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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. IV, 16/03/2011, Sentenza n. 10645
SICUREZZA SUL LAVORO - Infortuni sul lavoro - Comportamento abnorme del
lavoratore - Responsabilità del datore di lavoro - Esclusione. Il datore di
lavoro, destinatario delle norme antinfortunistiche, ovvero il suo preposto, é
esonerato da responsabilità solo allorché il comportamento del lavoratore si
presenti del tutto abnorme, dovendosi in tal guisa definirsi quello che sia
stato posto in essere del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle
mansioni affidate ovvero, seppure in esso rientrante, sia consistito in qualcosa
radicalmente ed ontologicamente lontano dalle ipotizzabili scelte del lavoratore
nell'esecuzione del lavoro.(conferma sentenza n. 1139/2008 del 01/12/2009, della
CORTE DI APPELLO di PERUGIA). Pres. MARZANO - Est. FOTI - P.G. SPINACI - Ric. Pi.
Vi. (avv. Benvenuto). CORTE DI CASSAZIONE, Sezione IV penale, 16 marzo 2011,
n. 10645
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MARZANO Francesco - Presidente
Dott. ZECCA Gaetanino - Consigliere
Dott. GALBIATI Ruggero - Consigliere
Dott. FOTI Giacomo - Consigliere
rel.
Dott. BIANCHI Luisa - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) PI. VI., N. ad il Omissis);
-
avverso la sentenza n. 1139/2008 CORTE APPELLO di PERUGIA, del 01/12/2009;
-
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
-
udita in PUBBLICA UDIENZA del 09/12/2010 la relazione fatta dal Consigliere
Dott. GIACOMO FOTI;
-
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Spinaci, che ha concluso per
il rigetto del ricorso;
-
Udito il difensore Avv. Benvenuto che si é riportato ai motivi di ricorso.
OSSERVA
1- Con sentenza del giudice monocratico del Tribunale di Perugia, sezione
distaccata di Foligno, del 7 maggio 2008, Pi. Vi. é stato dichiarato colpevole -
quale delegato all'espletamento delle funzioni inerenti le competenze in materia
di sicurezza del lavoro nello stabilimento " An. Me. s.p.a." - del delitto di
lesioni personali colpose gravi commesso, con violazione delle norme per la
prevenzione degli infortuni sul lavoro, in pregiudizio del lavoratore dipendente
Sp. Sa. che, utilizzando una pressa con i dispositivi di sicurezza disattivati,
ha subito un trauma da schiacciamento delle mani, con amputazioni multiple ed
indebolimento permanente dell'organo. Secondo l'accusa, condivisa dal giudice
del merito, l'imputato, per colpa consistita in negligenza ed imprudenza e nella
violazione dell'articolo 2087 cod. civ., non avendo esercitato la vigilanza
necessaria ad impedire l'uso anomalo della macchina alla quale era addetto lo
Sp. , ha provocato allo stesso le lesioni sopra descritte.
All'affermazione di responsabilità é seguita la condanna dell'imputato,
riconosciute le circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza
rispetto alla contestata aggravante, alla pena, sospesa alle condizioni di
legge, di due mesi di reclusione.
Nel ricostruire le modalità dell'incidente, il tribunale ha rilevato che
l'infortunio si era verificato benché la macchina fosse stata munita, proprio al
fine di evitare infortuni, di barriere metalliche idonee a segregare la linea di
lavorazione della pressa, che avrebbero potuto essere aperte solo con una chiave
inserita nel quadro di comando. In particolare, il sistema prevedeva che, nel
caso fosse stato necessario aprire le barriere, l'operatore avrebbe dovuto
estrarre la predetta chiave ruotandola dalla posizione "automatico" a quella
"manuale"; tale manovra poneva in sicurezza la macchina, arrestandola, mentre
con la stessa chiave si poteva poi procedere all'apertura delle barriere. Di
fatto, era invece accaduto, secondo il primo giudice, che la macchina, al
momento dell'incidente, era in funzione benché le protezioni fossero state
aperte; ciò perché era intervenuta una prassi in base alla quale gli operai,
allo scopo di guadagnare tempo, allorché la pressa si incagliava - ciò che
accadeva spesso in occasione del cambio della sagoma o del tipo di lamiera da
lavorare, invece di prendere la chiave dal quadro di comando, aprire le
barriere, disincagliare la lamiera e riavviare la macchina, per potere
intervenire tempestivamente, lasciavano aperta la cancellata, con la macchina in
movimento, riuscendo, in tal guisa, a ridurre i tempi di intervento a scapito,
tuttavia, della sicurezza.
Lo stesso giudice ha ritenuto di rinvenire profili di colpa a carico
dell'imputato nell'avere egli quantomeno tollerato una prassi consolidata e
pericolosa che prevedeva l'accesso alla linea di produzione, superando le
protezioni, con la macchina in movimento. L'infortunio, quindi era stato causato
dalla condotta negligente ed imprudente dell'imputato e dalla violazione, da
parte dello stesso, degli obblighi che gravavano su di lui in ragione del ruolo
ricoperto all'interno dello stabilimento. In specie dalla violazione del dovere
di vigilanza, non essendo emerso che egli si fosse attivato per assicurarsi che
le disposizioni impartite fossero realmente osservate, in tal guisa avendo
consentito l'instaurarsi di una prassi lavorativa ad alto rischio.
2- Su appello proposto dall'imputato, la Corte d'Appello di Perugia, con
sentenza del 1 dicembre 2009, ha confermato la decisione impugnata.
I giudici del gravame hanno, quindi, ribadito la sussistenza di precisi profili
di colpa a carico del Pi. posto che egli, fosse stato o meno consapevole della
prassi invalsa nel reparto, aveva comunque violato il dovere, derivante dalla
qualifica ricoperta, di controllare che le attività lavorative si svolgessero in
assoluta sicurezza e nel rispetto delle direttive impartite; controlli in realtà
mai svolti dall'imputato, secondo la corte territoriale, tanto che lo Sp.
neanche lo conosceva. Se tali controlli avesse effettuato, hanno ancora
sostenuto i giudici del gravame, l'imputato avrebbe preso coscienza di quella
prassi ed avrebbe potuto intervenire adottando le più opportune misure.
3- Avverso tale sentenza propone ricorso, per il tramite del difensore, il Pi. ,
che deduce:
a) Vizio di motivazione della sentenza impugnata, sotto il profilo della
contraddittorietà e della manifesta illogicità, in punto di affermazione della
responsabilità. Rileva il ricorrente che la macchina alla quale era addetto lo
Sp. era certamente idonea sotto il profilo della sicurezza, essendo dotata di
barriere, che impedivano all'operatore di accedere alla zona a rischio, la cui
apertura avveniva solo attraverso un meccanismo che portava all'arresto
dell'impianto. Appositi cartelli prevedevano, inoltre, l'espresso divieto di
rimuovere le protezioni e di operare su organi in movimento. Divieto ben noto ai
lavoratori, e dunque anche allo Sp. , al quale dovrebbe attribuirsi l'esclusiva
responsabilità dell'infortunio, avendo egli agito in violazione delle
disposizioni impartite dall'azienda. L'imputato, d'altra parte, della prassi
richiamata dai giudici del merito non aveva avuto alcuna consapevolezza, anche
in considerazione delle dimensioni dell'azienda e dell'elevato numero dei
dipendenti;
b) Violazione o erronea applicazione dell'articolo 2087 cod. civ. Sostiene il
ricorrente che attribuire all'imputato la responsabilità dell'infortunio sulla
base della violazione del generico dovere di vigilanza, malgrado egli avesse
adottato tutte le cautele imposte dalla normativa in materia, contrasterebbe con
la corretta applicazione della predetta norma, alla luce delle emergenze
probatorie dalle quali é emerso che l'imputato aveva adottato tutte le misure
idonee a scongiurare il pericolo di infortuni; misure non osservate dal
lavoratore;
c) Inosservanza o erronea applicazione dell'articolo 590 cod. pen. in materia di
accertamento del nesso di causalità, laddove il giudice del gravame non avrebbe
considerato che, a dispetto di qualsiasi controllo, il lavoratore avrebbe potuto
continuare ad affidarsi alla prassi e ad operare in spregio alle direttive
ricevute e che, in realtà, la condotta dello Sp. si é posta quale fattore
sopravvenuto idoneo ad interrompere il nesso di causalità tra la condotta
dell'imputato e l'evento;
d) Inosservanza o erronea applicazione dell'articolo 41 cpv. cod. pen., laddove
il giudice del gravame non ha ritenuto l'anomala condotta dell'imputato quale
causa sopravvenuta autonoma da sola sufficiente a determinare l'evento;
e) Inosservanza o erronea applicazione dell'articolo 27 Cost., comma 1, laddove
l'imputato é stato ritenuto responsabile dell'infortunio occorso allo Sp. sulla
base di un'omessa attività di controllo e vigilanza che nella sostanza giunge ad
attribuire tale responsabilità sulla base del mero rapporto di causalità
materiale, in violazione della citata norma costituzionale.
Conclude, quindi, il ricorrente, chiedendo l'annullamento della sentenza
impugnata.
4- Il ricorso é infondato.
In realtà, del tutto insussistenti sono i vizi denunciati dal ricorrente,
peraltro generalmente ripetitivi di tematiche già sottoposte, con i motivi
d'appello, all'esame della corte territoriale e da questa puntualmente esaminate
e confutate. Detta corte, invero, in piena sintonia con gli elementi probatori
acquisiti, ha legittimamente ribadito la responsabilità dell'imputato,
adeguatamente e coerentemente motivando le ragioni del proprio dissenso rispetto
alle doglianze prospettate nell'atto d'appello.
In particolare, con riguardo al tema della responsabilità, i giudici del
gravame, rilevato che il Pi. , nella qualità di responsabile per la sicurezza,
ricopriva all'interno dell'azienda una precisa posizione di garanzia, hanno
confermato che l'infortunio di cui é rimasto vittima lo Sp. doveva ricondursi
alla negligenza dell'imputato che, violando gli obblighi che su di esso
gravavano in ragione della richiamata qualifica, non aveva adeguatamente
vigilato affinché fossero realmente rispettate le procedure di sicurezza, avendo
in tal guisa quantomeno tollerato l'instaurarsi tra i lavoratori di una
pericolosa prassi operativa che prevedeva rischiosi interventi sulla macchina in
movimento. Prassi, che prevedeva l'elusione, in vario modo, del sistema di
sicurezza, divenuta consolidata e protratta nel tempo poiché consentiva di agire
in tempi più rapidi e funzionali alla produzione, oltre che più comodi per
l'operatore.
Né dubbi hanno avuto i giudici del merito nell'individuazione di tali anomale
modalità d'intervento. A tale proposito, invero, essi hanno richiamato le
deposizioni rese dallo stesso Sp. e dal teste Ti. , compagno di lavoro
dell'operaio infortunato e, dopo averle complessivamente valutate, anche alla
luce delle osservazioni proposte dall'imputato nei motivi d'appello, hanno
ritenuto, con motivazione del tutto congrua e coerente sul piano logico, che
l'esistenza della richiamata prassi fosse emersa in maniera del tutto pacifica,
ad onta dei formali divieti. Non hanno, peraltro, omesso gli stessi giudici di
valutare la credibilità dei testi escussi; valutazione positivamente risoltasi
sul rilievo che nessuno di essi aveva interesse o ragioni particolari per
evidenziare inesistenti negligenze nella gestione dello stabilimento; neanche
l'operaio infortunato, che era stato interamente risarcito dei danni subiti,
tanto da avere revocato la costituzione di parte civile già in avvio del
dibattimento di primo grado, prima ancora che avesse inizio l'istruttoria
dibattimentale e che si procedesse all'esame dei testi.
Legittimamente, dunque, ed in piena coerenza rispetto alle emergenze probatorie
in atti, la corte territoriale ha ribadito la responsabilità dell'imputato,
avendo ritenuto la sussistenza dei profili di colpa individuati a carico dello
stesso, rappresentati dalla violazione dei suoi doveri di vigilanza e di
controllo del reale e costante rispetto, da parte dei lavoratori, delle norme di
sicurezza, nonché di intervento per impedire il formarsi ed il consolidarsi di
sistemi lavorativi che mettevano a repentaglio l'incolumità degli operai. Doveri
la cui violazione non potrebbe essere giustificata dalle dimensioni dell'azienda
né dal numero dei lavoratori impiegati posto che, attraverso una corretta
organizzazione ed opportune disposizioni, l'imputato ben avrebbe potuto essere
costantemente informato sui temi della sicurezza e del rispetto, da parte degli
stessi lavoratori, delle relative norme.
Peraltro, a fronte delle precise e coerenti argomentazioni poste dalla corte
territoriale a sostegno della propria decisione, il ricorso ripropone censure e
doglianze che, oltre ad essere infondate, si presentano talvolta del tutto
aspecifiche rispetto a quelle argomentazioni.
Così, nulla rileva, ai fini della tesi difensiva, il sostenere che il
macchinario sul quale l'operaio infortunato lavorava era adeguato sotto il
profilo della sicurezza, così come non rileva il richiamare la presenza nello
stabilimento di numerosi cartelli che vietavano ai lavoratori interventi su
organi in movimento. All'imputato, invero, si é fatto carico non
dell'inadeguatezza della macchina sotto il profilo della sicurezza, né
dell'assenza di specifiche prescrizioni circa le modalità di utilizzo della
stessa, bensì di non avere vigilato per assicurare il rispetto di quelle
prescrizioni, se non di avere quantomeno tollerato una pericolosa prassi
aziendale.
Né é possibile dubitare, sotto il profilo causale, che l'infortunio sia stato
determinato dalla violazione dei richiamati obblighi, essendo del tutto evidente
che proprio il mancato rispetto degli stessi ha causato l'infortunio.
D'altra parte, hanno ancora giustamente osservato i giudici dell'impugnazione,
il rapporto causale tra tale rischiosa prassi e l'infortunio patito dallo Sp.
non può ritenersi interrotto dalla condotta, pur imprudente, del lavoratore. A
tale proposito, del tutto infondata appare la tesi del ricorrente che
attribuisce ad una condotta del tutto anomala del dipendente l'esclusiva
responsabilità dell'incidente, laddove, in realtà, in vista della richiamata
prassi lavorativa, tale condotta non può certo ritenersi quale fatto eccezionale
e sopravvenuto, di per sé solo idoneo a cagionare l'evento.
Ciò alla luce della consolidata giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il
datore di lavoro, destinatario delle norme antinfortunistiche, ovvero il suo
preposto, é esonerato da responsabilità solo allorché il comportamento del
lavoratore si presenti del tutto abnorme, dovendosi in tal guisa definirsi
quello che sia stato posto in essere del tutto autonomamente e in un ambito
estraneo alle mansioni affidate ovvero, seppure in esso rientrante, sia
consistito in qualcosa radicalmente ed ontologicamente lontano dalle
ipotizzabili scelte del lavoratore nell'esecuzione del lavoro; ipotesi che, per
le ragioni sopra esposte, deve ritenersi del tutto estranea al caso di specie.
Ugualmente ingiustificati sono i richiami del ricorrente all'articolo 27 Cost.,
comma 1, laddove si consideri che la responsabilità del Pi. non é stata certo
affermata a titolo di responsabilità oggettiva, essendo stata la stessa
ricondotta ad un suo comportamento negligente ed omissivo.
Il ricorso deve, in conclusione, essere rigettato ed il ricorrente condannato al
pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
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