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(Si ringrazia l'avv. Paolo Persello per la segnalazione)
TRIBUNALE DI UDINE, Sez. staccata di
Palmanova - 25 novembre 2010, n. 314
DIRITTO DELL'ACQUE - Scarico -
Autorizzazione allo scarico -Violazione delle prescrizioni - Art. 59 d.lgs. n.
152/99 (art. 137 d.lgs. n. 152/2006 - Configurabilità - Presupposti - Scarico di
sostanze pericolose comprese nelle tabelle 5 e 3/A dell’allegato 5. Per la
configurabilità della contravvenzione di cui all’art. 59 D.L.vo n. 152/99 (art.
137 D.L.vo n. 152/2006) non è sufficiente la mancata osservanza delle
prescrizioni dell’autorizzazione, essendo invece necessario che le acque di
scarico contengano le sostanze pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi
di sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3/A dell’allegato 5, posto che, in caso
contrario, si rientra nell’ipotesi più generale dell’art. 54, comma 3° del
D.L.vo n. 152/99, che prevede un semplice illecito amministrativo (vd. in tal
senso Cass. pen., sez. III, n. 32847 dell’8.7 - 2.9.2005, Germiniasi). Giud.
Feruglio, imp. Comelli. TRIBUNALE DI UDINE, Sez. staccata di Palmanova - 25
novembre 2010, n. 314
DIRITTO DELL'ACQUE - ACQUA - Scarico - Sostanze cancerogene - Prova - Effetti
sull’uomo e non sugli animali in genere - punto 18, tab, 5 d.lgs. n. 152/99.
La corretta interpretazione della previsione di chiusura del punto 18 della
tabella 5 del d.lgs. n. 152/99 non richiede soltanto la possibilità o la
probabilità che una determinata sostanza possa avere un potere cancerogeno, ma
esige che questo sia provato (vd. sul punto Cass. pen. sez. II, n. 13694 del
13.1.1999, Tanghetti; sez. III, n. 12362 del 4.2.2003, Grilli, sez. III, n.
34899 del 6.6.2007, Ghisolfi ed a.); il potere cancerogeno va valutato
esclusivamente nei confronti dell’uomo, e non anche nei confronti degli animali
in genere (posto che una diversa interpretazione renderebbe la fattispecie
penale del tutto priva della necessaria chiarezza, precisione e determinatezza,
introducendo un elemento di integrazione non normativamente previsto, e
contrario al principio di tipicità). Giud. Feruglio, imp. Comelli. TRIBUNALE
DI UDINE, Sez. staccata di Palmanova - 25/11/2010, n. 314
DIRITTO DELL'ACQUE - ACQUA - Avvelenamento di acque - Artt. 439-452 c.p. -
Reato di pericolo presunto - Immissione di sostanze inquinanti di qualità e
quantità tali da determinare pericolo per la salute. Per la configurabilità
del reato di avvelenamento di acque o sostanze destinate all’alimentazione
(artt. 439 - 452 c.p.), pur dovendosi ritenere che trattasi di reato di pericolo
presunto, è tuttavia necessario che un “avvelenamento”, di per sé produttivo,
come tale, di pericolo per la salute pubblica, via sia comunque stato; il che
richiede che vi sia stata immissione di sostanze inquinanti di qualità ed in
quantità tali da determinare il pericolo, scientificamente accertato, di effetti
tossico-nocivi per la salute (vd. in tal senso Cass. pen. sez. IV, n. 15216 del
13.2 - 17.4.2007, Della Torre). Giud. Feruglio, imp. Comelli. TRIBUNALE DI
UDINE, Sez. staccata di Palmanova - 25 novembre 2010, n. 314
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
L N. 3723/205 R.G. N.R.
N. 317/2008 R.G. Dib.
N. 314/2010 Sentenze
Depositata il 25 nov. 2010
N.Reg. Esec.
N. Part. Cred.
Scheda il
Il Tribunale di Udine, sezione staccata di Palmanova, nella persona del giudice,
dott.ssa Francesca Feruglio, all’udienza del 22 settembre 2010 ha pronunciato la
seguente
SENTENZA
nel procedimento penale a carico di CO. An., Nato a Visco (UD) il xx.ad.1955,
ivi residente Via (omissis)
libero - contumace
IMPUTATO
a) per il reato p. e p. dagli artt. 439 - 452 c.p. perché, in qualità di
procuratore speciale per lo stabilimento di Bicinicco dal 16.3.2005, con ampia
delega in materia di rispetto di norme ambientali ed ecologiche in genere,
nonché dal 16.12.2004 munito di procura per gli adempimenti di cui al D.L.vo n.
152/1999, per colpa consistita in negligenza, imperizia ed imprudenza e nella
violazione dell’art. 59 D.L.vo n. 152/99 (oggi art. 137 D.L.vo n. 152/2006) con
la condotta descritta nel capo b) avvelenava le acque della Roggia di Palma e
della Roggia Brentana con questa comunicante e conseguentemente le trote
destinate alla commercializzazione dell’allevamento ittico di Campion Nicola
sito a Bagnaria Arsa a valle dello stabilimento ed alimentato da tali acque,
rendendole pericolose per la salute.
Accertato in Bagnaria Arsa il 20 aprile 2005 (data del primo prelievo presso
l’allevamento ittico)
b) per il reato p.e p. dall’art. 137 D.L.vo n. 152/2006 (art. 59 D.L.vo n.
152/99) perché nella qualità specificata nel capo a) violava le prescrizioni
dell’autorizzazione allo scarico rilasciata dalla Provincia di udine con
determina n. 377 del 9.8.2003 e in particolare i punti 6 - 9 - 10 - 13
scaricando nella Roggia di Palma acque reflue industriali contententi verde
malachite, colorante liquido verde ad alto grado di pericolosità e tossicità
utilizzato nella produzione in miscela con acqua per la colorazione di pannelli
di legno, sostanza pericolosa ricompresa nelle tabelle 3 (n. 51) e 5 8n. 18)
dell’allegato 5.
Accertato in Bagnaria Arsa il 20 aprile 2005 (data del primo prelievo presso
l’allevamento ittico)
*****
Con l’intervento del pubblico ministero, dott.ssa Maria Caterina Pace, e del
difensore di fiducia dell’imputato, avv. Paolo Persello del Foro di Udine.
Le parti hanno così concluso:
il pubblico ministero: ritenuta la continuazione fra i reati, condanna alla pena
di mesi sette di reclusione;
il difensore dell’imputato: per entrambi i capi di imputazione, assoluzione
perché il fatto non sussiste, o perché il fatto non è previsto dalla legge come
reato, o per non aver commesso il fatto, come da memoria difensiva che dimette.
FATTO E DIRITTO
Tratto a giudizio per rispondere delle imputazioni riportate in rubrica Angelo
Comelli per se ritualmente citato a seguito di rinnovazione della notificazione,
non compariva personalmente all’udienza del 29 gennaio 2009, e veniva pertanto
dichiarato contumace.
Dopo un rinvio del processo, determinato dall’adesione del difensore
all’astensione delle udienze proclamata da un organismo rappresentativo della
categoria professionale, aperto il dibattimento e data lettura dell’imputazione
all’udienza del 29 aprile 2009 il giudice ammetteva le prove richieste da
pubblico ministero e difensore, e nel corso di più udienze successive procedeva
all’esame dei testimoni e dei consulenti tecnici indicati dalle parti, con
conseguente acquisizione, ai sensi dell’art. 501 c.p.p., delle relazioni scritte
dagli stessi predisposte e consultate nel corso dell’esame; in tal modo esaurita
l’attività di istruzione dibattimentale pubblico ministero e difensore
prendevano ed illustravano le rispettive conclusioni, riportate in epigrafe, e
la giudicante decideva con dispositivo letto in pubblica udienza, e qui di
seguito integralmente riprodotto in calce.
L’imputato deve essere mandato assolto da entrambi i reati a lui ascritti, per
insussistenza del fatto.
Le dichiarazioni dei testi dell’accusa (in particolare quelle dei testi Sabot e
Lanza dipendenti del Servizio Veterinario della A.S.S. n. 5 “Bassa Friulana”,
campion, titolare della società “Agrifish s.n.c.” di bagnaria Arsa, e Tramontini,
in servizio presso il N.A.S. dei Carabinieri di Udine) e del consulente del
pubblico ministero, prof. Perin, hanno consentito di chiarire quale fu l’origine
del presente procedimento, vale a dire un’allerta comunitario che segnalò come
le analisi eseguite nel febbraio del 2005 in Germania su una partita di trote,
provenienti dall’allevamento ittico dell’azienda friulana, avesse rilevato la
presenza nei pesci di una sostanza denominata “verde malachite” (o MG, vale a
dire Malachite Green), la cui presenza è proibita a livello comunitario negli
alimenti destinati all’uomo.
I conseguenti controlli avviati in Italia partirono proprio dall’allevamento di
Bagnaria Arsa gestito dalla società facente capo a Campion, atteso che la
sostanza in questione, pur se vietata, ha caratteristiche tali da poter essere
utilizzata per la disinfezione di acquari e vasche di allevamento: vennero in
particolare eseguiti prelevamenti di pesci nell’allevamento ittico ed anche nei
corsi d’acqua che ne alimentano le vasche ed in quelli nei quali confluiscono
gli scarichi, rilevando anche in alcuni dei pesci autoctoni tracce di verde
malachite; per tale ragione, le indagine vennero estese all’articolata rete
idrografica di acqua dolce che interessa la zona ove ha sede l’allevamento,
mediante campionamenti di sedimenti e di acque, nelle quali, nel dicembre 2005,
venne rilevata la presenza della sostanza ricercata (come riferito dalla teste
Plazzotta dell’A.R.P.A. regionale, vd. la pag. 30 della trascrizione della
registrazione dell’udienza del 30.9.09).
La Procura della repubblica decisa così di approfondire sul piano tecnico le
indagini (quando esse riguardavano ancora il titolare della società “Agrifish”,
Nicola Campion, nei cui confronti si ipotizzava che avesse contaminato il
proprio prodotto destinato all’alimentazione, usando la sostanza di cui si
discute per l’igienizzazione delle vasche), conferendo un incarico di consulenza
ad un esperto in tossicologia, il prof. Perin dell’Università di Venezia, il
quale per un verso eslcuse l’utilizzo di verde malachite nell’allevamento ittico
di Campion, e concentrò invece la propria attenzione sullo stabilimento della
società “Bipan” di Bicinicco, dopo che era risultato dalle indagini che
quest’ultima società aveva certamente utilizzato per la colorazione dei pannelli
di legno di sua produzione la sostanza verde malachite (circostanza
pacificamente confermata in aula dalle deposizioni dei testi fabbri e Macor, e
comprovata altresì dalla fatture della società fornitrice “Softer Color”
acquisite sull’accordo delle parti all’udienza del 30.9.09).
Il consulente ha in particolare riferito che i prelevamenti di sedimenti,
eseguiti a monte e a valle dello stabilimento di Bicinicco, avevano indicato
come la fonte massica di inquinamento fosse riscontrabile proprio a livello di
quell’insediamento produttivo (vd. l’esame del consulente, alle pagg. 7/9 della
trascrizione dell’udienza del 30.9.09: “Noi abbiamo trovato che dove terminava
l’inquinamento del sedimento vi era corrispondenza con uno stabilimento di una
fabbrica … a monte della Bipan … noi abbiamo prelevato i campioni semplici ---
(e non abbiamo trovato, n.d.r.) niente”; alle medesime conclusioni giunge anche
la relazione scritta, acquisita nel corso della medesima udienza a mente
dell’art. 501, comma 2° c.p.p.).
L’ulteriore approfondimento istruttorio si è quindi concentrato sulla natura e
qualificazione della sostanza di cui ci si occupa, il verde malachite: in
proposito, il consulente della pubblica accusa prof. Perin ha spiegato che (cfr.
le pagg. 5/8 della sua relazione): “Il verde malachite (malachite green: MG) è
un colorante derivato dal trifenilmetano … deve il suo nome al colore verde
scuro con cui si presentano i suoi Sali … in seguito a processi di
biotrasformazione, il MG viene trasformato in leucomalachite (leucomalachite
green: LMG) … Il verde malachite è stato utilizzato prevalentemente come farmaco
dall’industria dell’acquicultura: infatti, esso è molto efficace contro le
infezioni da protozoi e funghi . Può anche essere usata come rimedio contro la
muffa delle uova e contro i funghi dei pesci … Inoltre il MG è un colorante
molto potente che è utilizzato nell’industria tessile, cartaria e dei prodotti
acrilici ma anche come additivo e agente colorante nel cibo, nonché come
disinfettante e antielmintico. Attualmente il verde malachite è diventato un
composto altamente controverso a causa dei rischi che si suppone che esso
provochi ai consumatori di pesce trattato con questo farmaco. nonostante la
messa al bando da parte di numerose nazioni in tutta Europa … è tutt’ora usato
in molte parti del mondo a causa del suo basso costo”, precisando poi che si
tratta di una sostanza che, a determinati dosaggi e per il concorso di altri
fattori (quali le dimensioni e la specie, nonché la qualità dell’acqua), può
essere tossica per i pesci, mentre per quanto riguarda le altre specie viventi,
e l’uomo in particolare, il consulente ha riconosciuto che “ … recenti studi (Stammati
et al. 2005) hanno cercato di indagarne la tossicità nell’uomo, in particolare
cercando di determinare la differenza tra LMG e MG senza giungere, tuttavia a
conclusioni definitive” (cfr. la pag. 8 della relazione datata 15.8.06); il
prof. Perin peraltro, ad esplicita domanda rivoltagli in aula, ha escluso che il
verde malachite sia sostanza classificata come cancerogena (vd. la pag. 14 della
trascrizione dell’udienza del 30.9.09).
Sempre dagli ulteriori approfondimenti del consulente dell’accusa, è risultato
che il verde malachite è un componente non direttamente considerato in nessuna
delle tabelle che enumerano gli inquinanti ambientali, non trattandosi di
composto frai più comuni; esso sarebbe tuttavia classificabile secondo il prof.
Perin come composto ad alta tossicità, rientrante fra quelli contemplati dalla
voce 51 della tabella (vd. relazione integrativa di data 11.4.2007), e a suo
parere classificabile anche fra le sostanze di cui alla voce 18 della tabella 5,
in ragione di alcuni studi che ne avrebbero accertato la potenzialità
cancerogena sui ratti femmine.
Sulle medesime circostanze si è poi espresso anche il consulente della difesa,
prof. Lotti dell’Università di Padova, il quale pur confermando che il verde
malachite (ed il suo prodotto di trasformazione denominato leucomalachite) non è
assolutamente classificato come cancerogeno per l’uomo da alcuno degli organismi
internazionali deputati a tale tipo di studi (vd. l’esame reso all’udienza del
19.5.10, e la relazione acquisita ai sensi dell’art. 501, comma 2° c.p.p.), ha
fermamente criticato le osservazioni del consulente della pubblica accusa in
merito alla possibile cancerogenicità del MG sui topi, sostenendo che “la
capacità di MG e LMG di causare il cancro negli animali non è dimostrata” (cfr.
la pag. 7 della relazione).
Partendo dalle emergenze dibattimentali sin qui riassunte, si deve in primo
luogo escludere la sussistenza del reato contestato nel secondo capo di
imputazione.
Occorre in proposito osservare che per la configurabilità della contravvenzione
in parola non è sufficiente la mancata osservanza delle prescrizioni
dell’autorizzazione, essendo invece necessario che le acque di scarico
contengano le sostanze pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di
sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3/A dell’allegato 5, posto che, in caso
contrario, si rientra nell’ipotesi più generale dell’art. 54, comma 3° del
D.L.vo n. 152/99, che prevede un semplice illecito amministrativo (vd. in tal
senso Cass. pen., sez. III, n. 32847 dell’8.7 - 2.9.2005, Germiniasi).
Venendo dunque ad esaminare le prescrizioni la cui violazione viene
analiticamente contestata dalla pubblica accusa, e segnatamente i punti 6, 9, 10
e 13 della determina n. 377 di data 9.9.2003 (acquisita a mente del’art. 507
c.p.p. all’udienza del 30.6.2010), si deve mettere in luce come essi non abbiano
alcuna relazione con le sostanze di cui sopra, cui faceva esplicito riferimento
il comma 4° dell’art. 59 del D.L.vo n. 152/99 (ed ora l’art. 137, comma 3° del
D.L.vo 152/2006): il punto 6 impone infatti il rispetto dei valori limite di
emissione indicati nella tabella 3 dell’allegato 5, mentre gli ulteriori punti
contengono prescrizioni ancor più generiche, imponendo che lo scarico non debba
“provocare la diminuzione della qualità ambientale del corpo idrico ricettore”
(punto 9), ovvero che il titolare dell’insediamento debba “adottare le misure
necessarie ad evitare un aumento anche temporaneo dell’inquinamento” (punto 10),
o, ancora, ponendo il divieto di “qualsiasi variazione quali - quantitativa
delle acque reflue scaricate” (punto 13).
Ciò posto, si deve ancora osservare che, per quanto si può comprendere dalla
lettura del capo di imputazione, lo sversamento di acque reflue industriali
contenenti verde malachite avrebbe comportato una violazione delle prescrizioni,
trattandosi di una “sostanza pericolosa ricompresa nella tabelle 3 (n. 51) e 5
(n. 18) dell’allegato 5”: quanto al primo aspetto, tuttavia, è evidente che
l’eventuale riconducibilità alla voce 51 della tabella 3 del verde malachite non
consentirebbe comunque di ritenere sussistente alcun reato, per le motivazioni
sin qui esposte; quanto al secondo aspetto, è invece da escludersi, sulla base
delle emergenze dibattimentali, che la sostanza colorante denominata verde
malachite, di cui il processo si è ampiamente occupato, rientri fra quelle di
cui al punto 18 della tabella 5.
Facendo infatti riferimento, come necessario, alla disposizione vigente
all’epoca del fatto (2005), si deve rilevare che la disposizione di cui al
citato punto 18 prevedeva le “sostanze di cui, secondo le indicazioni
dell’agenzia internazionale di ricerca sul cancro (IARC) è provato il potere
cancerogeno (mentre allo stato tale voce comprende le “sostanze classificate
contemporaneamente “cancerogene” (R45) e “pericolose per l’ambiente acquatico”
(R50 e 51/53) ai sensi del D.L.vo 3 febbraio 1997, n. 52 e successive
modificazioni”).
Orbene, la giurisprudenza ha avuto modo di affermare in più occasioni che la
corretta interpretazione della previsione di chiusura del punto 18 della tabella
5 non richiede soltanto la possibilità o la probabilità che una determinata
sostanza possa avere un potere cancerogeno, ma esige che questo sia provato (vd.
sul punto Cass. pen. sez. II, n. 13694 del 13.1.1999, Tanghetti; sez. III, n.
12362 del 4.2.2003, Grilli, sez. III, n. 34899 del 6.6.2007, Ghisolfi ed a.),
sostenendo peraltro, nell’elaborazione più recente, approfondita e
condivisibile, che potere cancerogeno va valutato esclusivamente nei confronti
dell’uomo, e non anche nei confronti degli animali in genere (posto che una
diversa interpretazione renderebbe la fattispecie penale del tutto priva della
necessaria chiarezza, precisione e determinatezza, introducendo un elemento di
integrazione non normativamente previsto, e contrario al principio di tipicità).
Così stando le cose, si deve dunque sottolineare che nel caso di specie tutti
gli esperti ascoltati in aula hanno escluso la classificazione del verde
malachite fra le sostanze certamente classificate come cancerogene per l’uomo
(esistendo esclusivamente, allo stato delle conoscenze scientifiche, alcuni
studi che hanno osservato l’evidenza di cancerogenicità della leucomalachite sui
topi femmine): di conseguenze, essa on può oggi (e non poteva all’epoca del
fatto) rientrare nella previsione del punto 18 della tabellla 5, ciò che
comporta, anche sotto tale profilo, la insussistenza del fatto così contestato
dall’accusa nel secondo capo di imputazione.
Esaminando infine la contestazione di cui al primo capo di imputazione, reputa
questa giudicante che l’istruttoria dibattimentale non abbia portato ad
accertare in modo certo e tranquillante la sussistenza di un avvelenamento di
acque destinate all’alimentazione da parte della società di cui l’odierno
imputato Comelli era procuratore speciale, con ampi poteri anche in materia
ambientale e di tutela delle acque dall’inquinamento.
Si deve in primo luogo mettere in evidenza come lo sversamento nelle acque della
Roggia di Palma del colorante denominato verde malachite, di cui a lungo si è
discusso, sia risultato non da prove dirette (quali il rinvenimento di tale
sostanza nelle acque dello scarico della società “Bipan”), ma solamente sulla
base di una serie di indizi, precisi e concordanti (quali l’acquisto e
l’utilizzo pacifico di tale sostanza da parte della società in parola, seppur in
modo occasionale e non continuativo, per la colorazione dei pannelli di legno di
sua produzione, l’accertata presenza del composto in questione nei sedimenti dei
corsi d’acqua situati in prossimità ed a valle dello stabilimento “Bipan”, e
l’assenza dei medesimi nella porzione di canale posta a monte
dell’insediamento); ciò non ha dunque consentito di verificare non solo l’epoca
esatta dello sversamento di acque contenenti verde malachite, ma, soprattutto,
il quantitativo di sostanza immesso nel sistema di canali costituito fra l’altro
dalla Roggia di Palma e dalla Roggia Brentana Orinazzo (si ricordi in proposito
che la teste plazzotta dell’A.R.P.A. ha riferito di una presenza “a livelli di
frazione di microgrammi, quindi a livello di nanogrammi”: cfr. la pag. 30 della
trascrizione dell’udienza del 30.9.09); anche i prelevamenti e le analisi,
eseguite a più riprese da organi competenti quali l’azienda sanitaria sui pesci
autoctoni, presenti nella rete idrografica che interessa la zona circostante lo
stabilimento “Bipan” di Bicinicco, diedero esiti non particolarmente
significativi, nel senso che, per un verso, non venne rilevata una generale
contaminazione di tutta la fauna ittica, ma solo una presenza di alcuni
esemplari con tracce di sostanza verde malachite, insieme a molti altri negativi
alle analisi (vd. la tabella inserita alle pagg. 21/22 della relazione del prof.
Perin, e le deposizioni dei testi Sabot e Lanza, escussi entrambi nel corso
dell’udienza del 30.9.09); in ogni caso, le verifiche si riferiscono sempre ad
animali catturati vivi, poiché non venne mai accertato che la contaminazione
avesse provocato morie o patologie specifiche alle specie ittiche presenti nelle
acque libere.
In ultimo, si deve osservare che per quanto pacificamente riferito dai testi
(fra cui il personale del N.A.S. dei Carabinieri di Udine), l’insieme di corsi
d’acqua dolce circostante lo stabilimento della società “Bipan” è costituita da
una serie di canali artificiali, che non prevedono la captazione ai fini
alimentari: si tratta, in buona sostanza, di acque superficiali non classificate
come potabili, e non destinate all’alimentazione umana.
Ciò premesso in via di fatto, si deve dunque ritenere come “per la
configurabilità del reato di avvelenamento di acque o sostanze destinate
all’alimentazione, pur dovendosi ritenere che trattasi di reato di pericolo
presunto, è tuttavia necessario che un “avvelenamento”, di per sé produttivo,
come tale, di pericolo per la salute pubblica, via sia comunque stato; il che
richiede che vi sia stata immissione di sostanze inquinanti di qualità ed in
quantità tali da determinare il pericolo, scientificamente accertato, di effetti
tossico-nocivi per la salute” (vd. in tal senso Cass. pen. sez. IV, n. 15216 del
13.2 - 17.4.2007, Della Torre); nel caso in esame, al contrario, non pare essere
stato assolutamente provato che l’immissione di acque contenenti verde malachite
ad opera della società del prevenuto abbia causato un avvelenamento, vale a dire
una situazione potenzialmente idonea a produrre effetti tossico-nocivi per la
salute: come sottolineato dalla giurisprudenza di legittimità, la pericolosità
va infatti scientificamente accertata, e in tanto si potrà parlare di
“avvelenamento”, in quanto sia risultata una presenza nelle acque di sostanza
contaminante alla quale le indagini scientifiche riconducano effetti avversi per
la salute.
Nella fattispecie concreta, al contrario, si discute di un composto non solo non
espressamente contemplato nelle tabelle delle sostanze inquinanti (cosicchè non
esistono nemmeno limiti normativamente previsti di tollerabilità, superati i
quali si potrebbe iniziare a discutere dell’eventuale potenzialità
tossico-nociva), ma la cui tossicità è scientificamente riconosciuta solo per
alcune specie di pesci (e sempre in relazione ad altri fattori, quali dosaggio,
peso, specie, qualità complessiva dell’acqua,…) ed in alcun modo provata quanto
all’uomo (senza che il divieto d’uso, vigente a livello nazionale ed europeo con
riferimento alle specie ittiche destinate all’alimentazione umana possa
costituire, di per sé, indice di una pericolosità per l’uomo della sostanza in
questione, avendo evidentemente la norma sovranazionale semplice valore
preventivo , essendo la tossicità nell’uomo del verde malachite tutt’altro che
accertata a livello scientifico, come riconosciuto anche dal consulente della
pubblica accusa, prof. Perin, vd, la pag. 8 della relazione di data 15.8.06).
Le considerazioni che precedono impongono dunque la pronuncia di una sentenza di
assoluzione, secondo la formula indicata in premessa.
p.q.m.
visto l’art. 530 c.p.p.
assolve l’imputato dai reati a lui ascritti perché il fatto non sussiste.
Motivazione risevata, ex art. 544, comma 3°, c.p.p. al 30.11.2010
Così deciso in Udine il 22 settembre 2010
IL GIUDICE
dottt.ssa Francesca Feruglio
IL CANCELLIERE B3
dr.ssa Simona ZAMARIAN
DEPOSITATO IN CANCELLERIA
il 25 NOV 2010
IL CANCELLIERE B3
dr.ssa Simona ZAMARIAN
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