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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562



CONSIGLIO DI STATO Sez. VI - 7 giugno 2011, Sentenza n. 3419


CACCIA - Fauna selvatica - Piani di abbattimento - Rispetto delle regole sostanziali e procedurali - Controllo numerico della volpe - Mancata acquisizione del parere dell’INFS circa l’utilizzo di metodi ecologici - Illegittimità.
Ai sensi dell'art. 1, l. n. 157 del 1992, la fauna selvatica costituisce patrimonio indisponibile dello Stato da tutelare nell'interesse della comunità nazionale e sopranazionale, onde i piani di abbattimento debbono essere disposti nel rigoroso rispetto delle regole procedurali e sostanziali previste (Consiglio Stato , sez. VI, 13 maggio 2005, n. 2399). Sicchè, deve ritenersi illegittimo il provvedimento relativo all’attività di controllo numerico della popolazione di volpe, che non sia preceduto dal prescritto (Legge quadro nazionale e L.r. Veneto n. 50/1993) parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica, in ordine alla necessità dell’utilizzo di metodi ecologici. Pres. f.f. Garofoli, Est. Taormina - L.A.V. Onlus (avv.ti Amadori e Stefutti) c. Provincia di Rovigo (avv.ti Bernecoli e Paparella) - (Riforma T.A.R. del VENETO, n. 3511/2006) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 7 giugno 2011, n. 3419
 


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REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


N. 03419/2011REG.PROV.COLL.
N. 00271/2007 REG.RIC.


Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)


ha pronunciato la presente


SENTENZA


sul ricorso numero di registro generale 271 del 2007, proposto da:
Lega Anti-Vivisezione Lav Onlus Ente Morale, in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dagli avv. Giuseppe Ramadori, Valentina Stefutti, con domicilio eletto presso Valentina Stefutti in Roma, viale Aurelio Saffi, 20;


contro


Provincia di Rovigo, in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dagli avv. Carla Bernecoli, Licia Paparella, con domicilio eletto presso Nicola Massafra in Roma, via Val di Non, 18/A;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. del VENETO -Sede di VENEZIA- SEZIONE II n. 03511/2006, resa tra le parti, concernente ATTIVITA' DI CONTROLLO NUMERICO DELLA POPOLAZIONE DELLA VOLPE


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Provincia di Rovigo;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 aprile 2011 il Consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti l’ avvocato Lunari per delega degli avvocati Barnecoli e Paparella;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO


Con il ricorso di primo grado l’odierna appellante aveva impugnato, chiedendone l’annullamento, i protocolli n. 8121/06 e n. 8122/06 emessi in data 24.2.2006 ed il protocollo n. 9746 emesso in data 8.3.2006 dalla Provincia di Rovigo sull’attività di controllo numerico della popolazione di volpe.

La LAV – Lega Antivivisezione era insorta prospettando i vizi di violazione di legge ed eccesso di potere sotto varii profili sintomatici.

Il Tribunale amministrativo regionale adito, con sentenza assunta in forma semplificata all’adunanza camerale fissata per la delibazione dell’istanza di sospensione della esecutività dei provvedimenti impugnati ha analiticamente esaminato i motivi di censura proposti e li ha respinti.

Quanto alla prima doglianza, ha affermato che la procedura seguita dalla Provincia risultava corretta, poichè la predisposizione del piano di abbattimento era stata preceduta dal parere favorevole dell’INFS ( il quale a sua volta aveva valutato le risultanze delle indagini effettuate dall’ente provinciale in merito all’entità degli animali ed ai risultati conseguiti nella precedente stagione).

In particolare, risultava dagli atti di causa che l’intervento per il controllo numerico delle popolazioni di volpe era stato predisposto sulla base di appositi conteggi delle tane occupate e della rilevata densità della popolazione di volpi rispetto alla superficie ed alla capacità portante del territorio interessato.

Anche la seconda censura meritava la reiezione:la previsione normativa regionale, contenuta nella L.r. n. 50/93, integrata dalla L.r. n. 23/99, di cui si era avvalsa la Provincia mediante il ricorso anche ad operatori in possesso di licenza per l’esercizio dell’attività venatoria, non contrastava con la legge quadro (L. n. 157/92) e quindi non presentava profili di incostituzionalità per violazione dell’art. 117 della Costituzione.

In applicazione della norma regionale, non si era inteso estendere in termini indiscriminati ai cacciatori la possibilità di intervenire nell’ambito del piano di abbattimento: trattavasi di soggetti, muniti della prescritta licenza per l’attività venatoria, espressamente selezionati dalla Provincia e appositamente seguiti dal personale (le guardie venatorie dell’ente).

Risultava pertanto inconferente il richiamo alla pronuncia della Corte Costituzionale, n. 392/2005.

Infine, secondo il primo giudice, il fine perseguito dalla Provincia, (nell’esercizio dei poteri ad essa delegati dalla Regione) era quello di una corretta gestione del patrimonio faunistico, non confondibile con la tutela degli interessi venatori dei cacciatori.

La sentenza è stata appellata dall’ originaria ricorrente di primo grado che ne ha contestato la fondatezza proponendo articolati motivi di impugnazione ed evidenziando che la legge n. 157 del 1992 muoveva dalla constatata appartenenza della fauna al patrimonio indisponibile dello Stato e dell’obbligo di protezione della medesima.

La Corte Costituzionale, con le decisioni n. 1002/1988 e n.169/1999 aveva affermato l’affievolimento del tradizionale “diritto alla caccia”.

L’art. 19 della citata legge n. 157 del 1992 era imperniato sulla preminenza del “metodo ecologico” nel controllo delle specie di fauna selvatica; tale preminenza era stata del tutto obliata nei provvedimenti impugnati.

La circostanza che fosse intervenuto parere favorevole dell’INFS sulla sostenibilità del prelievo, non poteva indurre ad obliare la circostanza che non era stato acquisito alcun parere sulla non effettività di metodi non cruenti.

Attraverso la soppressione delle volpi si mirava a raggiungere lo scopo di consentire l’espansione di aviofauna di interesse venatorio.

L’appellata amministrazione provinciale ha depositato una articolata memoria chiedendo che venisse dichiarata la carenza di legittimazione processuale della appellante ed in ogni caso la inammissibilità del ricorso di primo grado per omessa notifica ad almeno un controinteressato (nel novero dei quali doveva certamente rientrare, quantomeno, la Regione Veneto, a cagione della circostanza che era stata sollevata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 23 della legge n. n. 7/1999).

Il mezzo di primo grado doveva essere dichiarato inammissibile anche per omessa impugnazione del parere INFS.

In ogni caso era intervenuta una nuova regolamentazione, il che privava di interesse l’appellante alla prosecuzione del giudizio.

Nel merito l’appello era infondato e meritava la reiezione in quanto l’adozione dei piani di abbattimento si era resa necessaria a cagione della non efficacia dei metodi ecologici (questi ultimi sempre adottati e perseguiti).

Alla camera di consiglio del 6 Febbraio 2007 fissata per l’esame dell’istanza cautelare di sospensione della esecutività della sentenza appellata la Sezione con ordinanza cautelare n. 727/07 ha accolto l’appello cautelare sulla scorta delle considerazioni per cui “i provvedimenti relativi al controllo della volpe impugnati in primo grado risultavano difformi dal paradigma normativo di cui al combinato disposto dell’art. 19 della legge quadro n. 157/1992 e dell’art.17, comma 2, L.R. n. 50/1993, nella misura in cui:

a) non risultava intervenuta la necessaria verifica, da parte dell’INFS, in ordine alla inadeguatezza di quei metodi ecologici considerati dalla legge prioritari rispetto ai sussidiari sistemi di abbattimento;

b) mancava un’adeguata motivazione in ordine alla necessità della misura selettiva ai fini della tutela degli interessi di cui alle norme in parola, tale non potendo essere il mero interesse alla caccia di specie animali antagoniste della volpe.”.

Alla odierna pubblica udienza del 12 aprile 2011 la causa è stata posta in decisione.


DIRITTO


1.L’appello è fondato e deve essere accolto nei termini di cui alla motivazione che segue con conseguente riforma della appellata sentenza, accoglimento del ricorso di primo grado ed annullamento degli atti impugnati.

2. Devono essere disattese le eccezioni preliminari sollevate dall’appellata amministrazione. 2.1.L’interesse che l’appellante associazione si propone di perseguire ha certamente natura riconducibile alla tutela ambientale considerata in senso esteso, armonicamente con l’insegnamento della Corte costituzionale secondo cui che la disciplina dell'introduzione, della reintroduzione e del ripopolamento di specie animali rientra nella esclusiva competenza statale di cui all'art. 117, comma II, lettera s), Cost., trattandosi di regole di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema e non solo di disciplina d'uso della risorsa ambientale-faunistica (Corte costituzionale, 06 febbraio 2009 , n. 30).

2.2.Avuto riguardo al suo concreto contenuto l’impugnazione non doveva essere notificata ad altri soggetti diversi dall’amministrazione che aveva emesso i provvedimenti impugnati e men che meno ai singoli proprietari dei fondi.

Sotto altro profilo l’appellata non ha provato la sopravvenuta carenza di interesse dell’appellante alla odierna decisione, dal che discende, in ossequio alla pacifica giurisprudenza, la impossibilità di dichiarare la improcedibilità dell’appello.

2.3. Per altro verso va rammentato che ai sensi dell’art. 17 della legge regionale del Veneto n. 50 del 9 dicembre 19993 (“Le Province, per la migliore gestione del patrimonio zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi sanitari, per la selezione biologica, per la tutela del patrimonio storico - artistico, e delle produzioni zoo - agro - forestali ed ittiche per la tutela della fauna di cui alla lettera m, comma 2, articolo 9, sono delegate ad esercitare il controllo delle specie di fauna selvatica e di fauna domestica inselvatichita anche nelle zone vietate alla caccia. Tale controllo viene praticato selettivamente di norma mediante l' utilizzo di metodi ecologici, su parere dell' INFS Le operazioni di controllo sono svolte da personale dipendente della Provincia.

Qualora l' Istituto verifichi l' inefficacia dei predetti metodi, la Provincia può autorizzare piani di abbattimento i quali possono essere attuati, anche in deroga ai tempi e orari ai quali è vietata la caccia, dai soggetti previsti al comma 2 dell' articolo 19 della legge n. 157/1992 e da operatori muniti di licenza per l'esercizio dell'attività venatoria, all'uopo espressamente autorizzati dalla Provincia, direttamente coordinati dal personale di vigilanza della stessa.”) il parere dell’INFS era destinato a confluire nel complesso atto programmatorio-autorizzativo impugnato e, non avendo autonomia e neppure carattere assolutamente vincolante non poteva al medesimo attribuirsi la caratteristica predecisoria che ne avrebbe imposto l’immediata ed autonoma impugnazione.

3.Nel merito, le doglianze sono fondate.

L’art. 19 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 così dispone: “ Le regioni possono vietare o ridurre per periodi prestabiliti la caccia a determinate specie di fauna selvatica di cui all'articolo 18, per importanti e motivate ragioni connesse alla consistenza faunistica o per sopravvenute particolari condizioni ambientali, stagionali o climatiche o per malattie o altre calamità.

Le regioni, per la migliore gestione del patrimonio zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi sanitari, per la selezione biologica, per la tutela del patrimonio storico-artistico, per la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche, provvedono al controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia. Tale controllo, esercitato selettivamente, viene praticato di norma mediante l'utilizzo di metodi ecologici su parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica. Qualora l'Istituto verifichi l'inefficacia dei predetti metodi, le regioni possono autorizzare piani di abbattimento. Tali piani devono essere attuati dalle guardie venatorie dipendenti dalle amministrazioni provinciali. Queste ultime potranno altresì avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani medesimi, purché muniti di licenza per l'esercizio venatorio, nonché delle guardie forestali e delle guardie comunali munite di licenza per l'esercizio venatorio.

Le province autonome di Trento e di Bolzano possono attuare i piani di cui al comma 2 anche avvalendosi di altre persone, purché munite di licenza per l'esercizio venatorio.”.

Questa Sezione ha in passato espresso il convincimento, che si ritiene doversi ribadire, secondo il quale “ai sensi dell'art. 1, l. n. 157 del 1992, la fauna selvatica costituisce patrimonio indisponibile dello Stato da tutelare nell'interesse della comunità nazionale e sopranazionale, onde i piani di abbattimento debbono essere disposti nel rigoroso rispetto delle regole procedurali e sostanziali previste (nella specie, è stato dichiarata illegittima la delibera provinciale volta al contenimento del numero delle volpi, per aver disatteso senza motivazione parte del parere dell'Irfis e non aver sottoposto gli abbattimenti al controllo delle guardie forestali dipendenti dalla Provincia).” (Consiglio Stato , sez. VI, 13 maggio 2005, n. 2399).

Nel caso di specie ricorre una evenienza che, ancorchè non perfettamente sovrapponibile, appare del tutto simile a quella presa in esame dal Consiglio di Stato nella citata pronuncia.

Sebbene infatti sia la legge-quadro nazionale che la legge regionale prima indicate facessero riferimento alla necessità dell’utilizzo di metodi ecologici, prescrivendo che anche su tale aspetto dovesse intervenire il parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica gli impugnati provvedimenti hanno del tutto disatteso la prescrizione citata, e non si rinviene nei medesimi motivazione alcuna in ordine a tale profilo, né tampoco su tale aspetto è intervenuto il prescritto parere.

4. Ne consegue l’accoglimento del ricorso in appello e, per l’effetto, l’annullamento dell’impugnata decisione, l’accoglimento del ricorso di primo grado e l’annullamento degli atti impugnati.

5. La particolarità della situazione di fatto e la natura della controversia consentono di disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese processuali sostenute.


P.Q.M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull'appello, numero di registro generale 271 del 2007 come in epigrafe proposto,lo accoglie e per l’effetto annulla l’impugnata decisione, accoglie il ricorso di primo grado ed annulla gli atti impugnati.

Spese processuali compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 aprile 2011 con l'intervento dei magistrati:

Roberto Garofoli, Presidente FF
Roberto Giovagnoli, Consigliere
Claudio Contessa, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere, Estensore
Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/06/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

 


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