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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CONSIGLIO DI STATO Sez. IV - 7 luglio 2011, Sentenza n.
4072
VIA - Opera pubblica di rilevanza statale o regionale - Individuazione dell’ente
competente in materia di VIA - Disciplina previgente al T.U.A. - Criterio
ontologico strutturale. Per stabilire, ai fini della individuazione
dell’ente competente in materia di VIA, se una determinata opera pubblica sia di
rilevanza regionale o statale, occorre verificare se tale opera incida o meno su
un perimetro circoscritto del territorio. Nella disciplina previgente al testo
unico (o codice) ambientale di cui al d.lgs.152 del 2006 - che oggi rinvia agli
allegati ai fini della ripartizione di competenze tra Stato e Regioni (articolo
7 che rinvia agli allegati alla parte seconda) - sia la normativa nazionale
(art. 1 DPCM 10 agosto 1988, n.377) che quella regionale ligure, facevano
riferimento ad un criterio ontologico strutturale e non già funzionale per
stabilire la competenza sulla VIA. Pres. Trotta, Est. De Felice - M. s.r.l.
(avv. Quaglia) c. Comune di Genova (avv.ti Odone e Pafundi) e Regione Liguria
(avv.ti Benghi e Sommariva) - (Conferma T.a.r. Liguria - Genova, n. 879/2004, n.
347/2006 e n. 373/2008) -
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV - 7 luglio 2011, n. 4072
VIA - Progettazione preliminare e definitiva - Opera pubblica approvata con
progetto preliminare - Sensibile variazione in sede di approvazione del progetto
definitivo - Nuova sottoposizione a VIA - D.lgs. n. 113/2007 - Art. 185 d.lgs.
n. 163/2006. Tra i due elaborati di progettazione preliminare e definitiva è
ragionevole che emerga una differenza nella parte in cui la progettazione
definitiva raccoglie i suggerimenti emersi nel corso della conferenza di
servizi; si tratta di una integrazione che la normativa (artt. 18 e 25 D.P.R.
554 del 1999) e le fasi dei diversi livelli di progetto considerano fisiologica.
Infatti, non avrebbe avuto significato la previsione di distinti momenti e
livelli progettuali, ove fosse stato fin da subito prevedere tutta la
conformazione possibile dell’opera. La normativa successiva, in piena aderenza
alla normativa comunitaria, ha previsto (con modifiche introdotte dal decreto
legislativo n.113 del 31 luglio 2007 all’art. 185 codice dei contratti pubblici)
che l’opera pubblica approvata con progetto preliminare debba essere nuovamente
sottoposta a valutazione ambientale, ove vi sia stata in sede di approvazione
del progetto definitivo una sensibile variazione rispetto alla valutazione
effettuata al momento del progetto preliminare e vi sia stata una significativa
modificazione dell’impatto globale del progetto sull’ambiente, in conformità con
le direttive in materia (85/337CE e 97/11/CE) che prevede che la valutazione
ambientale debba coincidere con l’atto che autorizza alla realizzazione
dell’intervento. Pres. Trotta, Est. De Felice - M. s.r.l. (avv. Quaglia) c.
Comune di Genova (avv.ti Odone e Pafundi) e Regione Liguria (avv.ti Benghi e
Sommariva) - (Conferma T.a.r. Liguria - Genova, n. 879/2004, n. 347/2006 e n.
373/2008) -
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV - 7 luglio 2011, n. 4072
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 04072/2011REG.PROV.COLL.
N. 08129/2004 REG.RIC.
N. 08095/2006 REG.RIC.
N. 03636/2008 REG.RIC.
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8129 del 2004, proposto da:
Magri Gaspare & C. S.r.l., rappresentato e difeso dall'avv. Mario Alberto
Quaglia, con domicilio eletto presso M. Alberto Quaglia in Roma, via G.
Carducci, 4;
contro
Comune di Genova, rappresentato e difeso dagli avv. Edda Odone, Gabriele Pafundi,
con domicilio eletto presso Gabriele Pafundi in Roma, viale Giulio Cesare 14a/4;
Regione Liguria, rappresentato e difeso dagli avv. Gigliola Benghi, Michela
Sommariva, con domicilio eletto presso Sett.Rat.Ti Ist.Li Regione Liguria in
Roma, piazza Madama,9;
sul ricorso numero di registro generale 8095 del 2006, proposto da:
Magri Gaspare & C. S.r.l., rappresentato e difeso dall'avv. Mario Alberto
Quaglia, con domicilio eletto presso M. Alberto Quaglia in Roma, via G.
Carducci, 4;
contro
Comitato Interministeriale Programmazione Economica, Ministero delle
Infrastrutture e dei Trasporti, rappresentati e difesi dall'Avvocatura,
domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12; Ministero dell'Economia e
delle Finanze, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell'Ambiente e
della Tutela del Territorio, Regione Liguria, Ferrovie dello Stato S.p.A.;
Comune di Genova, rappresentato e difeso dagli avv. Edda Odone, Gabriele Pafundi,
con domicilio eletto presso Gabriele Pafundi in Roma, V. Giulio Cesare, 14 Sc
A/4; Provincia di Genova, rappresentato e difeso dagli avv. Gabriele Pafundi,
Michela Sommariva, con domicilio eletto presso Gabriele Pafundi in Roma, V.
Giulio Cesare, 14 Sc A/4; Rete Ferroviaria Italiana S.p.A., rappresentato e
difeso dall'avv. Piergiorgio Alberti, con domicilio eletto presso Fabrizio
Paoletti in Roma, via G. Bazzoni, 3;
sul ricorso numero di registro generale 3636 del 2008, proposto da:
Magri Gaspare & C. Srl, rappresentato e difeso dall'avv. Mario Alberto Quaglia,
con domicilio eletto presso Mario Alberto Quaglia in Roma, via G. Carducci, 4;
contro
Comitato Interministeriale Per Programmazione Economica-Cipe, Ministero delle
Infrastrutture e dei Trasporti, Ministero dell'Economia e delle Finanze,
Ministero Per i Beni e Le Attivita' Culturali, rappresentati e difesi
dall'Avvocatura, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12; Comune
di Genova, rappresentato e difeso dagli avv. Edda Oddone, Gabriele Pafundi, con
domicilio eletto presso Gabriele Pafundi in Roma, V. Giulio Cesare, 14 Sc A/4;
Provincia di Genova, Ferrovie dello Stato Spa, Italferr Spa, Tav Spa, Consorzio
Cociv, Presidenza Consiglio dei Ministri, Ministero Ambiente; Regione Liguria,
rappresentato e difeso dagli avv. Gigliola Benghi, Gabriele Pafundi, Michela
Sommariva, con domicilio eletto presso Gabriele Pafundi in Roma, V. Giulio
Cesare, 14 Sc A/4; Rete Ferrovie Italiane Spa, rappresentato e difeso dall'avv.
Piergiorgio Alberti, con domicilio eletto presso Fabrizio Paoletti in Roma, via
G. Bazzoni, 3;
per la riforma
quanto al ricorso n. 8129 del 2004:
della sentenza del T.a.r. Liguria - Genova: Sezione I n. 00879/2004, resa tra le
parti, concernente APPROVAZIONE PIANO URBANISTICO COMUNALE DI GENOVA
quanto al ricorso n. 8095 del 2006:
della sentenza del T.a.r. Liguria - Genova: Sezione I n. 00347/2006, resa tra le
parti, concernente POTENZIAMENTO INFRASTRUTTURALE TRATTA FERROVIARIA GENOVA
VOLTRI- GENOVA-BRIGNOLE
quanto al ricorso n. 3636 del 2008:
della sentenza del T.a.r. Liguria - Genova: Sezione I n. 00373/2008, resa tra le
parti, concernente APPROVAZIONE PROGRAMMA INFRASTRUTTURE STRATEGICHE DEL NODO DI
GENOVA
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comitato Interministeriale
Programmazione Economica e di Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e
di Comitato Interministeriale Per Programmazione Economica-Cipe e di Ministero
delle Infrastrutture e dei Trasporti e di Ministero dell'Economia e delle
Finanze e di Ministero Per i Beni e le Attivita' Culturali;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 giugno 2011 il Cons. Sergio De
Felice e uditi per le parti gli avvocati Mario Alberto Quaglia, Gabriele Pafundi,
Piergiorgio Alberti e Giovanni Palatiello (Avv. St.);
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
L’attuale appellante, Magri Gaspare e c. s.r.l., con un primo ricorso proposto
dinanzi al Tar Liguria agiva per l’annullamento del PUC di Genova, oggetto della
deliberazione del consiglio comunale 16 luglio 1997 n.74, 7 luglio 1999 n.85,
del decreto del Presidente della Giunta Regionale 10 marzo 2000 n.44, della
deliberazione del consiglio comunale 10 luglio 2000, n.90.
Tale strumento urbanistico interessava un immobile di proprietà del ricorrente,
per la futura riorganizzazione degli impianti ferroviari di Voltri, limitandone
gli interventi alla sola manutenzione.
Il giudice di primo grado, con la sentenza n.879 del 2004, considerato che nelle
more del giudizio il CIPE aveva approvato il progetto preliminare delle opere
ferroviarie di Voltri secondo la procedura stabilita dal Decreto Legislativo
n.190 del 2002, con automatica variazione degli strumenti urbanistici vigenti, e
considerato che i provvedimenti impugnati erano stati sostituiti dal progetto
strategico di potenziamento ferroviario, dichiarava la improcedibilità parziale
del ricorso originario, il quale veniva dichiarato invece inammissibile quanto
alla proposta domanda risarcitoria.
Avverso tale sentenza viene proposto l’appello r.g.n.8129 del 2004, nel quale in
sostanza si lamenta la erroneità della sentenza impugnata, nel punto in cui
avrebbe ritenuto improcedibile il ricorso perché superato dai nuovi
provvedimenti di approvazione, senza tenere conto che (pagina 8 dell’appello),
essendo ancora pendente il termine per impugnare i nuovi provvedimenti, non
verrebbe meno l’interesse alla caducazione dei precedenti atti, ritenuti
sostituiti dai successivi.
Con altro motivo di appello viene dedotta la erroneità del capo di sentenza che
ha dichiarato inammissibile la domanda risarcitoria, in quanto il giudice
avrebbe dovuto provvedere alla condanna adottando i criteri di cui all’art.35
comma 2 d.lgs.80 del 1998.
Si sono costituiti il Comune di Genova e la Regione Liguria, chiedendo il
rigetto dell’appello perché infondato.
Con tre distinti ricorsi proposti dinanzi al Tar Liguria la medesima parte
ricorrente, proprietaria di un immobile insistente su area destinata dal
progetto di riorganizzazione e potenziamento degli impianti ferroviari alla
esecuzione dei lavori, impugnava: 1) la delibera Cipe avente ad oggetto ai sensi
della legge 443 del 2001 il “Primo programma opere strategiche- Potenziamento
infrastrutturale tratta ferroviaria Genova Voltri-Genova Brignole” e gli atti
antecedenti e connessi; (in sostanza il progetto preliminare) 2) la nota del
Ministero dell’Ambiente che ha escluso la competenza statale sulla VIA relativa
al progetto preliminare di tale opera; 3) la variante al PUC del Comune di
Genova relativa al territorio urbano interessato dal progetto.
Il giudice di primo grado rigettava il ricorso con la sentenza n.347 del 2006,
ritenendolo infondato.
Tale sentenza è stata fatta oggetto di appello r.g.n.8095 del 2006.
Con altro ricorso proposto dinanzi al Tar Liguria la medesima società ha agito
per l’annullamento della deliberazione del 29 marzo 2006 con cui il CIPE ha
approvato il progetto definitivo dei lavori da eseguire per il potenziamento
della tratta ferroviaria Genova Voltri-Genova Brignole, il cui tracciato
attraversa il sedime di proprietà della stessa, comportandone quindi
l’ablazione.
Anche tale ricorso è stato rigettato dal primo giudice con la sentenza n.373 del
2008, a sua volta appellata con il ricorso r.g.n.3636 del 2008.
Con i due ultimi appelli menzionati – r.g.n.8095 del 2006 e r.g.n.3636 del 2008,
proposti rispettivamente avverso la sentenza 347 del 2006 e la sentenza 373 del
2008 del TAR Liguria, corrispondenti a grandi linee alla approvazione del
progetto preliminare e del progetto definitivo dell’opera de qua – vengono
proposti i seguenti motivi di appello, che consistono in sostanza nella
riproposizione delle censure già proposte e respinte in prime cure.
Con il primo appello (r.g.n.8095 del 2006) si lamentano i seguenti vizi: 1) la
mancata adozione della comunicazione di avvio del procedimento che avrebbe
dovuto precedere la adozione della variante al PUC di Genova e la violazione
degli obblighi di partecipazione al procedimento; 2) la illegittimità della nota
del Ministero dell’ambiente, che ha ritenuto competente la Regione ad effettuare
la Via in luogo della amministrazione statale (da pagina 18 a pagina 26
dell’appello) con tutte le conseguenze procedimentali; 3) la irragionevolezza
delle scelte progettuali rispetto al sacrificio imposto al privato, consistente
tra l’altro nella imposizione di interventi di sola manutenzione (pagina 30
dell’appello); 4) l’ omessa pronuncia in merito ad altra censura, che viene
riproposta, che lamenta, nel progetto preliminare approvato dal CIPE, la
mancanza di un sufficiente livello di individuazione delle aree impegnate
dall’intervento, delle eventuali fasce di rispetto e delle occorrenti misure di
salvaguardia.
In tale giudizio si sono costituiti Rete Ferroviaria Italiana spa, il Comune di
Genova, la Regione Liguria, le amministrazioni statali (Ministero dell’ambiente,
Ministero delle finanze, Ministero Infrastrutture e trasporti, Presidenza del
Consiglio dei Ministri, CIPE) chiedendo il rigetto dell’appello perché
infondato; le amministrazioni statali in via preliminare hanno dedotto la
inammissibilità a causa delle modalità di proposizione delle censure, che si
limitano a richiamare i motivi di primo grado.
Con l’altro appello (r.g.n.3636 del 2008 proposto avverso la sentenza n.373 del
2008) sono state proposte le seguenti censure: 1) illegittimità del
provvedimento di approvazione del progetto definitivo, per violazione della
regola (art. 4 D.Lgs.190 del 2002) che sancisce la inderogabile corrispondenza
tra progetto preliminare e progetto definitivo; 2) viene lamentata la
circostanza che siano state apportate numerose modifiche, che tra l’altro
vengono elencate specificamente (pagina 12 dell’appello); 3) viene lamentata,
oltre la mancanza di corrispondenza tra il progetto preliminare e il progetto
definitivo, la mancanza delle garanzie partecipative, la consistenza degli
aggiornamenti; 4) viene dedotta la illegittimità della nota del Ministero
dell’ambiente, che ha ritenuto applicabile la VIA regionale in luogo di quella
statale; 5) viene contestata la sentenza del primo giudice, laddove ha rigettato
le censure proposte a causa delle adottate modifiche, in quanto esse riguardano
il riassetto globale dell’opera, coinvolgono direttamente l’area dell’immobile
di proprietà della parte appellante e quindi sussiste l’interesse a ricorrere;
6) viene riproposta la censura rigettata dal primo giudice, consistente nel
difetto di comunicazione dell’avvio del procedimento, nel mancato rispetto del
termine di trenta giorni tra la convocazione della Conferenza e lo svolgimento
della medesima; 7) viene riproposta la censura di illegittimità della
approvazione condizionata del progetto, in quanto non sono ammesse prescrizioni
successive alla approvazione del medesimo; viene dedotto che almeno una parte
delle inteferenze non è stata valutata ma demandata alla fase successiva del
definitivo; ulteriore illegittimità consiste nel fatto che a sua volta il
progetto definitivo rimanda al progetto esecutivo (pagina 26 dell’appello); 8)
viene riproposta la censura con la quale si sostiene che non sussiste la
indicazione degli elaborati nella delibera di approvazione del progetto
definitivo; 9) viene riproposta la censura consistente nel sostenere la mancanza
dello schema di contratto; 10) con altri motivi di appello (pagina 29 e
seguenti) viene dedotta la invalidità derivata della approvazione del progetto
definitivo in relazione alla invalidità degli atti presupposti (progetto
preliminare, Via regionale e non statale, livello di definizione del progetto,
difetto di comunicazione di avvio del procedimento sul progetto preliminare), la
invalidità derivata della delibera del Consiglio Comunale di Genova n.64 del
2004, di recepimento in toto del progetto dell’opera ferroviaria approvato dal
CIPE (pagina 33 dell’appello) e la illegittimità perché tale delibera comunale
non è stata preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento, non potendo
sostenersi la natura ricognitoria dell’atto comunale, che comportava il vincolo
preordinato all’esproprio; 11) viene lamentata la illegittimità delle scelte
espropriative nel perseguimento dell’interesse pubblico; 12) con altro motivo di
appello si sostiene la illegittimità della delibera comunale che decide che sono
consentiti solo interventi di manutenzione senza cambio d’uso.
Con altri motivi (pagina 41 dell’appello) con richiami ai punti e ai numeri di
cui alle censure proposte e rigettate in primo grado viene dedotta la
illegittimità degli atti impugnati per mancato assenso della autorità portuale,
trattandosi di demanio marittimo, la illegittimità degli atti ablativi, perché
emergerebbe una carenza nella stima del valore (pagina 44 dell’appello) la
inidoneità del valore di indennizzo (pagina47 dell’appello), la erroneità della
condanna alle spese del giudizio.
Anche in tale giudizio si sono costituiti Rete Ferroviaria Italiana spa, il
Comune di Genova, la Regione Liguria, le amministrazioni statali (Ministero
dell’ambiente, Ministero delle finanze, Ministero Infrastrutture e trasporti,
Presidenza del Consiglio dei Ministri, CIPE) chiedendo il rigetto dell’appello
perché infondato.
Alla udienza pubblica del 14 giugno 2011 le tre cause sono state trattenute in
decisione.
DIRITTO
1.In via preliminare, vanno riuniti i tre appelli, per connessione sia
soggettiva, trattandosi di cause tra le stesse parti, che di connessione
oggettiva, essendo oggetto delle cause atti facenti parte di procedimenti
amministrativi certamente connessi (piano urbanistico comunale comportante
vincolo preordinato all’esproprio, approvazione di progetto preliminare e poi
definitivo ad opera del CIPE, successiva variante comunale di recepimento).
2.E’ del tutto infondato e come tale da rigettare il primo appello (r.g.n.8129
del 2004), in relazione a entrambi i motivi proposti.
E’ infondato il primo motivo, con il quale si contesta il capo di sentenza che
ha dichiarato improcedibile il ricorso originario, proposto avverso il Piano
Urbanistico Comunale, nel frattempo sostituito dalla decisione relativa alle
grandi opere e in particolare dalla approvazione in sede Cipe del progetto
preliminare dell’opera in questione “tratta ferroviaria Genova Voltri-Genova
Brignole”.
Parte appellante sostiene che la possibilità di impugnare per pendenza dei
termini l’atto approvativo del progetto preliminare non elimina l’interesse a
impugnare il precedente piano regolatore comunale.
Il rilievo è infondato.
Una volta che i precedenti atti siano stati superati da ulteriori atti e
attività amministrative, che hanno avuto sostanzialmente una efficacia
sostitutiva degli atti precedenti, la eventuale sentenza favorevole sarebbe
“inutiliter data” perché riguardante atti oramai privi di efficacia lesiva.
Nella specie, l’interesse dell’appellante originario ricorrente, assoggettato ad
atti ablativi a seguito della approvazione di un’opera pubblica, riguarda i soli
atti che attualmente sono da ritenersi efficaci in relazione alla lesione del
bene che lamenta.
I nuovi provvedimenti approvativi, che hanno sotto tale punto di vista – e cioè
dei vincoli preordinati all’esproprio- completamente sostituito il precedente
piano urbanistico comunale, escludono anche la possibilità di fare valere danni
risarcibili in dipendenza del primo provvedimento sostituito (così Consiglio di
Stato, V, 6 marzo 2006, n.1052).
L’appello è infondato anche in relazione al mezzo con il quale si sostiene la
erroneità della sentenza, che anziché dichiarare la inammissibilità per
genericità della domanda risarcitoria, avrebbe dovuto fare utilizzo degli
strumenti processuali e dei criteri di cui all’art. 35 comma 2 del D.Lgs.80 del
1998, integrando in un certo senso la domanda attorea.
Infatti, la domanda risarcitoria era priva del benché minimo principio di prova
ed era soltanto asserita in via del tutto generica, al di là della declaratoria
di improcedibilità rispetto alla domanda di annullamento, che non consente di
dimostrare la illegittimità dell’atto impugnato.
Costituisce principio pacifico di questo Consesso (così Consiglio Stato, V, 6
aprile 2009, n. 2143; V, 13 giugno 2008, n.2967) che in materia risarcitoria
valga pienamente il principio dispositivo e la regola dell’onere della prova
(art. 2697 codice civile).
Pertanto, è inammissibile e comunque infondata la domanda risarcitoria formulata
in maniera del tutto generica, senza alcuna allegazione dei fatti costitutivi
(così Consiglio di Stato, V, 6 aprile 2009 su citato).
Quando il soggetto onerato della allegazione e prova dei fatti non vi adempie,
per esempio, non può darsi ingresso alla valutazione equitativa del danno ex
art. 1226 c.c., perché tale norma presuppone la impossibilità di provare
l’ammontare preciso del pregiudizio subito.
La medesima considerazione deve valere per la applicazione dell’invocato art. 35
comma 2, (che consente al giudice di indicare i criteri per la quantificazione
da parte dell’autorità procedente) che non può certo elidere il principio
dell’onere della prova.
3.Vanno ora esaminate le censure proposte con il secondo appello, che sono le
seguenti: 1) la mancata adozione della comunicazione di avvio del procedimento
che avrebbe dovuto precedere la adozione della variante al PUC di Genova e in
sostanza la violazione degli obblighi procedimentali di partecipazione; 2) la
illegittimità della VIA regionale in luogo di quella statale; 3) la
irragionevolezza delle scelte progettuali rispetto al sacrificio imposto al
privato, consistente tra l’altro nella imposizione di interventi di sola
manutenzione; 4) l’omessa pronuncia in merito ad altra censura, che viene
riproposta, che lamenta nel progetto preliminare approvato dal CIPE, la mancanza
di un sufficiente livello di individuazione delle aree impegnate
dall’intervento, delle eventuali fasce di rispetto e delle occorrenti misure di
salvaguardia.
I motivi sono tutti infondati.
La tratta ferroviaria Genova Voltri - Genova Brignole, facente parte dell'asse
ferroviario Ventimiglia - Genova - Milano è stata inserita nel primo programma
delle opere pubbliche di carattere strategico per lo sviluppo del paese.
Il relativo progetto preliminare, redatto dalla Rete Ferroviaria Italiana
s.p.a., è stato sottoposto ai sensi dell'art. 3 d.lgs. n. 190 del 2002 all'esame
della Regione Liguria e del Comune di Genova, ottenendo in entrambi i casi
positivo riscontro.
Il Ministero dell'Ambiente ha escluso che per caratteristiche e incidenza
dell'opera sul territorio, circoscritto entro i confini di quello urbano e
metropolitano, la progettazione dovesse essere sottoposta a VIA statale.
Con deliberazione del 29 settembre 2003 il CIPE, a conclusione del procedimento,
ha approvato il progetto preliminare.
Ai sensi dell'art. 3, comma 7, d. lgs. n. 190 del 2002 l’approvazione del
progetto comporta "automatica variazione degli strumenti urbanistici vigenti ed
adottati".
Quindi, la variante al PUC, adottata dal comune di Genova, per il territorio
interessato dalla realizzazione delle opere, ed oggetto di specifica
impugnazione, è (era) confermativa di un effetto giuridico (già) prodottosi ex
lege.
Inoltre la Giunta del comune di Genova con deliberazione (n. 1361/03) dava atto
che l'adozione della variante era finalizzata ad "una più completa
partecipazione" degli interessati in ragione delle forme di pubblicità previste
dall'art. 44 l.r. n. 36/97 per gli atti che comportano variante agli strumenti
urbanistici vigenti.
In linea di principio ai sensi dell’art. 3 comma 3 d.lgs.190 del 2002 attuativo
della legge n.443 del 2001, per la realizzazione delle infrastrutture e degli
insediamenti produttivi strategici e di interesse nazionale, ai fini della
approvazione del progetto preliminare, non è richiesta la comunicazione agli
interessati alle attività espropriative prevista dall’art. 11 D.P.R. n.327 del
2001.
Nonostante tale principio, l’amministrazione comunale ha adottato, sebbene non
obbligata, le forme di pubblicità partecipative connesse alla variante, a sua
volta a valenza soltanto confermativa, integrando così l’eventuale mancanza
partecipativa che, come visto, per volontà di legge è connessa alla procedura
speciale sulla realizzazione in tempi rapidi delle opere strategiche.
Con riguardo quindi alla doglianza di mancanza di adeguate forme di
partecipazione, il Collegio non può non rilevare, come fatto già dal primo
giudice, che i singoli procedimenti nei quali si è articolata la progettazione e
poi la variante, vanno visti e considerati nel loro complesso e non
singolarmente, in modo da ritenere completamente soddisfatte le esigenze
partecipative invocate.
D’altronde, come detto, la variante comunale era invero superflua e comunque
meramente confermativa di un effetto giuridico già prodottosi, se vale la regola
di legge per cui (art. 3, comma 3, su citato) l’approvazione del progetto per la
realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici e
di interesse nazionale, comporta “l’automatica variazione degli strumenti
urbanistici vigenti ed adottati”.
E’ infondato anche il motivo con il quale si lamenta la illegittimità della VIA,
perché regionale invece che statale.
Per stabilire, ai fini della individuazione dell’ente competente in materia di
VIA, se una determinata opera pubblica sia di rilevanza regionale o statale,
occorre verificare se tale opera incida o meno su un perimetro circoscritto del
territorio.
Come correttamente ha osservato il primo giudice, nella disciplina previgente al
testo unico (o codice) ambientale di cui al d.lgs.152 del 2006 e modifiche e
quindi come tale valevole rationetemporis- che oggi rinvia agli allegati ai fini
della ripartizione di competenze tra Stato e Regioni (articolo 7 che rinvia agli
allegati alla parte seconda) - sia la normativa nazionale (art. 1 DPCM 10 agosto
1988, n.377) che quella regionale, fanno (facevano) riferimento ad un criterio
ontologico strutturale e non già funzionale per stabilire la competenza sulla
VIA.
Nella specie, l’opera incide su un ambito definito quale lo snodo ferroviario di
Genova anche se vi è connessione con l’intera rete ferroviaria.
La rilevanza regionale scaturisce dal dato strutturale dell’incidenza sul
perimetro circoscritto del territorio, che coincide con quello di una singola
regione (in tal senso, per esempio, Consiglio di Stato, VI, 13 maggio 2002,
n.2572).
D’altronde, l’appellante non ha argomentato in alcun modo uno specifico
interesse alla VIA statale in luogo di quella regionale, che pure vi era stata.
Non sono stati evidenziati specifici profili critici della VIA regionale.
Deve ritenersi infondato anche il motivo con il quale si contestano le scelte
localizzative, essendo principio pacifico in materia che la dislocazione delle
scelte delle opere ferroviarie scaturisce dalla progettazione tecnica e tale
scelta è sottratta ad ogni valutazione e sindacato qualora non sia
manifestamente illogica o arbitraria.
E’ infondato anche il motivo di appello con il quale si lamenta il fatto che il
progetto preliminare sia eccessivamente generico e non dia conto della
individuazione delle scelte effettive, in quanto si tratta soltanto di
problematica connessa al livello di dettaglio dei progetti (preliminare,
definitivo, esecutivo).
4.Va ora esaminato il terzo appello (r.g.n.3636 del 2008).
Il Collegio osserva che sono da ritenersi infondati tutti i motivi con i quali
si propongono i vizi di invalidità derivata, susseguente alla asserita
illegittimità, in relazione all’atto di approvazione del progetto definitivo,
così come le illegittimità di cui agli atti presupposti, in quanto questo
Collegio giudicante le ha ritenute insussistenti, ritenendo al contrario
legittimo l’operato amministrativo.
Sono altresì infondati tutti i motivi che in sostanza ripropongono, sotto
diversa forma o anche nella medesima formulazione, i vizi già ritenuti
insussistenti relativamente ad atti già oggetto di altra causa, come nel caso
della nota del Ministero dell’ambiente che sottopone a Via regionale, e non
statale, la valutazione di impatto ambientale.
Sono pertanto infondati, sulla base di quanto già considerato, i motivi
riguardanti: la mancanza delle garanzie partecipative, la sottoposizione a via
regionale piuttosto che statale, il difetto di comunicazione, la illegittimità
della delibera comunale che, come visto, era meramente confermativa di quanto
approvato in sede di CIPE.
Per tutti tali aspetti è sufficiente quanto già osservato nell’esame
dell’appello r.g.n.8095 del 2006.
In ogni caso va ribadito che in realtà, l’art. 4 del d.lgs. 20 agosto 2002,
n.190, esplicitamente separa la fase dell’approvazione del progetto definitivo
dell’opera pubblica di rilievo nazionale da quella della espropriazione dei
sedimi necessari alla sua realizzazione.
Si tratta di una previsione che ha natura acceleratoria della fase di studio
necessaria per la realizzazione di infrastrutture ritenute essenziali per lo
sviluppo della comunità.
In tale contesto il legislatore ha apprezzato in tale legge speciale in modo non
irragionevole la comparazione degli interessi operata nel senso sopra esposto,
prevedendo una fase progettuale a contraddittorio limitato, e ammettendo la
partecipazione degli interessati nel momento ablatorio.
Sono altresì infondate tutte le censure con le quali si lamenta una diversità di
dettaglio, peraltro fisiologica, da parte dei tre diversi livelli progettuali.
Invero, le censure di parte appellante sono anche intrinsecamente
contraddittorie: da un lato si appuntano a contrastare una pretesa genericità
del primo livello di progettazione; dall’altro lato, stigmatizzano la
integrazione successiva, ritenendola indebita.
Come ha correttamente osservato il primo giudice, tra i due elaborati di
progettazione preliminare e definitiva è ragionevole che emerga una differenza
nella parte in cui la progettazione definitiva raccoglie i suggerimenti emersi
nel corso della conferenza di servizi; si tratta di una integrazione che la
normativa (artt. 18 e 25 D.P.R. 554 del 1999) e le fasi dei diversi livelli di
progetto considerano fisiologica.
Infatti, non avrebbe avuto significato la previsione di distinti momenti e
livelli progettuali, ove fosse stato fin da subito prevedere tutta la
conformazione possibile dell’opera.
La normativa successiva, in piena aderenza alla normativa comunitaria, ha
previsto (con modifiche introdotte dal decreto legislativo n.113 del 31 luglio
2007 all’art. 185 codice dei contratti pubblici) che l’opera pubblica approvata
con progetto preliminare debba essere nuovamente sottoposta a valutazione
ambientale, ove vi sia stata in sede di approvazione del progetto definitivo una
sensibile variazione rispetto alla valutazione effettuata al momento del
progetto preliminare e vi sia stata una significativa modificazione dell’impatto
globale del progetto sull’ambiente, in conformità con le direttive in materia
(85/337CE e 97/11/CE) che prevede che la valutazione ambientale debba coincidere
con l’atto che autorizza alla realizzazione dell’intervento.
Sono pertanto altresì infondati tutti i motivi di appello che riguardano i
seguenti profili: corrispondenza tra livelli progettuali, l’apporto di modifiche
tra un progetto e l’altro maggiormente specificativo, la consistenza degli
aggiornamenti e delle modifiche, a prescindere dalla vicinanza e dall’interesse
a ricorrere di parte appellante (i cui immobili si trovano a decine di
chilometri dalle modifiche apportate, come osserva il primo giudice), il profilo
di approvazione condizionata del progetto rispetto alle prescrizioni successive
e la integrazione ad opera del progetto esecutivo, la valutazione successiva
delle interferenze.
E’ infondata la censura con la quale si deduce l’eccesso di potere e la carenza
di istruttoria nelle scelte progettuali sul luogo di dislocazione dell’opera
ferroviaria, censurabile, come detto, solo in caso di macroscopica illogicità o
erroneità, invero non riscontrabile nella specie.
Sono parimenti infondati gli altri motivi, che sono i seguenti.
Non sussiste la asserita violazione del termine di trenta giorni tra la
convocazione e lo svolgimento della conferenza di servizi, in quanto, al di là
della considerazione che la parte appellante non ha superato il rilievo di
inammissibilità per tardività evidenziato dal primo giudice, (pagina 15 della
sentenza, la conferenza si era tenuta dal luglio al settembre 2005, mentre
l’impugnativa è dell’aprile 2007), l’appellante non fa derivare, da tale
asserita carenza procedimentale e formale, alcuna sostanziale conseguenza.
Sono infondate le censure con le quali si sostiene la mancanza della indicazione
degli elaborati nella delibera di approvazione del progetto definitivo e dello
schema di contratto: infatti, al di là dello specifico interesse a impugnare su
tali asserite mancanze, è da ritenere che, per come prospettate in relazione
all’interesse di parte appellante, esse, anche ove esistenti, in relazione agli
atti approvativi dell’opera e all’interesse del potenziale espropriato, non
siano superiori a mere irregolarità.
Con altro motivo di appello viene lamentata la illegittimità della delibera
comunale che decide che sono consentiti solo interventi di manutenzione senza
cambio d’uso.
Il motivo è infondato.
Tale doglianza in sostanza replica quella con la quale si contesta la illogicità
della scelta del tracciato e che non può essere accolta; trattandosi di opera di
grande importanza per l’interesse pubblico, l’adozione del tracciato è stata la
più rispondente, deve ritenersi, all’interesse pubblico.
Conseguentemente e logicamente, la misura di salvaguardia consistente
nell’inibire ogni opera eccedente la mera manutenzione si spiega perché
derivante dalla dislocazione del tracciato.
Né può ritenersi che la adottata misura di salvaguardia non sia logica e
proporzionata.
E’ infondato il motivo con il quale si lamenta il mancato assenso dell’autorità
portuale, in quanto – pur superando i rilievi di tardività della impugnazione
del verbale della conferenza di servizi e a prescindere dal profilo
dell’interesse effettivo a ricorrere – da un lato non è dimostrata la certezza
dell’utilizzo del demanio marittimo, che attrarrebbe la competenza della
invocata autorità e dall’altro canto tale autorità non è stata utilmente evocata
in giudizio, né in primo grado né in secondo grado.
Con riguardo ai motivi con i quali si contesta la illegittimità degli atti
ablativi perché emergerebbe una carenza nella stima del valore e la inidoneità
del valore di indennizzo, il giudice di primo grado ha rigettato tali doglianze,
osservando che tali censure rientrano nella cognizione del giudice
amministrativo adito solo quando sono rivolte a denunciare la illegittimità del
piano finanziario allegato al progetto in questione, dovendosi altrimenti
ritenere che la domanda relativa alla adeguatezza della stima e dell’indennizzo
vadano proposte dinanzi al giudice ordinario e quindi alla corte di appello
competente.
In realtà, come ha osservato la Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (n.7
del 24 maggio 2007) la previsione dell’indennizzo, a differenza di quanto
affermato dalla Adunanza Plenaria n.24 del 1999 e in linea con la evoluzione
normativa, è considerato aspetto non incidente, neppure “in partequa”, sulla
legittimità dell’atto, costituendo questione patrimoniale da regolarsi
eventualmente dinanzi al giudice civile.
Naturalmente, alla luce del rigetto di tutti i motivi di appello, del tutto
destituita di fondamento è la contestazione del capo di sentenza sulle spese,
che ha seguito il principio processuale della soccombenza nella lite.
5.Per le considerazioni sopra svolte, i tre appelli, previa riunione dei
medesimi, vanno respinti.
A causa della complessità delle questioni trattate, sussistono giustificati
motivi per disporre la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione quarta, definitivamente
pronunciando sui tre ricorsi in appello indicati in epigrafe, così provvede:
previa riunione dei tre appelli, li rigetta, confermando le impugnate sentenze.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dalla autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 giugno 2011 con
l'intervento dei magistrati:
Gaetano Trotta, Presidente
Sergio De Felice, Consigliere, Estensore
Raffaele Greco, Consigliere
Diego Sabatino, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/07/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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