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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 18/01/2011, Sentenza n.
352
DIRITTO URBANISTICO - Piano regolatore - Natura - Atto complesso - Regione -
Introduzione di modifiche d’ufficio - Limiti. Il Piano Regolatore si
atteggia ad atto complesso con imputazione congiunta del Comune e della Regione,
ben potendo quest’ultima introdurre, in sede di approvazione dello strumento
urbanistico, modifiche di ufficio (cfr. Cons Stato Sez. IV 19/1/2000 n.245),
sempreché queste non vadano ad impingere nel merito delle scelte urbanistiche
spettanti all’ente locale. Pres. Numerico, Est. Migliazzi - K.N. (avv. Scarpa)
c. Regione Lazio (avv.ti Forte, Montanaro e Privitera) e altri (n.c.) -
(Conferma T.A.R. LAZIO, Roma, n. 3095/2000) -
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV - 18 gennaio 2011, n. 352
DIRITTO URBANISTICO - Strumento urbanistico generale - Formazione e approvazione
- Discrezionalità amministrativa. Le scelte effettuate dalla P.A. in
sede di formazione ed approvazione dello strumento urbanistico generale sono
accompagnate da un’amplissima valutazione discrezionale che, nel merito,
appaiono insindacabili e sono, per ciò stesso, attaccabili solo per errori di
fatto, ovvero per abnormità e irrazionalità delle stesse (cfr questa Sezione
6/2/2002 n.664; idem, di recente, 27/7/2010 n.4920 ). In ragione di tale
discrezionalità l’Amministrazione non è tenuta a fornire apposita motivazione in
ordine alle scelte operate nella predetta sede di pianificazione del territorio
comunale, se non richiamando le ragioni di carattere generale che giustificano
’impostazione del piano (in tal senso, sempre questa Sezione 10/8/2004 n.4550).
Pres. Numerico, Est. Migliazzi - K.N. (avv. Scarpa) c. Regione Lazio (avv.ti
Forte, Montanaro e Privitera) e altri (n.c.) - (Conferma T.A.R. LAZIO, Roma, n.
3095/2000) -
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV - 18 gennaio 2011, n. 352
DIRITTO URBANISTICO - Strumento urbanistico generale - Classificazione di
un’area ad uso agricolo - Sottrazione di parte del territorio a nuove
edificazioni. La classificazione di un’area ad uso agricolo non deve
rispondere necessariamente all’esigenza di promuovere l’insediamento di
specifiche attività agricole, una siffatta destinazione potendo trovare la sua
ragion d’essere nella discrezionale volontà dell’amministrazione locale di
sottrarre parte del territorio comunale a nuove edificazioni (cfr Sez.IV
n.2166/2010). Così, la destinazione di piano regolatore a verde agricolo di
un’area ben può essere funzionale all’esigenza di conservazione dei valori
naturalistici e di contenimento del fenomeno di espansione edilizia, di per sé
idoneo, quest’ultimo, a compromettere i valori paesaggistici della zona (in tal
senso, Sez IV n. 25/5/1998 n.869; idem n.4920/2010 già citata) .Di qui il
carattere non nemmeno abnorme né irrazionale della scelta di classificare l’area
dell’appellante come agricola boscata, in linea con gli obiettivi
dell’amministrazione di assicurare all’ambiente naturale dei luoghi in
questione, quale bene pubblico di rango costituzionale (cfr Cass Sez.III
10/10/2008 n.25010) una più adeguata tutela; e ciò a maggior ragione allorché i
luoghi siano già contrassegnati da fenomeni di significativa urbanizzazione.
Pres. Numerico, Est. Migliazzi - K.N. (avv. Scarpa) c. Regione Lazio (avv.ti
Forte, Montanaro e Privitera) e altri (n.c.) - (Conferma T.A.R. LAZIO, Roma, n.
3095/2000) -
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV - 18 gennaio 2011, n. 352
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 00352/2011REG.SEN.
N. 06203/2001 REG.RIC.
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6203 del 2001, proposto da:
Klitsche De La Grange Norberto, rappresentato e difeso dall'avv. Riccardo
Scarpa, con domicilio eletto presso Riccardo Scarpa in Roma, via Damiano Chiesa,
47;
contro
Regione Lazio, in persona del Presidente della Giunta Regionale del Lazio,
rappresentata e difesa dagli avv. Claudio Forte, Maria Pia Montanaro e Rosa
Maria Privitera, domiciliata per legge in Roma, via Marcantonio Colonna, 27;
Il Comune di Allumiere, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in
giudizio;
il sig. Igino Stefanini, non costituito in giudizio
e con l'intervento di
Avv. Teodoro Klitsche De La Grange rapp.to e difeso da se stesso, con domicilio
presso lo studio del medesimo, in Roma, via degli Scialoja, 6
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I TER n. 03095/2000, resa tra le
parti, concernente ADOZIONE P.R.G.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Lazio;
Visto l’atto di intervento adesivo proposto da Teodoro Klitsche De La Grange
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 novembre 2010 il Cons. Andrea
Migliozzi e uditi per le parti gli avvocati Claudio Forte, Rosa Maria Privitera
e Teodoro Klitsche De La Grange;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
L’avv. Adolfo Klitsche De La Grange ed altri interessati impugnavano innanzi al
TAR per il Lazio gli atti deliberativi del Comune di Allumiere e della Regione
Lazio (rispettivamente le delibere del Consiglio Comunale n.36/78, 84/78 e
139/983 e la delibera della G.R. n1610/84) recanti l’adozione e l’approvazione
del Piano Regolatore Generale del Comune di Allumiere, nella parte in cui le
previsioni dello strumento urbanistico non confermavano la vocazione
edificatoria dei terreni di loro proprietà limitandone o escludendone la
possibilità edificatoria.
L’adito TAR con sentenza n.3095 del 13 gennaio 2000 rigettava il proposto
ricorso, disattendendo tutti i profili di illegittimità ivi dedotti.
Il dott. Norberto Klitsche De La Grange, quale erede del padre, avv. Adolfo, e
della madre, sig.ra Erminia Cocchi, ha impugnato la predetta sentenza,
ritenendola erronea ed ingiusta e deducendo a sostegno del gravame i seguenti
quattro ordini di censure:
Violazione e falsa applicazione degli artt.290 R.D. 4/2/1915 n.148 e 279 R.D.
3/371934 n.383;
Violazione e falsa applicazione degli artt.7, 9 e 10 della legge 17/8/1942
n.1150 e successive modifiche;
Violazione di ogni principio vigente in materia di procedimento amministrativo,
eccesso di potere. Violazione art.2 D.M. 1444/68;
Travisamento dei fatti.
Si è costituita in giudizio per resistere al gravame l’intimata Regione Lazio.
È altresì intervenuto in giudizio ad adiuvandum dell’appellante, l’avv. Teodoro
Klistche De La Grange, quale erede dell’avv. Adolfo Klitsche De La Grange.
All’udienza pubblica del 23 novembre 2010 la causa è stata trattenuta in
decisione.
Tanto premesso, l’appello è infondato e va conseguentemente respinto.
Col primo mezzo d’impugnazione l’appellante, come già avvenuto in primo grado,
denuncia, in violazione del divieto di cui all’art.290 R.D. 148/1915 ed
all’art.274 R.D. 383/1934, la circostanza per cui, a suo avviso, si sarebbero
dovuti astenere dal presenziare alle sedute di adozione e approvazione del PRG
alcuni amministratori comunali, in quanto interessati dalle previsioni
urbanistiche che si andavano ad assumere: in particolare, l’Assessore Bastianini
avrebbe ottenuto con il PRG l’edificabilità del proprio terreno e al Consigliere
Stefanini Igino sarebbe stato rilasciata una concessione edilizia poco prima che
fosse adottato il Piano Regolatore.
Il dedotto profilo di gravame è privo di fondamento.
Invero, la normativa che si assume violata prevede che gli amministratori devono
astenersi dal prendere parte alla discussione e votazione di delibere in cui
hanno interessi propri o dei loro parenti ed affini, lì dove tale obbligo di
astensione non si applica ai provvedimenti normativi di carattere generale quali
i piani urbanistici, se non nei casi in cui sussista un correlazione immediata e
diretta tra il contenuto della delibera e gli specifici interessi degli
amministratori o dei loro parenti ed affini.
Ora, detto obbligo di astensione postula la ricorrenza in modo stringente delle
condizioni di interesse stabilite dalla norma e che devono essere adeguatamente
evidenziate e dimostrate (cfr. Cons Stato Sez. IV 11/12/2007 n.931),
circostanze, queste che non paiono sussistenti nel caso di specie, dal momento
che la supposta incompatibilità viene solo genericamente affermata, senza che
sia supportata da sufficienti elementi di prova.
In particolare, non ricorre la prova della correlazione immediata e diretta tra
le determinazioni assunte e la posizione degli amministratori richiesta dalla
giurisprudenza in relazione ad atti a contenuto normativo come il PRG, dovendosi
pure rilevare come la valutazione sulla legittimità della mancata astensione va
condotta a priori e non a seguito degli esiti dei provvedimenti che hanno potuto
apportare una situazione migliorativa della posizione di qualche amministratore
specie quando le previsioni di Piano riguardino, come nel caso del Comune di
Allumiere, piccoli Enti locali in cui la normativa urbanistica va
necessariamente e/o inevitabilmente ad incidere sulla posizione degli
amministratori o dei loro parenti ed affini. Anche a voler ammettere (ma non è
provato un conflitto di interessi per i due amministratori comunali sopra
indicati, questo non vale a produrre l’invalidità dell’atto deliberativo di
adozione dello strumento urbanistico, non potendo una non meglio specificata
“cointeressenza” o, se si vuole, una ipotetica interferenza di detti
amministratori inficiare determinazioni assunte con il numero legale dei
consiglieri presenti e votanti.
In ogni caso, sarebbe tutt’al più configurabile una invalidità parziale
dell’atto assunto in violazione di tale obbligo e precisamente di quelle parti
dello strumento urbanistico oggetto di correlazione con gli interessi di detti
amministratori.
Col secondo motivo di gravame parte appellante denuncia l’illegittimo operato
della Regione Lazio, che in sede di approvazione del Piano avrebbe introdotto
modifiche d’ufficio alle norme tecniche di attuazione del PRG di notevole
contenuto innovativo, tali da stravolgere lo strumento urbanistico, con ciò
violando l’ambito di competenza spettante unicamente all’Ente locale.
Il dedotto profilo di illegittimità non sussiste.
Il Piano Regolatore si atteggia ad atto complesso con imputazione congiunta del
Comune e della Regione, ben potendo quest’ultima introdurre, in sede di
approvazione dello strumento urbanistico, modifiche di ufficio (cfr. Cons Stato
Sez. IV 19/1/2000 n.245), sempreché queste non vadano ad impingere nel merito
delle scelte urbanistiche spettanti all’ente locale; e non è questo il caso che
ci occupa, se è vero che siffatte modifiche riguardano alcuni aspetti di
attuazione tecnica delle previsioni, dettate per ragioni di armonizzazione della
normativa urbanistica. Ad ogni buon conto le modifiche proposte sono state
rimesse al Comune di Allumiere, che, con deliberazione consiliare n.138 del
26/10/1983, ha fatto proprie modifiche, prescrizioni ed integrazioni operate
dalla Regione.
Le censure formulate col terzo e quarto motivo d’appello vanno esaminate
congiuntamente, in ragione della stretta connessione logica tra loro esistente.
Con esse, in riferimento alle aree di proprietà, vengono criticate le previsioni
urbanistiche assunte dall’Amministrazione comunale con l’apposizione, del tutto
ingiustificata, ad avviso di parte ricorrente, di destinazioni che vanno
restringere od annullare la capacità edificatoria dei terreni in titolo,
appunto, a parte appellante, pur già riconosciuta nel precedente Piano di
fabbricazione, poi sostituito con il PRG.
In particolare, la stessa parte appellante rivendica, sulla scorta di pregressi
affidamenti, un suo “diritto” a veder “confermata” la destinazione residenziale
ai terreni di che trattasi; lamenta altresì l’assenza di una motivazione
specifica volta a giustificare la nuova destinazione (“E” agricola boscata o di
particolare pregio),che ritiene ancor più illogica ed ingiustificata avuto
riguardo alla conformazione dei luoghi, contrassegnati da una preesistente
presenza delle opere residenziali; e denuncia lo sviamento in cui sarebbe
incorsa l’Amministrazione , la quale intende perseguire finalità di tutela
ambientale della zona de qua a mezzo di un impropria e comunque incongrua
destinazione agricola, il tutto in spregio a posizioni consolidate.
Le articolate censure non appaiono condivisibili.
Per consolidato orientamento giurisprudenziale, dal quale il Collegio non ha
motivo di discostarsi, le scelte effettuate dalla P.A. in sede di formazione ed
approvazione dello strumento urbanistico generale sono accompagnate da
un’amplissima valutazione discrezionale che, nel merito, appaiono insindacabili
e sono, per ciò stesso, attaccabili solo per errori di fatto, ovvero per
abnormità e irrazionalità delle stesse (cfr questa Sezione 6/2/2002 n.664; idem,
di recente, 27/7/2010 n.4920 ).
In ragione di tale discrezionalità l’Amministrazione non è tenuta a fornire
apposita motivazione in ordine alle scelte operate nella predetta sede di
pianificazione del territorio comunale, se non richiamando le ragioni di
carattere generale che giustificano l’impostazione del piano (in tal senso,
sempre questa Sezione 10/8/2004 n.4550).
Sempre al riguardo giova pure rammentare che le scelte adottate per ciò che
attiene alla destinazione delle singole aree non necessitano di una specifica
motivazione, se non nel caso in cui la scelta vada ad incidere negativamente su
posizioni giuridicamente differenziate, ravvisabili nell’esistenza di piani e/o
progetti di lottizzazione già approvati (in tal senso, ex plurimis , questa
Sezione 10/2/2009 n.2418 ).
Ora, con riferimento ai suindicati criteri ermeneutici da tempo affermati da
questo Consesso, parte appellante non può rivendicare qualsiasi pretesa ad un
sorte di diritto di immutabilità della classificazione urbanistica dei suoi
terreni, se è vero che:
la pregressa vocazione e/o destinazione residenziale in origine sussistente era
stata trasfusa in un progetto di lottizzazione nel pregresso programma di
fabbricazione, che, però, veniva annullato e posto nel nulla in ragione di vizi
formali;
l’edificabilità delle aree site nel c.d. parco di Cibona, come parco
residenziale , in realtà non è stata consacrata in un piano di lottizzazione
munito della necessaria convenzione, condizione, questa, indispensabile per
poter vantare una posizione qualificata rispetto a nuovi intendimenti
dell’Amministrazione.
Ne deriva che la preesistente destinazione urbanistica è circostanza che non
impedisce l’introduzione di previsioni di segno diverso, in virtù di uno jus
variandi pacificamente riconosciuto dalla giurisprudenza in materia.
La posizione dell’appellante ha il contenuto, quindi, di una semplice
aspettativa e in ragione di ciò non appare configurabile a carico
dell’Amministrazione un onere di fornire una specifica motivazione circa la
determinazione di assegnare una nuova destinazione all’area, ben potendo
soccorrere al riguardo l’esposizione delle ragioni che in linea generale
sottendono alle scelte di gestione del territorio comunale (cfr. , in tal senso,
Cons. Stato, Ad. Pl. n.24 del 22/12/1999), lì dove, nella specie, una siffatta
motivazione è ben rinvenibile nella relazione tecnica che accompagna lo
strumento urbanistico.
L’appellante sostiene, poi, che la destinazione agricola boscata impressa
all’area non sarebbe funzionale alla finalità di tutela ambientale che si
intende assicurare all’area stessa e che comunque risulterebbe del tutto
incoerente con lo stato dei luoghi, già caratterizzato da una notevole
urbanizzazione, con una ormai avvenuta compromissione dei valori da proteggere.
La tesi non merita positiva considerazione.
Al di là del fatto che, in generale, rispetto alle scelte assunte nell’esercizio
del potere di governo del territorio comunale spettante all’Ente locale, la
posizione del privato si rivela recessiva, va rilevato che, quanto alla
congruità o meno della destinazione agricola impressa all’area de qua, nella
fattispecie, una tale previsione si rivela compatibile e coerente con le
direttive di fondo poste a base dell’adottato strumento urbanistico, come
evincibili dalla relazione tecnica che accompagna il PRG, volte a salvaguardare
gli equilibri naturalistico-ambientali dell’assetto territoriale in cui è
inserita l’area di che trattasi.
Invero, la classificazione di un’area ad uso agricolo non deve rispondere
necessariamente all’esigenza di promuovere l’insediamento di specifiche attività
agricole, una siffatta destinazione potendo trovare la sua ragion d’essere nella
discrezionale volontà dell’amministrazione locale di sottrarre parte del
territorio comunale a nuove edificazioni (cfr Sez.IV n.2166/2010).
Così, la destinazione di piano regolatore a verde agricolo di un’area ben può
essere funzionale ad un uso non strettamente agricolo della stessa, ma
all’esigenza di conservazione dei valori naturalistici e di contenimento del
fenomeno di espansione edilizia, di per sé idoneo, quest’ultimo, a compromettere
i valori paesaggistici della zona (in tal senso, Sez IV n. 25/5/1998 n.869; idem
n.4920/2010 già citata) .
Di qui il carattere non nemmeno abnorme né irrazionale della scelta di
classificare l’area dell’appellante come agricola boscata, in linea con gli
obiettivi dell’amministrazione di assicurare all’ambiente naturale dei luoghi in
questione, quale bene pubblico di rango costituzionale (cfr Cass Sez.III
10/10/2008 n.25010) una più adeguata tutela; e ciò a maggior ragione allorché i
luoghi siano già contrassegnati da fenomeni di significativa urbanizzazione.
In forza delle suesposte considerazioni l’appello, in quanto infondato, va
respinto.
Rimane da esaminare l’atto d’intervento ad adiuvandum dell’appello proposto
dall’avv.Teodoro Klitsche De La Grange.
Esso è inammissibile.
Nel processo amministrativo l’intervento ad adiuvandum può essere proposto per
la tutela di un interesse mediato o riflesso rispetto a quello vantato dalle
parti principali, ma non per far valere un interesse immediato e diretto alla
tutela della posizione soggettiva incisa dal provvedimento (cfr. Cons Stato
Sez.VI 2/2/2007 n.425).
Ora l’avv. Teodoro Klitsche De La Grange agisce quale erede dell’avv. Adolfo
Klitsche De La Grange, rivestendo la stessa posizione sostanziale e processuale
del fratello Norberto Klitsche De La Grange; ma se è così,, l’attuale
interveniente era legittimato all’impugnazione diretta degli atti gravati in
primo grado, di talché non appare ammissibile un interesse ad intervenire in
capo ad un soggetto titolare, a sua volta, di un interesse principale
all’impugnazione e della conseguente legittimazione (cfr. Cons Stato Sez. IV
6/10/2004 n.6491; Sez. VI 22/4/2008 n.1856) .
Sussistono giusti motivi, avuto riguardo alla specificità della controversia
all’esame, per compensare tra le parti le spese e competenze del presente grado
di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), pronunciando
sull’appello come in epigrafe indicato, lo Rigetta.
Dichiara inammissibile l’atto d’intervento dell’avv. Teodoro Klitsche De La
Grange.
Compensa tra le parti le spese e competenze del grado di appello del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 novembre 2010 con
l'intervento dei magistrati:
Paolo Numerico, Presidente
Anna Leoni, Consigliere
Sergio De Felice, Consigliere
Raffaele Greco, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/01/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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