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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE DI
GIUSTIZIA CE, Sez. I, 26/05/2011, Procedimenti riuniti da C-165/09 a
C-167/09
DIRITTO DELL’ENERGIA - INQUINAMENTO ATMOSFERICO - Prevenzione e riduzione
integrata dell’inquinamento - Costruzione e la gestione di impianti
industriali - Autorizzazioni ambientali - Limiti nazionali di emissione di
alcuni inquinanti atmosferici (SO2 e di NOx) - Direttiva 2008/1/CE - Dir.
2001/81/CE. L’art. 9, nn. 1, 3 e 4, della direttiva del Consiglio 24
settembre 1996, 96/61/CE, sulla prevenzione e la riduzione integrate
dell’inquinamento, nella sua versione originaria, nonché in quella
codificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 15 gennaio
2008, 2008/1/CE, sulla prevenzione e la riduzione integrate
dell’inquinamento, dev’essere interpretato nel senso che gli Stati membri,
nel rilasciare autorizzazioni ambientali per la costruzione e la gestione di
impianti industriali come quelle di cui trattasi nelle cause principali non
sono obbligati ad inserire tra le condizioni di rilascio di tale
autorizzazione il rispetto dei limiti di emissione nazionali di SO2 e di NOx
stabiliti dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 23 ottobre
2001, 2001/81/CE, relativa ai limiti nazionali di emissione di alcuni
inquinanti atmosferici, pur dovendo rispettare l’obbligo derivante da detta
direttiva di adottare o di prevedere, nell’ambito di programmi nazionali,
politiche e misure adeguate e coerenti atte a ridurre complessivamente le
emissioni, in particolare di tali inquinanti, a quantitativi che non
superino i limiti indicati nell’allegato I di tale direttiva entro il 2010.
Domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’art.
234 CE, dal Raad van State (Paesi Bassi). CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. I,
26/05/2011, Procedimenti riuniti da C-165/09 a C-167/09
DIRITTO DELL’ENERGIA - Autorizzazione per la costruzione e la gestione di
una centrale elettrica - Direttiva 2001/81/CE - Emissione inquinanti
atmosferici - Limiti nazionali - Potere degli Stati membri durante il
periodo transitorio - Effetto diretto - Ambiente - Direttiva 2008/1/CE.
Nel periodo transitorio dal 27 novembre 2002 al 31 dicembre 2010, previsto
all’art. 4 della direttiva 2001/81: - gli artt. 4, n. 3, TUE e 288, n. 3,
TFUE, nonché la direttiva 2001/81 impongono agli Stati membri di astenersi
dall’adottare misure che possano compromettere seriamente la realizzazione
del risultato prescritto da tale direttiva; - l’adozione da parte degli
Stati membri di una misura specifica relativa ad una sola fonte di SO2 e di
NOx non appare, di per sé sola, capace di compromettere seriamente il
conseguimento del risultato prescritto dalla direttiva 2001/81. Spetta al
giudice nazionale verificare se tale condizione ricorra per ciascuna delle
decisioni di rilascio di un’autorizzazione ambientale per la costruzione e
la gestione di un impianto industriale, quali quelle controverse nelle cause
principali; - l’art. 288, n. 3, TFUE e gli artt. 6, 7, nn. 1 e 2, nonché 8,
nn. 1 e 2, della direttiva 2001/81 impongono agli Stati membri, da un lato,
di elaborare, aggiornare e modificare, se necessario, programmi per la
progressiva riduzione delle emissioni nazionali di SO2 e di NOx, che essi
devono mettere a disposizione della popolazione e delle organizzazioni
interessate mediante informazioni chiare, comprensibili e facilmente
accessibili, e comunicare alla Commissione europea nei termini prescritti,
e, dall’altro, di elaborare ed aggiornare annualmente gli inventari
nazionali di dette emissioni, nonché le proiezioni nazionali per il 2010,
che essi devono comunicare, nei termini prescritti, alla Commissione europea
e all’Agenzia europea dell’ambiente; - l’art. 288, n. 3, TFUE e la stessa
direttiva 2001/81 non impongono agli Stati membri né di rifiutare o limitare
il rilascio di autorizzazioni ambientali per la costruzione e la gestione di
impianti industriali, come quelle controverse nelle cause principali, né di
adottare misure di compensazione specifiche per ciascuna autorizzazione del
genere che venga rilasciata, e ciò nemmeno in caso di superamento potenziale
o effettivo dei limiti di emissione nazionali di SO2 e di NOx. 3) L’art. 4
della direttiva 2001/81 non è incondizionato e sufficientemente preciso da
poter essere invocato dai singoli dinanzi ai giudici nazionali prima del 31
dicembre 2010. Infine, l’art. 6 della direttiva 2001/81 attribuisce ai
singoli direttamente interessati diritti che possono essere invocati dinanzi
ai giudici nazionali per pretendere che, nel periodo transitorio dal 27
novembre 2002 al 31 dicembre 2010, gli Stati membri adottino o prevedano,
nell’ambito di programmi nazionali, politiche e misure, adeguate e coerenti,
atte a ridurre, complessivamente, le emissioni degli inquinanti indicati in
modo da conformarsi ai limiti nazionali previsti nell’allegato I di detta
direttiva entro il 2010, e mettano i programmi elaborati a tal fine a
disposizione della popolazione e delle organizzazioni interessate mediante
informazioni chiare, comprensibili e facilmente accessibili. Domande di
pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal
Raad van State (Paesi Bassi). CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. I, 26/05/2011,
Procedimenti riuniti da C-165/09 a C-167/09
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CORTE DI GIUSTIZIA
delle Comunità Europee,
SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)
26 maggio 2011
«Ambiente - Direttiva 2008/1/CE - Autorizzazione per la costruzione e
la gestione di una centrale elettrica - Direttiva 2001/81/CE - Limiti
nazionali di emissione di alcuni inquinanti atmosferici - Potere degli
Stati membri durante il periodo transitorio - Effetto diretto»
Nei procedimenti riuniti da C-165/09 a C-167/09,
aventi ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla
Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Raad van State (Paesi Bassi), con
decisioni 29 aprile 2009, pervenute in cancelleria il 30 aprile 2009,
nelle cause
Stichting Natuur en Milieu (causa C-165/09),
Stichting Greenpeace Nederland,
Coniugi B. Meijer,
E. Zwaag,
F. Pals
contro
College van Gedeputeerde Staten van Groningen,
e
Stichting Natuur en Milieu (causa C-166/09),
Stichting Zuid-Hollandse Milieufederatie,
Stichting Greenpeace Nederland,
Vereniging van Verontruste Burgers van Voorne
contro
College van Gedeputeerde Staten van Zuid-Holland,
e
Stichting Natuur en Milieu (causa C-167/09),
Stichting Zuid-Hollandse Milieufederatie,
Stichting Greenpeace Nederland,
Vereniging van Verontruste Burgers van Voorne
contro
College van Gedeputeerde Staten van Zuid-Holland,
con l’intervento di
RWE Eemshaven Holding BV, già RWE Power AG (causa C-165/09),
Electrabel Nederland NV (causa C-166/09),
College van Burgemeester en Wethouders Rotterdam (cause C-166/09 e
C-167/09),
E.On Benelux NV (causa C-167/09),
LA CORTE (Prima Sezione),
composta dal sig. A. Tizzano (relatore), presidente di sezione, dai
sigg. J.-J. Kasel, E. Levits, M. Safjan, e dalla sig.ra M. Berger,
giudici,
avvocato generale: sig.ra J. Kokott
cancelliere: sig.ra M. Ferreira, amministratore principale
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 14
ottobre 2010,
considerate le osservazioni presentate:
- per la Stichting Natuur en Milieu, dal sig. J.G. Vollenbroek, in
qualità di agente;
- per la Stichting Greenpeace Nederland, dal sig. J.G. Vollenbroek, in
qualità di agente e dall’avv. B.N. Kloostra, advocaat;
- per la Stichting Zuid-Hollandse Milieufederatie, dal sig. J.G.
Vollenbroek, in qualità di agente;
- per il College van Gedeputeerde Staten van Groningen, dai sigg. A.
Ayal e W.J.W. Snippe, in qualità di agenti;
- per il College van Gedeputeerde Staten van Zuid-Holland, dalla sig.ra
B.J.M. Verras, in qualità di agente;
- per la RWE Eemshaven Holding BV, già RWE Power AG, dagli avv.ti D.N.
Broerse e J.J. Peelen, advocaten, nonché dall’avv. M. Werner,
Rechtsanwalt;
- per la E.On Benelux NV, dagli avv.ti J.M. Osse, J.C.A. Houdijk, e A.A.
Freriks, advocaten, nonché dall’avv. E. Broeren, Rechtsanwalt;
- per la Electrabel Nederland NV, dagli avv.ti P. Wytinck, M. van der
Woude e M.M. Kaajan, advocaten;
- per il governo dei Paesi Bassi, dalle sig.re C. M. Wissels, B. Koopman
e M.A.M. de Ree, nonché dal sig. Y. de Vries, in qualità di agenti;
- per il governo danese, dalla sig.ra V. Pasternak Jørgensen, nonché dai
sigg. R. Holdgaard e C. Vang, in qualità di agenti;
- per il governo francese, dal sig. S. Menez, in qualità di agente;
- per il governo italiano, dalla sig.ra G. Palmieri, in qualità di
agente, assistita dal sig. S. Fiorentino, avvocato dello Stato;
- per il governo austriaco, dal sig. E. Riedl, in qualità di agente;
- per la Commissione europea, dalla sig.ra A. Alcover San Pedro e dal
sig. F. Ronkes Agerbeek, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza
del 16 dicembre 2010,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Le domande di pronuncia pregiudiziale riguardano l’interpretazione
dell’art. 9 della direttiva del Consiglio 24 settembre 1996, 96/61/CE,
sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento (GU L 257,
pag. 26), nella sua versione originaria, nonché in quella codificata
dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 15 gennaio 2008,
2008/1/CE, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento
(GU L 24, pag. 8; in prosieguo: la «direttiva IPPC»), e delle
disposizioni pertinenti, con riferimento ai fatti delle cause
principali, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 23
ottobre 2001, 2001/81/CE, relativa ai limiti nazionali di emissione di
alcuni inquinanti atmosferici (GU L 309, pag. 22; in prosieguo: la
«direttiva LNE»).
2 Tali domande sono state presentate nell’ambito di controversie tra,
nella causa C-165/09, le fondazioni Stichting Natuur en Milieu (in
prosieguo: «Natuur en Milieu») e Stichting Greenpeace Nederland (in
prosieguo: «Greenpeace»), nonché quattro persone fisiche, e il College
van Gedeputeerde Staten van Groningen (governo della provincia di
Groninga), in merito a una decisione con la quale quest’ultimo ha
rilasciato alla società RWE Eemshaven Holding BV, ex RWE Power AG (in
prosieguo: la «RWE»), un’autorizzazione per la costruzione e la gestione
di una centrale elettrica sul territorio della provincia di Groninga e,
nelle cause C-166/09 e C-167/09, le fondazioni Natuur en Milieu,
Stichting Zuid-Hollandse Milieufederatie (in prosieguo: la «Milieufederatie»),
Greenpeace, nonché l’associazione Vereniging van Verontruste Burgers van
Voorne (associazione dei cittadini di Voorne preoccupati per le
emissioni nocive; in prosieguo: la «VVBV»), e il College van
Gedeputeerde Staten van Zuid-Holland (governo della provincia
dell’Olanda meridionale) in merito a decisioni con cui tale autorità ha
rilasciato rispettivamente alle società Electrabel Nederland NV (in
prosieguo: l’«Electrabel») e E.On Benelux NV (in prosieguo: la «E.On»)
autorizzazioni alla costruzione e alla gestione di due centrali
elettriche sul territorio della provincia dell’Olanda meridionale.
Contesto normativo
La normativa dell’Unione
La direttiva IPPC
3 Poiché la direttiva IPPC ha codificato e sostituito la direttiva
96/61, le disposizioni di quest’ultima saranno riprodotte qui di seguito
nella loro versione consolidata, che non comporta modifiche del
contenuto.
4 I ‘considerando’ terzo e nono della direttiva IPPC precisano quanto
segue:
«(3) Il quinto programma d’azione per l’ambiente (...) assegnava
priorità alla riduzione integrata dell’inquinamento quale elemento
importante per raggiungere un equilibrio più sostenibile tra attività
umane e sviluppo socioeconomico, da un lato, e risorse e capacità
rigenerativa della natura, dall’altro.
(9) Un approccio integrato della riduzione dell’inquinamento serve a
prevenire, ovunque sia possibile, le emissioni nell’aria, nell’acqua o
nel suolo, tenendo conto della gestione dei rifiuti e, quanto meno, a
ridurle al minimo per raggiungere un elevato livello di protezione
dell’ambiente nel suo complesso».
5 L’art. 2, punto 7, della direttiva IPPC definisce la norma di qualità
ambientale come «la serie di requisiti che devono sussistere in un dato
momento in un determinato ambiente o in una specifica parte di esso,
conformemente alla legislazione comunitaria».
6 Ai sensi dell’art. 2, punto 12, di tale direttiva si intende per
«“migliori tecniche disponibili”: la più efficiente e avanzata fase di
sviluppo di attività e i relativi metodi di esercizio indicanti
l’idoneità pratica di determinate tecniche a costituire, in linea di
massima, la base dei valori limite di emissione intesi a evitare oppure,
ove ciò si riveli impossibile, a ridurre in modo generale le emissioni e
l’impatto sull’ambiente nel suo complesso».
7 L’art. 4 della direttiva IPPC dispone quanto segue:
«Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che nessun
nuovo impianto funzioni senza autorizzazione, a norma della presente
direttiva (...)».
8 L’art. 9 della direttiva IPPC prevede quanto segue:
«1. Gli Stati membri si accertano che l’autorizzazione includa tutte le
misure necessarie per soddisfare le relative condizioni di cui agli
articoli 3 e 10, al fine di conseguire un livello elevato di protezione
dell’ambiente nel suo complesso, attraverso una protezione dell’aria,
dell’acqua e del suolo.
(…)
3. L’autorizzazione deve stabilire valori limite per le sostanze
inquinanti, in particolare per quelle elencate nell’allegato III, che
l’impianto rischia di emettere in quantità significativa, tenendo conto
della loro natura e della possibilità che l’inquinamento venga
trasferito da un elemento ambientale all’altro (acqua, aria, suolo). Se
necessario, l’autorizzazione contiene disposizioni per garantire la
protezione del suolo e delle acque sotterranee, nonché per gestire i
rifiuti prodotti dall’impianto. Se del caso, i valori limite di
emissione possono essere integrati o sostituiti con altri parametri o
con misure tecniche equivalenti.
(…)
4. Fatto salvo l’articolo 10, i valori limite di emissione, i parametri
e le misure tecniche equivalenti di cui al paragrafo 3 si basano sulle
migliori tecniche disponibili, senza l’obbligo di utilizzare una tecnica
o una tecnologia specifica, tenendo conto delle caratteristiche tecniche
dell’impianto in questione, della sua ubicazione geografica e delle
condizioni locali dell’ambiente. In tutti i casi, le condizioni di
autorizzazione prevedono disposizioni per ridurre al minimo
l’inquinamento su grande distanza o transfrontaliero e garantiscono un
elevato livello di protezione dell’ambiente nel suo complesso.
(…)
7. L’autorizzazione può stabilire altre condizioni specifiche ai fini
della presente direttiva, giudicate opportune dallo Stato membro o
dall’autorità competente.
8. Fatto salvo l’obbligo di rispettare le disposizioni della presente
direttiva nella procedura di autorizzazione, gli Stati membri possono
stabilire determinati requisiti per talune categorie di impianti sotto
forma di disposizioni generali vincolanti anziché sotto forma di
condizioni per ogni singola autorizzazione, purché siano garantiti un
approccio integrato e un corrispondente livello elevato di protezione
complessiva dell’ambiente».
9 L’art. 10 della medesima direttiva è così formulato:
«Qualora una norma di qualità ambientale richieda condizioni più
rigorose di quelle ottenibili con le migliori tecniche disponibili,
l’autorizzazione prescrive misure supplementari particolari, fatte salve
le altre misure che possono essere adottate per rispettare le norme di
qualità ambientale».
10 L’art. 19, n. 2, della direttiva IPPC prevede quanto segue:
«In mancanza di valori limite di emissione comunitari, definiti in
applicazione della presente direttiva, agli impianti di cui all’allegato
I si applicano i pertinenti valori limite di emissione minimi fissati
nelle direttive elencate nell’allegato II e in altre regolamentazioni
comunitarie».
11 L’allegato II di detta direttiva IPPC elenca le seguenti direttive:
«1. Direttiva 87/217/CEE del Consiglio, del 19 marzo 1987, concernente
la prevenzione e la riduzione dell’inquinamento dell’ambiente causato
dell’amianto
2. Direttiva 82/176/CEE del Consiglio, del 22 marzo 1982, concernente i
valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di mercurio
del settore dell’elettrolisi dei cloruri alcalini
3. Direttiva 83/513/CEE del Consiglio, del 26 settembre 1983,
concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi
di cadmio
4. Direttiva 84/156/CEE del Consiglio, dell’8 marzo 1984, concernente i
valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di mercurio
provenienti da settori diversi da quello dell’elettrolisi dei cloruri
alcalini
5. Direttiva 84/491/CEE del Consiglio, del 9 ottobre 1984, concernente i
valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di
esaclorocicloesano
6. Direttiva 86/280/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1986, concernente i
valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di talune
sostanze pericolose che figurano nell’elenco I dell’allegato della
direttiva 76/464/CEE
7. Direttiva 2000/76/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4
dicembre 2000, sull’incenerimento dei rifiuti
8. Direttiva 92/112/CEE del Consiglio, del 15 dicembre 1992, che fissa
le modalità di armonizzazione dei programmi per la riduzione, al fine
dell’eliminazione, dell’inquinamento provocato dai rifiuti
dell’industria del biossido di carbonio
9. Direttiva 2001/80/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23
ottobre 2001, concernente la limitazione delle emissioni nell’atmosfera
di taluni inquinanti originati dai grandi impianti di combustione
10. Direttiva 2006/11/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15
febbraio 2006, concernente l’inquinamento provocato da certe sostanze
pericolose scaricate nell’ambiente idrico della Comunità
11. Direttiva 2006/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5
aprile 2006, relativa ai rifiuti
12. Direttiva 75/439/CEE del Consiglio, del 16 giugno 1975, concernente
l’eliminazione degli oli usati
13. Direttiva 91/689/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, relativa
ai rifiuti pericolosi
14. Direttiva 1999/31/CE del Consiglio, del 26 aprile 1999, relativa
alle discariche di rifiuti».
La direttiva LNE
12 I ‘considerando’ undicesimo e dodicesimo della direttiva LNE
dispongono quanto segue:
«(11) Un sistema di limiti nazionali per ciascuno Stato membro per le
emissioni di anidride solforosa, ossidi di azoto, composti organici
volatili ed ammoniaca costituisce un metodo economicamente conveniente
di conseguire obiettivi ambientali provvisori. Un simile sistema lascerà
alla Comunità e agli Stati membri la flessibilità necessaria per
decidere le modalità di adeguamento ai limiti di emissione.
(12) È opportuno assegnare agli Stati membri il compito di attuare le
misure necessarie per conformarsi ai limiti nazionali di emissione. Sarà
necessario valutare i progressi da questi compiuti nel conformarsi ai
limiti nazionali. I programmi nazionali di riduzione delle emissioni
dovrebbero pertanto essere elaborati e comunicati alla Commissione e
dovrebbero contenere informazioni sulle misure adottate o previste per
conformarsi ai limiti di emissione».
13 Il diciannovesimo ‘considerando’ della direttiva LNE enuncia quanto
segue:
«Le disposizioni della presente direttiva dovrebbero applicarsi fatta
salva la normativa comunitaria che disciplina le emissioni di tali
inquinanti provenienti da fonti specifiche e fatte salve le disposizioni
della direttiva [96/61], in relazione ai valori limite di emissione e
all’impiego delle migliori tecniche disponibili».
14 L’art. 1 della direttiva LNE stabilisce che lo scopo di quest’ultima
è limitare le emissioni delle sostanze inquinanti ad effetto
acidificante ed eutrofizzante e dei precursori dell’ozono, onde
assicurare una maggiore protezione dell’ambiente e della salute umana
dagli effetti nocivi provocati dall’acidificazione, dall’eutrofizzazione
del suolo e dall’ozono a livello del suolo.
15 L’art. 4 della direttiva LNE, intitolato «Limiti nazionali di
emissione», prevede quanto segue:
«1. Entro il 2010 gli Stati membri riducono le emissioni nazionali annue
di biossido di zolfo (SO2), ossidi di azoto (NOx), composti organici
volatili (COV) e ammoniaca (NH3) al di sotto dei limiti massimi di
emissione indicati all’allegato I, tenendo conto delle eventuali
modifiche apportate dalle misure comunitarie adottate in seguito alle
relazioni di cui all’articolo 9.
2. Negli anni successivi al 2010 gli Stati membri assicurano che non
siano superati i limiti di emissione indicati all’allegato I».
16 Ai sensi dell’art. 6 di detta direttiva:
«1. Entro il 1° ottobre 2002 gli Stati membri elaborano programmi per la
progressiva riduzione delle emissioni nazionali degli inquinanti di cui
all’articolo 4, al fine di conformarsi almeno ai limiti nazionali di
emissione indicati all’allegato I entro il 2010.
2. I programmi nazionali devono contenere una descrizione delle
politiche e misure adottate o previste e stime quantitative degli
effetti che dette politiche e misure avranno sugli inquinanti nel 2010.
Devono altresì indicare eventuali modifiche sostanziali previste nella
distribuzione geografica delle emissioni nazionali.
3. Entro il 1° ottobre 2006 gli Stati membri aggiornano e modificano,
secondo necessità, i programmi nazionali.
4. Gli Stati membri mettono a disposizione della popolazione e delle
organizzazioni interessate, come le associazioni ambientaliste, i
programmi elaborati ai sensi dei paragrafi 1, 2 e 3. Le informazioni
fornite alla popolazione ed alle organizzazioni ai sensi del presente
paragrafo devono essere chiare, comprensibili ed accessibili».
17 L’art. 7, nn. 1 e 2, della direttiva LNE è formulato come segue:
«1. Gli Stati membri elaborano ed aggiornano annualmente gli inventari e
le proiezioni nazionali delle emissioni per il 2010 relativamente agli
inquinanti di cui all’articolo 4.
2. Gli Stati membri elaborano gli inventari e le proiezioni delle
emissioni mediante le metodologie specificate all’allegato III».
18 L’art. 8, nn. 1 e 2, di tale direttiva prevede:
«1. Entro il 31 dicembre di ogni anno, gli Stati membri comunicano alla
Commissione e all’Agenzia europea dell’ambiente gli inventari nazionali
delle emissioni e le proiezioni delle emissioni per il 2010 elaborati ai
sensi dell’articolo 7. Essi comunicano un inventario definitivo delle
emissioni riferito al penultimo anno prima di quello in corso, e un
inventario provvisorio delle emissioni riferito all’anno precedente a
quello in corso. Le proiezioni delle emissioni devono includere
informazioni per la comprensione quantitativa dei principali assunti
socioeconomici delle proiezioni stesse.
2. Entro il 31 dicembre 2002 gli Stati membri comunicano alla
Commissione i programmi elaborati ai sensi dell’articolo 6, paragrafi 1
e 2.
Entro il 31 dicembre 2006 gli Stati membri comunicano alla Commissione i
programmi aggiornati ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3».
19 L’allegato I della direttiva LNE prevede, per il Regno dei Paesi
Bassi, un limite di emissione di 50 chilotonnellate di SO2 e di 260
chilotonnellate di NOx da raggiungere entro il 2010.
La normativa nazionale
20 Il recepimento nel diritto interno della direttiva 96/61, nonché
della direttiva IPPC, è stato effettuato modificando alcune disposizioni
della legge sulla tutela dell’ambiente (Wet Milieubeheer; in prosieguo:
la «WMB»). Ai sensi dell’art. 8.1, n. 1, lett. b), della WMB, è vietato,
in assenza di apposita autorizzazione, modificare o alterare l’utilizzo
di un impianto rientrante nell’ambito di applicazione della direttiva
96/61, in seguito della direttiva IPPC.
21 In particolare, l’art. 8.10 della WMB stabilisce che l’autorizzazione
per la costruzione e la gestione di un impianto siffatto può essere
rifiutata solo nell’interesse della tutela dell’ambiente. Il n. 2, lett.
a), dello stesso articolo, precisa al riguardo che l’autorizzazione è
comunque rifiutata qualora con il suo rilascio non si possa garantire
l’utilizzo nell’impianto delle migliori tecniche disponibili.
22 Ai sensi dell’art. 8.11, n. 2, della WMB, un’autorizzazione può
essere assoggettata a restrizioni, nell’interesse della tutela
dell’ambiente.
23 Con riferimento alla direttiva LNE, al fine di recepirla e porla in
esecuzione, le autorità olandesi hanno adottato diverse iniziative e
misure.
24 Nel 2002 il segretario di Stato per l’Edilizia sociale, l’Assetto del
territorio e l’Ambiente (Staatssecretaris van Volkshuisvesting,
Ruimtelijke Ordening en Milieubeheer), ai sensi dell’art. 8, n. 2, di
detta direttiva, ha elaborato e notificato alla Commissione la relazione
riguardante il programma nazionale sui limiti di emissione relativi
all’acidificazione e all’inquinamento atmosferico su larga scala («Rapportage
emissieplafonds verzuring en grootschalige luchtverontreiniging 2002»).
Nel 2003 egli ha predisposto la nota di attuazione riguardante i limiti
di emissione relativi all’acidificazione e all’inquinamento atmosferico
su larga scala («Uitvoeringsnotitie emissieplafonds verzuring en
grootschalige luchtverontreiniging 2003 Erop of eronder»), che descrive
le misure previste e ripartisce per settore i limiti di emissione
nazionali.
25 Il 6 luglio 2005 sono entrati in vigore la legge del 16 giugno 2005
di modifica della legge sull’inquinamento dell’aria (attuazione della
direttiva CE relativa ai limiti nazionali di emissione) [Wet van 16 juni
2005 tot wijziging van de Wet inzake de luchtverontreiniging (uitvoering
EG-richtlijn nationale emissieplafonds)], nonché il decreto di
attuazione della direttiva CE relativa ai limiti nazionali di emissione
(Besluit uitvoering EG-richtlijn nationale emissieplafonds).
26 Nel 2006 il programma nazionale di politica ambientale è stato
rivisto e aggiornato in conformità all’art. 8, n. 2, della direttiva LNE.
A tal fine il ministro per l’Edilizia sociale, l’Assetto del territorio
e l’Ambiente (Minister van Volkshuisvesting, Ruimtelijke Ordening en
Milieubeheer; in prosieguo: il «ministro») ha predisposto una relazione
sui limiti di emissione riguardanti l’acidificazione e l’inquinamento
atmosferico su larga scala («Uitvoeringsnotitie emissieplafonds
verzuring en grootschalige luchtverontreiniging 2006»), contenente un
complesso di prescrizioni normative, misure fiscali e accordi vincolanti
previsto ai fini del rispetto, entro il 31 dicembre 2010, dei limiti di
emissione stabiliti per il Regno dei Paesi Bassi.
27 Il 28 giugno 2007, facendo seguito alla nota di attuazione
riguardante i limiti di emissione relativi all’acidificazione e
all’inquinamento atmosferico su larga scala redatta dal segretario di
Stato per l’Edilizia sociale, l’Assetto del territorio e l’Ambiente, il
ministro ha stabilito il limite settoriale di emissione di SO2 relativo
al settore dell’energia quale pari a 13,5 chilotonnellate complessive
annue, indipendentemente dall’attivazione di nuove centrali. Un
protocollo di accordo SO2 vincolante ed esecutivo è stato stipulato il
26 giugno 2008 tra le autorità nazionali interessate, le autorità
provinciali (tra cui quelle dell’Olanda meridionale e di Groninga) e
tutte le imprese elettriche, al fine di rendere obbligatorio il rispetto
di tale limite di emissione nel settore dell’energia per tutti i
firmatari nel periodo sino al 31 dicembre 2019.
28 Per contro, nell’ambito del limite nazionale di emissione di NOx, le
autorità olandesi hanno istituito un sistema di scambi di diritti di
emissione, in base ad un obiettivo di 55 chilotonnellate di emissione di
NOx nel 2010 per i loro grandi impianti industriali.
Cause principali e questioni pregiudiziali
29 Nella causa C-165/09, con decisione 11 dicembre 2007, il College van
Gedeputeerde Staten van Groningen ha rilasciato alla RWE
un’autorizzazione per la costruzione e la gestione, nella zona
industriale di Eemshaven a Eemsmond, di una centrale elettrica
alimentata con carbone polverizzato e biomassa.
30 Il quantitativo di emissioni annualmente prodotto da tale impianto, a
partire dalla sua entrata in funzione prevista non prima del 2012,
dovrebbe corrispondere a 1454 tonnellate di SO2, che costituiscono circa
il 2,9% del limite nazionale di emissioni per tale sostanza inquinante.
31 Le fondazioni Natuur en Milieu, Greenpeace, il sig. e la sig.ra
Meijer, nonché i sigg.ri Zwaag e Pals hanno presentato un ricorso contro
tale decisione dinanzi al Raad van State.
32 Nella causa C-166/09, l’11 marzo 2008, il College van Gedeputeerde
Staten van Zuid-Holland ha autorizzato il progetto di Electrabel
riguardante la costruzione e la gestione, nella Missouriweg, in
Rotterdam, di una centrale elettrica alimentata con carbone polverizzato
e biomassa.
33 Questa centrale, che diventerà operativa non prima del 2013, dovrebbe
produrre un quantitativo annuo di emissioni pari a 580 tonnellate di SO2
e 730 tonnellate di NOx, vale a dire, rispettivamente, all’1,2% e allo
0,3% dei limiti nazionali di emissione stabiliti per l’SO2 e per l’NOx.
34 Le fondazioni Natuur en Milieu, Milieufederatie, Greenpeace nonché la
VVBV hanno impugnato la decisione di rilascio di detta autorizzazione
dinanzi al Raad van State.
35 Nella causa C-167/09, con decisione 26 ottobre 2007, il College van
Gedeputeerde Staten van Zuid-Holland ha rilasciato alla E.On
un’autorizzazione di revisione parziale per un nuovo impianto di
produzione di elettricità a combustione, in particolare di carbone,
stabilito in Coloradoweg, nella zona industriale di Rotterdam.
36 Il quantitativo annuo di emissioni previsto, a partire dalla messa in
funzionamento, non prima del 2012, dovrebbe corrispondere a 923
tonnellate di SO2 e a 1535 tonnellate di NOx, che costituiscono
rispettivamente l’1,8% e lo 0,6% dei limiti nazionali di emissione per
l’SO2 e per l’NOx.
37 Le fondazioni Natuur en Milieu, Milieufederatie, Greenpeace nonché la
VVBV hanno proposto ricorso contro la detta decisione di rilascio di
autorizzazione dinanzi al Raad van State.
38 Nell’ambito di questi tre ricorsi i ricorrenti nelle cause principali
hanno fatto valere in sostanza che, tenuto conto del fatto che i limiti
di emissione stabiliti per il Regno dei Paesi Bassi dalla direttiva LNE
non sarebbero stati rispettati entro il 2010, le autorità competenti non
avrebbero dovuto rilasciare le dette autorizzazioni o avrebbero dovuto
perlomeno subordinare il loro rilascio a condizioni più restrittive.
39 Nella sua decisione di rinvio il Raad van State condivide l’idea
secondo la quale, alla data del rilascio di dette autorizzazioni, le
politiche e le misure adottate non erano sufficienti per permettere al
Regno dei Paesi Bassi di raggiungere, entro il 2010, l’obiettivo di cui
all’art. 4 della direttiva LNE.
40 Infatti, come risulterebbe in particolare dalla relazione sui limiti
di emissione riguardante l’acidificazione e l’inquinamento atmosferico
su larga scala predisposto dal ministro, dalla relazione redatta nel
marzo 2008 dall’AEA Energy & Environment sulla valutazione dei piani
nazionali depositati in base alla direttiva LNE, nonché dalla
valutazione ambientale per il 2008 (“Milieubalans 2008”), adottata dal
Planbureau voor de Leefomgeving (Agenzia per la valutazione ambientale),
i limiti nazionali di emissione di SO2 e di NOx saranno, secondo le
stime, salvo cambiamenti di politica, probabilmente superati nei Paesi
Bassi nel 2010.
41 Pertanto, nell’ambito delle diverse cause principali, il giudice del
rinvio è stato portato ad interrogarsi in merito a determinati aspetti
del diritto dell’Unione, in termini identici, con le seguenti riserve:
- nella causa C-165/09 è controverso soltanto il limite di emissione di
SO2 stabilito dalla direttiva LNE, mentre le cause C-166/09 e C-167/09
riguardano altresì il limite di emissione di NOx indicato da tale
direttiva;
- tenuto conto dell’epoca di svolgimento dei fatti delle cause
principali, la prima questione pregiudiziale sollevata nelle cause
C-165/09 e C-167/09 riguarda l’interpretazione dell’art. 9 della
direttiva 96/61, mentre nella causa C-166/09 tale questione si riferisce
alla stessa disposizione, il cui testo resta invariato, nella sua
versione codificata dalla direttiva IPPC.
42 Ciò premesso, il Raad van State ha deciso di sospendere il giudizio e
di sottoporre alla Corte, in ciascuna delle cause principali, le
seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se l’obbligo di un’interpretazione conforme alla direttiva comporti
che gli obblighi imposti dalla direttiva [96/61] (attualmente: direttiva
[IPPC]), [(cause C-165/09 e C-167/09)] [o] della direttiva [IPPC]
[(causa C-166/09)], trasposti nella [WMB], possano e debbano essere
interpretati nel senso che, nella decisione sulla domanda di
autorizzazione ambientale, deve essere integralmente rispettato il
limite di emissione di SO2 [(causa C-165/09)] [o] i limiti di emissione
di SO2 e di NOx [(cause C-166/09 e C-167/09)] della direttiva [LNE],
segnatamente per quanto riguarda gli obblighi imposti dall’art. 9, n. 4,
della direttiva [IPPC].
2) a) Se l’obbligo di uno Stato membro di astenersi dall’adottare
disposizioni che possano compromettere gravemente il risultato
prescritto da una direttiva valga anche durante il periodo dal 27
novembre 2002 al 31 dicembre 2010, di cui all’art. 4, n. 1, della
direttiva LNE.
b) Se, nel corso del menzionato periodo dal 27 novembre 2002 al 31
dicembre 2010, oltre al, o invece del, menzionato obbligo di astensione
valgano per lo Stato membro in questione anche obblighi positivi, nel
caso di superamento potenziale o effettivo dei limiti nazionali di
emissione di SO2 e/o di NOx alla scadenza del detto periodo.
c) Se, per risolvere la seconda questione, sub a) e sub b), sia
rilevante che da una domanda di autorizzazione ambientale per un
impianto che contribuisce al superamento effettivo o potenziale del
limite nazionale di emissione di SO2 e/o di NOx di cui alla direttiva
LNE risulta che l’impianto entrerà in funzione non prima dell’anno 2011.
3) a) Se gli obblighi di cui alla seconda questione comportino che, ove
manchino garanzie che l’impianto per cui è stata richiesta
un’autorizzazione ambientale non concorrerà al superamento effettivo o
potenziale del limite nazionale di emissione di SO2 e/o di NOx di cui
alla direttiva LNE, lo Stato membro debba negare l’autorizzazione
richiesta oppure debba assoggettarla ad ulteriori condizioni o
restrizioni. Se per la soluzione della presente questione sia rilevante
in che misura l’impianto concorra a siffatto superamento effettivo o
potenziale.
b) Se invece dalla direttiva LEN discenda che allo Stato membro, anche
in caso di superamento effettivo o potenziale del limite nazionale di
emissione di SO2 e/o di NOx, spetti un margine di discrezionalità per
perseguire lo scopo prescritto dalla direttiva stessa, non negando
l’autorizzazione o assoggettandola a condizioni o a restrizioni
supplementari, ma adottando invece provvedimenti diversi, come una
compensazione altrove.
4) Se, nei limiti in cui sullo Stato membro gravino obblighi come quelli
di cui alle questioni seconda e terza, un singolo possa invocare il
rispetto di siffatti obblighi dinanzi al giudice nazionale.
5) a) Se un singolo possa invocare direttamente l’art. 4 della direttiva
LNE.
b) In caso di risposta affermativa, se un ricorso diretto sia possibile
a partire dal 27 novembre 2002 o solo dopo il 31 dicembre 2010. Se per
la soluzione di questa questione sia rilevante se dalla domanda di
autorizzazione ambientale consegua che l’impianto entrerà in funzione
non prima dell’anno 2011.
6) Se, segnatamente, ove la concessione di un’autorizzazione ambientale
e/o altre misure concorrano al superamento effettivo o potenziale dei
limiti nazionali di emissione di SO2 e/o di NOx, ai sensi della
direttiva LNE, un singolo possa far derivare dall’art. 4 della direttiva
medesima:
a) una pretesa generale all’adozione, da parte dello Stato interessato,
di un insieme di misure con cui al più tardi nel 2010 le emissioni
nazionali annue di SO2 e/o di NOx vengono ridotte a quantità non
eccedenti il limite nazionale di emissione di cui alla direttiva LNE,
ovvero, se ciò non fosse possibile, un insieme di misure con cui
siffatte emissioni vengono ridotte sino a tali quantità il più presto
possibile dopo tale anno;
b) pretese concrete all’adozione, da parte dello Stato membro, di misure
specifiche relative ad un singolo impianto - ad esempio sotto forma di
un rifiuto dell’autorizzazione o dell’assoggettamento
dell’autorizzazione a ulteriori condizioni o restrizioni - che
contribuiscano a ridurre al più tardi entro il 2010 le emissioni
nazionali annue di SO2 e/o di NOx a quantità non eccedenti il limite
nazionale di emissione di cui alla direttiva LNE, ovvero, se ciò non
fosse possibile, misure specifiche che contribuiscano a ridurre siffatte
emissioni sino a tali quantità il più presto possibile dopo tale anno.
c) Se per la soluzione della sesta questione, sub a) e sub b), sia
rilevante in che misura l’impianto concorra a siffatto superamento
effettivo o potenziale».
43 Con ordinanza del presidente della Corte 24 giugno 2009, i
procedimenti da C-165/09 a C-167/09 sono stati riuniti ai fini della
fase scritta e orale del procedimento nonché della sentenza.
Sulla ricevibilità
44 La RWE, la Electrabel e la E.On contestano la ricevibilità delle
domande di pronuncia pregiudiziale proposte.
45 In particolare tali società rilevano che le questioni poste, da un
lato, laddove vertono sull’interpretazione delle disposizioni della
direttiva LNE, non hanno alcun nesso con l’oggetto delle cause
principali, che riguardano il rilascio di un’autorizzazione ambientale
ai sensi delle disposizioni nazionali che hanno assicurato l’attuazione
del diritto interno della direttiva IPPC e, dall’altro, hanno carattere
ipotetico, dal momento che i programmi nazionali adottati
consentirebbero al Regno dei Paesi Bassi di non superare, alla scadenza
del 31 dicembre 2010, i limiti di emissione stabiliti per l’SO2 e l’NOx.
46 La E.On rileva inoltre che il Raad van State avrebbe potuto risolvere
le cause principali in base ad una giurisprudenza esistente già
consolidata che non lascerebbe alcun dubbio sull’applicazione corretta
del diritto dell’Unione pertinente.
47 A tale riguardo occorre ricordare che, in forza di una giurisprudenza
costante, nell’ambito di un procedimento ex art. 267 TFUE, basato sulla
netta separazione di funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, il
giudice nazionale è l’unico competente a conoscere e valutare i fatti
della controversia di cui alla causa principale nonché ad interpretare
ed a applicare il diritto nazionale. Parimenti spetta esclusivamente al
giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve
assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale,
valutare, alla luce delle particolari circostanze della causa, sia la
necessità, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di
conseguenza, se le questioni sollevate riguardano l’interpretazione del
diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a
pronunciarsi (v. sentenze 12 aprile 2005, causa C-145/03, Keller, Racc.
pag. I-2529, punto 33; 18 luglio 2007, causa C-119/05, Lucchini, Racc.
pag. I-6199, punto 43, nonché 11 settembre 2008, causa C-11/07,
Eckelkamp e a., Racc. pag. I-6845, punti 27 e 32).
48 La Corte può rifiutare di pronunciarsi, in particolare, qualora
risulti manifestamente che l’interpretazione del diritto dell’Unione
richiesta non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto
della causa principale, oppure qualora il problema sia di natura
ipotetica (v., in tal senso, sentenze 13 marzo 2001, causa C-379/98,
PreussenElektra, Racc. pag. I-2099, punto 39, e 10 marzo 2009, causa
C-169/07, Hartlauer, Racc. pag. I-1721, punto 25).
49 Orbene, tali circostanze non sono riscontrabili nell’ambito dei
presenti procedimenti.
50 Infatti, nelle decisioni di rinvio, il Raad van State, da un lato, si
domanda precisamente se gli obblighi derivanti dalla direttiva IPPC, e
in particolare dal suo art. 9, impongano alle autorità nazionali
competenti di tenere conto, al momento del rilascio di un’autorizzazione
a titolo di questa direttiva (in prosieguo: l’«autorizzazione
ambientale»), dei limiti nazionali di SO2 e di NOx stabiliti dalla
direttiva LNE. Conseguentemente non si può affermare che
l’interpretazione richiesta delle disposizioni di tale direttiva non ha
alcun nesso con l’oggetto della causa principale.
51 Dall’altro, tale giudice s’interroga sulla portata degli obblighi che
incombono agli Stati membri in forza dell’art. 4 della direttiva LNE
nonché delle altre disposizioni pertinenti di quest’ultima, in
particolare nei casi in cui sussiste il rischio che tali Stati non
rispettino i limiti nazionali di SO2 e di NOx stabiliti da tale
direttiva. Orbene, poiché la valutazione delle informazioni tecniche e
dei dati scientifici cui si riferisce, a quest’ultimo riguardo, il Raad
van State non è condivisa da tutte le parti e siffatto rischio non può
essere escluso, non emerge, quanto meno in maniera manifesta, che le
questioni poste presentino un carattere ipotetico rispetto alle
decisioni che detto giudice nazionale è chiamato ad emettere nelle cause
principali.
52 Inoltre, per quanto riguarda l’argomento della E.ON secondo il quale
le questioni sollevate nelle presenti cause riguardano
un’interpretazione del diritto dell’Unione discendente in modo evidente
da una consolidata giurisprudenza della Corte, si deve rammentare che
l’art. 267 TFUE permette sempre ad un giudice nazionale, ove lo ritenga
opportuno, di deferire alla Corte questioni di interpretazione (v., in
tal senso, sentenze 27 marzo 1963, cause riunite da 28/62 a 30/62, Da
Costa e a., Racc. pag. 59, in particolare pag. 76; 6 ottobre 1982, causa
283/81, Cilfit e a., Racc. pag. 3415, punto 15, nonché 12 ottobre 2010,
causa C-45/09, Rosenbladt, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto
31).
53 Di conseguenza le domande di pronuncia pregiudiziale devono essere
considerate ricevibili.
Nel merito
Osservazioni preliminari
54 Nelle domande di pronuncia pregiudiziale sottoposte alla Corte, il
giudice del rinvio menziona sia la direttiva 96/61 sia la direttiva IPPC,
avendo riguardo all’epoca di svolgimento dei fatti delle cause
principali.
55 Tuttavia, dal momento che le disposizioni dell’art. 9 delle direttive
96/61 e IPPC menzionate nella prima questione pregiudiziale sono redatte
in modo identico e devono essere quindi interpretate nello stesso modo
(v. sentenze 17 settembre 2002, causa C-513/99, Concordia Bus Finland,
Racc. pag. I-7213, punto 91, nonché 24 novembre 2005, causa C-331/04,
ATI EAC e Viaggi di Maio e a., Racc. pag. I-10109, punto 20), la Corte
può risolvere dette questioni facendo riferimento unicamente alla
versione consolidata di tali disposizioni.
Sulla prima questione
56 Con la sua prima questione il Raad van State chiede, in sostanza, se
l’art. 9, nn. 1, 3 e 4 della direttiva IPPC debba essere interpretato
nel senso che, al momento del rilascio di un’autorizzazione ambientale
per la costruzione e la gestione di un impianto industriale, le autorità
nazionali competenti hanno l’obbligo di includere tra le condizioni di
rilascio di tale autorizzazione, i limiti nazionali di emissione di SO2
e di NOx stabiliti dalla direttiva LNE.
57 Al riguardo si deve anzitutto constatare, come altresì rilevato da
tutti gli Stati membri intervenuti nel presente procedimento, che
nessuno di detti numeri dell’art. 9 della direttiva IPPC rinvia,
espressamente o implicitamente, a tali limiti di emissione.
58 Con riferimento al n. 1 di tale articolo, esso non si riferisce a
detti limiti di emissione allorché obbliga gli Stati membri a garantire
che l’autorizzazione ambientale includa tutte le misure necessarie a
soddisfare le condizioni di cui all’art. 3 della direttiva IPPC.
Quest’ultimo si limita infatti a prescrivere, da un lato, che l’impianto
sia gestito adottando le misure di prevenzione opportune affinché non si
verifichino fenomeni di inquinamento significativi, applicando
segnatamente le migliori tecniche disponibili e, dall’altro, che sia
evitata o limitata la produzione di rifiuti per ridurre l’impatto
sull’ambiente, che l’energia sia utilizzata in modo efficace e che siano
adottate le misure necessarie per prevenire gli incidenti e limitarne le
conseguenze, nonché per evitare qualsiasi rischio di inquinamento e
ripristinare il sito stesso dell’impianto in maniera soddisfacente al
momento della cessazione definitiva delle attività.
59 Nessun rinvio viene nemmeno effettuato dal n. 1 dell’art. 9 della
direttiva IPPC, letto in combinato disposto con il n. 4 di
quest’articolo, allorché esso impone alle autorità nazionali competenti
di rispettare altresì, se del caso, le condizioni di autorizzazione di
cui all’art. 10 di questa direttiva.
60 Infatti quest’ultimo articolo prevede, in particolare, che detta
autorizzazione prescriva misure supplementari particolari qualora «norm[e]
di qualità ambientale» richiedano condizioni più rigorose di quelle
ottenibili con le migliori tecniche disponibili.
61 Dalla formulazione dell’art. 2, punto 7, della direttiva IPPC risulta
nondimeno che tali norme costituiscono disposizioni che stabiliscono i
«requisiti che devono sussistere in un dato momento in un determinato
ambiente o in una specifica parte di esso» e sono pertanto connesse alle
caratteristiche qualitative degli elementi tutelati.
62 Orbene, come rileva altresì l’avvocato generale al paragrafo 63 delle
sue conclusioni, i limiti nazionali di emissione previsti dalla
direttiva LNE non presentano tali caratteristiche, dal momento che
rinviano alla quantità complessiva di sostanze inquinanti che possono
essere rilasciate nell’atmosfera e non a requisiti concreti di carattere
qualitativo, che devono sussistere in un dato momento in un determinato
ambiente.
63 Un rinvio ai limiti di emissione in parola non risulta nemmeno
dall’art. 9, n. 3, della direttiva IPPC. È pur vero, infatti, che ai
sensi di tale disposizione ogni autorizzazione ambientale deve indicare
i valori limite di emissione delle sostanze inquinanti che possono
essere rilasciate dagli impianti interessati, tra cui figurano in
particolare l’SO2 e l’NOx.
64 Tuttavia l’art. 19, n. 2, della direttiva IPPC prevede al riguardo
che, in mancanza di valori limite di emissione comunitari, agli impianti
di cui trattasi si applicano i valori fissati «nelle direttive elencate
nell’allegato II e in altre regolamentazioni comunitarie» quali valori
limite di emissione minimi.
65 Orbene, si deve constatare che la direttiva LNE, da un lato, non
figura tra quelle elencate al detto allegato II. Dall’altro, poiché essa
prevede limiti di emissione nazionali per inquinanti riversati
nell’atmosfera da molteplici fonti e attività non specificate, tale
direttiva non può nemmeno essere considerata come un’«altr[a]
regolamentazion[e] comunitari[a]» che stabilisce valori limite di
emissione, dal momento che questi ultimi costituiscono, ai sensi
dell’art. 2 della direttiva IPPC, «la massa espressa in rapporto a
determinati parametri specifici, la concentrazione e/o il livello di
un’emissione che non possono essere superati in uno o più periodi di
tempo (...) [che] si applicano di norma nel punto di fuoriuscita delle
emissioni dall’impianto».
66 Infine, all’art. 9, n. 4, della direttiva IPPC non appare alcun
riferimento implicito ai limiti indicati dalla direttiva LNE. Infatti,
da un lato, la prima frase di tale disposizione si limita a prevedere
che i valori limite di emissione devono essere basati sulle migliori
tecniche disponibili, senza l’obbligo di utilizzare una tecnica o una
tecnologia specifica, tenendo conto delle caratteristiche tecniche
dell’impianto in questione, della sua ubicazione geografica e delle
condizioni locali dell’ambiente.
67 Dall’altro, l’obbligo previsto nella seconda frase di tale
disposizione, di far sì che le condizioni di autorizzazione prevedano
disposizioni per ridurre al minimo l’inquinamento su grande distanza o
transfrontaliero e garantiscano un elevato livello di protezione
dell’ambiente nel suo complesso può essere interpretato soltanto nel
contesto del sistema istituito dalla direttiva IPPC stessa e in
particolare di detta disposizione, formulata alla prima frase di tale
numero, secondo la quale i valori limite di emissione si devono
obbligatoriamente basare sulle migliori tecniche disponibili.
68 Peraltro si deve aggiungere che la direttiva IPPC, adottata in base
all’art. 175, n. 1, CE al fine di realizzare gli obiettivi e i principi
della politica dell’Unione in materia di ambiente sanciti all’art. 174
CE, non prevede un’armonizzazione completa. In tale contesto gli Stati
membri conservano la facoltà, ai sensi dell’art. 9, nn. 7 e 8, di tale
direttiva, di prevedere altre condizioni di autorizzazione specifiche,
eventualmente rafforzate, nonché di stabilire determinati requisiti per
talune categorie di impianti sotto forma di disposizioni generali
vincolanti, purché siano garantiti un approccio integrato e un
corrispondente livello elevato di protezione complessiva dell’ambiente.
69 Ciò precisato si deve inoltre constatare che nemmeno alcuna
disposizione della direttiva LNE obbliga le autorità nazionali
competenti, nel rilasciare l’autorizzazione ambientale, ad includere tra
le condizioni di autorizzazione il rispetto dei limiti nazionali di
emissione di SO2 e di NOx.
70 Al contrario, il legislatore dell’Unione ha espressamente previsto,
al diciannovesimo ‘considerando’ della direttiva LNE, che quest’ultima
dovrebbe applicarsi «[fatte salve le disposizioni della direttiva IPPC],
in relazione ai valori limite di emissione e all’impiego delle migliori
tecniche disponibili» lasciando così intendere che gli obblighi che
incombono agli Stati membri in forza della direttiva LNE non possono
direttamente incidere su quelli che discendono, in particolare,
dall’art. 9 della direttiva IPPC.
71 Tale interpretazione è suffragata, infine, dalla differente finalità
e dall’impostazione generale di ciascuna delle due direttive in parola.
72 Infatti come definito sostanzialmente dall’art. 1 della direttiva
IPPC, quest’ultima ha per oggetto la prevenzione e la riduzione
integrate dell’inquinamento attraverso l’adozione di misure intese a
evitare, oppure, qualora non sia possibile, a ridurre le emissioni delle
attività ivi indicate nell’aria, nell’acqua e nel suolo, per conseguire
un livello elevato di protezione dell’ambiente nel suo complesso. Tale
approccio integrato si concretizza in un efficace coordinamento della
procedura e delle condizioni di autorizzazione degli impianti
industriali aventi un elevato potenziale di inquinamento (v., in tal
senso, per la direttiva 96/61, sentenza 22 gennaio 2009, Association
nationale pour la protection des eaux et rivières e OABA, causa
C-473/07, Racc. pag. I-319, punti 25 e 26).
73 A tal fine, come la Commissione ha enunciato nella sua comunicazione
presentata il 21 dicembre 2007 al Consiglio, al Parlamento europeo, al
Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Verso
una politica più efficace in materia di emissioni industriali [COM
(2007) 843 def.)], la direttiva IPPC definisce i principi di base per la
concessione delle autorizzazioni e il controllo dei grandi impianti
industriali sulla base di un approccio integrato e dell’applicazione
delle migliori tecniche disponibili, cioè le tecniche più efficaci a
disposizione per raggiungere un livello elevato di tutela ambientale,
alla luce dei rispettivi costi e benefici.
74 La direttiva LNE mira invece, come risulta dai suoi artt. 1 e 2, a
limitare le emissioni, rilasciate da qualsiasi fonte, delle sostanze
inquinanti ad effetto acidificante ed eutrofizzante e dei precursori
dell’ozono, onde assicurare una maggiore protezione dell’ambiente e
della salute umana, e perseguire l’obiettivo a lungo termine di
mantenere il livello ed il carico di queste sostanze al di sotto dei
valori critici.
75 Inoltre, come risulta chiaramente dall’art. 4, nonché dai
‘considerando’ undicesimo e dodicesimo della direttiva LNE, quest’ultima
si basa su un approccio meramente programmatico, che lascia agli Stati
membri ampia discrezionalità nella scelta delle politiche e delle misure
da adottare o prevedere, al fine di ridurre progressivamente in maniera
strutturale le emissioni, in particolare di SO2 e di NOx, a quantitativi
che non superino, entro la fine del 2010, i limiti di emissione indicati
nell’allegato I di tale direttiva. Ne consegue che la realizzazione
degli obiettivi stabiliti da quest’ultima non può direttamente
interferire nei procedimenti di rilascio di un’autorizzazione
ambientale.
76 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono si deve pertanto
risolvere la prima questione nel senso che l’art. 9, nn. 1, 3 e 4, della
direttiva IPPC deve essere interpretato nel senso che gli Stati membri,
nel rilasciare autorizzazioni ambientali per la costruzione e la
gestione di impianti industriali come quelle di cui trattasi nelle cause
principali, non sono obbligati ad inserire tra le condizioni di rilascio
di tale autorizzazione il rispetto dei limiti di emissione nazionali di
SO2 e di NOx stabiliti dalla direttiva LNE, pur dovendo rispettare
l’obbligo derivante dalla direttiva LNE di adottare o di prevedere,
nell’ambito di programmi nazionali, politiche e misure adeguate e
coerenti atte a ridurre complessivamente le emissioni, in particolare di
tali inquinanti, a quantitativi che non superino i limiti indicati
nell’allegato I di tale direttiva entro il 2010.
Sulle questioni seconda e terza
77 Con le sue questioni seconda e terza, che occorre esaminare
congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, da un lato,
quali obblighi incombano agli Stati membri in forza della direttiva LNE
nel periodo compreso tra il 27 novembre 2002, termine di attuazione
della stessa, e il 31 dicembre 2010, termine alla scadenza del quale
detti Stati membri devono rispettare i limiti di emissione stabiliti da
tale direttiva. Dall’altro, tale giudice chiede se, tenuto conto di tali
obblighi, le autorità nazionali competenti potrebbero essere tenute a
rifiutare o limitare il rilascio di un’autorizzazione ambientale o ad
adottare misure di compensazione specifiche nel caso di superamento
potenziale o effettivo dei limiti nazionali di emissione di SO2 e di NOx
di cui alla direttiva LNE.
Sull’obbligo di astensione dall’adottare disposizioni che possano
compromettere gravemente il risultato prescritto da una direttiva
78 In via preliminare si deve ricordare che, conformemente a una
giurisprudenza costante, in pendenza del termine per la trasposizione di
una direttiva, gli Stati membri, destinatari di quest’ultima, devono
astenersi dall’adottare disposizioni che possano compromettere
gravemente il risultato prescritto dalla direttiva stessa (sentenze 18
dicembre 1997, causa C-129/96, Inter-Environnement Wallonie, Racc. pag.
I-7411, punto 45; 8 maggio 2003, causa C-14/02, ATRAL, Racc. pag.
I-4431, punto 58, nonché 23 aprile 2009, cause riunite C-261/07 e
C-299/07, VTB-VAB e Galatea, Racc. pag. I-2949, punto 38). Un siffatto
obbligo di astensione che si impone a tutte le autorità nazionali (v.
sentenza 4 luglio 2006, causa C-212/04, Adeneler e a., Racc. pag.
I-6057, punto 122, nonché giurisprudenza citata), deve essere inteso
come riferito all’adozione di qualsiasi misura, generale o specifica,
che possa produrre un tale effetto vanificatore.
79 Quest’obbligo d’astensione si impone agli Stati membri, in forza
dell’applicazione del combinato disposto degli artt. 4, n. 3, TUE e 288,
n. 3, TFUE, anche in un periodo transitorio nel corso del quale essi
sono autorizzati a continuare ad applicare i loro regimi nazionali,
sebbene questi ultimi non siano conformi alla direttiva in parola (v.,
sentenze 10 novembre 2005, causa C-316/04, Stichting Zuid-Hollandse
Milieufederatie, Racc. pag. I-9759, punto 42, e 14 settembre 2006, causa
C-138/05, Stichting Zuid-Hollandse Milieufederatie, Racc. pag. I-8339,
punto 42).
80 Ne consegue pertanto che il rispetto di un siffatto obbligo si
applica anche durante il periodo transitorio previsto all’art. 4 della
direttiva LNE, nel corso del quale gli Stati membri sono autorizzati a
non attenersi ancora ai quantitativi annuali di emissioni nazionali
indicati nell’allegato I di tale direttiva. Spetta al giudice nazionale
verificare il rispetto di quest’obbligo con riferimento alle
disposizioni e alle misure di cui deve esaminare la legittimità. (v., in
tal senso, sentenza Inter-Environnement Wallonie, cit., punto 46).
81 Al riguardo, occorre nondimeno rilevare che una tale verifica deve
essere necessariamente condotta in base ad una valutazione globale,
tenendo conto del complesso delle politiche e delle misure adottate sul
territorio nazionale interessato.
82 Infatti, con riferimento al sistema stabilito dalla direttiva LNE e,
in particolare, all’approccio programmatico che essa prevede, come
ricordato al punto 75 della presente sentenza, la realizzazione del
risultato prescritto da tale direttiva può essere seriamente ostacolato
dagli Stati membri soltanto attraverso l’adozione e l’esecuzione di un
complesso di politiche e misure le quali, tenuto conto in particolare
dei loro effetti concreti e della loro durata nel tempo, tollerano o
creano una situazione critica rispetto alla quantità totale di emissioni
rilasciate nell’atmosfera da tutte le fonti inquinanti tale da
compromettere necessariamente il rispetto, entro il 2010, dei limiti
indicati nell’allegato I di detta direttiva (v., per analogia, sentenza
Inter-Environnement Wallonie, cit., punti 47 e 49).
83 Ne consegue che una semplice misura specifica relativa a una sola
fonte di SO2 e di NOx, che consista nella decisione di rilascio di
un’autorizzazione ambientale per la costruzione e la gestione di un
impianto industriale, non sembra atta, di per sé, a compromettere
seriamente il risultato prescritto dalla direttiva LNE, vale a dire
quello di limitare le emissioni di tali fonti inquinanti nell’atmosfera
a quantitativi complessivi annuali che non superino i detti limiti
nazionali entro il 2010. Tale conclusione vale a maggior ragione
qualora, in circostanze come quelle delle cause principali, l’impianto
di cui trattasi debba essere messo in funzione soltanto non prima del
2012.
Sugli obblighi positivi che incombono agli Stati membri nel periodo
transitorio dal 27 novembre 2002 al 31 dicembre 2010
84 Con riferimento alla questione se agli Stati membri incombano
obblighi positivi nel periodo transitorio dal 27 novembre 2002 al 31
dicembre 2010, ed in tal caso di quali obblighi positivi si tratti, si
deve ricordare che, conformemente a una giurisprudenza costante,
l’obbligo di uno Stato membro di adottare tutti i provvedimenti
necessari per raggiungere il risultato prescritto da una direttiva è un
obbligo cogente, prescritto dall’art. 288, n. 3, TFUE e dalla direttiva
stessa (v. sentenze 26 febbraio 1986, causa 152/84, Marshall, Racc. pag.
723, punto 48; 24 ottobre 1996, causa C-72/95, Kraaijeveld e a., Racc.
pag. I-5403, punto 55, nonché Inter-Environnement Wallonie, cit., punto
40).
85 Risulta da tale obbligo che durante il termine fissato per la
trasposizione gli Stati membri devono adottare i provvedimenti necessari
ad assicurare che il risultato prescritto dalla direttiva sarà
realizzato alla scadenza del termine stesso (sentenza
Inter-Environnement Wallonie, cit., punto 44). Lo stesso vale con
riferimento ad un periodo transitorio come quello previsto all’art. 4
della direttiva LNE.
86 Al riguardo si deve rilevare che la stessa direttiva LNE stabilisce
taluni obblighi positivi in capo agli Stati membri durante questo
periodo, riguardanti in particolare la definizione di strategie di
intervento a livello globale allo scopo di ridurre progressivamente,
entro la fine del 2010, le emissioni annuali degli inquinanti di cui
trattasi a quantitativi che non superino i limiti stabiliti
nell’allegato I di tale direttiva.
87 Più precisamente, ai sensi degli artt. 6 e 8, n. 2, della direttiva
LNE, gli Stati membri devono elaborare entro il 1° ottobre 2002, e
aggiornare e modificare, se necessario, entro il 1° ottobre 2006,
programmi per la progressiva riduzione delle emissioni controverse, che
essi devono mettere a disposizione della popolazione e delle
organizzazioni interessate mediante informazioni chiare, comprensibili e
facilmente accessibili, e comunicare alla Commissione nei termini
prescritti. Gli artt. 7, nn. 1 e 2, e 8, n. 1, della direttiva LNE
obbligano inoltre gli Stati membri ad elaborare ed aggiornare
annualmente gli inventari nazionali di dette emissioni, nonché le
proiezioni nazionali per il 2010. Gli inventari definitivi delle
emissioni riferiti al penultimo anno prima di quello in corso e gli
inventari provvisori delle emissioni riferiti all’anno precedente a
quello in corso, nonché le proiezioni nazionali per il 2010 devono
essere comunicati, entro il 31 dicembre di ogni anno, alla Commissione e
all’Agenzia europea dell’ambiente (v., in tal senso, sentenza 18
dicembre 2008, causa C-273/08, Commissione/Lussemburgo, punti 2 e 11).
88 Con riferimento al contenuto concreto di tali programmi nazionali
occorre nondimeno constatare che, come ricordato al punto 75 della
presente sentenza, l’ampia discrezionalità concessa agli Stati membri
dalla direttiva LNE osta a che questi ultimi incontrino limiti nella
realizzazione di tali programmi e siano quindi obbligati ad adottare o
ad astenersi dall’adottare misure o iniziative specifiche per ragioni
estranee a valutazioni di carattere strategico che tengano conto,
complessivamente, delle circostanze di fatto e dei differenti interessi
pubblici e privati coinvolti.
89 L’imposizione di eventuali prescrizioni in tal senso sarebbe
contraria alla volontà del legislatore dell’Unione, diretta in
particolare a consentire agli Stati membri di garantire un certo
equilibrio tra i differenti interessi coinvolti. Inoltre una siffatta
imposizione porterebbe a creare vincoli eccessivi per gli Stati membri e
sarebbe pertanto contraria al principio di proporzionalità sancito
all’art. 5 TUE, espressamente ricordato al tredicesimo ‘considerando’
della direttiva LNE, il quale esige che gli strumenti istituiti da una
disposizione del diritto dell’Unione siano idonei a realizzare i
legittimi obiettivi perseguiti dalla normativa di cui trattasi e non
vadano oltre quanto è necessario per raggiungerli (v., sentenze 6
dicembre 2005, cause riunite C-453/03, C-11/04, C-12/04 e C-194/04, ABNA
e a., Racc. pag. I-10423, punto 68 e giurisprudenza citata, nonché 8
giugno 2010, causa C-58/08, Vodafone e a., non ancora pubblicata nella
Raccolta, punto 51).
90 Ne consegue pertanto che durante il periodo transitorio dal 27
novembre 2002 al 31 dicembre 2010, l’art. 288, n. 3, TFUE e la stessa
direttiva LNE non impongono agli Stati membri né di rifiutare o limitare
il rilascio di autorizzazioni ambientali, quali quelle di cui trattasi
nelle cause principali, né di adottare misure di compensazione
specifiche per ciascuna autorizzazione del genere che venga rilasciata,
nemmeno in caso di superamento potenziale o effettivo dei limiti
nazionali di emissione di SO2 e di NOx.
91 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, le questioni
seconda e terza devono essere risolte nel senso che, durante il periodo
transitorio dal 27 novembre 2002 al 31 dicembre 2010, previsto all’art.
4 della direttiva LNE:
- gli artt. 4, n. 3, TUE e 288, n. 3, TFUE, nonché la direttiva LNE
impongono agli Stati membri di astenersi dall’adottare misure che
possano compromettere seriamente la realizzazione del risultato
prescritto da tale direttiva;
- l’adozione da parte degli Stati membri di una misura specifica
relativa ad una sola fonte di SO2 e di NOx non appare, di per sé sola,
capace di compromettere seriamente il conseguimento del risultato
prescritto dalla direttiva LNE. Spetta al giudice nazionale verificare
se tale condizione ricorra per ciascuna delle decisioni di rilascio di
un’autorizzazione ambientale per la costruzione e la gestione di un
impianto industriale, quali quelle controverse nelle cause principali;
- l’art. 288, n. 3, TFUE e gli artt. 6, 7, nn. 1 e 2, nonché 8, nn. 1 e
2, della direttiva LNE impongono agli Stati membri, da un lato, di
elaborare, aggiornare e modificare, se necessario, programmi per la
progressiva riduzione delle emissioni nazionali di SO2 e di NOx, che
essi devono mettere a disposizione della popolazione e delle
organizzazioni interessate mediante informazioni chiare, comprensibili e
facilmente accessibili, e comunicare alla Commissione nei termini
prescritti, e, dall’altro, di elaborare ed aggiornare annualmente gli
inventari nazionali di dette emissioni, nonché le proiezioni nazionali
per il 2010, che essi devono comunicare, nei termini prescritti, alla
Commissione e all’Agenzia europea dell’ambiente;
- l’art. 288, n. 3, TFUE e la stessa direttiva LNE non impongono agli
Stati membri né di rifiutare o limitare il rilascio di autorizzazioni
ambientali per la costruzione e la gestione di impianti industriali,
come quelle controverse nelle cause principali, né di adottare misure di
compensazione specifiche per ciascuna autorizzazione del genere che
venga rilasciata, nemmeno in caso di superamento potenziale o effettivo
dei limiti di emissione nazionali di SO2 e di NOx.
Sulle questioni dalla quarta alla sesta
92 Con le questioni dalla quarta alla sesta, che occorre esaminare
congiuntamente, il giudice del rinvio chiede in sostanza se, ed in caso
affermativo, in quale misura, un singolo possa invocare direttamente
dinanzi ai giudici nazionali gli obblighi imposti dagli artt. 4 e 6
della direttiva LNE.
93 Al riguardo si deve anzitutto ricordare che, ai sensi di una
giurisprudenza costante, in tutti i casi in cui le disposizioni di una
direttiva appaiono, dal punto di vista sostanziale, incondizionate e
sufficientemente precise, i singoli possono farle valere nei confronti
dello Stato membro, sia che questo non abbia recepito tempestivamente la
direttiva nell’ordinamento interno, sia che l’abbia recepita in modo non
corretto (v., in particolare, sentenze 19 novembre 1991, cause riunite
C-6/90 e C-9/90, Francovich e a., Racc. pag. I-5357, punto 11; 11 luglio
2002, causa C-62/00, Marks & Spencer, Racc. pag. I-6325, punto 25,
nonché 5 ottobre 2004, cause riunite da C-397/01 a C-403/01, Pfeiffer e
a., Racc. pag. I-8835, punto 103).
94 Infatti, come ha ricordato più volte la Corte, è incompatibile con il
carattere vincolante che l’art. 288, n. 3, TFUE riconosce alla direttiva
escludere, in linea di principio, che l’obbligo che essa impone possa
essere invocato dagli interessati. Questa considerazione vale in modo
particolare per una direttiva, il cui scopo è quello di controllare
nonché ridurre l’inquinamento atmosferico e che mira, di conseguenza, a
tutelare la sanità pubblica (v. sentenza 25 luglio 2008, causa C-237/07,
Janecek, Racc. pag. I-6221, punto 37).
95 A tal proposito si deve comunque ricordare che una disposizione del
diritto dell’Unione è incondizionata se sancisce un obbligo non soggetto
ad alcuna condizione né subordinato, per quanto riguarda la sua
osservanza o i suoi effetti, all’emanazione di alcun atto da parte delle
istituzioni dell’Unione o degli Stati membri (v., in particolare,
sentenze 3 aprile 1968, causa 28/67, Molkerei-Zentrale Westfalen/Lippe,
Racc. pag. 211, nonché 23 febbraio 1994, causa C-236/92, Comitato di
coordinamento per la difesa della cava e a., Racc. pag. I-483, punto 9).
96 Orbene, con riferimento all’art. 4 della direttiva LNE, si deve
constatare che esso non risponde alle caratteristiche precedentemente
enunciate.
97 Infatti, considerato nel suo contesto, questo articolo riveste
carattere meramente programmatico, dal momento che si limita ad
enunciare un obiettivo da raggiungere lasciando agli Stati membri
un’ampia discrezionalità quanto alle modalità da porre in atto a tal
fine.
98 Ne consegue che, dal momento che detto art. 4 della direttiva LNE non
prevede alcun obbligo incondizionato e sufficientemente preciso che
impone l’adozione di politiche o di misure specifiche e puntuali
destinate a permettere la realizzazione del risultato stabilito, i
singoli non possono farlo valere direttamente dinanzi a un giudice
nazionale per pretendere, prima del 31 dicembre 2010, che le autorità
competenti rifiutino o limitino l’adozione di decisioni di rilascio di
autorizzazioni ambientali quali quelle controverse nelle cause
principali, o che adottino misure di compensazione specifiche a seguito
del rilascio di una siffatta autorizzazione.
99 Per contro, l’art. 6 della direttiva LNE presenta un carattere
incondizionato e sufficientemente preciso in quanto, in termini
inequivocabili, impone agli Stati membri, da un lato, ai sensi dei suoi
nn. 1-3, di elaborare programmi nazionali per la progressiva riduzione
delle emissioni nazionali, in particolare di SO2 e NOx, al fine di
conformarsi, entro il 2010, ai limiti indicati nell’allegato I di detta
direttiva e, dall’altro, ai sensi del suo n. 4, di mettere tali
programmi a disposizione della popolazione e delle organizzazioni
interessate, come le associazioni ambientaliste, mediante informazioni
chiare, comprensibili e facilmente accessibili.
100 Ne consegue che le persone fisiche e giuridiche direttamente
interessate devono poter ottenere dalle autorità competenti,
eventualmente ricorrendo ai giudici nazionali, il rispetto e
l’attuazione di tali norme del diritto dell’Unione.
101 Quanto al contenuto dei programmi che devono essere elaborati, anche
se, come discende dal punto 88 della presente sentenza, gli Stati membri
dispongono di un’ampia discrezionalità quanto alla scelta delle
iniziative specifiche da realizzare, è pur vero che essi non hanno
l’obbligo di adottare politiche e misure tali da non determinare nessun
superamento entro il 2010.
102 Risulta tuttavia dall’art. 6 della direttiva LNE, nonché
dall’impostazione di tale direttiva, che mira ad una riduzione
progressiva delle emissioni nazionali degli inquinanti espressamente
indicati, che spetta agli Stati membri, nel periodo transitorio dal 27
novembre 2002 al 31 dicembre 2010, adottare o prevedere politiche e
misure, adeguate e coerenti, atte a ridurre, complessivamente, le
emissioni di tali inquinanti in modo da conformarsi ai limiti nazionali
previsti nell’allegato I di detta direttiva.
103 In questa prospettiva occorre rilevare che, sebbene gli Stati membri
dispongano di un potere discrezionale, l’art. 6 della direttiva LNE
fissa alcuni limiti all’esercizio di quest’ultimo, i quali possono
essere fatti valere dinanzi ai giudici nazionali, in relazione al
carattere adeguato dell’insieme delle politiche e misure adottate o
previste, nell’ambito dei programmi nazionali rispettivi, al detto scopo
di limitare, entro il 2010, le emissioni degli inquinanti indicati a
quantitativi che non superino i limiti fissati per ciascuno Stato membro
(v., in tal senso, sentenza Janecek, citata, punto 46).
104 Alla luce delle suesposte considerazioni, le questioni dalla quarta
alla sesta vanno risolte come segue:
- L’art. 4 della direttiva LNE non è incondizionato e sufficientemente
preciso da poter essere invocato dai singoli dinanzi ai giudici
nazionali prima del 31 dicembre 2010.
- L’art. 6 della direttiva LNE attribuisce ai singoli direttamente
interessati diritti che possono essere invocati dinanzi ai giudici
nazionali per pretendere che, nel periodo transitorio dal 27 novembre
2002 al 31 dicembre 2010, gli Stati membri adottino o prevedano,
nell’ambito di programmi nazionali, politiche e misure, adeguate e
coerenti, atte a ridurre, complessivamente, le emissioni degli
inquinanti indicati in modo da conformarsi ai limiti nazionali previsti
nell’allegato I di detta direttiva entro il 2010, e mettano i programmi
elaborati a tal fine a disposizione della popolazione e delle
organizzazioni interessate mediante informazioni chiare, comprensibili e
facilmente accessibili.
Sulle spese
105 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente
procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice
nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da
altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar
luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:
1) L’art. 9, nn. 1, 3 e 4, della direttiva del Consiglio 24 settembre
1996, 96/61/CE, sulla prevenzione e la riduzione integrate
dell’inquinamento, nella sua versione originaria, nonché in quella
codificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 15
gennaio 2008, 2008/1/CE, sulla prevenzione e la riduzione integrate
dell’inquinamento, dev’essere interpretato nel senso che gli Stati
membri, nel rilasciare autorizzazioni ambientali per la costruzione e la
gestione di impianti industriali come quelle di cui trattasi nelle cause
principali non sono obbligati ad inserire tra le condizioni di rilascio
di tale autorizzazione il rispetto dei limiti di emissione nazionali di
SO2 e di NOx stabiliti dalla direttiva del Parlamento europeo e del
Consiglio 23 ottobre 2001, 2001/81/CE, relativa ai limiti nazionali di
emissione di alcuni inquinanti atmosferici, pur dovendo rispettare
l’obbligo derivante da detta direttiva di adottare o di prevedere,
nell’ambito di programmi nazionali, politiche e misure adeguate e
coerenti atte a ridurre complessivamente le emissioni, in particolare di
tali inquinanti, a quantitativi che non superino i limiti indicati
nell’allegato I di tale direttiva entro il 2010.
2) Nel periodo transitorio dal 27 novembre 2002 al 31 dicembre 2010,
previsto all’art. 4 della direttiva 2001/81:
- gli artt. 4, n. 3, TUE e 288, n. 3, TFUE, nonché la direttiva 2001/81
impongono agli Stati membri di astenersi dall’adottare misure che
possano compromettere seriamente la realizzazione del risultato
prescritto da tale direttiva;
- l’adozione da parte degli Stati membri di una misura specifica
relativa ad una sola fonte di SO2 e di NOx non appare, di per sé sola,
capace di compromettere seriamente il conseguimento del risultato
prescritto dalla direttiva 2001/81. Spetta al giudice nazionale
verificare se tale condizione ricorra per ciascuna delle decisioni di
rilascio di un’autorizzazione ambientale per la costruzione e la
gestione di un impianto industriale, quali quelle controverse nelle
cause principali;
- l’art. 288, n. 3, TFUE e gli artt. 6, 7, nn. 1 e 2, nonché 8, nn. 1 e
2, della direttiva 2001/81 impongono agli Stati membri, da un lato, di
elaborare, aggiornare e modificare, se necessario, programmi per la
progressiva riduzione delle emissioni nazionali di SO2 e di NOx, che
essi devono mettere a disposizione della popolazione e delle
organizzazioni interessate mediante informazioni chiare, comprensibili e
facilmente accessibili, e comunicare alla Commissione europea nei
termini prescritti, e, dall’altro, di elaborare ed aggiornare
annualmente gli inventari nazionali di dette emissioni, nonché le
proiezioni nazionali per il 2010, che essi devono comunicare, nei
termini prescritti, alla Commissione europea e all’Agenzia europea
dell’ambiente;
- l’art. 288, n. 3, TFUE e la stessa direttiva 2001/81 non impongono
agli Stati membri né di rifiutare o limitare il rilascio di
autorizzazioni ambientali per la costruzione e la gestione di impianti
industriali, come quelle controverse nelle cause principali, né di
adottare misure di compensazione specifiche per ciascuna autorizzazione
del genere che venga rilasciata, e ciò nemmeno in caso di superamento
potenziale o effettivo dei limiti di emissione nazionali di SO2 e di NOx.
3) L’art. 4 della direttiva 2001/81 non è incondizionato e
sufficientemente preciso da poter essere invocato dai singoli dinanzi ai
giudici nazionali prima del 31 dicembre 2010.
L’art. 6 della direttiva 2001/81 attribuisce ai singoli direttamente
interessati diritti che possono essere invocati dinanzi ai giudici
nazionali per pretendere che, nel periodo transitorio dal 27 novembre
2002 al 31 dicembre 2010, gli Stati membri adottino o prevedano,
nell’ambito di programmi nazionali, politiche e misure, adeguate e
coerenti, atte a ridurre, complessivamente, le emissioni degli
inquinanti indicati in modo da conformarsi ai limiti nazionali previsti
nell’allegato I di detta direttiva entro il 2010, e mettano i programmi
elaborati a tal fine a disposizione della popolazione e delle
organizzazioni interessate mediante informazioni chiare, comprensibili e
facilmente accessibili.
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