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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CONSIGLIO DI STATO Sez. IV - 16 marzo 2011, Sentenza n.
1645
DIRITTO URBANISTICO - Vincolo di rispetto cimiteriale - Edificazione attuativa
di atti di natura urbanistica - Possibilità - Esclusione. Il suolo
assoggettato a vincolo di rispetto cimiteriale non è suscettibile di una
edificazione da effettuarsi in attuazione di atti di natura urbanistica (basati
sulla legislazione ordinaria o su quella speciale), in considerazione del
divieto previsto dall’art. 338 del testo unico sulle leggi sanitarie (ex
plurimis, Cons Stato, Sez. IV, 11 ottobre 2006, n. 6064; Sez.V, 3 maggio 2007).
Pres. Maruotti, Est. Migliozzi - Associazione A. (avv. Tarquini) c. P.C.M.
(avv.ti Cerulli Irelli, Presti e Scoca)- (Riforma in parte T.A.R. Abruzzo,
L'Aquila n. 1141/2008)
- CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV - 16 marzo 2011, n. 1645
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 01645/2011REG.PROV.COLL.
N. 10343/2002 REG.RIC.
N. 10408/2002 REG.RIC.
N. 00597/2009 REG.RIC.
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10343 del 2002, proposto dalla
Associazione "Abitare Insieme", in persona del legale rappresentante pro
tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Silvio Roberto Tarquini, con domicilio
eletto presso il signor Domenico Di Pietro in Roma, via Albano n. 98;
contro
la signora Presti Concetta Maria, rappresentata e difesa dagli avvocati Vincenzo
Cerulli Irelli, Concetta Maria Presti e Franco Gaetano Scoca, con domicilio
eletto presso il primo, in Roma, via Dora, n. 1;
nei confronti di
Il Comune di l'Aquila, in persona del legale rappresentante pro tempore, non
costitutosi nel secondo grado del giudizio;
sul ricorso numero di registro generale 10408 del 2002, proposto dal Comune di
l'Aquila, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli
avvocati Paola Giuliani e Luciano Torelli, con domicilio eletto presso la
Segreteria di questa Sezione del Consiglio di Stato, in Roma, piazza Capo di
Ferro, 13;
contro
La signora Presti Concetta Maria, rappresentata e difesa dagli avvocati Vincenzo
Cerulli Irelli, Concetta Maria Presti e Franco Gaetano Scoca, con domicilio
eletto presso il primo, in Roma, via Dora, n. 1;
sul ricorso numero di registro generale 597 del 2009, proposto dalla signora
Presti Concetta Maria, rappresentata e difesa dagli avvocati Vincenzo Cerulli
Irelli e Concetta Maria Presti, con domicilio eletto presso il primo, in Roma,
via Dora, n. 1;
contro
Il Comune di l'Aquila, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e
difeso dall'avv. Paola Giuliani, con domicilio eletto presso il signor Benedetto
Giovanni Carbone in Roma, via degli Scipioni, n. 288;
nei confronti di
L’Associazione Abitare Insieme e la s.r.l. Edilvit, rappresentati e difesi dagli
avv. Rodolfo Ludovici e Silvio Roberto Tarquini, con domicilio eletto presso la
signora Monica Scongiaforno in Roma, via Postumia, 3;
i signori Ferri Gianluca Antonio Francesco, Ferri Alessia Francesca, la s.a.s.
Impresa Edile-Stradale di Martella Geom.Pasquale & C., l’Amministrazione
Provinciale di L'Aquila, Sportello unico per le attività produttive del Comune
di L'Aquila, la s.n.c. Torretta di Luca Cocciolone & C., in persona dei
rispettivi legali rappresentanti pro tempore;
il signor Cocciolone Luca;
il signor Martella Pasquale, rappresentato e difeso dagli avvocati Francesco
Camerini, Adriano Rossi, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato
Adriano Rossi in Roma, viale delle Milizie 1;
per la riforma quanto ai ricorsi nn. 10343 del 2002 e 10408/2002, della sentenza
del T.a.r. Abruzzo - l'Aquila n. 00575/2001;
quanto al ricorso n. 597 del 2009, della sentenza del T.A.R. Abruzzo - l'Aquila
n. 01141/2008;
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 ottobre 2010 il Cons. Andrea
Migliozzi e uditi per le parti gli avvocati Cerulli Irelli, Presti , Rossi e
Ludovici;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. La sig.ra Concetta Maria Presti, nella qualità di proprietaria di un
fabbricato ad uso abitazione sito in località Torretta del Comune di l’Aquila ,
in relazione ad una struttura residenziale da realizzarsi da parte
dell’Associazione “Abitare Insieme” sul lotto confinante la sua proprietà, da
adibire a residenze e servizi per un comunità alloggio, con ricorso n. 550 del
1999 impugnava innanzi al TAR per l’Abruzzo - l’Aquila - i seguenti atti:
la deliberazione del Consiglio Comunale di l’Aquila n. 49 del 30 marzo 1998, di
approvazione della proposta di progettazione presentata dall’Associazione
“Abitare Insieme” ai sensi dell’art.10 della legge n.104 del 1992, per
realizzare una comunità alloggio;
la convenzione stipulata tra il Comune e l’Associazione per la realizzazione del
progetto;
il parere espresso dalla commissione edilizia comunale nella seduta del 3
settembre 1997;
il parere della seconda commissione consiliare, espresso nella seduta del 28
marzo 1998.
Con motivi aggiunti, l’interessata impugnava altresì la concessione edilizia
n.387 del 20 maggio 2000.
2. Il TAR, con la sentenza n. 575 del 27 settembre 2001, accoglieva il proposto
ricorso, con annullamento degli atti impugnati, ritenendo, in particolare,
fondate le censure di cui al sesto, settimo, ottavo e nono motivo .
3. Con il primo degli appelli in esame (n. 10343 del 2002), l’Associazione
“Abitare Insieme “ ha impugnato tale sentenza e ha dedotto articolati motivi di
gravame.
La sig.ra Concetta Maria Presti si è costituita in giudizio con controricorso ed
ha proposto un appello incidentale avverso la stessa sentenza n. 575 del 2001,
riproponendo le censure non accolte in primo grado.
La sentenza n. 575 del 2001 è stata appellata anche dal Comune di l’Aquila (con
il ricorso n. 10408 del 2002), che ha contestato le statuizioni di accoglimento
di alcune censure della originaria ricorrente.
L’appellata si è costituita anche in questo giudizio con controricorso ed ha
proposto appello incidentale, corrispondente a quello proposto nel giudizio n.
10343 del 2002.
4. La signora Maria Concetta Presti ha proposto ulteriori ricorsi contro altri
provvedimenti:
- il ricorso n. 345 del 2001, contro la deliberazione del consiglio comunale di
L’Aquila n.38 del 19 marzo 2001, di adozione del Piano di riqualificazione
viabilità ‘Acqua santa – Collemaggio’;
- motivi aggiunti del 16 settembre 2002, contro la delibera del consiglio
comunale n. 93 del 2002, di controdeduzioni alle osservazioni alla delibera n.
38 del 2001;
- motivi aggiunti del 29 novembre 2002, contro la deliberazione comunale n. 1261
del 2002 di approvazione del medesimo Piano;
- motivi aggiunti del 13 settembre 2003, contro la concessione edilizia n. 258
del 2003, rilasciata alla s.p.a. Impresa Martella per la costruzione di una
palazzina per civile abitazione e di una villetta bifamiliare;
- motivi aggiunti del 13 maggio 2004, contro il permesso di costruire n. 194 del
4 maggio 2004 emesso sul progetto presentato dall’Associazione “Abitare insieme”
per la realizzazione di una comunità-alloggio;
- motivi aggiunti del 5 ottobre 2006, contestando le denunce di inizio attività
n. 1192 del 2004 e 1507 del 2004, presentate dall’Associazione “Abitare
insieme”, rispettivamente per una variante in corso d’opera e una sanatoria
della concessione edilizia n. 194 del 2004;
- motivi aggiunti del 9 gennaio 2008, contestato la dichiarazione di inizio
attività n. 529 del 2007, presentata dall’Associazione “Abitare Insieme”;
- motivi aggiunti del 9 maggio 2008, avverso la medesima dichiarazione n. 529
del 2007;
- il ricorso n. 253 del 2002, contro atti riguardanti il progetto edilizio
presentato dalla Società Torretta di Lucia Cocciolone;
- il ricorso n. 705 del 2004, integrato da motivi aggiunti rispettivamente del
18 marzo 2005 e del 3 giugno 2008, contro le denunce di inizio attività con cui
è stato assentito il progetto della Società Edilvit.
L’interessata ha anche formulato domande di risarcimento nei ricorsi nn. 345 del
2001 e 705 del 2004, sia in forma specifica che per equivalente, in ragione
delle conseguenze pregiudizievoli derivanti dall’edificazione, in termini di
perdita di visuale, luce ed aria per il fabbricato di sua proprietà.
5. Su tutte tali impugnazioni e domande si è pronunciato il TAR per l’Abruzzo
con la sentenza n. 1141 del 2008, la quale ha così deciso:
a) ha accolto il ricorso n. 345 del 2001 ed ha annullato gli atti ivi impugnati;
b) ha dichiarato improcedibile il ricorso n. 253 del 2002, per sopravvenuto
difetto di interesse;
c) ha accolto il ricorso n. 705 del 2004 ed ha annullato gli atti impugnati;
d) ha condannato il Comune di L’Aquila al risarcimento dei danni in favore della
ricorrente “secondo i criteri e giusta le modalità di cui in motivazione”.
6. Il Comune di L’Aquila ha proposto appello avverso la sentenza n. 1141 del
2008, chiedendo che siano integralmente respinte le domande di primo grado.
Con un controricorso contenente un appello incidentale, anche la signora Presti
ha chiesto la riforma parziale della sentenza n. 1141 del 2008.
Ella ha chiesto l’accoglimento delle censure assorbite in primo grado. nei
limiti del proprio interesse, e in particolare anche dell’atto di motivi
aggiunti del 13 settembre 2003 (di impugnazione della concessione edilizia n.
258 del 2003 rilasciata all’Impresa Martella) e dei motivi aggiunti al ricorso
n. 345 del 2001, rispettivamente del 13 maggio 2004, 12 luglio 2004, 5 ottobre
2006, 9 gennaio 2008 e 23 maggio 2008 (riferiti , quest’ultimo al ricorso n. 705
del 2004) e dei motivi aggiunti ai ricorsi nn. 345 del 2001 e 705 del 2004.
L’interessata ha dedotto di avere interesse ad impugnare, in particolare, i capi
VI .3), IV, IV.1 e VII) della seconda sentenza del Tar Abruzzo, per la parte in
cui non ha integralmente accolto le sue domande.
8. Questa Sezione - con l’ordinanza collegiale n. 3 del 2009 – ha riunito tutti
gli appelli in epigrafe indicati, “per evidenti ragioni di connessione
soggettiva ed oggettiva”.
All’udienza pubblica del 19 ottobre 2010 la causa è stata trattenuta in
decisione.
DIRITTO
1. Gli appelli in esame, già riuniti con la ordinanza collegiale n. 3 del 2009,
riguardano tutti gli atti con cui il Comune di l’Aquila ha assentito la
realizzazione di opere edilizie, contestata dalla signora Presti con i ricorsi
di primo grado ed i relativi motivi aggiunti.
2. Con l’appello n. 10343 del 2002, l’Associazione “Abitare insieme” – che ha
ottenuto i titoli per realizzare alcune delle opere edilizie – ha chiesto che,
in riforma della sentenza del TAR per l’Abruzzo n. 575 del 2001, siano respinte
le censure proposte dalla signora Presti:
Anche il Comune di l’Aquila, con l’appello n. 10408 del 2002, ha impugnato la
sentenza n. 575 del 2001, formulando censure corrispondenti a quelle dedotte
dall’Associazione.
Il TAR ha annullato alcuni atti (la delibera consiliare n. 49 del 1998 di
approvazione della proposta progettuale dalla Associazione, ai sensi dell’art.
10 della legge n. 104 del 1992, per realizzare una struttura residenziale da
adibire a comunità-alloggio; la convenzione stipulata tra il Comune e
l’Associazione il 16 marzo 1999; la concessione edilizia n. 387 del 2000,
rilevando effettivamente sussistenti i seguenti profili di illegittimità:
- nella procedura di approvazione del progetto non sono state assicurate le
forme partecipative, mentre nella specie si sarebbero dovuti applicare gli artt.
7 e ss della legge n. 241 del 1990;
- il fabbricato viene ad insistere nella fascia di rispetto cimiteriale e in
tale acclarata circostanza si rinviene il contrasto con le disposizioni di cui
all’art. 338 del testo unico delle leggi sanitarie, recanti il divieto di
costruzione nella fascia coperta dal vincolo di inedificabilità per esigenze
igienico-sanitarie;
- non è stato acquisito il parere del servizio prevenzione e igiene ambientale
dell’USL nella fase immediatamente precedente all’approvazione del progetto;
- le norme tecniche di attuazione del piano regolatore prevede, per le
attrezzature socio–sanitarie, l’utilizzazione di un lotto minimo di superficie
di 10.000 mq, mentre nella specie, la superficie disponibile risulterebbe di
5.089 mq.
L’appellante Associazione ha dettagliatamente censurato ciascuna statuizione
sfavorevole della sentenza del TAR
3. Ritiene la Sezione che le deduzioni dell’Associazione e del Comune (da
trattare congiuntamente perché sostanzialmente coincidenti, sia pure con
diversità lessicali) sono nel complesso infondate e vanno respinte, poiché la
sentenza del TAR ha correttamente verificato la sussistenza di vizi di cui sono
affetti gli atti impugnati in primo grado.
3.1. In primo luogo, ha un rilievo decisivo la fondamentale questione relativa
ai profili di illegittimità dedotti dalla signora Presti, ritenuti fondati dal
TAR, costituiti dalla violazione dell’art. 338 del testo unico sulle leggi
sanitarie, con riguardo al vincolo di rispetto cimiteriale.
L’Associazione appellante sostiene l’insussistenza del vizio di violazione delle
norma suindicata, poiché il progettato intervento edilizio ricadrebbe al di
fuori della fascia vincolata di 100 metri, che si dovrebbe calcolare dal muro di
cinta del cimitero, dovendosi ricondurre unicamente a tale ultima distanza la
fascia entro cui considerare il divieto di edificazione
L’assunto difensivo non è condivisibile.
Il richiamato art. 338 stabilisce che “i cimiteri debbono essere collocati a
distanza di almeno 200 metri dai centri abitati. E’ vietato di costruire intorno
agli stessi nuovi edifici e ampliare quelli esistenti entro il raggio di 200
metri”.
Ora, anche a voler ritenere che l’erigenda struttura si collochi al di là e non
al di qua dei 100 metri di distanza dal perimetro cimiteriale, rimane il fatto
che il rispetto del divieto di edificazione di cui all’art. 338 va calcolato con
riferimento ad una fascia di rispetto di 200 metri, misurata dal muro di cinta
del cimitero, entro cui comunque il progettato intervento, come evidenziato
dalle risultanze documentali, viene a collocarsi, inverandosi così il contrasto
con il predetto articolo che al primo comma sancisce il divieto di nuove
costruzioni.
L’Associazione insiste nella tesi che la fascia di rispetto sarebbe solo quella
fissata in 100 metri dal limite cimiteriale, poiché quella prevista dalla legge,
pari a 200 metri, sarebbe stata dimezzata dal Comune con propri provvedimenti.
Tale tesi va però disattesa, perché infondata.
Dalla documentazione acquisita, emerge che con la delibera n. 2014 del 6
dicembre 1972, la giunta comunale ridusse la fascia a 100 metri unicamente (come
si rileva dalla lettura sia della parte narrativa che di quella dispositiva)
allo scopo di ampliare il cimitero “limitatamente ai lati sud ed est, mentre
resta invariato per gli altrui lati”: in tali sensi si espresse anche l’Ufficio
del Medico provinciale, che - con atto del 27 dicembre 1972 - autorizzò la
riduzione in questione limitatamente ai lati interessati dai lavori di
ampliamento.
Ne consegue che la riduzione della fascia ha operato unicamente in funzione del
soddisfacimento delle esigenze (allora rappresentate) di ampliamento di una
parte del cimitero, rimanendo del tutto inalterata la prescrizione legale di non
realizzare nuovi edifici o di ampliare quelli preesistenti entro la fascia dei
200 metri, da calcolare dal muro di cinta del cimitero.
D’altra parte, il suolo assoggettato a vincolo di rispetto cimiteriale non
appare suscettibile di una edificazione da effettuarsi in attuazione di atti di
natura urbanistica (basati sulla legislazione ordinaria o su quella speciale),
in considerazione del divieto previsto dal medesimo art. 338 (ex plurimis, Cons
Stato, Sez. IV, 11 ottobre 2006, n. 6064; Sez.V, 3 maggio 2007).
3.2. Anche se tale profilo risulta di per sé dirimente, ritiene la Sezione di
dover respingere anche le censure dell’appellante principale riguardanti il
vizio di carenza di istruttoria, pure correttamente rilevato dal Tar
relativamente all’assenza del necessario parere ai fini sanitari –ambientali
dell’USL, in ordine al progettato intervento.
L’Associazione sostiene che all’adempimento istruttorio in discussione l’USL
abbia adempiuto con il “parere” del Servizio di prevenzione e igiene Ambientale
n.1267 del 15 marzo 1998.
Osserva al riguardo la Sezione che, dall’esame del contenuto di tale atto,
emerge che il Responsabile del Servizio ha unicamente richiamato sulle questioni
l’attenzione della Ripartizione urbanistica del Comune di l’Aquila, senza
formulare una qualsiasi propria valutazione sulla idoneità igienico-sanitaria
della erigenda struttura e la mancata acquisizione della valutazione dell’organo
consultivo in questione nella fase preventiva di approvazione del progetto
stesso non può non avere una sua (negativa) incidenza in ordine alla legittimità
del progettato intervento edilizio
Pertanto, gli atti impugnati in primo grado risultano affetti dal vizio di
carenza del previsto parere, sotto questo profilo non sostituibile da quello
emesso successivamente, in ordine al rilascio della relativa concessione
edilizia
3.3. La sussistenza dei rilevati vizi, già riscontrati dal TAR, consente di
ritenere irrilevanti in questa sede, e conseguentemente impregiudicate, le
ulteriori questioni controverse tra le parti:
- se siano state effettivamente violate le regole della partecipazione, nel
corso del procedimento;
- se vi sia stata la violazione dell’art. 34 delle norme tecniche di attuazione,
per l’assenza del cd lotto minimo di 10.000 mq. 3.4.
4. L’infondatezza dell’appello principale (quanto ai due profili sopra
evidenziati, che evidenziano due vizi che giustificano l’annullamento degli atti
impugnati in primo grado) non preclude di per sé l’esame delle censure con cui
la signora Presti, con i suoi appelli incidentali (proposti in entrambi gli
appelli principali), ha chiesto l’accoglimento delle censure respinte o
assorbite in primo grado.
Infatti, ella in primo grado ha dedotto – quale ragione radicalmente escludente
la possibilità di applicare l’art. 10, comma 6, della legge n. 104 del 1992 –
che l’Amministrazione comunale non potrebbe a tal fine consentire la
realizzazione di ‘comunità-alloggio’, caratterizzate dalla collaborazione di
famiglie dedite al volontariato, che diano assistenza ai portatori di handicap.
Ad avviso dell’appellante incidentale, in applicazione della medesima normativa
il Comune non potrebbe approvare un progetto caratterizzato, come nella specie,
dalla realizzazione di tre appartamenti destinati alla residenza di tre nuclei
familiari ‘normali’, in assenza di specifiche attrezzature e presidi sanitari
per la riabilitazione dei disabili.
Ritiene la Sezione che le articolate doglianze della appellante incidentale
vadano respinte.
L’art. 10, comma 6, della legge n.104 del 1992 si riferisce alle strutture da
adibire a comunità-alloggio, senza elencare le caratteristiche tipologiche di
tali strutture o richiedere determinati requisiti tecnici: le sue
caratteristiche possono essere ragionevolmente individuate dalle
Amministrazioni, che valutano le realtà locali, le esigenze da soddisfare, le
risorse umane e patrimoniali disponibili.
Del tutto ragionevolmente, la legge n. 104 del 1992 può essere applicata mirando
all’inserimento e all’integrazione sociale delle persone disabili, anche con la
collaborazione di chi intenda svolgere attività di volontariato o comunque
intenda aiutare i più deboli.
Proprio con la comunità-alloggio, l’Amministrazione può consentire lo
svolgimento di vite migliori, in ambienti per quanto possibili strutturati sul
modello di famiglie nelle quali i normodotati possano occuparsi dei disabili e
questi possano, per quanto possibile, incrementare o mantenere il loro
inserimento sociale.
Nella specie, proprio la previsione progettuale dei tre appartamenti destinati a
“nuclei familiari normali” (beninteso, legittimati ad abitare nei medesimi
alloggi solo nel caso di perdurante puntuale rispetto degli obblighi e dei
compiti così assunti) evidenzia la ragionevolezza della soluzione e il rispetto
delle disposizioni legislative, da interpretare comunque nel senso che occorra
trovare in concreto la soluzione più consona alle loro esigenze.
Sotto tale profilo, non rileva la mancata prevista presenza di attrezzature di
tipo medico, evidentemente perché i disabili da ospitare nella struttura con
tali caratteristiche – in ragione delle loro specifiche necessità ed esigenze -
vanno scelti più per consentire lo svolgimento di una loro vita dignitosa (con
interventi medici solo nel caso di necessità e agevolati dai doveri così assunti
dai componenti dei ‘nuclei normali’), piuttosto che per disporre lungodegenze da
gestire con specifici interventi medici o infermieristici.
In sintesi, ritiene la Sezione che in linea di principio una comunità-alloggio,
del tipo preso in considerazione in sede amministrativa, possa senz’altro essere
pianificata in attuazione della legge n. 104 del 1992 (nel rispetto delle
procedure urbanistiche e dei vincoli di natura non urbanistica).
5. Le ulteriori censure riproposte dall’appellante incidentale, riproposte in
questa sede, vanno dichiarate improcedibili per carenza di interesse, in ragione
della portata conformativa della presente sentenza e della necessità, per
l’Amministrazione, di rinnovare il procedimento ove intenda soddisfare gli
interessi sostanziali posti a base degli atti di cui si è riscontrata in questa
sede l’illegittimità.
6. Vanno a questo punto esaminati gli appelli proposti avverso la sentenza del
TAR per l’Abruzzo n. 1141 del 14 ottobre 2008, che – pur avendo annullato alcuni
ulteriori e consequenziali provvedimenti amministrativi – ha accolto in parte le
domande proposte dalla signora Presti con i ricorsi n. 345 del 2001 e 745 del
2004 (e con i relativi motivi aggiunti).
La signora Presti, con l’appello n. 597 del 2009, ha chiesto l’accoglimento
integrale dei ricorsi di primo grado.
Il Comune di l’Aquila, nel medesimo giudizio n. 597 del 2009, ha proposto un
appello autonomo (ma inserito dalla Segreteria nello stesso fascicolo),
chiedendo la reiezione integrale dei ricorsi primo grado.
7. Per il suo carattere preliminare, va esaminato con priorità l’appello (avente
natura autonoma) del Comune di l’Aquila, il quale ha formulato tre distinte
censure:
- sarebbero inammissibili le doglianze proposte in primo grado dalla signora
Presti, perché non sarebbe titolare di alcun interesse legittimo in relazione
all’edificazione nella fascia cimiteriale;
- non sussisterebbe la violazione dell’art. 338 del testo unico sulle leggi
sanitarie, poiché gli atti di programmazione urbanistica si muovono su un piano
diverso a autonomo rispetto alla disciplina sanitaria dettata in tema di
rispetto della fascia cimiteriale, sì da ritenersi insussistente la conseguente
dichiarata illegittimità dei permessi di costruire e degli altri titolo
abilitativi rilasciati in favore dell’Associazione “Abitare Insieme” e della
s.r.l. Edilvit.
- la signora Presti non potrebbe fondatamente chiedere alcun risarcimento del
danno, poiché non sarebbe stata addotta né dimostrata alcuna violazione delle
norme edilizie.
Ritiene la Sezione che l’appello del Comune sia infondato e vada respinto.
7.1. La prima deduzione, secondo cui la signora Presti avrebbe proposto un
ricorso inammissibile, non tiene conto dei principi generali – elaborati dalla
pacifica giurisprudenza - riguardanti l’impugnativa dei titoli edilizi
abilitativi e degli atti presupposti di natura urbanistica.
Possono infatti impugnare tali titoli coloro che sono titolari di un bene
immobile posto nei pressi dei luoghi ove vanno realizzate le opere.
Con riferimento ai fondi interessati dalle edificazioni dell’Associazione
“Abitare Insieme “ e della s.r.l. Edilvit, la legittimazione ad impugnare i
provvedimenti sussiste perché la signora Presti è titolare di un immobile in
prossimità di quelli degli originari controinteressati: la legittimazione così
ravvisabile consente di dedurre ogni vizio di legittimità, anche quello
riguardante il mancato rispetto della fascia di rispetto cimiteriale.
7.2. Circa la dedotta insussistenza del vizio di violazione dell’art. 338 del
testo unico, le deduzioni del Comune vanno respinte, per le medesime ragioni
evidenziate dal TAR con la prima sentenza n. 575 del 2001, confermata sul punto
dal precedente § 3.1.della presente sentenza.
Contrariamente a quanto ha reieteratamente dedotto il Comune, il Collegio non
può che ribadire che il regime giuridico della fascia di rispetto cimiteriale
non può essere modificato con i provvedimenti di natura urbanistica previsti
dalla legislazione (anche dalla legge n. 104 del 1992).
7.3. Risultano altresì infondate le critiche dell’Amministrazione al capo della
sentenza n. 1140 del 2001, con cui il TAR ha ravvisato la sussistenza di un
danno risarcibile.
L’appellante nega tale sussistenza, poiché non sarebbero state violate nella
specie le disposizioni in materia di distanze o di standard urbanistici.
Osserva la Sezione che in linea di principio è risarcibile il danno cagionato al
vicino, che impugni tempestivamente e fondatamente il titolo abilitativo che
abbia consentito la realizzazione di un manufatto, anche quando il vizio del
titolo consiste nella violazione della disciplina riguardante un vincolo non
urbanistico (paesaggistico, archeologico, idrogeologico, autostradale,
cimiteriale, ecc.), purché risulti la diminuzione del godimento del suo bene
(sotto il profilo del soleggiamento, della amenità, del panorama e comunque
sotto ogni profilo che comporta, anche per il maggiore carico urbanistico, il
relativo deprezzamento).
E’ quanto risulta avvenuto nel caso di specie, poiché le edificazioni
illegittimamente consentite dal Comune nell’area oggetto del vincolo cimiteriale
sono state idonee ad incidere sul valore del bene dell’appellante, come
correttamente osservato dal TAR mediante l’elaborazione dei relativi criteri di
quantificazione.
L’appello del Comune va dunque respinto.
In assenza di censure sul punto, la Sezione non può pronunciarsi sulle
specifiche responsabilità e in ordine ai criteri in base ai quali andrà
ripartita tra i soccombenti la somma da corrispondere alla signora Presti.
8. Si deve dunque passare all’esame dell’appello principale n. 597 del 2007, con
cui la signora Presti ha chiesto – in parziale riforma della sentenza n. 1141
del 2008 – l’accoglimento di ulteriori sue pretese già formulate in primo
grado..
Più specificatamente, con i primi due motivi l’interessata intende ottenere la
riforma dei capi della sentenza con cui il TAR:
- ha indicato i criteri di quantificazione del risarcimento del danno in forma
equivalente;
- ha dichiarato inammissibile l’impugnativa della concessione edilizia n. 258
del 25 giugno 2003, rilasciata all’Impresa Edile Martella (contestata con i
motivi aggiunti al ricorso n. 345 del 2001, notificati il 12 settembre 2003).
L’appellante ha lamentato l’erroneità del parametro di valutazione indicato dal
TAR ai fini della determinazione dell’equivalente monetario del danno subito,
erroneamente individuato nel 30% del valore del bene, da rapportarsi,
quest’ultimo, a quello risultante dagli estimi catastali.
Ella ha censurato anche la dichiarazione di inammissibilità del ricorso proposto
avverso la concessione edilizia, essendovi un suo evidente interesse.
Infine, l’appellante ha chiesto la riforma del capo della sentenza relativo alla
condanna alle spese , ritenendo la misura della liquidazione operata dal Tar,
che non risulterebbe adeguata all’attività difensiva svolta e alla complessità
del contenzioso.
Ritiene la Sezione che l’appello n. 597 del 2007 della signora Presti vada solo
in parte accolto.
8.1. Risulta fondata, e va accolta, la censura formulata nei confronti della
statuizione con cui il TAR, senza motivazione specifica, ha fissato la misura di
tale valore nella percentuale del 30% , discostandosi dalla percentuale del 40%,
indicata nella perizia extragiudiziale giurata, prodotta nel corso del giudizio
di primo grado, e supportata col riferimento a specifici criteri,
Pertanto, ad integrazione dei criteri già formulati dal TAR, l’Amministrazione
si formerà un proprio convincimento ai sensi dell’allora vigente art. 35 del
d.lg. n. 80 del 1998, applicato dal TAR, anche sulla base di quanto è desumibile
dalla medesima perizia: ove sia proposto il ricorso d’ottemperanza ex art. 35,
in sede giurisdizionale sarà dunque sindacabile e valutabile anche tale aspetto.
8.2. Risultano altresì fondate e vanno accolte anche le censure rivolte contro
la dichiarazione di inammissibilità dei motivi aggiunti, proposti avverso i
titoli abilitativi conseguiti dall’Impresa Martella .
Come già si è osservato al § 7.1., per la pacifica giurisprudenza, che il
collegio condivide e fa propria, la legittimazione ad impugnare un concessione
edilizia sussiste per il fatto che il terzo si trovi in un situazione di stabile
collegamento con la zona interessata alla costruzione (cfr, ex plurimis, Cons
Stato, Sez. IV, 30 novembre 2009, n. 7491)
Nella specie, tra gli immobili in questione (l’immobile di cui è proprietaria la
signora Presti e l’area di cui è proprietaria l’Impresa Martella) vi è una
distanza di circa trecento metri, tale da doverli considerare prossimi.
Da un lato, i titoli edilizi in questione sono stati conseguiti in attuazione
degli atti di pianificazione risultati illegittimi, e riguardanti una specifica
e delimitata area del territorio comunale.
Dall’altro, la distanza tra le due aree è tale da far ritenere del tutto
ragionevole la deduzione secondo cui l’incremento degli insediamenti abitativi è
idoneo a incidere negativamente sulla qualità della vita dei residenti e sul
valore degli immobili della zona.
Quanto ai vizi dei medesimi titoli, essi effettivamente risultano, perché si
sono basati sugli atti di pianificazione annullati: risulta dunque fondata la
dedotta censura di illegittimità derivata.
8.3. Tenuto conto degli effetti pregiudizievoli derivanti dall’intervenuta
edificazione e ravvisabili, in particolare, nella riduzione di visuale, luce ed
aria al fabbricato di proprietà, la valutazione del danno, ai fini del
risarcimento in forma di equivalente monetario, stante la insufficienza degli
elementi probatori posti a sostegno della relativa domanda, è stata dal TAR
effettuata correttamente secondo il metodo equitativo, prendendo a base della
relativa quantificazione un dato non incongruo e neppure irragionevole, quale il
valore dell’immobile desumibile dagli estimi catastali.
L’appellante sostiene che il parametro di riferimento da utilizzarsi per la
quantificazione de qua debba essere il valore venale in comune commercio, ma
nella specie non sono dedotte né provate circostanze in ordine alla messa in
vendita e commercializzazione dell’immobile, per cui il dato oggettivo da
prendersi a calcolo non può essere che quello legale e cioè il valore derivante
dallo sviluppo della rendita catastale
8.4. Va altresì respinto il motivo con cui si è chiesta la riforma del capo
della sentenza riguardante la liquidazione delle spese del primo grado del
giudizio.
Il TAR ha liquidato le spese sulla base di un criterio equitativo e non v’è
dubbio che il giudice di primo grado sia titolare di un proprio potere
discrezionale, per valutare ogni elemento al fine di emettere la statuizione
relativa, senza peraltro indicarne le specifiche ragioni, purché siano
rispettate le regole della soccombenza, nella specie rispettate in modo
indiscusso.
8.5. Conseguentemente, vanno respinte tutte le deduzioni dell’Associazione
“Abitare insieme” e della s.r.l. Edilvit, coincidenti con quelle formulate dal
Comune, che sono state respinte, ovvero quelle contrastanti con le deduzioni
risultate fondate della signora Presti.
9. Per le ragioni che precedono, vanno respinti gli appelli principali n. 10343
del 2002 e n. 10408 del 2002, con parziale reiezione dell’appello incidentale
della signora Presti, va respinto l’appello autonomo proposto dal Comune e
inserito nel giudizio n. 597 del 2009, mentre va accolto in parte l’appello
della signora Presti n. 597 del 2009.
La sentenza gravata va dunque in parte confermata, mentre va riformata:
- quanto ai criteri riguardanti la determinazione del danno risarcibile;
- in ragione dell’annullamento dei titoli edilizi rilasciati alla Impresa
Martella.
Le spese e le competenze del presente grado del giudizio seguono la regola della
soccombenza e vengono poste a carico del Comune di l’Aquila, dell’Associazione
“Abitare Insieme, della s.r.l. Edilvit e della Impresa Martella, nella misura
indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente
pronunciando sugli appelli riuniti, come in epigrafe, proposti, così dispone:
- rigetta – nei sensi indicati in motivazione - gli appelli principali n. 10343
del 2002 e n. 10408 del 1002 e, quanto all’appello incidentale della signora
Presti, in parte lo respinge e in parte lo dichiara improcedibile;
- respinge l’appello autonomo del Comune, inserito nel fascicolo n. 597 del
2009;
- accoglie in parte - nei sensi indicati in motivazione - l’appello principale
n. 597 del 2009 e per l’effetto, in parziale riforma della sentenza del TAR per
l’Abruzzo n. 1141 del 2008, annulla i titoli edilizi impugnati in primo grado,
emessi in favore della Impresa Martella, e determina il criterio di cui al §
8.1. della motivazione;
- respinge le deduzioni dell’Associazione “Abitare insieme” e della s.r.l.
Edilvit, come indicato al § 8.5. della motivazione;
- condanna il Comune di l’Aquila, l’Associazione “Abitare Insieme “, la s.r.l.
Edilvit e la Impresa Martella al pagamento delle spese e degli onorari del
presente grado del giudizio, che si liquidano complessivamente in euro 16.000,00
(sedicimila), oltre IVA e CPA. (in quanto dovuti), nella misura di quattromila
nei confronti di ciascuna di esse e col vincolo di solidarietà.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 ottobre 2010 con
l'intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Pier Luigi Lodi, Consigliere
Anna Leoni, Consigliere
Salvatore Cacace, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/03/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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