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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 22/03/2011 (Ud. 15/12/2010) Sentenza n. 11494
DIRITTO DELLE ACQUE - Acque di falda derivanti da attività di cantiere non
contaminate - Assimilazione ai rifiuti - Esclusione - Mancanza della prescritta
autorizzazione - Effetti - Fattispecie - Art. 124 D. L.vo n. 152/06. Le
acque provenienti dalla falda derivanti da attività di cantiere non possono
essere assimilate ai rifiuti, ma escluse - sempre che non contengano
contaminazioni - da qualsivoglia regime sanzionatorio e la mancanza
dell'autorizzazione comunque prescritta a norma dell'art. 124 del D. L.vo n.
152/06 non implica affatto l'assoggettamento a sanzione penale. Fattispecie:
acque di falda derivanti da attività di escavazione provenienti da un cantiere
edile e convogliate per mezzo di apposita condotta in mare. (annulla senza
rinvio, sentenza emessa l'11.12.2009 dal Tribunale di Pesaro - Sezione
distaccata di Fano) Pres. Ferrua, Est. Grillo, Ric. Ciocchetti. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE Sez. III, 22/03/2011 (Ud. 15/12/2010) Sentenza n. 11494
DIRITTO DELLE ACQUE - Scarico di acque reflue industriali - Sanzione penale -
Ratio - Acqua di falda proveniente dall'attività di escavazione - Artt.
137 e 74 c.1 lett. g) D. L.vo n. 152/06 - Concetto di acque reflue industriali.
La ragione dell'assoggettamento a sanzione penale dello scarico di acque
reflue industriali è legata al fatto che i reflui derivanti da dette attività
non attengono prevalentemente al metabolismo umano ed alle attività domestiche
come definite dal menzionato art. 74 comma 1 lett. g) (Cass. Sez. 3^ 5.2.2009 n.
12865). Tuttavia, l'acqua di falda proveniente dall'attività di escavazione non
può essere assimilata tout court all'acqua reflua industriale, pur dovendosi
richiedere - anche per tale genere di acqua se scaricata in superficie - una
autorizzazione la cui mancanza, però, non genera conseguenze di tipo penale
previste invece in tutti i casi nei quali lo scarico dell'acqua in superficie
provenga da attività produttive genericamente intese. Infine, laddove, le acque
di falda provenenti da lavori di escavazione siano intorbidate da residui dei
lavori di scavo e di cantiere, esse vanno annoverate nella nozione di acque
derivanti dallo svolgimento di attività produttive non assimilabili, quindi,
alle acque reflue domestiche, sottratte al regime sanzionatorio previsto
dall'art. 137 del D. L.vo n. 152/06 (Cass. Sez. 3^ 21.6.2006 n. 29126). (annulla
senza rinvio, sentenza emessa l'11.12.2009 dal Tribunale di Pesaro - Sezione
distaccata di Fano) Pres. Ferrua, Est. Grillo, Ric. Ciocchetti. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE Sez. III, 22/03/2011 (Ud. 15/12/2010) Sentenza n. 11494
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Sigg.:
1. Dott. FERRUA Giuliana
Presidente
2. Dott. GRILLO Renato (est.)
Consigliere
3. Dott. MULLIRI Guida
Consigliere
4. Dott. MARINI Luigi
Consigliere
5. Dott. GAllARA Santi
Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
- sul ricorso proposto da:
1) CIOCCHETTI Fernando, nato a Subiaco il 7.01.1947
2) RUGGERI Gianluca, nato a Fano il
3.02.1970
- avverso la sentenza emessa l'11.12.2009 dal Tribunale di Pesaro - Sezione
distaccata di Fano;
- udita nella pubblica udienza del 15 dicembre 2010 la relazione fatta dal
Consigliere Dr. Renato GRILLO;
- udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale
dott. Vito D'AMBROSIO che ha concluso per l'annullamento senza rinvio;
- udito il difensore avv. Canestrani Francesco
Svolgimento del processo e motivi della decisione
Con sentenza del Tribunale di Pesaro - Sezione Distaccata di Fano - dell' 11
dicembre 2009, CIOCCHETTI Fernando e RUGGERI Gianluca, imputati del reato di cui
all'art. 137 comma 1° D. L.vo 152/06 (attività di scarico di acque reflue
industriali in acque superficiali senza l'apposita autorizzazione) [fatto
commesso in Marotta di Mondolfo il 19 febbraio 2007] venivano ritenuti colpevoli
del detto reato e condannati, ciascuno, alla pena, di € 1.500,0 di ammenda oltre
spese.
Avverso la detta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione il difensore degli
imputati deducendo tre distinti motivi.
Con un primo motivo (inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale)
il difensore ha lamentato l'errata applicazione dell'art. 137 D. L.vo 152/06
sotto il duplice profilo che non di acque reflue industriali si trattasse, come
emerso pacificamente in dibattimento e come ritenuto dallo stesso giudice, ma di
acque di falda sottratte allo speciale regime di cui al richiamato art. 137 e,
ancora, che in ogni caso, l'autorizzazione era stata tempestivamente richiesta
ancorché non ancora ottenuta dalla competente autorità amministrativa che vi
provvedeva due giorni dopo il sopralluogo.
Ha poi dedotto inosservanza di legge per non avere il Tribunale tenuto conto
della speciale normativa regionale adottata dalla Regione Marche in tema di
Piano di tutela delle acque, emessa, comunque, dopo la pronuncia della sentenza
impugnata (27.2.2010) ed in base alla quale vanno escluse dalla disciplina
penalistica le immissioni temporanee di acque meteoriche provenienti da falde.
Ha, ancora, lamentato la contraddittorietà e/o illogicità della sentenza
impugnata nella parte in cui il Tribunale ha riconosciuto un rapporto causale
tra la condotta ascritta (scarico di acque non reflue) e la mancata
autorizzazione allo scarico (in realtà non esigibile attesa la natura delle
acque medesime).
Il ricorso è fondato
Ai due imputati viene fatto carico - nella qualità, rispettivamente, di capo
cantiere e di Presidente del Consiglio di Amministrazione della Polo Holding
s.p.a. - società titolare di un permesso ad edificare un complesso residenziale
in località Marotta di Mondolfo, di avere effettuato scarichi di acque reflue
industriali in acque superficiali senza essere muniti della prescritta
autorizzazione prevista dall'art. 124 comma 1 del D. L.vo 152/06, in particolare
estraendo a mezzo di apposito macchinario aspirante le acque di falda derivanti
dallo svolgimento dell'attività di scavo del cantiere edile e convogliandole
mediante condotta verso il mare ove venivano scaricate.
Risulta per certo - avendone anche il Tribunale riconosciuto la natura - che le
acque provenienti dal cantiere edile e convogliate per mezzo di apposita
condotta, in mare erano acque di falda derivanti da attività di escavazione.
Il dato normativa da cui prendere le mosse al fine di verificare la
configurabilità del reato previsto dall'art. 137 del D. L.vo 152/06 è
rappresentato dall'art. 74 lett. h) del medesimo decreto che qualifica come
acque reflue industriali "qualsiasi tipo di acque reflue scaricare da edifici o
impianti idrici in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni,
diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento".
E' quindi evidente che l'acqua di falda proveniente dall'attività di escavazione
non può essere assimilata tout court all'acqua reflua industriale, pur dovendosi
richiedere - anche per tale genere di acqua laddove la stessa debba essere
scaricata in superficie - una autorizzazione la cui mancanza, però, non genera
conseguenze di tipo penale previste invece in tutti i casi nei quali lo scarico
dell'acqua in superficie provenga da attività produttive genericamente intese.
Tanto precisato la ragione dell'assoggettamento a sanzione penale dello scarico
di acque reflue industriali è legata al fatto che i reflui derivanti da dette
attività non attengono prevalentemente al metabolismo umano ed alle attività
domestiche come definite dal menzionato art. 74 comma 1 lett. g) (v. Cass. Sez.
3^ 5.2.2009 n. 12865 rv. 243122).
Peraltro la giurisprudenza di questa Corte ha avuto modo di precisare quando le
acque di falda provenenti da lavori di escavazione possono integrare il concetto
di acque reflue industriali affermando che laddove le acque di falda siano
intorbidate da residui dei lavori di scavo e di cantiere esse vanno annoverate
nella nozione di acque derivanti dallo svolgimento di attività produttive non
assimilabili, quindi, alle acque reflue domestiche, sottratte al regime
sanzionatorio previsto dall'art. 137 del D. L.vo 152/06 (v. Cass. Sez. 3^
21.6.2006 n. 29126 rv 234944).
In modo del tutto contraddittorio il Tribunale, pur dando atto della natura di
falda acquifera dell'acqua convogliata in mare e proveniente da cantiere e pur
riconoscendo - sulla base delle testimonianze acquisite - che si trattasse di
acqua di falda priva di qualsivoglia contaminazione, ha tuttavia ritenuto di
inquadrare la condotta nell'alveo penale di cui all'art. 137 D.L.vo 152/06 che
assoggetta a sanzione soltanto gli scarichi di acque reflue provenienti dalle
lavorazioni industriali.
In conclusione le acque provenienti dalla falda derivanti da attività di
cantiere non possono essere assimilate ai rifiuti, ma escluse - sempre che non
contengano contaminazioni - da qualsivoglia regime sanzionatorio e la mancanza
dell'autorizzazione comunque prescritta a
norma dell'art. 124 del D. L.vo 152/06 non implica affatto l'assoggettamento a
sanzione penale.
L'accoglimento del primo motivo di ricorso assorbe l'esame dei restanti motivi e
determina l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto
non sussiste.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.
Così deciso in Roma, 15/12/2010.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA il 22 Mar. 2011
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