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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE DI
GIUSTIZIA CE, Sez. IV, 12/05/2011, Sentenza C-115/09
VIA - Valutazione dell’impatto ambientale - Convenzione di Aarhus
- Accesso alla giustizia - Organizzazioni non governative per la protezione
dell’ambiente - Direttiva 85/337/CEE - Direttiva 2003/35/CE - Dir. 92/43/CE
- Dir. 2006/105/CE. L’art. 10 bis della direttiva del Consiglio 27
giugno 1985, 85/337/CEE, concernente la valutazione dell’impatto ambientale
di determinati progetti pubblici e privati, come modificata dalla direttiva
del Parlamento europeo e del Consiglio 26 maggio 2003, 2003/35/CE, osta ad
una normativa che non riconosca ad un’organizzazione non governativa, che
opera per la protezione dell’ambiente, di cui all’art. 1, n. 2, di tale
direttiva, la possibilità di far valere in giudizio, nell’ambito di un
ricorso promosso contro una decisione di autorizzazione di progetti «che
possono avere un impatto ambientale importante» ai sensi dell’art. 1, n. 1,
della direttiva 85/337, come modificata dalla direttiva 2003/35, la
violazione di una norma derivante dal diritto dell’Unione ed avente
l’obiettivo della tutela dell’ambiente, per il fatto che tale disposizione
protegge esclusivamente gli interessi della collettività e non quelli dei
singoli. Siffatta organizzazione non governativa può dedurre dall’art. 10
bis, terzo comma, ultima frase, della direttiva 85/337, come modificata
dalla direttiva 2003/35, il diritto di far valere in giudizio, nel contesto
di un ricorso promosso avverso una decisione di autorizzazione di progetti
«che possono avere un impatto ambientale importante» ai sensi dell’art. 1,
n. 1, della direttiva 85/337, come modificata, la violazione delle norme del
diritto nazionale derivanti dall’art. 6 della direttiva del Consiglio 21
maggio 1992, 92/43/CE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e
seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, come modificata dalla
direttiva del Consiglio 20 novembre 2006, 2006/105/CE, mentre il diritto
processuale nazionale non lo consente in quanto le norme invocate tutelano
soltanto gli interessi della collettività e non quelli dei singoli. domanda
di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE,
dall’Oberverwaltungsgericht für das Land Nordrhein-Westfalen (Germania)
nella causa Bund für Umwelt und Naturschutz Deutschland, Landesverband
Nordrhein-Westfalen eV c. Bezirksregierung Arnsberg. CORTE DI GIUSTIZIA
CE, Sez. IV, 12/05/2011, Sentenza C-115/09
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CORTE DI GIUSTIZIA
delle Comunità Europee,
SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)
12 maggio 2011
«Direttiva 85/337/CEE - Valutazione dell’impatto ambientale -
Convenzione di Aarhus - Direttiva 2003/35/CE - Accesso alla giustizia -
Organizzazioni non governative per la protezione dell’ambiente»
Nel procedimento C-115/09,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla
Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dall’Oberverwaltungsgericht für das
Land Nordrhein-Westfalen (Germania) con decisione 5 marzo 2009,
pervenuta in cancelleria il 27 marzo 2009, nella causa
Bund für Umwelt und Naturschutz Deutschland, Landesverband
Nordrhein-Westfalen eV
contro
Bezirksregierung Arnsberg,
con l’intervento di:
Trianel Kohlekraftwerk Lünen GmbH & Co. KG,
LA CORTE (Quarta Sezione),
composta dal sig. J.-C. Bonichot (relatore), presidente di sezione, dai
sigg. K. Schiemann, A. Arabadjiev, L. Bay Larsen e dalla sig.ra C.
Toader, giudici,
avvocato generale: sig.ra E. Sharpston
cancelliere: sig.ra C. Strömholm, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 10
giugno 2010,
considerate le osservazioni presentate:
- per il Bund für Umwelt und Naturschutz Deutschland, Landesverband
Nordrhein-Westfalen eV, dagli avv.ti D. Teßmer e B.W. Wegener,
Rechtsanwälte;
- per la Bezirksregierung Arnsberg, dal sig. D. Bremecker, in qualità di
agente;
- per la Trianel Kohlekraftwerk Lünen GmbH & Co. KG, dagli avv.ti C.
Riese e U. Karpenstein, Rechtsanwälte;
- per il governo tedesco, dai sigg. M. Lumma e B. Klein, in qualità di
agenti;
- per il governo ellenico, dal sig. G. Karipsiadis, in qualità di
agente;
- per il governo italiano, dalla sig.ra G. Palmieri, in qualità di
agente, assistita dalla sig.ra M. Russo, avvocato dello Stato;
- per la Commissione europea, dai sigg. J.-B. Laignelot e G. Wilms, in
qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza
del 16 dicembre 2010,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della
direttiva del Consiglio 27 giugno 1985, 85/337/CEE, concernente la
valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e
privati (GU L 175, pag. 40), come modificata dalla direttiva del
Parlamento europeo e del Consiglio 26 maggio 2003, 2003/35/CE (GU L 156,
pag. 17; in prosieguo: la «direttiva 85/337»).
2 Tale domanda è stata presentata nel contesto di una controversia che
vede il Bund für Umwelt und Naturschutz Deutschland, Landesverband
Nordrhein-Westfalen eV (Federazione per l’ambiente e la protezione della
natura, associazione del Land Renania del Nord-Vestfalia; in prosieguo:
la «Federazione per l’ambiente») contrapposto alla Bezirksregierung
Arnsberg (amministrazione distrettuale di Arnsberg), in merito
all’autorizzazione che quest’ultima ha concesso alla Trianel
Kohlekraftwerk GmbH & Co. KG (in prosieguo: la «Trianel») ai fini della
costruzione e della gestione di una centrale elettrica alimentata a
carbone nel sito di Lünen.
Contesto normativo
Diritto internazionale
3 La Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del
pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia
ambientale, detta «Convenzione di Aarhus», è stata sottoscritta il 25
giugno 1998 e approvata a nome della Comunità europea con decisione del
Consiglio 17 febbraio 2005, 2005/370/CE, relativa alla conclusione, a
nome della Comunità europea, della Convenzione sull’accesso alle
informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e
l’accesso alla giustizia in materia ambientale (GU L 124, pag. 1).
4 L’art. 9 di detta Convenzione così prevede:
«(…)
2. Nel quadro della propria legislazione nazionale, ciascuna Parte
provvede affinché i membri del pubblico interessato
a) che vantino un interesse sufficiente
o in alternativa
b) che facciano valere la violazione di un diritto, nei casi in cui il
diritto processuale amministrativo di detta Parte esiga tale
presupposto,
abbiano accesso a una procedura di ricorso dinanzi a un organo
giurisdizionale e/o ad un altro organo indipendente ed imparziale
istituito dalla legge, per contestare la legittimità sostanziale o
procedurale di decisioni, atti od omissioni soggetti alle disposizioni
dell’articolo 6 e, nei casi previsti dal diritto nazionale e fatto salvo
il paragrafo 3, ad altre pertinenti disposizioni della presente
convenzione.
Le nozioni di “interesse sufficiente” e di “violazione di un diritto”
sono determinate secondo il diritto nazionale, coerentemente con
l’obiettivo di offrire al pubblico interessato un ampio accesso alla
giustizia nell’ambito della presente convenzione. A tal fine si ritiene
sufficiente, ai sensi della lettera a), l’interesse di qualsiasi
organizzazione non governativa in possesso dei requisiti di cui
all’articolo 2, paragrafo 5. Tali organizzazioni sono altresì
considerate titolari di diritti suscettibili di violazione ai sensi
della lettera b).
Le disposizioni del presente paragrafo non escludono la possibilità di
esperire un ricorso preliminare dinanzi ad un’autorità amministrativa,
né dispensano dall’obbligo di esaurire le vie di ricorso amministrativo
prima di avviare un procedimento giudiziario, qualora tale obbligo sia
previsto dal diritto nazionale.
3. In aggiunta, e ferme restando le procedure di ricorso di cui ai
paragrafi 1 e 2, ciascuna Parte provvede affinché i membri del pubblico
che soddisfino i criteri eventualmente previsti dal diritto nazionale
possano promuovere procedimenti di natura amministrativa o
giurisdizionale per impugnare gli atti o contestare le omissioni dei
privati o delle pubbliche autorità compiuti in violazione del diritto
ambientale nazionale.
4. Fatto salvo il paragrafo 1, le procedure di cui ai paragrafi 1, 2 e 3
devono offrire rimedi adeguati ed effettivi, ivi compresi,
eventualmente, provvedimenti ingiuntivi, e devono essere obiettive,
eque, rapide e non eccessivamente onerose. Le decisioni prese in virtù
del presente articolo sono emanate o registrate per iscritto. Le
decisioni degli organi giurisdizionali e, ove possibile, degli altri
organi devono essere accessibili al pubblico.
(…)».
Diritto dell’Unione
La direttiva 2003/35
5 Il quinto ‘considerando’ della direttiva 2003/35 dichiara che la
normativa comunitaria deve essere correttamente allineata alla
Convenzione di Aarhus in vista della ratifica da parte della Comunità.
6 Il nono ‘considerando’ della direttiva 2003/35 precisa quanto segue:
«L’articolo 9, paragrafi 2 e 4 della convenzione di Århus, contiene
norme sull’accesso alle procedure giudiziarie, o di altra natura, al
fine di contestare la legittimità sostanziale o procedurale di
decisioni, atti od omissioni soggetti alle disposizioni sulla
partecipazione del pubblico contenute nell’articolo 6 della
convenzione».
7 L’undicesimo ‘considerando’ della direttiva 2003/35 dichiara che la
direttiva 85/337 deve essere modificata per garantirne la totale
compatibilità con le disposizioni della Convenzione di Aarhus e,
segnatamente, con gli artt. 6 e 9, nn. 2 e 4.
8 L’art. 1 della direttiva 2003/35 reca il testo seguente:
«Obiettivo della presente direttiva è contribuire all’attuazione degli
obblighi derivanti dalla convenzione di Århus, in particolare:
(…)
b) migliorando la partecipazione del pubblico e prevedendo disposizioni
sull’accesso alla giustizia nel quadro delle direttive 85/337/CEE e
96/61/CE».
La direttiva 85/337
9 L’art. 1, n. 1, della direttiva 85/337 così prevede:
«La presente direttiva si applica alla valutazione dell’impatto
ambientale dei progetti pubblici e privati che possono avere un impatto
ambientale importante».
10 L’art. 1, n. 2, della direttiva 85/337 enuncia le definizioni,
aggiunte dalla direttiva 2003/35, delle nozioni di «pubblico» e di
«pubblico interessato»:
«Ai sensi della presente direttiva si intende per:
(…)
“pubblico”: una o più persone fisiche o giuridiche nonché, ai sensi
della legislazione o prassi nazionale, le associazioni, le
organizzazioni o i gruppi di tali persone;
“pubblico interessato”: pubblico che subisce o può subire gli effetti
delle procedure decisionali in materia ambientale di cui all’articolo 2,
paragrafo 2, o che ha un interesse in tali procedure; ai fini della
presente definizione le organizzazioni non governative che promuovono la
protezione dell’ambiente e che soddisfano i requisiti di diritto
nazionale si considerano portatrici di un siffatto interesse.
(…)».
11 Ai sensi dell’art. 10 bis della direttiva 85/337, parimenti aggiunto
dalla direttiva 2003/35:
«Gli Stati membri provvedono, in conformità del proprio ordinamento
giuridico nazionale, affinché i membri del pubblico interessato:
a) che vantino un interesse sufficiente o, in alternativa,
b) che facciano valere la violazione di un diritto, nei casi in cui il
diritto processuale amministrativo di uno Stato membro esiga tale
presupposto,
abbiano accesso a una procedura di ricorso dinanzi ad un organo
giurisdizionale o ad un altro organo indipendente ed imparziale
istituito dalla legge, per contestare la legittimità sostanziale o
procedurale di decisioni, atti od omissioni soggetti alle disposizioni
sulla partecipazione del pubblico stabilite dalla presente direttiva.
(…)
Gli Stati membri determinano ciò che costituisce interesse sufficiente e
violazione di un diritto, compatibilmente con l’obiettivo di offrire al
pubblico interessato un ampio accesso alla giustizia. A tal fine,
l’interesse di qualsiasi organizzazione non governativa ai sensi
dell’articolo 1, paragrafo 2, è considerato sufficiente ai fini della
lettera a) del presente articolo. Si considera inoltre che tali
organizzazioni siano titolari di diritti suscettibili di essere lesi ai
fini della lettera b) del presente articolo.
(…)».
La direttiva 92/43/CE
12 L’art. 6, n. 3, della direttiva del Consiglio 21 maggio 1992,
92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e
seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU L 206, pag. 7),
come modificata dalla direttiva del Consiglio 20 novembre 2006,
2006/105/CE (GU L 363, pag. 368; in prosieguo: la «direttiva
“habitat”»), contempla le seguenti disposizioni:
«Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla
gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale
sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma
oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito,
tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce
delle conclusioni della valutazione dell’incidenza sul sito e fatto
salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro
accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza
che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa e, se del caso,
previo parere dell’opinione pubblica».
Diritto nazionale
13 L’art. 42 della Verwaltungsgerichtsordnung (codice di procedura
amministrativa, BGBl. 1991 I, pag. 686; in prosieguo: la «VwGO») precisa
nei seguenti termini le condizioni di ricevibilità del ricorso in sede
contenziosa:
«1. Possono essere chiesti con ricorso l’annullamento di un atto
amministrativo (ricorso di annullamento), o la condanna ad emanare un
atto amministrativo di cui sia stata rifiutata od omessa l’adozione
(azione di adempimento).
2. Se la legge non dispone diversamente, l’azione è ammissibile soltanto
qualora il ricorrente faccia valere di essere stato leso nei suoi
diritti dall’atto amministrativo o dalla denegata o omessa emanazione di
quest’ultimo».
14 L’art. 113, n. 1, prima frase, del VwGO, prevede altresì:
«1. Un atto amministrativo illegittimo e la lesione ad esso imputabile
dei diritti del ricorrente comportano l’annullamento ad opera del
giudice dell’atto amministrativo e dell’eventuale decisione relativa
all’opposizione avverso l’annullamento».
15 L’art. 2, n. 1, prima frase, della legge sulla valutazione
dell’impatto ambientale (Gesetz über die Umweltverträglichkeitsprüfung,
BGBl. 2005 I, pag. 1757; in prosieguo: l’«UVPG») dispone che la
valutazione dell’impatto ambientale rientra nell’ambito delle procedure
decisionali amministrative da seguire per l’adozione delle decisioni
sull’ammissibilità dei progetti.
16 In forza dell’art. 2, n. 3, punto 1, dell’UPVG, l’autorizzazione, la
decisione sull’approvazione dei piani e le altre decisioni
amministrative in merito all’ammissibilità dei progetti, adottate
nell’ambito di un procedimento amministrativo, ad eccezione delle
procedure di natura dichiarativa, costituiscono «decisioni» ai sensi del
n. 1, prima frase.
17 L’art. 1, n. 1, punto 1, lett. a), della legge recante disposizioni
complementari relative ai ricorsi in materia ambientale ai sensi della
direttiva 2003/35/CE (Umwelt-Rechtsbehelfsgesetz, BGBl. 2006 I, pag.
2816; in prosieguo: l’«UmwRG») precisa tra l’altro che detta legge si
applica ai ricorsi proposti contro le «decisioni», ai sensi dell’art. 2,
n. 3, dell’UPVG, in merito all’approvazione di progetti per i quali può
sussistere, in forza dell’UPVG, l’obbligo di effettuare una valutazione
dell’impatto ambientale.
18 L’art. 2, n. 1, punto 1, dell’UmwRG prevede che un’associazione
nazionale o estera, riconosciuta ai sensi dell’art. 3 della stessa
legge, possa proporre ricorsi avverso una decisione, ovvero avverso la
sua mancata adozione, secondo le modalità previste dal VwGO, senza dover
invocare la violazione dei propri diritti, qualora l’associazione faccia
valere che la decisione, ovvero la sua mancata adozione, risulta in
contrasto con le norme «preposte a tutela dell’ambiente, che
conferiscono diritti ai singoli e che possono essere rilevanti ai fini
della decisione».
19 Peraltro, l’art. 2, n. 5, prima frase, punto 1, dell’UmwRG precisa
che siffatti ricorsi sono fondati qualora la decisione impugnata violi
disposizioni «preposte alla tutela dell’ambiente, che conferiscono
diritti ai singoli e rilevanti ai fini della decisione», e la violazione
«investa interessi relativi alla tutela ambientale, rientranti tra gli
obiettivi fissati nel suo statuto, che l’associazione si prefigge di
conseguire».
20 L’art. 5, n. 1, prima frase, punto 2, della legge federale sulla
protezione dagli effetti nocivi dell’inquinamento atmosferico, acustico,
da vibrazioni e da fenomeni analoghi sull’ambiente - legge sulla
protezione dall’inquinamento (Bundes-Immissionsschutzgesetz, BGBl. 2002
I, pag. 3830; in prosieguo: il «BImSchG») dispone, segnatamente, che gli
impianti soggetti ad autorizzazione devono essere costruiti e gestiti in
modo da assicurare, in vista di un elevato livello di protezione della
«totalità dell’ambiente», la prevenzione contro gli impatti nocivi
sull’ambiente, nonché gli altri rischi, seri inconvenienti e gravi
danni.
21 L’art. 8, n. 1, prima frase, del BImSchG prevede che l’autorizzazione
possa essere rilasciata, su domanda, ai fini della costruzione di un
impianto o di una parte di impianto, o per la costruzione e il
funzionamento di una parte di impianto qualora esista un interesse
legittimo al rilascio di un’autorizzazione parziale, se ricorrono le
condizioni necessarie per quanto riguarda l’oggetto dell’autorizzazione
parziale richiesta, e se ad una valutazione provvisoria risulta che alla
costruzione e al funzionamento dell’insieme dell’impianto dal punto di
vista delle condizioni di autorizzazione non si oppone nessun ostacolo a
priori insormontabile.
22 L’art. 9, n. 1, del BImSchG dispone che, su domanda, può essere
emessa una decisione preliminare su talune condizioni relative
all’autorizzazione, oltre che sul sito dell’impianto, ove possano essere
sufficientemente valutati gli effetti del progettato impianto e ove
esista un interesse legittimo al rilascio della decisione preliminare.
23 L’art. 61 della legge sulla protezione della natura e sulla
preservazione del paesaggio (Bundesnaturschutzgesetz, BGBl. 2002 I, pag.
1193) precisa quanto segue:
«1. Un’associazione riconosciuta (...), indipendentemente dal fatto che
sia stata lesa nei propri diritti, può esperire ricorsi secondo le
modalità previste dalla legge recante organizzazione del contenzioso
amministrativo avverso:
1) esoneri da divieti e prescrizioni posti a tutela di riserve naturali,
parchi nazionali e altre aree protette nell’ambito dell’art. 33, n. 2,
nonché
2) decisioni di approvazione dei piani relative a progetti connessi a
interventi sull’ambiente naturale o sul paesaggio, ovvero permessi in
materia di pianificazione del territorio, nella misura in cui sia
prevista la partecipazione del pubblico.
(…)
2. I ricorsi di cui al n. 1 sono considerati ammissibili solo qualora:
1) l’associazione faccia valere che l’emanazione di un atto
amministrativo citato al n. 1, prima frase, è contraria alle
disposizioni di tale legge, alle norme che sono state emanate o sono
vigenti in esecuzione o nell’ambito di tale legge, oppure di altre
disposizioni che devono essere osservate ai fini dell’emanazione di un
atto amministrativo e sono dirette, quantomeno, anche a tutelare gli
interessi della protezione della natura e della conservazione dei
paesaggi;
2) sia compromesso l’ambito di attività risultante dallo statuto
dell’associazione, nella misura in cui l’atto di riconoscimento vi
faccia riferimento (...)».
Fatti e questioni pregiudiziali
24 La Trianel, interveniente nella causa principale, progetta la
costruzione e la gestione di una centrale elettrica alimentata a carbone
a Lünen. La messa in servizio di detta centrale, caratterizzata da una
potenza di combustione calorifica che raggiunge i 1 705 megawatt e da un
rendimento elettrico netto di 750 megawatt, è prevista per il 2012. Nel
raggio di 8 chilometri intorno al sito, si trovano cinque zone speciali
di conservazione ai sensi della direttiva «habitat».
25 Nell’ambito della valutazione dell’impatto ambientale di tale
progetto, il 6 maggio 2008 la Bezirksregierung Arnsberg (amministrazione
distrettuale di Arnsberg), convenuta nella causa principale, ha
rilasciato alla Trianel un parere preliminare e un’autorizzazione
parziale per il progetto. Nel parere preliminare si constatava che il
progetto non dava adito ad alcuna riserva sotto il profilo giuridico.
26 La Federazione per l’ambiente ha proposto il 16 giugno 2008 un
ricorso ai fini dell’annullamento dei detti atti dinanzi all’Oberverwaltungsgericht
für das Land Nordrhein-Westfalen. Essa invoca segnatamente la violazione
delle disposizioni recanti recepimento della direttiva «habitat» e, in
particolare, del suo art. 6.
27 Il giudice del rinvio considera che tali atti sono stati adottati
violando l’art. 6, n. 3, della direttiva «habitat», dato che la
valutazione dell’impatto ambientale del progetto di cui trattasi non
aveva consentito di dimostrare che quest’ultimo non potesse pregiudicare
in modo significativo le zone speciali di conservazione situate nelle
vicinanze.
28 Il giudice del rinvio ritiene che, in base alle norme del diritto
nazionale, un’associazione per la tutela dell’ambiente non possa far
valere la violazione di disposizioni del diritto per la protezione delle
acque e della natura, nonché il principio di precauzione sancito
dall’art. 5, n. 1, prima frase, punto 2, del BImSchG, in quanto dette
disposizioni non conferiscono diritti ai singoli, ai sensi degli artt.
2, nn. 1, punto 1, e 5, prima frase, punto 1, dell’UmwRG.
29 Egli precisa che il diritto a proporre ricorso conferito alle
organizzazioni non governative corrisponde pertanto al regime generale
dei ricorsi di annullamento previsto dal diritto processuale
amministrativo, segnatamente agli artt. 42, n. 2, e 113, n. 1, prima
frase, della VwGO, i quali prevedono che un ricorso giurisdizionale
avverso un atto amministrativo sia ricevibile soltanto se tale atto
pregiudica i diritti del ricorrente e, quindi, i suoi diritti pubblici
soggettivi.
30 Egli aggiunge che, per stabilire se una disposizione di diritto
nazionale protegga diritti individuali, il criterio decisivo consiste
nel valutare in quale misura l’interesse o il diritto protetto, il tipo
di violazione di tale diritto e la cerchia di persone tutelate siano
sufficientemente determinati e circoscritti dalla disposizione
considerata.
31 Il giudice del rinvio ritiene al riguardo che, nel settore del
diritto della protezione dall’inquinamento, l’art. 5, n. 1, prima frase,
punto 2, del BImSchG, come anche del resto le disposizioni in materia di
diritto della protezione delle acque e della natura, riguardano
anzitutto la collettività e non hanno ad oggetto la tutela dei diritti
individuali.
32 Il giudice del rinvio constata, inoltre, che il progetto di cui
trattasi non rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 61 della
legge sulla protezione della natura e sulla preservazione dei paesaggi,
che consente in taluni casi di derogare alla detta condizione di
ricevibilità per i ricorsi promossi dalle associazioni riconosciute nel
settore dell’ambiente.
33 Considerando che siffatta restrizione dell’accesso alla giustizia
potrebbe tuttavia pregiudicare l’effetto utile della direttiva 85/337,
il giudice del rinvio si chiede se il ricorso della Federazione per la
tutela dell’ambiente non debba essere accolto sul fondamento dell’art.
10 bis di detta direttiva.
34 In tali circostanze, l’Oberverwaltungsgericht für das Land
Nordrhein-Westfalen ha deciso di sospendere il procedimento e di
sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se l’art. 10 bis della direttiva 85/337 (…) prescriva che le
organizzazioni non governative che intendono proporre ricorso dinanzi ai
giudici di uno Stato membro il cui diritto processuale amministrativo
esige che si faccia valere la violazione di un diritto possano invocare
la violazione di qualsiasi disposizione in materia di ambiente rilevante
ai fini dell’approvazione di un progetto, comprese le disposizioni che
sono unicamente destinate a tutelare gli interessi generali e non,
almeno in parte, i beni giuridici dei singoli.
2) Salvo il caso in cui sia data soluzione incondizionatamente
affermativa alla prima questione:
se l’art. 10 bis della direttiva 85/337 (…) prescriva che le
organizzazioni non governative che intendono proporre ricorso dinanzi ai
giudici di uno Stato membro il cui diritto processuale amministrativo
esige che si faccia valere la violazione di un diritto possano invocare
la violazione di disposizioni in materia di ambiente rilevanti ai fini
dell’approvazione di un progetto che si fondano direttamente sul diritto
comunitario o che attuano nel diritto interno le disposizioni
comunitarie in materia di ambiente, comprese le disposizioni che sono
unicamente destinate a tutelare gli interessi generali e non, almeno in
parte, i beni giuridici dei singoli.
a) In caso di soluzione, in linea di principio, affermativa alla seconda
questione:
se le norme comunitarie in materia ambientale debbano soddisfare
determinate condizioni sostanziali al fine di poter costituire il
fondamento giuridico di un ricorso.
b) In caso di soluzione affermativa alla seconda questione, sub a):
si pone la questione circa le condizioni sostanziali di cui trattasi (ad
esempio, effetto diretto, scopo di tutela o finalità della
legislazione).
3) In caso di soluzione affermativa alla prima o seconda questione:
se la direttiva riconosca direttamente alle organizzazioni non
governative un diritto di accedere alla giustizia, che va oltre quanto
stabilito dalle disposizioni del diritto nazionale».
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla prima e sulla seconda questione pregiudiziale
35 Con le sue due prime questioni, che occorre esaminare congiuntamente,
il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se l’art. 10 bis della
direttiva 85/337 osti ad una normativa che non riconosce alle
organizzazioni non governative che operano a favore della tutela
dell’ambiente previste all’art. 1, n. 2, della direttiva 85/337 (in
prosieguo: le «associazioni a tutela dell’ambiente») la possibilità di
far valere in giudizio, nel contesto di un ricorso avverso una decisione
di autorizzazione di progetti che possono avere un «impatto ambientale
importante» ai sensi dell’art. 1, n. 1, della direttiva 85/337, la
violazione di una norma che protegge soltanto gli interessi della
collettività e non quelli dei singoli. Il giudice del rinvio chiede
anche alla Corte se detto art. 10 bis della direttiva 85/337 osti a
siffatta legislazione in via generale o soltanto nei limiti in cui essa
non consenta a tale organizzazione di far valere in giustizia specifiche
disposizioni, d’origine comunitaria o esclusivamente nazionale, del
diritto dell’ambiente.
36 Dalla decisione di rinvio risulta che la questione si giustifica con
la circostanza che la normativa nazionale applicabile subordina la
ricevibilità di un’azione come quella avviata dalla ricorrente nella
causa principale alla condizione che il ricorrente faccia valere che la
decisione amministrativa impugnata pregiudica un diritto individuale che
può, secondo il diritto nazionale, essere qualificato come diritto
pubblico soggettivo.
37 Occorre constatare preliminarmente che l’art. 10 bis, primo comma,
della direttiva 85/337 prevede che le decisioni, gli atti o le omissioni
contemplati dal detto articolo debbano poter costituire oggetto di
ricorso giurisdizionale per «contestare la legittimità sostanziale o
procedurale» e senza limitare in nessun modo i mezzi che possono essere
invocati a sostegno di siffatto ricorso.
38 Con riferimento alle condizioni di ricevibilità del ricorso, detta
disposizione contempla due ipotesi: la ricevibilità di un ricorso può
essere subordinata ad un «interesse sufficiente» oppure al presupposto
che il ricorrente faccia valere la «violazione di un diritto», a seconda
che la normativa nazionale si riferisca all’una o all’altra di dette
condizioni.
39 L’art. 10 bis, terzo comma, prima frase, della direttiva 85/337
precisa poi che gli Stati membri sono tenuti a stabilire cosa
costituisca violazione di un diritto, in conformità con l’obiettivo
diretto ad attribuire al pubblico interessato «un ampio accesso alla
giustizia».
40 Con riferimento ai ricorsi proposti dalle associazioni a tutela
dell’ambiente, l’art. 10 bis, terzo comma, seconda e terza frase, della
direttiva 85/337 aggiunge che a tale scopo si deve ritenere che esse
abbiano sufficiente interesse oppure siano portatrici di diritti
passibili di violazione a seconda che la normativa nazionale si
riferisca all’uno o all’altro di tali presupposti di ricevibilità.
41 Tali diverse disposizioni devono essere interpretate alla luce e
tenendo conto degli obiettivi della Convenzione di Aarhus alla quale,
come risulta dal quinto ‘considerando’ della direttiva 2003/35, la
normativa dell’Unione deve essere «correttamente allineata».
42 Ne deriva che, qualunque sia l’orientamento scelto dallo Stato membro
con riferimento al criterio della ricevibilità di un ricorso, le
associazioni a tutela dell’ambiente hanno, in conformità all’art. 10 bis
della direttiva 85/337, diritto a proporre ricorso in sede
giurisdizionale o dinanzi ad un altro organo indipendente e imparziale
istituito dalla legge, allo scopo di contestare la legittimità, quanto
al merito o alla procedura, delle decisioni, degli atti o delle
omissioni previste dal detto articolo.
43 Occorre, infine, anche ricordare che, qualora, in assenza di
disposizioni fissate in tale settore dal diritto dell’Unione, spetti
all’ordinamento giuridico di ciascuno Stato membro designare i giudici
competenti e disciplinare le modalità procedurali dei ricorsi diretti a
garantire la salvaguardia dei diritti che i singoli vantano in forza del
diritto dell’Unione, tali modalità non devono essere meno favorevoli di
quelle riguardanti ricorsi analoghi di natura interna (principio di
equivalenza) e non devono rendere praticamente impossibile o
eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti
dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività).
44 Se spetta quindi agli Stati membri stabilire, qualora il loro sistema
giuridico sia configurato in tal modo, quali siano i diritti la cui
violazione può dar luogo a un ricorso in materia d’ambiente, nei limiti
assegnati dall’art. 10 bis della direttiva 85/337, essi, nel procedere a
tale determinazione, non possono privare le associazioni a tutela
dell’ambiente, rispondenti ai requisiti di cui all’art. 1, n. 2, della
direttiva, della possibilità di svolgere il ruolo loro riconosciuto
tanto dalla direttiva 85/337 quanto dalla Convenzione di Aarhus.
45 Per quanto riguarda una normativa come quella di cui trattasi nella
causa principale, se è possibile che il legislatore nazionale
circoscriva ai soli diritti pubblici soggettivi i diritti di cui può
essere invocata la violazione da parte dei singoli nel contesto di un
ricorso giurisdizionale promosso avverso una delle decisioni, atti od
omissioni previsti dall’art. 10 bis della direttiva 85/337, siffatta
limitazione non può essere applicata in quanto tale alle associazioni a
tutela dell’ambiente salvo travisare le finalità di cui all’art. 10 bis,
terzo comma, ultima frase, della direttiva 85/337.
46 Infatti, se, come risulta da detta disposizione, tali associazioni
devono poter far valere gli stessi diritti dei singoli, sarebbe in
contrasto con l’obiettivo di garantire al pubblico interessato un ampio
accesso alla giustizia, da una parte, nonché con il principio di
effettività, dall’altra, la circostanza che le dette associazioni non
possano anche invocare la violazione di norme derivanti dal diritto
dell’Unione in materia ambientale per il solo motivo che queste ultime
tutelano interessi collettivi. Infatti, come emerge dalla controversia
nella causa principale, ciò le priverebbe in larga misura della
possibilità di far verificare il rispetto di norme derivanti da tale
diritto che sono, per la maggior parte dei casi, rivolte all’interesse
pubblico e non alla sola protezione degli interessi dei singoli
considerati individualmente.
47 Ne deriva anzitutto che la nozione di «violazione di un diritto» non
può dipendere da condizioni che solo altre persone fisiche o giuridiche
possono soddisfare, come, ad esempio, la condizione di essere più o meno
prossimi ad un impianto o quella di subire in un modo o in un altro gli
effetti del suo funzionamento.
48 Ne deriva più in generale che l’art. 10 bis, terzo comma, ultima
frase, della direttiva 85/337 deve essere letto nel senso che tra i
«diritti suscettibili di essere lesi», di cui si ritiene beneficino le
associazioni a tutela dell’ambiente, devono necessariamente figurare le
disposizioni di diritto nazionale che attuano la normativa dell’Unione
in materia di ambiente, nonché le disposizioni aventi effetto diretto
del diritto dell’Unione in materia di ambiente.
49 Al riguardo, per fornire al giudice del rinvio una soluzione il più
possibile utile, si deve osservare che il motivo dedotto contro la
decisione impugnata dalla violazione di disposizioni del diritto
nazionale derivanti dall’art. 6 della direttiva «habitat» deve poter
quindi essere invocato da un’associazione a tutela dell’ambiente.
50 Occorre conseguentemente risolvere le prime due questioni presentate,
lette congiuntamente, dichiarando che l’art. 10 bis della direttiva
85/337 osta ad una normativa che non riconosca ad un’organizzazione non
governativa, che opera per la protezione dell’ambiente, prevista
all’art. 1, n. 2, di tale direttiva, la possibilità di far valere in
giudizio, nell’ambito di un ricorso promosso contro una decisione di
autorizzazione di progetti «che possono avere un impatto ambientale
importante», ai sensi dell’art. 1, n. 1, della direttiva 85/337, la
violazione di una norma derivante dal diritto dell’Unione ed avente
l’obiettivo della tutela dell’ambiente, per il fatto che tale
disposizione protegge esclusivamente gli interessi della collettività e
non quelli dei singoli.
Sulla terza questione pregiudiziale
51 Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede
sostanzialmente alla Corte se un’associazione a tutela dell’ambiente
possa dedurre dall’art. 10 bis, terzo comma, ultima frase, della
direttiva 85/337 il diritto a far valere in giudizio, nel contesto di un
ricorso contro una decisione di autorizzazione di progetti «che possono
avere un impatto ambientale importante», in base all’art. 1, n. 1, della
direttiva 85/337, la violazione delle disposizioni di diritto nazionale
derivanti dall’art. 6 della direttiva «habitat», mentre il diritto
processuale nazionale non lo consente in quanto le disposizioni invocate
tutelano i soli interessi della collettività e non quelli dei singoli.
52 Tale questione si pone per il caso in cui non sia possibile al
giudice del rinvio fornire al diritto processuale nazionale
un’interpretazione conforme ai presupposti del diritto dell’Unione.
53 Al riguardo occorre anzitutto ricordare che l’obbligo per gli Stati
membri di raggiungere il risultato previsto da una direttiva, nonché il
loro dovere di adottare tutti i provvedimenti generali o particolari
atti a garantire l’adempimento di tale obbligo, valgono per tutti gli
organi dei detti Stati, ivi compresi, nell’ambito della loro competenza,
quelli giurisdizionali (v., in tal senso, sentenza 19 gennaio 2010,
causa C-555/07, Kücükdeveci, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto
47 e giurisprudenza ivi citata).
54 La Corte ha dichiarato che, in tutti i casi in cui le disposizioni di
una direttiva appaiono, dal punto di vista del loro contenuto,
incondizionate e sufficientemente precise, i singoli possono farle
valere dinanzi ai giudici nazionali nei confronti dello Stato, quando
quest’ultimo non ha recepito tempestivamente la direttiva
nell’ordinamento nazionale o l’ha recepita in modo non corretto (v., in
particolare, sentenza 12 febbraio 2009, causa C-138/07, Cobelfret, Racc.
pag. I-731, punto 58).
55 Al riguardo va constatato che, considerato nel suo insieme, l’art. 10
bis della direttiva 85/337 lascia agli Stati membri un apprezzabile
margine di manovra sia nello stabilire cosa costituisca violazione di un
diritto, sia nel fissare, segnatamente, i presupposti della ricevibilità
dei ricorsi e gli organi dinanzi ai quali essi devono essere promossi.
56 Non può dirsi lo stesso, tuttavia, per quanto riguarda le
disposizioni delle ultime due frasi del terzo comma di detto articolo.
57 Queste ultime, nel prevedere, da una parte, che è considerato
sufficiente l’interesse di qualsiasi organizzazione non governativa
rispondente ai requisiti di cui all’art. 1, n. 2, della direttiva 85/337
e, dall’altra, che si considera inoltre che tali organizzazioni siano
titolari di diritti suscettibili di essere lesi, fissano regole precise
e non soggette ad altre condizioni.
58 Inoltre, come sopra si è detto, nel novero dei diritti che le
associazioni a tutela dell’ambiente devono poter far valere in giudizio
in applicazione dell’art. 10 bis della direttiva 85/337 figurano le
disposizioni derivanti dal diritto dell’Unione in materia di ambiente e,
segnatamente, le norme di diritto nazionale derivanti dall’art. 6 della
direttiva «habitat».
59 Occorre quindi risolvere la terza questione dichiarando che
un’organizzazione non governativa che opera a favore della tutela
dell’ambiente, di cui all’art. 1, n. 2, della direttiva 85/337, può
dedurre dall’art. 10 bis, terzo comma, ultima frase, della direttiva
85/337 il diritto di far valere in giudizio, nel contesto di un ricorso
promosso avverso una decisione di autorizzazione di progetti «che
possono avere un impatto ambientale importante» ai sensi dell’art. 1, n.
1, della direttiva 85/337, la violazione delle norme del diritto
nazionale derivanti dall’art. 6 della direttiva «habitat», mentre il
diritto processuale nazionale non lo consente in quanto le norme
invocate tutelano soltanto gli interessi della collettività e non quelli
dei singoli.
Sulle spese
60 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente
procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice
nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da
altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar
luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:
1) L’art. 10 bis della direttiva del Consiglio 27 giugno 1985,
85/337/CEE, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di
determinati progetti pubblici e privati, come modificata dalla direttiva
del Parlamento europeo e del Consiglio 26 maggio 2003, 2003/35/CE, osta
ad una normativa che non riconosca ad un’organizzazione non governativa,
che opera per la protezione dell’ambiente, di cui all’art. 1, n. 2, di
tale direttiva, la possibilità di far valere in giudizio, nell’ambito di
un ricorso promosso contro una decisione di autorizzazione di progetti
«che possono avere un impatto ambientale importante» ai sensi dell’art.
1, n. 1, della direttiva 85/337, come modificata dalla direttiva
2003/35, la violazione di una norma derivante dal diritto dell’Unione ed
avente l’obiettivo della tutela dell’ambiente, per il fatto che tale
disposizione protegge esclusivamente gli interessi della collettività e
non quelli dei singoli.
2) Siffatta organizzazione non governativa può dedurre dall’art. 10 bis,
terzo comma, ultima frase, della direttiva 85/337, come modificata dalla
direttiva 2003/35, il diritto di far valere in giudizio, nel contesto di
un ricorso promosso avverso una decisione di autorizzazione di progetti
«che possono avere un impatto ambientale importante» ai sensi dell’art.
1, n. 1, della direttiva 85/337, come modificata, la violazione delle
norme del diritto nazionale derivanti dall’art. 6 della direttiva del
Consiglio 21 maggio 1992, 92/43/CE, relativa alla conservazione degli
habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche,
come modificata dalla direttiva del Consiglio 20 novembre 2006,
2006/105/CE, mentre il diritto processuale nazionale non lo consente in
quanto le norme invocate tutelano soltanto gli interessi della
collettività e non quelli dei singoli.
Firme
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