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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562



CORTE DI CASSAZIONE, Sezione III penale, 22/03/2011, n. 11488



DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Richiesta di archiviazione da parte del P.M. - Rinuncia intervenuta prima della decisione del GIP - Successivo esercizio dell’azione penale - Legittimità. Non si ravvisano, nel codice di rito, specifiche disposizioni che inibiscano al Pubblico Ministero di rinunciare alla richiesta di archiviazione inoltrata al Giudice delle indagini preliminari, ma ancora non valutata e decisa, e sollecitare la restituzione degli atti al fine di procedere ad approfondimenti. Non sussistono, pertanto, profili di nullità o di preclusione rispetto al successivo esercizio dell'azione penale (Seconda Sezione Penale - Quarta Sezione Penale, sentenza n. 26872 del 2006). (riforma sentenza del 6 Ottobre 2009 della Corte d'Appello di Brescia). Pres. FERRUA - Est. MARINI - P.G. D’AMBROSIO - Ric. Bo. Fr. e Ro. Gi. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione III penale, 22 marzo 2011, n. 11488


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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE



Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:


Dott. FERRUA Giuliana - Presidente
Dott. GRILLO Renato - Consigliere
Dott. MULLIRI Guicla I. - Consigliere
Dott. MARINI Luigi - est. Consigliere
Dott. GAZZARA Santi - Consigliere

ha pronunciato la seguente:


SENTENZA


sul ricorso proposto da:
BO. Fr. , nato a (OMESSO);
RO. Gi. , nato a (OMESSO);

Avverso la sentenza emessa in data 6 Ottobre 2009 dalla Corte d'Appello di Brescia, che, in parziale riforma della sentenza in data 11 Ottobre 2007 emessa dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Bergamo, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti del Sig. Bo. in relazione al capo 39 della rubrica e conseguentemente ridotto la pena nei suoi confronti, confermando la sentenza nel resto;
Sentita la relazione effettuata dal Consigliere Dott. LUIGI Marini;
Udito il Pubblico Ministero nella persona del Cons. Dott. D'AMBROSIO Vito, che ha concluso per il rigetto del ricorso Bo. e l'annullamento senza rinvio della sentenza nei confronti del Ro. per il capo 39, estinto per prescrizione, e l'eliminazione della relativa pena di gg. 40 di reclusione. Rigetto nel resto.


RILEVA


Con sentenza in data 11 Ottobre 2007 emessa al termine di rito abbreviato il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Bergamo ha condannato numerosi imputati, tra cui i Sigg. Ro. e Bo. perché ritenuti responsabili di un elevato numero di ipotesi criminose di truffa in danno di ente pubblico (articolo 640 c.p., comma 2, n. 1) e di violazioni relative ad attività di smaltimento dei rifiuti (Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, articolo 51, comma 1, lettera b, articolo 52, comma 3 e articolo 53-bis) connesse all'appalto per la raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani affidato dal gennaio (OMESSO) dal Comune di (OMESSO) e altri comuni alla società RO. S.r.l..

Il Giudice dell'udienza preliminare, ritenuta provata la sussistenza in capo al Sig. Ro. di prove sufficienti per l'affermazione di responsabilità in ordine ai capi 2, 9, 10, 11, 13, 24, 25 e 29 della rubrica (violazioni ex articolo 53-bis, citato) e in ordine ai capi 3, 4, 5, 6, 7 8 e 39 (articolo 640 c.p., comma 2, c.p. e articolo 51, comma 1, lettera b, citati), lo ha condannato alla pena di due anni di reclusione, oltre pene accessorie; per il Sig. Bo. la condanna ad un anno e otto mesi di reclusione, oltre pene accessorie, é stata inflitta in relazione ai capi 2, 9, 11, 13 e 24, nonché in relazione ai capi 3, 4, 6, 7, 8, 39 e 40 (quest'ultimo relativo all'articolo 52 cit., comma 3).

A seguito di rituale impugnazione la Corte di Appello di Brescia ha confermato l'esistenza di una vasta e coordinata attività fraudolenta commessa dai responsabili della RO. S.r.l. e da altre persone nell'ambito dell'appalto ricevuto. In particolare, il Sig. Ro.Gi. , presidente del consiglio di amministrazione della società Ro. e di altra società collegata (la ME. S.r.l.), e il Sig. Bo.Fr. , dipendente della soc. Ro. con funzioni organizzative e dotato di ampia autonomia gestionale, avevano pianificato e gestito un complesso meccanismo fraudolento che, attraverso trasporti con destinazioni diverse da quelle dichiarate e il ricorso a falsità documentali, da un lato consentiva di ottenere dai comuni rimborsi "gonfiati" rispetto ai quantitativi effettivamente smaltiti e, dall'altro, di sottrarre al controllo e ai corrispettivi spettanti ai comuni ingenti quantità di rifiuti pregiati (come il vetro, la carta e il legno). Tale meccanismo comportava, tra l'altro, la destinazione di rifiuti speciali a ditte non autorizzate a riceverli e trattarli, come specificamente indicato nei singoli capi di imputazione.

Avverso tale sentenza il Sig. Bo. ha proposto appello, in sintesi lamentando: a) in via generale l'assenza di responsabilità, atteso il ruolo di mero dipendente della società avente compiti esecutivi; b) sempre in via generale, l'assenza dell'elemento soggettivo degli illeciti; c) la insussistenza dei presupposti del reato contestato al capo 39 (stoccaggio illecito di rifiuti); d) la mancanza di responsabilità in ordine al capo 40, essendo di competenza di altra ditta la compilazione del formulario di accompagnamento dei rifiuti; e) l'eccessività della pena.

L'appello proposto dal Sig. Ro. lamenta: a) la nullità dell'intero procedimento per essere stata esercitata l'azione penale dopo che il P.M. aveva richiesto l'archiviazione delle indagini e aveva successivamente rinunciato alla richiesta senza che il Giudice delle indagini preliminari decidesse sulla prima istanza; b) la inutilizzabilità, per difetto di motivazione dei provvedimenti di autorizzazione e violazione della disciplina che regola le videoriprese, sia dei risultati delle intercettazioni telefoniche sia del contenuto delle riprese visive; c) la conseguente insussistenza di elementi di prova idonei ad affermare la penale responsabilità dell'appellante; d) la carenza dell'elemento soggettivo; e) l'eccessività della pena.

Con la sentenza qui impugnata la Corte di Appello ha respinto in modo articolato e con specifiche argomentazioni tutti i motivi di ricorso, ad eccezione del motivo proposto dal Sig. Bo. in relazione al capo 39 della rubrica, reato per il quale la Corte territoriale ha dichiarato non doversi procedere per intervenuta prescrizione, e della richiesta di mitigazione della pena che, attese la decisione circa il capo 39, la maggiore ampiezza della riduzione operata ex articolo 62-bis c.p. e l'applicazione di un minore aumento ex articolo 81 c.p., viene contenuta in un anno, due mesi e venti giorni di reclusione.

Va rilevato che la Corte di Appello a pagina 20 dell'ampia motivazione illustra le ragioni che conducono alla reiezione dei primi motivi di appello del Sig. Ro. concernenti le pretese violazioni della legge processuale.

Avverso tale decisione i Sigg. Bo. e Ro. propongono, tramite i Difensori, separati ricorsi.

Il Sig. Bo. lamenta:

a) errata applicazione di legge (Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, articolo 53-bis) in relazione ai fatti contestati ai capi 2, 9, 10, 11, 13, 24, 25 e 29 della rubrica. La previsione legale disciplina un reato caratterizzato dal dolo specifico ed erroneamente la sentenza (pag. 18) ritiene irrilevante il fatto che il Sig. Bo. non abbia agito al fine di ottenere un proprio personale profitto;

b) vizio di motivazione in relazione ai capi 3, 4, 5, 6, 7 e 8 della rubrica, per avere la Corte di Appello erroneamente attribuito (pag. 18) un ruolo rilevante e specifico al solo Sig. Bo. , con conseguente trattamento diverso e peggiore rispetto a tutti gli altri dipendenti della società, che sono stati assolti proprio in relazione alla loro posizione di meri esecutori delle disposizioni altrui. La sentenza non offre alcuna motivazione circa la consapevolezza del Sig. Bo. dei guadagni ottenuti dalle società coinvolte e del danno arrecato agli enti pubblici;

c) vizio di motivazione in ordine al capo 40 per essere del tutto carente la dimostrazione che si sia in presenza di rifiuti pericolosi, gli unici ai quali il Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, articolo 42, comma 3 collega la sanzione penale, non apparendo sufficiente quanto esposto nella nota 3 di pag. 19 della motivazione: la telefonata ivi richiamata risale a quattro giorni prima della chiamata del (OMESSO) che fonda la responsabilità del ricorrente e non vi é prova che i rifiuti oggetto del trasporto del 4 Ottobre siano della medesima natura di quelli oggetto della conversazione precedente.

Il Sig. Ro. lamenta:

a) violazione di legge per avere omesso di dichiarare prescritto il capo 39 della rubrica e omesso di eliminare la relativa pena, pari a gg. 40 di reclusione;

b) errata applicazione della legge processuale in relazione alle nullità fissate negli articoli 178 e 179 c.p.p. per avere il P.M. esercitato l'azione penale dopo l'iniziale istanza di archiviazione;

c) violazione di legge in ordine alla carenza di motivazione dei provvedimenti autorizzativi le intercettazioni e alla utilizzazione delle videoriprese effettuate in ambito domiciliare.


OSSERVA


1. Il ricorso RO. .

Rileva la Corte che merita evidente accoglimento la censura mossa dal Sig. Ro. alla sentenza impugnata per avere i giudici di appello omesso di disporre anche nei suoi confronti la dichiarazione di non doversi procedere in ordine al reato contestato al capo 39) della rubrica per essere lo stesso estinto per prescrizione. La relativa pena di quaranta giorni di reclusione deve di conseguenza essere eliminata.

Non meritano, invece, accoglimento i restanti motivi di ricorso proposti dallo stesso Ro. , i quali ripropongono in questa sede le medesime questioni che la Corte di Appello ha affrontalo in modo puntuale, condivisibile e privo di vizi logici.

Osserva in via generale la Corte che in relazione ai citati motivi trovano applicazione i principi interpretativi in tema di limiti del giudizio di legittimità e di definizione dei concetti di contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione che sono contenuti nelle sentenze delle Sezioni Unite Penali, n. 2120, del 23 novembre 1995-23 febbraio 1996, Fachini, rv 203767, e n. 47289 del 2003, Petrella, rv 226074. In tale prospettiva va, dunque, seguita la costante affermazione giurisprudenziale secondo cui é "preclusa al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti" (fra tutte: Sezione Sesta Penale, sentenza n. 22256 del 26 aprile - 23 giugno 2006, Bosco, rv 234148).

Fatta questa premessa, quanto al terzo motivo sussiste a parere di questa Corte un'evidente carenza di interesse all'impugnazione nella parte in cui contesta la utilizzabilità degli esiti delle videoriprese effettuate: la Corte di Appello ha affermato in modo esplicito che anche optando per l'inutilizzabilità delle riprese, é presente in atti un complessivo materiale probatorio più che sufficiente per la ricostruzione dei fatti e l'affermazione di responsabilità dell'imputato. Con riferimento a quest'ultima conclusione non si ravvisa nel motivo di ricorso alcuna specifica ed efficace contestazione, così che, essendo sottratto al giudice di legittimità il controllo sul merito della valutazione effettuata in sentenza in ordine alla autosufficienza del restante materiale probatorio, non resta che rilevarsi come la motivazione resa dalla Corte di Appello non appaia né incoerente né manifestamente illogica. Il motivo di impugnazione va dunque rigettato sul punto.

Ad analoga conclusione deve giungersi con riferimento alle censure mosse alla utilizzabilità degli esiti delle intercettazioni telefoniche. Sia il Tribunale sia la Corte di Appello hanno valutato la questione sollevata dalla Difesa giungendo a ritenere adeguata la motivazione dei provvedimenti con cui il Giudice delle indagini preliminari autorizzò l'avvio delle operazioni di ascolto e a ritenere correttamente motivati per relationem i provvedimenti con cui vennero autorizzati gli ascolti in presenza del permanere delle esigenze d'indagine e, come si desume dalla motivazione delle sentenze di merito, in presenza di un rafforzamento del quadro indiziario.

Venendo al secondo motivo di ricorso, la Corte condivide l'interpretazione delle legge processuale adottata dai giudici di merito. Non si ravvisano, infatti, nel codice di rito specifiche disposizioni che inibiscano al Pubblico Ministero di rinunciare alla richiesta di archiviazione inoltrata al Giudice delle indagini preliminari, ma ancora non valutata e decisa, e sollecitare la restituzione degli atti al fine di procedere ad approfondimenti. La costante giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto insussistente qualsiasi profilo di nullità o di preclusione rispetto al successivo esercizio dell'azione penale (si vedano: Seconda Sezione Penale, sentenza n. 18774 del 2007, P.O. in proc. Battisti e altri, rv 236405; Quarta Sezione Penale, sentenza n. 26872 del 2006, Pica, rv 234812). Anche questo motivo di ricorso deve, dunque, essere respinto.

2. Il ricorso BO. .

Richiamate le considerazioni effettuate in precedenza circa i limiti del giudizio di legittimità, la Corte rileva che la motivazione con cui i giudici di appello hanno confermato la penale responsabilità del ricorrente (pagg. 16-21) appare priva di vizi logici e immune da aspetti di incoerenza o contraddittorietà.

E, infatti, la motivazione desume da fatti e condotte specifiche la convinzione che il ricorrente avesse spazi di discrezionalità operativa e compiti gestionali effettivi che impediscono di considerarlo un mero esecutore di direttive altrui (in particolare si rinvia a pag. 17 della motivazione).

La motivazione risulta immune da vizi anche nella parte in cui dalla sistematicità delle condotte illecite, dal numero complessivo di operazioni non consentite e dalla loro frequenza desume una evidente consapevolezza in capo al ricorrente della dimensione dei traffici svolti dalla ditta RO. in modo coordinato con la ME. Srl, con conseguente consapevolezza del volume ingente di rifiuti movimentati al di fuori delle regole. La Corte territoriale colloca in tale contesto (pag. 18) l'esistenza di un accordo del ricorrente col Sig. Ro. e di un continuo coordinamento tra di loro al fine di consentire la prosecuzione delle attività oggetto del presente giudizio.

Ad analoga conclusione deve giungersi con riferimento al secondo motivo di ricorso nella parte in cui esclude che sussistano i presupposti del reato per carenza di consapevolezza dei guadagni che derivavano dalle operazioni illecite e per carenza di ingiusto profitto in favore del ricorrente. Sul punto la Corte non può che rinviare ai passaggi logici e immuni da vizi che i giudici di appello hanno dedicato a pag. 18 della motivazione alle censure del Sig. Bo. .

Venendo così al terzo motivo di ricorso concernente il capo 39, la Corte ritiene che la censura mossa dal ricorrente sia riduttiva e limiti in modo non accettabile la prova dell'illecito, sotto il profilo della presenza di rifiuti "pericolosi" al solo contenuto di una conversazione telefonica, il cui contenuto viene chiaramente messo in relazione dai giudici di appello sia alla destinazione dei rifiuti di cui parlano i due interlocutori sia alla complessiva condotta posta in essere. Peraltro, la sentenza impugnata da atto (pag. 59) che il reato contestato é estinto per prescrizione. A fronte della dichiarata estinzione del reato, la Corte deve prendere atto che non sussistono elementi per imporre l'applicazione di formula più favorevole, mancando del tutto l'evidenza della insussistenza del fatto o dell'estraneità del ricorrente, e conseguentemente respingere il motivo di ricorso.

Sulla base delle considerazioni che precedono entrambi i ricorsi debbono essere respinti, con l'eccezione del ricorso Ro. per quanto riguarda il solo motivo relativo alla mancata dichiarazione di prescrizione del reato sub 39. Al rigetto del ricorso consegue per il Sig. Bo. ex articolo 616 c.p.p. la condanna al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.


P.Q.M.


Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato sub 39 per il Ro. per essere detto reato estinto per prescrizione ed elimina la relativa pena di quaranta giorni di reclusione. Rigetta nel resto e condanna Bo. Fr. al pagamento delle spese processuali.



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