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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
T.A.R. VENETO, Sez. II - 24 marzo 2010, n. 939
BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Art. 11 d.lgs. n. 42/2004 - Tipologie di
“cose”suscettibili di tutela - Elenco - Rinvio alle disposizioni del medesimo
testo normativo - Regime giuridico di tutela - Riferimento alla norma di volta
in volta richiamata - Automatica ascrivibilità dei beni contemplati nell’art. 11
nel novero dei beni culturali - Esclusione - Indagine di natura
tecnico-discrezionale. L’art. 11 del d. lgs. n. 42 del 2004 individua i beni
che, in determinate ipotesi, possono rivestire il carattere di bene culturale.
Le svariate tipologie di “cose” - come denominate a seguito della novella del
2008, che ha sostituito l’originaria dizione di “beni” adoperata dal legislatore
del 2004 - vengono semplicemente elencate dalla disposizione in esame, la quale
reca, a sua volta, il rinvio a singole previsioni del codice, ove sono
delineate, per ciascuna tipologia, direttamente o tramite ulteriore rinvio
normativo, le condizioni ed i presupposti per il loro assoggettamento a tutela
nonché le specifiche modalità d’uso e di fruizione. Come chiarito nella
relazione illustrativa del 2008, le modifiche apportate alla disposizione hanno
principalmente lo scopo di rimarcare il significato del rinvio operato dall’art.
11 ad altre disposizioni del medesimo testo legislativo e di evidenziare che, in
primo luogo, il regime giuridico di tutela risulta essere, per ciascuna
tipologia, unicamente quello descritto dalla norma di volta in volta richiamata
e, in secondo luogo, che non vi è alcuna automatica ascrivibilità delle cose
contemplate nel novero dei beni culturali, poiché tale status può conseguire
solo in esito ad una indagine di natura tecnico-discrezionale intesa ad
accertare la presenza del grado di interesse storico ed artistico e delle altre
condizioni richieste dall’art. 10 del medesimo testo legislativo per la loro
sottoposizione a tutela mediante formale dichiarazione. Pres. De Zotti, Est.
Bruno - C. s.p.a. (avv. Clarizia) c. Amministrazione per i Beni e le Attività
Culturali (Avv. Stato) - TAR VENETO, Sez. II - 24 marzo 2010, n. 939
BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Art. 11 d.lgs. n. 42/2004 - Studi d’artista -
Rinvio all’art. 51 del d.lgs. n. 42/2004 - Sottoposizione a tutela - Elementi
rilevanti - Sentenza Corte Cost. n. 185/2003. Tra le cose contemplate
nell’art. 11 del d. lgs. n.42 del 2004 figurano anche gli studi d’artista la cui
disciplina è contenuta nel successivo art. 51. Dall’esame di tale disposizione
emerge che ciò che rileva ai fini della sottoposizione a tutela non è, in sé
considerato, il complesso di cose (opere, cimeli, documenti e simili) ricomprese
nello studio di un artista bensì la circostanza che tali beni, valutati nel loro
insieme ed in relazione al contesto nel quale sono inseriti, siano espressione
di quei valori che determinano l’insorgere dell’interesse pubblico sotteso
all’apposizione del vincolo. (cfr. Corte Cost. n. 185/2003, secondo cui
l’obiettivo perseguito attraverso la specifica disciplina tesa a tutelare gli
studi d’artista in attuazione dell’art. 9 della Costituzione è quello di
“rendere immodificabile l’ambiente ed i luoghi nei quali operò l’artista”, al
fine di conservare intatta la testimonianza dei valori culturali in esso
insiti). Pres. De Zotti, Est. Bruno - C. s.p.a. (avv. Clarizia) c.
Amministrazione per i Beni e le Attività Culturali (Avv. Stato) - TAR VENETO,
Sez. II - 24 marzo 2010, n. 939
BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Studi d’artista - Luoghi diversi da quelli in
cui l’artista ha svolto la propria attività creatrice - Possibile qualificazione
di “studio d’artista” ai sensi degli artt. 11 e 51 d.lgs. n. 42/2004 -
Condizioni. E’ possibile riconoscere le caratteristiche dello studio
d’artista, ex d. lgs. 42/04, anche a luoghi diversi da quelli in cui un artista
ha effettivamente svolto la sua attività creatrice, purché in essi siano
raccolta una coerente universalità di cose, già effettivamente appartenute
all’artista e, per una parte almeno preponderante, già da questi raccolte nei
luoghi in cui lo stesso aveva effettivamente operato creativa. In altri termini,
perché si possa parlare di studio d’artista, deve essere comunque ricreato -
fosse pure con qualche limitata approssimazione, spesso inevitabile per le
vicissitudini successive alla scomparsa di un autore - tale ambiente, così da
conservare un reale collegamento con la vita e con l’opera dell’artista, in
peculiare coerenza con la disciplina in esame. A contrario, non potrà essere
assimilata ad uno studio d’artista una mera raccolta di cimeli a questi
riferibili, ove manchi l’elemento costituito dalla sua volontà unificatrice.
Pres. De Zotti, Est. Bruno - C. s.p.a. (avv. Clarizia) c. Amministrazione per i
Beni e le Attività Culturali (Avv. Stato) - TAR VENETO, Sez. II - 24 marzo
2010, n. 939
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 00939/2010 REG.SEN.
N. 01244/2009 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 1244 del 2009, proposto dalla Cirio
Immobiliare Spa, in persona dei Commissari Straordinari e legali rappresentanti
pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Angelo Clarizia, con domicilio
eletto presso lo studio dell’avv. Pier Vettor Grimani in Venezia, S. Croce,
466/G;
contro
l’Amministrazione per i Beni e le Attività Culturali, in persona del Ministro
pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di
Venezia, domiciliataria per legge in Venezia, Palazzo Reale, Piazza S. Marco,
63;
nei confronti di
- Società “Prof. Romeo Dall’Era Laboratorio Marmi Artistici di Alberto e
Giovanni Comelato s.n.c.”, in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentata e difesa dagli avv.ti Marco Vorano e Antonio Dalla Santa, con
domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Venezia, S. Marco, 4909;
- Comune di Venezia, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso
dagli avv.ti Maurizio Ballarin, Giulio Gidoni, Antonio Iannotta, Maria Maddalena
Morino, Nicoletta Ongaro, Giuseppe Venezian, con domicilio eletto presso la
Civica Avvocatura nella sede Municipale in Venezia, S. Marco, 4091;
per l'annullamento
del D.M. del Ministero per i Beni e le Attività Culturali datato 31 marzo 2009
con il quale "lo studio dell'artista Romeo Dall'Era” asseritamente “sito in
Palazzo Giovannelli a Santa Fosca nel Comune di Venezia" è stato dichiarato di
interesse culturale particolarmente importante ai sensi e per gli effetti degli
artt. 11 e 51 D. Lgs. 42/04;
della “relazione tecnica” allegata al predetto decreto ministeriale, datata 29
maggio 2008;
della nota prot. n. 3805 del 12 giugno 2008 con la quale il Ministero per i Beni
e le Attività Culturali ha comunicato l'avvio del procedimento impositivo del
vincolo;
della nota prot. n. 1222 del 19 febbraio 2009 della Soprintendenza;
della nota prot. n. 3795 del 12 giugno 2008 con la quale la Soprintendenza
Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnantropologico e per il Polo
Museale della Città di Venezia e dei Comuni della Gronda Lagunare ha proposto
alla Direzione Regionale del Ministero per i Beni e le Attività Culturali la
predetta dichiarazione di interesse culturale;
di ogni atto inerente ovvero conseguente, procedimentale ovvero finale, anche
non noto.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione per i Beni e le
Attività Culturali, in persona del Ministro pro tempore;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della società “Prof. Romeo Dall’Era
Laboratorio Marmi Artistici di Alberto e Giovanni Comelato s.n.c.”,
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Venezia, in persona del
Sindaco pro tempore;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 dicembre 2009 la dott.ssa Brunella
Bruno e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con nota prot. n. 3805/08 del 12 giugno 2008 la Soprintendenza Speciale per il
Patrimonio Storico, Artistico ed Etnantropologico e per il Polo Museale della
Città di Venezia e dei Comuni della Gronda Lagunare ha comunicato alla Cirio
Immobiliare s.p.a. l’avvio del procedimento di dichiarazione di interesse
culturale ai sensi e per gli effetti degli artt. 11 e 51 del d. lgs. n. 42 del
2004, in relazione ad una porzione del Palazzo Giovannelli, in proprietà della
suddetta società, sito in Venezia, Santa Fosca.
Tale dichiarazione è stata giustificata con “la necessità di salvaguardare lo
studio dell’artista Romeo Dall’Era (Venezia, 1884-1958)” in quanto, “ubicato in
alcune stanze al pianterreno (…) e nel vasto cortile prospiciente, conserva i
cimeli ed i modelli, nonché alcuni strumenti di lavoro e molte opere finite
dello scultore decorate…”.
Con nota prot. n. 3795/08 adottata in pari data, la stessa Soprintendenza ha
inoltrato alla competente Direzione regionale la proposta di adozione del
provvedimento di vincolo.
La Cirio Immobiliare S.p.a. ha dapprima trasmesso all’Amministrazione per i Beni
e le Attività Culturali, in data 24 novembre 2008, una memoria partecipativa ai
sensi dell’art. 10 della l. n. 241 del 1990 e, successivamente all’adozione del
decreto del 31 marzo 2009 – con il quale il Ministero per i Beni Culturali ed
Ambientali ha dichiarato lo studio dell’artista Romeo Dall’Era, sito in Palazzo
Giovannelli a Santa Fosca, di interesse particolarmente importante ai sensi
degli artt. 1, comma1, lett b) e 51 del d. lgs. n.42 del 2004 – ha proposto il
ricorso introduttivo del presente giudizio.
L’Amministrazione per i Beni e le Attività Culturali si è costituita in giudizio
per resistere al gravame, come pure il Comune di Venezia ed la società “Prof.
Romeo Dall’Era Laboratorio Marmi Artistici di Alberto e Giovanni Comelato
s.n.c.”, in qualità di controinteressata.
All’udienza del 18 dicembre 2009 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
DIRITTO
1.Il Collegio ritiene di dover procedere direttamente all’esame dell’unico
articolato motivo di ricorso con il quale la difesa della ricorrente ha dedotto
la violazione degli artt. 11, comma 1, lett. b) e 51 del d. lgs. n. 42 del 2004,
dell’art. 3 della l. n. 241 del 1990 nonché l’eccesso di potere per carenza dei
presupposti, difetto di motivazione e di istruttoria, illogicità manifesta,
sviamento e violazione del principio di tipicità dei provvedimenti
amministrativi e dei principi di imparzialità e buon andamento.
Nello specifico, parte ricorrente evidenzia che il Prof. Romeo Dall’Era non ha
mai svolto la sua attività in Palazzo Giovannelli a Santa Fosca e, pur nella
consapevolezza di tale dirimente circostanza, illegittimamente il Ministero per
i Beni e le Attività Culturali ha proceduto – attraverso un’interpretazione
estensiva della locuzione “studio d’artista”, tesa a favorirvi l’ inclusione
anche dei luoghi “dove un’attività già ubicata altrove ha avuto prosecuzione”
(cfr. decreto ministeriale del 31 marzo 2009, all. 1 delle produzioni
documentali di parte ricorrente) – all’adozione del provvedimento di vincolo.
Oltre a richiamare la rilevanza costituzionale del diritto di proprietà e la
preclusione, in forza del principio di legalità e della riserva di legge di cui
all’art. 42 della Carta fondamentale, del ricorso a criteri di interpretazione
estensiva, viene anche evidenziato come, dal complesso delle disposizioni
riferite allo studio d’artista contenute nel d. lgs. n. 42 del 2004, ciò che
assurge ad oggetto di tutela è esclusivamente il luogo nel quale l’artista ha
effettivamente operato, in quanto solo in tal caso può venire in evidenza
l’interesse culturale alla base del provvedimento limitativo del diritto di
proprietà.
Nel caso in esame, l’assenza dei presupposti per l’adozione del provvedimento di
vincolo è resa, secondo parte ricorrente, vieppiù evidente dalla circostanza,
non contestata, che Romeo Dall’Era non ha mai operato nei luoghi interessati
dall’apposizione del vincolo nel quale sono rinvenibili singoli, sparuti
oggetti, del tutto avulsi dal contesto originario del quale rappresentano
testimonianza. In proposito viene rimarcato che il laboratorio sito nel Palazzo
Giovannelli è attivo dal 1984, mentre lo studio del Prof. Romeo Dall’Era,
peraltro deceduto ventisei anni prima (1958) era sito in Fondamenta Minotto e
non ha mai cambiato sede sino alla chiusura, avvenuta nel 1970.
Parte ricorrente evidenzia, ancora, che mancano gli elementi per poter
considerare il laboratorio attualmente operante quale prosecuzione dell’attività
dell’artista e ciò non solo per i dati sopra richiamati, di per sé sufficienti
ad escludere ogni continuità come pure la sussistenza di un interesse storico,
ma anche in quanto il laboratorio sito in Palazzo Giovannelli è stato avviato
dalla famiglia Comelato (cioè dal padre Giancarlo e, successivamente dai figli
Alberto e Giovanni) ai quali non sono mai state riconosciute doti artistiche.
Anche l’interesse artistico deve, dunque, secondo parte ricorrente essere
escluso non essendo, peraltro, mai state realizzate nel laboratorio dei Comelato
delle opere artistiche.
Tali aspetti avrebbero dovuto costituire, secondo parte ricorrente, oggetto di
approfondita ed adeguata istruttoria e di conseguente articolata motivazione,
sicché il decreto ministeriale si palesa viziato e dunque illegittimo.
Oltre a ciò viene anche sottolineato che la presenza nel laboratorio dei
Comelato di oggetti, calchi ed opere, documenti, utensili asseritamente
appartenuti a Romeo Dall’Era non può essere considerata presupposto sufficiente
per l’imposizione del vincolo e, comunque, nel laboratorio non è rinvenibile
alcuna opera del Prof. Romeo Dall’Era ma solo pochi calchi in gesso di alcune
opere attribuite allo scultore, due album contenenti le fotografie di molte
opere dello scultore ed alcuni attrezzi aventi interesse per la storia
dell’industria (all. 2 delle produzioni documentali di parte ricorrente).
Ove l’Amministrazione avesse ritenuto di assicurare una tutela per i singoli
beni rinvenibili nel laboratorio avrebbe potuto utilizzare altri strumenti e,
nello specifico, apporre il vincolo esclusivamente su tali beni senza ricorrere,
in mancanza dei presupposti, all’applicazione degli artt. 11 e 56 del d. lgs. n.
42 del 2004.
Il ricorso è fondato.
Preliminarmente il Collegio ritiene opportuno, sinteticamente, ricostruire il
quadro normativo di riferimento.
L’art. 11 del d. lgs. n. 42 del 2004 individua i beni che, in determinate
ipotesi, possono rivestire il carattere di bene culturale.
Le svariate tipologie di “cose” – come denominate a seguito della novella del
2008, che ha sostituito l’originaria dizione di “beni” adoperata dal legislatore
del 2004 – vengono semplicemente elencate dalla disposizione in esame, la quale
reca, a sua volta, il rinvio a singole previsioni del codice, ove sono
delineate, per ciascuna tipologia, direttamente o tramite ulteriore rinvio
normativo, le condizioni ed i presupposti per il loro assoggettamento a tutela
nonché le specifiche modalità d’uso e di fruizione.
Come chiarito nella relazione illustrativa del 2008, le modifiche apportate alla
disposizione hanno principalmente lo scopo di rimarcare il significato del
rinvio operato dall’art. 11 ad altre disposizioni del medesimo testo legislativo
e di evidenziare che, in primo luogo, il regime giuridico di tutela risulta
essere, per ciascuna tipologia, unicamente quello descritto dalla norma di volta
in volta richiamata e, in secondo luogo, che non vi è alcuna automatica
ascrivibilità delle cose contemplate nel novero dei beni culturali, poiché tale
status può conseguire solo in esito ad una indagine di natura
tecnico-discrezionale intesa ad accertare la presenza del grado di interesse
storico ed artistico e delle altre condizioni richieste dall’art. 10 del
medesimo testo legislativo per la loro sottoposizione a tutela mediante formale
dichiarazione.
Tra le cose contemplate nell’art. 11 del d. lgs. n.42 del 2004 figurano anche
gli studi d’artista la cui disciplina è contenuta nel successivo art. 51 il
quale, al suo primo comma, dispone che: “ E’ vietato modificare la destinazione
d’uso degli studi d’artista nonché rimuoverne il contenuto, costituito da opere,
documenti, cimeli e simili, qualora esso, considerato nel suo insieme ed in
relazione al contesto in cui è inserito, sia dichiarato di interesse
particolarmente importante per il suo valore storico, ai sensi dell’art. 13”.
Già da un primo esame della disposizione in esame emerge che ciò che rileva ai
fini della sottoposizione a tutela non è, in sé considerato, il complesso di
cose (opere, cimeli, documenti e simili) ricomprese nello studio di un artista
bensì la circostanza che tali beni, valutati nel loro insieme ed in relazione al
contesto nel quale sono inseriti, siano espressione di quei valori che
determinano l’insorgere dell’interesse pubblico sotteso all’apposizione del
vincolo.
Come puntualmente rilevato dalla difesa della ricorrente la stessa Consulta ha
avuto modo di rimarcare che l’obiettivo perseguito attraverso la specifica
disciplina tesa a tutelare gli studi d’artista in attuazione dell’art. 9 della
Costituzione è quello di “rendere immodificabile l’ambiente ed i luoghi nei
quali operò l’artista”, al fine di conservare intatta la testimonianza dei
valori culturali in esso insiti (C. Cost., 4 giugno 2003, n.185).
Ciò premesso, nella fattispecie in esame emergono una serie di elementi che
inducono ad escludere una qualificazione del laboratorio avviato e gestito dai
Comelato in termini di studio d’artista, ex art. 51 del d. lgs. 42 del 2004.
Non è contestato, infatti, che il Prof. Romeo Dall’Era non ha mai svolto alcuna
attività all’interno di quel laboratorio.
Il suddetto scultore, infatti, ha operato nel suo studio sito in Fondamenta
Minotto sino alla sua morte, avvenuta nel 1958, mentre, successivamente, in
quegli stessi locali ha continuato ad operare, sino agli anni ’70, il figlio
dell’artista, Bruno Dall’Era, deceduto nel 2000.
Degna di nota è anche la circostanza che il laboratorio posto al pianoterra del
Palazzo Giovannelli è stato dato in locazione nel 1984 dalla società A.C.I.S.A.
s.r.l., al tempo proprietaria dell’immobile, alla ditta Comelato Giancarlo
Laboratorio Marmi e che solo il 3 luglio del 1996 – come emerge dall’analisi
della visura storica camerale eseguita dalla difesa della ricorrente non
contestata dalle altre parti costituite – è stata costituita la ditta “Prof.
Romeo Dall’Era Laboratorio Marmi Artistici di Alberto e Giovanni Comelato
s.n.c.”.
Il Ministero per i Beni e le Attività culturali ha ritenuto irrilevanti le
suddette circostanze come pure le altre osservazioni dedotte dalla società
ricorrente nella memoria partecipativa trasmessa ai sensi dell’art. 10 della l.
n. 241 del 1990, sostenendo l’ammissibilità di una “interpretazione estensiva
dello studio d’artista, come definito dal combinato disposto degli artt. 13 e 51
del d. lgs- n. 42 del 2004, nel quale può essere ben ricompreso il luogo dove
un’attività già ubicata altrove ha avuto prosecuzione”.
A prescindere dalla circostanza che la tutela costituzionale del diritto di
proprietà impone il rispetto del principio di tipicità e di legalità, nella
fattispecie oggetto di giudizio l’interpretazione prospettata
dall’Amministrazione finisce con il travalicare i canoni dell’interpretazione
estensiva, avallando un’interpretazione analogica che si pone in stridente
contrasto con i canoni costituzionali e con le caratteristiche proprie delle
norme di vincolo.
Con ciò il Collegio non intende escludere la possibilità di riconoscere le
caratteristiche dello studio d’artista, ex d. lgs. 42/04, anche a luoghi diversi
da quelli in cui un artista ha effettivamente svolto la sua attività creatrice,
purché in essi siano raccolta una coerente universalità di cose, già
effettivamente appartenute all’artista e, per una parte almeno preponderante,
già da questi raccolte nei luoghi in cui lo stesso aveva effettivamente operato
creativa
In altri termini, perché si possa parlare di studio d’artista, deve essere
comunque ricreato – fosse pure con qualche limitata approssimazione, spesso
inevitabile per le vicissitudini successive alla scomparsa di un autore – tale
ambiente, così da conservare un reale collegamento con la vita e con l’opera
dell’artista, in peculiare coerenza con la disciplina in esame.
Ciò, posto, è’ di tutta evidenza che, a contrario, non potrà essere assimilata
ad uno studio d’artista una mera raccolta di cimeli a questi riferibili, ove
manchi l’elemento costituito dalla sua volontà unificatrice.
Nella fattispecie in esame mancano gli elementi per poter ritenere che il
laboratorio sito nel Palazzo Giovannelli costituisca uno studio d’artista.
Ciò non solo per i dirimenti dati storico artistici sopra riferiti che valgono
ad escludere ogni continuità temporale e materiale tra l’attività svolta nello
studio del Prof. Romeo Dall’Era sito in Fondamenta Minotto ai Tolentini e quella
svolta nel laboratorio dei Comelato ma anche per ulteriori circostanze che
emergono dalla stessa relazione predisposta dalla Soprintendenza (all. 2 delle
produzioni documentali di parte ricorrente).
La suddetta relazione, infatti, oltre ad attestare la morte del Prof. Dall’Era
nel 1958 e la prosecuzione dell’attività da parte del figlio dello stesso,
Bruno, sino al 1980 – quindi prima dell’avvio dell’attività del laboratorio da
parte dei Comelato nel 1984 – evidenzia la presenza nel Palazzo Giovannelli solo
di alcuni modelli in gesso e di alcuni attrezzi operativi, aventi valore per la
storia dell’industria.
Nel laboratorio, quindi, non sono presenti opere finite dell’artista il cui
studio non è stato affatto trasferito nel Palazzo Giovannelli, nel quale sono
rinvenibili solo dei cimeli inidonei, di per sé, a costituire presupposto per la
sottoposizione a vincolo di un non configurabile studio d’artista.
Il legame tra Giancarlo Comelato ed i Dall’Era (l’artista Romeo, nei due anni
precedenti alla sua morte, e, soprattutto, il figlio Bruno che nel 1973 aveva
stipulato un contratto per la locazione dei locali siti in Palazzo Giovannelli)
non consente di per sé solo di poter ritenere sussistente quella continuità di
valori che il provvedimento ministeriale asserisce ma non giustifica, mancando
la specificazione, nei provvedimenti gravati, di quegli elementi concreti,
idonei a definire in che modo nel laboratorio dei Comelato aleggi la “presenza
viva dello scultore” e di quelle particolari circostanze (diverse dalla presenza
di qualche calco in gesso, di attrezzi aventi valore per la storia
dell’industria e di “due grossi album fotografici rilegati in pelle” che
documentano l’operosità dell’artista) in grado di sostenere l’adozione del
provvedimento di vincolo.
E ciò anche a prescindere dalla circostanza che, in base alla documentazione
versata in atti, non emergono elementi sufficienti a sostenere che i Comelato si
pongano quali prosecutori dell’attività artistica dello scultore Dall’Era, come
confermato dalla circostanza che nella stessa relazione suddetta si attesta che
nel laboratorio vengono primariamente realizzati “oggetti già fatti” come pure
dalla circostanza che la sussistenza di doti artistiche, quali quelle
indubbiamente riconosciute al Prof. Romeo Dall’Era, è altro rispetto allo
svolgimento dell’attività di artigiani marmisti, sia pure di eccellente livello,
condotta dai Comelato.
Da quanto sopra esposto, dunque, emerge l’assenza di quel “collegamento con il
contesto” del contenuto dello studio, richiesto dall’art. 51 della l. n. 42 del
2004 e legittimante l’imposizione dello specifico vincolo.
Il ricorso deve quindi essere accolto.
2. Le spese e le competenze di causa possono essere nondimento compensate tra le
parti, attesa la particolarità della materia e, la peculiarità della fattispecie
decisa.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Seconda sezione, respinta
ogni contraria istanza ed eccezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in
premessa, lo accoglie e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati.
Spese e competenze di causa compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 18 dicembre 2009 con
l'intervento dei Magistrati:
Angelo De Zotti, Presidente
Italo Franco, Consigliere
Brunella Bruno, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24/03/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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