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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CONSIGLIO DI STATO Sez. VI - 23 maggio 2011, Sentenza n.
3107
ASSOCIAZIONI E COMITATI - Associazioni ambientaliste - Associazioni locali -
Legittimazione a ricorrere - Giudice - Riconoscimento caso per caso.
L'esplicita legittimazione, ai sensi dell’art. 13, l. 8 luglio 1986 n. 349,
delle associazioni ambientalistiche di dimensione nazionale e ultraregionale
all'azione giudiziale non esclude analoga legittimazione ad agire in ambito
territoriale ben circoscritto, e ciò anche per i meri comitati spontanei che si
costituiscono al precipuo scopo di proteggere l'ambiente, la salute e/o la
qualità della vita delle popolazioni residenti su tale circoscritto territorio.
Detto altrimenti, le previsioni normative citate hanno creato un criterio di
legittimazione "legale" destinato ad aggiungersi a quelli in precedenza
elaborati dalla giurisprudenza per l’azionabilità in giudizio dei c.d. interessi
diffusi e non li sostituisce. Ne consegue che il giudice amministrativo può
riconoscere, caso per caso, la legittimazione ad impugnare atti amministrativi
incidenti sull'ambiente ad associazioni locali (indipendentemente dalla loro
natura giuridica), purché perseguano statutariamente in modo non occasionale
obiettivi di tutela ambientale ed abbiano un adeguato grado di rappresentatività
e stabilità in un'area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato il
bene a fruizione collettiva che si assume leso. Pres. ff. De Nictolis, Est.
Garofoli - Associazione A. e altri (avv.ti Ceruti e Petretti) c. Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e altri (Avv. Stato ) e
Regione Veneto (avv.ti Ligabue, Manzi e Mio) - (Riforma T.A.R. LAZIO, Roma , SEz.
II, n. 32824/2010 -
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 23 maggio 2011, n. 3107
DIRITTO DELL’ENERGIA - Centrali alimentate a carbone - Parco del Delta del Po -
Art. 30 L.r. veneto n. 30/1997 - Criterio di preferenza per le centrali
alimentate a gas metano - Coordinamento esegetico con l’art. 5-bis del D.L. n.
5/2009 - Valutazione comparativa tra l’impatto delle differenti tipologie di
centrale. In difetto, allo stato, di un principio di legislazione statale
che imponga la realizzazione delle centrali elettriche alimentate a carbone
senza lasciare margini all’intervento legislativo regionale, e nella perdurante
vigenza di una legge regionale volta ad introdurre, per il contesto territoriale
del Parco del Delta del Po, un criterio di preferenza delle centrali elettriche
alimentate a gas metano, salve fonti di alimentazione con minore o pari impatto
ambientale, il coordinamento esegetico delle due fonti normative (Art. 5-bis
D.L. n. 5/2009 e art. 30, l.r. Veneto 8 settembre 1997, n. 36) impone una
esplicitazione delle ragioni sottese alla valutazione comparativa tra l’impatto
ambientale proprio della centrale a carbone che si intende realizzare e
l’impatto correlato alla realizzazione e al funzionamento di centrale a gas
metano; presuppone, più nel dettaglio, che all’esito di tale comparazione,
l’autorità amministrativa competente abbia responsabilmente concluso per il
minore o quanto meno equivalente impatto ambientale della centrale a carbone. La
suddetta comparazione, lungi dal poter essere rimessa al soggetto che propone il
progetto, deve essere adeguatamente svolta dall’Amministrazione pubblica,
nell’esercizio della discrezionalità tecnica che le compete. Pres. ff. De
Nictolis, Est. Garofoli - Associazione A. e altri (avv.ti Ceruti e Petretti) c.
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e altri (Avv.
Stato ) e Regione Veneto (avv.ti Ligabue, Manzi e Mio) - (Riforma T.A.R. LAZIO,
Roma , SEz. II, n. 32824/2010
- CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 23 maggio 2011, n. 3107
DIRITTO DELL’ENERGIA - Centrali alimentate a carbone - Parco del Delta del Po -
Art. 30 L.r. veneto n. 30/1997 - Modifica ex aL.r. n. 18/1999 -Centrali a gas -
Valutazione di pari o minore impatto ambientale. Se è vero che l’ art. 30,
l.r. Veneto 8 settembre 1997, n. 36, nella formulazione successiva alla novella
di cui alla l.r. 26 febbraio 1999 n. 18, non prevede più l’obbligo
dell’alimentazione a gas metano o con altre fonti alternative non inquinanti
limitandosi a prescrivere che nell'ambito dell'intero territorio dei comuni
interessati dal Parco del Delta del Po “gli impianti di produzione di energia
elettrica dovranno essere alimentati a gas metano o da altre fonti alternative
di pari o minore impatto ambientale”, non è men vero, tuttavia, che la
valutazione di “pari o minore impatto ambientale” dell’impianto a carbone
rispetto all’impianto alimentato a gas debba essere svolta dall’amministrazione
in modo analitico, tenendo senz’altro anche conto dell’attitudine inquinante che
le centrali a confronto presentano sotto i diversi aspetti che vengono in
rilievo. Pres. ff. De Nictolis, Est. Garofoli - Associazione A. e altri
(avv.ti Ceruti e Petretti) c. Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare e altri (Avv. Stato ) e Regione Veneto (avv.ti Ligabue,
Manzi e Mio) - (Riforma T.A.R. LAZIO, Roma , SEz. II, n. 32824/2010
- CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 23 maggio 2011, n. 3107
INQUINAMENTO ATMOSFERICO - Limiti di emissione posti dai BREF - Indicazioni
vincolanti - Esclusione - Modelli di riferimento in funzione del miglioramento
delle prestazioni ambientali. Le regole poste dai BREF (Bat Reference
Reports), in specie quelle relative ai livelli d’emissione, non sono indicative
di valori massimi inderogabili o di valori limite d’emissione per i singoli
inquinanti, la relativa funzione essendo piuttosto quella di indicare seri
modelli di riferimento da prendere in considerazione in funzione del
miglioramento delle prestazioni ambientali. Ciò non significa tuttavia che le
regole in questione possano considerarsi prive di alcuna rilevanza, dovendo
esserne viceversa motivatamente giustificato lo scostamento. Pres. ff. De
Nictolis, Est. Garofoli - Associazione A. e altri (avv.ti Ceruti e Petretti) c.
Ministero dell'ambente e della tutela del territorio e del mare e altri (Avv.
Stato ) e Regione Veneto (avv.ti Ligabue, Manzi e Mio) - (Riforma T.A.R. LAZIO,
Roma , SEz. II, n. 32824/2010 -
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 23 maggio 2011, n. 3107
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 03107/2011REG.PROV.COLL.
N. 10216/2010 REG.RIC.
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10216 del 2010, proposto da:
Assagaime - Associazione tra Agenzie d'affari in mediazione turistiche di
viaggi, di Rosolina, Cob - Consorzio Operatori Balneari, Villaggio Turistico
Rosapineta Sud, Villaggi Club Srl, Consorzio Delta Nord Societa' Coop A Rl,
Greenpeace Onlus, Associazione Italiana per il World Wide Fund For Nature (Wwf)
Ong - Onlus, Italia Nostra - Onlus, Comitato Cittadini Liberi Porto Tolle, in
persona dei rappresentanti legali, rappresentati e difesi dagli avvocati Matteo
Ceruti, Alessio Petretti, con domicilio eletto presso Alessio Petretti in Roma,
via degli Scipioni, n. 268/A;
contro
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Ministero per
i beni e le attività culturali, Ministero dello sviluppo economico, in persona
dei legali rappresentanti, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello
Stato, domiciliati per legge in Roma, via dei Portoghesi, n. 12; Regione Veneto,
in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dagli avvocati
Cecilia Ligabue, Andrea Manzi, Emanuele Mio, con domicilio eletto presso Andrea
Manzi in Roma, via Gonfalonieri, n. 5;
nei confronti di
Ministero per i beni e le attività culturali, Ministero dello sviluppo
economico, in persona dei legali rappresentanti, rappresentati e difesi
dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliati per legge in Roma, via dei
Portoghesi, n. 12; Regione Veneto, Arpav - Agenzia regionale per la protezione
dell'ambiente del Veneto, Cesare Donnhauser, Società Enel Produzione s.p.a.,
Arpav - Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente del Veneto; Società
Enel Produzione s.p.a., Società Enel s.p.a., rappresentati e difesi dagli
avvocati Giuseppe De Vergottini, Cesare Caturani, con domicilio eletto presso
Giuseppe De Vergottini in Roma, via A. Bertoloni, 44; Enel Spa, rappresentata e
difesa dagli avvocati Giuseppe De Vergottini, Giuseppe Caturani, Leonardo
Maurizio Procopio, con domicilio eletto presso Giuseppe De Vergottini in Roma,
via A. Bertoloni, n. 44;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA, SEZIONE II, n. 32824/2010, resa tra le
parti, concernente GIUDIZIO POSITIVO DI COMPATIBILITÀ AMBIENTALE SU PROGETTO DI
TRASFORMAZIONE A CARBONE DI CENTRALE TERMOELETTRICA DI PORTO TOLLE –
RISARCIMENTO DANNI
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare, del Ministero per i beni e le attività
culturali, del Ministero dello sviluppo economico, della società Enel
Produzione, della società Enel s.p.a., della Regione Veneto;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 119, co. 5, cod. proc. amm.;
Considerato che è stato dichiarato l’interesse alla pubblicazione anticipata del
dispositivo rispetto alla sentenza;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 maggio 2011 il Cons. Roberto
Garofoli e uditi per le parti l’avvocato Ceruti, l'avvocato dello Stato Guida,
gli avvocati Andrea Manzi, Caturani e De Vergottini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con sentenza n. 32824 del 2010 il T.A.R. Lazio -dichiarate irrilevanti e
comunque manifestamente infondate le eccezioni di illegittimità costituzionale
dedotte con riguardo all’art. 5-bis, d.l. 10 febbraio 2009, n. 5, convertito,
con modificazioni, in l. 9 aprile 2009, n. 33- ha respinto il ricorso proposto
avverso gli atti del procedimento conclusosi con decreto prot. DSA-DEC
2009/0000873 del 24 luglio 2009, con cui il Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro per i beni e le
attività culturali, ha espresso giudizio positivo di compatibilità ambientale
sul progetto per la realizzazione d’una centrale termoelettrica da 1980 Mw,
alimentata a carbone e biomasse vergini nella misura massima del 5% su due
gruppi, ubicata nel Comune di Porto Tolle (RO), da realizzare in luogo
dell’esistente centrale ad olio combustibile.
2. Quanto alla vicenda procedimentale portata al vaglio giurisdizionale, in data
31 marzo 2005 la società ENEL Produzione ha presentato al Ministero
dell’ambiente istanza di parere di compatibilità ambientale in riferimento al
citato progetto di riconversione.
Dopo una battuta d’arresto del procedimento avutasi a seguito delle perplessità
manifestate dalla Commissione VIA-VAS nella seduta del 23 luglio 2007 e recepite
nella nota interlocutoria del 13 agosto 2007 della Direzione Generale per la
salvaguardia ambientale, il procedimento amministrativo è stato riavviato e, in
data 29 aprile 2009, la Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale
VIA-VAS ha espresso parere favorevole n. 285.
Dopo lo svolgimento di un’inchiesta pubblica richiesta dai Comuni interessati e
l’acquisizione di un parere dell’ARPAV- Agenzia regionale per la protezione
dell’ambiente del Veneto- con DGR n. 2018 del 7 luglio 2009, la Giunta regionale
del Veneto si è espressa subordinando il parere positivo ad una riformulazione
di talune prescrizioni già contenute nel citato parere n. 285 del 29 aprile
2009.
Infine, a valle della seduta del Comitato di coordinamento della Commissione
VIA-VAS in data 9 luglio 2009, con decreto del 24 luglio 2009, n. 873, il
Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con
il Ministro per i beni e le attività culturali, ha espresso parere positivo di
compatibilità ambientale, accompagnato da talune prescrizioni.
3. In primo grado, il T.A.R. Lazio ha disatteso le censure con cui i ricorrenti
hanno tra l’altro lamentato:
• presunte anomalie relative al procedimento svoltosi a livello regionale
(modalità di convocazione e svolgimento dell’inchiesta pubblica, composizione
della Commissione regionale) e statale (mancata accettazione di alcune delle
prescrizioni cui la Commissione regionale VIA ha subordinato il parere
favorevole espresso in data 30 giugno 2009, omesso coinvolgimento della Regione
Emilia-Romagna e dell’Ente Parco regionale Delta del Po);
• l’assunta incompetenza del Comitato di coordinamento della Commissione tecnica
VIA-VAS espressosi con parere del 15 luglio 2009;
• la violazione del principio di imparzialità asseritamente conseguente alla
partecipazione alle Commissioni regionale e statale intervenute nel procedimento
del dott. Franco Secchieri;
• la illegittima composizione della Commissione tecnica di verifica dell’impatto
ambientale VIA-VAS;
• la mancata valutazione delle alternative di progetto, intese come tipologia di
alimentazione dell’impianto;
• l’autorizzazione di emissioni di inquinanti in misure superiori a quelle
indicate nel progetto ENEL, oltre che a quelle desumibili dai documenti BAT;
• l’impatto sul paesaggio;
• l’inadeguatezza della valutazione di incidenza.
Contro la sentenza propongono gravame gli appellanti ritenendone l’erroneità e
chiedendone l’annullamento.
All’udienza del 10 maggio 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1. Il ricorso va accolto nei limiti di seguito espressi.
2. La questione oggetto di contenzioso attiene alla legittimità degli atti
intervenuti nel corso del procedimento conclusosi con il favorevole parere di
compatibilità ambientale espresso con riferimento al progetto di riconversione
della centrale ad olio combustibile nel Comune di Porto Tolle (RO) in una
centrale termoelettrica da 1980 Mw, alimentata a carbone e biomasse vergini
nella misura massima del 5% su due gruppi.
3. Preliminarmente, prima di passare all’esame del merito, va ritenuta la
legittimazione degli appellanti.
Nessun dubbio può sorgere quanto alla legittimazione di Italia Nostra, W.W.F. e
GREENPEACE, individuate quali associazioni di protezione ambientale nazionali ex
art. 13, l. 8 luglio 1986, n. 349
Parimenti, quanto agli altri appellanti, merita considerare che, come già in
passato dalla Sezione ripetutamente affermato (tra le altre, 13 settembre 2010,
n. 6554), l'esplicita legittimazione, ai sensi del citato art. 13, l. 8 luglio
1986 n. 349, delle associazioni ambientalistiche di dimensione nazionale e
ultraregionale all'azione giudiziale non esclude, di per sé sola, analoga
legittimazione ad agire in ambito territoriale ben circoscritto, e ciò anche per
i meri comitati spontanei che si costituiscono al precipuo scopo di proteggere
l'ambiente, la salute e/o la qualità della vita delle popolazioni residenti su
tale circoscritto territorio.
Altrimenti opinando, le località e le relative popolazioni, interessate da
minacce alla salute pubblica o all'ambiente in un ambito locale circoscritto,
non avrebbero autonoma protezione, in caso di inerzia delle associazioni
ambientaliste espressamente legittimate per legge.
Detto altrimenti, le previsioni normative citate hanno creato un criterio di
legittimazione "legale" destinato ad aggiungersi a quelli in precedenza
elaborati dalla giurisprudenza per l’azionabilità in giudizio dei c.d. interessi
diffusi e non li sostituisce.
Ne consegue che il giudice amministrativo può riconoscere, caso per caso, la
legittimazione ad impugnare atti amministrativi incidenti sull'ambiente ad
associazioni locali (indipendentemente dalla loro natura giuridica), purché
perseguano statutariamente in modo non occasionale obiettivi di tutela
ambientale ed abbiano un adeguato grado di rappresentatività e stabilità in
un'area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato il bene a
fruizione collettiva che si assume leso; che è quanto ad avviso del Collegio è
dato riscontrare con riguardo ai Consorzi, al Comitato e all’Associazione
appellanti, avuto riguardo ai tre parametri tradizionalmente utilizzati al
riguardo in giurisprudenza, rispettivamente relativi alle finalità statutarie
dell’ente, alla stabilità del suo assetto organizzativo, nonché alla c.d.
vicinitas dello stesso rispetto all’interesse sostanziale che si assume leso per
effetto dell’azione amministrativa e a tutela del quale, pertanto, l’ente
esponenziale intende agire in giudizio.
4. Passando, quindi, al merito, ritiene il Collegio di muovere dall’esame dei
motivi di ricorso con cui si lamenta l’inadeguatezza della “valutazione delle
alternative di progetto”.
4.1. Giova prendere le mosse dalla ricostruzione dello specifico quadro
normativo di riferimento.
L’art. 30, l.r. Veneto 8 settembre 1997, n. 36, dispone che “Nell'ambito
dell'intero territorio dei comuni interessati dal Parco del Delta del Po ….: a)
gli impianti di produzione di energia elettrica dovranno essere alimentati a gas
metano o da altre fonti alternative di pari o minore impatto ambientale”.
La disposizione regionale citata, dettata in considerazione della specificità
del territorio preso in considerazione e con un’evidente finalità quindi di
protezione ambientale, nell’esercizio anche della competenza legislativa
regionale in materia di “produzione, trasporto e distribuzione nazionale
dell’energia” (art. 117 co. 3, Cost.), senza certo prescrivere in via esclusiva
l’alimentazione a gas metano degli impianti di produzione di energia elettrica
realizzabili, esprime una sicura opzione legislativa di preferibilità per gli
impianti per l’appunto alimentati a gas metano, ammettendo una differente
alimentazione solo a condizione che siano utilizzate “fonti alternative di pari
o minore impatto ambientale”.
Perché quindi -in applicazione della citata disposizione adottata dal
legislatore della Regione Veneto- possa essere espressa una valutazione positiva
di compatibilità ambientale di un impianto di produzione di energia elettrica
diversamente alimentato è necessaria una quanto mai accurata istruttoria volta a
comparare sul piano tecnico ed in concreto l’impatto ambientale potenzialmente
correlato al funzionamento della centrale proposta con quello sempre
potenzialmente derivante dall’esercizio di impianti che, a parità di energia
prodotta, siano tuttavia alimentati a gas metano: adeguata valutazione
comparativa di cui l’amministrazione preposta alla formulazione del parere di
compatibilità ambientale è quindi tenuta a dare compiutamente atto nella parte
motiva, responsabilmente prendendo in considerazione -nel condurre sul piano
tecnico il raffronto- ciascuno dei fattori che assumono rilievo nel determinare
l’impatto ambientale di una centrale elettrica, salvo successivamente a
procedere ad una valutazione di tipo complessivo.
La valutazione delle alternative di progetto, già rientrante tra i compiti
propri dell’amministrazione in generale deputata ad esprimersi in merito alla
compatibilità ambientale, assume quindi connotati di particolare stringenza per
effetto della specifica disciplina legislativa regionale richiamata.
Che è quanto, per vero, pare riconoscere lo stesso giudice di primo grado
allorché, nel concludere per l’irrilevanza delle eccezioni di illegittimità
costituzionale dedotte con riferimento all’art. 5-bis, d.l. 10 febbraio 2009, n.
5, convertito, con modificazioni, in l. 9 aprile 2009, n. 33, afferma che
“l’art. 30 della l.r. 36/1997 non impone per forza l’alimentazione a gas metano
per le centrali elettriche, all’uopo bastandone una che assicuri un <<…pari o
minor impatto ambientale…>>, sicché occorre verificare, IN CONCRETO e rispetto
al gas metano, l’impatto ambientale complessivo della scelta d’alimentazione per
la proposta trasformazione della centrale di Porto Tolle” (punto 2.2. della
sentenza appellata).
Lo stesso giudice di primo grado, tuttavia, nel disattendere le specifiche
censure con cui in quella sede è stata per l’appunto lamentata l’inadeguata
valutazione comparativa delle “alternative di progetto”, richiama l’art. 5-bis,
del citato d.l. n. 5/2009 sostenendo che “in tal caso, non serve che il progetto
rechi alcuna graduazione delle alternative dei sistemi d’alimentazione, la VIA
potendo esser autorizzata, o no, a seconda che in concreto quello a carbone non
superi i predetti limiti, senza necessità di prevedere soluzioni alternative,
del tutto inutili rispetto alla previsioni di legge e che, in tutta franchezza
ed ove richiesti, s’appaleserebbero adempimenti meramente defatigatori in capo
al soggetto proponente, cui già incombono oneri progettuali assai complessi”.
4.2. Ebbene, giova a questo punto richiamare il citato art. 5-bis, d.l. n.
5/2009, e soffermarsi sulle relazioni che intercorrono tra la stessa
disposizione statale e il citato art. 30, l.r. Veneto 8 settembre 1997, n. 36.
A norma dell’art. 5-bis, d.l. n. 5/2009, “per la riconversione degli impianti di
produzione di energia elettrica alimentati ad olio combustibile in esercizio
alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto,
al fine di consentirne l'alimentazione a carbone o altro combustibile solido, si
procede in deroga alle vigenti disposizioni di legge nazionali e regionali che
prevedono limiti di localizzazione territoriale, purché la riconversione
assicuri l'abbattimento delle loro emissioni di almeno il 50 per cento rispetto
ai limiti previsti per i grandi impianti di combustione di cui alle sezioni 1, 4
e 5 della parte II dell'allegato II alla parte V del decreto legislativo 3
aprile 2006, n. 152. La presente disposizione si applica anche ai procedimenti
in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente
decreto”.
La disposizione statale, con riferimento all’ipotesi di “riconversione degli
impianti di produzione di energia elettrica alimentati ad olio combustibile in
esercizio alla data di entrata in vigore della legge di conversione …. al fine
di consentirne l'alimentazione a carbone o altro combustibile solido”, è quindi
precipuamente diretta ad introdurre una “deroga alle vigenti disposizioni di
legge nazionali e regionali che prevedono limiti di localizzazione
territoriale”.
Ad avviso del giudice di primo grado, la citata norma statale renderebbe così
superflua financo la necessità che il soggetto il quale intenda proporre il
progetto di centrale elettrica a carbone prospetti soluzioni alternative, con
differente fonte di alimentazione.
4.3. Ebbene, ritiene il Collegio di non poter condividere la conclusione
interpretativa cui il giudice di prima istanza è pervenuto, dovendosi più
attentamente esaminare il rapporto intercorrente tra l’art. 5-bis, d.l. n.
5/2009, e l’art. 30, l.r. Veneto 8 settembre 1997, n. 36, in forza del quale,
“nell'ambito dell'intero territorio dei comuni interessati dal Parco del Delta
del Po ….: a) gli impianti di produzione di energia elettrica dovranno essere
alimentati a gas metano o da altre fonti alternative di pari o minore impatto
ambientale”.
Invero, come di recente sostenuto da Corte cost. 22 luglio 2010 n. 278 (in sede
di scrutinio di legittimità costituzionale dell’art. 27, co. 27, l. 23 luglio
2009, n. 99, nella parte in cui richiama l’art. 5-bis, d.l. n. 5/2009), l’art.
5-bis, d.l. n. 5/2009 deve intendersi come volto a derogare alle sole leggi,
statali e regionali, “che prevedono limiti di localizzazione territoriale”,
ossia quelle norme che determinino, “con specifico riguardo agli impianti di
produzione di energia elettrica, un divieto di localizzazione tale da
determinare l'impossibilità dell'insediamento e non permetta, nel contempo, una
localizzazione alternativa”.
Secondo la citata pronuncia della Corte costituzionale, “la disposizione
dell’art. 27, co. 27, l. n. 99/2009, nella parte in cui “riprende” l’art. 5-bis
, può e deve essere interpretata restrittivamente (…)”.
Giova riportare il passaggio rilevante della citata pronuncia 22 luglio 2010 n.
278 .
“Con essa il legislatore statale, anziché indicare criteri di localizzazione
favorevoli alla realizzazione degli impianti in questione, si è spinto fino
all’adozione di una generale clausola derogatoria della legislazione regionale,
per quanto in un settore ove non emerge la necessità di costruire una rete di
impianti collegati gli uni agli altri, e dunque in assenza di un imperativo di
carattere tecnico che imponesse un’incondizionata subordinazione dell’interesse
urbanistico ad esigenze di funzionalità della rete. Tale tecnica legislativa,
proprio in ragione per un verso dell’ampiezza e per altro verso della
indeterminatezza dell’intervento operato (con esso, infatti, si deroga
indiscriminatamente all’intera legislazione regionale indicata), necessita di
venire ricondotta a proporzionalità in via interpretativa, ciò che la
formulazione letterale della norma consente.
Va osservato, infatti, che la disposizione impugnata ha per oggetto le leggi
regionali «che prevedono limiti di localizzazione territoriale». Questa Corte
ritiene che tale espressione linguistica sia stata impiegata dal legislatore
esattamente nell’accezione che, sia pure con riferimento ad un caso peculiare,
già si è visto ricorrere nella sentenza n. 331 del 2003, per distinguerla
dall’ipotesi dei consentiti «criteri di localizzazione», ovvero per il caso in
cui la legge regionale determini, qui con specifico riguardo agli impianti di
produzione di energia elettrica, un divieto di localizzazione tale da
determinare l’impossibilità dell’insediamento e non permetta, nel contempo, una
localizzazione alternativa.
Non vengono coinvolte dalla deroga, pertanto, né la generale normativa regionale
di carattere urbanistico, che non abbia ad oggetto gli impianti in questione, o
che comunque non si prefigga di impedirne la realizzazione, né tantomeno le
discipline regionali attinenti alle materie di competenza legislativa residuale
o concorrente, che siano estranee al governo del territorio”.
Ebbene, cosi interpretato l’art. 5-bis, d.l. n. 5/2009, laddove introduce una
deroga alle leggi, statali e regionali, “che prevedono limiti di localizzazione
territoriale”, deve escludersi ad avviso del Collegio che nell’ambito di
operatività dello stesso possa ricondursi l’art. 30, l.r. Veneto 8 settembre
1997, n. 36, volto solo a statuire che “nell'ambito dell'intero territorio dei
comuni interessati dal Parco del Delta del Po ….: a) gli impianti di produzione
di energia elettrica dovranno essere alimentati a gas metano o da altre fonti
alternative di pari o minore impatto ambientale”: conclusione cui per vero,
almeno in linea di principio, pervengono tanto, come osservato, il giudice di
primo grado, quanto la difesa dell’ENEL.
Ed invero, il citato art. 30, l.r. Veneto 8 settembre 1997, n. 36, lungi dal
precludere la localizzazione e l’insediamento di impianti di produzione di
energia elettrica, si limita ad esprimere -in considerazione delle esigenze di
protezione che la specificità del territorio considerato evidentemente pone- una
opzione del legislatore regionale di preferibilità per gli impianti alimentati a
gas metano, ammettendo una differente alimentazione solo a condizione che siano
utilizzate “fonti alternative di pari o minore impatto ambientale”.
Se così è, deve ritenersi che il citato art. 5-bis, d.l. n. 5/2009, in alcun
modo consenta di non tener conto, in sede di valutazione del progetto di
centrale elettrica in contestazione, della specifica disciplina legislativa
regionale richiamata.
Volendo ulteriormente chiarire il rapporto tra le previsioni normative in esame,
può sostenersi che l’applicazione dell’art. 5-bis, d.l. n. 5/2009 -in specie
nella parte in cui dispone che la riconversione delle centrali ad olio
combustibili in centrale a carbone deve assicurare “l'abbattimento delle loro
emissioni di almeno il 50 per cento rispetto ai limiti previsti per i grandi
impianti di combustione di cui alle sezioni 1, 4 e 5 della parte II
dell'allegato II alla parte V del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152”-
presuppone che sia stata adeguatamente svolta la comparazione tra l’impatto
ambientale potenzialmente proprio della centrale a carbone che si intende
realizzare (certo considerato tenendo conto di tutte le concrete tecniche e
cautele previste anche in funzione del soddisfacimento della appena citata
regola ambientale posta dal richiamato art. 5-bis con riferimento specifico
all’ipotesi della riconversione di precedente centrale ad olio combustibile) e
quello correlato alla realizzazione e al funzionamento di centrale a gas metano:
presuppone, più nel dettaglio, che all’esito di tale comparazione, l’autorità
amministrativa competente abbia responsabilmente concluso per il minore o quanto
meno equivalente impatto ambientale della centrale a carbone.
In difetto, allo stato, di un principio di legislazione statale che imponga la
realizzazione delle centrali elettriche alimentate a carbone senza lasciare
margini all’intervento legislativo regionale, e nella perdurante vigenza di una
legge regionale volta ad introdurre, per quel contesto territoriale, un criterio
di preferenza delle centrali elettriche alimentate a gas metano, salve fonti di
alimentazione con minore o pari impatto ambientale, il coordinamento esegetico
delle due fonti normative non può che aver luogo nei termini sopra descritti,
imponendosi quindi una esplicitazione delle ragioni sottese alla indicata
valutazione comparativa.
Esplicitazione motivazionale tanto più doverosa in un’ottica di trasparenza
delle pur discrezionali scelte amministrative, a garanzia della loro
ponderatezza e di una consapevole assunzione di responsabilità.
4.4. Tanto premesso, non può sostenersi che nel corso del procedimento
amministrativo contestato in primo grado, ed in specie negli atti con cui lo
stesso è stato concluso (parere della Commissione tecnica di verifica
dell’impatto ambientale VIA-VAS e decreto del Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare, recante parere positivo di compatibilità
ambientale), sia stata svolta la dovuta comparazione analitica e motivata tra
l’impatto ambientale potenzialmente proprio della centrale a carbone che si
intende realizzare e quello correlato alla realizzazione e al funzionamento di
centrale a gas metano
Non può il Collegio non considerare, al riguardo, che in seno al procedimento
conclusosi con il parere favorevole impugnato in primo grado, in specie dopo il
riavvio dello stesso nel 2007, sono state anzi espresse perplessità in merito
allo stesso studio di impatto ambientale presentato da ENEL proprio per quel che
attiene al “confronto tra la riconversione a carbone e le altre soluzioni
alternative”.
In termini, si esprime, in specie, il parere n. 244 del 30 giugno 2009 reso
dalla Commissione regionale v.i.a. che, tuttavia, successivamente conclude in
senso favorevole al progetto di riconversione limitandosi a richiamare l’art.
5-bis,d.l. n. 5/2009: disposizione dalla Commissione regionale interpretata come
norma statale in forza della quale l’alimentazione a carbone o altro
combustibile solido può “essere effettuata purché la riconversione assicuri
l’abbattimento delle emissioni di almeno il 50% rispetto ai limiti previsti per
i grandi impianti di combustione di cui al D. Lgs. 152/2006”.
Interpretazione non condivisa dal Collegio per le ragioni sopra illustrate.
Parimenti, nella nota n. 82234 del 29 giugno 2009, ARPAV- Dipartimento
provinciale di Rovigo esprime non poche perplessità in merito alla metodologia e
agli esiti del raffronto contenuto nella documentazione del soggetto proponente
tra l’impatto ambientale della centrale a carbone e quello di alternativi
impianti di produzione energetica diversamente alimentati.
In specie, sono espresse perplessità in merito alla metodologia seguita nel
porre a raffronto le emissioni potenzialmente correlate alle due tipologie di
impianti; si rimarca la mancanza di un confronto relativo ai rifiuti prodotti
nell’esercizio delle due diverse centrali; si sostiene, ancora, la preferibilità
dell’impianto a gas con riguardo all’emissione per l’inquinante NOx, agli altri
microinquinanti SO2 e alle polveri.
Sul punto, merita considerare che, se è vero certo che il citato art. 30, l.r.
Veneto 8 settembre 1997, n. 36, nella formulazione successiva alla novella di
cui alla l.r. 26 febbraio 1999 n. 18, non prevede più l’obbligo
dell’alimentazione a gas metano o con altre fonti alternative non inquinanti
limitandosi a prescrivere che nell'ambito dell'intero territorio dei comuni
interessati dal Parco del Delta del Po “gli impianti di produzione di energia
elettrica dovranno essere alimentati a gas metano o da altre fonti alternative
di pari o minore impatto ambientale”, non è men vero, tuttavia, che la
valutazione di “pari o minore impatto ambientale” dell’impianto a carbone
proposto rispetto all’impianto alimentato a gas debba essere svolta
dall’amministrazione in modo analitico, tenendo senz’altro anche conto
dell’attitudine inquinante che le centrali a confronto presentano sotto i
diversi aspetti che vengono in rilievo.
4.5. Ebbene, l’apprezzamento comparativo in questione non può non essere
condotto in modo ancor più rigoroso allorché nel corso del procedimento
amministrativo, ed in particolare nella sua fase finale, emergano, come
registratosi nel caso si specie, perplessità espresse da organi tecnici
dell’Amministrazione.
E’ proprio quanto, ad avviso del Collegio, è mancato nel caso di specie non
ravvisandosi nel parere positivo di compatibilità ambientale impugnato in primo
grado una compiuta illustrazione delle motivazioni sulla scorta delle quali la
Commissione statale è in condizione di sostenere che la centrale a carbone
proposta dall’ENEL -in considerazione delle caratteristiche tecniche, di potenza
e di funzionamento in concreto previste, delle effettive condizioni del contesto
complessivo, delle cautele e delle tecniche indicate dal proponente per
soddisfare gli obblighi di abbattimento imposti dall’art. 5-bis, d.l. n. 5/2009
e di tutti gli altri fattori di valutazione- presenti un impatto ambientale
minore o pari a quello di una centrale a gas metano.
4.6. Pare del resto persino superfluo osservare, attesa la indicata
ricostruzione del quadro normativo di riferimento e la illustrata
interpretazione dell’art. 30, l.r. Veneto 8 settembre 1997, n. 36, che la
suddetta comparazione, lungi dal poter essere rimessa al soggetto che propone il
progetto, deve essere adeguatamente svolta dall’Amministrazione pubblica,
nell’esercizio della discrezionalità tecnica che le compete; parimenti scontato,
ma non inutile rimarcare, peraltro, che, in assenza di una adeguata motivazione
che dia compiutamente atto delle ragioni sottese alle valutazioni di
“preferibilità ambientale” dell’impianto a carbone rispetto ad “alternative di
progetto”, non può certo il giudice amministrativo formulare, sulla base delle
indicazioni difensive fornite in sede processuale, apprezzamenti di tipo
tecnico, altrimenti finendo per sostituirsi, in spregio al fondamentale
principio di separazione, all’amministrazione, invadendo uno spazio alla stessa
riservato.
4.7. Alla stregua delle esposte ragioni, e fermi gli eventuali seguiti
amministrativi, vanno pertanto accolti i motivi di gravame con cui è stato
dedotto il vizio di omessa esplicitazione delle ragioni sottese alla valutazione
di pari o inferiore impatto ambientale della centrale a carbone rispetto alle
possibili alternative di progetto, in specie quella alimentata a gas metano.
5. Ritiene peraltro il Collegio di esaminare gli altri motivi proposti con il
ricorso nei limiti non coperti dal necessario assorbimento per effetto
dell’accoglimento del motivo sopra esaminato.
5.1. Vanno in primo luogo disattesi i motivi di gravame con cui si ripropongono
le eccezioni di illegittimità costituzionale dell’art. 5-bis, d.l. n. 5/2009.
La suddetta ricostruzione del più complessivo quadro normativo e quanto chiarito
in merito al coordinamento della stessa disposizione statale con l’art. 30, l.r.
Veneto 8 settembre 1997, n. 36, ed in specie con riguardo alla non riferibilità
a quest’ultima della deroga alle norme regionali che prevedono “limiti di
localizzazione territoriale”, induce il Collegio a concludere per la sicura
irrilevanza dei profili di illegittimità costituzione riproposti con i primi
quattro motivi di appello.
5.2. Va parimenti disatteso il sesto motivo di ricorso con cui si deduce
l’illegittimità del decreto recante parere favorevole di compatibilità
ambientale nella parte in cui, sulla base del parere espresso dal Comitato di
coordinamento in data 9 luglio 2009, si è discostato, disattendendole, da talune
prescrizioni cui la Regione Veneto ha subordinato il parere favorevole del
progetto.
Non può al riguardo il Collegio che concordare con quanto sostenuto dal primo
giudice atteso che non solo non manca una motivazione sottesa alla decisione di
non accogliere talune richieste di modifica proposte in sede regionale, ma si
tratta anche di motivazione che, considerati i limiti entro cui può svolgersi il
sindacato giurisdizionale della discrezionalità tecnica propria
dell’amministrazione, non pare al Collegio affetta dai denunciati profili di
irragionevolezza.
5.3. Il che consente al Collegio di disattendere anche il decimo motivo di
gravame tanto più se si considera che, in realtà, il Comitato di coordinamento,
di cui si lamenta l’incompetenza, è intervenuto a verificare la compatibilità
delle prescrizioni contenute nel parere della Regione Veneto con quelle già
incluse nel parere n. 285 reso dalla Commissione statale in data 29 aprile 2009.
5.4. Inammissibili sono i motivi con cui si ripropongono le questioni relative
alla mancata partecipazione al procedimento della Regione Emilia Romagna e
dell’Ente Parco.
E’ sufficiente, al riguardo, considerare che se le amministrazioni interessate
non lamentano la violazione di garanzie eventualmente previste, non può essere
il privato a sollevare in giudizio la relativa censura (Cons. Stato, sez. V, 4
marzo 2008, n. 824); il che è ancor più sostenibile allorquando il privato non
introduca -come nel caso di specie si registra soprattutto per quel che attiene
alla censura relativa alla mancata partecipazione della Regione- neanche
elementi idonei a lasciar supporre una convergenza tra gli interessi pubblici
affidati all’amministrazione in favore della quale sarebbe posta la garanzia
procedimentale di cui si assume la compromissione e l’interesse a protezione del
quale il privato stesso ricorre.
5.5. Va pure respinto il motivo di gravame con cui si censura la sentenza
laddove non ha condiviso la denunciata omessa applicazione dell’All. IV) al
d.P.C.M. 27 dicembre 1988, recante le procedure per i progetti termoelettriche a
turbogas.
Ritiene il Collegio di condividere quanto al riguardo osservato dal primo
giudice.
Ed invero, attese le perseguite finalità di semplificazione dei procedimenti di
autorizzazione e di sicurezza del sistema elettrico nazionale, deve ritenersi
che l’art. 1-sexies, co. 8, d.l. 29 agosto 2003, n. 239, convertito, con
modificazioni, nella l. 27 ottobre 2003, n. 290, nel disporre che “Per la
costruzione e l'esercizio di impianti di energia elettrica di potenza superiore
a 300 MW termici si applicano le disposizioni del decreto-legge 7 febbraio 2002,
n. 7 , convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2002, n. 55”, abbia
anche riguardo alla sospensione dell’All. IV) al DPCM 27 dicembre 1988 che
l’art. 1, co. 5, dello stesso D.l. n. 5 del 2002 aveva introdotto in via
provvisoria.
5.6. Privo di pregio è il motivo con cui si lamenta la partecipazione ad
entrambe le Commissioni del dott. Secchieri.
Premesso, invero, che non sussiste dato normativo dal quale sia consentito
desumere il divieto di prendere parte ad entrambe le Commissioni (quella
regionale e quella statale), certo non ravvisabile nel richiamato art. 51, co.
4, c.p.c. al cui ambito di operatività e alla cui ratio è estranea la vicenda
procedimentale che viene qui in considerazione, ritiene il Collegio che alcuna
incompatibilità può desumersi dal solo fatto che il dott. Secchieri abbia
espresso sul progetto presentato dall’ENEL talune valutazioni al di fuori delle
Commissioni cui ha partecipato.
5.7. Infondata è ancora la censura di illegittima composizione della Commissione
VIA-VAS, dedotta con il dodicesimo motivo di gravame, ritenendo il Collegio di
non doversi discostare dalle ragioni espresse nella sentenza di questa Sezione
17 dicembre 2009, n. 8253, le cui conclusioni non sono in alcun modo scalfite
dai rilievi dedotti.
5.8. Non meritano condivisione, ancora, le censure relative al segmento
procedimentale svoltosi al livello regionale, in specie riguardanti da un lato
le modalità seguite nel condurre l’inchiesta pubblica ex art. 18, co. 3, l.r. 26
marzo 1999, n. 10, dall’altro, l’assunta violazione dell’art. 5, co. 1, della
stessa legge regionale laddove dispone che la Commissione regionale VIA debba
essere presieduta dal segretario regionale competente in materia ambientale.
Per quel che attiene alla dedotta strettezza dei termini della convocazione
dell’inchiesta pubblica, non può il Collegio non concordare con il giudice di
primo grado laddove ha osservato che lo svolgimento dell’inchiesta pubblica
riguarda i soli soggetti che hanno presentato le osservazioni, ossia soggetti
già a conoscenza del progetto sottoposto a VIA.
Quanto, invece, alla lamentata violazione dell’art. 5, co. 1, l.r. 26 marzo
1999, n. 10, desunta dalla circostanza dell’affidamento della presidenza della
Commissione regionale VIA al Segretario generale infrastrutture e mobilità della
Regione Veneto, è appena il caso di osservare, in linea con quanto
condivisibilmente sostenuto nella sentenza gravata, che l’assegnazione della
competenza in tema di VIA al dirigente di più alto livello che s’occupi pure
delle infrastrutture e della mobilità, oltre ad essere espressione della potestà
organizzatoria e statutaria della Regione, non pare irragionevole se si
considera la natura complessa e trasversale delle funzioni pubbliche in tema
d’ambiente.
5.9. Non merita positivo apprezzamento il motivo con cui si deduce che il
decreto recante positiva valutazione di compatibilità ambientale autorizza
concentrazioni di emissioni di microinquinanti superiori rispetto a quanto
previsto nello stesso progetto presentato dall’ENEL.
Attesi i limiti che si frappongono al sindacato della discrezionalità tecnica
dell’amministrazione, ritiene il Collegio che la scelta amministrativa, peraltro
attestatasi entro i valori stabiliti dalla legge, non appare manifestamente
irragionevole o abnorme nella parte in cui classifica i metalli per tipo, così
divergendo dal riferimento indifferenziato per i metalli e loro composti
effettuato dalla Commissione regionale VIA.
5.10. A differente esito deve, invece, il Collegio pervenire con riferimento al
motivo con cui si ripropone la censura relativa all’assunta violazione del
principio di precauzione conseguente allo scostamento tra le prescrizioni
imposte all’ENEL per quel che attiene a taluni inquinanti (in specie il
monossido di carbonio) e le BAT, ossia le linee guida comunitarie relative ai
grandi impianti di combustione.
Come osservato nella sentenza gravata, le regole poste dai BREF, in specie
quelle relative ai livelli d’emissione, non sono indicative di valori massimi
inderogabili o di valori limite d’emissione per i singoli inquinanti, la
relativa funzione essendo piuttosto quella di indicare seri modelli di
riferimento da prendere in considerazione in funzione del miglioramento delle
prestazioni ambientali.
Nell’applicazione delle indicate linee-guida, d’altra parte, occorre tener conto
del tipo e delle peculiarità dell’impianto e del sito in cui lo stesso è
destinato a collocarsi, apprezzandone la realizzabilità tecnica ed economica.
Con maggiore impegno esplicativo, diversamente da quelli che la legge
effettivamente pone come valori limite, mai superabili quali che siano le
concrete condizioni di funzionamento dell’impianto, quelli riportati nel BREF
costituiscono un valore medio di riferimento; il che comporta che gli stessi non
sono immediatamente vincolanti.
Ciò non significa affatto tuttavia -tanto più quando ricorrono, come nel caso di
specie, peculiari esigenze di protezione ambientale correlate alla specificità
del sito ove si intende realizzare la centrale - che le regole in questione
possano considerarsi prive di alcuna rilevanza, dovendo esserne viceversa
motivatamente giustificato lo scostamento.
Nel caso di specie, la Commissione statale VIA-VAS, dopo aver rimarcato “la
necessità di studiare particolari soluzioni per garantire comunque minimi
impatti complessivi” (23) e dopo aver richiamato le BAT, sostenendo che “i
valori garantiti dal progetto risultano in linea” (34) con le stesse, in alcun
modo esplicita le ragioni di tipo tecnico che giustificano viceversa lo
scostamento da quei valori; scostamento che è dato registrare, nel progetto
positivamente apprezzato, con riguardo a taluni inquinanti, in specie il
monossido di carbonio per il quale, a fronte di un range indicato dalle BAT di
30-50 mg/Nm3, il decreto ministeriale autorizza un valore di 120 mg/Nm3.
Come già indicato ad altri fini sub n. 4.6., l’esplicitazione delle ragioni che
se del caso giustificano lo scostamento, lungi dal poter essere rimessa al
soggetto che propone il progetto, deve essere adeguatamente svolta
dall’Amministrazione pubblica, nell’esercizio della discrezionalità tecnica che
le compete. In assenza, peraltro, di una adeguata motivazione che dia
compiutamente atto di quelle ragioni, non può certo il giudice amministrativo
formulare, sulla base delle indicazioni difensive fornite in sede processuale,
apprezzamenti di tipo tecnico, altrimenti finendo per sostituirsi, in spregio al
fondamentale principio di separazione, all’amministrazione, invadendo uno spazio
alla stessa riservato.
Ferma, quindi, la possibilità dell’Amministrazione di rimotivare, va accolto
l’indicato profilo di censura.
5.11. Va invece disatteso il motivo con cui si assume la carenza d’istruttoria
sull’impatto globale delle emissioni inquinanti di CO2 e di altri “gas serra”.
Pare al Collegio rilevante, al riguardo, che, come osservato dal giudice di
primo grado, il decreto imponga che, ai fini della diminuzione delle emissioni
di CO2 in atmosfera, la centrale de qua sia inserita nella sperimentazione, già
in corso per quella di Brindisi, per la cattura e lo stoccaggio della CO2; il
che esclude che possa sostenersi sia mancata una valutazione amministrativa sul
punto, ferma la necessità che la stessa sia scrupolosamente osservata sotto il
monitoraggio responsabile delle competenti autorità amministrative.
5.12. Vanno disattese per la loro genericità le censure dedotte con i motivi di
ricorso nn. 22 (polveri sottili) e 23 (impatto sulla salute), ferma la necessità
per l’Amministrazione di tener conto tra gli altri - nel riesercizio del potere
dovuto per le ragioni indicate sub n. 4 e nell’attendere quindi alla motivata
comparazione tra impatto ambientale della centrale proposta e di quello proprio
delle alternative di progetto- dei fattore inquinanti indicati in specie nel
richiamato n. 22 dell’atto di appello.
5.13. Inammissibili sono invece le censure relative all’impatto sul paesaggio,
non deducibili in sede di impugnazione del decreto recante il positivo parere di
compatibilità ambientale, bensì solo all’atto dell’eventuale impugnazione
dell’autorizzazione unica.
5.14. Vanno respinti i motivi di ricorso con cui si ripropongono le censure di
inadeguata valutazione d’incidenza dell’impianto per cui è causa sulle aree
protette ove è previsto l’insediamento.
Ferma la necessità di tener conto di tale incidenza nel riesercizio del potere
dovuto per le ragioni indicate sub n. 4 e nell’attendere quindi alla motivata
comparazione tra impatto ambientale della centrale proposta e di quello proprio
delle alternative di progetto, non può il Collegio non considerare che il parere
espresso dalla Commissione statale in data 29 aprile 2009 non difetta di una
disamina sul punto, concludendo per impatti esistenti, ma modesti sugli habitat
e sulle componenti biotiche ed abiotiche delle aree comprese nel SIC e nella
ZPS.
Conclusioni cui il parere stesso perviene sulla scorta di valutazioni tecniche
relative a ciascuno dei profili dedotti dagli appellanti; valutazioni che, anche
in considerazione dei noti limiti che si frappongono al sindacato
giurisdizionale della discrezionalità tecnica dell’amministrazione, non appaiono
affette dai vizi denunciati.
5.15. Va pure disattesa la censura con cui si deduce l’illegittimità della
valutazione d’incidenza per omessa informazione al pubblico dell’avvenuto
deposito, ad opera dell’ENEL, dell’integrazione documentale richiesta dalla
Regione; non può il Collegio non condividere quanto al riguardo sostenuto dal
primo giudice allorché richiama e valorizza il principio di rilevanza e
sostanzialità della documentazione integrativa di cui dare informazione, come
poi positivizzato dall’art. 26, co. 3-bis, d.lgs. n. 152/2006.
6. Va infine disattesa la domanda risarcitoria sia perché priva di prova sia
perché non può allo stato ritenersi prodotto alcun danno in conseguenza degli
atti impugnati in primo grado.
7. Alla stregua delle esposte ragioni va dunque accolto l’appello; consegue
l’annullamento, fermi i seguiti amministrativi, della sentenza impugnata e, nei
soli limiti indicati sub nn. 4 e 5.10., del decreto prot. DSA-DEC 2009/0000873
del 24 luglio 2009 e dei suoi atti presupposti.
8. Attesa la delicatezza e complessità dei profili involti, il Collegio dispone
la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente
pronunciando sull’appello, lo accoglie.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 maggio 2011 con
l'intervento dei magistrati:
Rosanna De Nictolis, Presidente FF
Roberto Garofoli, Consigliere, Estensore
Roberto Giovagnoli, Consigliere
Gabriella De Michele, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/05/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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