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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione III penale, 22 marzo 2011, n. 11491
RIFIUTI - Reati ambientali - Rifiuti di generi alimentari -
Abbandono incontrollato di materiali non più suscettibili di utilizzazione
alimentare - Attività di gestione di rifiuti non autorizzata ex art. 256 D.Lgs.
n.125/2006 - Fattispecie. Integra l'ipotesi contravvenzionale di cui all’art. 256 del
Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, l'accumulo di beni e materiali
dichiarati fuori uso e dei quali il detentore ha deciso di disfarsi (Cass. Sez.
3, 14.11.2003 n. 10662). Nel caso di generi alimentari, ai fini della
sussistenza della fattispecie, è pertanto sufficiente che vi sia un abbandono
incontrollato di rifiuti non più suscettibili di utilizzazione di tipo
alimentare e dunque inevitabilmente destinati dopo idonea conservazione, allo
smaltimento, previa autorizzazione da parte della competente Autorità
amministrativa. Fattispecie: attività di raccolta di rifiuti consistenti in 22
fusti di succhi di agrumi da litri 200 circa, non più utilizzabili nel ciclo
alimentare. (Dich. inamm. il ricorso avverso sentenza emessa il 15/12/2009 dal
Tribunale di Palmi). Pres. FERRUA - Est. GRILLO - P.M. D’AMBROSIO - Ric. Ar. Sa. CORTE DI
CASSAZIONE, Sezione III penale, 22 marzo 2011, n. 11491.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FERRUA Giuliana - Presidente
Dott. GRILLO Renato - Consigliere
est.
Dott. MULLIRI Guicla I. - Consigliere
Dott. MARINI Luigi - Consigliere
Dott. GAZZARA Santi - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
-
sul ricorso proposto da:
Ar. Sa., nato a (Omissis);
-
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palmi;
-
avverso la sentenza emessa il 15 dicembre 2009 dal Tribunale di Palmi;
-
udita nella pubblica udienza del 15 dicembre 2010 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GRILLO Renato;
-
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
D'AMBROSIO Vito che ha concluso per il rigetto dei ricorsi.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
Con sentenza del Tribunale di Palmi del 15 dicembre 2009, AR. Sa., imputato del
reato di cui al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, comma 1
(attività di raccolta di rifiuti senza autorizzazione) (fatto commesso in
(Omissis)) veniva ritenuto colpevole del detto reato e - previa concessione delle
circostanze attenuanti generiche -condannato alla pena - condizionalmente
sospesa - di euro 8.000,00 di ammenda oltre spese. Avverso la detta sentenza ha
proposto ricorso per Cassazione il difensore dell'imputato, deducendo
inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, violazione di legge e
contraddittorietà ed illogicità della motivazione.
Ha in particolare rilevato come la condotta attribuita all'imputato oltre che
occasionale, dovesse qualificarsi come abbandono di rifiuti disciplinato dal
Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 255 e sanzionatole esclusivamente
a titolo di illecito amministrativo, non mancando poi di osservare - a conforto
della tesi della illogicità della motivazione - il carattere non inquinante dei
rifiuti illogicamente ritenuto, invece, dal Tribunale.
Ha proposto appello incidentale contro la detta sentenza il P.M. dolendosi della
esiguità della pena infinta nonostante sussistessero indici negativi quali
l'intensità del dolo e la non occasionalità della condotta e, ancora, della
intervenuta concessione delle circostanze attenuanti generiche, cui ostava la
gravità della condotta, chiedendo che la Corte territoriale adita infliggesse
all'imputato una pena maggiore.
Ciascuno dei due ricorsi, sia pure per ragioni diverse, va dichiarato
inammissibile.
Quanto al ricorso proposto dall'imputato, cui é stato dato carico del reato di
cui al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, comma 1 "perché
effettuava una attività di raccolta di rifiuti consistenti in 22 fusti di succhi
di agrumi da litri 200 circa, non più utilizzabili nel ciclo alimentare e da
qualificarsi rifiuti alla luce della lettera dell'articolo 183 del citato
Decreto Legislativo, in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o
comunicazione di cui agli articoli 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216 del
predetto Decreto Legislativo" il primo motivo attiene alla inesatta
qualificazione giuridica della condotta che, a detta del ricorrente, dovrebbe
considerarsi ricompresa nella previsione di cui al Decreto Legislativo n. 152
del 2006, articolo 255. Si tratta di doglianza palesemente priva di fondamento
posto che integra l'ipotesi contravvenzionale contestata l'accumulo di beni e
materiali dichiarati fuori uso e dei quali il detentore ha deciso di disfarsi
(Cass. Sez. 3, 14.11.2003 n. 10662), fatto pacificamente avvenuto nel caso in
esame, in quanto nel corso del sopralluogo compiuto il 22 maggio 2006 da
personale della Polizia Municipale del Comune di San Ferdinando, di concerto con
personale ispettivo dell'ASL (Omissis) di Palmi ed Ufficiali di P.G. veniva
riscontrata all'interno dei locali dell'impresa ALBA s.n.c. in liquidazione
(della quale l' Ar. era per l'appunto liquidatore sin dal 2001) la presenza di
ben 22 fusti della capienza, ciascuno, di Litri 200, contenenti sostanza liquida
(succo di agrumi) che, analizzata, veniva ritenuta inidonea al consumo umano e
quindi considerata come rifiuto di lavorazione industriale non pericoloso. Le
osservazioni esposte nel ricorso in merito ai presupposti richiesti per
l'integrazione della fattispecie sono pacificamente non pertinenti, occorrendo
solo che si tratti di un abbandono incontrollato di rifiuti non più suscettibili
di utilizzazione di tipo alimentare e dunque inevitabilmente destinati dopo
idonea conservazione, allo smaltimento previa autorizzazione da parte della
competente Autorità amministrativa.
D'altro canto il lungo tempo trascorso rispetto alla data di cessazione
dell'attività (risalente al 1992), nonché la constatata presenza dei fusti sia
al momento della presa di possesso della carica di liquidatore, sia al momento
dell'ispezione, nonché il sito ove detti recipienti si trovano allocati e
soprattutto il contenuto dei fusti, esclude in modo palese che l'arcieri potesse
ragionevolmente pensare che si potesse trattare di materiale ancora in uso, con
la conseguenza che, sotto il profilo oggettivo, il reato configurabile era
esattamente quello contestato e per il quale é intervenuta condanna.
Nessun rilievo poi assume la circostanza che i fusti contenenti il liquido
agrumario fossero costituiti da materiale inossidabile in quanto non é in
discussione il fatto che si potesse trattare di sostanze inquinanti, quanto che
si trattasse di sostanze inidonee all'uso umano e considerare fuori uso e da
smaltire secondo le procedure di legge.
Quanto al secondo motivo riguardante una pretesa illogicità della sentenza nella
misura in cui il Tribunale ha ritenuto di attribuire con certezza la
responsabilità all' Ar., si tratta di prospettazione difensiva manifestamente
infondata, se non anche pretestuosa, posto che é stato lo stesso imputato ad
ammettere, in sede di esame, di essersi accorto della presenza di tali fusti sin
dal 2001 - data di inizio delle sue funzioni - senza tuttavia assumere alcuna
iniziativa atta a richiedere le prescritte autorizzazioni per la raccolta di
tali, fusti, il trasporto e lo smaltimento successivo.
In modo assolutamente esaustivo e privo di illogicità il Tribunale ha ritenuto
che l'imputato dal 2001 era stato detentore dei locali e dunque responsabile
della loro gestione e del controllo da effettuare sui beni ivi esistenti:
controllo mai avvenuto se non con molto ritardo come peraltro ammesso dallo
stesso imputato.
Segue alla inammissibilità del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali ed al versamento della somma che si ritiene di
determinare in via equitativa, in euro 1.000,00 in favore della cassa delle
ammende, trovandosi il ricorrente in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità.
Palesemente infondati sono pure i motivi di ricorso del P.M. incentrati su una
asserita carente motivazione circa le ragioni che hanno indotto il Tribunale ad
irrogare una pena ritenuta sin troppo mite ed, ancora, a riconoscere - pur a
fronte di una condotta ritenuta grave - le circostanze attenuanti generiche.
In realtà il Tribunale ha adeguatamente motivato non solo sull'entità della
pena, di molto superiore al limite minimo edittale, ma anche sul riconoscimento
delle attenuanti generiche basato non solo sui precedenti penali (ritenuti non
ostativi e peraltro estremamente circoscritti) ma, soprattutto su una
valutazione positiva della condotta collegata alla immediata ottemperanza
all'ordine di distruzione dei rifiuti impartito dalla P.G..
Tale motivazione in quanto indenne da vizi logici e adeguata nei suoi passaggi
impone la declaratoria di inammissibilità del ricorso del P.M..
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna Ar. Sa. al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
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