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CORTE DI
GIUSTIZIA CE, Grande Sezione, 08/03/2011, Sentenza C-240/09
TUTELA DELL’AMBIENTE - Convenzione di Aarhus
- Partecipazione del pubblico ai processi decisionali - Accesso alla
giustizia in materia di ambiente - Tutela giurisdizionale - Effetto diretto
- Giurisprudenza - Giudice nazionale - Compiti - Art. 9, n.3, Decisione
2005/370/CE. La convenzione di Aahrus è stata sottoscritta dalla
Comunità e poi approvata con la decisione del Consiglio 17 febbraio 2005,
2005/370/CE. Pur non avendo efficacia diretta nel diritto dell’Unione, le
sue disposizioni formano ormai parte integrante dell’ordinamento giuridico
dell’Unione (CGE sentenze 10/01/2006, causa C-344/04, IATA e ELFAA, e
30/05/2006, causa C-459/03, Commissione/Irlanda). Nell’ambito di tale
ordinamento giuridico la Corte è perciò competente a statuire in via
pregiudiziale in merito all’interpretazione dell’accordo suddetto (C.G.E.,
sentenze 30/04/1974, causa 181/73, Haegeman, e 30/09/1987, causa 12/86,
Demirel). Pertanto, il giudice nazionale è tenuto ad interpretare, nei
limiti del possibile, le norme processuali concernenti le condizioni che
devono essere soddisfatte per proporre un ricorso amministrativo o
giurisdizionale in conformità sia degli scopi dell’art. 9, n. 3, della
suddetta convenzione sia dell’obiettivo di tutela giurisdizionale effettiva
dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione, al fine di
permettere ad un’organizzazione per la tutela dell’ambiente, di contestare
in giudizio una decisione adottata a seguito di un procedimento
amministrativo eventualmente contrario al diritto ambientale dell’Unione.
(domanda di pronuncia pregiudiziale) Pres. Skouris, Rel. Bonichot, ric.
Lesoochranárske zoskupenie VLK c. Ministero dell’Ambiente della Repubblica
slovacca. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Grande Sezione, 08/03/2011, Sentenza
C-240/09
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CORTE DI GIUSTIZIA
delle Comunità Europee,
SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)
8 marzo 2011
«Ambiente - Convenzione di Aarhus - Partecipazione del pubblico ai
processi decisionali e accesso alla giustizia in materia di ambiente -
Effetto diretto»
Nel procedimento C-240/09,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla
Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Najvyšší súd Slovenskej republiky
(Slovacchia) con decisione 22 giugno 2009, pervenuta in cancelleria il 3
luglio 2009, nella causa
Lesoochranárske zoskupenie VLK
contro
Ministerstvo životného prostredia Slovenskej republiky,
LA CORTE (Grande Sezione),
composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. A. Tizzano, J. N.
Cunha Rodrigues, K. Lenaerts, J.-C. Bonichot (relatore), K. Schiemann e
D. Šváby, presidenti di sezione, dal sig. A. Rosas, dalla sig.ra R.
Silva de Lapuerta, dai sigg. U. Lõhmus, A. Ó Caoimh, M. Safjan e dalla
sig.ra M. Berger, giudici,
avvocato generale: sig.ra E. Sharpston
cancelliere: sig.ra R. Seres, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 4
maggio 2010,
considerate le osservazioni presentate:
- per il Lesoochranárske zoskupenie VLK, dall’avv. I. Rajtáková,
advokátka;
- per il governo slovacco, dalla sig.ra B. Ricziová, in qualità di
agente;
- per il governo tedesco, dai sigg. M. Lumma e B. Klein, in qualità di
agenti;
- per il governo ellenico, dal sig. G. Karipsiadis e dalla sig.ra T.
Papadopoulou, in qualità di agenti;
- per il governo francese, dai sigg. G. de Bergues e S. Menez, in
qualità di agenti;
- per il governo polacco, dai sigg. M. Dowgielewicz, D. Krawczyk e M.
Nowacki, in qualità di agenti;
- per il governo finlandese, dal sig. J. Heliskoski e dalla sig.ra M.
Pere, in qualità di agenti;
- per il governo svedese, dalla sig.ra A. Falk, in qualità di agente;
- per il governo del Regno Unito, dal sig. L. Seeboruth e dalla sig.ra
J. Stratford, in qualità di agenti;
- per la Commissione europea, dai sigg. P. Oliver e A. Tokár, in qualità
di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza
del 15 luglio 2010,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione
dell’art. 9, n. 3, della convenzione [CEE/ONU] sull’accesso alle
informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e
l’accesso alla giustizia in materia ambientale, approvata a nome della
Comunità europea con la decisione del Consiglio 17 febbraio 2005,
2005/370/CE (GU L 124, pag. 1; in prosieguo: la «convenzione di Aarhus»).
2 Detta domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia fra il
Lesoochranárske zoskupenie VLK (in prosieguo: lo «zoskupenie»),
un’associazione di diritto slovacco costituita allo scopo di promuovere
la difesa dell’ambiente, e il Ministerstvo životného prostredia
Slovenskej republiky (Ministero dell’Ambiente della Repubblica slovacca;
in prosieguo: il «Ministerstvo životného prostredia»), in merito alla
richiesta dell’associazione di essere riconosciuta «parte» nel
procedimento amministrativo concernente la concessione di deroghe al
regime di tutela di specie come l’orso bruno, l’accesso ad aree naturali
protette ovvero l’impiego in tali aree di prodotti chimici.
Contesto normativo
Il diritto internazionale
3 A termini dell’art. 9 della convenzione di Aarhus:
«1. Nel quadro della propria legislazione nazionale, ciascuna Parte
provvede affinché chiunque ritenga che la propria richiesta di
informazioni formulata ai sensi dell’articolo 4 sia stata ignorata,
immotivatamente respinta in tutto o in parte, non abbia ricevuto una
risposta adeguata o comunque non sia stata trattata in modo conforme
alle disposizioni di tale articolo, abbia accesso a una procedura di
ricorso dinanzi a un organo giurisdizionale o a un altro organo
indipendente e imparziale istituito dalla legge.
La Parte che preveda il ricorso dinanzi a un organo giurisdizionale
dispone affinché l’interessato abbia anche accesso a una procedura
stabilita dalla legge, rapida e gratuita o poco onerosa, ai fini del
riesame della propria richiesta da parte dell’autorità pubblica o da
parte di un organo indipendente e imparziale di natura non
giurisdizionale.
Le decisioni definitive prese a norma del presente paragrafo sono
vincolanti per l’autorità pubblica in possesso delle informazioni. Esse
sono motivate per iscritto almeno quando l’accesso alle informazioni
viene negato in forza del presente paragrafo.
2. Nel quadro della propria legislazione nazionale, ciascuna Parte
provvede affinché i membri del pubblico interessato
a) che vantino un interesse sufficiente
o in alternativa
b) che facciano valere la violazione di un diritto, nei casi in cui il
diritto processuale amministrativo di detta Parte esiga tale
presupposto,
abbiano accesso a una procedura di ricorso dinanzi a un organo
giurisdizionale e/o ad un altro organo indipendente ed imparziale
istituito dalla legge, per contestare la legittimità sostanziale o
procedurale di decisioni, atti od omissioni soggetti alle disposizioni
dell’articolo 6 e, nei casi previsti dal diritto nazionale e fatto salvo
il paragrafo 3, ad altre pertinenti disposizioni della presente
convenzione.
Le nozioni di “interesse sufficiente” e di “violazione di un diritto”
sono determinate secondo il diritto nazionale, coerentemente con
l’obiettivo di offrire al pubblico interessato un ampio accesso alla
giustizia nell’ambito della presente convenzione. A tal fine si ritiene
sufficiente, ai sensi della lettera a), l’interesse di qualsiasi
organizzazione non governativa in possesso dei requisiti di cui
all’articolo 2, paragrafo 5. Tali organizzazioni sono altresì
considerate titolari di diritti suscettibili di violazione ai sensi
della lettera b).
Le disposizioni del presente paragrafo non escludono la possibilità di
esperire un ricorso preliminare dinanzi ad un’autorità amministrativa,
né dispensano dall’obbligo di esaurire le vie di ricorso amministrativo
prima di avviare un procedimento giudiziario, qualora tale obbligo sia
previsto dal diritto nazionale.
3. In aggiunta, e ferme restando le procedure di ricorso di cui ai
paragrafi 1 e 2, ciascuna Parte provvede affinché i membri del pubblico
che soddisfino i criteri eventualmente previsti dal diritto nazionale
possano promuovere procedimenti di natura amministrativa o
giurisdizionale per impugnare gli atti o contestare le omissioni dei
privati o delle pubbliche autorità compiuti in violazione del diritto
ambientale nazionale.
(…)».
4 L’art. 19, nn. 4 e 5, della convenzione di Aarhus dispone:
«4. Ogni organizzazione di cui all’articolo 17 che diventi Parte della
presente convenzione senza che alcuno dei suoi Stati membri ne sia Parte
è soggetta a tutti gli obblighi derivanti dalla convenzione. Se uno o
più Stati membri di tale organizzazione sono Parti della presente
convenzione, l’organizzazione e i suoi Stati membri stabiliscono le
rispettive responsabilità ai fini dell’adempimento degli obblighi
derivanti dalla convenzione. In questo caso, l’organizzazione e i suoi
Stati membri non possono esercitare contemporaneamente i diritti
previsti dalla convenzione.
5. Nel proprio strumento di ratifica, accettazione, approvazione o
adesione, le organizzazioni regionali di integrazione economica di cui
all’articolo 17 dichiarano il proprio ambito di competenza nelle materie
disciplinate dalla convenzione. Esse informano il depositario di ogni
modifica sostanziale del proprio ambito di competenza».
Il diritto dell’Unione
5 L’art. 12, n. 1, della direttiva del Consiglio 21 maggio 1992,
92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e
seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU L 206, pag. 7;
in prosieguo: la «direttiva “habitat”»), così dispone:
«Gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari atti ad istituire
un regime di rigorosa tutela delle specie animali di cui all’allegato IV,
lettera a), nella loro area di ripartizione naturale, con il divieto di:
a) qualsiasi forma di cattura o uccisione deliberata di esemplari di
tali specie nell’ambiente naturale;
b) perturbare deliberatamente tali specie, segnatamente durante il
periodo di riproduzione, di allevamento, di ibernazione e di migrazione;
c) distruggere o raccogliere deliberatamente le uova nell’ambiente
naturale;
d) deterioramento o distruzione dei siti di riproduzione o delle aree di
riposo».
6 L’art. 16, n. 1, della direttiva «habitat» dispone peraltro:
«A condizione che non esista un’altra soluzione valida e che la deroga
non pregiudichi il mantenimento, in uno stato di conservazione
soddisfacente, delle popolazioni della specie interessata nella sua area
di ripartizione naturale, gli Stati membri possono derogare alle
disposizioni previste dagli articoli 12, 13, 14 e 15, lettere a) e b):
a) per proteggere la fauna e la flora selvatiche e conservare gli
habitat naturali;
b) per prevenire gravi danni, segnatamente alle colture,
all’allevamento, ai boschi, al patrimonio ittico e alle acque e ad altre
forme di proprietà;
c) nell’interesse della sanità e della sicurezza pubblica o per altri
motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di
natura sociale o economica, e motivi tali da comportare conseguenze
positive di primaria importanza per l’ambiente;
d) per finalità didattiche e di ricerca, di ripopolamento e di
reintroduzione di tali specie e per operazioni di riproduzione
necessarie a tal fine, compresa la riproduzione artificiale delle
piante;
e) per consentire, in condizioni rigorosamente controllate, su base
selettiva ed in misura limitata, la cattura o la detenzione di un numero
limitato di taluni esemplari delle specie di cui all’allegato IV,
specificato dalle autorità nazionali competenti».
7 L’allegato IV della direttiva «habitat», dedicato alle specie animali
e vegetali di interesse comunitario che richiedono una protezione
rigorosa, menziona inter alia la specie «Ursus arctos».
8 La direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 28 gennaio 2003,
2003/4/CE, sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale e che
abroga la direttiva 90/313/CEE del Consiglio (GU L 41, pag. 26), al
quinto ‘considerando’ enuncia quanto segue:
«Il 25 giugno 1998 la Comunità europea ha firmato la [convenzione di
Aarhus]. Le disposizioni di diritto comunitario devono essere
compatibili con quelle di tale convenzione in vista della sua
conclusione da parte della Comunità europea».
9 L’art. 6 della direttiva 2003/4 dà attuazione all’art. 9, n. 1, della
convenzione di Aarhus riprendendone in modo quasi identico le
prescrizioni.
10 La direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 26 maggio 2003,
2003/35/CE, che prevede la partecipazione del pubblico nell’elaborazione
di taluni piani e programmi in materia ambientale e modifica le
direttive del Consiglio 85/337/CEE e 96/61/CE relativamente alla
partecipazione del pubblico e all’accesso alla giustizia (GU L 156, pag.
17), enuncia ai ‘considerando’ quinto, nono e undicesimo quanto segue:
«(5) Il 25 giugno 1998 la Comunità europea ha sottoscritto la
[convenzione di Aarhus]. Il diritto comunitario dovrebbe essere
adeguatamente allineato a tale convenzione in vista della ratifica da
parte della Comunità.
(…)
(9) L’articolo 9, paragrafi 2 e 4 della convenzione di Aarhus contiene
norme sull’accesso alle procedure giudiziarie, o di altra natura, al
fine di contestare la legittimità sostanziale o procedurale di
decisioni, atti od omissioni soggetti alle disposizioni sulla
partecipazione del pubblico contenute nell’articolo 6 della convenzione.
(…)
(11) La direttiva 85/337/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1985,
concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati
progetti pubblici e privati [GU L 175, pag. 40], e la direttiva 96/61/CE
del Consiglio, del 24 settembre 1996, sulla prevenzione e la riduzione
integrate dell’inquinamento [GU L 257, pag. 26], dovrebbero essere
modificate per garantirne la totale compatibilità con le disposizioni
della convenzione di Aarhus, in particolare con l’articolo 6 e con
l’articolo 9, paragrafi 2 e 4».
11 Gli artt. 3, punto 7, e 4, punto 4, della direttiva 2003/35
inseriscono, rispettivamente, un articolo 10 bis nella direttiva 85/337
e un articolo 15 bis nella direttiva 96/61, per dare attuazione all’art.
9, n. 2, della convenzione di Aarhus, di cui riprendono in modo
pressoché identico la formulazione.
12 A termini dei ‘considerando’ dal quarto al settimo della decisione
2005/370:
«(4) Secondo la convenzione di Aarhus, le organizzazioni regionali di
integrazione economica devono dichiarare, nel rispettivo strumento di
ratifica, accettazione, approvazione o adesione, il proprio ambito di
competenza nelle materie disciplinate dalla convenzione.
(5) In virtù del Trattato e, in particolare, dell’articolo 175,
paragrafo 1, la Comunità è competente, insieme agli Stati membri, a
stipulare accordi internazionali e ad adempiere agli obblighi che ne
derivano, che contribuiscano a perseguire gli obiettivi enunciati
nell’articolo 174 del Trattato.
(6) La Comunità e la maggior parte degli Stati membri hanno firmato la
convenzione di Aarhus nel 1998 e da allora si sono attivamente impegnati
per assicurarne l’approvazione. Nel frattempo è in corso l’adeguamento
della pertinente normativa comunitaria alla convenzione.
(7) L’obiettivo della convenzione di Aarhus, quale definito all’articolo
1 della stessa, è coerente con gli obiettivi della politica comunitaria
in materia ambientale enunciati all’articolo 174 del Trattato, ai sensi
del quale la Comunità, che ha competenza condivisa con i suoi Stati
membri, ha già adottato un’esauriente normativa che evolve costantemente
e contribuisce al raggiungimento dell’obiettivo della convenzione, non
solo da parte delle proprie istituzioni, ma anche da parte delle
autorità pubbliche degli Stati membri».
13 L’art. 1 della decisione 2005/370 recita:
«È approvata a nome della Comunità la [convenzione di Aarhus]».
14 Nella sua dichiarazione di competenza formulata in applicazione
dell’art. 19, n. 5, della convenzione di Aarhus e allegata alla
decisione 2005/370, la Comunità ha indicato, in particolare, «che gli
strumenti giuridici in vigore non contemplano completamente l’attuazione
degli obblighi derivanti dall’articolo 9, paragrafo 3, della convenzione
dato che sono connessi a procedimenti di natura amministrativa o
giurisdizionale per impugnare gli atti o contestare le omissioni dei
privati o delle pubbliche autorità diverse dalle istituzioni della
Comunità europea di cui all’articolo 2, paragrafo 2, lettera d), della
convenzione e che, pertanto, i suoi Stati membri sono responsabili
dell’adempimento di tali obblighi all’atto dell’approvazione della
convenzione da parte della Comunità europea e continueranno ad essere
responsabili, a meno che e fino a che la Comunità, nell’esercizio delle
competenze conferitele dal Trattato CE, non adotti disposizioni di
diritto comunitario che disciplinino l’attuazione di detti obblighi».
15 Gli artt. 10-12 del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del
Consiglio 6 settembre 2006, n. 1367, sull’applicazione alle istituzioni
e agli organi comunitari delle disposizioni della convenzione di Aarhus
sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai
processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale (GU
L 264, pag. 13), sono diretti ad assicurare l’accesso alla giustizia
delle organizzazioni non governative riguardo agli atti amministrativi
adottati, o che avrebbero dovuto essere adottati, dalle istituzioni o
dagli organi dell’Unione, conformemente all’art. 9, n. 3, della
convenzione di Aarhus.
Il dirittto slovacco
16 In forza dell’art. 82, n. 3, della legge 543/2002 sulla tutela
dell’ambiente e del territorio, come emendata, applicabile alla causa
principale (zákon c. 543/2002 Z.z. o ochrane prírody a krajiny),
un’associazione con personalità giuridica il cui oggetto sia, da almeno
un anno, la tutela dell’ambiente e del territorio e che abbia dichiarato
per iscritto di voler partecipare al procedimento entro il termine
impartito da detto articolo è considerata «terzo interessato» nel
procedimento o nei procedimenti amministrativi ai sensi di detta
disposizione. La qualità di «terzo interessato» le conferisce il diritto
di essere informata di tutti i procedimenti amministrativi in corso
relativi alla tutela dell’ambiente e del territorio.
17 Conformemente all’art. 15 bis, n. 2, del codice di procedura
amministrativo (Správny poriadok), il «terzo interessato» ha diritto di
essere informato dell’instaurazione di un procedimento amministrativo,
di consultare i fascicoli presentati dalle parti nel procedimento
amministrativo, di partecipare alle audizioni e ai sopralluoghi e di
produrre prove ed elementi integrativi ai fini dell’emananda decisione.
18 A termini dell’art. 250, n. 2, del codice di procedura civile (Obciansky
súdny poriadok), si intende per ricorrente la persona fisica o giuridica
che fa valere che i suoi diritti di parte del procedimento
amministrativo sono stati lesi da una decisione o dal comportamento di
un organo amministrativo. Può proporre un ricorso anche la persona
fisica o giuridica che non sia stata presente nel procedimento
amministrativo, benché la sua partecipazione fosse dovuta.
19 A norma dell’art. 250 m, n. 3, del medesimo codice, si intende per
parte processuale chi era parte nel procedimento amministrativo e
l’organo amministrativo medesimo la cui decisione è oggetto di riesame.
Causa principale e questioni pregiudiziali
20 Lo zoskupenie veniva informato dell’avvio di diversi procedimenti
amministrativi promossi da associazioni di cacciatori o da altri
soggetti per la concessione di deroghe al regime di tutela di specie
come l’orso bruno, l’accesso ad aree naturali protette ovvero l’impiego
in tali aree di prodotti chimici.
21 Lo zoskupenie chiedeva allora al Ministerstvo životného prostredia di
essere riconosciuto «parte» nel procedimento amministrativo avente ad
oggetto la concessione di tali deroghe o autorizzazioni, invocando a tal
fine la convenzione di Aarhus. Quest’ultimo respingeva la richiesta
nonché il reclamo amministrativo successivamente proposto
dall’associazione contro detto rigetto.
22 Lo zoskupenie proponeva indi ricorso giurisdizionale avverso entrambe
le decisioni sostenendo, in particolare, che le disposizioni dell’art.
9, n. 3, della convenzione di Aarhus avevano efficacia diretta.
23 In tale contesto il Najvyšší súd Slovenskej republiky ha deciso di
sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti
questioni pregiudiziali:
«1) Se sia possibile riconoscere all’art. 9 della [convenzione di Aarhus],
in particolare al suo n. 3, alla luce dell’obiettivo principale
perseguito da detto trattato internazionale, che è quello di riformare
il concetto classico di legittimazione attiva riconoscendo la posizione
di parte processuale anche al pubblico, ovvero al pubblico interessato,
il “self executing effect” dei trattati internazionali, considerato che
l’Unione europea ha aderito a detta Convenzione il 17 febbraio 2005, ma
ancora non ha adottato norme che la traspongano nell’ordinamento
comunitario.
2) Se sia possibile riconoscere all’art. 9 della convenzione di Aarhus,
in particolare al suo n. 3, ormai integrato nell’ordinamento
comunitario, l’applicabilità o l’efficacia dirette del diritto
comunitario conformemente alla costante giurisprudenza della Corte di
giustizia.
3) In caso di risposta affermativa alla prima o alla seconda questione,
se sia possibile interpretare l’art. 9, n. 3, della convenzione di
Aarhus, alla luce dell’obiettivo principale perseguito da detto trattato
internazionale, nel senso che per “att[o] delle pubbliche autorità” deve
intendersi anche l’adozione di una decisione; vale a dire, se il diritto
del pubblico di partecipare a un procedimento giurisdizionale comprenda
anche il diritto di contestare le decisioni di un’autorità pubblica la
cui illegittimità si ripercuota sull’ambiente».
24 Con ordinanza del presidente della Corte 23 ottobre 2009, è stata
respinta la domanda del giudice del rinvio mirante a sottoporre la
presente controversia al procedimento accelerato, previsto all’art. 104
bis, primo comma, del regolamento di procedura.
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla ricevibilità
25 I governi polacco e del Regno Unito sono del parere che le questioni
siano ricevibili solo nella parte in cui si riferiscono alle
disposizioni dell’art. 9, n. 3, della convenzione di Aahrus, mentre
sarebbero irricevibili per il resto, in quanto l’interpretazione del
diritto dell’Unione richiesta non avrebbe alcuna relazione con le
circostanze concrete o con l’oggetto della causa principale.
26 Per rispondere a tale argomentazione è sufficiente constatare che le
questioni sollevate riguardano, in sostanza, unicamente l’art. 9, n. 3,
della convenzione di Aarhus e nessun altro paragrafo di detto articolo.
27 Ciò considerato, la Corte non ha motivo di opporre un’irricevibilità
parziale alle questioni sollevate perché riguarderebbero disposizioni
diverse da quelle dell’art. 9, n. 3, della convenzione di Aarhus.
Sulla prima e sulla seconda questione
28 Con le sue due prime questioni, che occorre esaminare congiuntamente,
il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se i privati, segnatamente le
associazioni per la tutela dell’ambiente, quando intendono contestare
una decisione che deroga a un regime di tutela dell’ambiente come quello
istituito dalla direttiva «habitat» a beneficio di una specie elencata
nell’allegato IV di quest’ultima, possano trarre diritto di azione
dall’ordinamento giuridico dell’Unione, avuto riguardo in particolare
alle disposizioni dell’art. 9, n. 3, della convenzione di Aahrus,
sull’efficacia diretta del quale detto giudice s’interroga.
29 A titolo preliminare si deve ricordare che, in forza dell’art. 300,
n. 7, CE, «[g]li accordi conclusi alle condizioni indicate nel presente
articolo sono vincolanti per le istituzioni della Comunità e per gli
Stati membri».
30 La convenzione di Aahrus è stata sottoscritta dalla Comunità e poi
approvata con la decisione 2005/370. Ne consegue, secondo una
giurisprudenza costante, che le sue disposizioni formano ormai parte
integrante dell’ordinamento giuridico dell’Unione (v., in particolare,
sentenze 10 gennaio 2006, causa C-344/04, IATA e ELFAA, Racc. pag.
I-403, punto 36, e 30 maggio 2006, causa C-459/03, Commissione/Irlanda,
Racc. pag. I-4635, punto 82). Nell’ambito di tale ordinamento giuridico
la Corte è perciò competente a statuire in via pregiudiziale in merito
all’interpretazione dell’accordo suddetto (v., in particolare, sentenze
30 aprile 1974, causa 181/73, Haegeman, Racc. pag. 449, punti 4-6, e 30
settembre 1987, causa 12/86, Demirel, Racc. pag. 3719, punto 7).
31 La convenzione di Aahrus è stata conclusa dalla Comunità e da tutti i
suoi Stati membri in virtù di una competenza ripartita; ne discende che
la Corte, adita in conformità delle norme del Trattato CE, segnatamente
dell’art. 234 CE, è competente a distinguere gli obblighi così assunti
dall’Unione da quelli che restano a carico esclusivo degli Stati membri
e ad interpretare le disposizioni della convenzione di Aahrus (v., per
analogia, sentenze 14 dicembre 2000, cause riunite C-300/98 e C-392/98,
Dior e a., Racc. pag. I-11307, punto 33, e 11 settembre 2007, causa
C-431/05, Merck Genéricos - Produtos Farmacêuticos, Racc. pag. I-7001,
punto 33).
32 Si deve indi stabilire se, nel settore cui si riferisce l’art. 9, n.
3, della convenzione di Aarhus, l’Unione abbia esercitato le sue
competenze e adottato disposizioni per adempiere gli obblighi che ne
derivano. Ove tale ipotesi non ricorra, gli obblighi che derivano
dall’art. 9, n. 3, della convenzione di Aahrus continuerebbero a
ricadere nel diritto interno degli Stati membri e spetterebbe ai giudici
di detti Stati determinare, sulla base del diritto nazionale, se un
cittadino possa fondarsi direttamente sulle norme di tale accordo
internazionale concernenti detto settore o magari se i giudici medesimi
debbano darvi attuazione d’ufficio. Infatti, il diritto dell’Unione non
impone né esclude, in tal caso, che l’ordinamento giuridico di uno Stato
membro riconosca ai privati il diritto di fondarsi direttamente su una
tale norma o imponga al giudice l’obbligo di applicarla d’ufficio (v.,
per analogia, citate sentenze Dior e a., punto 48, e Merck Genéricos -
Produtos Farmacêuticos, punto 34).
33 Al contrario, qualora si constatasse che l’Unione ha esercitato le
sue competenze e legiferato nel settore cui si riferisce l’art. 9, n. 3,
della convenzione di Aahrus, troverebbe applicazione il diritto
dell’Unione e spetterebbe alla Corte determinare se la disposizione
dell’accordo internazionale in causa abbia efficacia diretta.
34 Occorre dunque verificare se, nello specifico settore in cui rientra
l’art. 9, n. 3, della convenzione di Aahrus, l’Unione abbia esercitato
la sua competenza e adottato disposizioni per adempiere gli obblighi che
ne derivano (v., per analogia, sentenza Merck Genéricos - Produtos
Farmacêuticos, cit., punto 39).
35 Al riguardo si deve rilevare anzitutto che l’Unione dispone, nel
settore dell’ambiente, di una competenza esterna esplicita ai sensi del
combinato disposto degli artt. 175 CE e 174, n. 2, CE (v. sentenza
Commissione/Irlanda, cit., punti 94 e 95).
36 La Corte ha inoltre considerato che una questione specifica sulla
quale l’Unione ancora non abbia legiferato rientra nel diritto
dell’Unione ove sia disciplinata da accordi conclusi dall’Unione e dai
suoi Stati membri e concerna un settore ampiamente coperto da tale
diritto (v., per analogia, sentenza 7 ottobre 2004, causa C-239/03,
Commissione/Francia, Racc. pag. I-9325, punti 29-31).
37 Nel caso concreto, oggetto della causa principale è stabilire se
un’associazione per la tutela dell’ambiente possa essere «parte» in un
procedimento amministrativo concernente, segnatamente, la concessione di
deroghe al regime di tutela di una specie come l’orso bruno. Ebbene,
tale specie è menzionata nell’allegato IV, punto a), della direttiva
«habitat», sicché, ai sensi dell’art. 12 di quest’ultima, essa è
assoggettata a un regime di rigorosa tutela al quale è possibile
derogare solo alle condizioni previste all’art. 16 della medesima
direttiva.
38 Ne discende che la causa principale rientra nel diritto dell’Unione.
39 Vero è che, nella dichiarazione di competenza formulata in
applicazione dell’art. 19, n. 5, della convenzione di Aahrus e allegata
alla decisione 2005/370, la Comunità ha espressamente indicato «che gli
strumenti giuridici in vigore non contemplano completamente l’attuazione
degli obblighi derivanti dall’articolo 9, paragrafo 3, della convenzione
dato che sono connessi a procedimenti di natura amministrativa o
giurisdizionale per impugnare gli atti o contestare le omissioni dei
privati o delle pubbliche autorità diverse dalle istituzioni della
Comunità europea di cui all’articolo 2, paragrafo 2, lettera d), della
convenzione e che, pertanto, i suoi Stati membri sono responsabili
dell’adempimento di tali obblighi all’atto dell’approvazione della
convenzione da parte della Comunità europea e continueranno ad essere
responsabili, a meno che e fino a che la Comunità, nell’esercizio delle
competenze conferitele dal Trattato CE, non adotti disposizioni di
diritto comunitario che disciplinino l’attuazione di detti obblighi».
40 Tuttavia, non può dedursene che la causa principale non rientra nel
diritto dell’Unione, giacché, come è stato ricordato al punto 36 della
presente sentenza, una questione specifica sulla quale l’Unione ancora
non abbia legiferato può rientrare nel diritto dell’Unione se attiene ad
un settore che quest’ultimo copre ampiamente.
41 È ininfluente, al riguardo, la circostanza che il regolamento n.
1367/2006, che è inteso ad attuare le disposizioni dell’art. 9, n. 3,
della convenzione di Aahrus, concerna solo le Istituzioni dell’Unione e
non possa essere considerato integrare l’adozione, da parte dell’Unione,
di disposizioni vertenti sull’adempimento degli obblighi che derivano
dall’art. 9, n. 3, di detta convenzione relativamente ai procedimenti
amministrativi o giurisdizionali nazionali.
42 Infatti, quando una disposizione può trovare applicazione sia per
situazioni che rientrano nel diritto nazionale sia per situazioni che
rientrano nel diritto dell’Unione, esiste un interesse comunitario certo
a che, per evitare future divergenze di interpretazione, questa
disposizione riceva un’interpretazione uniforme, a prescindere dalle
condizioni in cui essa verrà applicata (v., in particolare, sentenze 17
luglio 1997, causa C-130/95, Giloy, Racc. pag. I-4291, punto 28, e 16
luglio 1998, causa C-53/96, Hermès, Racc. pag. I-3603, punto 32).
43 Ne consegue che la Corte è competente ad interpretare le disposizioni
dell’art. 9, n. 3, della convenzione di Aahrus e, in particolare, a
pronunciarsi sulla questione se queste ultime abbiano o meno efficacia
diretta.
44 Orbene, una disposizione di un accordo concluso dall’Unione e dai
suoi Stati membri con Stati terzi dev’essere considerata dotata di
effetto diretto quando, avuto riguardo alla sua lettera, nonché
all’oggetto e alla natura di tale accordo, stabilisce un obbligo chiaro
e preciso che non è subordinato, nel suo adempimento o nei suoi effetti,
all’intervento di alcun atto ulteriore (v., in particolare, sentenze 12
aprile 2005, causa C-265/03, Simutenkov, Racc. pag. I-2579, punto 21, e
13 dicembre 2007, causa C-372/06, Asda Stores, Racc. pag. I-11223, punto
82).
45 È giocoforza constatare che l’art. 9, n. 3, della convenzione di
Aarhus non contiene alcun obbligo chiaro e preciso idoneo a regolare
direttamente la situazione giuridica dei cittadini. Infatti, nella
misura in cui solo «i membri del pubblico che soddisfino i criteri
eventualmente previsti dal diritto nazionale» sono titolari dei diritti
previsti dal suddetto art. 9, n. 3, tale disposizione è subordinata, nel
suo adempimento o nei suoi effetti, all’intervento di un atto ulteriore.
46 Si deve nondimeno rilevare che detta disposizione, benché redatta in
termini generali, ha lo scopo di permettere di assicurare una tutela
effettiva dell’ambiente.
47 Orbene, in mancanza di una disciplina dell’Unione in materia, spetta
all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire le
modalità procedurali dei ricorsi intesi a garantire la tutela dei
diritti spettanti ai singoli in forza dell’ordinamento giuridico
dell’Unione, nella fattispecie in forza della direttiva «habitat», fermo
restando che gli Stati membri sono tenuti a garantire in ogni caso la
tutela effettiva di tali diritti (v., in particolare, sentenza 15 aprile
2008, causa C-268/06, Impact, Racc. pag. I-2483, punti 44 e 45).
48 Sotto tale profilo, come risulta da una giurisprudenza consolidata,
le modalità procedurali dei ricorsi intesi a garantire la tutela dei
diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione non devono
essere meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di
natura interna (principio di equivalenza), né devono rendere
praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei
diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di
effettività) (sentenza Impact, cit., punto 46 e giurisprudenza ivi
citata).
49 Pertanto, non si può immaginare, senza mettere a rischio la tutela
effettiva del diritto ambientale dell’Unione, di interpretare le
prescrizioni dell’art. 9, n. 3, della convenzione di Aahrus in una
maniera che renda praticamente impossibile o eccessivamente difficile
l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico
dell’Unione.
50 Ne risulta che, quando è in causa una specie protetta dal diritto
dell’Unione, segnatamente dalla direttiva «habitat», spetta al giudice
nazionale, al fine di assicurare una tutela giurisdizionale effettiva
nei settori coperti dal diritto ambientale dell’Unione, offrire
un’interpretazione del proprio diritto nazionale quanto più possibile
conforme agli obiettivi fissati dall’art. 9, n. 3, della convenzione di
Aahrus.
51 Spetta pertanto al giudice del rinvio interpretare, nei limiti del
possibile, le norme processuali concernenti le condizioni che devono
essere soddisfatte per proporre un ricorso amministrativo o
giurisdizionale in conformità sia degli scopi dell’art. 9, n. 3, della
convenzione di Aahrus sia dell’obiettivo di tutela giurisdizionale
effettiva dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione,
al fine di permettere ad un’organizzazione per la tutela dell’ambiente,
quale lo zoskupenie, di contestare in giudizio una decisione adottata a
seguito di un procedimento amministrativo eventualmente contrario al
diritto ambientale dell’Unione (v., in tal senso, sentenze 13 marzo
2007, causa C-432/05, Unibet, Racc. pag. I-2271, punto 44, e Impact,
cit., punto 54).
52 Alla luce di ciò, occorre risolvere la prima e la seconda questione
pregiudiziale rispondendo che l’art. 9, n. 3, della convenzione di
Aahrus non ha efficacia diretta nel diritto dell’Unione. Nondimeno, il
giudice nazionale è tenuto ad interpretare, nei limiti del possibile, le
norme processuali concernenti le condizioni che devono essere
soddisfatte per proporre un ricorso amministrativo o giurisdizionale in
conformità sia degli scopi dell’art. 9, n. 3, della suddetta convenzione
sia dell’obiettivo di tutela giurisdizionale effettiva dei diritti
conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione, al fine di permettere
ad un’organizzazione per la tutela dell’ambiente, come lo zoskupenie, di
contestare in giudizio una decisione adottata a seguito di un
procedimento amministrativo eventualmente contrario al diritto
ambientale dell’Unione.
Sulla terza questione
53 Alla luce della soluzione apportata alla prima e alla seconda
questione, non occorre risolvere la terza.
Sulle spese
54 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente
procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice
nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da
altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar
luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:
L’art. 9, n. 3, della convenzione [CEE/ONU] sull’accesso alle
informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e
l’accesso alla giustizia in materia ambientale, approvata a nome della
Comunità europea con la decisione del Consiglio 17 febbraio 2005,
2005/370/CE, non ha efficacia diretta nel diritto dell’Unione.
Nondimeno, il giudice nazionale è tenuto ad interpretare, nei limiti del
possibile, le norme processuali concernenti le condizioni che devono
essere soddisfatte per proporre un ricorso amministrativo o
giurisdizionale in conformità sia degli scopi dell’art. 9, n. 3, della
suddetta convenzione sia dell’obiettivo di tutela giurisdizionale
effettiva dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione,
al fine di permettere ad un’organizzazione per la tutela dell’ambiente,
come il Lesoochranárske zoskupenie, di contestare in giudizio una
decisione adottata a seguito di un procedimento amministrativo
eventualmente contrario al diritto ambientale dell’Unione.
Firme
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