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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
T.A.R. VENETO, Sez. III - 5 novembre 2010, n. 5982
INQUINAMENTO - RIFIUTI - Attività potenzialmente inquinante - Provvedimento
autorizzativo - Impugnazione - Dimostrazione del danno - Necessità - Esclusione.
Ai fini dell’impugnativa di un provvedimento che autorizza l’avvio di
un’attività potenzialmente inquinante, il ricorrente non è tenuto a dimostrare
che si è verificato un danno, in quanto tale questione attiene al merito, ed è
invece sufficiente la prospettazione di temute ripercussioni sul territorio
collocato nelle immediate vicinanze (cfr. Tar Toscana Sez. II, 6 ottobre 2009 ,
n. 1505; Consiglio di Stato, Sez. V, 28 novembre 2008 , n. 5910; Consiglio di
Stato, Sez. VI, 5 dicembre 2002, n. 6657; Consiglio di stato, Sez. V, 12 ottobre
1999 , n. 1445). Pres. Di Nunzio, Est. Mielli - A.A. e altri (avv.ti Garancini e
Padovan) c. Regione Veneto (avv.ti Ligabue e Zanon) e altri (n.c.) -
TAR VENETO, Sez. III - 5 novembre 2010, n. 5982
VIA - Autorizzazione integrata ambientale - Coordinamento - Regione Veneto -
Circolare del Segretario regionale dell’ambiente del 31 ottobre 2008 -
Compressione dell’apporto procedimentale del pubblico - Coerenza con la
disciplina statale - Art. 10 d.lgs. n. 152/2006. Nella Regione Veneto, il
coordinamento tra le procedure di rilascio dell'autorizzazione integrata
ambientale e del giudizio di compatibilità ambientale, è stato demandato (cfr.
deliberazione di Giunta n. 1998 del 22 luglio 2008) al Segretario regionale
dell’ambiente, che vi ha provveduto con circolare del 31 ottobre 2008, nella
quale si afferma che per gli impianti per i quali è già stato espresso il parere
di compatibilità ambientale favorevole, nonché la relativa approvazione e per i
quali tuttavia non si è ancora conclusa la procedura di valutazione di impatto
ambientale “non si procede alla pubblicazione di nuovi avvisi in quanto la fase
di pubblicità prevista dall’art. 5 del Dlgs. 59/05 si intende già assolta
nell’ambito delle procedure di evidenza previste dalla normativa vigente in
materia di Via”. In tal modo si realizza una compressione della facoltà, per il
pubblico, di esprimere il proprio apporto procedimentale rispetto alla specifica
procedura dell’autorizzazione integrata ambientale, ma ciò risulta esente da
profili di illegittimità in quanto una tale conclusione sembra trovare adeguata
giustificazione sul piano della ragionevolezza, e, rientrando tra le possibili
varianti interpretative attribuibili alla normativa statale (art. 10 d.lgs. n.
152/2006), non si pone in contrasto con essa. Infatti vi è da considerare che la
previsione ha carattere transitorio, in quanto riguarda i soli progetti per i
quali si è sostanzialmente ormai conclusa, con l’approvazione, la procedura di
valutazione di impatto ambientale, che l’apporto procedimentale degli
interessati è già stato ottenuto in occasione della procedura di valutazione di
impatto ambientale, e che il contesto normativo entro cui si inserisce la
determinazione è quello prescritto dall’art. 10, comma 2, del Dlgs. 3 aprile
2006, n. 152, per il quale deve essere “in ogni caso essere disposta l'unicità
della consultazione del pubblico per le due procedure” (concetto oggi ribadito
dall’art. 29 quater, comma 3, ultimo periodo, del Dlgs. 3 aprile 2006, n. 152,
come introdotto dal Dlgs. 29 giugno 2010, n. 128). Pres. Di Nunzio, Est. Mielli
- A.A. e altri (avv.ti Garancini e Padovan) c. Regione Veneto (avv.ti Ligabue e
Zanon) e altri (n.c.) -
TAR VENETO, Sez. III - 5 novembre 2010, n. 5982
RIFIUTI - Gestione dei rifiuti urbani - gestione dei rifiuti speciali - Regimi e
discipline differenziate - Fattispecie. La gestione dei rifiuti urbani e di
quelli speciali coinvolge problematiche ambientali diverse, e soggiace
conseguentemente a regimi e discipline considerevolmente differenziate anche per
quanto riguarda la loro pianificazione. Il principio di libera circolazione -
cfr. Corte Costituzionale n. 10 del 2009 - ad esempio, trova applicazione solo
per i rifiuti speciali pericolosi o non pericolosi e non per i rifiuti urbani,
per i quali vale invece il divieto di smaltimento in territorio extraregionale,
in quanto per i rifiuti speciali “non è possibile preventivare in modo
attendibile la dimensione quantitativa e qualitativa del materiale da smaltire,
cosa che, conseguentemente, rende impossibile «individuare un ambito
territoriale ottimale che valga a garantire l'obiettivo della autosufficienza
nello smaltimento» (fattispecie relativa all’applicazione ad un impianto di
rifiuti speciali di limiti e divieti di localizzazione previsti esclusivamente
per gli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti urbani dalla specifica
pianificazione di settore). Pres. Di Nunzio, Est. Mielli - A.A. e altri (avv.ti
Garancini e Padovan) c. Regione Veneto (avv.ti Ligabue e Zanon) e altri (n.c.) -
TAR VENETO, Sez. III - 5 novembre 2010, n. 5982
VIA - Regione Veneto - L.R. n. 3/2000 - programma di controllo - Fase di
autorizzazione all’esercizio dell’impianto. Il programma di controllo, ai
sensi dell’art. 26 della legge regionale del Veneto 21 gennaio 2000, n. 3, deve
essere approvato solo nella fase di autorizzazione all’esercizio dell’impianto,
e non per la fase di approvazione del progetto. Pres. Di Nunzio, Est. Mielli -
A.A. e altri (avv.ti Garancini e Padovan) c. Regione Veneto (avv.ti Ligabue e
Zanon) e altri (n.c.) -
TAR VENETO, Sez. III - 5 novembre 2010, n. 5982
RIFIUTI - Impianti per il recupero di rifiuti - Approvazione dei progetti -
Variante allo strumento urbanistico - Art. 208, c. 6 d.lgs. n. 152/2006 - art.
23, c. 2 l.r. Veneto n. 10/1999 - Dissenso tra Regione e Comune - Regola
di composizione. L’art. 208, comma 6, del Dlgs. 3 aprile 2006, n. 152 (che
sul punto ripete quanto già previsto dall’art. 27, comma 5, del Dlgs. 5 febbraio
1997, n. 22) e l’art. 23, comma 2, della legge regionale del Veneto 26 marzo
1999, n. 10, hanno previsto che l’approvazione dei progetti di impianti per il
recupero dei rifiuti “costituisce, ove occorra, variante allo strumento
urbanistico e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed
indifferibilità dei lavori”, e quindi il possibile contrasto è già risolto in
via preventiva dal legislatore. In tale contesto, il giudizio di compatibilità
urbanistica costituisce una questione che attiene al merito delle valutazioni
discrezionali proprie dell’Amministrazione, ed il legislatore statale con l’art.
208, comma 6, del Dlgs. 3 aprile 2006, n. 152, ha preventivamente dettato la
regola di composizione del possibile dissenso tra la Regione e il Comune,
facendo prevalere la volontà dell’ente di maggiori dimensioni, secondo un
paradigma utilizzato dal legislatore ogniqualvolta vengono in gioco interessi di
carattere sovracomunale. Pres. Di Nunzio, Est. Mielli - A.A. e altri (avv.ti
Garancini e Padovan) c. Regione Veneto (avv.ti Ligabue e Zanon) e altri (n.c.) -
TAR VENETO, Sez. III - 5 novembre 2010, n. 5982
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 05982/2010 REG.SEN.
N. 01643/2009 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1643 del 2009, integrato da motivi
aggiunti, proposto da:
Andrea Alessandrini, Gialivio Antelmi, Mario Antigo, Onelio Aureto, Adriano
Busatto, Cinzia Calesella, Moreno Carraro, Maria Chirizzi, Stefano Colusso,
Paola Coticoni, Nicolino De Angelis, Luca De Benetti, Nazareno De Benetti,
Sabrina De Benetti, Claudio De Marchi, Orlando De Marchi, Casimiro Dovesi,
Francesca Dovesi, Luigi Durigon, Cinzia Falcon, Mario Favaro, Dario Ferretto,
Mario Franchin, Maria Franco, Simone Gastaldo, Ioselito Gobbo, Stefano Guerini,
Giorgio Libralato, Antonio Maglio, Patrizio Marcon, Luisa Marchioro, Adriano
Masini, Giuseppe Massaccesi, Luciano Mazzolin, Lia Mel, Maria Luisa Menegaldo,
Francesco Miolo, Alberto Pagin, Sole Papais, Roberta Pavin, Stefano Piu, Orazio
Pizziolo, Tommaso Ernesto Pizzo, Massimiliano Povelato, Vanni Raccanello,
Danillo Righetto, Massimo Saran, Alessandro Sartor, Livio Sartor, Mario Sartor,
Sergio Sartor, Gabriella Sciumbarruto, Bruna Simionato, Gino Spoladore, Edino
Tessarotto, Achille Tonon, Giovanni Tonon, Italo Tonon, Tiziana Tonon, Lorenzo
Torresan, Giorgio Tortato, Mauro Tosatto, Daniele Trevisan, Nadia Trevisan,
Giampaolo Vanin, Cristina Vettor, Stefano Vignola, Pamela Zaccarin, Franca
Zanatta, rappresentati e difesi dagli avv. Gianfranco Garancini e Luisa Padovan,
con domicilio eletto presso Torquato Tasso in Venezia – Mestre, via Verdi 5;
contro
Regione Veneto, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa
dagli avv.ti Cecilia Ligabue ed Ezio Zanon, con domicilio eletto in Venezia,
Cannaregio, 23;
Provincia di Treviso, non costituitasi in giudizio;
Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto, non
costituitasi in giudizio;
nei confronti di
Mestrinaro Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata
e difesa dagli avv.ti Massimo Malvestito e Sebastiano Tonon, con domicilio
eletto presso lo studio di quest’ultimo in Venezia, San Marco, 3901;
per l'annullamento
A) quanto al ricorso originario:
- della deliberazione della Giunta Regionale n. 882 del 7/4/2009, pubblicata sul
B.U.R. Veneto n. 35 del 28/4/2009, relativa alla procedura di V.I.A. e
autorizzazione ai sensi degli artt. 11 e 23 dell L.R. Veneto n. 10 del 1999 e
autorizzazione integrale ambientale ai sensi del D.L.gs. n. 59/2005 e della L.R.
Veneto n. 26/2007, nonché dei relativi pareri e pronunciamenti resi dalla
Commissione V.I.A. della Regione Veneto, anche integrata ai sensi dell'art. 23,
L.R. n. 10/1999 del 16/7/2008 e 10/12/2008, ed atti connessi, con domanda di
risarcimento danni;
B) quanto ai motivi aggiunti:
- della deliberazione della Giunta regionale n. 100 del 26 gennaio 2010,
pubblicata sul B.U.R. Veneto n. 19 del 2 marzo 2010, nonché relativo parere n.
276 del 20 gennaio 2010 reso dalla Commissione V.I.A., anche integrata ai sensi
dell’art. 23 L.R. 10/99, ed atti connessi.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Veneto e della
controinteressata Mestrinaro Spa;
Visti i motivi aggiunti;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 ottobre 2010 il dott. Stefano
Mielli e uditi per le parti i difensori L. Padovan, per la parte ricorrente, C.
Ligabue per la Regione del Veneto e M. Malvestio per la Mestrinaro s.p.a.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La controinteressata Società Mestrinaro Spa, che già opera nel settore del
recupero dei rifiuti inerti con un impianto nel Comune di Zero Branco, in data
24 novembre 2004, ha presentato alla Regione una domanda per l’avvio della
procedura di valutazione di impatto ambientale e contestuale approvazione di un
progetto finalizzato ad integrare, nell’ambito del medesimo sito, l’impianto già
esistente di lavorazione di inerti mediante frantumazione, con processi di
trattamento, recupero e inertizzazione di altri rifiuti speciali.
Con deliberazione della Giunta regionale n. 882 del 7 aprile 2009, preso atto
del parere favorevole n. 215 del 10 dicembre 2008 della commissione regionale
V.I.A. integrata, la Regione ha espresso giudizio favorevole di compatibilità
ambientale, rilasciando l’autorizzazione integrata ambientale per l’avvio dei
lavori di realizzazione dell’impianto ed approvando, con prescrizioni, il
progetto.
Tale provvedimento è impugnato dai ricorrenti, che sono un gruppo di cittadini
residenti in località Bertoneria (in un raggio di 500 metri dai confini
dell’impianto), nelle vicinanze dell’impianto (nella frazione S. Alberto con
distanza dall’impianto superiore a 500 metri), o nel Comune (cfr. la tabella di
cui al doc. 1 allegato al ricorso), per le seguenti censure:
I) violazione degli artt. 6 e 10, lett. b), della legge 7 agosto 1990, n. 241,
del principio di partecipazione, dell’art. 5, commi 7 e 8, del Dlgs. 18 febbraio
2005, n. 59, carenza di istruttoria, travisamento e mancata considerazione di
fatti presupposti, per l’omessa autonoma ripubblicazione dell’avviso di
presentazione del progetto nell’ambito della procedura di rilascio
dell’autorizzazione integrata ambientale;
II) violazione dell’art. 10 delle norme tecniche di attuazione allegate al piano
regolatore, violazione del piano di assetto del territorio adottato con
deliberazione di Giunta comunale n. 32 del 15 aprile 2009, e dell’art. 9 della
legge regionale 26 marzo 1999, n. 10, per l’omessa adeguata considerazione della
disciplina urbanistica;
III) violazione del regolamento CE n. 510/2006 del Consiglio del 20 marzo 2006,
del regolamento CE n. 1107/96 della Commissione del 12 giugno 1996, dell’art. 21
del Dlgs. 18 maggio 2001, n. 228, dell’elaborato E, punto 3.3.5. della
deliberazione del Consiglio regionale n. 59 del 22 novembre 2004, del piano di
gestione rifiuti urbani relativo alla Provincia di Treviso, approvato con
deliberazione del Consiglio regionale n. 62 del 22 novembre 2004, perché non si
è tenuto conto della classificazione del territorio comunale come non idoneo
alla localizzazione di impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti, in
ragione della presenza di produzioni agricole di qualità e tipicità;
IV) travisamento, contraddittorietà per mancanza e carenza di istruttoria,
sviamento, con riferimento: a) alla violazione dell’art. 4 del Dlgs. 18 febbraio
2005, n. 59; b) alla violazione del decreto del Ministro dell’ambiente 29
gennaio 2007; c) ulteriore carenza di istruttoria; d) contraddittorietà rispetto
alla deliberazione della Giunta regionale n. 1389 del 14 giugno 2005; e) carenza
di istruttoria sotto altro profilo alle problematiche legate all’incremento del
traffico; f) carenza di istruttoria sotto ulteriore profilo, relativamente alla
necessità di bonifica delle aree interessate.
Si sono costituiti in giudizio la Regione Veneto e la controinteressata
Mestrinaro Spa, replicando ai motivi di ricorso e concludendo per la sua
reiezione.
Relativamente ad altro ricorso r.g. n. 1420 del 2009, proposto dal Comune di
Zero Branco avverso i medesimi atti oggetto della presente controversia, con
ordinanza della Sezione n. 723 del 15 luglio 2009, è stata respinta la domanda
cautelare, accolta invece in appello, ai fini di un riesame, con ordinanza della
V Sezione del Consiglio di Stato n. 4962 del 29 settembre 2009.
In quella sede il Consiglio di Stato ha ritenuto che la Regione non abbia
valutato con sufficiente completezza tutti gli elementi relativi alla
compatibilità urbanistica del progetto, e l’esistenza di una condanna in materia
ambientale a carico del legale rappresentante della Società richiedente
l’autorizzazione (elemento quest’ultimo non riconducibile a nessuno dei motivi
proposti con il ricorso).
La Regione, con deliberazione di Giunta n. 100 del 26 gennaio 2010, fatte salve
le prescrizioni e raccomandazioni di cui ai provvedimenti precedenti, ha
reiterato i provvedimenti impugnati con il ricorso originario, ha espresso un
giudizio favorevole di compatibilità ambientale, ha rilasciato l’autorizzazione
integrata ambientale per l’avvio dei lavori di realizzazione dell’impianto, e ha
approvato nuovamente il progetto previa acquisizione di un nuovo parere
favorevole n. 276 del 20 gennaio 2010, della commissione di impatto ambientale.
In tale parere è precisato che la condanna alla pena pecuniaria riportata dal
legale rappresentante della Società è ininfluente perché, priva di effetti
interdettivi, non rileva ai fini dell’iscrizione all’albo dei gestori
ambientali, e che, come indicato nella motivazione dei provvedimenti impugnati,
anche a seguito di una rinnovata istruttoria, è stata acquisita completa
cognizione dell’assetto urbanistico dell’area interessata dal progetto (cfr.
pagg. 4 e 5 del parere della commissione regionale di impatto ambientale)
oggetto di specifica valutazione anche da parte del responsabile della Direzione
Regionale urbanistica che ha espresso un apposito parere il 20 gennaio 2010.
Tale deliberazione è impugnata dai ricorrenti con motivi aggiunti per le
seguenti censure:
I) violazione degli artt. 6 e 10, lett. b), della legge 7 agosto 1990, n. 241,
degli artt. 14 e 15 della legge regionale 26 marzo 1999, n. 10, dell’art. 5,
commi 7 e 8 del Dlgs. 18 febbraio 2005, n. 59, e dei principi di partecipazione,
pubblicità e trasparenza, nonché carenza di istruttoria, per l’omessa
ripubblicazione dell’avviso di deposito del progetto a seguito dell’ordinanza
cautelare del Consiglio di Stato n. 4962 del 29 settembre 2009;
II) violazione dell’art. 10 delle norme tecniche di attuazione allegate al piano
regolatore, violazione del piano di assetto del territorio adottato con
deliberazione di Giunta comunale n. 32 del 15 aprile 2009, e dell’art. 9 della
legge regionale 26 marzo 1999, n. 10, difetto di motivazione, travisamento ed
elusione dell’ordinanza cautelare del Consiglio di Stato n. 4962 del 29
settembre 2009, per la non adeguata considerazione della disciplina urbanistica;
III) travisamento, contraddittorietà per mancanza o insufficienza di istruttoria
e sviamento, per la previsione di una compensazione pecuniaria in favore del
Comune nella misura di € 20 per mq per la nuova superficie edificatoria e le
valutazioni sull’aumento del traffico veicolare, dell’inquinamento acustico, e
lo svolgimento di lavori notturni.
La Regione Veneto e la controinteressata Mestrinaro Spa hanno eccepito
l’inammissibilità dei motivi aggiunti o, in via alternativa, l’improcedibilità
del ricorso originario, chiedendo nel merito la loro reiezione.
Alla pubblica udienza del 14 ottobre 2010, in prossimità della quale tutte le
parti costituite hanno depositato memorie a sostegno delle proprie difese, la
causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. La Regione e la controinteressata Società Mestrinaro Spa eccepiscono
l’inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione ed interesse, in
quanto i ricorrenti non potrebbero limitarsi ad invocare la mera vicinanza
all’impianto, dovendo invece dare prova del concreto e sicuro pregiudizio che
ricevono nella propria sfera giuridica o per il fatto che la localizzazione
dell’impianto riduce il valore economico del fondo situato nelle vicinanza, o
perché le prescrizioni dettate dall’autorità competente in ordine alle modalità
di gestione dell’impianto sono inidonee a salvaguardare la salute di chi vive
nelle sue vicinanze.
Questo ordine di idee non è condivisibile.
Non è contestata la vicinanza delle abitazioni dei ricorrenti all’impianto, e
gli stessi (cfr. pagg. 46 e 47 del ricorso) lamentano, oltre a una diminuzione
del valore economico degli immobili situati nelle vicinanze dell’impianto, il
possibile danno alla salubrità dei luoghi, alla salute, all’integrità
dell’ambiente.
La circostanza che la vicinanza di tale tipo di impianti produca delle
esternalità negative rispetto al territorio circostante, costituisce un dato di
comune esperienza. Nel caso all’esame lo stesso parere della commissione
regionale VIA integrata n. 882 del 7 aprile 2009 (cfr. pag. 21) lo sottolinea,
affermando che “non è possibile negare un impatto negativo dovuto alla presenza
dell’attività soprattutto per le abitazioni più prossime e situate a ridosso
delle arterie stradali utilizzate dai mezzi”.
Pertanto il Collegio, condividendo l’indirizzo secondo cui, ai fini
dell’impugnativa di un provvedimento che autorizza l’avvio di un’attività
potenzialmente inquinante, il ricorrente non è tenuto a dimostrare che si è
verificato un danno, in quanto tale questione attiene al merito, ed è invece
sufficiente la prospettazione di temute ripercussioni sul territorio collocato
nelle immediate vicinanze (cfr. Tar Toscana Sez. II, 6 ottobre 2009 , n. 1505;
Consiglio di Stato, Sez. V, 28 novembre 2008 , n. 5910; Consiglio di Stato, Sez.
VI, 5 dicembre 2002, n. 6657; Consiglio di stato, Sez. V, 12 ottobre 1999 , n.
1445), ritiene che le eccezioni di difetto di legittimazione ed interesse
debbano essere respinte.
1.1 La Regione e la controinteressata Società Mestrinaro Spa eccepiscono altresì
l’inammissibilità dei motivi aggiunti con cui è stata impugnata la deliberazione
della Giunta regionale n. 100 del 26 gennaio 2010, affermando che questa
costituirebbe un mero atto d’esecuzione dell’ordinanza cautelare del Consiglio
di Stato, Sez. V, n. 4962 del 29 settembre 2009, tutt’al più censurabile
attraverso il rimedio di cui all’art. 21, comma quattordicesimo, della legge 6
dicembre 1971, n. 1034 (oggi art. 59 del cod. proc. amm.).
L’eccezione non può essere condivisa.
La deliberazione della Giunta regionale n. 100 del 26 gennaio 2010, consegue sì
ad un'ordinanza cautelare, ma di tipo propulsivo (infatti l’ordinanza cautelare,
ritenendo espressamente che non fossero stati sufficientemente valutati tutti
gli elementi relativi alla compatibilità del progetto alle esigenze ambientali e
territoriali, ha accolto la domanda cautelare “ai fini di un motivato riesame da
parte dell’Amministrazione procedente alla luce delle circostanze sopra
riportate”), ed ha una portata ulteriore rispetto a questa in quanto, sebbene
posta in essere su impulso giurisdizionale, costituisce il riesercizio di un
potere amministrativo connotato da discrezionalità, svoltosi nell’ambito di un
rinnovato iter istruttorio e motivazionale, ed assume pertanto caratteri di
autonomia rispetto ad una mera esecuzione della pronuncia giurisdizionale.
1.3 Con un’ulteriore eccezione la controinteressata Mestrinaro Spa sostiene che
il ricorso originario sarebbe divenuto interamente improcedibile per
sopravvenuta carenza di interesse, in quanto la deliberazione n. 100 del 26
gennaio 2010, dovrebbe intendersi come interamente sostitutiva della
deliberazione n. 882 del 7 aprile 2009.
L’eccezione è fondata solo in parte, in quanto, come controdedotto dai
ricorrenti nella memoria del 27 settembre 2010, depositata in prossimità della
pubblica udienza, la deliberazione n. 100 del 26 gennaio 2010, integra e
sostituisce solo in parte, richiamandosi per il resto ad essi, i precedenti atti
della procedura (a pag. 4 del parere della Commissione V.I.A. n. 276 del 20
gennaio 2010, si legge infatti che “si è provveduto al riesame del progetto già
autorizzato con DGRV. n. 882 del 7 aprile 2009, pubblicata sul BUR Veneto n. 35
del 28 aprile 2009, nei termini di quanto richiesto dal Consiglio di Stato,
riconfermando in toto quanto già per gli altri aspetti esaminato nel parere n.
215 del 10/12/2008”; allo stesso modo, come si legge a pag. 9, viene espresso un
giudizio positivo di compatibilità ambientale “così come già espresso dalla
Commissione Regionale V.I.A. nel parere n. 215 del 10 dicembre 2008, fatto
proprio dalla Giunta Regionale del Veneto con DGRV n. 882 del 7 aprile 2009, con
l’integrazione dello stesso con la raccomandazione di cui all’allegato parere,
n. 276 del 20 gennaio 2010, allegato A al presente provvedimento, fatte salve
tutte le restanti prescrizioni e raccomandazioni di cui al citato parere n. 215
del 10 dicembre 2008, già approvato con DGRV n. 882 del 7.4.2009”).
Ne discende che deve essere dichiarata la sopravvenuta carenza di interesse
limitatamente alle censure di cui al secondo motivo del ricorso originario, con
il quale i ricorrenti lamentano l’insufficiente considerazione della
compatibilità del progetto rispetto alle esigenze ambientali e territoriali,
poiché le valutazioni oggetto di quelle censure sono state sostituite dalle
nuove determinazioni contenute nella deliberazione n. 100 del 26 gennaio 2010,
sulla quale deve pertanto ritenersi trasferito, in parte qua, l’interesse degli
istanti.
2. Con il primo motivo del ricorso originario i ricorrenti lamentano la
violazione dei principi di pubblicità, trasparenza e partecipazione, perché la
Regione non ha disposto che la controinteressata procedesse alla ripubblicazione
dell’avviso di presentazione del progetto, ai fini del perfezionamento della
procedura di rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale.
La censura va disattesa.
Come noto uno dei maggiori problemi che si è posto a seguito del recepimento
della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate
dell'inquinamento, è consistito nell’assicurare in via interpretativa, in
difetto di una chiara indicazione normativa, il coordinamento tra le procedure
di rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale e del giudizio di
compatibilità ambientale, i cui procedimenti a livello istruttorio possono
intersecarsi con duplicazioni e disfunzioni.
L’art. 10 del Dlgs. 3 aprile 2006, n. 152, come modificato dal Dlgs. 16 gennaio
2008, n. 4, ha disposto che “le regioni e le province autonome assicurano che,
per i progetti per i quali la valutazione d'impatto ambientale sia di loro
attribuzione e che ricadano nel campo di applicazione dell'allegato I del
decreto legislativo n. 59 del 2005, la procedura per il rilascio di
autorizzazione integrata ambientale sia coordinata nell'ambito del procedimento
di VIA”.
La Regione Veneto con deliberazione di Giunta n. 1998 del 22 luglio 2008, in via
amministrativa, in attuazione a tale previsione normativa statale, ha demandato
al Segretario regionale dell’ambiente di prevedere forme di coordinamento tra le
due procedure, e questi vi ha provveduto con circolare del 31 ottobre 2008,
nella quale si afferma che per gli impianti per i quali è già stato espresso il
parere di compatibilità ambientale favorevole, nonché la relativa approvazione e
per i quali tuttavia non si è ancora conclusa la procedura di valutazione di
impatto ambientale “non si procede alla pubblicazione di nuovi avvisi in quanto
la fase di pubblicità prevista dall’art. 5 del Dlgs. 59/05 si intende già
assolta nell’ambito delle procedure di evidenza previste dalla normativa vigente
in materia di Via”.
Orbene, in tal modo, come dedotto dalla parte ricorrente, si realizza una
compressione della facoltà, per il pubblico, di esprimere il proprio apporto
procedimentale rispetto alla specifica procedura dell’autorizzazione integrata
ambientale, ma ciò risulta esente da profili di illegittimità in quanto una tale
conclusione sembra trovare adeguata giustificazione sul piano della
ragionevolezza, e, rientrando tra le possibili varianti interpretative
attribuibili alla normativa statale, non si pone in contrasto con essa.
Infatti vi è da considerare che la previsione ha carattere transitorio, in
quanto riguarda i soli progetti per i quali si è sostanzialmente ormai conclusa,
con l’approvazione, la procedura di valutazione di impatto ambientale, che
l’apporto procedimentale degli interessati è già stato ottenuto in occasione
della procedura di valutazione di impatto ambientale, e che il contesto
normativo entro cui si inserisce la determinazione è quello prescritto dall’art.
10, comma 2, del Dlgs. 3 aprile 2006, n. 152, per il quale deve essere “in ogni
caso essere disposta l'unicità della consultazione del pubblico per le due
procedure” (concetto oggi ribadito dall’art. 29 quater, comma 3, ultimo periodo,
del Dlgs. 3 aprile 2006, n. 152, come introdotto dal Dlgs. 29 giugno 2010, n.
128).
La censura di cui al primo motivo deve pertanto essere respinta.
3. Con il terzo motivo del ricorso originario i ricorrenti lamentano che non si
è tenuto conto della classificazione del territorio comunale come non idoneo
alla localizzazione di impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti urbani, in
ragione della presenza di produzioni agricole di qualità e tipicità, e quindi la
violazione del regolamento CE n. 510/2006 del Consiglio del 20 marzo 2006, del
regolamento CE n. 1107/96 della Commissione del 12 giugno 1996, dell’art. 21 del
Dlgs. 18 maggio 2001, n. 228, dell’elaborato E, punto 3.3.5. della deliberazione
del Consiglio regionale n. 59 del 22 novembre 2004, del piano di gestione
rifiuti urbani relativo alla Provincia di Treviso, approvato con deliberazione
del Consiglio regionale n. 62 del 22 novembre 2004.
La censura è infondata.
La normativa invocata dalla parte ricorrente riguarda solamente i rifiuti urbani
e non i rifiuti speciali, e quindi non è applicabile alla fattispecie in esame
che concerne un impianto di recupero di rifiuti esclusivamente speciali, né
della stessa normativa sembra potersi fare un’applicazione analogica nelle more
dell’approvazione del diverso ed autonomo piano regionale di gestione dei
rifiuti speciali previsto dall’art. 10, della legge 26 marzo 1999, n. 10.
Infatti la gestione dei rifiuti urbani e di quelli speciali coinvolge
problematiche ambientali diverse, e soggiace conseguentemente a regimi e
discipline considerevolmente differenziate anche per quanto riguarda la loro
pianificazione (il principio di libera circolazione - cfr. Corte Costituzionale
n. 10 del 2009 – ad esempio, trova applicazione solo per i rifiuti speciali
pericolosi o non pericolosi e non per i rifiuti urbani, per i quali vale invece
il divieto di smaltimento in territorio extraregionale, in quanto per i rifiuti
speciali “non è possibile preventivare in modo attendibile la dimensione
quantitativa e qualitativa del materiale da smaltire, cosa che,
conseguentemente, rende impossibile «individuare un ambito territoriale ottimale
che valga a garantire l'obiettivo della autosufficienza nello smaltimento»).
In difetto dei presupposti per l’applicazione analogica ad un impianto di
recupero di rifiuti speciali dei limiti e divieti di localizzazione previsti
esclusivamente per gli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti urbani
dalla specifica pianificazione di settore, la censura di cui al terzo motivo del
ricorso originario deve pertanto essere respinta.
4. Con il quarto motivo del ricorso originario i ricorrenti introducono in
realtà diverse censure, che devono essere considerate separatamente.
Con la prima lamentano che i provvedimenti impugnati sarebbero illegittimi
perché, relativamente all’autorizzazione integrata ambientale, non hanno di
volta in volta evidenziato l’utilizzo delle migliori tecniche disponibili per la
riduzione delle emissioni e dell’impatto sull’ambiente.
La doglianza è infondata e formulata in modo generico, posto che dalla lettura
del parere della commissione VIA n. 882 del 7 aprile 2009 (cfr. in particolare
il quadro di riferimento progettuale da pag. 24 a pag. 37) emerge che le scelte
progettuali sono motivate con la finalità di ridurre l’impatto sull’ambiente, e
i ricorrenti non assolvono all’onere, sugli stessi spettante, di fornire anche
una semplice allegazione circa il mancato utilizzo delle migliori tecniche
disponibili.
La doglianza va pertanto respinta.
4.1 Con una seconda censura, nell’ambito del medesimo motivo, i ricorrenti
lamentano che non risulta recepito l’obbligo del progettista di allegare il
piano di sicurezza e di controllo, previsto dagli artt. 22, comma 2, lett. d), e
26, comma 7, della legge regionale 21 gennaio 2000, n. 3, e a sostegno
dell’affermazione invocano la circostanza che le prescrizioni n. 11 e n. 12
impartite dal parere n. 199 del 16 luglio 2008, circa la necessità di integrare
il piano di sicurezza e il programma di controllo da predisporsi ai sensi della
deliberazione di Giunta regionale n. 1579 del 22 giugno 2001, sono state
eliminate dal parere n. 215 del 10 dicembre 2010, reso in sede di rilascio
dell’autorizzazione integrata ambientale, con la motivazione che il piano di
sicurezza e controllo doveva intendersi già esaminato contestualmente
all’approvazione del progetto. Ciò dimostrerebbe che di fatto un piano conforme
alle norme di legge non sarebbe mai stato esaminato.
La censura deve essere respinta.
In primo luogo deve osservarsi che il programma di controllo, ai sensi dell’art.
26 della legge regionale 21 gennaio 2000, n. 3, deve essere approvato solo nella
fase di autorizzazione all’esercizio dell’impianto (cui si riferisce l’art. 26),
e non per la fase - oggetto delle deliberazioni impugnate - di approvazione del
progetto.
In secondo luogo, va considerato che la controinteressata risulta aver allegato
al progetto un apposito elaborato denominato “piano di sorveglianza e controllo”
(cfr. doc. 21 allegato al ricorso) che in sostanza (cfr. in particolare pagg. 58
e seguenti) indica le procedure da adottarsi in caso di incidente come
specificate dalla deliberazione di Giunta 22 giugno 2001, n. 1579, recante
“nuovi indirizzi in merito al Piano di sicurezza ed ai Programmi di Controlli
previsti dalla L.R. 21 gennaio 2000, n. 3”.
Peraltro, come risulta dalla lettura della citata deliberazione di Giunta 22
giugno 2001, n. 1579, il piano da allegare al progetto non ha una valenza
definitiva ed immutabile, in quanto è successivamente integrabile (nella
deliberazione si sottolinea che la norma di legge “non estende, in linea
generale, agli impianti regolati dalla legge regionale l'applicazione della
normativa prevista dal D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 334 in materia di pericoli di
incidenti rilevanti” e si afferma che “il Piano fa parte integrante del progetto
dell'impianto e deve essere presentato all'Autorità competente per
l'approvazione, fermo restando che lo stesso potrà subire opportune integrazioni
in sede di rilascio del certificato di prevenzione incendi”).
Pertanto, indipendentemente dalla questione, di per sé priva di ripercussioni di
carattere sostanziale, relativa all’espunzione, operata dal parere n. 215 del 10
dicembre 2008 con cui è stata rilasciata l’autorizzazione integrata ambientale,
delle prescrizioni n. 11 e n. 12 del parere n. 199 del 16 luglio 2008, reso
nell’ambito della procedura di valutazione di impatto ambientale, non risultano
violati gli artt. 22, comma 2, lett. d), e 26, comma 7, della legge regionale 21
gennaio 2000, n. 3, né risulta comprovata la sussistenza del dedotto difetto di
istruttoria.
4.2 Con un’ulteriore censura i ricorrenti lamentano che sarebbe stata
volutamente esclusa dall’indicazione dei perimetri dell’impianto la parte
dell’area adibita a edificio direzionale ad uso uffici amministrativi, al fine
di consentire il rispetto della distanza di 150 metri dell’impianto dalle
abitazioni più vicine.
La doglianza, di non chiara formulazione, muove da un’erronea premessa.
Infatti l’art. 32, comma 2, della legge regionale 21 gennaio 2000, n. 3, dispone
che “le distanze di cui al comma 1 vanno misurate rispetto al perimetro
dell'area destinata ad essere occupata dai rifiuti”, ed è pertanto irrilevante
la distanza dell’edificio direzionale dalle abitazioni.
4.3 I ricorrenti lamentano inoltre che non si è tenuto conto che con la
deliberazione n. 1389 del 14 giugno 2005, la Giunta regionale aveva autorizzato
la controinteressata all’utilizzo di un impianto di frantumazione, specificando
che avrebbe dovuto essere utilizzato in aree definite dal piano regolatore come
produttive, mentre gli atti impugnati ammettono l’utilizzo dell’impianto in area
agricola, e in ciò si rivelerebbe un’ingiustificata contraddittorietà tra atti
della Regione.
La censura va respinta, perché il progetto è approvato in variante agli
strumenti urbanistici, ai sensi dell’art. 208, comma 6, del Dlgs. 3 aprile 2006,
n. 152, mediante l’attribuzione della destinazione produttiva a tutte le aree
interessate, cosicché non sussiste la contraddittorietà denunciata.
4.4 Con la quinta della censure contenute nel quarto motivo del ricorso
originario, i ricorrenti si limitano in realtà a porre “una serie di
interrogativi”, assai stringati, relativi alla raccolta delle acque, alla
valutazione acustica, al trattamento delle acque, alla esistenza di eventuali
pronunciamenti dei vigili del fuoco circa il rischio incendi, e alle
controdeduzioni rispetto alle osservazioni presentate sul traffico.
Così formulata la doglianza è inammissibile per genericità, in quanto non
consente di ricavare gli specifici elementi in base ai quali sarebbero
sussistenti i vizi dedotti (ex pluribus cfr. T.A.R. Marche, Sez. I, 10 novembre
2006, n. 1142).
In ogni caso vi è da rilevare che si tratta di aspetti specificamente
considerati nel parere della commissione VIA n. 882 del 7 aprile 2009 (cfr. il
quadro di riferimento progettuale da pag. 24 a pag. 37) cui il Collegio non può
che rinviare.
4.5 Con l’ultima delle censure i ricorrenti lamentano che non sarebbe stata
motivata la determinazione di non procedere alla bonifica delle aree.
La circostanza esula dalla presente controversia.
Infatti la deliberazione della Giunta regionale n. 882 del 7 aprile 2009 (cfr.
pag. 26 del parere allegato), si è limitata a prendere atto che il Comune di
Zero Branco con deliberazione di Giunta n. 39 del 29 febbraio 2008, che non è
oggetto di impugnazione, ha ritenuto di non procedere alla bonifica del sito, e
la relativa determinazione, contrariamente a quanto dedotto, non risulta
immotivata, in quanto giustificata con riferimento agli esiti del piano di
caratterizzazione, in base ai quali è risultata non necessaria,
5. Con il primo dei motivi aggiunti i ricorrenti affermano che illegittimamente
la Regione, a seguito dell’ordinanza cautelare del Consiglio di Stato n. 4962
del 29 settembre 2009, si sarebbe limitata a rinnovare l’istruttoria senza
procedere ad una nuova pubblicazione dell’avviso di deposito del progetto,
finalizzato ad acquisire nuove osservazioni da parte del pubblico.
La doglianza va respinta, perché l’ordinanza cautelare, di tipo propulsivo, ha
ritenuto che non fossero stati sufficientemente valutati gli elementi relativi
alla compatibilità del progetto alle esigenze ambientali e territoriali, ed ha
quindi disposto un riesame, nell’ambito del medesimo procedimento, senza
disporre che ne venisse avviato uno nuovo, e nel corso del procedimento già
svolto erano già stati assolti i necessari oneri di pubblicità.
6. Con il secondo dei motivi aggiunti i ricorrenti, ripropongono sotto diversi
aspetti, l’illegittimità dei provvedimenti impugnati per questioni attinenti
l’assetto urbanistico delle aree, l’incompatibilità del progetto rispetto alle
destinazioni urbanistiche vigenti, e la sostanziale elusione del contenuto
dell’ordinanza cautelare n. 4962 del 29 settembre 2009, del Consiglio di Stato.
In sostanza lamentano che non sarebbero stati valutati dalla Regione con
sufficiente completezza tutti gli elementi relativi alla compatibilità
urbanistica del progetto.
Sul punto il Collegio osserva quanto segue.
6.1 In fatto è necessario premettere che il progetto oggetto dei provvedimenti
consiste nell’integrazione, nell’ambito del medesimo sito, dell’impianto già
esistente di lavorazione di inerti mediante frantumazione, con processi di
trattamento, recupero e inertizzazione di altri rifiuti speciali, e prevede la
costruzione di tre nuovi edifici per 8.320 mq e di un’area pavimentata coperta
da tettoia di 1476 mq.
L’impianto già esistente ricade in una zona impropria, difforme dalla
destinazione produttiva industriale di tipo D, e il progetto riguarda anche
delle porzioni ricadenti in zona agricola E2 ed E3, oltre che, per una ridotta
superficie, in area classificata come verde privato.
Relativamente agli interventi edilizi sugli insediamenti produttivi in zona
impropria l’art. 30, terzo comma, della legge regionale 27 giugno 1985, n. 61 ha
demandato ai Comuni di individuare quegli insediamenti per i quali si renda
opportuno il trasferimento delle attività in aree idonee a destinazione
industriale e artigianale e quelli da confermare, e l’art. 126 (aggiunto dalla
legge regionale 5 marzo 1987, n. 11), ha demandato ai Comuni di adottare
un’apposita disciplina per disciplinare gli interventi edilizi ammissibili sugli
insediamenti localizzati in difformità delle destinazioni di piano.
In attuazione di tale normativa il Comune di Zero Branco con l’art. 10 delle
norme tecniche di attuazione allegate al piano regolatore ha individuato le
attività produttive da confermare, da trasferire e da bloccare.
Alcune attività, tra le quali quella svolta dalla ditta controinteressata, sono
state classificate come “da confermare” con previsioni puntuali.
Le previsioni puntuali (cfr. art. 10, n. 1 cit.) hanno consentito la
realizzazione di un nuovo edificio per una superficie coperta pari al 100% di
quella esistente, e di questa facoltà si è avvalsa l’azienda nel 2002,
sottoscrivendo un atto unilaterale d’obbligo con il quale si è impegnata a non
variare la destinazione d’uso degli immobili per un periodo di dieci anni (cfr.
doc. 15 allegato al ricorso).
6.2 I ricorrenti, con le censure proposte, lamentano che il progetto è in
contrasto con il piano regolatore e che la Regione non avrebbe tenuto
sufficientemente conto degli elementi relativi alla compatibilità urbanistica
del progetto.
Tali doglianze non sono condivisibili.
La circostanza che il progetto non sia compatibile con lo strumento urbanistico
vigente (oltre che non pienamente coerente con le previsioni del P.A.T. – piano
di assetto del territorio – in fase di adozione, il quale ricomprende il sito
entro un’ampia area qualificata come idonea ad interventi diretti alla
riqualificazione e riconversione, nel cui ambito vi sono individuate un’estesa
area di urbanizzazione consolidata con presenza di “attività economiche non
integrabili con la residenza”, ed un elemento di degrado: cfr. doc. 19 allegato
al ricorso), non può essere invocata al fine di sostenere l’illegittimità dei
provvedimenti impugnati, in quanto il legislatore statale con l’art. 208, comma
6, del Dlgs. 3 aprile 2006, n. 152 (che sul punto ripete quanto già previsto
dall’art. 27, comma 5, del Dlgs. 5 febbraio 1997, n. 22) e il legislatore
regionale (cfr. art. 23, comma 2, della legge regionale 26 marzo 1999, n. 10)
hanno previsto che l’approvazione dei progetti di impianti per il recupero dei
rifiuti “costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico e
comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei
lavori”, e quindi il possibile contrasto è già risolto in via preventiva dal
legislatore.
6.3 Neppure è condivisibile la doglianza che non sarebbero stati valutati dalla
Regione con sufficiente completezza tutti gli elementi relativi alla
compatibilità urbanistica del progetto.
L’assunto, ad un accurato esame della documentazione versata in atti, appare
privo di riscontri, in quanto già la deliberazione n. 882 del 7 aprile 2009,
alle pagine da 7 a 22, 41 e 42 dell’allegato parere della commissione di
valutazione di impatto ambientale, risulta aver esaminato gli strumenti di
programmazione urbanistica, paesaggistico – territoriale e ambientale vigenti
sul sito, e ha espressamente riconosciuto la necessità di estendere sull’intera
area di intervento la destinazione urbanistica di tipo produttivo applicando
proprio l’art. 208, comma 6, del Dlgs. 3 aprile 2006, n. 152; la deliberazione
n. 100 del 26 gennaio 2010 (cfr. pag. 4), adottata a seguito di un riesame
sollecitato in sede cautelare e formulata previa acquisizione di un parere della
Direzione regionale urbanistica, ha confermato la mancanza di elementi di
incertezza o fraintendimenti sulla destinazione delle aree, sottolineando che lo
stesso strumento urbanistico vigente ha classificato l’impianto come “da
confermare” con le previsioni puntuali di cui all’art. 10 delle norme tecniche
di attuazione, in base alle quali è stato consentito il raddoppio della
superficie coperta preesistente.
In tale contesto, contrariamente a quanto affermano i ricorrenti nelle proprie
difese, la circostanza che, in base all’art. 10 delle norme tecniche di
attuazione, una volta realizzata la nuova superficie coperta ammessa, non sono
consentite ulteriori nuove edificazioni, non ha carattere ostativo, in quanto
anche tale previsione, facendo parte integrante del piano regolatore, può ben
essere oggetto di variazione per effetto dell’approvazione del progetto.
Peraltro emerge anche che vi è stata consapevolezza da parte della Regione della
necessità di una capacità edificatoria superiore a quella ammessa dal piano
regolatore, attestata dalla prescrizione n. 19 del parere n. 215 del 10 dicembre
2008, approvato con deliberazione n. 882 del 7 aprile 2009, con cui è stata
imposta una specifica compensazione economica per la possibilità edificatoria
aggiuntiva, e dalla documentazione versata in atti non risulta che il giudizio
di compatibilità del progetto con l’assetto del territorio, nel caso di specie
possa dirsi inficiato da elementi di irragionevolezza, illogicità o errori di
fatto (si tratta di un impianto già esistente, giudicato urbanisticamente
compatibile in passato dal Comune, servito da infrastrutture viarie, confinante
con una zona agricola e per il quale risultano rispettate le distanze dalle
abitazioni legislativamente prefissate).
In tale contesto il giudizio di compatibilità urbanistica costituisce una
questione che attiene al merito delle valutazioni discrezionali proprie
dell’Amministrazione, ed il legislatore statale con l’art. 208, comma 6, del
Dlgs. 3 aprile 2006, n. 152, ha preventivamente dettato la regola di
composizione del possibile dissenso tra la Regione e il Comune, facendo
prevalere la volontà dell’ente di maggiori dimensioni, secondo un paradigma
utilizzato dal legislatore ogniqualvolta vengono in gioco interessi di carattere
sovracomunale (si pensi, ad esempio, alla procedura prevista dall’art. 81 del
Dlgs. 24 luglio 1977, n. 616; alla realizzazione delle infrastrutture e degli
insediamenti produttivi strategici di cui al Dlgs. 20 agosto 2002, n. 190;
all’attuale disciplina di soluzione dei dissensi espressi nell’ambito della
conferenza di servizi di cui agli artt. 14 e ss. della legge 7 agosto 1990, n.
241, ecc.).
Pertanto le censure incentrate sui profili di carattere urbanistico devono
essere respinte.
7. Con il terzo dei motivi aggiunti i ricorrenti contestano, perché a proprio
giudizio immotivato, il contenuto della prescrizione n. 19, con la quale è stato
imposto il versamento della somma di € 20 per ogni mq di nuova superficie
edificata, affermando che tale previsione sarebbe inidonea a compensare lo
squilibrio urbanistico provocato dall’ampliamento.
La doglianza, in mancanza di contestazioni puntuali, si rivela priva di
fondamento, perché detta somma non è imposta per compensare un generico
squilibrio urbanistico, ma costituisce la quota di oneri di concessione
spettanti al Comune ai sensi dell’art. 24, comma 3, della legge regionale 21
gennaio 2000, n. 3, in base al quale “per la realizzazione degli impianti di
gestione dei rifiuti gli oneri di concessione sono dovuti nella misura prevista
per gli impianti industriali in relazione alla zona di ubicazione. Ai fini del
computo degli oneri di urbanizzazione le zone F sono assimilate alle zone D”.
Con un’ulteriore censura, nell’ambito del medesimo motivo, i ricorrenti
lamentano il difetto di presupposti, la contraddittorietà, e la mancanza di
istruttoria, perché la commissione VIA non avrebbe risposto alle osservazioni
del Comune relative alle problematiche dell’aumento del traffico veicolare,
dell’inquinamento acustico, e dello svolgimento di lavori notturni.
Le doglianze devono essere respinte.
Infatti come emerge dalla lettura del parere della Commissione VIA n. 276 del 20
gennaio 2010, allegato alla deliberazione n. 100 del 26 gennaio 2010, e in
particolare dalle pagine da 5 a 7, gli elementi di criticità oggetto delle
osservazioni del Comune sono stati considerati, osservando:
- quanto al traffico veicolare, che la gran parte del tragitto si svolge su
strade ad intensa circolazione (strade regionali e provinciali), per la quale
l’aggravio di traffico, rispetto ai volumi ordinari, non è apprezzabile, mentre
per il tratto più prossimo è stata formulata la prescrizione n. 20 , in base
alla quale è stato disposto che “in considerazione dell’aumento del traffico di
mezzi pesanti da e verso l’impianto, venga adeguata la viabilità di
avvicinamento. Tali fasi di cantiere e le connotazioni di dettaglio della
medesima dovranno essere concordate con l’amministrazione comunale”, “sulla base
della convenzione sottoscritta tra il Comune di Zero Branco e la Ditta
Mestrinaro Spa in data 29.12.2008”;
- quanto alle emissioni di rumori, previa un’analisi della classificazione
acustica del territorio, che sono “rispettati tutti i limiti di zonizzazione: le
attività avverranno di norma al coperto. Il frantoio ha una posizione studiata
con la previsione di impatto acustico”, e “i macchinari per la movimentazione
dei rifiuti (ruspa, muletto) saranno dotati di silenziatori ad elevata
efficienza”;
- quanto alle lavorazioni notturne effettuate in passato, che le stesse non sono
in alcun modo riconducibili né correlabili al progetto sottoposto al progetto
assoggettato a valutazione di impatto ambientale dell’impianto di trattamento e
recupero rifiuti, ma ai lavori di sistemazione delle piste dell’aeroporto di
Treviso.
In definitiva pertanto, il ricorso originario ed i motivi aggiunti, unitamente
alla domanda di risarcimento danni di cui non ricorrono i presupposti, devono
essere respinti.
Le peculiarità della controversia e la complessità e relativa novità di alcune
delle questioni trattate giustificano l’integrale compensazione delle spese di
giudizio tra le parti.
P.Q.M.
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, sulla
domanda di risarcimento danni e relativi motivi aggiunti, li respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 14 ottobre 2010 con
l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Di Nunzio, Presidente
Marco Buricelli, Consigliere
Stefano Mielli, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 05/11/2010
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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