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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562



CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. II, 22/06/2011, Procedimento C-346/09
 

DIRITTO AGRARIO - Encefalopatia spongiforme bovina - Lotta contro la propagazione - Polizia sanitaria - Controlli veterinari e zootecnici - Animali vivi e prodotti di origine animale - Scambi intracomunitari - Divieto della produzione e commercializzazione delle proteine animali trasformate nell’alimentazione degli animali da allevamento - Direttiva 90/425/CEE - Applicazione di tale normativa - Compatibilità con la direttiva 90/425/CEE e con le decisioni 94/381/CE e 2000/766/CE - Principio di proporzionalità e giudice del rinvio. Il diritto dell’Unione, in particolare la direttiva del Consiglio 26 giugno 1990, 90/425/CEE, relativa ai controlli veterinari e zootecnici applicabili negli scambi intracomunitari di taluni animali vivi e prodotti di origine animale, nella prospettiva della realizzazione del mercato interno, nonché le decisioni della Commissione 27 giugno 1994, 94/381/CE, concernente misure di protezione per quanto riguarda l’encefalopatia spongiforme bovina e la somministrazione, con la dieta, di protein[e] derivat[e] da mammiferi, e del Consiglio 4 dicembre 2000, 2000/766/CE, relativa a talune misure di protezione nei confronti delle encefalopatie spongiformi trasmissibili e la somministrazione di proteine animali nell’alimentazione degli animali, non osta ad una normativa nazionale che, a titolo di protezione contro l’encefalopatia spongiforme bovina, vietasse temporaneamente la produzione e la commercializzazione di proteine animali trasformate nell’alimentazione degli animali da allevamento, purché la situazione nello Stato membro interessato presentasse un carattere di urgenza che giustificasse l’adozione immediata di siffatte misure per gravi motivi di salvaguardia della sanità pubblica o della salute animale. Spetta al giudice del rinvio verificare se ricorra quest’ultimo presupposto e se sia stato osservato il principio di proporzionalità. (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Gerechtshof ’s-Gravenhage - Paesi Bassi) Pres. Cunha Rodrigues, Rel. Rosas, Staat der Nederlanden c. Denkavit Nederland BV e altri. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. II, 22/06/2011, Procedimento C-346/09


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CORTE DI GIUSTIZIA

delle Comunità Europee,


SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

22 giugno 2011

«Agricoltura - Polizia sanitaria - Direttiva 90/425/CEE - Normativa nazionale provvisoria diretta a lottare contro la propagazione dell’encefalopatia spongiforme bovina vietando la produzione e la commercializzazione delle proteine animali trasformate nell’alimentazione degli animali da allevamento - Applicazione di tale normativa prima dell’entrata in vigore della decisione 2000/766/CE che prevede un siffatto divieto - Applicazione di tale normativa a due prodotti che possono essere esentati dal divieto previsto da tale decisione - Compatibilità con la direttiva 90/425/CEE e con le decisioni 94/381/CE e 2000/766/CE»



Nel procedimento C-346/09,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Gerechtshof ’s-Gravenhage (Paesi Bassi) con decisione 18 agosto 2009, pervenuta in cancelleria il 28 agosto 2009, nella causa

Staat der Nederlanden

contro

Denkavit Nederland BV e altri,


LA CORTE (Seconda Sezione),

composta dal sig. J.N. Cunha Rodrigues, presidente di sezione, dai sigg. A. Arabadjiev, A. Rosas (relatore), U. Lõhmus e A. Ó Caoimh, giudici,

avvocato generale: sig. P. Cruz Villalón

cancelliere: sig.ra R. Seres, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 7 settembre 2010,

considerate le osservazioni presentate:

- per la Denkavit Nederland BV e altri, dall’avv. H. Ferment, advocaat;

- per il governo dei Paesi Bassi, dalle sig.re C. Wissels e M. de Ree, in qualità di agenti;

- per il governo tedesco, dai sigg. M. Lumma, J. Möller e N. Graf Vitzthum, in qualità di agenti;

- per il governo svedese, dalla sig.ra A. Falk e dal sig. A. Engman, in qualità di agenti;

- per la Commissione europea, dai sigg. F. Jimeno Fernández e B. Burggraaf, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 18 novembre 2010,

ha pronunciato la seguente

Sentenza


1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione del diritto dell’Unione in materia di somministrazione di proteine animali trasformate nell’alimentazione degli animali e, più in particolare, dei seguenti atti:

- la direttiva del Consiglio 26 giugno 1990, 90/425/CEE, relativa ai controlli veterinari e zootecnici applicabili negli scambi intracomunitari di taluni animali vivi e prodotti di origine animale, nella prospettiva della realizzazione del mercato interno (GU L 224, pag. 29);

- la decisione della Commissione 27 giugno 1994, 94/381/CE, concernente misure di protezione per quanto riguarda l’encefalopatia spongiforme bovina e la somministrazione, con la dieta, di protein[e] derivat[e] da mammiferi (GU L 172, pag. 23);

- la decisione del Consiglio 4 dicembre 2000, 2000/766/CE, relativa a talune misure di protezione nei confronti delle encefalopatie spongiformi trasmissibili e la somministrazione di proteine animali nell’alimentazione degli animali (GU L 306, pag. 32), e

- la decisione della Commissione 29 dicembre 2000, 2001/9/CE, in merito a misure di controllo necessarie per l’attuazione della decisione 2000/766 (GU 2001, L 2, pag. 32).

2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra lo Staat der Nederlanden e la Denkavit Nederland BV e altri (in prosieguo: la «Denkavit e altri»), ossia varie società produttrici di mangimi per animali nonché una società distributrice di materie prime per i siffatti mangimi. Tale controversia verte sulla conformità con il diritto dell’Unione di un regolamento provvisorio nazionale che, al fine di realizzare una protezione contro l’encefalopatia spongiforme bovina (in prosieguo: la «BSE»), imponeva un divieto di produrre e di commercializzare proteine animali trasformate nell’alimentazione degli animali da allevamento, atteso che tale divieto, da un lato, è stato sancito ed è entrato in vigore dopo l’adozione, ma prima dell’entrata in vigore di una decisione dell’Unione europea che prevede un siffatto divieto, e, dall’altro, si applicava, prima dell’entrata in vigore di tale decisione, alla farina di pesce e al fosfato dicalcico, mentre tali prodotti potevano essere esentati dal divieto imposto dalla medesima decisione.

Contesto normativo

La normativa dell’Unione

La direttiva 90/425

3 A tenore del secondo ‘considerando’ della direttiva 90/425, occorre eliminare gli ostacoli veterinari e zootecnici allo sviluppo degli scambi intracomunitari degli animali e prodotti di origine animale, al fine di favorire il funzionamento armonioso delle organizzazioni comuni di mercato per gli animali e i prodotti di origine animale.

4 Conformemente al decimo ‘considerando’ di quest’ultima, a tal fine, è necessario prevedere misure di salvaguardia e, in particolare per motivi d’efficacia, la responsabilità in tale settore deve spettare in primo luogo allo Stato speditore.

5 Il dodicesimo ‘considerando’ della direttiva 90/425 enuncia che, in attesa di norme comunitarie, è opportuno, per gli animali e i prodotti che non sono stati oggetto di norme armonizzate, tener conto delle esigenze dello Stato destinatario, purché siano conformi all’art. 36 del Trattato CEE (divenuto art. 36 del Trattato CE, anch’esso divenuto, dopo modifica, art. 30 CE).

6 L’art. 1, primo comma, della direttiva in parola dispone:

«Gli Stati membri provvedono affinché i controlli veterinari da effettuare sugli animali vivi e sui prodotti disciplinati dalle direttive riportate nell’allegato A o su quelli di cui all’articolo 21, primo comma e destinati agli scambi, non siano più effettuati alle frontiere, fatto salvo l’articolo 7, ma si svolgano conformemente alle disposizioni della presente direttiva».

7 L’art. 10, n. 1, della medesima direttiva è così formulato:

«Ogni Stato membro segnala immediatamente agli altri Stati membri e alla Commissione, oltre all’insorgere nel suo territorio delle malattie contemplate dalla direttiva 82/894/CEE, il manifestarsi di casi di zoonosi, malattie o fenomeni che possano comportare gravi rischi per gli animali o la salute umana.

Lo Stato membro di spedizioni mette immediatamente in vigore le misure di lotta o di prevenzione previste dalla normativa comunitaria, segnatamente la determinazione delle zone di protezione ivi previste, o adotta qualsiasi altra misura che ritenga appropriata.

Lo Stato membro destinatario o di transito che, al momento di un controllo ai sensi dell’articolo 5, abbia constatato una delle malattie o fenomeni di cui al primo comma può, se del caso, prendere misure di prevenzione previste dalla normativa comunitaria, compresa la messa in quarantena degli animali.

In attesa delle misure che dovranno essere prese in conformità del paragrafo 4, lo Stato membro destinatario può, per motivi gravi di salvaguardia della sanità pubblica o di salute animale, adottare provvedimenti cautelari nei confronti delle aziende, dei centri e degli organismi interessati o, in caso di epizoozia, nei confronti della zona di protezione prevista dalla normativa comunitaria.

Le misure prese dagli Stati membri sono comunicate senza indugio alla Commissione e agli altri Stati membri».

8 Conformemente al paragrafo 4 di questo stesso articolo, la Commissione adotta, seconda la procedura di comitologia prevista dall’art. 17 della direttiva in esame, le misure necessarie per gli animali, i prodotti e i prodotti derivati. Essa segue l’evoluzione della situazione e, secondo la stessa procedura, modifica o abroga, in funzione di detta evoluzione, le decisioni adottate.

La direttiva 90/667/CEE

9 L’art. 13, n. 1, della direttiva del Consiglio 27 novembre 1990, 90/667/CEE, che stabilisce le norme sanitarie per l’eliminazione, la trasformazione e l’immissione sul mercato dei rifiuti di origine animale e la protezione dagli agenti patogeni degli alimenti per animali di origine animale o a base di pesce e che modifica la direttiva 90/425 (GU L 363, pag. 51), è formulato nei seguenti termini:

«1. Si applica la direttiva [90/425], in particolare per quanto riguarda l’organizzazione dei controlli effettuati dallo Stato membro destinatario e il seguito dato a tali controlli, nonché le misure di salvaguardia da applicare».

La direttiva 92/118/CEE

10 L’art. 2, n. 1, della direttiva del Consiglio 17 dicembre 1992, 92/118/CEE, che stabilisce le condizioni sanitarie e di polizia sanitaria per gli scambi e le importazioni nella Comunità di prodotti non soggetti, per quanto riguarda tali condizioni, alle normative comunitarie specifiche di cui all’allegato A, capitolo I, della direttiva 89/662/CEE e, per quanto riguarda i patogeni, alla direttiva 90/425/CEE (GU L 62, pag. 49), per quanto riguarda i patogeni, è del seguente tenore:

«Ai fini della presente direttiva, si intendono per:

(…)

e) proteine animali trasformate per l’alimentazione animale: le proteine animali trattate in modo da renderle adatte all’utilizzazione diretta come alimento per animali oppure come ingrediente di alimenti per animali. Comprendono la farina di pesce, di carne, di ossa, di zoccoli, di corna, di sangue, di piume, i ciccioli essiccati e altri prodotti affini, comprese le miscele contenenti tali prodotti;

(...)»

11 A norma dell’art. 7, n. 2, della suddetta direttiva, l’art. 10 della direttiva 90/425 si applica ai prodotti contemplati da questa prima direttiva.

La decisione 94/381

12 La Commissione ha adottato la decisione 94/381 in base alla direttiva 90/425 e, in particolare, in base al suo art. 10, n. 4.

13 Conformemente all’art. 1, n. 1, della predetta decisione, gli Stati membri dovevano vietare la somministrazione ai ruminanti, con la dieta, di proteine derivate da tessuti di mammiferi. Il n. 2 dello stesso articolo stabiliva tuttavia che gli Stati membri che avrebbero adottato un sistema che consentisse di distinguere le proteine animali derivate da ruminanti da quelle derivate da specie di animali non ruminanti erano autorizzati dalla Commissione, conformemente alla procedura di cui all’art. 17 della direttiva 90/425, a consentire la somministrazione ai ruminanti, con la dieta, di proteine derivate da specie diverse dai ruminanti.

La decisione 2000/766

14 Il 4 dicembre 2000, il Consiglio dell’Unione europea ha adottato la decisione 2000/766 sulla base della direttiva 90/425 e, segnatamente, del suo art. 10, n. 4, nonché sulla base della direttiva del Consiglio 18 dicembre 1997, 97/78/CE, che fissa i principi relativi all’organizzazione dei controlli veterinari per i prodotti che provengono dai paesi terzi e che sono introdotti nella Comunità (GU 1998, L 24, pag. 9), in particolare del suo art. 22.

15 In forza dell’art. 2 della medesima decisione:

«1. Gli Stati membri vietano la somministrazione di proteine animali trasformate ad animali d’allevamento che sono tenuti, ingrassati o allevati per la produzione di alimenti.

2. Il divieto di cui al paragrafo 1 non si applica all’uso di:

- farina di pesce nell’alimentazione di animali diversi dai ruminanti in base a misure di controllo che devono essere fissate secondo la procedura di cui all’articolo 17 della direttiva 89/662/CEE del Consiglio, dell’11 dicembre 1989, relativa ai controlli veterinari applicabili negli scambi intracomunitari, nella prospettiva della realizzazione del mercato interno [(GU L 395, pag. 13)],

- gelatina di non ruminanti per il rivestimento degli additivi ai sensi della direttiva 70/524/CEE del Consiglio, del 23 novembre 1970, relativa agli additivi nell’alimentazione degli animali [(GU L 270, pag. 1)],

- fosfato dicalcico e proteine idrolizzate ottenuti in conformità delle condizioni che devono essere stabilite secondo la procedura di cui all’articolo 17 della direttiva 89/662/CEE,

- latte o prodotti lattieri nell’alimentazione degli animali d’allevamento che sono tenuti, ingrassati o allevati per la produzione di alimenti».

16 L’art. 3 della decisione in parola prevedeva quanto segue:

«1. Ad eccezione delle deroghe di cui all’articolo 2, paragrafo 2, gli Stati membri:

a) vietano l’immissione sul mercato, gli scambi, l’importazione da paesi terzi e l’esportazione nei paesi terzi di proteine animali trasformate destinate all’alimentazione di animali da allevamento tenuti, ingrassati o allevati per la produzione di alimenti;

b) fanno sì che tutte le proteine animali trasformate destinate all’alimentazione di animali da allevamento tenuti, ingrassati o allevati per la produzione di alimenti, siano ritirate dal commercio, dai canali di distribuzione e dai depositi in azienda.

2. Gli Stati membri fanno sì che i rifiuti di origine animale quali definiti dalla direttiva [90/667] siano raccolti, trasportati, trasformati, immagazzinati o eliminati ai sensi di detta direttiva (…)».

17 Conformemente al suo art. 4, la decisione 2000/766 è entrata in vigore il 1° gennaio 2001 ed era applicabile fino al 30 giugno 2001.

La decisione 2001/9

18 La decisione 2001/9, adottata dalla Commissione il 29 dicembre 2000, ha fissato le condizioni dettagliate di applicazione dell’eccezione ai divieti relativi alle farine di pesce, al fosfato dicalcico e alle proteine idrolizzate prevista all’art. 2, n. 2, della decisione 2000/766. La decisione 2001/9 è entrata in vigore il 1° gennaio 2001.

19 L’art. 1, nn. 1 e 2, della decisione 2001/9 disponeva quanto segue:

«1. Gli Stati membri autorizzano la somministrazione di farina di pesce agli animali diversi dai ruminanti soltanto in conformità alle condizioni stabilite nell’allegato I.

2. Gli Stati membri autorizzano la somministrazione di fosfato dicalcico ad animali diversi dai ruminanti soltanto in conformità alle condizioni stabilite nell’allegato II».

La normativa nazionale

20 Il regolamento provvisorio sul divieto delle proteine animali in tutti gli alimenti per animali da allevamento (tijdelijke regeling verbod dierlijke eiwitten in alle diervoerders landbouwhuisdieren; in prosieguo: il «regolamento provvisorio nazionale»), adottato l’8 dicembre 2000 dal Minister van Landbouw, Natuurbeheer en Visserij (Ministro dell’Agricoltura, della Gestione dell’ambiente e della Pesca, Nederlandse Staatscourant 2000, n. 239), nel suo preambolo si riferiva alla direttiva 90/425 e alla decisione 2000/766. Il suo art. 2 così prevedeva:

«1. In deroga all’articolo 2 del regolamento che vieta le farine animali nell’alimentazione degli animali, è vietato preparare, trasformare, fornire, ricevere, consegnare, trasportare, offrire in vendita, acquistare o alienare proteine animali trasformate destinate all’alimentazione degli animali da allevamento.

2. Il primo paragrafo non si applica [ai seguenti prodotti:]

- farina di pesce nell’alimentazione di animali diversi dai ruminanti, in base a misure di controllo che devono essere fissate secondo la procedura di cui all’articolo 17 della direttiva 89/662/CEE (…),

- gelatina di non ruminanti per il rivestimento degli additivi (…),

- fosfato dicalcico e proteine idrolizzate ottenuti in conformità delle condizioni che devono essere stabilite secondo la procedura di cui all’articolo 17 della direttiva 89/662/CEE,

- latte e prodotti lattieri».

21 Ai termini dell’art. 3 del suddetto regolamento:

«1. Fermo restando il disposto dell’articolo 2, dal 1° gennaio 2001 è vietato:

a) somministrare agli animali da allevamento proteine animali trasformate;

b) importare o esportare proteine animali trasformate;

c) avere a disposizione o in deposito proteine animali trasformate in aziende dove vengono tenuti animali da allevamento e in aziende che producono, commerciano o tengono in deposito o trasbordano mangimi per animali da allevamento.

2. Dal divieto di cui al primo comma, lett. c), è esentato sino al 1º marzo 2001 il detentore o proprietario di proteine animali trasformate se il Ministro ritiene dimostrato che questi ha comunicato al Rijksdienst voor de keuring van Vee en Vlees [(Servizio nazionale di Ispezione del Bestiame e della Carne)] la natura, la quantità e l’ubicazione delle proteine animali trasformate in suo possesso nonché immediatamente ogni relativo mutamento».

22 In forza dell’art. 4 di questo stesso regolamento, quest’ultimo è entrato in vigore il 15 dicembre 2000.

Causa principale e questione pregiudiziale

23 In seno all’Unione, dal 1994 sono stati adottati provvedimenti per lottare contro la propagazione della BSE. Tali provvedimenti sono stati adottati segnatamente in base alla direttiva 90/425.

24 Il 27 giugno 1994, la Commissione ha adottato la decisione 94/381, il cui scopo era quello di vietare l’utilizzazione delle proteine derivate da tessuti di mammiferi nell’alimentazione dei ruminanti.

25 Avendo riscontrato casi di BSE in animali nati posteriormente all’entrata in vigore della decisione 94/381, il comitato direttivo scientifico istituito con decisione della Commissione 10 giugno 1997, 97/404/CE (GU L 169, pag. 85) (in prosieguo: il «comitato direttivo scientifico») ha emesso, il 27 e il 28 novembre 2000, un parere che dava atto per la prima volta di un rischio di contaminazione reciproca dell’alimentazione bovina con alimenti destinati ad altri animali e contenenti proteine animali forse contaminate con l’agente della BSE e che raccomandava l’adozione di nuove misure.

26 Il 4 dicembre 2000, il Consiglio ha adottato la decisione 2000/766 diretta a ridurre ulteriormente il rischio di propagazione della BSE. Con tale decisione, la somministrazione di proteine animali trasformate nell’alimentazione di tutti gli animali da allevamento è stata vietata a partire dal 1° gennaio 2001, per una durata massima di sei mesi. Tale decisione prevedeva parimenti il divieto di immettere sul mercato, di commerciare, di importare da paesi terzi e di esportare in paesi terzi proteine animali trasformate nonché l’obbligo di ritirare queste ultime dal commercio, dai canali di distribuzione e dai depositi in azienda. Tali divieti erano accompagnati da numerose deroghe, riguardanti in particolare la somministrazione della farina di pesce nell’alimentazione di animali diversi dai ruminanti e l’utilizzazione del fosfato dicalcico.

27 Quattro giorni dopo, ossia l’8 dicembre 2000, il Minister van Landbouw, Natuurbeheer en Visserij ha adottato il regolamento provvisorio nazionale che, al suo art. 2, n. 1, prevedeva un divieto di preparare, trasformare, fornire, ricevere, consegnare, trasportare, offrire in vendita, acquistare o alienare proteine animali trasformate destinate all’alimentazione degli animali da allevamento.

28 L’art. 2, n. 2, del citato regolamento prevedeva deroghe al divieto di cui trattasi, segnatamente per la farina di pesce e il fosfato dicalcico. L’applicazione di tali deroghe era tuttavia subordinata alla successiva adozione di misure di controllo, da stabilire secondo la procedura prevista dall’art. 17 della direttiva 89/662.

29 Ai sensi del suo art. 4, il regolamento provvisorio nazionale è entrato in vigore il 15 dicembre 2000, ovvero quindici giorni prima dell’entrata in vigore della decisione 2000/766. Esso è stato comunicato alla Commissione il 10 gennaio 2001.

30 Il 29 dicembre 2000, la Commissione ha adottato la decisione 2001/9, che precisava a quali condizioni era autorizzata l’utilizzazione, segnatamente, della farina di pesce e del fosfato dicalcico nell’alimentazione degli animali. Tale decisione è entrata in vigore contemporaneamente alla decisione 2000/766, ossia il 1° gennaio 2001.

31 La Denkavit e altri hanno proposto ricorso dinanzi al Rechtbank ’s-Gravenhage (Tribunale dell’Aia) per fare dichiarare che l’art. 2 del regolamento provvisorio nazionale era viziato da illegittimità.

32 La Denkavit e altri hanno fatto valere dinanzi a tale giudice che lo Staat der Nederlanden aveva agito illegittimamente nei loro confronti, principalmente imponendo, nel periodo dal 15 dicembre 2000 al 1° gennaio 2001, divieti in materia di mangimi per animali più restrittivi di quelli previsti dalla decisione 94/381 o, in subordine, imponendo, nello stesso periodo, divieti in materia di mangimi per animali non contenenti proteine animali diverse dalla farina di pesce e dal fosfato dicalcico.

33 Il Rechtbank ’s-Gravenhage ha accolto tale ricorso con la motivazione che, alla luce della decisione 2000/766, l’obiettivo di quest’ultima era che i divieti di cui trattasi entrassero in vigore precisamente il 1° gennaio 2001, né prima né dopo. Secondo tale giudice, lo Staat der Nederlanden aveva dunque agito illegittimamente imponendo divieti sin dal 15 dicembre 2000.

34 Lo Staat der Nederlanden ha adito il Gerechtshof ’s-Gravenhage (Corte d’appello dell’Aia), il quale ha ritenuto che la controversia di cui era stato investito sollevasse questioni relative all’interpretazione di talune disposizioni del diritto dell’Unione.

35 In tale contesto, il Gerechtshof ’s -Gravenhage ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se il diritto comunitario, segnatamente la direttiva 90/425/CEE, la decisione 94/381/CE e la decisione 2000/766/CE, debba essere interpretato nel senso che esso osta ad un divieto nazionale, come quello fissato dall’art. 2 del regolamento provvisorio, il quale, per contrastare la BSE, vieti di produrre e di commerciare proteine animali trasformate destinate all’alimentazione di animali da allevamento, se un siffatto divieto nazionale

- è entrato in vigore il 15 dicembre 2000 (e quindi prima della decisione 2000/766/CE), e

- in via provvisoria (sino alla decisione 29 dicembre 2000, [2001/9]), è stato applicato anche alla farina di pesce e al fosfato dicalcico».

Sulla questione pregiudiziale

36 Con la sua questione, il giudice del rinvio intende sapere sostanzialmente se il diritto dell’Unione, in particolare la direttiva 90/425 e le decisioni 94/381 e 2000/766, osti ad una normativa nazionale che, per contrastare la BSE, imponeva un divieto temporaneo di produzione e di commercializzazione di proteine animali trasformate nell’alimentazione degli animali da allevamento, atteso che tale divieto, da una parte, era stato sancito ed era entrato in vigore dopo l’adozione, ma prima dell’entrata in vigore di una decisione dell’Unione che prevede un siffatto divieto, e, dall’altra, si applicava, prima dell’entrata in vigore di tale decisione, alla farina di pesce e al fosfato dicalcico, mentre tali prodotti dovrebbero essere esenti dal divieto imposto dalla decisione di cui trattasi.

37 In via preliminare, va ricordato che, per quanto attiene alla lotta contro la propagazione di malattie tali da costituire un pericolo grave per gli animali o la salute umana, quali la BSE, la Corte ha statuito che l’art. 10 della direttiva 90/425 realizza un’armonizzazione completa delle misure di salvaguardia contro tali malattie, definendo appunto gli obblighi e i compiti rispettivi degli Stati membri e della Commissione in materia (v., in tal senso, sentenza 26 maggio 1993, causa C-52/92, Commissione/Portogallo, Racc. pag. I-2961, punto 19).

38 Infatti, conformemente al suddetto art. 10, la Commissione dispone, a seguito di esame da parte del comitato veterinario permanente, i provvedimenti necessari. Gli Stati membri possono soltanto, se constatano una malattia in occasione di un controllo, adottare le misure di prevenzione previste dalla normativa comunitaria e, per motivi gravi di protezione della salute, adottare provvedimenti cautelari strettamente limitati nelle more dell’adozione dei provvedimenti di competenza della Commissione (v., in tal senso, sentenza Commissione/Portogallo, cit., punto 9).

39 Come emerge dal dodicesimo ‘considerando’ della direttiva 90/425, quest’ultima si applica agli animali e ai prodotti che sono stati oggetto di norme armonizzate, elencate nell’allegato A della direttiva in parola.

40 Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 39 delle sue conclusioni, occorre pertanto determinare se i prodotti contemplati dal regolamento provvisorio nazionale, ossia talune proteine animali trasformate destinate all’alimentazione degli animali da allevamento, rientrassero, al momento dell’adozione del regolamento in esame, nella sfera di applicazione della direttiva 90/425.

41 A tal riguardo, la normativa dell’Unione in materia di alimentazione degli animali si è sviluppata verso un’armonizzazione complessa ed avanzata. Pertanto, come esposto dall’avvocato generale ai paragrafi 47-49 delle sue conclusioni, le proteine animali trasformate hanno formato oggetto di vari atti di armonizzazione, tanto nella loro qualità di rifiuti di origine animale, quanto nella loro qualità di componenti per mangimi per animali e in forma di divieto.

42 Infatti, in seguito all’adozione della direttiva 90/667, l’allegato A della direttiva 90/425 è stato modificato affinché i prodotti contemplati dalla direttiva 90/667, ossia i rifiuti di origine animale, siano sottoposti alle misure di salvaguardia stabilite dalla direttiva 90/425.

43 In seguito, conformemente all’art. 7, n. 2, della direttiva 92/118, le misure di salvaguardia previste dall’art. 10 della direttiva 90/425 trovavano applicazione ai prodotti di origine animale elencati dalla direttiva 92/118, ossia i prodotti di origine animale non soggetti, per quanto riguarda le condizioni sanitarie e di polizia sanitaria per gli scambi e le importazioni nella Comunità europea, alle normative comunitarie specifiche di cui all’allegato A, capitolo I, della direttiva 89/662 e, per quanto riguarda gli agenti patogeni, alla direttiva 90/425.

44 La decisione 94/381, diretta a vietare l’uso di proteine derivate da tessuti di mammiferi nell’alimentazione dei ruminanti, è stata adottata il 27 giugno 1994.

45 Inoltre, per effetto della decisione della Commissione 9 settembre 1991, 91/516/CEE, che stabilisce l’elenco degli ingredienti il cui impiego è vietato negli alimenti composti per animali (GU L 281, pag. 23), quale modificato dalla decisione della Commissione 28 luglio 1997, 97/582/CE (GU L 237, pag. 39), un siffatto divieto è stato imposto con riferimento ai prodotti proteici derivanti da tessuti di mammiferi usati come ingredienti nei mangimi composti per ruminanti.

46 Infine, l’impiego di proteine animali trasformate nell’alimentazione di tutti gli animali da allevamento, compresi i non ruminanti, che sono tenuti, ingrassati o allevati per la produzione di alimenti è stata vietata dalla decisione 2000/766.

47 Peraltro, tale decisione, la cui validità non è stata contestata, aveva come base giuridica l’art. 10 della direttiva 90/425.

48 Da tutte queste considerazioni si evince che, al momento dell’adozione del regolamento provvisorio nazionale, a uno Stato membro era preclusa la possibilità di vietare la produzione e la commercializzazione delle proteine animali trasformate destinate all’alimentazione degli animali da allevamento al di fuori del meccanismo di salvaguardia istituito dall’art. 10 della direttiva 90/425.

49 Di conseguenza, occorre verificare se il regolamento provvisorio nazionale possa essere considerato una misura di salvaguardia ai sensi di tale disposizione.

50 A norma dell’art. 10, n. 1, primo comma, della direttiva 90/425, ogni Stato membro è tenuto a segnalare immediatamente agli altri Stati membri e alla Commissione il manifestarsi di casi di zoonosi, malattie o fenomeni che possano comportare gravi rischi per gli animali o la salute umana.

51 Per quanto riguarda la questione se, al momento dell’adozione del regolamento provvisorio nazionale, si fossero manifestati casi di zoonosi, di malattie o di fenomeni che potevano comportare gravi rischi per gli animali o la salute umana ai sensi di tale disposizione, va ricordato che tale condizione può essere soddisfatta qualora nuove informazioni modifichino notevolmente la percezione del pericolo rappresentato da una malattia (sentenza 3 luglio 2003, causa C-220/01, Lennox, Racc. pag. I-7091, punto 72 e giurisprudenza ivi citata).

52 Va notato a tal riguardo che il regolamento provvisorio nazionale è stato emanato dieci giorni dopo la pubblicazione di un parere del comitato direttivo scientifico del 27 e 28 novembre 2000 (in prosieguo: il «parere del comitato direttivo scientifico») che segnalava un rischio di contaminazione reciproca dell’alimentazione bovina con alimenti destinati ad altri animali e contenenti proteine animali forse contaminate con l’agente della BSE. Orbene, tale parere raccomandava di prevedere il divieto temporaneo delle proteine animali nell’alimentazione degli animali.

53 Poiché, dal 1994, erano state adottate varie misure contro la BSE, ma si erano costantemente manifestati nuovi casi di tale malattia, e poiché, pertanto, erano ancora incerte l’entità e l’importanza del rischio di propagazione di detta malattia, è lecito ritenere che il parere del comitato direttivo scientifico abbia notevolmente modificato la percezione del pericolo rappresentato dalla BSE e, di conseguenza, giustificasse l’adozione di misure di salvaguardia di cui all’art. 10, n. 1, della direttiva 90/425.

54 Il governo dei Paesi Bassi deduce che il regolamento provvisorio nazionale è stato adottato dal Regno dei Paesi Bassi sia nella sua qualità di Stato membro speditore che nella sua qualità di Stato membro destinatario.

55 È vero che l’art. 10, n. 1, della direttiva 90/425 prevede diversi tipi di misure. Infatti, conformemente al secondo comma di tale disposizione, uno Stato membro speditore mette immediatamente in vigore le misure di lotta o di prevenzione previste dalla normativa comunitaria e, segnatamente, la determinazione delle zone di protezione ivi previste o adotta qualsiasi altra misura che ritenga opportuna. Secondo il quarto comma dello stesso paragrafo, in attesa delle misure da adottare, conformemente al n. 4 del suddetto art. 10, uno Stato membro destinatario può, per gravi motivi di salvaguardia della sanità pubblica o della salute animale, adottare provvedimenti cautelari nei confronti delle aziende, dei centri e degli organismi interessati o, in caso di epizoozia, nei confronti della zona di protezione prevista dalla normativa comunitaria.

56 Il governo dei Paesi Bassi deduce che la distinzione in tal modo operata all’art. 10, n. 1, della direttiva 90/425 tra uno Stato membro speditore e uno Stato membro destinatario non rileva nella specie. Infatti, il regolamento provvisorio nazionale mirerebbe a disciplinare non il commercio intracomunitario, bensì, più in generale, la produzione e la commercializzazione di mangimi per animali, sicché tale regolamento sarebbe stato adottato dal Regno dei Paesi Bassi sia in qualità di Stato membro speditore che in qualità di Stato membro destinatario.

57 Gli altri governi che hanno presentato osservazioni nonché la Commissione considerano, invece, che il Regno dei Paesi Bassi abbia adottato il regolamento provvisorio nazionale in qualità di Stato membro destinatario.

58 A tal riguardo, giacché tale regolamento mirava a disciplinare non soltanto la produzione ma altresì la commercializzazione, compreso il ricevimento e l’acquisto, di mangimi per animali in generale, va constatato che il medesimo regolamento era atto ad incidere almeno sulle importazioni di tali prodotti.

59 Va pertanto esaminato se il regolamento provvisorio nazionale possa essere considerato una misura cautelare adottata da uno Stato membro destinatario sul fondamento dell’art. 10, n. 1, quarto comma, della direttiva 90/425.

60 Per quanto riguarda la condizione relativa all’esistenza di gravi motivi di salvaguardia della sanità pubblica o della salute animale ai sensi della summenzionata disposizione, come ricordato al punto 51 della presente sentenza, tale condizione può essere soddisfatta qualora nuove informazioni modifichino notevolmente la percezione del pericolo rappresentato da una malattia.

61 Nella fattispecie, come emerge dai primi tre ‘considerando’ della decisione 2000/766, erano stati riscontrati casi di BSE su animali nati nel 1995, ossia successivamente all’adozione, in data 27 giugno 1994, della decisione 94/381, che conteneva le prime norme comunitarie in materia di controllo delle proteine di mammiferi trasformate utilizzate nell’alimentazione dei ruminanti. Come rilevato al punto 53 della presente sentenza, si può considerare che abbia notevolmente modificato la percezione del pericolo rappresentato da questa malattia il parere del comitato direttivo scientifico, il quale, per la prima volta, dava atto di un rischio di contaminazione incrociata di mangimi per il bestiame con mangimi destinati ad altri animali e contenenti proteine animali forse contaminate dall’agente della BSE.

62 L’adozione della decisione 2000/766, che il regolamento provvisorio nazionale considerava espressamente, si fondava dunque essenzialmente sulla constatazione della necessità di vietare temporaneamente, a titolo precauzionale, l’utilizzazione delle proteine animali nell’alimentazione di tutti gli animali da allevamento tenuti, ingrassati o allevati per la produzione di alimenti. Il parere del comitato direttivo scientifico, che giustificava l’adozione della decisione in parola, poteva dunque anche giustificare, come sostenuto dai governi dei Paesi Bassi, tedesco e svedese nonché dalla Commissione, l’adozione del regolamento provvisorio nazionale.

63 Dall’art. 10, n. 1, quarto comma, della direttiva 90/425 discende che possono essere adottate misure cautelari nelle more dell’adozione dei provvedimenti di competenza della Commissione conformemente al n. 4 dello stesso articolo.

64 Il regolamento provvisorio nazionale è stato emanato l’8 dicembre 2000, ossia quattro giorni dopo l’adozione, da parte del Consiglio, della decisione 2000/766, la quale mirava appunto a vietare le proteine animali nell’alimentazione degli animali a partire dal 1° gennaio 2001.

65 Di conseguenza, le misure a livello dell’Unione erano state adottate, ma non erano ancora entrate in vigore, al momento in cui il Regno dei Paesi Bassi aveva emanato il regolamento provvisorio nazionale.

66 A tal riguardo giova ricordare che la Corte ha già dichiarato che non si può ritenere che l’adozione, da parte della Commissione, di una decisione la cui applicazione non è immediata, in quanto tale, vieti ad uno Stato membro di adottare esso stesso provvedimenti cautelari a norma dell’art. 9, n. 1, quarto comma, della direttiva 89/662 (sentenza 5 dicembre 2000, causa C-477/98, Eurostock, Racc. pag. I-10695, punto 58). Orbene, i provvedimenti cautelari a livello dell’Unione in esame nella citata sentenza Eurostock sono equivalenti a quelli di cui all’art. 10, n. 1, quarto comma, della direttiva 90/425.

67 Uno Stato membro può dunque imporre divieti nazionali come quelli sanciti dal regolamento provvisorio nazionale qualora la situazione in tale Stato membro presenti un carattere d’urgenza che giustifichi l’imposizione immediata di siffatti divieti per gravi motivi di salvaguardia della sanità pubblica o della salute animale.

68 Tuttavia, spetta al giudice del rinvio, che è l’unico competente a valutare i fatti della controversia dinanzi ad esso pendente, verificare se la situazione nei Paesi Bassi, al momento dell’adozione del regolamento provvisorio nazionale, abbia presentato un siffatto carattere d’urgenza.

69 Qualora tale giudice giungesse alla conclusione che ricorreva tale ipotesi e, dunque, che il regolamento provvisorio nazionale può, in linea di principio, essere qualificato come misura cautelare conforme all’art. 10, n. 1, quarto comma, della direttiva 90/425, egli dovrebbe altresì verificare se sia stato osservato il principio di proporzionalità (v., in tal senso, sentenza 10 marzo 2005, cause riunite C-96/03 e C-97/03, Tempelman e van Schaijk, Racc. pag. I-1895, punto 46 e giurisprudenza ivi citata).

70 Da tutto quanto precede emerge che il diritto dell’Unione, in particolare la direttiva 90/425, nonché le decisioni 94/381 e 2000/766, non osta ad una normativa nazionale che, a titolo di protezione contro la BSE, vietasse temporaneamente la produzione e la commercializzazione di proteine animali trasformate nell’alimentazione degli animali da allevamento, purché la situazione nello Stato membro interessato presentasse un carattere di urgenza che giustificasse l’adozione immediata di siffatte misure per gravi motivi di salvaguardia della sanità pubblica o della salute animale. Spetta al giudice del rinvio verificare se ricorra quest’ultimo presupposto e se sia stato osservato il principio di proporzionalità.

Sulle spese

71 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.


Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:


Il diritto dell’Unione, in particolare la direttiva del Consiglio 26 giugno 1990, 90/425/CEE, relativa ai controlli veterinari e zootecnici applicabili negli scambi intracomunitari di taluni animali vivi e prodotti di origine animale, nella prospettiva della realizzazione del mercato interno, nonché le decisioni della Commissione 27 giugno 1994, 94/381/CE, concernente misure di protezione per quanto riguarda l’encefalopatia spongiforme bovina e la somministrazione, con la dieta, di protein[e] derivat[e] da mammiferi, e del Consiglio 4 dicembre 2000, 2000/766/CE, relativa a talune misure di protezione nei confronti delle encefalopatie spongiformi trasmissibili e la somministrazione di proteine animali nell’alimentazione degli animali, non osta ad una normativa nazionale che, a titolo di protezione contro l’encefalopatia spongiforme bovina, vietasse temporaneamente la produzione e la commercializzazione di proteine animali trasformate nell’alimentazione degli animali da allevamento, purché la situazione nello Stato membro interessato presentasse un carattere di urgenza che giustificasse l’adozione immediata di siffatte misure per gravi motivi di salvaguardia della sanità pubblica o della salute animale. Spetta al giudice del rinvio verificare se ricorra quest’ultimo presupposto e se sia stato osservato il principio di proporzionalità.

Firme


 


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