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CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. III, 17/04/2011, Sentenza C-42/10, C‑45/10 e C‑57/10



FAUNA - Modello di passaporto per i movimenti intracomunitari di cani, gatti e furetti - Settore veterinario e zootecnico - Condizioni di polizia sanitaria applicabili ai movimenti a carattere non commerciale di animali da compagnia - Regolamento (CE) n. 998/2003 - Decisione 2003/803/CE.
Gli artt. 3, lett. b), 4, n. 2, 5 e 17, secondo comma, del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 26 maggio 2003, n. 998, relativo alle condizioni di polizia sanitaria applicabili ai movimenti a carattere non commerciale di animali da compagnia, e che modifica la direttiva 92/65/CEE del Consiglio, nonché gli articoli e gli allegati della decisione della Commissione 26 novembre 2003, 2003/803/CE, che stabilisce un modello di passaporto per i movimenti intracomunitari di cani, gatti e furetti, devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale che prevede una numerazione per i passaporti per animali da compagnia composta da un numero unico contenente il codice ISO a due caratteri dello Stato membro interessato seguito dal numero di riconoscimento a due cifre del distributore autorizzato e da una serie di nove cifre, dal momento che detta normativa nazionale garantisce l’unicità di tale numero di identificazione. Mentre gli artt. 3, lett. b), 4, n. 2, 5 e 17, secondo comma, del regolamento n. 998/2003, nonché gli articoli e gli allegati della decisione 2003/803 devono essere interpretati nel senso che: non ostano a una normativa, in applicazione della quale il passaporto per animali da compagnia è utilizzato non soltanto come documento di viaggio, conformemente alla normativa dell’Unione, ma anche come prova di identificazione e registrazione dei cani a livello nazionale, e, ostano a una normativa nazionale, che prevede un solo campo nel passaporto per animali da compagnia destinato a contenere l’indicazione dell’identità e dell’indirizzo del proprietario dell’animale, le cui modifiche successive si effettuano mediante l’apposizione di etichette adesive. Pertanto, le disposizioni nazionali, relative al passaporto per animali da compagnia e afferenti all’uso di quest’ultimo come prova di identificazione e registrazione dei cani, nonché all’utilizzo di etichette adesive per effettuare le modifiche inerenti l’identificazione del proprietario e dell’animale, da un parte, e disposizioni relative alla determinazione di un numero unico per gatti e furetti, dall’altra, non costituiscono regole tecniche ai sensi dell’art. 1 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 22 giugno 1998, 98/34/CE, che prevede una procedura d’informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione, come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 20 luglio 1998, 98/48/CE, le quali, conformemente all’art. 8 della medesima direttiva, devono essere oggetto di una previa comunicazione alla Commissione europea. domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’art. 267 TFUE, dal Raad van State (Belgio), nelle cause Vlaamse Dierenartsenvereniging VZW (cause C-42/10, C-45/10 e C-57/10), Marc Janssens (cause C-42/10 e C-45/10) contro Belgische Staat, con l’intervento di: Luk Vangheluwe (causa C-42/10). CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. III, 17/04/2011, Sentenza C-42/10, C-45/10 e C-57/10


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CORTE DI GIUSTIZIA

delle Comunità Europee,


SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

14 aprile 2011

«Settore veterinario e zootecnico - Regolamento (CE) n. 998/2003 - Condizioni di polizia sanitaria applicabili ai movimenti a carattere non commerciale di animali da compagnia - Decisione 2003/803/CE - Modello di passaporto per i movimenti intracomunitari di cani, gatti e furetti»



Nei procedimenti riuniti C‑42/10, C‑45/10 e C‑57/10,

aventi ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’art. 267 TFUE, dal Raad van State (Belgio), con decisioni 14 gennaio 2010, pervenute in cancelleria il 25 e 28 gennaio 2010, nelle cause

Vlaamse Dierenartsenvereniging VZW (cause C‑42/10, C‑45/10 e C‑57/10),

Marc Janssens (cause C‑42/10 e C‑45/10)

contro

Belgische Staat,

con l’intervento di:

Luk Vangheluwe (causa C‑42/10),


LA CORTE (Terza Sezione),

composta dal sig. K. Lenaerts, presidente di sezione, dai sigg. D. Šváby (relatore), G. Arestis, J. Malenovský e T. von Danwitz, giudici,

avvocato generale: sig. Y. Bot

cancelliere: sig.ra M. Ferreira, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 3 febbraio 2011,

considerate le osservazioni presentate:

- per la Vlaamse Dierenartsenvereniging VZW, dall’avv. R. Gielen, advocaat;

- per il governo belga, dal sig. J.-C. Halleux, in qualità di agente, assistito dall’avv. J.‑F. De Bock, avocat;

- per la Commissione europea, dalla sig.ra A. Marcoulli e dal sig. B. Burggraaf, in qualità di agenti;

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza


1 Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione degli artt. 3, lett. b), 4, n. 2, 5 e 17, secondo comma, del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 26 maggio 2003, n. 998, relativo alle condizioni di polizia sanitaria applicabili ai movimenti a carattere non commerciale di animali da compagnia e che modifica la direttiva 92/65/CEE del Consiglio (GU L 146, pag. 1), della decisione della Commissione 26 novembre 2003, 2003/803/CE, che stabilisce un modello di passaporto per i movimenti intracomunitari di cani, gatti e furetti (GU L 312, pag. 1), e dell’art. 1 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 22 giugno 1998, 98/34/CE, che prevede una procedura d’informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione (GU L 204, pag. 37), come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 20 luglio 1998, 98/48/CE (GU L 217, pag. 18; in prosieguo: la «direttiva 98/34»).

2 Tali domande sono state presentate nell’ambito di tre ricorsi pendenti, da un lato, tra la Vlaamse Dierenartsenvereniging VZW (in prosieguo: la «Vlaamse Dierenartsenvereniging») e il sig. Janssens (cause C‑42/10 e C‑45/10), nonché, dall’altro, tra la Vlaamse Dierenartsenvereniging (causa C‑57/10) e il Belgische Staat. I ricorsi in parola erano diretti all’annullamento, rispettivamente, del regio decreto 21 settembre 2004, recante modifica del regio decreto 10 febbraio 1967 sul regolamento della polizia sanitaria della rabbia (Moniteur belge del 24 settembre 2004, pag. 69208; in prosieguo: il «decreto 21 settembre 2004») (causa C‑42/10), del regio decreto 28 maggio 2004 relativo all’identificazione e alla registrazione dei cani (Moniteur belge del 7 giugno 2004, pag. 43185; in prosieguo: il «decreto 28 maggio 2004») (causa C‑45/10), nonché del regio decreto 5 maggio 2004 relativo al modello e alle modalità di distribuzione del passaporto per i movimenti intracomunitari di gatti e furetti (Moniteur belge del 24 maggio 2004, pag. 40130; in prosieguo: il «decreto 5 maggio 2004») (causa C‑57/10).

3 Con ordinanza del presidente della Corte 2 marzo 2010, i procedimenti C‑42/10, C‑45/10 e C‑57/10 sono stati riuniti ai fini delle fasi scritta e orale, nonché della sentenza, a motivo della loro connessione, conformemente all’art. 43 del regolamento di procedura della Corte.

Contesto normativo

La normativa dell’Unione

Il regolamento n. 998/2003

4 L’art. 3 del regolamento n. 998/2003 dispone quanto segue:

«Ai fini del presente regolamento si intende per:

(...)

b) “passaporto”: qualsiasi documento che consenta di identificare chiaramente l’animale da compagnia e che contenga le indicazioni che permettono di accertarne lo status in relazione al presente regolamento, documento che deve essere elaborato a norma dell’articolo 17, secondo comma;

(...)».

5 L’art. 4, n. 2, di tale regolamento è così formulato:

«Qualsiasi sistema di identificazione dell’animale deve essere accompagnato dall’indicazione dei dati che consentono di risalire al nome e all’indirizzo del proprietario dell’animale».

6 L’art. 5 del medesimo regolamento così recita:

«1. In occasione dei loro movimenti gli animali da compagnia delle specie di cui all’allegato I, parti A e B, devono, fatti salvi i requisiti previsti all’articolo 6:

a) essere identificati a norma dell’articolo 4, e

b) essere muniti di un passaporto rilasciato da un veterinario abilitato dall’autorità competente, attestante l’esecuzione di una vaccinazione o, se del caso, di una nuova vaccinazione antirabbica in corso di validità conformemente alle raccomandazioni del laboratorio di fabbricazione, realizzata sull’animale in questione con un vaccino inattivato di almeno un’unità antigenica per dose (norma OMS).

2. Gli Stati membri possono autorizzare i movimenti degli animali di cui all’allegato I, parti A e B, di meno di tre mesi, non vaccinati, purché siano muniti di un passaporto e abbiano soggiornato dalla nascita nel luogo in cui sono nati, senza entrare in contatto con animali selvatici che possono essere stati esposti ad infezione o purché siano accompagnati dalla madre da cui sono ancora dipendenti».

7 L’art. 17, secondo comma, del regolamento n. 998/2003 è del seguente tenore:

«I modelli del passaporto di cui devono essere muniti gli animali delle specie di cui all’allegato I, parti A e B, in occasione di un movimento sono fissati secondo la procedura di cui all’articolo 24, paragrafo 2».

8 L’allegato I, parti A e B, del citato regolamento si applica a cani, gatti e furetti.

La decisione 2003/803

9 In applicazione del suo art. 1, la decisione 2003/803 stabilisce il modello di passaporto per i movimenti tra gli Stati membri di cani, gatti e furetti.

10 La citata decisione, effettuando al suo art. 2 un rinvio all’allegato I, impone che la copertina e le prime tre pagine di tale modello di passaporto assumano la seguente forma:



                   

 


11 L’art. 3 della decisione 2003/803 prescrive l’obbligo di conformità del modello di passaporto ai requisiti supplementari che figurano all’allegato II della medesima decisione.

12 A tal riguardo, tale allegato II, A, punto 1, enuncia quanto segue:

«Il formato del modello di passaporto deve essere uniforme».

13 Il citato allegato II, B, punto 2, lett. c), è così formulato:

«sulla copertina del modello di passaporto deve essere stampato il numero del passaporto, ossia il codice ISO dello Stato membro di rilascio seguito da un numero unico».

14 Il medesimo allegato II, C, punto 4, enuncia che la dimensione e la forma delle caselle del modello di passaporto di cui all’allegato I sono indicative e non vincolanti.

La direttiva 98/34

15 L’art. 1 della direttiva 98/34 dispone quanto segue:

«Ai sensi della presente direttiva si intende per:

1) “prodotto”: i prodotti di fabbricazione industriale e i prodotti agricoli, compresi i prodotti della pesca;

2) “servizio”: qualsiasi servizio della società dell’informazione, vale a dire qualsiasi servizio prestato normalmente dietro retribuzione, a distanza, per via elettronica e a richiesta individuale di un destinatario di servizi.

(...)

3) “specificazione tecnica”: una specificazione che figura in un documento che definisce le caratteristiche richieste di un prodotto, quali i livelli di qualità o di proprietà di utilizzazione, la sicurezza, le dimensioni, comprese le prescrizioni applicabili al prodotto per quanto riguarda la denominazione di vendita, la terminologia, i simboli, le prove ed i metodi di prova, l’imballaggio, la marcatura e l’etichettatura, nonché le procedure di valutazione della conformità.

(...)

4) “altro requisito”: un requisito diverso da una specificazione tecnica, prescritto per un prodotto per motivi di tutela, in particolare dei consumatori o dell’ambiente, e concernente il suo ciclo di vita dopo la commercializzazione, quali le sue condizioni di utilizzazione, di riciclaggio, di reimpiego o di eliminazione qualora tali condizioni possano influenzare in modo significativo la composizione o la natura del prodotto o la sua commercializzazione;

(...)

11) “regola tecnica”: una specificazione tecnica o altro requisito o una regola relativa ai servizi, comprese le disposizioni amministrative che ad esse si applicano, la cui osservanza è obbligatoria, de jure o de facto, per la commercializzazione, la prestazione di servizi, lo stabilimento di un fornitore di servizi o l’uso degli stessi in uno Stato membro o in una parte importante di esso, nonché, fatte salve quelle di cui all’articolo 10, le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri che vietano la fabbricazione, l’importazione, la commercializzazione o l’uso di un prodotto oppure la prestazione o l’uso di un servizio o lo stabilimento come fornitore di servizi.

(...)».

16 L’art. 8 della direttiva 98/34 enuncia quanto segue:

«1. Fatto salvo l’articolo 10, gli Stati membri comunicano immediatamente alla Commissione ogni progetto di regola tecnica, salvo che si tratti del semplice recepimento integrale di una norma internazionale e europea, nel qual caso è sufficiente una semplice informazione sulla norma stessa. Essi le comunicano brevemente anche i motivi che rendono necessario adottare tale regola tecnica a meno che non risultino già dal progetto.

All’occorrenza, e a meno che non sia già stato trasmesso in relazione con una comunicazione precedente, gli Stati membri comunicano contemporaneamente il testo delle disposizioni legislative e regolamentari fondamentali, essenzialmente e direttamente in questione, qualora la conoscenza di detto testo sia necessaria per valutare la portata del progetto di regola tecnica.

Gli Stati membri procedono ad una nuova comunicazione secondo le modalità summenzionate qualora essi apportino al progetto di regola tecnica modifiche importanti che ne alterino il campo di applicazione, ne abbrevino il calendario di applicazione inizialmente previsto, aggiungano o rendano più rigorosi le specificazioni o i requisiti.

(…)

La Commissione comunica senza indugio agli altri Stati membri il progetto di regola tecnica e tutti i documenti che le sono stati trasmessi. Essa può anche sottoporre il progetto al parere del comitato di cui all’articolo 5 e, se del caso, del comitato competente del settore in questione.

(…)

3. Gli Stati membri comunicano senza indugio alla Commissione il testo definitivo della regola tecnica.

(…)».

La normativa nazionale

17 L’art. 3, n. 2, del decreto 5 maggio 2004 dispone quanto segue:

«Ogni passaporto è provvisto di un numero unico composto di tredici caratteri, e cioè il codice ISO per il Belgio “BE”, seguito dal numero di riconoscimento del distributore composto di due cifre e da un numero seriale di nove cifre».

18 L’art. 2, n. 2, secondo comma, del decreto 28 maggio 2004 è così formulato:

«La prova di identificazione e registrazione dei cani identificati e registrati dopo l’entrata in vigore del presente decreto è fornita dal passaporto, il cui modello è stabilito all’allegato II del presente decreto, munito del certificato definitivo di identificazione e registrazione di cui all’art. 19. Il modello del certificato definitivo di identificazione e registrazione è stabilito all’allegato III del presente decreto».

19 L’art. 2 del decreto in parola, rinviando al suo allegato II, definisce la presentazione del modello di passaporto per animale da compagnia composto di 32 pagine. La seconda e terza pagina di tale passaporto assumono la seguente forma:

     

20 L’art. 20 del decreto 28 maggio 2004 è del seguente tenore:

«Il certificato definitivo di identificazione e registrazione è costituito da due etichette adesive applicate sulle pagine 2 e 3 del passaporto».

21 L’art. 21 di tale decreto dispone quanto segue:

«Il gestore del registro centrale, dopo aver ricevuto la copia gialla del certificato provvisorio di identificazione, registra i dati del cane e del suo responsabile nel registro centrale e invia a detto responsabile un certificato definitivo di identificazione e registrazione unitamente a un modulo intitolato “Variazione del responsabile/Modifica dei dati/Decesso”, il cui modello è stabilito all’allegato IV del presente decreto. Il responsabile, immediatamente dopo aver ricevuto il certificato definitivo di identificazione e registrazione, provvede a incollarlo sul passaporto».

22 L’art. 22 del citato decreto enuncia quanto segue:

«In caso di cessione di un cane, il cedente completa il modulo “Variazione del responsabile/Modifica dei dati/Decesso” e lo trasmette entro otto giorni al gestore del registro centrale. Il passaporto è immediatamente consegnato al nuovo responsabile. Il gestore del registro centrale invia la prova della variazione al nuovo responsabile, unitamente al modulo “Variazione del responsabile/Modifica dei dati/Decesso”. Immediatamente dopo la ricezione, il nuovo responsabile incolla sul passaporto il nuovo certificato definitivo di identificazione e registrazione».

23 Ai sensi dell’art. 23 del medesimo decreto:

«Nel caso dell’art. 6 o 7, il soggetto che procede all’identificazione invia, appena possibile e comunque entro otto giorni, il modulo “Variazione del responsabile/Modifica dei dati/Decesso”, specificando la nuova marcatura di identificazione, al gestore del registro centrale. Quest’ultimo trasmette al responsabile, come prova della registrazione con tale nuova marcatura di identificazione, un nuovo certificato definitivo di identificazione e registrazione, nonché il modulo “Variazione del responsabile/Modifica dei dati/Decesso”».

24 L’art. 1 del decreto 21 settembre 2004 modifica l’art. 14 del regio decreto 10 febbraio 1967 sul regolamento della polizia sanitaria della rabbia (Moniteur belge del 25 febbraio 1967, pag. 1966; in prosieguo: il «decreto 10 febbraio 1967»), che è ormai redatto come segue:

Ǥ 1. Il veterinario autorizzato, ogni volta che esegue la vaccinazione, rilascia un certificato conforme al modello allegato al presente decreto.

§ 2. Per un cane, un gatto o un furetto che sia provvisto di un tatuaggio o di un microchip leggibile o che venga identificato al momento della vaccinazione, il veterinario autorizzato rilascia un passaporto che, a seconda del caso, è stato distribuito da una persona giuridica autorizzata ai sensi delle disposizioni [del decreto 5 maggio 2004] o dal gestore del registro centrale di identificazione dei cani, designato ai sensi dell’art. 27 [del decreto 28 maggio 2004]. Dopo l’identificazione o il controllo dell’identificazione, il veterinario autorizzato indica nel passaporto di cui sopra la vaccinazione da lui eseguita.

Nel caso in cui il cane, il gatto o il furetto sia già in possesso di un passaporto come quello di cui al primo comma, il veterinario autorizzato che ha effettuato la vaccinazione completa tale passaporto con le informazioni necessarie relative al vaccino somministrato, dopo aver controllato i dati di identificazione.

§ 3. I proprietari e i detentori di animali che devono essere vaccinati sono tenuti a presentare, a seconda del caso, il certificato di vaccinazione o il passaporto di cui sopra ad ogni richiesta da parte delle autorità menzionate all’art. 27».

Cause principali e questioni pregiudiziali

Causa C‑42/10

25 Il ricorso nel procedimento principale della causa C‑42/10, presentato il 5 novembre 2004 dalla Vlaamse Dierenartsenvereniging e dal sig. Janssens, è diretto all’annullamento del decreto 21 settembre 2004 nella parte in cui prescrive, all’art. 14 del decreto 10 febbraio 1967 da esso modificato, l’indicazione della vaccinazione contro la rabbia su un passaporto per animali da compagnia che soddisfi i requisiti fissati dal decreto 5 maggio 2004 o quelli fissati dal decreto 28 maggio 2004.

26 A tal riguardo, i ricorrenti nella causa principale affermano che il decreto 21 settembre 2004 viola i principi della libera circolazione delle merci, dei servizi e delle persone, il principio di libera concorrenza, riservando un monopolio soltanto alla Belgische Vereniging voor Identificatie en Registratie van Honden (in prosieguo: la «BVIRH»), nonché il regolamento n. 998/2003 e la decisione 2003/803.

27 A quest’ultimo riguardo, detti ricorrenti sostengono che il decreto 21 settembre 2004 non consente l’iscrizione delle vaccinazioni nel passaporto straniero per animali da compagnia o nel passaporto per animali da compagnia distribuito dalla Vlaamse Dierenartsenvereniging. Essi asseriscono altresì che il riferimento ai decreti 5 e 28 maggio 2004 non ha ragion d’essere, in quanto questi ultimi contengono requisiti ulteriori rispetto a quelli previsti dal passaporto per animali da compagnia, quale definito dal regolamento n. 998/2003. In particolare, i citati decreti assocerebbero a tale passaporto un obbligo di registrazione e di tracciabilità. Orbene, il passaporto previsto dal citato regolamento avrebbe una funzione meramente sanitaria. Inoltre, una siffatta previsione aggiuntiva non sarebbe mai rientrata nelle intenzioni del legislatore dell’Unione, poiché l’identificazione dell’animale sarebbe necessaria soltanto al fine di associare a esso un certificato sanitario. Peraltro, l’apposizione di etichette da parte di terzi su un documento sanitario, come previsto dal decreto 28 maggio 2004, non sarebbe autorizzata. Il decreto 5 maggio 2004, dal canto suo, prevedendo che i passaporti rilasciati in Belgio debbano contenere un numero unico di tredici cifre, introdurrebbe un requisito non necessario a livello dell’Unione.

28 Il convenuto nella causa principale replica che il passaporto di cui al regolamento n. 998/2003 è in primo luogo un documento di identificazione, e che è del tutto logico che siano state adottate alcune misure al fine di assicurare una politica coerente ed uniforme rendendo obbligatorio un unico documento, il quale vale come documento di identificazione e registrazione in Belgio e come documento sanitario e di identificazione, nei movimenti intracomunitari. Per quanto concerne l’asserita posizione di monopolio della BVIRH, il Belgische Staat afferma che tale associazione non è l’unica ad aver ottenuto il suo riconoscimento.

29 È in tale contesto che il Raad van State ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se gli artt. 3, lett. b), 4, n. 2, 5 e 17, secondo comma, del regolamento [n. 998/2003] e gli articoli ed allegati della decisione [2003/803] ostino a che un regime nazionale in materia di passaporti per gatti e furetti rinvii (...) al modello e ai requisiti supplementari fissati dalla decisione [2003/803], ma prescriva (...) inoltre che ogni passaporto sia provvisto di un numero unico composto di 13 caratteri, e cioè il codice ISO per il Belgio “BE”, seguito dal numero di riconoscimento del distributore composto di due cifre e da un numero seriale di nove cifre.

2) Se gli artt. 3, lett. b), 4, n. 2, 5 e 17, secondo comma, del regolamento [n. 998/2003] e gli articoli ed allegati della decisione [2003/803] ostino a che un regime nazionale estenda l’uso del modello del passaporto europeo per gli animali da compagnia come prova di identificazione e registrazione dei cani e preveda inoltre che terzi, mediante etichette di identificazione adesive, apportino modifiche relative all’identificazione del proprietario e dell’animale nelle parti I‑III di un passaporto europeo per animali da compagnia, attestato da un veterinario autorizzato, in seguito alle quali i dati di identificazione precedenti vengono coperti».

Causa C‑45/10

30 Il ricorso nel procedimento principale della causa C‑45/10, presentato il 30 luglio 2004 dalla Vlaamse Dierenartsenvereniging e dal sig. Janssens, è diretto all’annullamento del decreto 28 maggio 2004.

31 A questo scopo, i ricorrenti nella causa principale sostengono anzitutto che tale decreto crea una situazione di monopolio in favore della BVIRH per quanto riguarda la distribuzione dei passaporti per cani, il che avrebbe la conseguenza di non consentire ai veterinari di far stampare i loro passaporti per animali da compagnia in uno Stato membro diverso dal Regno del Belgio. Il citato decreto occasionerebbe altresì la frode e creerebbe una discriminazione mettendo in relazione l’identificazione dei cani contenuta nei passaporti oggetto della causa principale con l’obbligo di registrazione e di tracciabilità, mentre tale obbligo non sussiste per i gatti e i furetti, e ciò nonostante la normativa dell’Unione tratti tali specie di animali in modo identico. Inoltre, l’effetto diretto di quest’ultima normativa imporrebbe alla Vlaamse Dierenartsenvereiniging di fare il possibile perché i suoi membri possano rispettare la citata normativa e avrebbe inoltre la conseguenza di rendere inapplicabile il decreto 28 maggio 2004. I suddetti ricorrenti sostengono poi che l’utilizzo di etichette adesive contrasta con l’obiettivo previsto dalla decisione 2003/803, che consisterebbe nel consentire un agevole controllo da parte delle autorità competenti. Infine, lo Stato membro in questione non potrebbe invocare il principio di sussidiarietà.

32 Inoltre, i ricorrenti nella causa principale affermano che le disposizioni del decreto 28 maggio 2004, che utilizzano il modello di passaporto per gli animali da compagnia previsto dalla decisione 2003/803 come prova di identificazione e registrazione dei cani, che prevedono l’apposizione di etichette adesive sul passaporto al fine di identificare il proprietario e l’animale e che si discostano dal modello di passaporto in parola per quanto riguarda lo spazio previsto per l’indicazione dei dati relativi al nuovo proprietario, costituiscono regole tecniche ai sensi della direttiva 98/34 la cui adozione, in forza dell’art. 8 di quest’ultima, avrebbe richiesto una previa comunicazione alla Commissione. In tal senso, i ricorrenti sostengono che i cani muniti di passaporto devono essere considerati come merci.

33 Nella sentenza 9 gennaio 2006 (n. 153 336), che respinge una domanda di sospensione dell’esecutività del decreto impugnato, il giudice del rinvio avrebbe dichiarato che la mera circostanza che una determinata situazione sia disciplinata da disposizioni direttamente vincolanti a livello dell’Unione non osta a che l’autorità nazionale competente in materia emani, a titolo integrativo e a salvaguardia dell’interesse nazionale comune, proprie disposizioni relative ad aspetti non disciplinati dalla normativa dell’Unione o quando quest’ultima non osta a una normativa nazionale complementare. Il giudice che ha pronunciato tale sentenza è dell’avviso che il convenuto nella causa principale poteva dunque elaborare una normativa di diritto interno, sempre che quest’ultima non pregiudicasse l’efficacia integrale della normativa dell’Unione. Dato che né il regolamento n. 998/2003 né la decisione 2003/803 conterrebbero disposizioni relative alla produzione e alla distribuzione ai veterinari dei passaporti per cani, il decreto 28 maggio 2004 rientrerebbe nell’ambito fissato dalla citata decisione. Del pari, per quanto riguarda l’apposizione di etichette adesive su tali passaporti, detto giudice ha considerato che né il regolamento n. 998/2003 né la decisione 2003/803 vietano che le indicazioni individualizzate vengano apposte su tali passaporti mediante etichette adesive, purché tale prassi non dia origine a differenze rispetto al modello di passaporto previsto dalla decisione 2003/803.

34 Poiché i ricorrenti nella causa principale hanno ribadito i loro argomenti relativi all’incompatibilità del decreto 28 maggio 2004 con la normativa dell’Unione, il Raad van State ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se gli artt. 3, lett. b), 4, n. 2, 5 e 17, secondo comma, del regolamento [n. 998/2003] e gli articoli ed allegati della decisione [2003/803] ostino a che una normativa nazionale estenda l’uso del modello del passaporto europeo per gli animali da compagnia come prova di identificazione e registrazione dei cani e preveda inoltre che terzi, mediante etichette di identificazione adesive, apportino modifiche relative all’identificazione del proprietario e dell’animale nelle parti I‑III di un passaporto europeo per animali da compagnia, attestato da un veterinario autorizzato, in seguito alle quali i dati di identificazione precedenti vengono coperti.

2) Se le disposizioni nazionali, che estendono l’uso del modello di passaporto europeo per gli animali da compagnia, di cui alla decisione [2003/803], come prova di identificazione e di registrazione dei cani e prevedono inoltre che terzi, mediante etichette di identificazione adesive, apportino modifiche relative all’identificazione del proprietario e dell’animale nelle parti I‑III di detto passaporto, costituiscano norme tecniche ai sensi dell’art. 1 della direttiva [98/34] la cui adozione, in forza dell’art. 8 della medesima direttiva, richiede una previa comunicazione alla Commissione».

Causa C‑57/10

35 Il ricorso nel procedimento principale della causa C‑57/10, presentato il 7 giugno 2004 dalla Vlaamse Dierenartsenvereniging, è diretto all’annullamento del decreto 5 maggio 2004.

36 A tal riguardo, la ricorrente nella causa principale sostiene che il decreto in parola viola gli artt. 3, lett. g), CE, 30 CE, 81 CE e 82 CE, i principi della libera circolazione delle merci, dei servizi, delle persone e dei capitali, il regolamento n. 998/2003, la decisione 2003/803 nonché la direttiva 98/34.

37 Fissando modalità di determinazione del numero unico del passaporto per animali da compagnia più dettagliate rispetto alle previsioni della normativa dell’Unione, il decreto 5 maggio 2004, da un lato, non terrebbe conto dell’efficacia diretta riconosciuta dall’art. 249 CE ai regolamenti e alle decisioni dell’Unione e, dall’altro, costituirebbe una norma tecnica che, in violazione della direttiva 98/34, non è stata comunicata alla Commissione.

38 Il convenuto nella causa principale osserva che, nel determinare tale numero unico, conformemente al regolamento n. 998/2003, le autorità nazionali dispongono di un margine di discrezionalità che le autorizza ad adottare decisioni integrative, finalizzate all’elaborazione di una corretta procedura di identificazione. Esso ritiene altresì che il decreto 5 maggio 2004 non rientri nell’ambito di applicazione della direttiva 98/34.

39 Nella sentenza 9 gennaio 2006 (n. 136 163), che respinge una domanda di sospensione dell’esecutività del decreto in parola, il giudice del rinvio avrebbe dichiarato che la mera circostanza che una determinata situazione sia disciplinata da disposizioni direttamente vincolanti a livello dell’Unione non osta a che l’autorità nazionale competente in materia emani, a titolo integrativo e a salvaguardia dell’interesse nazionale comune, proprie disposizioni relative ad aspetti non disciplinati dalla normativa dell’Unione o quando quest’ultima non osta a una normativa nazionale complementare. Il giudice che ha pronunciato tale sentenza è dell’avviso che il convenuto nella causa principale poteva dunque elaborare una normativa di diritto interno, sempre che quest’ultima non pregiudicasse l’efficacia integrale della normativa dell’Unione. Dato che né il regolamento n. 998/2003 né la decisione 2003/803 conterrebbero disposizioni relative alla fabbricazione e alla distribuzione ai veterinari dei passaporti per cani e furetti, il decreto impugnato rientrerebbe nell’ambito fissato dalla citata decisione.

40 Poiché la ricorrente nella causa principale ha ribadito i suoi argomenti relativi all’incompatibilità del decreto 5 maggio 2004 con la normativa dell’Unione, il Raad van State ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se gli artt. 3, lett. b), 4, n. 2, 5 e 17, secondo comma, del regolamento [n. 998/2003] e gli articoli ed allegati della decisione [2003/803] ostino a che un regime nazionale in materia di passaporti per gatti e furetti rinvii al modello e ai requisiti supplementari fissati dalla decisione [2003/803], ma prescriva inoltre che ogni passaporto sia provvisto di un numero unico composto di 13 caratteri, e cioè il codice ISO per il Belgio “BE”, seguito dal numero di riconoscimento del distributore composto di due cifre e da un numero seriale di nove cifre.

2) Se un regime nazionale che, in materia di passaporti per gatti e furetti, rinvia al modello e ai requisiti supplementari fissati dalla decisione [2003/803], ma prescriva inoltre che ogni passaporto sia provvisto di un numero unico composto di 13 caratteri, e cioè il codice ISO per il Belgio “BE”, seguito dal numero di riconoscimento del distributore composto di due cifre e da un numero seriale di nove cifre, sia una regola tecnica ai sensi dell’art. 1 della direttiva [98/34] la cui adozione, in forza dell’art. 8 della medesima direttiva, richiede una previa comunicazione alla Commissione (...)».

Sulle questioni pregiudiziali

Osservazioni preliminari

41 Nelle sue osservazioni la Vlaamse Dierenartsenvereniging, ricorrente nelle tre cause principali, formula due questioni complementari e sostiene che, in considerazione della loro importanza, anche in merito ad esse sarebbe necessaria la pronuncia della Corte.

42 A tale riguardo occorre ricordare che, nell’ambito della cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, quale prevista dall’art. 267 TFUE, spetta unicamente al giudice nazionale, il quale è investito della controversia e deve assumersi la responsabilità della futura pronuncia giurisdizionale, valutare, alla luce delle peculiarità della causa dinanzi ad esso pendente, sia la necessità di una decisione in via pregiudiziale ai fini della pronuncia della propria sentenza sia la rilevanza delle questioni che esso propone alla Corte (v., in tal senso, sentenza 15 ottobre 2009, causa C‑138/08, Hochtief e Linde-Kca-Dresden, Racc. pag. I‑9889, punto 20 e giurisprudenza ivi citata).

43 La facoltà di determinare le questioni da sottoporre alla Corte è quindi riservata al giudice nazionale e le parti non possono modificarne il tenore (sentenza Hochtief e Linde-Kca-Dresden, cit., punto 21 e giurisprudenza ivi citata).

44 Peraltro, una modifica delle questioni pregiudiziali sotto il profilo sostanziale o una risposta alle questioni complementari menzionate nelle osservazioni della ricorrente nella causa principale sarebbe incompatibile con il ruolo assegnato alla Corte dall’art. 267 TFUE e con l’obbligo della Corte di dare ai governi degli Stati membri e alle parti interessate la possibilità di presentare osservazioni ai sensi dell’art. 23 del suo Statuto, tenuto conto del fatto che, in base alla suddetta disposizione, alle parti interessate vengono notificate solo le decisioni di rinvio (v., in tal senso, sentenza Hochtief e Linde-Kca-Dresden, cit., punto 22 e giurisprudenza ivi citata).

45 Ne consegue che la Corte non può procedere all’analisi delle questioni complementari sollevate dalla Vlaamse Dierenartsenvereniging.

Sulle prime questioni nelle cause C‑42/10 e C‑57/10

46 Con le sue prime questioni nelle cause C‑42/10 e C‑57/10, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli artt. 3, lett. b), 4, n. 2, 5 e 17, secondo comma, del regolamento n. 998/2003, nonché gli articoli e gli allegati della decisione 2003/803 debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale, quale quella oggetto della causa principale, che prescrive una numerazione per i passaporti per animali da compagnia composta da un numero unico contenente il codice ISO a due caratteri del Regno del Belgio «BE» seguito dal numero di riconoscimento a due cifre del distributore autorizzato e da una serie di nove cifre.

47 A tale riguardo si deve ricordare che, a causa della loro stessa natura e della loro funzione nel sistema delle fonti del diritto dell’Unione, le disposizioni di un regolamento producono, in genere, effetti immediati negli ordinamenti giuridici nazionali, senza che le autorità nazionali debbano adottare misure di attuazione o che sia necessario che il legislatore dell’Unione adotti normative complementari (sentenza 28 ottobre 2010, causa C‑367/09, SGS Belgium e a., non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).

48 Cionondimeno, talune disposizioni di un regolamento, anche completate da una decisione di esecuzione, possono richiedere, per la loro attuazione, l’adozione di misure nazionali di applicazione (v., per analogia, sentenza 11 gennaio 2001, causa C‑403/98, Monte Arcosu, Racc. pag. I‑103, punto 26).

49 Ciò è esattamente quanto si verifica con riferimento all’art. 5, n. 1, lett. b), del regolamento n. 998/2003, in combinato disposto con l’allegato II, B, punto 2, lett. c), della decisione 2003/803.

50 Infatti, eccezion fatta per l’obbligo di indicare il numero ISO dello Stato membro di rilascio all’inizio della serie di caratteri che compongono il numero unico da apporsi sul passaporto per animali da compagnia, le citate disposizioni del regolamento n. 998/2003 e della decisione 2003/803 non prevedono alcuna modalità specifica per la determinazione di tale numero. Esse implicano quindi che siano gli Stati membri a dover stabilire la modalità di determinazione di detto numero.

51 Va constatato che la normativa nazionale oggetto della causa principale soddisfa i requisiti relativi alla numerazione dei passaporti previsti dall’art. 5, n. 1, lett. b), del regolamento n. 998/2003, in combinato disposto con l’allegato II, B, punto 2, lett. c), della decisione 2003/803. Infatti, tale normativa nazionale prevede, da un lato, che ogni passaporto sia dotato di un numero unico e, dall’altro, che i primi due caratteri di tale numero facciano riferimento al codice ISO del Regno del Belgio «BE». La normativa nazionale in parola, attuando le disposizioni del diritto dell’Unione precedentemente menzionate e precisando, peraltro, la modalità di numerazione degli altri caratteri che compongono il numero di passaporto, garantisce la piena efficacia di queste ultime disposizioni.

52 Dalle considerazioni sin qui svolte risulta che le prime questioni nelle cause C‑42/10 e C‑57/10 vanno risolte dichiarando che gli artt. 3, lett. b), 4, n. 2, 5 e 17, secondo comma, del regolamento n. 998/2003, nonché gli articoli e gli allegati della decisione 2003/803 devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale che prevede una numerazione per i passaporti per animali da compagnia composta da un numero unico contenente il codice ISO a due caratteri dello Stato membro interessato seguito dal numero di riconoscimento a due cifre del distributore autorizzato e da una serie di nove cifre, dal momento che detta normativa nazionale garantisce l’unicità di tale numero di identificazione.

Sulla seconda questione nella causa C‑42/10 e sulla prima questione nella causa C‑45/10

53 Con la seconda questione nella causa C‑42/10 e la prima questione nella causa C‑45/10, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli artt. 3, lett. b), 4, n. 2, 5 e 17, secondo comma, del regolamento n. 998/2003, nonché gli articoli e gli allegati della decisione 2003/803 ostino a normative, quali quelle oggetto della causa principale, in seguito alla cui applicazione, da un lato, il passaporto per animali da compagnia è utilizzato non soltanto come documento di viaggio ai sensi della normativa dell’Unione, ma anche come prova di identificazione e registrazione dei cani a livello nazionale, e, dall’altro, la presentazione dei dati relativi all’identificazione del proprietario e dell’animale presenti su tale passaporto differisce da quella prevista dalla decisione 2003/803 e la modifica dei quali si effettua mediante l’apposizione dei nuovi dati che coprono i precedenti con etichette adesive.

54 Per quanto riguarda, in primo luogo, l’uso del passaporto per animali da compagnia come prova di identificazione e registrazione dei cani a livello nazionale, occorre sottolineare che si tratta dell’uso di detto passaporto per fini paralleli e diversi da quelli che reggono la normativa dell’Unione, e cioè l’armonizzazione delle condizioni di polizia sanitaria applicabili ai movimenti intracomunitari di animali da compagnia a carattere non commerciale.

55 A questo proposito si deve rilevare che né il tenore letterale né lo spirito del regolamento n. 998/2003 e della decisione 2003/803 consentono di concludere che la funzione del passaporto per animali da compagnia sarebbe solo ed esclusivamente quella di soddisfare gli obiettivi perseguiti dalla normativa dell’Unione, e che, pertanto, l’uso di tale passaporto a livello nazionale per finalità diverse sarebbe vietato. Dal terzo e quarto ‘considerando’ della decisione 2003/803 e dal modello di passaporto allegato a tale decisione si evince invece che quest’ultimo contiene alcune pagine sulle quali è possibile inserire dati che non presentano alcun nesso con la normativa dell’Unione. Tale modello prevede infatti l’indicazione della certificazione di vaccinazioni non richieste dal regolamento n. 998/2003, nonché alcune sezioni, intitolate «esami clinici» e «legalizzazione», in modo che i passaporti per animali da compagnia possano essere utilizzati anche per i movimenti di animali al di fuori dell’Unione.

56 Pertanto, l’uso di tale passaporto per finalità diverse da quelle indicate dalla normativa dell’Unione, in linea di principio, non può essere vietato.

57 Tuttavia, è necessario che tale uso non rimetta in discussione né l’effettiva applicazione del regolamento n. 998/2003 e della decisione 2003/803 né gli obiettivi dagli stessi perseguiti. Orbene, non é provato e neppure affermato dalle parti nella causa principale o dagli interessati di cui all’art. 23 dello Statuto della Corte che hanno presentato osservazioni che l’uso di tale passaporto finalizzato all’identificazione e alla registrazione dei cani a livello nazionale produca un simile effetto.

58 Per quanto riguarda, in secondo luogo, la menzione dei dati relativi all’identificazione del proprietario e dell’animale, la cui modifica è effettuata attraverso l’apposizione di nuovi dati sui precedenti mediante etichette adesive, occorre constatare che una normativa quale quella oggetto della causa principale ha l’effetto di introdurre un passaporto per animali da compagnia, la cui presentazione differisce da quella del modello di passaporto previsto dalla decisione 2003/803.

59 Infatti, mentre l’allegato I della decisione 2003/803 prevede che la prima pagina del modello di passaporto contenga tre campi che consentano di annotare l’identità e l’indirizzo di tre proprietari in successione dell’animale, la normativa oggetto della causa principale prevede che la prima pagina del passaporto per animali da compagnia contenga un solo campo, sul quale apporre in successione le etichette adesive che tengono conto delle variazioni di indirizzo o di identità del proprietario dell’animale.

60 A tal riguardo occorre ricordare che, ai sensi dell’art. 288, quarto comma, TFUE, le decisioni della Commissione destinate agli Stati membri sono obbligatorie in tutti i loro elementi.

61 Inoltre, dall’oggetto stesso della decisione 2003/803, dal modello di passaporto di cui all’allegato I della medesima e dall’allegato II, A, punto 1, di tale decisione nella quale è scritto che «[i]l formato del modello di passaporto è uniforme», risulta che tale decisione ha lo scopo di definire un documento uniforme, qualunque sia lo Stato membro che lo rilascia, le cui forme e il cui contenuto sono imposti agli Stati membri, fatti salvi adeguamenti di minore importanza, tassativamente previsti all’allegato II, C, punto 4, della citata decisione.

62 Orbene, adottando una presentazione della prima pagina del passaporto per animali da compagnia sulla quale appare soltanto un campo destinato a contenere l’indicazione dell’identità e dell’indirizzo del primo proprietario dell’animale e le cui modifiche successive si effettuano mediante l’apposizione di etichette adesive, una normativa quale quella oggetto della causa principale non tiene conto dell’obbligo di una presentazione uniforme previsto per il modello di passaporto, il quale esige, in particolare, che la prima pagina del passaporto per animali da compagnia contenga determinati campi e una presentazione che consenta di annotare l’identità e l’indirizzo dei tre proprietari, in successione, dell’animale.

63 Del resto, come affermato dalla Commissione in udienza, la sovrapposizione di etichette adesive impedisce l’identificazione, in successione, dei proprietari dell’animale, benché una siffatta identificazione sia determinante nell’ambito della polizia sanitaria e il regolamento n. 998/2003 e la decisione 2003/803 siano intervenuti proprio in tale ambito.

64 Per la stessa ragione, l’utilizzo di etichette adesive come quelle previste dalla normativa oggetto della causa principale, che porta a modificare la presentazione imposta per il modello di passaporto ha anche l’effetto di impedire il trasferimento degli animali da compagnia al di fuori dello Stato membro di origine prevedendo, in tali casi, il rilascio di un nuovo passaporto nello Stato membro di destinazione.

65 Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, occorre risolvere la seconda questione nella causa C‑42/10 e la prima questione nella causa C‑45/10 dichiarando che gli artt. 3, lett. b), 4, n. 2, 5 e 17, secondo comma, del regolamento n. 998/2003, nonché gli articoli e allegati della decisione 2003/803 devono essere interpretati nel senso che:

- non ostano a una normativa, come quella oggetto della causa principale, in applicazione della quale il passaporto per animali da compagnia è utilizzato non soltanto come documento di viaggio, conformemente alla normativa dell’Unione, ma anche come prova di identificazione e registrazione dei cani a livello nazionale, e

- ostano a una normativa nazionale, come quella oggetto della causa principale, che prevede un solo campo nel passaporto per animali da compagnia destinato a contenere l’indicazione dell’identità e dell’indirizzo del proprietario dell’animale, le cui modifiche successive si effettuano mediante l’apposizione di etichette adesive.

Sulle seconde questioni nelle cause C‑45/10 e C‑57/10

66 Con le seconde questioni nelle cause C‑45/10 e C‑57/10, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se disposizioni nazionali, come quelle enunciate nella normativa belga sul passaporto per animali da compagnia e relative all’uso di quest’ultimo come prova di identificazione e registrazione dei cani, nonché all’utilizzo di etichette adesive per effettuare le modifiche afferenti all’identificazione del proprietario e dell’animale, da una parte, e disposizioni relative alla determinazione di un numero unico per gatti e furetti, dall’altra, debbano essere considerate regole tecniche, ai sensi della direttiva 98/34.

67 Occorre rilevare al riguardo, come emerge dal fondamento giuridico della direttiva 98/34, vale a dire dall’art. 100 A del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 95 CE), nonché dal secondo e quarto ‘considerando’ di tale direttiva, che la normativa dell’Unione, prevedendo una procedura d’informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione, concorre al buon funzionamento del mercato interno garantendo, in particolare, la libera circolazione delle merci.

68 Del resto, la Corte ha avuto l’occasione di precisare che nell’ambito di applicazione della libera circolazione delle merci rientrano soltanto i prodotti pecuniariamente valutabili e come tali atti a costituire oggetto di operazioni commerciali (v. in tal senso, in particolare, sentenze 10 dicembre 1968, causa 7/68, Commissione/Italia, Racc. pag. 561, in particolare pag. 570, e 26 ottobre 2006, causa C‑65/05, Commissione/Grecia, Racc. pag. I‑10341, punti 23-25).

69 Orbene, è pacifico che i passaporti per animali da compagnia, essendo dotati di un numero unico e identificando un animale specifico, non possono, come tali, costituire oggetto di operazioni commerciali.

70 È dunque escluso che i passaporti in parola possano essere qualificati come «merce», ai sensi della giurisprudenza della Corte, e che la direttiva 98/34 sia applicabile nei loro confronti. Di conseguenza, specificazioni, come quelle previste dalla normativa belga oggetto della causa principale, non possono essere qualificate come specificazioni tecniche che devono costituire oggetto, conformemente all’art. 8 di tale direttiva, di una previa comunicazione alla Commissione e, in mancanza di quest’ultima, essere disapplicate dal giudice nazionale (v., in tal senso, sentenza 8 novembre 2007, causa C‑20/05, Schwibbert, Racc. pag. I‑9447, punti 33 e 44 nonché giurisprudenza ivi citata).

71 Dalle considerazioni sin qui esposte risulta che le seconde questioni nelle cause C‑45/10 e C‑57/10 devono essere risolte dichiarando che disposizioni nazionali, come quelle enunciate nella normativa oggetto della causa principale, relative al passaporto per animali da compagnia e afferenti all’uso di quest’ultimo come prova di identificazione e registrazione dei cani, nonché all’utilizzo di etichette adesive per effettuare le modifiche inerenti l’identificazione del proprietario e dell’animale, da un parte, e disposizioni relative alla determinazione di un numero unico per gatti e furetti, dall’altra, non costituiscono regole tecniche ai sensi dell’art. 1 della direttiva 98/34, che, conformemente all’art. 8 della medesima direttiva, devono essere oggetto di una previa comunicazione alla Commissione.

Sulle spese

72 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.


Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:


1) Gli artt. 3, lett. b), 4, n. 2, 5 e 17, secondo comma, del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 26 maggio 2003, n. 998, relativo alle condizioni di polizia sanitaria applicabili ai movimenti a carattere non commerciale di animali da compagnia, e che modifica la direttiva 92/65/CEE del Consiglio, nonché gli articoli e gli allegati della decisione della Commissione 26 novembre 2003, 2003/803/CE, che stabilisce un modello di passaporto per i movimenti intracomunitari di cani, gatti e furetti, devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale che prevede una numerazione per i passaporti per animali da compagnia composta da un numero unico contenente il codice ISO a due caratteri dello Stato membro interessato seguito dal numero di riconoscimento a due cifre del distributore autorizzato e da una serie di nove cifre, dal momento che detta normativa nazionale garantisce l’unicità di tale numero di identificazione.

2) Gli artt. 3, lett. b), 4, n. 2, 5 e 17, secondo comma, del regolamento n. 998/2003, nonché gli articoli e gli allegati della decisione 2003/803 devono essere interpretati nel senso che:

- non ostano a una normativa, come quella oggetto della causa principale, in applicazione della quale il passaporto per animali da compagnia è utilizzato non soltanto come documento di viaggio, conformemente alla normativa dell’Unione, ma anche come prova di identificazione e registrazione dei cani a livello nazionale, e

- ostano a una normativa nazionale, come quella oggetto della causa principale, che prevede un solo campo nel passaporto per animali da compagnia destinato a contenere l’indicazione dell’identità e dell’indirizzo del proprietario dell’animale, le cui modifiche successive si effettuano mediante l’apposizione di etichette adesive.

3) Disposizioni nazionali, come quelle enunciate nella normativa oggetto della causa principale, relative al passaporto per animali da compagnia e afferenti all’uso di quest’ultimo come prova di identificazione e registrazione dei cani, nonché all’utilizzo di etichette adesive per effettuare le modifiche inerenti l’identificazione del proprietario e dell’animale, da un parte, e disposizioni relative alla determinazione di un numero unico per gatti e furetti, dall’altra, non costituiscono regole tecniche ai sensi dell’art. 1 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 22 giugno 1998, 98/34/CE, che prevede una procedura d’informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione, come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 20 luglio 1998, 98/48/CE, le quali, conformemente all’art. 8 della medesima direttiva, devono essere oggetto di una previa comunicazione alla Commissione europea.

Firme


 


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