo la strada
provinciale che fa da confine tra Rosà e Tezze sul Brenta, conosciuta, per il
primo, come Via Roane, e per il secondo come Via Rossano. Notevole la vicinanza
con il comune di Rossano, sul quale ben potrebbero riverberarsi gli effetti
della cava –discarica “con un aumento del traffico pesante” (v. le premesse
della DCC n. 51/03). Inoltre, prosegue il Consiglio comunale, tra i siti
alternativi, ex cave da riempire, vi è la cava inutilizzata di via Ca’ Vico a
Rossano Veneto (il cui riutilizzo per lo stoccaggio, ad avviso del Sindaco,
comporterebbe problemi di traffico molto minori rispetto alla realizzazione
della discarica progettata).
Anche il coinvolgimento del comune di Rossano Veneto nella procedura risulta
dunque legittimo.
2.1- Nel merito va premesso, in termini generali, che il giudizio di
compatibilità ambientale, in quanto implica una valutazione anticipata,
finalizzata alla tutela preventiva dell’interesse pubblico, non si risolve in un
puro e semplice giudizio tecnico, ma presenta comunque profili elevati di
discrezionalità amministrativa. A questo proposito si parla, anche in
giurisprudenza, di discrezionalità mista. L’ampiezza della discrezionalità
restringe l’ambito del sindacato giurisdizionale ai casi di illogicità
manifesta, di errore di fatto e di difetto di istruttoria e di motivazione (conf.
, “ex multis”, in tema di VIA, Cons, St. nn. 5910/07, 1462/05 –che conf. Tar
Veneto, n. 3098/01- e 1/04).
Appare opportuno premettere inoltre che la giurisprudenza è ferma
nell’evidenziare che quando un provvedimento amministrativo si basa su una
pluralità di motivazioni, tra loro autonome, e soltanto alcune di esse risultano
idonee a sorreggerne il contenuto, il provvedimento medesimo non può ritenersi
emesso illegittimamente.
Con riguardo al caso in esame, precisato che le ragioni del giudizio negativo
impugnato vanno ravvisate non solo nelle considerazioni svolte nel parere n.
2/03 della Commissione provinciale VIA, ma anche nelle osservazioni fatte nei
pareri dei Consigli comunali, pareri citati, peraltro, anche dalla Commissione
VIA, oltre che negli atti dell’istruttoria tecnica della Sottocommissione VIA,
anch’essi richiamati nel parere n. 2/03, il Collegio è dell’avviso che gli atti
di causa forniscano un coerente riscontro (quantomeno) delle più importanti
ragioni sostanziali poste a base del provvedimento impugnato.
Detto altrimenti, le ragioni più salienti sulle quali si fonda la decisione
negativa impugnata reggono al vaglio del giudice.
Prima di esaminare le diverse motivazioni che hanno spinto l’Amministrazione
provinciale a esprimere il contestato giudizio negativo, alla luce dei singoli
profili di censura formulati con il primo motivo, va rammentato che con il
giudizio di compatibilità ambientale si valutano gli effetti dell’opera della
cui realizzazione si tratta sul sistema –ambiente, anche in relazione
all’esigenza di limitare effetti irreversibili sul suolo, di ridurre il consumo
del territorio e il degrado del paesaggio.
In questo contesto, in modo tutt’altro che incongruo è stato dato rilievo al
fatto che il progetto si traduce dapprima in una attività di scavo e quindi di
colmatura mediante stoccaggio di inerti. Tutt’altro che illogicamente l’autorità
amministrativa ha posto in risalto il fatto che il progetto proposto dal CVI
prevede e presuppone “l’escavazione del sedime ex novo provvedendo alla
realizzazione della discarica mediante l’estrazione di…sabbia e ghiaia” (e anzi,
dai verbali sub allegato 10 e ss. fasc. Prov. risultano in vari punti
dichiarazioni per le quali lo scopo fondamentale del progetto non è il
conferimento di limi da lavaggio di sabbie ma sarebbe in via esclusiva
l’escavazione di ghiaia) ; la Provincia ha posto in rilievo che, in posizione
assai vicina all’area ove è prevista la realizzazione dell’impianto, esistono
altre discariche, della medesima categoria, vale a dire per inerti / 2A, che
possono essere utilizzate per lo stoccaggio. La DCC n. 63/03 le indica
puntualmente al p. 6. spiegando, con dati e cifre, come non vi sia alcuna
situazione di emergenza in questo comparto (conf. DCC Rosà n. 58/03 e DCC
Rossano Veneto n. 51/03, dal verbale della quale emerge che il Sindaco ribadisce
in modo icastico che “riempire è meglio che scavare e poi riempire”; v. anche
doc. 11 e 12 fasc. Prov. nei quali viene indicata l’ampia disponibilità di
volumi residui per discariche autorizzate di tipo 2 A) (conf. nota Reg. 27
gennaio 2003, recante parere contrario, in particolare per “l’elevata
disponibilità volumetrica residua delle discariche di tipo 2 A in provincia di
Vicenza ) ; che la normativa in materia (v. d. lgs. n. 36/03, Allegato 1, p.
1.1. ) richiede di privilegiare, nella scelta dei siti, aree degradate, vale a
dire ex cave dismesse (conf. art. 15 del piano territoriale provinciale); che,
vicinissime all’area in esame, sono presenti ex cave dismesse di notevoli
dimensioni. Si tratta della ex cava Poiana e della ex cava Trentin a Rosà, e di
un’altra cava, in comune di Rossano Veneto, in località Ca’ Vico, in fase di
chiusura (v. anche doc. 11 fasc. Prov. , da cui risulta che a Ca’ Vico
l’attività è ferma da anni, e che manca pochissimo all’esaurimento). A
quest’ultimo proposito vale osservare che è possibile, a certe condizioni,
riempire con inerti una cava ancora in esercizio. L’esercizio della discarica
può coesistere, infatti, con l’attività di cava, a condizione che vi sia una
chiara distinzione, anche fisica, tra le due attività. La realizzazione e
l’esercizio di una discarica possono essere consentiti sull’area di una cava, in
atto, una volta esaurita l’attività estrattiva anche solo su una porzione della
cava medesima, sempre che vi siano le condizioni per organizzare e svolgere in
modo differenziato l’attività di discarica e quella di cava , al fine di
consentire il regolare svolgimento dell’attività di trasporto connessa con la
cava e la discarica (conf. mem. Prov. , pag. 11, ove si precisa che l’attività
di cava viene realizzata e ricomposta per lotti e nulla impedisce l’esercizio di
una discarica nei lotti ricomposti; cfr. DGRV n. 924/98 –direttiva
sull’applicazione delle ll. reg. nn. 44/82 e 33/85).
Alla luce, dunque, dell’esigenza di valutare gli effetti dell’opera da
realizzare sul sistema –ambiente, tendendo alla riduzione degli effetti negativi
rilevanti che deriverebbero dalla esecuzione del progetto, e della necessità di
prendere in considerazione tutte le fasi progettuali del proposto impianto
appare, lo si ripete, tutt’altro che incongruo l’avere evidenziato l’impatto
negativo sull’ambiente connesso alle attività sia di conferimento sia di
escavazione, e ciò è tanto più vero se si tiene presente che l’attività di cava
è di per sé sottoposta a giudizio di compatibilità ambientale (cfr. art. 24 l.
reg. n. 10/99). Appare evidente come a una doppia azione, rispettivamente di
escavazione e di stoccaggio, sia correlato un impatto sicuramente maggiore
rispetto a quello che corrisponde a un conferimento di limi entro un bacino
esistente (cfr. doc. 13 fasc. Prov. , pag. 8). Nessun “errore concettuale”,
quindi, è stato commesso dalla P. A. nell’avere dato rilievo alla modifica
iniziale del territorio connessa alla attività di scavo, che comporta
l’estrazione di risorse non riproducibili. L’Amministrazione risulta avere
analizzato e valutato in modo completo e in maniera attendibile, fatto salvo
quanto si dirà più avanti sulla asserita vulnerabilità della falda acquifera,
l’inserimento dell’opera nel contesto ambientale generale (cfr. le DCC citate e
gli allegati 10 ss. fasc. Prov.) .
A nulla vale, poi, sottolineare che il sito individuato non rientra tra le aree
all’interno delle quali è preclusa la realizzazione di discariche, dal momento
che ciò che occorre verificare è se la P. A. abbia fatto buon governo della
discrezionalità riconosciutale dalla legge tenendo conto dell’esigenza di
minimizzare gli effetti sfavorevoli dell’opera sull’ambiente. Il criterio di
localizzazione, di cui all’Allegato 1 al decreto n. 36/03, diretto a
privilegiare, nella scelta dei siti, aree degradate, appare essere tutt’altro
che un “parametro sussidiario”.
Quanto allo specifico capo di motivazione nel quale si evidenzia che trova
applicazione l’art. 6 dell’elaborato A del piano regionale per la gestione dei
rifiuti speciali (DGRV n. 596/00), il quale vieta la realizzazione di nuove
discariche 2 A “qualora nel raggio di 20 km. dal sito …siano in attività altre
discariche della medesima categoria o impianti di recupero di rifiuti inerti”,
la difesa del CVI, nel ricorso, osserva che il piano risulta solo adottato e che
le sue determinazioni hanno “valenza meramente indicativa, non sorrette da
misure di salvaguardia”; in memoria, a pag. 15, sembra ipotizzarsi
l’illegittimità e, comunque, la disapplicabilità della DGRV n. 597/00 “in parte
qua” per contrasto con l’art. 32, comma 3, della l. reg. n. 3/00.
A quest’ultimo riguardo va rilevato che il profilo di censura appena riassunto è
stato esposto per la prima volta con memoria, non notificata alle
amministrazioni resistenti, e depositato in prossimità dell’udienza di
discussione del ricorso nel merito, con la quale sono stati introdotti elementi
nuovi di contestazione, non indicati nell’atto introduttivo, e ciò in violazione
del termine di decadenza e del principio del contraddittorio.
In ogni caso, l’art. 32, comma 3, l. reg. cit. pare riferirsi alla eventuale
compatibilità di più discariche per rifiuti speciali tra loro, e non alla
possibilità di realizzare più discariche di tipo 2A. Ma anche a voler, in via
meramente ipotetica, ritenere plausibile l’interpretazione dell’art. 32, comma
3, l. reg. cit. propugnata dal ricorrente, secondo la quale sarebbe consentita
la compresenza, nello stesso comune, di discariche per inerti di tipo 2A, poiché
aventi capacità inquinanti trascurabili, ciò non precluderebbe di certo la
formulazione di un giudizio sfavorevole di compatibilità ambientale fondato
(anche) sulla sottolineatura dell’esistenza, in zona, di altre discariche attive
di tipo 2A, oltre alla presenza, nel territorio provinciale, di numerose
discariche e di un’ampia disponibilità di volumi residui.
Il fatto che la discarica progettata sia “principalmente al servizio” del CVI
non significa affatto che la stessa possa ritenersi sottratta “al confronto e/o
alla vicinanza” con le altre discariche, “discariche di riferimento” che, come
si ricava dagli atti dell’istruttoria (v. doc. 10 ss. fasc. Prov.) , sono state
indicate in modo sufficientemente determinato.
Anche il capo di motivazione incentrato sul fatto che, pur trattandosi di un
progetto di discarica, l’approvazione comporterebbe l’escavazione di circa
500.000 mc. di ghiaia su un’area inferiore ai 50.000 mq. , il che non sarebbe
autorizzabile in base all’art. 44/F) della l. reg. n. 44/82, ha una sua ragion
d’essere nel particolare contesto nel quale è maturata l’impugnata decisione
negativa: si è già detto sopra, infatti, che dai verbali dell’istruttoria
affiorano ripetute – e tutt’altro che implausibili- dichiarazioni secondo le
quali lo scopo fondamentale del progetto si concretizzerebbe proprio nella
escavazione, di circa 500.000 mc. di ghiaia. Perciò la sopra riferita
puntualizzazione sulla non assentibilità dell’attività ex l. reg. n. 44/82,
letta nel quadro generale della motivazione nel suo complesso non pare affatto
inappropriata.
Inoltre, risulta solo affermata, dal CVI, ma non comprovata, la baricentricità
dell’area rispetto ai cantieri di produzione delle consorziate.
Sulla localizzazione dell’impianto, in questo caso non vengono in rilievo
(tanto) preclusioni assolute, ma si fa questione, più semplicemente, di un
controllo sul buon governo della discrezionalità (mista) riconosciuta alla P. A.
.
Il fatto che sussistano dubbi, perlomeno allo stato degli atti, sulla esattezza
e comunque sulla rilevanza del capo di motivazione relativo al rischio di
esporre la falda acquifera a una maggiore vulnerabilità dal momento che, in base
all’art. 12 delle NTA del PTRC, i progetti riguardanti discariche di inerti non
rientrano tra le attività precluse e, nello specifico, la distanza tra falda
acquifera e fondo dello scavo è stimata in circa dieci metri, e un idoneo
sistema di impermeabilizzazione sussisterebbe (v. ric. , lett. D); e che dubbi
analoghi possano estendersi alla rilevanza dell’osservazione comunale, di cui
alla DCC Tezze s/B. n. 63/03, secondo la quale a 450 mt. dallo scavo esiste un
pozzo che alimenta l’acquedotto comunale pescando a circa 30 mt. di profondità;
tali dubbi, si diceva, non scalfiscono il “nucleo forte” di apprezzamenti
negativi che il Collegio ritiene pienamente sostenibili. I profili di criticità
del progetto, indicati nel parere della Commissione VIA, nel loro complesso non
sono né immotivati, o generici, né basati su presupposti erronei in fatto.
2.2.- Quanto alla censura, di natura procedimentale, di cui al p. 2. , relativa
alla violazione dell’art. 7 della l. n. 241/90 per non avere, la Commissione
VIA, motivatamente valutato le controdeduzioni presentate dal CVI in relazione
ai pareri resi dai Consigli comunali, il Collegio, in disparte il rilievo che
parte ricorrente non ha prodotto in giudizio le controdeduzioni (in data 9
ottobre 2003, richiamate a pag. 3 del parere n. 2/03) che CVI risulta avere
presentato in relazione ai pareri resi dai Consigli comunali; il Collegio, si
diceva, giudica decisivo osservare che la giurisprudenza amministrativa
predominante ritiene che non possa avere rilevanza invalidante la mancata
confutazione analitica, da parte dell’autorità emanante, dei singoli punti
oggetto di contraddittorio in sede procedimentale. E’ sufficiente, per ritenere
rispettati gli articoli 10 e 10 bis della l. n. 241/90, che il provvedimento
finale richiami in modo esplicito le controdeduzioni svolte dal destinatario
dell’atto dimostrando, con l’ampiezza delle argomentazioni addotte a sostegno
della decisione finale, di aver provveduto a valutare il contenuto delle
controdeduzioni stesse (cfr. Cons. St. n. 6386/07). Il che è esattamente ciò che
è accaduto nella fattispecie in esame. In tema di VIA, sul fatto che la
normativa (DPCM 27 settembre 1988) non impone alla P. A. autrice del
provvedimenti finale di manifestare le ragioni che l’hanno indotta a
disattendere le osservazioni prodotte nel procedimento, prescrivendo soltanto
che di tali osservazioni si tenga conto nella fase di maturazione della scelta
finale la quale, a sua volta, assorbe e riassume tutte le valutazioni compiute
nell’istruttoria, si veda CdS, VI, n. 129/06.
2.3. Con riguardo, poi, alla censura di incompetenza della Giunta provinciale,
rientrando l’adozione di provvedimenti come quello impugnato per primo nelle
attribuzioni del competente dirigente provinciale di settore, il Collegio
condivide il rilievo difensivo della Provincia con cui si pone in risalto l’art.
4, comma 3, della l. reg. n. 10/99, il quale prevede che “il giudizio di
compatibilità ambientale di cui all'articolo 19 è emesso dalla Giunta regionale
o, in assenza di diversa formulazione statutaria degli enti, dalla Giunta
provinciale, secondo le competenze di cui ai commi 1 e 2”. Questo è avvenuto nel
caso in esame dove, del parere contrario della Commissione VIA n. 2/03,
sottoscritto dal presidente –che, in base a quanto afferma la difesa provinciale
senza contestazione alcuna al riguardo da parte del ricorrente, era anche il
dirigente del competente Settore Ambiente- , la Giunta provinciale, con la
deliberazione del 29 ottobre 2003, non ha fatto che prendere atto, facendolo
proprio ed esprimendo, ai sensi della menzionata l. reg. n. 10/99, giudizio
negativo di compatibilità ambientale.
Ma, in via ipotetica, se anche il Collegio avesse considerato in astratto
accoglibile la censura di incompetenza relativa, c. d. “infrasoggettiva”, vale a
dire riferibile all’ambito dello stesso ente pubblico, sollevata dal Consorzio,
non avrebbe poi potuto esimersi dall’analizzare i motivi di merito proposti,
dato che l’Amministrazione provinciale di Vicenza è stata convenuta in giudizio
nella sua unitarietà, giungendo così, in ultima analisi, a un complessivo
rigetto delle censure di violazione di legge e di eccesso di potere (su cui v. “supra”,
p. 2.1.) e a una statuizione consequenziale di inammissibilità, per difetto di
interesse, della censura di incompetenza relativa “infra soggettiva”, non
potendo, l’eventuale accoglimento della censura stessa, far conseguire al
ricorrente alcun vantaggio concreto.
2.4.- Le considerazioni su esposte comportano il rigetto della domanda di
risarcimento dei danni.
2.5.-Nonostante l’esito del ricorso sussistono giusti motivi, anche avuto
riguardo alla complessità delle questioni trattate sub 2.1., per compensare
integralmente, tra le parti, le spese e gli onorari del giudizio.
P.Q.M.
il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, sezione terza,
definitivamente decidendo sul ricorso in premessa lo rigetta.
Spese compensate.
La presente sentenza verrà eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia, nella camera di consiglio del 13 maggio 2010, con
l'intervento dei magistrati
Giuseppe Di Nunzio, Presidente
Marco Buricelli, Consigliere, Estensore
Stefano Mielli, Primo Referendario
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/06/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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