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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CONSIGLIO DI STATO Sez. IV - 8 giugno 2011, Sentenza n.
3498
DIRITTO URBANISTICO - Fascia di rispetto stradale - Art. 9 L. n. 729/1961 -
Finalità - Divieto assoluto di edificare - Verifica in concreto dei rischi per
la circolazione stradale - Necessità - Esclusione. Il divieto di costruire a
una certa distanza dal nastro autostrdale, imposto dall'art. 9 l. n. 729/1961 e
dal d.m. Lavori Pubblici 1 aprile 1968, non può essere inteso restrittivamente,
e cioè come previsto al solo scopo di prevenire l'esistenza di ostacoli
materiali emergenti dal suolo e suscettibilità di costituire, per la prossimità
alla sede stradale, pregiudizio alla sicurezza del traffico e alla incolumità
delle persone, in quanto è correlato alla più ampia esigenza di assicurare una
fascia di rispetto utilizzabile, all'occorrenza, dal concessionario per
l'esecuzione dei lavori, per l'impianto dei cantieri, per il deposito dei
materiali, per la realizzazione di opere accessorie, senza limitazioni connesse
alla presenza di costruzioni. Pertanto, il vincolo in questione, traducendosi in
un divieto assoluto di costruire, rende legalmente inedificabili le aree site in
fascia di rispetto stradale o autostradale, indipendentemente dalle
caratteristiche dell'opera realizzata e dalla necessità di accertamento in
concreto dei connessi rischi per la circolazione stradale (Cass. civ., sez. II,
3 novembre 2010 n. 22422; Cons. Stato, sez. IV, 14 aprile 2010 n. 2076) Pres.
f.f. Leoni, Est. Forlenza - M.L. e altri (avv.ti Liuzzi e Maggiora) c. A. s.p.a.
(Avv. Stato) - (Conferma T.A.R. VENETO, n. 06733/2002)
- CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV - 8 giugno 2011, n. 3498
DIRITTO URBANISTICO - Fascia di rispetto autostradale - Divieto di costruire a
distanza inferiore a 25 metri - Art. 9, c. 1 L. n. 729/1961 - Vigenza -
Autostrade costruite successivamente all’entrata in vigore della legge. Il
divieto di costruire di ampliare edifici o manufatti di qualsiasi specie, a
distanza inferiore a 25 m. dal limite della zona di occupazione dell'autostrada,
di cui all'art. 9, 1° comma, l. 24 luglio 1961, n. 729, opera soltanto per le
autostrade la cui costruzione è avvenuta dopo l'entrata in vigore della legge
medesima, oppure alle autostrade la cui costruzione è stata già concessa
anteriormente a tale data. È la stessa lettera della legge ad implicare tale
conclusione, laddove fa riferimento alle autostrade e ai relativi accessi,
previsti sulla base di progetti regolarmente approvati: tanto basta a rendere
inapplicabile la nuova normativa ad autostrade già edificate in base al generale
principio della irretroattività sancito dall'art. 11 delle preleggi. (Consiglio
di Stato sez. IV, 29 aprile 2002 n. 2277) Pres. f.f. Leoni, Est. Forlenza - M.L.
e altri (avv.ti Liuzzi e Maggiora) c. A. s.p.a. (Avv. Stato) - (Conferma T.A.R.
VENETO, n. 06733/2002)
- CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV - 8 giugno 2011, n. 3498
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 03498/2011REG.PROV.COLL.
N. 01951/2004 REG.RIC.
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1951 del 2004, proposto da:
Montresor Lodovico, e successivamente , Montresor Francesco e Montresor Michele,
in proprio e quali soci accomandatari della Azienda agricola Ottella s.a.s. di
F. e M. Montresor, rappresentati e difesi dagli avv. Antonio Liuzzi, Maria
Gabriella Maggiora, con domicilio eletto presso Antonio Liuzzi in Roma, via
Dardanelli, 13;
contro
Anas S.p.A. gia' Ente Nazionale Per Le Strade-Anas, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura Gen.Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi,
12;
nei confronti di
Autostrada Brescia Verona Vicenza Padova S.p.A., rappresentato e difeso
dall'avv. Alberto Cartia, con domicilio eletto presso Andrea Manzi in Roma, via
Federico Confalonieri, 5; Comune di Peschiera del Garda;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. VENETO - VENEZIA: SEZIONE II n. 06733/2002, resa tra
le parti, concernente diniego di sanatoria di opere edilizie realizzate in zona
di rispetto autostradale.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 marzo 2011 il Cons. Oberdan Forlenza
e uditi per le parti gli avvocati Maggiora, Gigli, su delega di Cartia e l'avv.
dello Stato Greco;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con l’appello in esame, il ricorrente impugna la sentenza 24 dicembre 2002 n.
6733, con la quale il TAR Veneto, sez. II, ha dichiarato improcedibile il primo
ricorso, da lui proposto avverso la diffida a demolire 7 ottobre 1983 n. 5893
del Comune di Peschiera del Garda; e accolto parzialmente il secondo, proposto
avverso il parere 22 settembre 1997 n. 3309, con il quale l’ENAS (oggi ANAS), si
è pronunciato in senso sfavorevole sulla sanatoria di opere edilizie da lui
realizzate, ed avverso la successiva nota 27 novembre 1997 n. 4100, con la quale
è stata respinta la richiesta di riesame del precedente parere sfavorevole.
Il Tribunale ha dichiarato l’improcedibilità del primo ricorso per essere stata
successivamente proposta istanza di condono. Ha rigettato il secondo (relativo
proprio agli atti ostativi al rilascio di permesso di concessione in sanatoria),
ritenendo:
a) quanto ai manufatti realizzati prima dell’entrata in vigore dei limiti di
rispetto dalle autostrade previsti dal D.M. 1 aprile 1968, gli stessi, posti a
20 metri dalla stessa, violano il limite di rispetto (non edificare a meno di 25
m.) già previsto dall’art. 9 l. n. 729/1961;
b) quanto ai manufatti realizzati dopo il 1968, consistenti, dapprima, in
modifica di una scala esterna, ampliamento della terrazza e spostamento
dell’apertura di una porta; successivamente, nella realizzazione di ulteriori
tettoie, gli stessi sono posti a circa 40 m. dal confine autostradale, in palese
contrasto con il D.M. 1 aprile 1968, che impone un limite di rispetto di 60 m..
Tuttavia, i primi interventi rappresentano modifiche ad un edificio già
esistente, realizzato con regolare licenza, di modo che non contrastano con la
finalità del vincolo autostradale, con conseguente accoglimento (limitatamente
ad essi) del ricorso. Gli ulteriori interenti (tettoie e recinti risalenti al
1978) consistono in manufatti nuovi, realizzati in violazione della fascia di
rispetto autostradale, e pertanto non sanabili;
c) a tali conclusioni si perviene anche considerando che “il vincolo
autostradale, nelle zone poste al di fuori dei centri abitati, è un vincolo
assoluto di inedificabilità, assoggettato al disposto dell’art. 33 l. n.
47/1985, che non consente alcuna possibilità di deroga da parte dell’autorità
preposta alla tutela dello stesso”.
Avverso tale decisione, vengono proposti (limitatamente al capo della sentenza
che respinge il secondo ricorso) i seguenti motivi di appello:
a) error in iudicando; errore e travisamento dei fatti; violazione e falsa
applicazione art. 9 l. n. 729/1961, D.M. 1 aprile 1968, artt. 32 e 33 l. n.
47/1985; ciò in quanto nessuno degli atti dell’ANAS impugnati fa riferimento ad
un vincolo imposto dalla l. n. 729/1961, la cui violazione è stata sostenuta
dall’ANAS solo in corso di giudizio, quindi “a posteriori” e con una
“motivazione estranea all’atto”. Al contrario, “per valutare la legittimità o
meno di un parere negativo, esclusivamente fondato sulla asserita
incompatibilità (delle opere di cui si chiede la sanatoria) con i vincoli
derivanti dal D.M. 1 aprile 1968, occorre esclusivamente accertare se sussista o
meno l’incompatibilità con le prescrizioni di cui al D.M. 1 aprile 1968, senza
che abbia rilievo alcuno l’asserita incompatibilità con altri vincoli, la cui
violazione non è stata contestata”; in fatto, tale incompatibilità con i vincoli
del citato D.M. non sussiste. Inoltre, per un verso, i manufatti sono anteriori
anche al 1961, e quindi agli stessi non possono essere applicati i vincoli di
cui alla l. n. 729/1961; per altro verso, il tratto autostradale in oggetto “è
stato realizzato a cavallo degli anni cinquanta e sessanta, prima dell’entrata
in vigore della l. 729/1961, che si applica solo ai tratti autostradali
costruiti successivamente. In definitiva, si tratta di “vincoli inapplicabili al
caso in esame (o comunque di vincoli che non comportano una inedificabilità
assoluta)”;
b) error in iudicando; errore e travisamento dei fatti nonché carenza di
istruttoria; poiché si assume senza alcun riscontro che i manufatti siano
collocati a 20 m. dal ciglio autostradale (quelli realizzati prima del 1968) ed
a 40 m. (quelli realizzati successivamente a tale data). Al contrario, occorre
rilevare che, in epoca successiva, vi è stato ampliamento della sede
autostradale con “corrispondente traslazione della fascia di rispetto”, e di
tanto non ha tenuto conto né il parere ANAS, né la impugnata sentenza;
c) error in iudicando; motivazione incongrua, poiché se, come affermato dalla
stessa sentenza, la finalità del vincolo di inedificabilità è quella di impedire
che la presenza di costruzioni nella fascia di rispetto “costituisca un pericolo
per la sicurezza del traffico veicolare e l’incolumità delle persone, il parere
ANAS avrebbe dovuto rilevare la intrinseca irrilevanza degli interventi
realizzati dopo il 1968 in rapporto alle finalità di sicurezza stradale;
d) omessa pronuncia sulle censure proposte con il ricorso, e segnatamente: d1)
del motivo volto a denunciare il vizio di eccesso di potere per carenza di
motivazione, poiché il parere ANAS “non contiene alcuna valutazione in merito
alla asserita pericolosità delle opere oggetto della richiesta di condono”; d2)
del motivo volto a denunciare eccesso di potere per carenza di istruttoria,
errore e travisamento dei fatti (con riferimento alla effettiva epoca di
realizzazione degli asseriti abusi) nonché in merito alla illogicità e
contraddittorietà degli atti dell’ANAS, “che prima consente la costruzione di
muri a salvaguardia delle opere e poi nega il proprio nulla osta alla sanatoria
di quelle stesse opere”; d3) del motivo di omessa considerazione della circolare
50/85, secondo la quale i vincoli posti a protezione del nastro autostradale
vanno valutati con minor rigore nelle zone in cui il vincolo sia sostanzialmente
già compromesso dalla esistenza di opere non abusive come tali, escluse dalla
necessità di sanatoria e cioè di opere ultimate prima del 1 settembre 1967”; nel
caso di specie, l’area dove sorgono i manufatti è già compromessa per
l’esistenza di opere non abusive e l’ANAS ha omesso di comparare i distinti
interessi pubblici (alla tutela della sicurezza stradale e alla sanatoria di
opere esistenti).
Intervenuto, in pendenza di giudizio, il decesso dell’appellante Montresor
Lodovico, i signori Michele e Francesco Montresor, in proprio (in qualità di
eredi) e come soci accomandatari della Azienda agricola Ottella s.a.s. di F. e
M. Montresor, sono intervenuti per la prosecuzione volontaria del giudizio (atto
1 dicembre 2009) e, successivamente, hanno notificato atto di riassunzione del 3
giugno 2010.
Si sono costituite in giudizio l’ANAS e la società “Autostrada Brescia, Verona,
Vicenza, Padova” s.p.a., la quale ha dapprima concluso per il rigetto
dell’appello, stante la sua infondatezza, e successivamente, con memoria del 7
maggio 2010 ha eccepito l’inammissibilità dell’atto di riassunzione del giudizio
da parte degli eredi dell’appellante (Francesco e Michele Montresor), stante la
loro non dimostrata qualità di eredi e la loro non dimostrata proprietà dei
manufatti oggetto del denegato condono edilizio.
All’odierna udienza, la causa è stata riservata in decisione.
DIRITTO
2. L’appello è infondato e deve essere, pertanto, respinto, potendosi
conseguentemente prescindere dall’eccezione di inammissibilità dell’atto di
riassunzione del giudizio.
Si sono già enunciati, nella parte espositiva in fatto, i precisi limiti del
presente appello, rivolto esclusivamente avverso il capo della sentenza n.
6733/2002, con la quale il TAR Veneto ha rigettato il (secondo) ricorso proposto
in I grado, avverso gli atti dell’ANAS volti al diniego dell’istanza di condono,
in pratica con riferimento ai manufatti consistenti in “mangiatoie e relative
tettoie” (risalenti ad epoca anteriore al 1968) ed in “alcune tettoie e recinti
risalenti al 1978”.
L’art. 9 l. 24 luglio 1961 n. 729 (dapprima parzialmente abrogato dall’art. 231
d. lgs. n. 285/1992 e successivamente abrogato dall’art. 24 d.l. n. 112/2008)
prevede, in particolare, che: “lungo i tracciati delle autostrade e relativi
accessi, previsti sulla base dei progetti regolarmente approvati, è vietato
costruire, ricostruire o ampliare edifici o manufatti di qualsiasi specie a
distanza inferiore a metri 25 dal limite della zona di occupazione
dell'autostrada stessa. La distanza è ridotta a metri 10 per gli alberi da
piantare” (comma 1).
Tale vincolo opera già prima del diverso e successivo vincolo introdotto dal
D.M. 1 aprile 1968 (il cui art. 4 prevede un vincolo di inedificabilità di 60 m.
dal ciglio della autostrada), sia per effetto diretto dell’entrata in vigore
della legge n. 729/1961, sia per effetto dell’art. 41-septies della l. 17 agosto
1942 n. 1150 (introdotto dall’art. 19 l. n. 765/1967), in base al quale, in
attesa del decreto ministeriale di definizione delle categorie di strade e delle
distanze minime di rispetto a protezione del nastro stradale (il successivo D.M.
1 aprile 1968), “si applicano a tutte le autostrade le disposizioni di cui
all'art. 9 della legge 24 luglio 1961, n. 729.”.
Quanto alla natura dei vincoli stradali (ed, in particolare, autostradali) la
giurisprudenza, con interpretazione che si condivide, ha già avuto modo di
affermare che si tratta di vincoli di inedificabilità assoluta (Cass. civ., sez.
II, 3 novembre 2010 n. 22422 e 10 gennaio 2007 n. 229; Cons. Stato, Ad. Plen. 16
novembre 2005 n. 9; Cons. St., sez. IV, 18 ottobre 2002 n. 5716 e, con specifico
riferimento alle autostrade, sez. IV, 25 settembre 2002 n. 4927).
Si è anche precisato che il divieto di costruire a una certa distanza, imposto
dall'art. 9 l. n. 729/1961 e dal d.m. Lavori Pubblici 1 aprile 1968, non può
essere inteso restrittivamente, e cioè come previsto al solo scopo di prevenire
l'esistenza di ostacoli materiali emergenti dal suolo e suscettibilità di
costituire, per la prossimità alla sede stradale, pregiudizio alla sicurezza del
traffico e alla incolumità delle persone, in quanto è correlato alla più ampia
esigenza di assicurare una fascia di rispetto utilizzabile, all'occorrenza, dal
concessionario per l'esecuzione dei lavori, per l'impianto dei cantieri, per il
deposito dei materiali, per la realizzazione di opere accessorie, senza
limitazioni connesse alla presenza di costruzioni. Pertanto, il vincolo in
questione, traducendosi in un divieto assoluto di costruire, rende legalmente
inedificabili le aree site in fascia di rispetto stradale o autostradale,
indipendentemente dalle caratteristiche dell'opera realizzata e dalla necessità
di accertamento in concreto dei connessi rischi per la circolazione stradale
(Cass. civ., sez. II, 3 novembre 2010 n. 22422; Cons. Stato, sez. IV, 14 aprile
2010 n. 2076)
Infine, con riferimento all’ambito di applicazione dei vincoli ex art. 9 l. n.
729/1961, questo Consiglio di Stato (sez. IV, 29 aprile 2002 n. 2277) ha
affermato:
“Va, in ogni caso, ribadito come l'art. 9, l. n. 729/61 trova applicazione solo
in relazione alle autostrade di nuova costruzione e cioè a quelle che non erano
state realizzate all'epoca dell'entrata in vigore della legge . . .
La disciplina della fattispecie di che trattasi è pertanto sottratta all'art. 9,
1° comma, l. 24 luglio 1961, n. 729, il cui divieto di costruire di ampliare
edifici o manufatti di qualsiasi specie, a distanza inferiore a 25 m. dal limite
della zona di occupazione dell'autostrada, opera soltanto per le autostrade la
cui costruzione è avvenuta dopo l'entrata in vigore della legge medesima, oppure
alle autostrade la cui costruzione è stata già concessa anteriormente a tale
data.
È la stessa lettera della legge ad implicare tale conclusione, laddove fa
riferimento alle autostrade e ai relativi accessi, previsti sulla base di
progetti regolarmente approvati: tanto basta a rendere inapplicabile la nuova
normativa ad autostrade già edificate in base al generale principio della
irretroattività sancito dall'art. 11 delle preleggi.”
Infine, con riferimento al rapporto tra vincolo stradale e cd. condono edilizio,
occorre osservare che l’art. 33 l. n. 47/1985 prevede che “le opere di cui
all'articolo 31 non sono suscettibili di sanatoria quando siano in contrasto con
i seguenti vincoli, qualora questi comportino inedificabilità e siano stati
imposti prima della esecuzione delle opere stesse: . . . d) ogni altro vincolo
che comporti la inedificabilità delle aree.”.
E tra tali vincoli – stante la sua natura già ampiamente esposta - rientra senza
dubbio il vincolo ex art. 9 l. n. 729/1961 e D.M. 1 aprile 1968 (Cons. Stato,
sez. IV, 12 febbraio 2010 n. 772 e 30 dicembre 2008 n. 6627)
Alla luce di quanto esposto, occorre dunque affermare, anche con riferimento al
caso di specie:
a) che i vincoli di rispetto del nastro autostradale sono vincoli inderogabili;
b) che il vincolo di inedificabilità a 25 m. dal nastro autostradale, di cui
all’art. 9 l. n. 729/1961, si applica alle autostrade la cui costruzione è
avvenuta dopo l’entrata in vigore della legge medesima, ovvero alle autostrade
la cui costruzione è stata già concessa a tale data;
c) che il vincolo autostradale, stante la sua natura e gli interessi pubblici
per la cui tutela esso è previsto, opera indipendentemente dalle caratteristiche
dell'opera realizzata e dalla necessità di accertamento in concreto dei connessi
rischi per la circolazione stradale;
d) che, con riferimento alla l. n. 47/1985 (cd. condono edilizio) per le opere
abusivamente realizzate dopo l’imposizione del vincolo a tutela del nastro
autostradale trova conseguentemente applicazione l’art. 33, comma 1, lett. d),
l. n. 47/1985, che sancisce la insanabilità dell’opera realizzata.
Quanto appena affermato sub c) già consente di ritenere infondati i motivi di
appello riportati sub lettere c) e d) dell’esposizione in fatto – quest’ultimo
con riferimento ai motivi, assorbiti in primo grado ed ora riproposti e
riportati sub d1), d2) e d3) - con i quali in sostanza si lamentano vizi di
eccesso di potere connessi al difetto di motivazione e di istruttoria, con
riferimento al mancato accertamento e valutazione della concreta idoneità dei
manufatti realizzati a costituire pericolo per la sicurezza stradale.
3. Anche il motivo sub a) dell’esposizione in fatto è infondato.
Con tale motivo si lamenta l’error in iudicando; errore e travisamento dei fatti
da parte della sentenza appellata, nonché violazione e falsa applicazione art. 9
l. n. 729/1961, D.M. 1 aprile 1968, artt. 32 e 33 l. n. 47/1985; ciò in quanto,
in sintesi:
- nessuno degli atti dell’ANAS impugnati fa riferimento ad un vincolo imposto
dalla l. n. 729/1961, la cui violazione è stata sostenuta dall’ANAS solo in
corso di giudizio, quindi “a posteriori” e con una “motivazione estranea
all’atto”. Al contrario, “per valutare la legittimità o meno di un parere
negativo, esclusivamente fondato sulla asserita incompatibilità (delle opere di
cui si chiede la sanatoria) con i vincoli derivanti dal D.M. 1 aprile 1968,
occorre esclusivamente accertare se sussista o meno l’incompatibilità con le
prescrizioni di cui al D.M. 1 aprile 1968, senza che abbia rilievo alcuno
l’asserita incompatibilità con altri vincoli, la cui violazione non è stata
contestata”;
- i manufatti sono anteriori anche al 1961, e quindi agli stessi non possono
essere applicati i vincoli di cui alla l. n. 729/1961;
- il tratto autostradale in oggetto “è stato realizzato a cavallo degli anni
cinquanta e sessanta, prima dell’entrata in vigore della l. 729/1961, che si
applica solo ai tratti autostradali costruiti successivamente. In definitiva, si
tratta di “vincoli inapplicabili al caso in esame (o comunque di vincoli che non
comportano una inedificabilità assoluta).
Nessuno dei profili rappresentati con il riportato motivo di appello può trovare
accoglimento.
In primo luogo, risulta del tutto irrilevante la circostanza che l’ANAS abbia
citato o meno, negli atti impugnati, il vincolo ex art. 9 l. n. 729/1961. Tale
vincolo, come si è già affermato, ha natura di vincolo di inedificabilità
assoluta, che come tale opera direttamente ed automaticamente, indipendente da
ogni eventuale citazione dello stresso da parte dell’atto amministrativo. In
tali casi, ciò che rileva, in via di fatto, è se il manufatto abusivo ricade (o
meno) nella fascia di rispetto, soggetta ad inedificabilità assoluta.
D’altra parte, stante la predetta operatività del vincolo, anche a voler seguire
la tesi (puramente formale) articolata dall’appellante, si rileva che questi non
avrebbe interesse ad una pronuncia di annullamento per difetto di motivazione,
posto che – una volta attestata in concreto la violazione del vincolo di
inedificabilità – il parere dell’amministrazione sull’istanza di condono (ex
art. 33 l. n. 47/1985) non potrebbe essere che negativo
In secondo luogo, essendosi chiarito che il vincolo ex art. 9 l. n. 729/1961 si
applica alle autostrade costruite dopo la sua entrata in vigore ed a quelle la
cui costruzione è stata già concessa a tale data, non risulta fondata la
doglianza dell’appellante che (pagg. 10-11 appello) si fonda su una supposta
applicazione del vincolo solo alla prima ipotesi (cioè autostrade costruite dopo
la l. n. 729/1961), mentre si assume che l’autostrada in oggetto sarebbe stata
costruita “prima”, e quindi ad essa non è applicabile il vincolo della legge del
1961
Al contrario, occorre osservare che, come si evince da un atto depositato
dall’appellante (v. all. A alla produzione del 22 aprile 2010), l’autostrada
Brescia-Verona-Vicenza-Padova collega la autostrada Milano-Brescia e quella
Padova –Venezia “cosa che avvenne nel febbraio 1962, al termine di quattro anni
e mezzo di lavori”.
Da quanto risultante da tale atto, e da quanto esposto dalla società
autostradale nel proprio controricorso (pag. 6 ed allegati), l’autostrada in
esame è stata oggetto di concessione ben prima del 1961, e pertanto per la
stessa trovano puntuale applicazione i vincoli di cui all’art. 9 l. n. 729/1961.
In terzo luogo, non risulta fornita dall’appellante, a supporto delle proprie
affermazioni, alcuna prova in ordine alla realizzazione dei manufatti ante 1961,
e ciò in disparte di ogni valutazione sull’istanza di condono, proposta anche ai
sensi dell’art. 9 l. n. 729/1961, con il che implicitamente si ammette un
contrasto tra l’edificato e detto vincolo (e quindi una posteriorità del primo
al secondo).
4. E’ infondato anche il secondo motivo di appello, sub b) dell’esposizione in
fatto, con il quale si lamenta error in iudicando; errore e travisamento dei
fatti nonché carenza di istruttoria; poiché, secondo l’appellante:
- si assume senza alcun riscontro che i manufatti siano collocati a 20 m. dal
ciglio autostradale (quelli realizzati prima del 1968) ed a 40 m. (quelli
realizzati successivamente a tale data);
- si deve rilevare che, in epoca successiva, vi è stato ampliamento della sede
autostradale con “corrispondente traslazione della fascia di rispetto”, e di
tanto non ha tenuto conto né il parere ANAS, né la impugnata sentenza.
Sul punto, la costituita società autostradale rileva (pag. 10 controricorso) che
“a nulla rileva la questione fattuale ex adverso sollevata, attinente alla
misurazione delle distanze tra le opere abusive de quibus e la fascia di
rispetto autostradale, questione che, configurandosi come jus novorum, involge
un nucleo tematico di censure la cui trattazione è tassativamente preclusa nel
presente giudizio in grado di appello”.
Indipendentemente da ogni considerazione sull’eccepito ius novorum in appello,
rileva il Collegio che la sentenza impugnata ha espressamente affermato – sulla
base di tutta la documentazione di causa – la collocazione dei manufatti a 20 m.
dal ciglio autostradale (opere anteriori al D.M. 1 aprile 1968), ciò in
particolare deducendo dalla prospettazione del ricorrente in I grado (v. pg. 8
sentenza) ed a circa 40 m. per i manufatti realizzati dopo il 1968.
A fronte di tali affermazioni, l’appellante avrebbe in ogni caso dovuto, a
maggior ragione laddove lamenti l’apoditticità ed il difetto di supporto
probatorio di tali affermazioni, comprovare la fondatezza del proprio motivo di
appello, indicando al giudice di II grado gli atti del giudizio fondanti la
proposta doglianza e, in concreto, una diversa situazione di fatto; cosa che, al
contrario, non è desumibile dal ricorso (v. pagg. 10-12).
Per tutte le ragioni sin qui esposte, l’appello deve essere rigettato, con
conseguente conferma della sentenza impugnata.
Stante la natura e complessità delle questioni trattate, sussistono giusti
motivi per compensare tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sull’appello proposto da Montresor Lodovico, e
successivamente riassunto da Montresor Michele e Francesco (n. 1951/2004 r.g.),
lo rigetta e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Compensa tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1 marzo 2011 con
l'intervento dei magistrati:
Anna Leoni, Presidente FF
Sandro Aureli, Consigliere
Raffaele Greco, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere
Oberdan Forlenza, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 08/06/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Ritorna alle
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ISSN 1974-9562