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registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
TRIBUNALE DI PALERMO, Sezione
III civile - 12 gennaio 2010, sentenza n. 81
CONSUMATORI - Istituti bancari -
Correntisti - Prelievi fraudolenti - Cd. phishing - Adozione delle misure di
sicurezza tecnicamente idonee e conosciute in base al progresso tecnico -
Obbilgo - Art. 31 d.lgs. n. 196/2003 - Art. 2050 c.c. - Fattispecie. In
applicazione dell’art. 31 del d.lgs. n. 196/2003 (il quale impone che i dati
personali oggetto di trattamento siano custoditi e controllati, anche in
relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico, alla natura
dei dati e alle specifiche caratteristiche del trattamento, in modo da ridurre
al minimo, mediante l’adozione di idonee e preventive misure di sicurezza, i
rischi di distruzione o perdita, anche accidentale, dei dati stessi, di accesso
non autorizzato o di trattamento non consentito o non conforme alle finalità
della raccolta), al fine da evitare prelievi fraudolenti (cd. phishing), è
necessaria l’adozione, da parte dell’Istituto di credito, di tutte le misure di
sicurezza, tecnicamente idonee e conosciute in base al progresso tecnico, non
essendo sufficiente la non violazione di norme di legge. La diligenza richiesta
deve infatti essere valutata con maggior rigore, atteso che la prestazione
inerisce all’esercizio di un’attività professionale. Va, parimenti, ritenuta
applicabile la previsione di cui all’art. 15 del d.lgs. n. 196/2003, la quale
statuisce che chiunque cagiona danno ad altri per effetto del trattamento di
dati personali è tenuto al risarcimento ai sensi dell’articolo 2050 del codice
civile. (Nella specie, il Tribunale ha condannato la spa Poste Italiane al
risarcimento dei danni patiti dal correntista, sul presupposto che Il sistema di
sicurezza adottato risultava inadeguato, particolarmente se raffrontato con
quello adoperato da altri operatori). Giud. Spiaggia - … (avv. Palmigiano) c.
Poste Italiane spa - TRIBUNALE DI PALERMO, Sezione III civile -12 gennaio
2010, n. 81
Sent. 81/2010
RG 5916/08
CRON 211/2010
Rep 258/2010
TRIBUNALE DI PALERMO
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale in composizione monocratica, nella persona del G.O.T. Dott.ssa
Chiara Francesca Maria Spiaggia, della III Sezione Civile, ha pronunciato la
seguente
SENTENZA
Nella causa iscritta al n. 5916 del Ruolo Generale del 2008
TRA
(OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avv. Alessandro Palmigiano, giusta
procura a margine dell’atto di citazione ed elettivamente domiciliati presso il
suo studio sito in Palermo, via Wagner n. 9
attori
E
Poste Italiane s.p.a., in persona del Presidente e legale rappresentante
pro-tempore, (Omissis), rappresentato e difeso dall’Avv. (omissis) della
Direzione Affari Legali della Società, giusta procura generale alle liti
conferita con atto pubblico Notaio Ioli di Roma del 13.03.2007, rep. N. 25328,
racc. n. 9208, prodotta in copia ed elettivamente domiciliato presso l’Ufficio
Legale di Palermo, sito in via Epicarmo
convenuta
CONCLUSIONI: per l’attore come in atto di citazione, istanza di rimessione in
termini e memoria ex art. 183 n.1 cpc, nnonchè memoria del 14.11.08; per la
convenuta come in comparsa di risposta e verbali di causa.
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
(Artt. 132 c.p.c. e 118 disp. att. cpc, come novellati dalla L. n. 69/2009)
Preliminarmente, va evidenziato che la presente sentenza viene redatta in
conformità al disposto di cui all’art. 132 cpc novellato dalla legge n. 69/2009,
per come espressamente previsto dalle disposizioni transitorie.
Con atto di citazione notificato a messo posta l’8 aprile 2008 i sigg.ri
(omissis) convenivano in giudizio innanzi al Tribunale di Palermo la società
Poste Italiane al fine di sentire dichiarare non autorizzata e pertanto non
dovuta l’operazione del 27 aprile 2005 dell’importo di € 6.000,00 dal conto n.
34190983, ritenere e dichiarare che le Poste Italiane spa, responsabile del
prelievo illecito e fraudolento oggetto di causa a titolo di responsabilità
contrattuale e anche ex art. 2050 c.c., o, subordinatamente, in via
extracontrattuale: ove ritenuti applicabili alla fattispecie, si chiede altresì
di dichiarare nulli, in quanto vessatori, gli artt. 1.6 e 2.1 delle condizioni
contrattuali indicate da parte convenuta, in conseguenza condannare le Poste
Italiane al pagamento nei confronti degli attori in via solidale, o alternativa,
della somma di € 6.000,00, oltre interessi legali (con applicazione della regola
dell’anatocismo ex art. 1283 c.c.) e rivalutazione monetaria, con vittoria di
spese, competenze ed onorari.
Con comparsa, depositata il 9.07.2008, si costituiva in giudizio la società
Poste Italiane contestando tutte le domande formulate nei suoi confronti,
chiedendo di ritenere e dichiarare la responsabilità di parte attrice, per
non avere custodito i codici personali in dispregio alle condizioni contrattuali
del servizio Banco Posta on line (art. 2, comma 4); conseguentemente, ritenere e
dichiarare, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1227 c.c., che nessuna somma
gli attori hanno diritto ad avere riconosciuta a titolo di risarcimento del
danno, per il gravissimo comportamento negligente; ritenere e dichiarare
infondate e/o inammissibili le domande di parte attrice basate su presupposti di
fatto e di diritto errati; ritenere e dichiarare che nulla è tenuta a
corrispondere la società Poste Italiane, per alcun titolo, ragione o motivo ai
sigg.ri (omissis) in ogni caso, ritenere e dichiarare che obbligata verso gli
attori è soltanto ed esclusivamente la (omissis), in via subordinata, nella
denegata ipotesi in cui dovesse essere dichiarata la responsabilità di Poste
Italiane, ritenere e dichiarare il diritto della stessa di rivalersi nei
confronti della (omissis) e conseguentemente condannare quest’ultima a tenere
indenne Poste Italiane da qualunque somma dovesse essere condannata a pagare a
parte attrice, condannare quest’ultima a tenere indenne Poste Italiane da
qualunque somma dovesse essere condannata a pagare a parte attrice, condannare
controparte alle spese, competenze ed onorari.
Instaurato il giudizio, rigettate le richieste istruttorie ed acquisita della
documentazione la causa veniva rinviata per la precisazione delle conclusioni.
In ordine alla domanda di regresso, formulata dalla convenuta Poste Italiane,
nei confronti della (omissis), nessuna valutazione in ordine alla suddetta può
essere effettuata, posto che la predetta domanda appare improponibile ex art.
166 c.p.c., essendosi detta convenuta costituita tardivamente.
Se è vero, infatti, che il combinato disposto degli artt. 167, 2° comma e 171,
2° comma c.p.c., nel prevedere una preclusione per la parte convenuta che si
costituisca oltre il termine di venti giorni prima dell’udienza, allude
letteralmente alle sole domande riconvenzionali, è vero anche che una domanda
che si rappresenti come “nuova” rispetto a quella proposta dalla parte attrice,
ha lo stesso effetto ampliativo del “tema della decisione” che si riconnette ad
una domanda riconvenzionale (ed anche ad una “chiamata di terzo”, attività pur
essa non consentita al convenuto che si costituisca tardivamente): ha un
effetto, dunque, al cospetto del quale devono potersi attivare le medesime
esigenze alle quali la disciplina del c.d. “nuovo rito civile” ha inteso
corrispondere nel concepire la norma ch impedisce la proposizione di domande
riconvenzionali (o le chiamate di terzo) alle parti convenute che non si
costituiscono nel termine di cui all’art. 166 c.p.c., esigenze che sono quelle -
assolutamente essenziali nel sistema dell’attuale processo civile, ed a maggior
ragione oggi alla luce del principio della “ragionevole durata del processo” che
trova espressione nell’art. 11 Cost. - della “immediatezza” e della
“concentrazione” del processo, tali che il legislatore reputa appunto necessario
che fin dalla prima udienza di comparizione il “te,a della decisione” sia
compiutamente definito. Questo risultato si raggiunge soltanto ove si ritenga,
sulla scia dell’opinione della più accorta dottrina, che l’effetto di un
progressivo ampliamento del “tema della decisione” va impedito applicando anche
alle domande “nuove” la disciplina che in combinato discende dalle previsioni
degli artt. 166, 167 e 171 c.p.c.: nel caso di specie il termine di decadenza
per la chiamata in causa del terzo e per la proposizione di domande
riconvenzionali da parte del convenuto vale anche nel caso di domanda di
garanzia svolta dal convenuto contro altro convenuto già presente in causa,
perché non vi è motivo in questo caso di derogare al disposto dell’art. 269,
comma 2 c.p.c., che stabilisce un termine perentorio a fini di speditezza
processuale, e perché è necessario consentire al convenuto di svolgere in tempo
utile le proprie conseguenti difese.
Quindi, la domanda di rivalsa, spiegata dalla società Poste Italiane, volte ad
ottenere la condanna della (omissis) al pagamento delle spese di giudizio,
nonché di essere tenuta indenne da ogni condanna risarcitoria inerente al
presente giudizio, sono inammissibili posto che la convenuta si è costituita
solamente in data 9 luglio 2008 (udienza di prima comparizione delle parti e
trattazione della causa fissata in atto di citazione il 14 luglio 2008)
decadendo dalla possibilità di proporre “domande nuove”.
Nel merito, la domanda spiegata dagli attori va accolta.
Dalla documentazione versata in atti, risulta che i (omissis) erano titolari del
conto corrente Banco Posta n. 34190983 abilitato all’operatività on line, in
data 27 aprile 2005 dal predetto conto era stato eseguito un bonifico di €
6.000,00 a favore di (omissis)
Tale operazione non venne autorizzata dagli attori, ma da costoro disconosciuta
(cfr. reclami nn. 15638231 e 15654409 e denunce prodotti nel fascicolo di parte
attrice).
La documentazione allegata da Poste Italiane, oltre ad essere stata
disconosciuta dagli attori con la memoria ex art. 183 VI comma cpc, nulla
dimostra in ordine alla regolarità dell’operazione di bonifico trattandosi di
fogli che non presentano alcuna intestazione o sottoscrizione, senza indicazione
di alcun autore o data certa, gli unici dati relativi alla loro provenienza
attengono ad un numero di fax di una certa società “Nuovi Canali”.
Costituisce regola generale quella secondo cui il creditore che agisce in
giudizio sia per l’adempimento sia per la risoluzione ed il risarcimento del
danno, deve fornire la prova della fonte negoziale del suo diritto, limitandosi
ad allegare l’inadempimento della controparte, su cui incombe l’onere di
dimostrazione del fatto estintivo costitutivo dell’adempimento (Cass. Sez. UN.
30.10.2001 n. 13533).
Nel caso di specie gli attori hanno provato l’esistenza del rapporto
obbligatorio in forza del quale agiscono ed allegato l’inadempimento della
convenuta, dal canto suo le Poste Italiane nulla hanno dimostrato in ordine al
corretto adempimento delle proprie obbligazioni.
Le Poste Italiane di sono limitate ad affermare labilmente che il correntista
“potrebbe aver fornito a terzi” i codici e chiavi di accesso ai servizi
dispositivi, indicando le misure di sicurezza predisposte per evitare l’accesso
al sistema, senza spiegare e giustificare le ragioni della loro idoneità ad
impedire l’accesso.
Invero, il sistema predisposto dalla società convenuta non appare adeguato alla
tecnologia esistente, invero, l PIN richiesto era di sole 4 cifre, mentre
l’identificativo utente corrispondeva all’indirizzo e-mail di poste italiane del
cliente (nel caso di specie (omissis)@posteitaliane.it), pertanto, facilmente
ricavabile.
Infine, contrariamente a quanto previsto contrattualmente la società convenuta
non ha dato conferma, a mezzo posta elettronica dell’avvenuto bonifico, di cui
l’(omissis) ebbe conoscenza solamente il 3 maggio successivo.
La Poste richiamano, poi, l’art. 2, comma 4 della sezione G delle condizioni
contrattuali del servizio BPOL, inerente la riservatezza dei codici di accesso.
Tale articolo non può trovare applicazione nel caso in esame, poiché non è dato
sapere se la copia delle condizioni generali prodotte dalla società convenuta
sia quella consegnata agli attori, non essendovi alcuna sottoscrizione da parte
degli stessi, né se si tratti delle condizioni vigenti all’epoca della
conclusione del contratto.
Va, parimenti, ritenuta applicabile al caso di specie la previsione di cui
all’art. 15 del d.lgs. n. 196/2003, la quale statuisce che chiunque cagiona
danno ad altri per effetto del trattamento di dati personali è tenuto al
risarcimento ai sensi dell’articolo 2050 del codice civile.
Invero, la società convenuta non impedendo a terzi di introdursi illecitamente
nel sistema ha cagionato un danno ai propri risparmiatori, quale titolare del
trattamento dei dati personali.
Ed ancora l’art. 31 del d.lgs. n. 196/2003 impone che i dati personali oggetto
di trattamento siano custoditi e controllati, anche in relazione alle conoscenze
acquisite in base al progresso tecnico, alla natura dei dati e alle specifiche
caratteristiche del trattamento, in modo da ridurre al minimo, mediante
l’adozione di idonee e preventive misure di sicurezza, i rischi di distruzione o
perdita, anche accidentale, dei dati stessi, di accesso non autorizzato o di
trattamento non consentito o non conforme alle finalità della raccolta.
In applicazione dei predetti principi, le Poste avrebbero dovuto adottare tutte
le misure di sicurezza, tecnicamente idonee e conosciute in base al progresso
tecnico, a prevenire danni, come quelli verificatisi in capo agli attori, non
essendo sufficiente la non violazione di norme di legge, posto che la diligenza
richiesta deve essere valutata con maggior rigore, atteso che la prestazione
inerisce all’esercizio di un’attività professionale.
Nel caso in esame, nessuna prova è stata fornita ed il sistema adottato dalla
convenuta appare inadeguato se raffrontato con quello adoperato da altri
operatori, cui successivamente la stessa società convenuta si è conformata.
Alla luce delle pregresse argomentazioni le domande formulate dagli attori vanno
accolte con la consequenziale condanna della società Poste Italiane spa al
pagamento della somma di € 6.000,0, oltre rivalutazione monetaria ed interessi
al tasso legale, commisurandoli alla somma medesima rivalutata di anno in anno
sino all’effettivo soddisfo.
Va, in ultimo, rilevata l’inapplicabilità dell’anatocismo, in quanto l’art. 1283
c.c., che contempla i casi in cui gli interessi scaduti possono produrre
ulteriori interessi, riguarda solo le obbligazioni di valuta, e pertanto non è
estensibile ai debiti di valore, quali quelli dovuti a titolo di risarcimento
del danno (Cass. civ. , Sez. III, 19/03/1990, n. 2296; Cass. n. 5423/1992).
In ragione del criterio legale della soccombenza, vanno poste a carico della
convenuta le spese processuali, che si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il G.O.T., in funzione di giudice di Tribunale in composizione monocratica,
ogni contraria istanza ed eccezione respinta e definitivamente pronunciando,
- in accoglimento delle domande proposte dai (omissis) con atto di citazione
dell’11.04.2008 condanna le Poste Italiane spa, in persona del suo legale
rappresentante pro tempore al pagamento della somma di € 6.000,00 oltre
rivalutazione monetaria ed interessi al tasso legale, commisurandoli alla somma
medesima rivalutata di anno in anno, sino all’effettivo soddisfo;
- condanna le Poste Italiane spa al pagamento delle spese processuali sostenute
dagli attori, che si liquidano, d’ufficio, in complessivi € 2.795,43 di cui €
197,43 per esborsi, € 1003,00 per diritti, € 1.595,00 per onorari, oltre
rimborso forfetario spese generali in ragione del 12,5% su competenze ed onorari
ex art. 14 tariffa professionale, oltre I.V.A. e C.P.A.;
Così deciso in Palermo 20 dicembre 2009
Il G.O.T.
dott.ssa Chiara Francesca Maria Spiaggia
Il Cancelliere B3
D.ssa Irene Risiglione
Depositata in cancelleria
12 gen. 2010
Il Cancelliere
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