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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562

 

 

 

T.A.R. VENETO, Sez. II - 3 dicembre 2010, n. 6331


DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO - Ricorso straordinario al Capo dello Stato - Principio dell’alternatività al ricorso giurisdizionale - Atto presupposto e atto conseguente - Applicabilità.
La regola dell'alternatività tra il ricorso straordinario al Capo dello Stato e quello giurisdizionale, sancita dall'art. 8 d.P.R. 24 novembre 1971 n. 1199, pur non essendo suscettibile di interpretazione analogica, allorché le due impugnative riguardino atti distinti, deve comunque ritenersi operante nel caso in cui dopo l'impugnativa in sede giurisdizionale dell'atto presupposto venga successivamente impugnato in sede straordinaria l'atto conseguente, al fine di dimostrarne l'illegittimità derivata dalla dedotta invalidità dell'atto presupposto; ciò per l'identità sostanziale delle due impugnative in relazione alla "ratio" della norma summenzionata, la quale appare volta ad impedire un possibile contrasto di giudizi in ordine al medesimo oggetto. Tale principio è da ritenersi ugualmente valido nella situazione inversa in cui l'atto presupposto sia stato precedentemente impugnato in sede straordinaria.(Cons. Stato, sez. IV 21.04.2005 n. 1852) Pres. De Zotti, Est. Franco - E. onlus (avv.ti Cavalieri e Sartori) c. Comune di Arcole (avv.ti Maragna e Carponi Schittar - TAR VENETO, Sez. II - 3 dicembre 2010, n. 6331

 

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

N. 06331/2010 REG.SEN.
N. 01211/2010 REG.RIC.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto


(Sezione Seconda)


ha pronunciato la presente


SENTENZA


sul ricorso numero di registro generale 1211 del 2010, proposto da:
Ente di Gestione dei Beni Islamici in Italia Onlus in persona del rappresentante legale in carica Kabakebbji Mohamed Maher e Limane Mohammed, in proprio e quale rappresentante legale dell’Associazione di Promozione Sociale Fraternità, rappresentati e difesi dagli avv. Mattia Cavalieri e Antonio Sartori, con domicilio eletto presso il secondo in Venezia-Mestre, Calle del Sale, 33, come da procure a.l. a margine del ricorso,


contro


Comune di Arcole in persona del sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Nicola Maragna e Luigi Carponi Schittar, con domicilio eletto presso il secondo in Venezia-Mestre, via Filiasi, 57, come da delibera di autorizzazione a resistere della G.M. n. 128 del 28.06.2010 e procura a.l. a margine della memoria di costituzione,

per l'annullamento

del provvedimento prot. n. 6991 pratica n. 16/2010 del Reg. Cost. Edil. in data 17.05.2010, del Comune di Arcole, avente ad oggetto: "Determinazione circa la domanda di permesso di costruire"; della delibera del Consiglio Comunale del Comune di Arcole R.D. n. 21 in data 26.04.2010, avente ad oggetto: "Acquisizione al patrimonio del Comune di Arcole di opere edilizie abusive ai sensi dell'art. 31 del D.P.R. n. 380/2001. Determinazioni"; della nota prot. n. 5053 in data 16.04.2010, avente ad oggetto: "Comunicazione relativa a possibile rigetto dell'istanza del procedimento per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria di un edificio ad uso teatro trasformato in luogo di culto"; della nota prot. n. 3952 in data 22.03.2010 avente ad oggetto "Verifica inottemperanza ordinanza prot. n. 15899 del 22.12.2009; della nota prot. n. 4292 in data 29.03.2010, recante: "Rapporto di verifica"; della nota prot. n. 4291 in data 29.03.2010, avente ad oggetto: "Verifica ottemperanza all'ordinanza prot. n. 15899 del 22.12.2009 (...)"; della nota prot. n. 6915 in data 26.05.2010, avente ad oggetto: "Verbale di acquisizione opera abusiva ai sensi dell'art. 31 del D.P.R. n. 380/2001", nonché del provvedimento di acquisizione gratuita al patrimonio Rep. n. 4292 del 12.05.2010.


Visto il ricorso, notificato il 24.06.2010 e depositato presso la segreteria del TAR entro il termine di legge, con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Arcole;
Viste le memorie prodotte dalla parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 novembre 2010 il Consigliere dott. Italo Franco e uditi l’avv. Cavalieri per la parte ricorrente e l’avv. Gortenuti, in sostituzione dell’avv. Maragna, per il Comune resistente;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


FATTO


L’ente odierno ricorrente, costituito come associazione ONLUS fin dal 1996, aveva realizzato vari abusi nell’immobile sito in Comune di Arcole, consistenti principalmente nel cambio di destinazione d’uso a luogo di culto di un locale (utilizzato per la riunione di persone di religione musulmana) e modifiche interne, senza permesso di costruire. Dopo un tortuoso procedimento di sanatoria, l’amministrazione comunale comunicava –il 16.04.2010- il preavviso di rigetto con i seguenti argomenti: l’istanza di sanatoria (del 25.03.2010) risultava presentata oltre il termine indicato di 30 giorni; già era stata emessa ordinanza di demolizione del 22.12.2009, impugnata con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica; era stata anche accertata, il 29.03.2010, l’inottemperanza di tale ordine, ciò che costituisce titolo per l’acquisizione gratuita dell’immobile al patrimonio comunale. Verificata l’inottemperanza, con provvedimento del 26.05.2010 (cfr. delibera consiliare del 26.04.2010) veniva disposta l’acquisizione al patrimonio del comune.

Contro tali determinazioni insorgono gli interessati con il ricorso in epigrafe, deducendo con il primo motivo, rubricato come A, sviamento di potere, sull’assunto che il vero intento del Comune è quello di impedire agli islamici di riunirsi.

Con il motivo A1 affermano i ricorrenti non essere vero che nella comunicazione di avvio del procedimento fosse indicato il termine per richiedere la sanatoria, e comunque che il termine di novanta giorni non era spirato al 25.03.2010, perché decorrente dalla data di notifica (28.12.2009).

Con il mezzo A2 si sostiene non essere stato evidenziato il contrasto con il PRG, mancando una motivazione circa la difformità dallo stesso, donde anche il vizio di difetto di istruttoria.

Con il motivo B1 si sostiene che la sanatoria era stata richiesta prima (25.03.2010), donde la perdita, da parte dell’amministrazione comunale, del potere di infliggere la sanzione, e la necessità di avviare un nuovo procedimento sanzionatorio.

Con il mezzo B2 si lamenta che la notifica del verbale di accertamento di inottemperanza sia avvenuta quando già era stata presentata l’istanza di sanatoria.

Con il mezzo B3 si sostiene che le modifiche consistono solo di opere interne e nello spostamento di fori, per effettuare i quali bastava presentare la DIA, con la conseguenza che, in caso di violazioni, va irrogata, tutt’al più, la sanzione pecuniaria, mentre il cambio di destinazione d’uso senza opere è libero. Inoltre, il soppalco è stato rimosso, ed il tetto non è incompatibile con la zona A.

Con il motivo B4, infine, si afferma che i Vigili del fuoco, nel 2005, accertarono l’assenza di situazioni di pericolo per i frequentatori, donde l’affidamento nella p.a.

Si è costituita l’amministrazione comunale, eccependo in rito inammissibilità del gravame per violazione del principio di alternatività rispetto al ricorso straordinario (tuttora pendente), proposto contro l’ordinanza di demolizione, atto presupposto di quelli ora impugnati (in tal senso: Cons,. St./IV, 21.04.2005 n. 1852). Nel merito si eccepisce: che il cambio di destinazione d’uso è incompatibile con il PRG (art. 53 NTA), poiché i luoghi di culto sono previsti solo in zona F, con adeguate opere di urbanizzazione (come da delibera consiliare n. 19/2008); l’acquisizione al patrimonio comunale (con ordinanza di natura dichiarativa) consegue di diritto all’accertamento dell’inottemperanza; non risulta sospesa, in sede di ricorso straordinario, l’ordinanza di demolizione (donde irrilevanza della richiesta di sanatoria); si tratta di ristrutturazione edilizia; la dichiarazione di inagibilità comporta problemi di sicurezza.

Con memoria difensiva i ricorrenti rappresentano che l‘amministrazione non ha eseguito l’ordinanza cautelare di questa sezione, essendosi rifiutata di restituire l’immobile, chiarendo che dopo 14 anni gli adepti sono privi di un luogo di incontro, non essendo stati indicati siti alternativi. In replica all’eccezione di inammissibilità, affermano essere stati, qui, impugnati provvedimenti autonomi. Nel merito rilevano che le ragioni addotte nelle difese avversarie costituiscono motivazione postuma.

A ciò replica, con memoria conclusionale, il Comune, asserendo che l’ordinanza cautelare di questo TAR non ordinava la restituzione, e insistendo sull’eccezione di inammissibilità, citando Cons. Stato, sez. 3^, 8.01.2010 n. 3719; insiste, poi, sulla asserita compatibilità dei luoghi di culto solo con la zona F, ed eccepisce l’ininfluenza della richiesta di sanatoria presentata successivamente all’ordinanza di demolizione (TAR Lazio/I, 16.07.2009 n.7030).

All’udienza del 5.11.2010 i difensori comparsi si sono rimessi agli scritti difensivi, chiedendo che la causa fosse spedita in decisione.


DIRITTO


Occorre, in va preliminare, prendere in considerazione l’eccezione di inammissibilità del ricorso all’esame, sollevata dalla p.a. resistente, sull’assunto che ciò discende dal fatto che gli odierni ricorrenti hanno proposto ricorso straordinario al Presidente della Repubblica avverso un atto chiaramente presupposto rispetto a quelli qui oggetto di impugnazione giurisdizionale. Sarebbe stata, in tal modo, violata la regola dell’alternatività tra l’esercizio dell’azione giurisdizionale e l’attivazione del rimedio amministrativo straordinario, che da sempre regola il rapporto tra i due percorsi, tra loro, appunto, alternativi: electa una via, non datur recursus ad alteram.

In verità, qui sono stati impugnati, davanti ai due organi (Presidente della repubblica, prima; giudice amministrativo, dopo), provvedimenti diversi: in particolare, nella sede giurisdizionale (in principalità) un provvedimento che è diretta e pressoché automatica conseguenza di quello contestato nella sede amministrativa straordinaria. Invero, non potrebbe assumersi il provvedimento di acquisizione del bene immobile (frutto del presunto abuso edilizio, o ad esso collegato) al patrimonio del Comune, se non dopo che la p.a. competente abbia accertato –come è avvenuto nel caso di specie- l’inottemperanza della presupposta ordinanza di demolizione (qui contestata, come detto, con il ricorso amministrativo straordinario) sulla quale esso si innesta e si fonda, costituendone il corollario e il complemento.

Riguardo all’assunto che la regola dell’alternatività tra impugnazione giurisdizionale e ricorso straordinario vale anche nell’ipotesi che, con i due diversi rimedi, siano stati impugnati atti legati da rapporto di presupposizione- conseguenzialità si è pronunciato, affermativamente, il Consiglio di Stato con le due decisioni invocate dalla p.a. resistente, che ne ha riportato il brano più significativo. Cons. Stato, sez. IV 21.04.2005 n. 1852, in particolare, afferma:

“La regola dell'alternatività tra il ricorso straordinario al Capo dello Stato e quello giurisdizionale, sancita dall'art. 8 d.P.R. 24 novembre 1971 n. 1199, pur non essendo suscettibile di interpretazione analogica, allorché le due impugnative riguardino atti distinti, deve comunque ritenersi operante nel caso in cui dopo l'impugnativa in sede giurisdizionale dell'atto presupposto venga successivamente impugnato in sede straordinaria l'atto conseguente, al fine di dimostrarne l'illegittimità derivata dalla dedotta invalidità dell'atto presupposto; ciò per l'identità sostanziale delle due impugnative in relazione alla "ratio" della norma summenzionata, la quale appare volta ad impedire un possibile contrasto di giudizi in ordine al medesimo oggetto. Tale principio è da ritenersi ugualmente valido nella situazione inversa in cui come nella fattispecie l'atto presupposto sia stato precedentemente impugnato in sede straordinaria”. Il principio è ribadito, poi, nel parere reso dalla sez. II 23.05.2007 n. 945.

Il rispetto della regola dell’alternatività si impone, dunque, anche in ipotesi di impugnazione in sede giurisdizionale di atto conseguenziale (rispetto ad altro impugnato nella sede amministrativa straordinaria), come è avvenuto nel caso di specie, per la necessità di evitare contrasti tra il giudicato e la definitività propria della pronuncia resa su ricorso straordinario (che, nel caso di specie, deve ancora intervenire). In concreto, con più specifico riguardo al caso che ne occupa, una volta impugnato davanti al Capo dello Stato l’ordinanza di demolizione, gli interessati avrebbero dovuto contestare con lo stesso rimedio anche il provvedimento con il quale si dispone l’acquisizione gratuita al patrimonio del Comune dell’immobile, e i provvedimenti collegati, qui congiuntamente contestati.

In conclusione, per le considerazioni su esposte, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Sussistono, tuttavia, motivi –con particolare riguardo al comportamento del Comune, all’evidenza contraddittorio e giudizialmente avverso ai ricorrenti- per compensare integralmente fra le parti le spese e gli onorari di giudizio.
 

P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.

Compensa tra le parti le spese e gli onorari di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 5 novembre 2010 con l'intervento dei magistrati:

Angelo De Zotti, Presidente
Italo Franco, Consigliere, Estensore
Angelo Gabbricci, Consigliere

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 03/12/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
 



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