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CORTE DI
GIUSTIZIA CE, Sez. I, 16/06/2011, Procedimenti riuniti da C-65/09 e C-87/09
DIRITTO DEI CONSUMATORI - Vendita e garanzie dei beni di consumo - Tutela
dei consumatori - Sostituzione del bene difettoso come unico rimedio - Bene
difettoso già installato dal consumatore - Obbligo per il venditore di
rimuovere il bene difettoso e di installare il bene sostitutivo - Art. 3, nn.
2 e 3, Direttiva 1999/44/CE. L’art. 3, nn. 2 e 3, della direttiva del
Parlamento europeo e del Consiglio 25 maggio 1999, 1999/44/CE, su taluni
aspetti della vendita e delle garanzie dei beni di consumo, deve essere
interpretato nel senso che, quando un bene di consumo non conforme, che
prima della comparsa del difetto sia stato installato in buona fede dal
consumatore tenendo conto della sua natura e dell’uso previsto, sia reso
conforme mediante sostituzione, il venditore è tenuto a procedere egli
stesso alla rimozione di tale bene dal luogo in cui è stato installato e ad
installarvi il bene sostitutivo, ovvero a sostenere le spese necessarie per
tale rimozione e per l’installazione del bene sostitutivo. Tale obbligo del
venditore sussiste a prescindere dal fatto che egli fosse tenuto o meno, in
base al contratto di vendita, ad installare il bene di consumo inizialmente
acquistato. (domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai
sensi dell’art. 234 CE, dal Bundesgerichtshof (causa C-65/09) e dall’Amtsgericht
Schorndorf (causa C-87/09) - Germania). Pres. Tizzano, Rel. Ilešic, Gebr.
Weber GmbH c. Jürgen Wittmer. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. I, 16/06/2011,
Procedimenti riuniti da C-65/09 e C-87/09
DIRITTO DEI CONSUMATORI - Vendita e garanzie dei beni di consumo -
Diritto del consumatore al rimborso delle spese di rimozione del bene
difettoso e di installazione del bene sostitutivo - Art. 3, n. 3, Dir.
1999/44/CE. L’art. 3, n. 3, della direttiva 1999/44 dev’essere
interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale che
attribuisca al venditore il diritto di rifiutare la sostituzione di un bene
non conforme, unico rimedio possibile, in quanto essa gli impone, in ragione
dell’obbligo di procedere alla rimozione di tale bene dal luogo in cui è
stato installato e di installarvi il bene sostitutivo, costi sproporzionati
tenendo conto del valore che il bene avrebbe se fosse conforme e dell’entità
del difetto di conformità. Detta disposizione non osta tuttavia a che il
diritto del consumatore al rimborso delle spese di rimozione del bene
difettoso e di installazione del bene sostitutivo sia in tal caso limitato
al versamento, da parte del venditore, di un importo proporzionato. (domande
di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE,
dal Bundesgerichtshof (causa C-65/09) e dall’Amtsgericht Schorndorf (causa
C-87/09) - Germania). Pres. Tizzano, Rel. Ilešic, Gebr. Weber GmbH c. Jürgen
Wittmer. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. I, 16/06/2011, Procedimenti riuniti
da C-65/09 e C-87/09
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CORTE DI GIUSTIZIA
delle Comunità Europee,
SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)
16 giugno 2011
«Tutela dei consumatori - Vendita e garanzie dei beni di consumo -
Direttiva 1999/44/CE - Art. 3, nn. 2 e 3 - Sostituzione del bene
difettoso come unico rimedio - Bene difettoso già installato dal
consumatore - Obbligo per il venditore di rimuovere il bene difettoso e
di installare il bene sostitutivo - Sproporzione assoluta - Conseguenze»
Nei procedimenti riuniti C-65/09 e C-87/09,
aventi ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla
Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Bundesgerichtshof (causa C-65/09)
e dall’Amtsgericht Schorndorf (causa C-87/09) (Germania) con decisioni
14 gennaio e 25 febbraio 2009, pervenute in cancelleria il 16 febbraio e
il 2 marzo 2009, nelle cause
Gebr. Weber GmbH (causa C-65/09)
contro
Jürgen Wittmer,
e
Ingrid Putz (causa C-87/09)
contro
Medianess Electronics GmbH,
LA CORTE (Prima Sezione),
composta dal sig. A. Tizzano, presidente di sezione, dai sigg. J.-J.
Kasel, A. Borg Barthet, M. Ilešic (relatore) e E. Levits, giudici,
avvocato generale: sig. J. Mazák
cancelliere: sig. B. Fülöp, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 25
febbraio 2010,
considerate le osservazioni presentate:
- per la Gebr. Weber GmbH, dal sig. R. Lindner, Rechtsanwalt;
- per il governo tedesco, dal sig. M. Lumma e dalla sig.ra J. Kemper, in
qualità di agenti;
- per il governo belga, dal sig. T. Materne, in qualità di agente;
- per il governo spagnolo, dal sig. J. López-Medel Bascones, in qualità
di agente;
- per il governo austriaco, dai sigg. E. Riedl e E. Handl-Petz, in
qualità di agenti;
- per il governo polacco, dal sig. M. Dowgielewicz, in qualità di
agente;
- per la Commissione europea, dai sigg. W. Wils e H. Krämer, in qualità
di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza
del 18 maggio 2010,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione
dell’art. 3, nn. 2 e 3, terzo comma, della direttiva del Parlamento
europeo e del Consiglio 25 maggio 1999, 1999/44/CE, su taluni aspetti
della vendita e delle garanzie dei beni di consumo (GU L 171, pag. 12;
in prosieguo: la «direttiva»).
2 Tali domande sono state formulate nell’ambito di due controversie
insorte, nella causa C-65/09, tra la Gebr. Weber GmbH (in prosieguo: la
«Gebr. Weber») e il sig. Wittmer in merito alla consegna di mattonelle
conformi al contratto di vendita, nonché al versamento di un indennizzo,
e, nella causa C-87/09, tra la sig.ra Putz e la Medianess Electronics
GmbH (in prosieguo: la «Medianess Electronics») in merito al rimborso
del prezzo di vendita di una lavastoviglie non conforme al contratto di
vendita, a fronte della restituzione dell’apparecchio stesso.
Contesto normativo
La normativa dell’Unione
3 Il primo ‘considerando’ della direttiva così recita:
«considerando che l’articolo 153, paragraf[i] 1 e 3, [CE] dispone che la
Comunità contribuisca al conseguimento di un livello elevato di
protezione dei consumatori mediante misure adottate in applicazione
dell’articolo 95 [CE]».
4 Il nono, il decimo e l’undicesimo ‘considerando’ della direttiva sono
formulati nei seguenti termini:
«(9) considerando che il venditore deve essere il responsabile diretto
nei confronti del consumatore della conformità del bene al contratto;
(...) che il venditore deve tuttavia poter agire, come previsto dalla
legislazione nazionale, contro il produttore, un precedente venditore
nella stessa catena contrattuale o qualsiasi altro intermediario, a meno
che non abbia rinunciato al suo diritto; che la presente direttiva non
incide sul principio dell’autonomia contrattuale nei rapporti tra il
venditore, il produttore, un precedente venditore o qualsiasi altro
intermediario; che le norme che individuano i soggetti passivi e le
modalità d’azione del venditore devono essere stabilite dal diritto
nazionale;
(10) considerando che, in caso di non conformità dei beni al contratto,
è opportuno riconoscere al consumatore il diritto di ottenere il
ripristino gratuito di tale conformità, mediante riparazione o
sostituzione a scelta, o, in mancanza di ciò, una riduzione di prezzo o
la risoluzione del contratto;
(11) considerando che il consumatore può in primo luogo chiedere al
venditore di riparare il bene o di sostituirlo salvo che tali rimedi
risultino impossibili o sproporzionati; che deve essere stabilito
obiettivamente se un rimedio è sproporzionato; che un rimedio sarebbe
sproporzionato se imponesse costi irragionevoli rispetto a un altro
rimedio; che per stabilire che i costi sono irragionevoli bisogna che i
costi di un rimedio siano notevolmente più elevati di quelli dell’altro
rimedio».
5 L’art. 1 della direttiva, dal titolo «Campo di applicazione e
definizioni», così dispone:
«1. La presente direttiva ha per oggetto il ravvicinamento delle
disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati
membri relative a taluni aspetti della vendita e delle garanzie
concernenti i beni di consumo, al fine di garantire un livello minimo
uniforme di tutela dei consumatori nel quadro del mercato interno.
2. Ai fini della presente direttiva si intende per:
(...)
f) riparazione: nel caso di difetto di conformità, il ripristino del
bene di consumo per renderlo conforme al contratto di vendita.
(...)».
6 L’art. 2 della direttiva, intitolato «Conformità al contratto», così
recita:
«1. Il venditore deve consegnare al consumatore beni conformi al
contratto di vendita.
(...)
5. Il difetto di conformità che deriva dall’imperfetta installazione del
bene di consumo è equiparato al difetto di conformità del bene quando
l’installazione fa parte del contratto di vendita del bene ed è stata
effettuata dal venditore o sotto la sua responsabilità. Tale
disposizione si applica anche nel caso in cui il prodotto, concepito per
essere istallato dal consumatore, sia istallato dal consumatore in modo
non corretto a causa di una carenza delle istruzioni di istallazione».
7 L’art. 3 della direttiva, intitolato «Diritti del consumatore»,
prevede quanto segue:
«1. Il venditore risponde al consumatore di qualsiasi difetto di
conformità esistente al momento della consegna del bene.
2. In caso di difetto di conformità, il consumatore ha diritto al
ripristino, senza spese, della conformità del bene mediante riparazione
o sostituzione, a norma del paragrafo 3, o ad una riduzione adeguata del
prezzo o alla risoluzione del contratto relativo a tale bene,
conformemente ai paragrafi 5 e 6.
3. In primo luogo il consumatore può chiedere al venditore di riparare
il bene o di sostituirlo, senza spese in entrambi i casi, salvo che ciò
sia impossibile o sproporzionato.
Un rimedio è da considerare sproporzionato se impone al venditore spese
irragionevoli in confronto all’altro rimedio, tenendo conto:
- del valore che il bene avrebbe se non vi fosse difetto di conformità,
- dell’entità del difetto di conformità, e
- dell’eventualità che il rimedio alternativo possa essere esperito
senza notevoli inconvenienti per il consumatore.
Le riparazioni o le sostituzioni devono essere effettuate entro un lasso
di tempo ragionevole e senza notevoli inconvenienti per il consumatore,
tenendo conto della natura del bene e dello scopo per il quale il
consumatore ha voluto il bene.
4. L’espressione “senza spese” nei paragrafi 2 e 3 si riferisce ai costi
necessari per rendere conformi i beni, in particolar modo con
riferimento alle spese di spedizione e per la mano d’opera e i
materiali.
5. Il consumatore può chiedere una congrua riduzione del prezzo o la
risoluzione del contratto:
- se il consumatore non ha diritto né alla ripar[a]zione né alla
sostituzione o
- se il venditore non ha esperito il rimedio entro un periodo
ragionevole ovvero
- se il venditore non ha esperito il rimedio senza notevoli
inconvenienti per il consumatore.
6. Un difetto di conformità minore non conferisce al consumatore il
diritto di chiedere la risoluzione del contratto».
8 L’art. 4 della direttiva, intitolato «Diritto di regresso», dispone
quanto segue:
«Quando è determinata la responsabilità del venditore finale nei
confronti del consumatore a seguito di un difetto di conformità
risultante da un’azione o da un’omissione del produttore, di un
precedente venditore nella stessa catena contrattuale o di qualsiasi
altro intermediario, il venditore finale ha diritto di agire nei
confronti della persona o delle persone responsabili, nel rapporto
contrattuale. La legge nazionale individua il soggetto o i soggetti nei
cui confronti il venditore finale ha diritto di agire, nonché le
relative azioni e modalità di esercizio».
9 L’art. 5 della direttiva, intitolato «Termini», al suo n. 1, prima
frase, così prevede:
«Il venditore è responsabile, a norma dell’articolo 3, quando il difetto
di conformità si manifesta entro il termine di due anni dalla consegna
del bene».
10 L’art. 7 della direttiva, intitolato «Carattere imperativo delle
disposizioni», stabilisce quanto segue:
«1. Come previsto dalla legislazione nazionale, le clausole contrattuali
o gli accordi conclusi con il venditore, prima che gli sia stato
notificato il difetto di conformità e che escludono o limitano,
direttamente o indirettamente, i diritti derivanti dalla presente
direttiva, non vincolano il consumatore.
(...)».
11 Ai sensi dell’art. 8 della direttiva, intitolato «Diritto nazionale e
protezione minima»:
«1. L’esercizio dei diritti riconosciuti dalla presente direttiva lascia
impregiudicato l’esercizio di altri diritti di cui il consumatore può
avvalersi in forza delle norme nazionali relative alla responsabilità
contrattuale o extracontrattuale.
2. Gli Stati membri possono adottare o mantenere in vigore, nel settore
disciplinato dalla presente direttiva, disposizioni più rigorose,
compatibili con il Trattato, per garantire un livello più elevato di
tutela del consumatore».
La normativa nazionale
12 L’art. 433, n. 1, del codice civile tedesco (Bürgerliches Gesetzbuch;
in prosieguo: il «BGB»), dal titolo «Obblighi derivanti dal contratto di
vendita», così recita:
«Con il contratto di vendita il venditore di un bene è obbligato a
consegnare la cosa all’acquirente e a trasferirgliene la proprietà. Il
venditore deve trasferire all’acquirente il bene libero da vizi
materiali e da vizi giuridici».
13 L’art. 434 del BGB, intitolato «Vizio materiale», dispone quanto
segue:
«1. Il bene è libero da vizi materiali se, al momento del trasferimento
del rischio, presenta le qualità pattuite (...)».
14 L’art. 437 del BGB, dal titolo «Diritti dell’acquirente in caso di
vizi», è così redatto:
«Se il bene è affetto da vizi, l’acquirente, qualora ricorrano i
presupposti delle disposizioni seguenti e non sia stabilito
diversamente, può:
1) pretendere l’adempimento successivo in base all’art. 439,
2) recedere dal contratto in base agli artt. 440, 323 e 326, n. 5, o
ridurre il prezzo di vendita in base all’art. 441,
3) pretendere il risarcimento del danno in base agli artt. 440, 280,
281, 283 e 311a ovvero il rimborso delle spese sostenute in base
all’art. 284».
15 L’art. 439 del BGB, intitolato «Adempimento successivo», dispone
quanto segue:
«1. A titolo di adempimento successivo, l’acquirente può pretendere, a
sua scelta, l’eliminazione del vizio o la consegna di un bene esente da
vizi.
2. Il venditore sopporta le spese necessarie per l’adempimento
successivo, comprese, in particolare, le spese di trasporto, spedizione,
manodopera e materiale.
3. Il venditore (...) può rifiutare il tipo di adempimento successivo
scelto se esso comporta necessariamente costi sproporzionati. Si deve
tenere presente, in particolare, il valore che avrebbe il bene se privo
di difetti, l’entità dei medesimi e se il rimedio alternativo sia
esperibile senza comportare inconvenienti significativi per
l’acquirente. In tal caso, il diritto dell’acquirente è limitato alla
modalità alternativa di adempimento successivo; ciò non pregiudica il
diritto del venditore di rifiutare anche il rimedio alternativo, alle
condizioni di cui alla prima frase.
4. Qualora un venditore consegni un bene esente da vizi nell’ambito di
un adempimento successivo, egli potrà chiedere all’acquirente la
restituzione del bene viziato (…)».
Cause principali e questioni pregiudiziali
Causa C-65/09
16 Il sig. Wittmer e la Gebr. Weber hanno stipulato un contratto di
vendita avente ad oggetto piastrelle lucidate per un prezzo di EUR 1
382,27. Dopo aver fatto posare i due terzi circa di tali mattonelle
presso la propria abitazione, il sig. Wittmer ha rilevato la presenza,
sulle mattonelle stesse, di ombrature visibili ad occhio nudo.
17 Il sig. Wittmer ha quindi presentato un reclamo, che la Gebr. Weber
ha respinto, previo accordo con il produttore delle mattonelle stesse.
In un procedimento probatorio ante causam instaurato dal ricorrente il
perito incaricato è giunto alla conclusione che le ombrature contestate
dipendevano da piccole tracce di raschiatura, impossibili da cancellare,
per cui l’unico rimedio possibile era la sostituzione totale delle
piastrelle, stimando il costo di tale operazione come pari a EUR 5
830,57.
18 In assenza di risposta alla diffida da lui inviata alla Gebr. Weber,
il sig. Wittmer ha citato tale società in giudizio dinanzi al
Landgericht Kassel, chiedendo la consegna di mattonelle non viziate e il
versamento della somma di EUR 5 830,57. Detto giudice ha condannato la
Gebr. Weber a versare al sig. Wittmer la somma di EUR 273,10, a titolo
di riduzione del prezzo di vendita, respingendo la domanda quanto al
resto. Su appello interposto dal sig. Wittmer avverso la decisione del
Landgericht Kassel, l’Oberlandesgericht Frankfurt, per un verso, ha
condannato la Gebr.Weber a consegnare nuove mattonelle, non viziate, e a
versare al sig. Wittmer la somma di EUR 2 122,37 per la rimozione e lo
smaltimento delle mattonelle non conformi e, per altro verso, ha
respinto la domanda quanto al resto.
19 Avverso tale sentenza dell’Oberlandesgericht Frankfurt la Gebr. Weber
ha proposto ricorso per cassazione («Revision») dinanzi al
Bundesgerichtshof, il quale afferma che la sua decisione dipenderà dalla
questione se il giudice d’appello abbia correttamente dichiarato che il
sig. Wittmer poteva chiedere il rimborso delle spese di rimozione delle
mattonelle difettose. Dal momento che il sig. Wittmer non sarebbe
titolato ad ottenere un siffatto rimborso in base al diritto tedesco, la
soluzione di tale questione dipenderebbe dall’interpretazione dell’art.
3, nn. 2 e 3, terzo comma, della direttiva, in conformità alla quale
dovrebbe eventualmente interpretarsi l’art. 439 del BGB.
20 Il Bundesgerichtshof osserva in proposito che dall’impiego del
termine «sostituzione» all’art. 3, n. 2, della direttiva potrebbe
dedursi l’esistenza di un obbligo non solo di consegnare un bene
conforme, ma anche di sostituire il bene difettoso e quindi di procedere
alla sua rimozione. Inoltre, l’obbligo di tener conto della natura e
dello scopo del bene, di cui al citato art. 3, n. 3, associato
all’obbligo di ripristino della conformità dello stesso potrebbe far
pensare che l’obbligo del venditore, nell’ambito della sostituzione del
bene, comprenda non solo la consegna di un bene conforme, ma anche la
rimozione del bene difettoso per consentire un uso del bene sostitutivo
conforme alla natura e allo scopo di quest’ultimo.
21 Il Bundesgerichtshof rileva che non sarebbe tuttavia necessario
risolvere tale questione qualora la Gebr. Weber potesse validamente
negare il rimborso delle spese di rimozione delle mattonelle non
conformi in quanto sproporzionate. Tale giudice spiega che, ai sensi
dell’art. 439, n. 3, del BGB, il venditore può rifiutare la modalità di
adempimento successivo scelta dall’acquirente non solo quando tale
modalità di adempimento gli imponga costi sproporzionati rispetto
all’altra modalità di adempimento («sproporzione relativa»), ma anche
quando il costo della modalità scelta dell’acquirente, ancorché l’unica
possibile, sia intrinsecamente sproporzionata («sproporzione assoluta»).
Nella fattispecie, la richiesta di adempimento successivo mediante
consegna di mattonelle conformi rappresenterebbe un caso di
«sproporzione assoluta», poiché imporrebbe alla Gebr. Weber di
sostenere, oltre al costo di tale consegna, stimato pari a EUR 1 200,
anche le spese di rimozione delle mattonelle non conformi per un importo
di EUR 2 100, vale a dire un importo totale di EUR 3 300, che eccede il
limite del 150% del valore del bene privo di vizi, sulla cui base viene
valutata a priori la proporzionalità di una siffatta domanda.
22 Il Bundesgerichtshof ritiene, tuttavia, che la possibilità conferita
dal diritto nazionale al venditore di rifiutare l’adempimento successivo
in ragione di una siffatta sproporzione assoluta dei suoi costi potrebbe
essere incompatibile con l’art. 3, n. 3, della direttiva, il quale,
nella sua formulazione, sembra riferirsi unicamente alla sproporzione
relativa. Non si potrebbe tuttavia escludere che un rifiuto fondato su
una sproporzione assoluta rientri nell’ambito della nozione di
«impossibilità» di cui allo stesso art. 3, n. 3, non potendosi presumere
che la direttiva contempli esclusivamente i casi di impossibilità
materiale e che intenda imporre al venditore un adempimento successivo
irragionevole sotto il profilo economico.
23 Stando così le cose, il Bundesgerichtshof ha deciso di sospendere il
giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se le disposizioni dell’art. 3, n. 3, primo e secondo comma, della
direttiva (...) debbano essere interpretate nel senso che ostano ad una
normativa nazionale in base alla quale, in caso di difetto di conformità
del bene consegnato, il venditore può rifiutare il rimedio preteso dal
consumatore, segnatamente, qualora esso gli imponga costi irragionevoli
(assolutamente sproporzionati) tenendo conto del valore che il bene
avrebbe se non vi fosse difetto di conformità e dell’entità del difetto
di conformità.
2) In caso di soluzione affermativa della prima questione, se le
disposizioni dell’art. 3, nn. 2 e 3, terzo comma, della direttiva (...)
debbano essere interpretate nel senso che, in caso di ripristino della
conformità del bene mediante sostituzione, il venditore deve sopportare
le spese relative alla rimozione del bene non conforme dal luogo in cui
il consumatore lo aveva installato, conformemente alla sua natura ed
all’uso previsto».
Causa C-87/09
24 La sig. ra Putz e la Medianess Electronics hanno stipulato via
Internet un contratto di vendita avente ad oggetto una lavastoviglie
nuova avente un prezzo di EUR 367, cui si aggiungono spese di consegna
per un totale di EUR 9,52. Le parti hanno pattuito che tale bene sarebbe
stato consegnato davanti alla porta d’ingresso del domicilio della
sig.ra Putz. La consegna della lavastoviglie e il pagamento del prezzo
sono avvenuti con le modalità concordate.
25 Dopo che la sig.ra Putz ha fatto installare la lavastoviglie presso
il proprio domicilio, è risultato che essa era difettosa e impossibile
da riparare, senza che ciò potesse essere dovuto alle operazioni di
installazione.
26 Le parti hanno quindi concordato di sostituire la lavastoviglie
stessa. In tal senso la sig.ra Putz ha preteso dalla Medianess
Electronics non solo la consegna di una nuova lavastoviglie, ma anche la
rimozione dell’apparecchio difettoso e l’installazione dell’apparecchio
sostitutivo, oppure il pagamento delle spese di rimozione e di
reinstallazione, pretesa che è stata rifiutata da tale società. Poiché
la Medianess Electronics non ha reagito alla diffida indirizzatale dalla
sig.ra Putz, quest’ultima ha risolto il contratto di vendita.
27 La sig.ra Putz ha quindi citato in giudizio la Medianess Electronics
dinanzi all’Amtsgericht Schorndorf per ottenere il rimborso del prezzo
di vendita a fronte della restituzione della lavastoviglie difettosa.
28 La decisione di rinvio precisa che, secondo il diritto tedesco, la
validità della risoluzione del contratto di vendita dipende dalla
questione se la sig.ra Putz abbia inutilmente fissato alla Medianess
Electronics un termine utile ai fini dell’adempimento successivo del
contratto, limitandosi ad esigere ciò che le era da questa dovuto.
Sarebbe pertanto necessario, ai fini della soluzione della controversia,
stabilire se la sig.ra Putz avesse il diritto di pretendere che la
Medianess Electronics procedesse alla rimozione dell’apparecchio
difettoso e installasse il nuovo, ovvero che si facesse carico delle
spese riguardanti tali operazioni.
29 L’Amtsgericht Schorndorf rileva a tal proposito che il diritto
tedesco non prevede alcun obbligo, per il venditore incolpevole, di
farsi carico della rimozione del bene difettoso o dell’installazione del
bene sostitutivo, neppure nell’ipotesi in cui il consumatore abbia già
installato il bene difettoso conformemente alla sua destinazione prima
della comparsa del difetto. Esso ritiene tuttavia che un siffatto
obbligo potrebbe derivare dalla direttiva, in quanto essa mira a
garantire un livello elevato di protezione dei consumatori e in quanto
prevede, al suo art. 3, n. 3, terzo comma, che le sostituzioni debbano
essere effettuate senza notevoli inconvenienti per il consumatore.
30 Tale giudice rileva che l’acquirente, se non ottiene il rimborso
delle spese di installazione del bene sostitutivo, è tenuto a sopportare
due volte tali spese, vale a dire, una prima volta, per l’installazione
del bene difettoso e, una seconda volta, per quella del bene
sostitutivo. Orbene, se la consegna fosse stata conforme agli accordi
contrattuali, egli avrebbe dovuto sopportare tali spese un’unica volta.
L’Amtsgericht Schorndorf ritiene senza dubbio ammissibile l’ipotesi che
il venditore sia tenuto a farsi carico dell’installazione del bene
sostitutivo esclusivamente in caso di colpa. Tuttavia, la circostanza
che al consumatore non sia imputabile alcuna colpa e che il difetto sia
imputabile al venditore, anziché al consumatore, giustificherebbe il
riconoscimento, in favore di quest’ultimo, di un diritto indipendente
dalla colpa del venditore, il quale potrebbe tra l’altro rivalersi più
facilmente nei confronti del produttore.
31 Per quanto concerne la rimozione del bene difettoso, il giudice del
rinvio constata che la conformità al contratto non solo comprende la
consegna di un bene esente da vizi, ma esclude altresì che un bene
difettoso permanga presso il domicilio dell’acquirente, il che
deporrebbe a favore di un’interpretazione secondo cui spetterebbe al
venditore rimuovere un bene siffatto. Inoltre, la circostanza che un
bene difettoso permanga presso il domicilio del consumatore potrebbe
rappresentare, per quest’ultimo, un notevole inconveniente. Infine, il
termine «sostituzione», cui fa riferimento l’art. 3 della direttiva,
sembrerebbe indicare che l’obbligo del venditore non si limita alla
semplice consegna di un bene sostitutivo esente da difetti, ma gli
impone di sostituire quest’ultimo al bene difettoso.
32 Sulla scorta di tali considerazioni, l’Amtsgericht Schorndorf ha
disposto la sospensione del procedimento ed ha sottoposto alla Corte le
seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se le disposizioni di cui all’art. 3, nn. 2 e 3, terzo comma, della
direttiva (...) debbano essere interpretate nel senso che ostano ad una
normativa nazionale che stabilisce che il venditore, in caso di
ripristino della conformità del bene mediante sostituzione, non è tenuto
a sostenere le spese di installazione del prodotto sostitutivo nel luogo
in cui il consumatore ha installato il bene non conforme, tenendo conto
della sua natura e dell’uso previsto, se inizialmente, in forza del
contratto, l’installazione non era dovuta.
2) Se le disposizioni di cui all’art. 3, nn. 2 e 3, terzo comma, della
direttiva (...) debbano essere interpretate nel senso che, in caso di
ripristino della conformità del prodotto di consumo mediante
sostituzione, il venditore deve sostenere le spese di rimozione del
prodotto non conforme dal luogo in cui il consumatore lo ha installato
tenendo conto della sua natura e dell’uso previsto».
Sulla riunione dei procedimenti
33 Alla luce della connessione dei procedimenti C-65/09 e C-87/09, gli
stessi, ai sensi del combinato disposto degli artt. 43 e 103 del
regolamento di procedura, devono essere riuniti ai fini della sentenza.
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla ricevibilità delle questioni nella causa C-65/09
34 La Gebr. Weber sostiene che le due questioni poste nella causa
C-65/09 sono irricevibili. La prima questione sarebbe di natura teorica,
poiché la sua soluzione non sarebbe rilevante ai fini della soluzione
della causa principale. Il diritto tedesco non imporrebbe infatti al
venditore incolpevole l’obbligo di procedere alla rimozione del bene non
conforme, sicché la domanda di rimborso del costo di tale rimozione
dovrebbe essere respinta a prescindere dall’importo delle spese ad essa
afferenti. L’irricevibilità della prima questione comporterebbe inoltre
l’irricevibilità della seconda questione, dal momento che il giudice del
rinvio avrebbe subordinato quest’ultima ad una risposta affermativa alla
prima questione.
35 A tal proposito occorre ricordare che, nell’ambito di un procedimento
ex art. 267 TFUE, basato sulla netta separazione di funzioni tra i
giudici nazionali e la Corte, spetta esclusivamente al giudice
nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi
la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare,
alla luce delle particolari circostanze della causa, sia la necessità di
una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria
sentenza, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di
conseguenza, dal momento che le questioni sollevate dal giudice
nazionale vertono sull’interpretazione del diritto dell’Unione, la
Corte, in via di principio, è tenuta a statuire (v., in particolare,
sentenze 22 giugno 2006, causa C-419/04, Conseil général de la Vienne,
Racc. pag. I-5645, punto 19; 18 luglio 2007, causa C-119/05, Lucchini,
Racc. pag. I-6199, punto 43, e 17 febbraio 2011, causa C-52/09,
TeliaSonera, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 15).
36 Il rifiuto di statuire su una questione pregiudiziale sollevata da un
giudice nazionale è infatti possibile solo qualora risulti
manifestamente che la richiesta interpretazione del diritto comunitario
non ha alcuna relazione con i reali termini o l’oggetto della causa
principale, qualora il problema sia di natura teorica, oppure qualora la
Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per
fornire una soluzione utile alle questioni che le sono sottoposte (v.,
in particolare, citate sentenze Conseil général de la Vienne, punto 20;
Lucchini, punto 44, e TeliaSonera, punto 16).
37 Orbene, è giocoforza constatare che, nella fattispecie, non ricorre
tale ipotesi.
38 Con le sue questioni, infatti, il Bundesgerichtshof chiede
un’interpretazione della direttiva proprio al fine di poter stabilire se
il diritto nazionale sia compatibile con la stessa, poiché tale diritto,
per un verso, non obbliga il venditore a farsi carico delle spese di
rimozione del bene non conforme e, per altro verso, offre a quest’ultimo
la possibilità di rifiutare la consegna di un bene sostitutivo qualora
tale consegna comporti, proprio in ragione di tali spese, costi
sproporzionati. Emerge inoltre dalla decisione di rinvio che la
soluzione a tali questioni è decisiva per l’esito della causa
principale, dal momento che il Bundesgerichtshof afferma di poter
eventualmente interpretare tale diritto in conformità alla direttiva.
L’ordine in cui le questioni vengono poste è irrilevante in tale
contesto. A tale ultimo proposito si deve altresì rilevare che la stessa
Gebr. Weber ha affermato, nelle sue osservazioni sul merito, che, per
poter risolvere la prima questione, era necessario individuare
l’ampiezza dell’obbligo di sostituzione del bene non conforme derivante
dall’art. 3, n. 3, della direttiva, e pertanto ottenere una soluzione
alla seconda questione, suggerendo di esaminare tale questione per
prima.
39 L’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Gebr. Weber dev’essere
di conseguenza respinta.
Sull’obbligo, per il venditore, di farsi carico della rimozione del bene
non conforme e dell’installazione del bene sostitutivo
40 Con la seconda questione nella causa C-65/09, nonché con la prima e
la seconda questione nella causa C-87/09, che andranno esaminate
congiuntamente, i giudici del rinvio chiedono se l’art. 3, nn. 2 e 3,
terzo comma, della direttiva debba essere interpretato nel senso che,
quando un bene di consumo non conforme, che, prima della comparsa del
difetto, sia stato installato dal consumatore tenendo conto della sua
natura e dell’uso previsto, sia reso conforme mediante sostituzione, il
venditore è tenuto a procedere egli stesso alla rimozione di tale bene
dal luogo in cui è stato installato e a installarvi il bene sostitutivo,
ovvero a sostenere le spese relative a tale rimozione e
all’installazione del bene sostitutivo, nonostante il contratto di
vendita non prevedesse l’obbligo, per il venditore, di installare il
bene di consumo inizialmente acquistato.
41 La Gebr. Weber nonché i governi tedesco, belga e austriaco ritengono
che tali questioni debbano essere risolte negativamente. A loro avviso,
il termine «sostituzione» di cui all’art. 3, n. 2, primo comma, della
direttiva si riferisce unicamente alla consegna di un bene conforme al
contratto di vendita e tale articolo non può di conseguenza imporre al
venditore obblighi non previsti dal contratto stesso. Simili obblighi di
rimozione del bene difettoso e di installazione di un bene sostitutivo
non deriverebbero neppure dal citato art. 3, nn. 3 e 4, secondo cui la
sostituzione deve avvenire «senza spese» e «senza notevoli inconvenienti
per il consumatore». Tali condizioni si riferirebbero infatti alla sola
consegna del bene sostitutivo e non avrebbero lo scopo di imporre al
venditore obblighi che esulano dal citato contratto, né di tutelare il
consumatore dalle spese e dagli inconvenienti che derivino dall’uso che
egli ha fatto, sotto la propria responsabilità, del bene non conforme.
Pertanto, i danni subiti dal consumatore in ragione dell’installazione
del bene difettoso non rientrerebbero nell’ambito d’applicazione della
direttiva, ma dovrebbero essere fatti valere, eventualmente, sulla base
del diritto nazionale applicabile in materia di responsabilità
contrattuale.
42 I governi spagnolo e polacco nonché la Commissione sostengono la tesi
opposta. Il governo spagnolo ritiene che il venditore debba farsi carico
di tutte le spese connesse alla sostituzione del bene difettoso, ivi
comprese le spese di rimozione del bene stesso e le spese di
installazione del bene sostitutivo, dato che in caso contrario il
consumatore dovrebbe sopportare due volte tali spese, circostanza che
sarebbe incompatibile con il livello elevato di protezione voluto dalla
direttiva. Il governo polacco sottolinea come lo scopo perseguito
dall’art. 3, nn. 3 e 4, di quest’ultima consista nel garantire che il
consumatore non sostenga alcuna spesa per l’attuazione delle misure di
tutela giuridica previste in primis dalla direttiva, vale a dire la
riparazione o la sostituzione del bene non conforme. Ad avviso della
Commissione, il parallelismo instaurato dall’art. 3, nn. 2 e 3, della
direttiva tra le due modalità di ripristino della conformità del bene
non conforme permette di ritenere che la sostituzione, proprio come la
riparazione, abbia ad oggetto il bene nella situazione in cui si trova
quando si manifesta il difetto di conformità. Se il bene non conforme è
già stato installato, tenendo conto della sua natura e dell’uso
previsto, è in questa situazione che ne dovrà essere ripristinata la
conformità. La sostituzione dovrebbe pertanto avvenire in maniera tale
che il nuovo bene sia posto nella stessa situazione in cui si trovava il
bene difettoso. Inoltre, la circostanza che il consumatore debba
trattenere il bene non conforme, in mancanza di sua rimozione da parte
del venditore, e non possa utilizzare il bene sostitutivo, in quanto
quest’ultimo non è stato installato, rappresenterebbe un «notevol[e]
inconvenient[e] per il consumatore» ai sensi del citato art. 3, n. 3.
43 In via preliminare occorre ricordare che, ai sensi dell’art. 3, n. 1,
della direttiva, il venditore risponde, nei confronti del consumatore,
di qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della consegna
del bene.
44 L’art. 3, n. 2, della direttiva elenca i diritti che il consumatore
può far valere nei confronti del venditore in caso di difetto di
conformità del bene consegnato. In un primo tempo, il consumatore ha il
diritto di esigere il ripristino della conformità del bene. Ove non sia
possibile ottenere tale ripristino della conformità del bene, il
consumatore può esigere, in seconda battuta, una riduzione del prezzo o
la risoluzione del contratto.
45 Quanto al ripristino della conformità del bene, l’art. 3, n. 3, della
direttiva precisa che il consumatore ha il diritto di esigere dal
venditore la riparazione del bene o la sua sostituzione, in entrambi i
casi senza spese, a meno che la sua richiesta non sia impossibile da
soddisfare o sproporzionata.
46 La Corte ha già avuto modo di rilevare che risulta quindi sia dal
tenore letterale dell’art. 3 della direttiva, sia dai pertinenti lavori
preparatori di quest’ultima che il legislatore dell’Unione ha inteso
fare della gratuità del ripristino della conformità del bene da parte
del venditore un elemento essenziale della tutela garantita al
consumatore da tale direttiva. Detto obbligo, incombente al venditore,
di gratuità del ripristino della conformità del bene, indipendentemente
dal fatto che esso venga attuato mediante riparazione o sostituzione del
bene non conforme, mira a tutelare il consumatore dal rischio di oneri
finanziari che potrebbe dissuadere il consumatore stesso dal far valere
i propri diritti in caso di assenza di una tutela di questo tipo (v.
sentenza 17 aprile 2008, causa C-404/06, Quelle, Racc. pag. 2685, punti
33 e 34).
47 Orbene, si deve necessariamente rilevare che, se il consumatore, in
caso di sostituzione di un bene non conforme, non potesse chiedere al
venditore di farsi carico della sua rimozione dal luogo in cui egli lo
aveva installato, tenendo conto della sua natura e dell’uso previsto, e
dell’installazione nello stesso luogo del bene sostitutivo, tale
sostituzione gli cagionerebbe oneri finanziari supplementari che non
avrebbe dovuto sostenere qualora il venditore avesse correttamente
eseguito il contratto di vendita. Infatti, se quest’ultimo avesse fin da
subito consegnato un bene conforme al contratto stesso, il consumatore
avrebbe sostenuto un’unica volta le spese di installazione e non avrebbe
dovuto sostenere le spese di rimozione del bene difettoso.
48 Se si interpretasse l’art. 3 della direttiva nel senso che questo non
obbliga il venditore a farsi carico della rimozione del bene non
conforme e dell’installazione del bene sostitutivo, si avrebbe la
conseguenza che il consumatore, per poter esercitare i diritti
attribuitigli da tale articolo, dovrebbe sopportare tali spese
aggiuntive derivanti dalla consegna, da parte del venditore, di un bene
non conforme.
49 In tale evenienza la sostituzione del bene stesso non sarebbe
effettuata, contrariamente a quanto previsto dall’art. 3, nn. 2 e 3,
della direttiva, senza spese per il consumatore.
50 È certo vero che le spese di rimozione del bene non conforme e di
installazione del bene sostitutivo non figurano tra quelle
esplicitamente elencate dall’art. 3, n. 4, della direttiva, che
definisce l’espressione «senza spese» come riferita «ai costi necessari
per rendere conformi i beni, in particolar modo con riferimento alle
spese di spedizione e per la manodopera e i materiali». La Corte ha già
stabilito, tuttavia, che dall’impiego ad opera del legislatore
dell’Unione della locuzione avverbiale «in particolar modo» risulta che
tale elenco presenta carattere esemplificativo e non tassativo (v.
citata sentenza Quelle, punto 31). Inoltre, tali spese risultano ormai
necessarie affinché si possa procedere alla sostituzione del bene non
conforme e rappresentano pertanto «costi necessari per rendere conformi
i beni», ai sensi del citato art. 3, n. 4.
51 Peraltro, come rilevato dalla Commissione, risulta dall’economia
dell’art. 3, nn. 2 e 3, della direttiva che le due modalità di
ripristino della conformità indicate al citato articolo mirano a
garantire il medesimo livello di protezione del consumatore. Orbene, è
pacifico che la riparazione di un bene non conforme si effettua
generalmente su tale bene nella situazione in cui si trovava al momento
in cui è comparso il difetto, di modo che il consumatore non sostiene,
in tal caso, alcuna spesa di rimozione e di reinstallazione.
52 Si deve del resto rilevare che, ai sensi dell’art. 3, n. 3, della
direttiva, la riparazione e la sostituzione di un bene non conforme
devono essere effettuate non solo senza spese, ma anche entro un lasso
di tempo ragionevole e senza notevoli inconvenienti per il consumatore.
Questo triplice requisito è l’espressione della manifesta volontà del
legislatore dell’Unione di garantire al consumatore una tutela effettiva
(v., in tal senso, sentenza Quelle, citata, punto 35).
53 Alla luce di tale volontà del legislatore, l’espressione «senza
notevoli inconvenienti per il consumatore», che compare all’art. 3, n.
3, terzo comma, della direttiva, non può essere oggetto
dell’interpretazione restrittiva proposta dai governi tedesco, belga e
austriaco. Difatti, è fuor di dubbio che la circostanza che il bene non
conforme non venga rimosso e che il bene sostitutivo non venga
installato dal venditore può rappresentare un notevole inconveniente per
il consumatore, segnatamente in situazioni quali quelle delle cause
principali in cui, per poter essere utilizzato in conformità alla sua
destinazione abituale, il bene sostitutivo deve anzitutto essere
installato, il che richiede la previa rimozione del bene non conforme.
Oltretutto, il citato art. 3, n. 3, terzo comma, dispone esplicitamente
che si deve tener conto «della natura del bene e dello scopo per il
quale il consumatore ha voluto il bene».
54 Per quanto riguarda il termine «sostituzione», si deve rilevare che
la sua esatta portata varia nelle diverse versioni linguistiche. Mentre
in alcune di tali versioni, quali quelle in lingua spagnola («sustitución»),
inglese («replacement»), francese («remplacement»), italiana
(«sostituzione»), olandese («vervanging») e portoghese («substituição»),
tale termine si riferisce all’operazione nel suo complesso, all’esito
della quale il bene non conforme deve essere effettivamente
«sostituito», obbligando quindi il venditore a porre in essere tutto ciò
che è necessario per ottenere tale risultato, altre versioni
linguistiche, segnatamente quella in lingua tedesca («Ersatzlieferung»),
potrebbero suggerire una lettura leggermente più ristretta. Tuttavia,
come rilevato dai giudici remittenti, anche in quest’ultima versione
linguistica detto termine non si limita alla semplice consegna di un
bene sostitutivo e potrebbe, al contrario, indicare l’esistenza di un
obbligo di effettuare la sostituzione dello stesso al bene non conforme.
55 Inoltre, un’interpretazione dell’art. 3, nn. 2 e 3, della direttiva
nel senso che quest’ultimo impone al venditore, in caso di sostituzione
di un bene non conforme, di farsi carico della rimozione del bene stesso
dal luogo in cui il consumatore l’aveva installato tenendo conto della
sua natura e dell’uso previsto, prima della comparsa del difetto, e
dell’installazione del bene sostitutivo corrisponde alla finalità della
direttiva che, come precisato dal suo primo ‘considerando’, consiste nel
garantire un livello elevato di protezione dei consumatori.
56 Deve rilevarsi, in tale contesto, che una siffatta interpretazione
non conduce neppure ad un risultato iniquo. Infatti, anche nell’ipotesi
in cui la non conformità del bene non sia ascrivibile ad una colpa del
venditore, resta il fatto che, consegnando un bene non conforme, questi
non ha correttamente eseguito l’obbligo che aveva assunto in forza del
contratto di vendita e deve quindi farsi carico delle conseguenze
dell’inesatta esecuzione dello stesso. Il consumatore ha invece, da
parte sua, versato il prezzo di vendita, eseguendo quindi correttamente
il proprio obbligo contrattuale (v., in tal senso, citata sentenza
Quelle, punto 41). Inoltre, il fatto che il consumatore, fiducioso nella
conformità del bene consegnato, abbia installato in buona fede il bene
difettoso tenendo conto della natura del bene e dell’uso previsto, prima
della comparsa del difetto, non può rappresentare una colpa da
ascriversi al consumatore stesso.
57 Pertanto, in una situazione in cui nessuna delle due parti
contrattuali ha agito colpevolmente, è legittimo porre a carico del
venditore le spese di rimozione del bene non conforme e di installazione
del bene sostitutivo, dal momento che tali spese supplementari, per un
verso, sarebbero state evitate qualora il venditore avesse fin da subito
eseguito correttamente i propri obblighi contrattuali e, per altro
verso, esse sono ormai necessarie per procedere al ripristino della
conformità del bene.
58 Del resto, gli interessi finanziari del venditore sono tutelati non
solo dal termine di prescrizione di due anni previsto dall’art. 5, n. 1,
della direttiva e dalla possibilità che gli è concessa dall’art. 3, n.
3, secondo comma, di quest’ultima di rifiutare la sostituzione del bene
nel caso in cui tale rimedio si riveli sproporzionato in quanto gli
impone spese irragionevoli (v. sentenza Quelle, citata, punto 42), ma
anche dal diritto, riaffermato dall’art. 4 della direttiva, di proporre
un’azione di regresso nei confronti dei responsabili nella stessa catena
contrattuale. Il fatto che la direttiva ponga a carico del venditore la
responsabilità, nei confronti del consumatore, di qualsiasi difetto di
conformità esistente al momento della consegna del bene (v. sentenza
Quelle, citata, punto 40) è in tal modo compensato dal fatto che il
venditore può rivalersi, secondo le norme del diritto nazionale
applicabili, nei confronti del produttore, di un precedente venditore
nella stessa catena contrattuale o di qualsiasi altro intermediario.
59 Tale interpretazione dell’art. 3, nn. 2 e 3, della direttiva è
indipendente dal fatto che il venditore fosse tenuto o meno, in base al
contratto di vendita, ad installare il bene consegnato. Infatti, se è
vero che il contratto di vendita determina, ai sensi dell’art. 2 della
direttiva, la conformità di tale bene e quindi, segnatamente, ciò che
rappresenta un difetto di conformità, resta il fatto che, in caso di
esistenza di un simile difetto, gli obblighi del venditore derivanti
dall’inesatta esecuzione del contratto stesso derivano non solo da
quest’ultimo, ma soprattutto dalle norme relative alla tutela dei
consumatori e, in particolare, dall’art. 3 della direttiva, che
impongono obblighi la cui portata è indipendente dalle pattuizioni di
cui al contratto stesso e che possono eventualmente eccedere quelli ivi
previsti.
60 I diritti in tal modo conferiti ai consumatori dall’art. 3 della
direttiva, che mirano non tanto a porre questi ultimi in una posizione
più favorevole rispetto a quella che avrebbero potuto esigere in base al
contratto di vendita, quanto piuttosto, semplicemente, a ristabilire la
situazione che si sarebbe verificata qualora il venditore avesse fin da
subito consegnato un bene conforme, presentano, in applicazione
dell’art. 7 della direttiva, carattere imperativo per il venditore.
Risulta peraltro dall’art. 8, n. 2, della direttiva che la protezione
offerta da quest’ultima costituisce una garanzia minima e che gli Stati
membri, pur potendo adottare disposizioni più rigorose, non possono
pregiudicare le garanzie previste dal legislatore dell’Unione (v.
sentenza Quelle, citata, punto 36).
61 Infine, nell’ipotesi in cui il venditore non proceda egli stesso alla
rimozione del bene non conforme e all’installazione del bene
sostitutivo, spetta al giudice nazionale stabilire quali siano le spese
necessarie per la rimozione e l’installazione in parola, spese di cui il
consumatore può esigere il rimborso.
62 Da tutte le considerazioni che precedono risulta che l’art. 3, nn. 2
e 3, della direttiva deve essere interpretato nel senso che, quando un
bene di consumo non conforme, che prima della comparsa del difetto sia
stato installato in buona fede dal consumatore tenendo conto della sua
natura e dell’uso previsto, sia reso conforme mediante sostituzione, il
venditore è tenuto a procedere egli stesso alla rimozione di tale bene
dal luogo in cui è stato installato e ad installarvi il bene
sostitutivo, ovvero a sostenere le spese necessarie per tale rimozione e
per l’installazione del bene sostitutivo. Tale obbligo del venditore
sussiste a prescindere dal fatto che egli fosse tenuto o meno, in base
al contratto di vendita, ad installare il bene di consumo inizialmente
acquistato.
Sulla facoltà, per il venditore, di rifiutare di farsi carico di spese
sproporzionate per la rimozione del bene difettoso e per l’installazione
del bene sostitutivo
63 Con la prima questione nella causa C-65/09, il giudice remittente
chiede in sostanza se l’art. 3, n. 3, primo e secondo comma, della
direttiva debba essere interpretato nel senso che esso osta al fatto che
il venditore possa rifiutare, in base al diritto nazionale, la
sostituzione del bene non conforme in quanto tale sostituzione gli
imponga, in ragione dell’obbligo di procedere alla rimozione del bene
stesso dal luogo in cui è stato installato e di installarvi il bene
sostitutivo, spese sproporzionate rispetto all’entità del valore che il
bene avrebbe se fosse conforme e del difetto di conformità.
64 La Gebr. Weber nonché i governi tedesco e austriaco propongono di
risolvere negativamente tale questione. La direttiva non potrebbe,
infatti, mirare ad imporre al venditore l’esborso di spese
economicamente irragionevoli nel caso in cui esista un unico rimedio.
Inoltre, il tenore letterale di tale art. 3, n. 3, non fornirebbe alcuna
indicazione in merito a un simile caso. Oltretutto, alla luce
dell’economia dell’articolo citato si dovrebbe a maggior ragione
ricorrere, in un caso siffatto, ai criteri enunciati al suo n. 3,
secondo comma, la cui elencazione non sarebbe tassativa. Peraltro, pur
essendo certo impossibile effettuare il confronto con i costi derivanti
da un rimedio alternativo, un’eventuale sproporzione potrebbe nondimeno
essere soppesata facendo ricorso agli altri criteri elencati nel comma
citato. Quantomeno, alla luce della finalità di tale disposizione,
intesa a tutelare il venditore da inconvenienti economici irragionevoli,
si dovrebbe fornire un’interpretazione della stessa che garantisca una
tutela siffatta anche in assenza di un rimedio alternativo.
65 Per contro, i governi belga, spagnolo e polacco nonché la Commissione
chiedono che la questione sia risolta affermativamente. Essi rilevano
che dalla lettera dell’art. 3, n. 3, secondo comma, della direttiva
emerge chiaramente che quest’ultimo si riferisce unicamente alla
sproporzione relativa, il che sarebbe peraltro confermato
dall’undicesimo ‘considerando’ della direttiva. L’obiettivo di tale
disposizione sarebbe di evitare che il consumatore possa abusare dei
propri diritti esigendo dal venditore una modalità di ripristino della
conformità qualora l’altra modalità risultasse meno onerosa per il
venditore e conducesse allo stesso risultato. Orbene, mentre le due
modalità di ripristino della conformità mirerebbero a garantire gli
stessi interessi del consumatore, vale a dire l’esecuzione degli
obblighi contrattuali e la possibilità di disporre di un bene conforme,
le modalità sussidiarie consistenti nella riduzione del prezzo o nella
risoluzione del contratto non consentirebbero di preservare quegli
stessi interessi. Qualora il venditore potesse negare l’unico rimedio
possibile in ragione della sproporzione assoluta dello stesso, il
consumatore disporrebbe unicamente delle citate modalità sussidiarie, in
contrasto con l’economia del citato art. 3, che stabilisce una priorità
in favore del mantenimento della reciprocità degli obblighi derivanti
dal contratto di vendita, nonché con la finalità della direttiva,
consistente nel garantire un livello elevato di protezione del
consumatore. La Commissione aggiunge, tuttavia, che non può escludersi
che taluni casi estremi, ove l’unico rimedio possibile implichi un costo
notevolmente sproporzionato rispetto all’interesse del consumatore ad
essere risarcito, costituiscano ipotesi di impossibilità ai sensi
dell’art. 3, n. 3, primo comma, della direttiva.
66 Occorre rammentare in proposito che, ai sensi dell’art. 3, n. 3,
primo comma, della direttiva, il consumatore ha il diritto in prima
battuta di esigere dal venditore la riparazione del bene o la sua
sostituzione, in entrambi i casi senza spese, salvo che ciò sia
impossibile o sproporzionato.
67 Il citato art. 3, n. 3, secondo comma, precisa che un rimedio è da
considerare sproporzionato se impone al venditore spese irragionevoli in
confronto all’altro rimedio, tenendo conto del valore che il bene
avrebbe se non vi fosse difetto di conformità, dell’entità del difetto
di conformità e dell’eventualità che il rimedio alternativo possa essere
esperito senza notevoli inconvenienti per il consumatore.
68 Si deve necessariamente rilevare che, benché l’art. 3, n. 3, primo
comma, della direttiva sia formulato, in linea di principio, in termini
sufficientemente ampi da poter comprendere altresì casi di sproporzione
assoluta, il citato art. 3, n. 3, secondo comma, definisce il termine
«sproporzionato» con esclusivo riferimento all’altro rimedio, limitando
in tal modo lo stesso ai casi di sproporzione relativa. Risulta peraltro
chiaramente dal tenore letterale e dall’economia dell’art. 3, n. 3,
della direttiva che esso si riferisce ai due rimedi previsti in primis,
vale a dire la riparazione o la sostituzione del bene non conforme.
69 Tali rilievi sono avvalorati dall’undicesimo ‘considerando’ della
direttiva, il quale afferma che un rimedio è sproporzionato se impone
costi irragionevoli rispetto a un altro rimedio e che, per stabilire se
i costi sono irragionevoli, bisogna che i costi di un rimedio siano
notevolmente più elevati di quelli dell’altro rimedio.
70 Se è certo vero, come affermano la Gebr. Weber e il governo tedesco,
che talune versioni linguistiche di detto undicesimo ‘considerando’, tra
cui segnatamente quella in lingua tedesca, sono in una certa misura
ambigue ove si riferiscono agli «altri rimedi», al plurale, nondimeno un
gran numero di versioni linguistiche, quali quelle in lingua inglese,
francese, italiana, olandese e portoghese, non lasciano alcun dubbio sul
fatto che il legislatore ha inteso riferirsi in tale ‘considerando’,
proprio come nell’art. 3, n. 3, della direttiva, formulato al singolare
in tutte le citate versioni linguistiche, ivi inclusa quella in lingua
tedesca, esclusivamente all’altro rimedio previsto in primis da tale
disposizione, vale a dire la riparazione del bene non conforme o la sua
sostituzione.
71 Risulta pertanto che il legislatore dell’Unione ha inteso attribuire
al venditore il diritto di rifiutare la riparazione o la sostituzione
del bene difettoso unicamente in caso di impossibilità o di sproporzione
relativa. Nell’ipotesi in cui uno solo di tali due rimedi sia
esperibile, il venditore non può quindi rifiutare l’unico rimedio che
consenta di ripristinare la conformità del bene al contratto.
72 Tale scelta effettuata dal legislatore dell’Unione all’art. 3, n. 3,
secondo comma, della direttiva si basa, come rilevato dai governi belga
e polacco nonché dalla Commissione, sul fatto che la direttiva
privilegia, nell’interesse di entrambe le parti del contratto,
l’esecuzione di quest’ultimo mediante i rimedi previsti in primis,
rispetto all’annullamento del contratto o alla riduzione del prezzo di
vendita. Tale scelta si spiega inoltre per il fatto che, generalmente, i
due ultimi rimedi sussidiari non consentono di garantire lo stesso
livello di protezione del consumatore garantito dal ripristino della
conformità del bene.
73 Benché l’art. 3, n. 3, secondo comma, della direttiva osti, di
conseguenza, alla possibilità che una normativa nazionale attribuisca al
venditore il diritto di rifiutare l’unico rimedio possibile in ragione
della sproporzione assoluta dello stesso, tale articolo consente
nondimeno un’efficace tutela dei legittimi interessi finanziari del
venditore, tutela che si aggiunge, come rilevato al punto 58 di questa
sentenza, a quella prevista dagli artt. 4 e 5 della direttiva.
74 Occorre rilevare in proposito che, per quanto riguarda, segnatamente,
la situazione specifica considerata dal giudice del rinvio, nella quale
la sostituzione del bene difettoso, quale unico rimedio possibile,
comporta costi sproporzionati in ragione della necessità di rimuovere il
bene non conforme dal luogo in cui è stato installato e di installare il
bene sostitutivo, l’art. 3, n. 3, della direttiva non osta
all’eventualità che il diritto del consumatore al rimborso delle spese
di rimozione del bene difettoso e di installazione del bene sostitutivo
sia limitato, ove necessario, ad un importo proporzionato al valore che
il bene avrebbe se fosse conforme e all’entità del difetto di
conformità. Infatti, una limitazione siffatta lascia impregiudicato il
diritto del consumatore di chiedere la sostituzione del bene non
conforme.
75 In tale contesto, deve sottolinearsi che il citato art. 3 mira ad
istituire un giusto equilibrio tra gli interessi del consumatore e
quelli del venditore, garantendo al primo, quale parte debole del
contratto, una tutela completa ed efficace contro un’inesatta esecuzione
degli obblighi contrattuali del venditore, pur consentendo di tener
conto delle considerazioni di carattere economico fatte valere da
quest’ultimo.
76 Nell’esaminare se, nell’ambito della causa principale, il diritto del
consumatore al rimborso delle spese di rimozione del bene non conforme e
di installazione del bene sostitutivo debba essere ridotto, il giudice
del rinvio dovrà quindi tener conto, per un verso, del valore che il
bene avrebbe se fosse conforme e dell’entità del difetto di conformità
nonché, per altro verso, della finalità della direttiva che consiste nel
garantire un livello elevato di protezione dei consumatori. Pertanto, la
possibilità di procedere ad una riduzione siffatta non può condurre, in
pratica, a privare di contenuto il diritto del consumatore al rimborso
di tali spese nel caso in cui abbia installato in buona fede il bene
difettoso, tenendo conto della sua natura e dell’uso previsto, prima
della comparsa del difetto.
77 Infine, nell’ipotesi di una riduzione del diritto al rimborso delle
spese di cui trattasi, va attribuita al consumatore la possibilità di
esigere, in luogo della sostituzione del bene non conforme, una congrua
riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto, conformemente
all’art. 3, n. 5, ultimo trattino, della direttiva, posto che la
circostanza che il consumatore possa ottenere il ripristino della
conformità del bene difettoso solo sostenendo una parte di tali spese
rappresenta, per quest’ultimo, un notevole inconveniente.
78 Da quanto precede risulta che l’art. 3, n. 3, della direttiva dev’essere
interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale che
attribuisca al venditore il diritto di rifiutare la sostituzione di un
bene non conforme, unico rimedio possibile, in quanto essa gli impone,
in ragione dell’obbligo di procedere alla rimozione di tale bene dal
luogo in cui è stato installato e di installarvi il bene sostitutivo,
costi sproporzionati tenendo conto dell’entità del valore che il bene
avrebbe se fosse conforme e del difetto di conformità. Detta
disposizione non osta tuttavia a che il diritto del consumatore al
rimborso delle spese di rimozione del bene difettoso e di installazione
del bene sostitutivo sia in tal caso limitato al versamento, da parte
del venditore, di un importo proporzionato.
Sulle spese
79 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente
procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice
nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da
altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar
luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:
1) L’art. 3, nn. 2 e 3, della direttiva del Parlamento europeo e del
Consiglio 25 maggio 1999, 1999/44/CE, su taluni aspetti della vendita e
delle garanzie dei beni di consumo, deve essere interpretato nel senso
che, quando un bene di consumo non conforme, che prima della comparsa
del difetto sia stato installato in buona fede dal consumatore tenendo
conto della sua natura e dell’uso previsto, sia reso conforme mediante
sostituzione, il venditore è tenuto a procedere egli stesso alla
rimozione di tale bene dal luogo in cui è stato installato e ad
installarvi il bene sostitutivo, ovvero a sostenere le spese necessarie
per tale rimozione e per l’installazione del bene sostitutivo. Tale
obbligo del venditore sussiste a prescindere dal fatto che egli fosse
tenuto o meno, in base al contratto di vendita, ad installare il bene di
consumo inizialmente acquistato.
2) L’art. 3, n. 3, della direttiva 1999/44 dev’essere interpretato nel
senso che esso osta ad una normativa nazionale che attribuisca al
venditore il diritto di rifiutare la sostituzione di un bene non
conforme, unico rimedio possibile, in quanto essa gli impone, in ragione
dell’obbligo di procedere alla rimozione di tale bene dal luogo in cui è
stato installato e di installarvi il bene sostitutivo, costi
sproporzionati tenendo conto del valore che il bene avrebbe se fosse
conforme e dell’entità del difetto di conformità. Detta disposizione non
osta tuttavia a che il diritto del consumatore al rimborso delle spese
di rimozione del bene difettoso e di installazione del bene sostitutivo
sia in tal caso limitato al versamento, da parte del venditore, di un
importo proporzionato.
Firme
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