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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CONSIGLIO DI STATO Sez. VI - 23 maggio 2011, Sentenza n.
3663
DIRITTO URBANISTICO - Votazione dello strumento urbanistico - Consiglieri in
posizione di conflitto di interessi - Approvazione per parti separate -
Legittimità - Votazione finale dello strumento nella sua interezza. Con
riguardo agli effetti dell’obbligo di astensione in sede di votazione dello
strumento urbanistico dei consiglieri in posizione di conflitto di interessi ai
sensi dell’ art. 78, d.lgs. nr. 267 del 2000, deve ritenersi legittima - al fine
di evitare difficoltà insormontabili nei Comuni di medie e piccole dimensioni -
un’approvazione dello strumento urbanistico per parti separate, con l’astensione
per ciascuna di esse di coloro che in concreto vi abbiano interesse, purché a
ciò segua una votazione finale dello strumento nella sua interezza; in tale
ipotesi a quest’ultima votazione non si applicano le cause di astensione, dal
momento che sui punti specifici oggetto del conflitto di interesse si è già
votato senza la partecipazione dell’amministratore in conflitto (cfr. Cons.
Stato, sez. IV, 22 giugno 2004, nr. 4429). Pres. Trotta, Est. Greco -Comune di
Bussolengo (avv.ti Lequaglie e Sanino) c.A.G. (avv.ti Manzi e Ruffo) - (Riforma
TAR Veneto, n. 1079/2007)
- CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV - 16 giugno 2011, n. 3663
DIRITTO URBANISTICO - Pianificazione attuativa - Quantificazione della capacità
edificatoria - Discrezionalità dell’amministrazione. La quantificazione
della capacità edificatoria da assegnare alle singole aree in sede di
pianificazione attuativa rientra nella discrezionalità che, anche in tale sede,
connota la potestà pianificatoria, non essendo ricavabile da alcuna disposizione
o principio un obbligo di riconoscere uno actu l’intera volumetria edificabile
prevista in astratto dallo strumento urbanistico generale. Pres. Trotta, Est.
Greco - Comune di Bussolengo (avv.ti Lequaglie e Sanino) c.A.G. (avv.ti Manzi e
Ruffo) - (Riforma TAR Veneto, n. 1079/2007)-
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV - 16 giugno 2011, n. 3663
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 03663/2011REG.PROV.COLL.
N. 09143/2010 REG.RIC.
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello nr. 9143 del 2010, proposto dal COMUNE DI BUSSOLENGO, in
persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Eugenio
Lequaglie e Mario Sanino, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma,
viale Parioli, 180,
contro
il signor Antonio GIRELLI, rappresentato e difeso dagli avv.ti Andrea Manzi e
Riccardo Ruffo, con domicilio eletto presso il primo in Roma, via F.
Confalonieri, 5,
per l’annullamento e/o la riforma,
previa sospensione dell’efficacia,
della sentenza nr. 4338/2010, pubblicata il 3 settembre 2010, mai notificata,
resa sul ricorso nr. 1079/2007 dal Tribunale Amministrativo Regionale del
Veneto.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’appellato signor Antonio Girelli;
Viste le memorie prodotte dall’Amministrazione appellante (in date 8 e 19 aprile
2011) e dall’appellato (in date 8 e 19 aprile 2011) a sostegno delle rispettive
difese;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, all’udienza pubblica del giorno 10 maggio 2011, il Consigliere
Raffaele Greco;
Uditi l’avv. Lequaglie per l’Amministrazione appellante e l’avv. Manzi per
l’appellato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il Comune di Bussolengo ha impugnato, chiedendone la riforma previa sospensione
dell’esecuzione, la sentenza con la quale il T.A.R. del Veneto, accogliendo il
ricorso del signor Antonio Girelli, ha annullato gli atti relativi
all’approvazione della variante generale al Piano di Recupero del centro storico
del Comune predetto.
A sostegno dell’impugnazione, l’Amministrazione comunale ha dedotto:
1) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 78 del decreto legislativo 18
agosto 2000, nr. 267, in relazione alla previsione, contenuta nel comma 4,
secondo cui in caso di violazione delle norme sul conflitto di interesse
nell’ambito dell’approvazione degli strumenti urbanistici si deve operare
l’annullamento e la sostituzione delle sole parti in cui era riscontrabile il
conflitto; manifesta illogicità e contraddittorietà intrinseca;
2) omesso rilievo della carenza di interesse ad agire da parte del ricorrente;
ultrapetizione;
3) erronea e/o falsa applicazione dell’art. 78 del d.lgs. nr. 267 del 2000 sotto
altro profilo, nonché dell’art. 19 del Regolamento per la disciplina delle
adunanze consiliari del Comune di Bussolengo.
Nel costituirsi, l’appellato signor Antonio Girelli, oltre a opporsi
all’accoglimento dell’appello siccome infondato e ad eccepirne in limine
l’inammissibilità, ha riproposto come segue i motivi di censura rimasti
assorbiti nella sentenza impugnata (ai quali il Comune appellante aveva
replicato, a titolo cautelativo, già in sede di appello):
1) violazione dell’art. 19 della legge regionale 23 aprile 2004, nr. 11;
2) eccesso di potere per illogicità, travisamento dei fatti, sviamento;
3) violazione del P.R.G. di Bussolengo e, in particolare, delle Norme Tecniche
di Attuazione previste per la zona A (centro storico); violazione dell’art. 27
della legge 5 agosto 1978, nr. 457;
4) violazione dell’art. 11, comma 2, della legge regionale 27 giugno 1985, nr.
61; eccesso di potere per difetto di istruttoria e falsa rappresentazione della
realtà;
5) violazione dell’art. 49 del d.lgs. nr. 267 del 2000; violazione dell’art. 42
Cost.; violazione dell’art. 7 della legge 7 agosto 1990, nr. 241, e del d.P.R. 8
giugno 2001, nr. 327; eccesso di potere per difetto di istruttoria;
6) eccesso di potere per illogicità, manifesta irragionevolezza, travisamento
dei fatti.
Entrambe le parti hanno affidato a memorie il successivo svolgimento delle
rispettive tesi.
Alla camera di consiglio del 7 dicembre 2010, fissata per l’esame della domanda
incidentale di sospensiva, questo è stato differito sull’accordo delle parti,
per essere abbinato alla trattazione del merito.
All’udienza del 10 maggio 2011, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. È impugnata la sentenza con la quale il T.A.R. del Veneto, accogliendo il
ricorso proposto dal signor Antonio Girelli, ha annullato gli atti relativi
all’approvazione di una variante generale al Piano di Recupero del centro
storico del Comune di Bussolengo.
L’annullamento è stato determinato dalla ritenuta violazione dell’art. 78 del
decreto legislativo 18 agosto 2000, nr. 267, e dell’art. 19 del Regolamento per
la disciplina delle adunanze consiliari del Comune di Bussolengo: infatti,
essendo stato approvato lo strumento urbanistico nella sua interezza dopo che
alcuni consiglieri si erano astenuti dal partecipare alle precedenti votazioni
concernenti singole zone o aree, e avendo tali consiglieri invece preso parte a
tale votazione finale, detta partecipazione è stata ritenuta illegittima, con la
conseguenza che – dovendo escludersi la partecipazione dei consiglieri in
conflitto di interesse – la delibera doveva considerarsi adottata in assenza del
quorum strutturale previsto dal citato art. 19.
2. Ciò premesso, va preliminarmente esaminata l’eccezione di inammissibilità
dell’appello sollevato dall’appellato, il quale assume la carenza di potere del
Sindaco a rilasciare il mandato ad litem, in quanto a ciò sarebbe stato
autorizzato da una delibera consiliare a sua volta viziata perché votata dai
consiglieri che, in occasione della votazione sul provvedimento urbanistico per
cui è causa, si trovavano in posizione di conflitto d’interessi.
L’eccezione è infondata.
Ed invero, come correttamente rilevato dall’Amministrazione resistente, non può
ipotizzarsi conflitto di interessi, ai sensi dell’art. 78 del d.lgs. nr. 267 del
2000, in relazione a una delibera con la quale ci si limita ad autorizzare
l’impugnativa di una sentenza cha ha annullato un atto comunale, trattandosi di
atto “neutro” (e cioè in sé non produttivo di effetti né favorevoli né
sfavorevoli per chi lo vota) ed essendo altresì non censurabile la scelta del
Comune di difendere in giudizio i propri provvedimenti.
Né tale conclusione può mutare per il fatto che la sentenza di primo grado abbia
ritenuto gli atti impugnati viziati per effetto di conflitto di interessi, anche
perché l’opposta opinione condurrebbe alla paradossale conclusione per cui
l’amministratore pubblico, il quale sia intenzionato a contestare una sentenza
nella quale si assuma – a suo dire ingiustamente – la sussistenza di tale
conflitto, sarebbe sempre impossibilitato a farlo proprio a motivo della
situazione di conflitto la cui sussistenza intenderebbe contestare: il che, con
ogni evidenza, è contrario a elementari principi in tema di diritto di difesa ex
art. 24 Cost.
3. Nel merito, l’appello dell’Amministrazione comunale è fondato e pertanto
meritevole di accoglimento.
4. Infatti, con riguardo agli effetti dell’obbligo di astensione in sede di
votazione dello strumento urbanistico dei consiglieri in posizione di conflitto
di interessi ai sensi del citato art. 78, d.lgs. nr. 267 del 2000, questa
Sezione si è già espressa nel senso della legittimità – proprio al fine di
evitare difficoltà insormontabili nei Comuni di medie e piccole dimensioni – di
una approvazione dello strumento urbanistico per parti separate, con
l’astensione per ciascuna di esse di coloro che in concreto vi abbiano
interesse, purché a ciò segua una votazione finale dello strumento nella sua
interezza; si è aggiunto anche che in tale ipotesi a quest’ultima votazione non
si applicano le cause di astensione, dal momento che sui punti specifici oggetto
del conflitto di interesse si è già votato senza la partecipazione
dell’amministratore in conflitto (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 22 giugno 2004, nr.
4429).
Alla luce di tale orientamento, che il Collegio condivide, risulta legittimo
l’operato dell’Amministrazione nel caso di specie, essendosi proceduto a
votazioni separate (fra le quali, per quanto qui interessa, quella relativa al
suolo in proprietà dell’odierno appellato, nella quale un solo consigliere si
astenne) e quindi a votazione finale della variante nella sua globalità, con la
regolare partecipazione di tutti gli amministratori che nelle singole votazioni
precedenti avevano ritenuto di non partecipare alla deliberazione.
Ne consegue che nemmeno può parlarsi di insussistenza del quorum strutturale di
cui all’art. 19 del Regolamento consiliare, atteso che:
a) in nessuna delle votazioni parziali è contestata la sussistenza del detto
quorum, essendosi registrata in ciascuna di esse l’astensione di uno o due
consiglieri;
b) del pari pacifica è la sussistenza del quorum nella votazione finale, in
occasione della quale – come si è visto – nessun consigliere aveva l’obbligo di
astenersi.
Le considerazioni che precedono, disvelando l’infondatezza delle censure accolte
dal primo giudice, consentono di sorvolare sulle questioni – pure sollevate
dall’Amministrazione appellante – in ordine alla sussistenza o meno
dell’interesse a ricorrere in capo all’originario istante (ivi compresa quella
di un eventuale interesse “strumentale” all’integrale rinnovazione dell’attività
pianificatoria, per effetto dell’auspicato travolgimento dell’intero strumento a
causa del prospettato vizio procedimentale).
Inoltre, può omettersi anche l’approfondimento dell’ulteriore questione se
l’obbligo di astensione ex art. 78, d.lgs. nr. 267 del 2000 comporti anche la
necessità di un allontanamento fisico dall’aula dell’amministratore in conflitto
di interessi, dal momento che su tale punto il primo giudice si è espresso nel
senso dell’insussistenza di tale necessità, con statuizioni non oggetto di
impugnazione incidentale da parte dell’odierno appellato.
5. La fondatezza dell’appello dell’Amministrazione comporta altresì la necessità
di esaminare gli ulteriori motivi di ricorso rimasti assorbiti in primo grado,
qui riproposti con la memoria di costituzione dell’appellato ai sensi dell’art.
101, comma 2, cod. proc. amm.
Tali motivi, peraltro, sono tutti infondati.
5.1. Con un primo ordine di doglianze, si assume l’illegittimità della variante
per cui è causa in quanto non assistita dalla documentazione prescritta
dall’art. 19 della legge regionale del Veneto 23 aprile 2004, nr. 11.
Al riguardo, come correttamente evidenziato dall’Amministrazione appellante,
l’elencazione di elaborati contenuta nella disposizione citata non ha valore
tassativo, come testimoniato dall’inciso della stessa norma per cui “in funzione
degli specifici contenuti, il P.U.A. è formato dagli elaborati necessari
individuati tra quelli di seguito elencati”: pertanto, è rimessa al giudizio
dell’Autorità predisponente il Piano l’individuazione di quali, fra gli
elaborati di cui alla ridetta elencazione, siano effettivamente “necessari” nel
caso specifico.
Inoltre, come pure sottolineato dall’Amministrazione comunale, il precitato art.
19 è applicabile ai soli strumenti attuativi adottati dopo l’entrata in vigore
della legge regionale nr. 11 del 2004, mentre nella fattispecie trattasi di
variante a Piano di recupero anteriore a tale data.
5.2. Del pari priva di pregio è la censura con cui si assume l’illegittimità
della variante, per non aver assegnato l’intera volumetria edificabile prevista
dalle prescrizioni del P.R.G.
Infatti, è evidente che la quantificazione della capacità edificatoria da
assegnare alle singole aree in sede di pianificazione attuativa rientra nella
discrezionalità che, anche in tale sede, connota la potestà pianificatoria, non
essendo ricavabile da alcuna disposizione o principio un obbligo di riconoscere
uno actu l’intera volumetria edificabile prevista in astratto dallo strumento
urbanistico generale.
Né può assumere alcun rilievo, quale sintomo di asserito eccesso di potere,
quanto dichiarato in sede di approvazione della variante dall’Assessore
competente al ramo circa una volontà politica del Comune di “riservarsi”
l’assegnazione della volumetria residua per ulteriori futuri interventi in sede
di pianificazione attuativa.
5.3. Con ulteriore motivo di censura, l’originario ricorrente assume la
violazione delle N.T.A. del P.R.G., le quali a suo dire non avrebbero consentito
per il centro storico di Bussolengo l’intervento tramite Piano di Recupero.
La doglianze è inammissibile, atteso che – come già evidenziato – nella specie
trattasi di variante a preesistente Piano di Recupero, e pertanto la violazione
delle N.T.A., se esistente, sarebbe da ascrivere all’originario Piano di
Recupero del 2002, mai impugnato.
5.4. Infondata è anche la censura con la quale si denuncia l’ampliamento del
perimetro di applicazione del Piano di Recupero operata con la variante de qua,
dal momento che l’art. 11, comma 2, della legge regionale 27 giugno 1985, nr. 61
(applicabile alla fattispecie) consentiva l’aumento della perimetrazione entro
il limite massimo del 10 %, né risulta documentato ex adverso il superamento di
tale limite.
5.5. Le residue censure impingono il merito delle scelte discrezionali
dell’Amministrazione comunale in sede di pianificazione attuativa, sulla scorta
di un personale giudizio di inopportunità e illogicità delle scelte comunali
nella parte in cui investono la proprietà dell’originario ricorrente, con la
previsione della riduzione di aree a verde e della realizzazione di nuovi
parcheggi; pertanto, vanno richiamati i noti e consolidati orientamenti in
ordine all’impossibilità di un sindacato giurisdizionale nel merito delle scelte
urbanistiche, salvi i soli casi di macroscopica erroneità o irragionevolezza
(che nella specie non ricorrono).
Né può convenirsi con la parte odierna appellata laddove lamenta di aver subito
un’espropriazione de facto della proprietà, essendo evidente che la destinazione
impressa alle aree per cui è causa costituisce applicazione degli ordinari
poteri di “zonizzazione” spettanti al Comune, e che solo laddove
l’Amministrazione decidesse di procedere in proprio alla realizzazione degli
interventi previsti, allora dovrà avviare una regolare procedura espropriativa
con la correlativa previsione di un indennizzo a favore del proprietario ablato.
Infine, quanto alla asserita mancanza del parere di regolarità contabile ex art.
49, d.lgs. nr. 267 del 2000 – in disparte quanto assume l’Amministrazione,
secondo cui tale parere non era necessario non trattandosi di provvedimento
comportante un nuovo impegno di spesa – l’eventuale mancanza del detto parere
non incide sulla legittimità del provvedimento, potendo al più produrre
conseguenze sul versante della responsabilità amministrativa e contabile dei
funzionari che lo hanno posto in essere.
6. In conclusione, per le ragioni esposte s’impone la riforma della sentenza
impugnata, con la reiezione del ricorso di primo grado.
7. Le spese di entrambi i gradi di giudizio seguono la soccombenza e sono
liquidate equitativamente in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente
pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per
l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo
grado.
Condanna l’appellato, signor Antonio Girelli, al pagamento in favore del Comune
di Bussolengo delle spese del doppio grado del giudizio, che liquida in
complessivi euro 5000,00 oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 maggio 2011 con
l’intervento dei magistrati:
Gaetano Trotta, Presidente
Sandro Aureli, Consigliere
Raffaele Greco, Consigliere, Estensore
Guido Romano, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/06/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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